L ingiustizia della fame

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1 Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n Copia 1,00 Copia arretrata 2,00 L OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLV n. 226 ( ) Città del Vaticano domenica 4 ottobre y(7ha3j1*qsskkm( +,!#!"!z![! A colloquio con il mondo La sera del 24 settembre 1965 Paolo VI colloquiò a lungo con un giornalista italiano, Alberto Cavallari, che per il «Corriere della Sera» stava lavorando a un inchiesta, raccontata poi in una ventina di articoli e rielaborata l anno successivo nel libro Il Vaticano che cambia. L intervista fu pubblicata il 3 ottobre p ro p r i o mentre il Papa partiva per New York, dove avrebbe parlato all Onu e fece clamore, anche se non era la prima di un Pontefice: su «Le Figaro» del 4 agosto 1892, infatti, era uscita quella sull antisemitismo rilasciata il 31 luglio da Leone XIII a Séverine, pseudonimo di Caroline Rémy. «Ci fa piacere, sa, parlare del Vaticano» disse Montini a Cavallari, «ma ci rendiamo conto che non è facile intendere ciò che viene fatto e viene discusso nel mondo della Chiesa. Anche il papa, sa, certe volte fatica per capire il mondo d oggi». Il colloquio fu disteso, e verso la fine Paolo VI accennò anche all appuntamento alle Nazioni unite, citando un salmo «parlerai davanti ai re e non ti confonderai» ma stemperando subito dopo, con semplicità, la solenne citazione biblica: «Ma chissà se anche noi riusciremo a cavarcela bene o male davanti a tanta gente importante». In poco più di trenta ore, dall alba del 3 ottobre al mezzogiorno del 5, si concentrò l esito del viaggio che il Papa, parlando in francese, descrisse al Palazzo di vetro con un immagine suggestiva: «Noi siamo come il messaggero che, dopo lungo cammino, arriva a recapitare la lettera che gli è stata affidata», perché «è da molto tempo che siamo in cammino, e portiamo con noi una lunga storia; noi celebriamo qui l epilogo d un faticoso pellegrinaggio in cerca d un colloquio con il mondo intero, da quando ci è stato comandato: Andate e portate la buona novella a tutte le genti. Ora siete voi, che rappresentate tutte le genti». Accompagnato da otto cardinali in rappresentanza dei cattolici di tutto il mondo, Paolo VI si presentò all assemblea generale delle Nazioni unite anche a nome del concilio, che in Vaticano stava vivendo le sue ultime intensissime settimane: «esperti in umanità», disse il Papa, «sentiamo di fare nostra la voce dei morti e dei vivi», e quella «dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso». Voci che Montini riassunse nel grido poi ripetuto dai suoi successori: «non più la guerra, non più la guerra!». Le armi, infatti, «generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi» ed «esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli» osservò acutamente Paolo VI. Che poco prima aveva chiesto all assemblea dell Onu di aprirsi a quei Paesi che ne erano ancora esclusi Cina e Indonesia, ma anche quelli divisi come Germania, Corea e Vietnam e subito dopo ammonì al rispetto della vita dell uomo, criticando il controllo artificiale delle nascite volto a «diminuire il numero dei commensali al banchetto della vita». Non a caso, cinquant anni dopo la visita di Montini, il Papa ha ripreso nel discorso all Onu le conclusioni del suo predecessore, ripetendo che «l edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di illuminarlo e di animarlo». Ben consapevole della situazione descritta da Paolo VI nel colloquio con Cavallari. Perché anche oggi, come mezzo secolo fa, «milioni di persone non hanno più fede religiosa. Di qui nasce la necessità per la Chiesa di aprirsi. Dobbiamo affrontare chi non crede più». g. m.v. Il Pontefice per i venticinque anni del Banco alimentare L ingiustizia della fame Nonostante le risorse disponibili troppi non hanno il necessario per vivere Cinque giovanissime attentatrici suicide colpiscono nel Borno Raffica di attacchi terroristici in Nigeria ABUJA, 3. Una raffica di attentati ha colpito la Nigeria negli ultimi due giorni, in concomitanza con il 55 anniversario dell indip endenza, proclamata il 1 ottobre del Dopo quelli perpetrati giovedì sera a Maiduguri, la capitale dello Stato nordorientale del Borno, da cinque giovanissime attentatrici suicide, una di appena nove anni, altri tre hanno insanguinato ieri sera la capitale federale Abuja. Due bombe sono state fatte esplodere a Kuje, nella zona dell aeroporto internazionale, rispettivamente nei pressi di una stazione di polizia e in un mercato. Poco dopo, una terza 4 ottobre 1965 Quando Paolo VI parlò all O nu PAGINE 4 E 5 «In un mondo ricco di risorse alimentari, la fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero scandalo». Papa Francesco è tornato a denunciare quella che definisce una «ingiustizia», anzi «di più», un «peccato». Ricevendo sabato 3 ottobre i volontari del Banco alimentare nell aula Paolo VI, il Pontefice ha ricordato che nonostante gli «enormi progressi tecnologici, troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere». E ciò accade «non solo nei Paesi poveri, ma sempre più anche nelle società ricche e sviluppate». Anche perché «la situazione è aggravata dall aumento dei flussi migratori, che portano in Europa migliaia esplosione ha colpito un affollata fermata di autobus nel quartiere di Nyanya. Bilanci definitivi degli attentati non sono stati ancora forniti, ma fonti di polizia locali parlano di almeno tredici persone uccise dalla bomba nel mercato di Kuje e di altre due da quella a Nyanya. Rivendicazioni degli attentati non ci sono state, ma gli inquirenti non hanno dubbi sulla responsabilità di Boko Haram, il gruppo jihadista responsabile da sei anni a questa parte dell uccisione di almeno diciassettemila persone in attacchi armati e attentati terroristici non solo in Nigeria, ma anche nei Paesi confinanti. Così come appare certo che a Boko Haram siano dovuti gli attentati di giovedì sera a Maiduguri, soprattutto per le modalità con le quali sono stati perpetrati. Non è infatti la prima volta che il gruppo jihadista trasforma ragazze giovanissime, spesso bambine, in bombe umane, secondo molti osservatori senza capire cosa stia loro accadendo o anche contro la loro volontà. Questa prassi feroce si verifica specialmente nel Borno, dove Boko Haram si è costituito, ha messo in atto le maggiori atrocità e mantiene le principali roccaforti. In questo caso i bersagli sono stati i fedeli di una moschea. Le cinque ragazzine secondo gli inquirenti la più grande aveva 14 anni e la più piccola, come detto, appena nove si erano mischiate come tante altre coetanee alle centinaia di fedeli che aspettano di partecipare alla preghiera della sera. Indossavano sotto le vesti cinture e giubbotti esplosivi che sono deflagrati quasi nello stesso momento. Secondo gli inquirenti, le esplosioni hanno provocato una quindicina di morti, comprese le attentatrici suicide, e una quarantina di feriti. In attacchi analoghi a Maiduguri due settimane fa erano morte più di cento persone. di profughi, fuggiti dai loro Paesi e bisognosi di tutto». Alla fondazione che da venticinque anni promuove in Italia la colletta alimentare, il Papa ha associato l immagine di una «rete di carità» animata dalla «preoccupazione di contrastare lo spreco di cibo, recuperarlo e distribuirlo alle famiglie in difficoltà e alle persone indigenti». Ringraziando e incoraggiando i volontari a proseguire su questa strada, Francesco ha citato il brano evangelico del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per far notare «che il Signore, quando si accorge che le folle hanno fame, non ignora il problema, e neppure fa un bel discorso sulla lotta alla povertà, ma compie un gesto». Di certo «noi non possiamo compiere un miracolo come l ha fatto Gesù», ha commentato in proposito, «tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo». Che cosa? Anzitutto, ha detto il Papa, «possiamo educarci all umanità, a riconoscere l umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto». Ed esortando a non rimanere «indifferenti al grido dei poveri», ha concluso invitando a continuare quest op e- ra, «attuando la cultura dell incontro e della condivisione». Nella consapevolezza che se il contributo dato potrebbe sembrare «una goccia nel mare del bisogno», in realtà esso è prezioso, poiché «ingrossa il fiume che alimenta la speranza di milioni di persone». PAGINA 8 Almeno trenta le vittime e oltre seicento i dispersi Frana di fango travolge un villaggio in Guatemala Squadre di soccorritori e volontari sul luogo del disastro (Reuters) Domenica la messa inaugurale Al via il sinodo sulla famiglia Si apre domenica 4 ottobre, con la messa celebrata da Papa Francesco nella basilica vaticana, la quattordicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al tema «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo». Per tre settimane i padri affiancati da esperti, uditori e delegati fraterni in rappresentanza di altre Chiese e comunità ecclesiali si confronteranno sulle sfide pastorali poste oggi all istituzione familiare, riprendendo e completando la riflessione iniziata con l assemblea straordinaria dell ottobre In preparazione all assise, le famiglie italiane si ritrovano nel tardo pomeriggio di sabato 3 in piazza San Pietro per una veglia di preghiera intitolata «Le famiglie illuminano il Sinodo» presieduta dal Pontefice. Secondo Washington i raid in Siria rafforzano l Is Obama boccia la strategia russa WASHINGTON, 3. «Un disastro: i raid russi rafforzano l Is». Non usa mezzi termini il presidente statunitense, Barack Obama, nel commentare le prime operazioni russe in Siria. «Respingiamo l idea del presidente Putin per cui tutti quelli che sono contro Assad sono terroristi». Nel suo primo intervento in merito all iniziativa di Mosca in Medio oriente, l inquilino della Casa Bianca ha fatto capire che Washington non abbandonerà la propria linea: «Non CITTÀ DEL GUAT E M A L A, 3. Tragica frana in Guatemala. È di almeno 30 il numero dei morti e di 600 quello dei dispersi in seguito alla massa di fango e acqua che, a causa delle forti piogge, si è abbattuta su 125 case del villaggio di Santa Catarina Pinula, a una ventina di chilometri dalla capitale. Lo hanno riferito i soccorritori citati dai media internazionali. Le operazioni di soccorso ripartite stamane vedono impegnati 500 tra vigili, poliziotti e soldati. La stagione delle piogge, da maggio fino a novembre, aveva già ucciso otto persone quest anno. Nel 2014 c erano stati 29 morti, due dispersi e 25 feriti. Georges Rouault ( ), «Nazareth» si può riabilitare Assad». Il rischio, ora, sarebbe quello dell escalation militare. «Il successo dell azione di Putin in Siria è solo in termini di sondaggi in Russia, ma non è una mossa strategica». La coalizione russa «è con l Iran e con Assad, mentre il resto del mondo è nella coalizione con gli Stati Uniti». Inoltre «la mossa di Putin non appare intelligente ha spiegato Obama nel momento in cui la Russia si mette contro la maggioranza del popolo siriano che non vuole più Assad». Il presidente ha comunque tenuto a precisare che gli Stati Uniti non vogliono uno scontro con la Russia. Anzi, «vogliono tenere aperte le porte della comunicazione; ma non si può lavorare insieme se non si riconosce che in Siria il Governo deve c a m b i a re». D all Europa, intanto, si esprime il timore di un inasprimento dei toni. Timori espressi personalmente dal presidente francese, François Hollande, a Putin ieri nel bilaterale di oltre un ora a Parigi prima del vertice sulla crisi ucraina. «Ho detto a Putin che i raid devono riguardare l Is e soltanto l Is», ha poi sintetizzato il presidente francese, ribadendo che «l avvenire della Siria passa attraverso l uscita di scena di Assad». In tal senso, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha dichiarato: «Non penso che l azione militare possa porre fine al conflitto. Occorre una soluzione p olitica». In Siria, intanto, si continua a combattere. Ieri, nel terzo giorno consecutivo di raid aerei, che secondo il capo della commissione esteri della Duma Alexiei Pushkov potrebbero durare 3-4 mesi, i caccia russi hanno colpito Raqqa, considerata una delle roccaforti dei jihadisti. Nei raid sulla provincia siriana di Hama sono stati distrutti un posto di comando e un deposito di armi. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l Eminentissimo Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; Sua Eccellenza Monsignor Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ravello, Nunzio Apostolico in Bielorussia.

2 pagina 2 L OSSERVATORE ROMANO domenica 4 ottobre 2015 Discorso del segretario per i Rapporti con gli Stati all Assemblea generale delle Nazioni Unite Oltre gli egoismi per un mondo di pace e di solidarietà Pubblichiamo la traduzione dell intervento pronunciato il 2 ottobre a New York dall arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, durante il dibattito dell Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tema del dibattito è stato «The United Nations at 70: The road ahead for peace security and human rights». Signor Presidente, facendo eco ai sentimenti di Papa Francesco, che ha recentemente visitato questa sede delle Nazioni Unite, rinnovo le congratulazioni della Santa Sede per la Sua elezione alla Presidenza della settantesima sessione dell Assemblea Generale. Saluto pure tutti i partecipanti qui convenuti, con l augurio di un lavoro proficuo che dia nuovo slancio all impegno per un mondo che possa vivere in pace e sicurezza, nel rispetto dei diritti umani e che offra a tutti le condizioni necessarie per uno sviluppo umano integrale. In modo molto significativo, il 24 di questo mese si celebrerà il settantesimo anniversario dell entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. L Agenda 2030 Il vertice dei capi di Stato e di Governo appena concluso ha adottato un piano di azione per la prosperità dei popoli e del pianeta, e per rafforzare la pace nel godimento di un ampia libertà. A tale scopo, i firmatari dell Agenda 2030 hanno preso l impegno di dare all economia mondiale un ritmo stabile e sostenibile (cfr. Transforming our World: the 2030 Agenda for Sustainable Development, Preambolo). La Santa Sede non può che rallegrarsi, insieme con tutti i Governi che hanno partecipato al processo di redazione dell Agenda e ai loro cittadini. Vorrei qui ricordare che, già prima della fine dei negoziati, il Santo Padre ha affermato che la nuova Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un importante segno di speranza per tutta l umanità. Guerre e conflitti Contrasta con le fondate speranze suscitate dall Agenda 2030 e dalla Action Agenda della terza Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo (Addis Abeba, luglio 2015) il doloroso panorama delle guerre. Risulta ovvio che, se i conflitti non vengono dovutamente risolti, falliranno tutti gli sforzi per debellare la povertà. La Santa Sede ha perciò una seria preoccupazione per le conseguenze globali dei conflitti ma, soprattutto, sente un profondo dolore per le innumerevoli vittime dei medesimi e vuole associare la sua voce al grido di tutti coloro che soffrono. Si deve riconoscere che durante i passati settanta anni le Nazioni Unite sono riuscite ad evitare una grande conflagrazione globale e lo scoppio di molte guerre fra gli Stati membri. Parimenti, hanno arginato o risolto numerosi conflitti regionali e complesse situazioni di guerra civile. Tuttavia, ci sono almeno cinquanta conflitti o situazioni di conflitto latenti, alle quali si aggiungono le azioni di organizzazioni internazionali terroristiche e criminali, costituite come quasi-stati e come una sorta di comunità internazionale alternativa. Abbiamo purtroppo davanti agli occhi l immane tragedia della guerra in Siria, con le sue migliaia di morti, i milioni di profughi e le tremende conseguenze per la stabilità della Regione. Parimenti, devono rimanere al centro dell attenzione della comunità internazionale le difficoltà della Libia, dell Africa centrale, della regione dei Grandi Laghi, del Sud-Sudan. Né bisogna dimenticare la drammatica situazione in Ucraina, come pure tanti altri conflitti minori o più limitati, le violazioni del diritto umanitario e le guerre atipiche del narcotraffico e di altre forme di criminalità. C è poi il gravissimo conflitto del Medio Oriente, che si protrae dai primi anni di esistenza delle Nazioni Unite. Questa regione, culla delle civiltà, si trova immersa in una situazione che amalgama in sé ogni forma di conflitto e ogni possibile soggetto dei medesimi: attori statali e non statali, gruppi etnici e culturali, terrorismo e criminalità, ecc. Le «atrocità e le inaudite violazioni dei diritti umani che caratterizzano gli odierni conflitti sono diffuse dappertutto dai media in tempi reali» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all incontro promosso dal Pontificio Consiglio Cor Unum, 17 settembre 2015), rischiando di generare, per la loro stessa ampia diffusione e ripetizione, una paralizzante assuefazione e indifferenza. Da parte sua, la comunità internazionale deve sentire la grave responsabilità di muoversi con risolutezza, rinnovando le sue strutture politiche e giuridiche, per poter limitare e sanare rapidamente ed efficacemente, nella misura del possibile, gli effetti delle presenti crisi belliche. Migrazioni, rifugiati e profughi È un amaro paradosso che proprio durante il settantesimo anniversario dell Onu si assista a un esodo di popolazioni che è il più grande mai visto dopo quelli causati dalla seconda guerra mondiale. Intere popolazioni si spostano, cercando di fuggire dalla guerra, dalle persecuzioni, dallo sfruttamento e dalla povertà. Queste ondate di migrazioni, purtroppo, richiamano più l attenzione per il carico addizionale e inatteso di problemi che causano ai Paesi di passaggio o di arrivo, che per il tributo della vita stessa pagato da milioni di persone innocenti. Inoltre, come risposta a tali spostamenti di massa, alla paura del terrorismo e ad altre problematiche locali, è riapparsa la pratica di costruire muri e barriere tra le popolazioni. È un triste fenomeno di disumanità, una improvvisata e inefficace soluzione di sicurezza, che gli eventi della fine degli anni Ottanta del secolo scorso sembravano aver definitivamente destinato all oblio. La Santa Sede, allo stesso tempo, vuole rivolgere un forte appello agli Stati affinché superino qualsiasi forma di egoismo nazionalistico e, soprattutto, riconoscano l unità della nostra famiglia umana e abbiano fiducia nella persona umana. La storia lontana e recente ci insegna che i migranti, anche nelle situazioni più drammatiche di dislocamento, sono stati sempre un contributo positivo per il Paese ospite, ma ancor prima, essi sono donne e uomini che, in quanto tali, hanno un diritto universale ed erga omnes alla vita e alla dignità. Linee di riflessione e d imp egno delle Nazioni Unite Insieme con l accoglienza, il dramma attuale fa sì che diventi urgentissimo l impegno per sanare le cause che obbligano le popolazioni a fuggire e prendere decisioni vere, effettive e generose per la pace e per lo sviluppo umano integrale. Perciò il solenne impegno di attuare l Agenda 2030 è quanto mai opportuno e deve essere portato avanti con coraggio. Occorre, comunque, essere consapevoli che senza pace tra i popoli e tra le nazioni sarà impossibile dare seguito a tale Agenda. A questo scopo, la Santa Sede vorrebbe suggerire quattro linee di riflessione offrendo anche la sua collaborazione per il necessario discernimento. Si tratta dell esercizio della responsabilità di proteggere, del rispetto del diritto internazionale, del disarmo e della protezione dell ambiente. Responsabilità di proteggere La responsabilità di proteggere e la responsabilità di compiere il diritto internazionale in vigore devono essere considerati strumenti necessari, sia per assolvere l obbligo immediato di accogliere i profughi senza apporre ingiuste barriere, sia per l attuazione universale dell Agenda 2030 e anche per la protezione dell ambiente. Il principio della resp onsabilità di proteggere tutte le popolazioni dalle atrocità massive, dal genocidio, dai crimini di guerra, dalle pulizie etniche e dai crimini contro l umanità è oggi riconosciuto e accettato da tutti. Tale resp onsabilità, com è noto, spetta innanzitutto ai Governi nazionali e poi alla comunità internazionale o ai gruppi regionali di Stati, ma sempre in accordo con il diritto internazionale. Tuttavia la realtà è che non risulta facile metterla in opera, anche perché la sua attuazione spesso si scontra con un interpretazione letterale e stretta del principio di non intervento sancito dal paragrafo settimo dell articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite, e con il sospetto, storicamente fondato, che si voglia usare la scusa di un intervento umanitario per calpestare il principio di sovrana eguaglianza dei membri dell Onu, stabilito dal paragrafo secondo dello stesso articolo della Carta. Tuttavia, atteso l inaccettabile costo umano dell inazione, la ricerca di effettivi mezzi giuridici per l attuazione del principio deve essere una delle più urgenti priorità centrali delle Nazioni Unite. A tale scopo, servirebbe che gli Stati presenti in quest Assemblea generale, nel Consiglio di Sicurezza e negli altri organi delle Nazioni Unite, potessero discernere criteri chiari ed efficaci per l applicazione del principio e per la relativa integrazione del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Anche facendo leva sulla ricca esperienza in materia di peacekeeping, di peacebuilding e di altri interventi umanitari delle Nazioni Unite e delle Agenzie dipendenti si dovrebbero trovare modi efficaci e rapidi per attuare le eventuali decisioni relative alla responsabilità di proteggere. I grandi fini e principi del Preambolo e dell articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite sono una guida sicura per l interpretazione e l applicazione di tutte le successive disposizioni della Carta. Perciò i solenni impegni di «salvare le generazioni dal flagello della guerra, riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell uomo [e] nella dignità e nel valore della persona umana (cfr. Carta, Preambolo), promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali per tutti» (cfr. Carta, art.1, paragrafo 3 ), non solo giustificano l attuazione della responsabilità di proteggere, ma anche obbligano la comunità internazionale a trovare i modi di attuarla. Altrimenti si ridurrebbe la grande costruzione della Carta delle Nazioni Unite ad un mero meccanismo di mantenimento dell equilibrio mondiale e di soluzione delle controversie. Ciò significherebbe tradire non solo gli estensori della Carta, ma anche il sangue versato da milioni e milioni di vittime nei grandi conflitti bellici del secolo scorso. Responsabilità di adempiere il diritto internazionale in vigore Il secondo elemento richiamato dai conflitti attuali e dalla crisi umanitaria da essi causata è ciò che possiamo chiamare la responsabilità di adempiere il diritto in vigore nelle risposte alle crisi globali o regionali. Ciò esige, innanzitutto, una sincera e trasparente applicazione dell articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite. Il principio di non intervento, sancito dal paragrafo settimo di tale articolo, insieme con i paragrafi terzo e quarto, esclude ogni azione unilaterale di forza contro un altro membro delle Nazioni Unite ed esige il pieno rispetto dei Governi costituiti e riconosciuti secondo diritto. L articolo 2, tuttavia, non può diventare un alibi per i gravi attentati ai diritti umani. L esperienza dei settant anni di vita dell Onu ha dimostrato sufficientemente che le gravi mancanze contro la dignità umana da parte dei Governi possono raddrizzarsi e risolversi tramite un azione pacifica di denuncia e di persuasione, portata avanti dalla società civile e dagli stessi Governi. In caso, poi, che gli attentati contro i diritti umani persistano e si veda necessario qualche ulteriore intervento, non vi è altra strada che l applicazione delle misure dei capitoli VI e VII della Carta delle Nazioni Unite. Inoltre, l adesione alla Carta dell Onu nonché il principio cardine del diritto internazionale pacta sunt servanda il quale non è una tautologia ma è l affermazione della supremazia del diritto hanno bandito definitivamente concetti quali la guerra preventiva e, molto più ancora, i tentativi di ridisegnare intere aree geografiche e la distribuzione dei popoli in funzione di pretesi principi di sicurezza. Parimenti, la più palese e accessibile comprensione del paragrafo quarto dell articolo 2 della Carta esclude ogni intervento di Stati terzi a favore dell uno o l altro gruppo in una situazione di conflitto civile. Occorre un serio esame di coscienza per assumersi la parte di responsabilità che certi interventi unilaterali possono aver avuto nella crisi umanitaria che oggi colpisce il mondo. Come ha recentemente ricordato Papa Francesco: «non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale» (Discorso all As - semblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015). La crisi attuale, pertanto, mobilita a un rinnovato impegno per applicare il diritto in vigore e per sviluppare nuove norme, anche per poter debellare il fenomeno del terrorismo internazionale nel pieno rispetto del diritto. D isarmo L azione multilaterale a favore della pace e della sicurezza collettiva può trovare una sua efficace realizzazione attraverso un altro strumento riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e preso spesso in considerazione in quest Assemblea delle Nazioni Unite: il disarmo. Anche in questo caso siamo in presenza di zone di luce e zone d ombra, con la prevalenza, purtroppo, di queste ultime. Ne è un significativo esempio il fallimento della Conferenza di riesame delle parti del Trattato di nonproliferazione delle armi nucleari nel maggio scorso. Di fronte a tale impasse, è ancora più importante che la comunità internazionale e gli Stati più coinvolti in tale processo diano un chiaro segnale di una reale volontà nel perseguire l obiettivo condiviso di un mondo libero dalle armi nucleari, «applicando interamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti» (ibid.). Come affermato da Papa Francesco in vari fori, la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata sono inconciliabili e contraddittorie con un etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra i popoli e gli Stati. La corsa al nucleare e, più in generale tutte le corse agli armamenti, con il relativo dispendio di risorse umane ed economiche, si appoggiano, in ultima analisi, sulla negazione della dignità umana dei potenziali nemici e, persino, della propria dignità e sopravvivenza. Perciò, il processo volto ad approfondire le conseguenze umanitarie delle armi di distruzione di massa e in particolare di quelle nucleari diventa un esercizio non solo degno d incoraggiamento, ma necessario in tale ottica. Chiamando in causa l asp etto umanitario, è doveroso anche menzionare la Convenzione per la messa al bando delle mine antiuomo e quella sulle munizioni a grappolo. Si tratta di due strumenti di disarmo e di adattamento del diritto umanitario alla complessità della realtà contemporanea, volti a stigmatizzare e a interdire questi terribili ordigni che hanno un impatto devastante e indiscriminato sulla popolazione civile. La Santa Sede si unisce a tutti coloro che lavorano per un efficace attuazione di tali strumenti, auspicando una rapida adesione ad essi da parte degli Stati che non lo hanno ancora fatto. L effettivo e pieno vigore dei principi della Carta delle Nazioni suppone di sostituire la logica del rigetto dell altro, della sfiducia e della paura con l etica della responsabilità. Ciò richiede anche una riflessione sul significato del concetto di sicurezza collettiva, che chiama in causa non solo la dimensione bellico-militare, ma anche quelle economico-finanziaria, etico-sociale e umanitaria, in genere. Cambiamento climatico Guardando avanti, vi è un altra importante responsabilità, di altissimo rilievo, sia per un effettiva attuazione dell Agenda 2030 che per la stessa pace, che è l auspicato accordo sul cambiamento climatico da adottare alla Conferenza di Parigi nel dicembre Il clima è un bene comune globale, responsabilità di ognuno di noi, soprattutto nei confronti sia dei gruppi più vulnerabili della generazione presente sia delle generazioni future. Una responsabilità che non può che essere trasversale e richiede un efficace collaborazione multilaterale così come interdisciplinare, ciascuno secondo le proprie capacità e caratteristiche, ma uniti nel farci interpellare dalla domanda: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» (Laudato si, n. 160). La Conferenza di Parigi rappresenta una tappa rilevante nel processo volto a ristabilire un equilibrio tra le emissioni globali di gas effetto serra e la capacità della Terra di assorbirle. A tal fine, è urgente l adozione di un accordo globale e legalmente vincolante che sia giusto e trasformazionale, capace di dare un segnale significativo all intera comunità internazionale in favore sia di una rapida transizione energetica verso uno sviluppo a basso contenuto di carbonio, sia di una forte spinta nel far leva sui legami esistenti tra due obiettivi: sradicare la povertà e facilitare gli effetti del cambiamento climatico. Tali legami mettono in evidenza che la minaccia del cambiamento climatico e la nostra risposta ad essa possono diventare un i n t e re s - sante opportunità, volta a migliorare la salute, il trasporto, la sicurezza energetica e a creare nuove opportunità di lavoro. Un accordo effettivo su questi temi, oltre all importante valore che hanno in se stessi, non potrà non contribuire alle intese generali tra gli Stati sullo sviluppo umano integrale, sulla responsabilità di proteggere, sulla pace, sul disarmo e sul rispetto del diritto internazionale. Conclusione Signor Presidente, la percezione delle limitazioni della Carta delle Nazioni Unite di fronte a nuove situazioni di crisi o, purtroppo, i segnali della mancata osservanza delle sue prescrizioni, non significano proclamare e lamentare l insuccesso dell Organizzazione. Esse sono piuttosto le ombre inevitabili del grande quadro del primo progetto globale di pace e di cooperazione internazionale, che è felicemente durato settant anni, e un incoraggiamento al pieno rispetto del diritto in vigore e a un approfondimento della fiducia e della cooperazione. La Santa Sede, perciò, si augura che questo settantesimo anniversario, segnato dalla solenne adozione dell Agenda 2030, sia l inizio di un armonica e approfondita cooperazione per il bene di tutta l umanità. Come affermarono nelle loro visite i Papi Benedetto XVI, nel 2008, e Paolo VI, cinquant anni fa in occasione del ventesimo anniversario dell Organizzazione, le Nazioni Unite sono chiamate a «servire sempre più come segno di unità fra Stati e quale strumento al servizio di tutta l umana famiglia» (Benedetto XVI, Discorso all Assemblea generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008) e, perciò, rappresentano «la via obbligata della civiltà moderna e della pace mondiale» (Paolo VI, Discorso all As - semblea generale delle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965). Le Nazioni Unite, perciò, devono diventare il luogo di ritrovo e di sviluppo di una vera famiglia delle Nazioni e dei popoli, in cui ogni tipo di guerra e d intervento unilaterale siano definitivamente banditi, non solo a parole, ma soprattutto, nell animo e nelle intenzioni di tutti i governanti. Grazie, Signor Presidente. L OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Città del Vaticano o r n e o s s ro m.v a w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o.v a POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt GI O VA N N I MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino v i c e d i re t t o re Piero Di Domenicantonio cap oredattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio vaticano: vaticano@ossrom.va Servizio internazionale: internazionale@ossrom.va Servizio culturale: cultura@ossrom.va Servizio religioso: religione@ossrom.va Servizio fotografico: telefono , fax photo@ossrom.va w w w. p h o t o.v a Segreteria di redazione telefono , fax s e g re t e r i o s s ro m.v a Tipografia Vaticana Editrice L Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale 99; annuale 198 Europa: 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: 450; $ 665 America Nord, Oceania: 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono , fax , , info@ossrom.va d i f f u s i o n o s s ro m.v a Necrologie: telefono , fax Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A. 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3 domenica 4 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 3 Il segretario di Stato americano John Kerry al vertice sulla Libia al Palazzo di Vetro di New York (Ap) Dopo l uccisione dei due coloni Israele rafforza i controlli dell e s e rc i t o in Cisgiordania TEL AV I V, 3. L esercito israeliano ha intensificato oggi il controllo delle zone della Cisgiordania a sud di Nablus, dopo il mortale agguato ai giovani coniugi ebrei Eitam e Naamà Hankin. I due sono stati uccisi davanti ai loro quattro figli che viaggiavano nella stessa vettura, nei pressi della colonia di Itamar. Quattro battaglioni dell esercito hanno passato al setaccio i villaggi cisgiordani dell a re a. Non sono state diffuse notizie riguardo alle indagini sulla responsabilità dell agguato, ma stando ai media internazionali i servizi di intelligence israeliani esprimono la preoccupazione che dopo settimane di disordini a Gerusalemme l atmosfera di violenza stia contagiando anche la Cisgiordania. Il ministro della Difesa Yaalon ha ordinato all esercito la massima fermezza e ha intimato ai coloni di mantenere la calma «per non complicare ulteriormente la situazione». Si è appreso, comunque, di una rivendicazione, anche se ne va ancora vagliata l attendibilità. Alcuni siti palestinesi hanno riportato un volantino con simboli di Al Fatah firmato dalle Brigate di Abdel Qader al-hussein. Lo stesso gruppo l anno scorso aveva sparato da Gaza razzi verso Israele. Gli Hankin sono stati uccisi da due attentatori mentre con la loro automobile si erano fermati a un incrocio stradale non lontano da Nablus. Ancora non è chiaro se gli assassini dei coniugi Hankin abbiano o meno intenzionalmente risparmiato le vite dei figli. Stando alle testimonianze diffuse dalla stampa, il figlio più grande, di appena nove anni, ha comunque visto da vicino l uccisione dei genitori e ha riferito alcuni dettagli agli investigatori. La brutalità dell assassinio, con proiettili sparati a bruciapelo alla testa, secondo la stampa, ha destato un ondata di indignazione sia fra i coloni israeliani in Cisgiordania, che si sono abbandonati ad atti di violenza contro la popolazione palestinese, sia fra le migliaia di persone convenute ieri a Gerusalemme per i funerali di Eitam e Naamà Hankin. Pesanti contestazioni ha subito il Presidente israeliano, Reuven Rivlin, da attivisti dell e s t re m a destra. Rivlin, che a luglio aveva denunciato con forza l attentato mortale a una famiglia palestinese attribuito a estremisti israeliani, è stato costretto a lasciare la cerimonia sotto scorta. L assassinio dei giovani coniugi ha suscitato la netta condanna anche delle autorità palestinesi. Stretta finale nei negoziati fra Tripoli e Tobruk L Onu preme per la riconciliazione in Libia NEW YORK, 3. L accordo per un Governo di unità nazionale in Libia è «l unica via possibile», non ci sono altre soluzioni come quella militare. E l intesa va fatta «ora, senza ulteriori ritardi». L imperativo è «non fallire, e chi si tira indietro si assumerà le sue responsabilità». È chiaro e forte il messaggio che la comunità internazionale consegna nelle mani dei rappresentanti di Tripoli e di Tobruk, le principali fazioni libiche convocate al palazzo di Vetro per tentare di avviare la stretta finale di un intesa che ponga fine all instabilità nel Paese. Instabilità che aumenta i rischi di un rafforzamento dei gruppi jihadisti e che alimenta la gravissima emergenza dei migranti nel Mediterraneo. Al vertice, oltre al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e Revocato in Tunisia lo stato di emergenza TUNISI, 3. La presidenza della Repubblica tunisina ha decretato la fine dello stato di emergenza nel Paese. Proclamato il 4 luglio scorso dal presidente della Repubblica Béji Caïd Essebsi all indomani della strage sulla spiaggia di Sousse che lo scorso 26 giugno causò 38 morti e prorogato per 60 giorni il 3 agosto, lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale era stato introdotto per combattere con più efficacia la minaccia terroristica jihadista. A fine luglio il Paese si è dotato di una nuova legge antiterrorismo. Intanto, l Fmi (Fondo monetario internazionale) ha approvato ieri l erogazione di 301,6 milioni di dollari per la Tunisia. Lo sblocco dei fondi è stato comunicato in seguito alle verifiche dei risultati ottenuti dal Paese nell ambito del programma economico. L a c c o rd o con l Fmi firmato nel 2013 terminerà a fine anno e il nuovo Governo ha già avviato trattative per ottenere un prestito di 1,74 miliardi di dollari. al suo inviato speciale in Libia, Bernardino León, anche il segretario di Stato americano, John Kerry, e numerosi ministri degli Esteri dell Ue. «Questo accordo è l unica via perché la Libia abbia una strada da seguire. Se i libici prendono la giusta decisione noi saremo con loro. Questa è l opportunità di fare la differenza, e con un impatto immediato», ha sottolineato Kerry. Le consultazioni tra le parti libiche proseguiranno a New York nel corso del fine settimana. Poi si riprenderà il negoziato a Skhirat, in Marocco. «C è ancora una possibilità di chiudere l accordo», ha intanto commentato Awad Abdel Sadek, capo delegazione di Tripoli, pur definendo l incontro all Onu «un disastro: León non ci ha dato l opportunità di esprimere le nostre idee». Due anni fa la tragedia di Lampedusa Tensioni nell Ue per i flussi di profughi PARIGI, 3. Non vengono meno le tensioni legate ai flussi di profughi e migranti nell Unione europea, nonostante i recenti sviluppi politici che hanno portato a stabilire regole per i ricollocamenti di quelli bloccati nei Paesi di arrivo, soprattutto Grecia e Italia. Né purtroppo sembra destinato a interrompersi il conteggio dei morti nel Mediterraneo, due anni dopo la tragedia a Lampedusa, dove il 3 ottobre 2013 centinaia di profughi, soprattutto eritrei, perirono nel naufragio del barcone sul quale si erano imbarcati nel tentativo di raggiungere l Europa. «Due anni fa 366 persone morirono davanti a Lampedusa. Solo nel migranti sono morti nel Mediterraneo. È la frontiera più mortale nel mondo. Ogni vita persa è troppo. Intendo onorare le vittime e ringraziare le squadre di soccorso», ha detto il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in una cerimonia commemorativa tenuta ieri. Nelle ultime ore non si è avuta per fortuna notizia di altre vittime, ma anzi del salvataggio da parte della Guardia costiera greca di 43 Dopo il vertice di Parigi Progressi per la pace in Ucraina PARIGI, 3. Sul dossier ucraino «ci sono progressi», ma la completa applicazione degli accordi di Minsk non è ancora dietro l angolo: questo, in sintesi, il messaggio lanciato dal presidente francese, François Hollande, e dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, al termine di una lunga giornata di trattative a Parigi con Vladimir Putin e Petro Poroshenko. «Ora il cessate il fuoco è globalmente rispettato», ha affermato Hollande, nel corso della conferenza stampa conclusiva del vertice. «Da inizio settembre gli ha fatto eco Angela Merkel siamo entrati in una fase molto più tranquilla dal punto di vista militare». I leader di Francia e Germania hanno chiesto che le elezioni dei separatisti non si tengano come previsto il 18 ottobre. Non una parola, invece, sul ritiro delle sanzioni contro Mosca. Secondo Alexiei Likaciov, primo viceministro dello Sviluppo economico di Mosca, le misure restrittive hanno causato danni per miliardi di dollari per la Russia e fino a 100 miliardi di dollari per l Ue. Il vertice di Parigi sul conflitto ucraino (Ap) Nel corso dei colloqui Parigi e Berlino hanno esaminato i progressi realizzati dopo gli accordi di pace e gli ostacoli che ancora frenano la loro piena applicazione. Al tavolo con Putin e Poroshenko hanno poi insistito su alcuni punti fondamentali. A partire dalla sicurezza. Putin si è impegnato a garantire che «il ritiro delle armi leggere possa cominciare e che possa esserci un processo simile per le armi pesanti». E oggi i ribelli separatisti hanno annunciato l inizio del ritiro dei carri armati dalla linea di contatto (con le forze ucraine) nel Donbass. profughi, in maggioranza siriani, tra i quali una diciottenne paraplegica, altre tre donne e undici bambini, imbarcati su un natante sovraccarico che stava affondando nell Egeo al largo dell isola di Lesb o. Proprio nell Egeo passa da mesi la rotta principale degli arrivi di profughi, soprattutto appunto siriani, provenienti dalla Turchia, dove se ne trovano attualmente oltre un milione. Fonti europee a Bruxelles hanno confermato che la Commissione europea sta lavorando per raggiungere un accordo politico di collaborazione con la Turchia prima del Consiglio europeo del 15 ottobre. Domani il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker incontrerà il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Il Governo di Ankara chiede, tra l altro, aree protette in territorio siriano, il reinserimento nella lista dei Paesi di origine sicura dai quali era stata depennata, la liberalizzazione dei visti e risorse aggiuntive. Al tempo stesso, le tensioni continuano a riacutizzarsi anche in altri punti caldi, legati alla questione dei flussi di profughi e migranti, sia alle frontiere esterne dell Unione europea come detto, soprattutto in Grecia, dove dall inizio dell anno ne sono arrivati quattrocentomila, e in Italia, ma ormai da settimane anche nei Balcani sia a quelle interne. È ripreso questa mattina il traffico nell Eurotunnel, il collegamento ferroviario sotto la Manica, interrotto per tutta la notte dopo che ieri sera circa duecento profughi e migranti decisi a raggiungere la Gran Bretagna avevano messo in atto l ultimo di una lunga serie di tentativi di forzare la zona di ingresso vicino a Calais, nel nord della Francia, scontrandosi con la p olizia. Portogallo alle urne per le legislative LISBONA, 3. Dopo una cura anticrisi di tre anni, il Portogallo torna alle urne: domani, domenica, si vota per le politiche. Il premier conservatore Pedro Passos Coelho è dato favorito sui socialisti di António Costa. L ultimo sondaggio Intercampus dà la coalizione di centro-destra Psd-Cds di Passos Coelho e del vicepremier, Paolo Portas, in vantaggio con il 37,2 per cento sul Ps di Costa al 32,9 per cento. Le altre due liste, a sinistra del Ps e che finora hanno escluso qualsiasi alleanza con Costa, i comunisti-verdi del Cdu e il Bloco de Esquerda appoggiato dagli spagnoli di Podemos, sono sotto il dieci per cento. Nelle ultime settimane la coalizione di centrodestra, a lungo in pareggio con i socialisti, ha preso il largo nei sondaggi grazie al miglioramento dei dati economici ma soprattutto per l uscita dal carcere dell ex premier del Ps, José Sócrates, accusato di corruzione. Oltre cinquecento bambini vittime della guerra nello Yemen Aerei della Nato colpiscono per un tragico errore un ospedale civile Si combatte ancora alla periferia della città afghana di Kunduz SANA A, 3. Negli ultimi sei mesi, in Yemen, oltre 500 bambini sono morti e almeno 700 sono rimasti feriti a causa delle incessanti violenze. Lo ha denunciato ieri l Unicef sottolineando che sono almeno 1,7 milioni i piccoli a rischio denutrizione. Nel Paese si legge in una nota del Fondo delle Nazioni Unite per l infanzia circa dieci milioni di bambini, l 80 per cento della popolazione del Paese sotto i 18 anni, ha bisogno di urgente assistenza umanitaria, con oltre 1,4 milioni di persone che sono state costrette a lasciare le proprie case. «Ogni giorno che passa, i bambini vedono le proprie speranze e i propri sogni per il futuro infranti» ha dichiarato Julien Harneis, rappresentante Unicef in Yemen. «Le loro case, scuole e comunità vengono distrutte e le loro vite sono sempre più minacciate da malattie e malnutrizione». Nel 2015, afferma ancora l U n i c e f, il numero di bambini sotto i cinque anni a rischio di malnutrizione acuta grave è triplicato, bambini sono adesso a rischio, rispetto ai prima del conflitto e si stima che almeno il doppio dei bambini sotto i cinque anni, in totale 1,2 milioni, soffriranno di malnutrizione acuta moderata, rispetto ai prima della crisi. Ma il conflitto prosegue. Ieri i ribelli huthi hanno ammesso di aver perso il controllo dello strategico stretto di Bab Al Mandab, che lungo la costa sud-occidentale dello Yemen collega il Mar Rosso, e quindi il canale di Suez, con il Golfo di Aden e il Mar Arabico, dunque con l Oceano Indiano. Le forze lealiste hanno occupato anche le alture e le coste dello stretto. Soldato afghano alla periferia di Kunduz (Ansa) KABUL, 3. Continua la battaglia a Kunduz, nel nord dell Afghanistan, dopo l attacco a sorpresa di lunedì degli insorti talebani. Gli abitanti parlano di una situazione tragica e denunciano come in città regni il terrore. «Oggi la situazione in città è migliore. Il centro è sotto il nostro controllo, ma ci sono ancora scontri in periferia», ha detto il portavoce della polizia di Kunduz. Intanto, bombardieri statunitensi della Nato hanno centrato per errore un ospedale di Medici Senza Frontiere. Nell azione sono morte secondo il bilancio ufficiale novep ersone e almeno 37 sono i feriti. L ambasciata degli Stati Uniti a Kabul ha espresso oggi il suo profondo cordoglio ai familiari delle vittime del «tragico incidente» e ha ricordato che «i dottori di Medici senza frontiere svolgono un lavoro eroico in tutto il mondo, compreso l Afghanistan, e i nostri pensieri e preghiere sono con il loro team in questo difficile momento». Rimaniamo profondamente preoccupati conclude la nota dell ambasciata americana a Kabul «per la violenza in corso in Kunduz e per la difficile situazione umanitaria che sopportano i suoi residenti». Dal canto suo, il presidente afghano, Ashraf Ghani, ha denunciato che «i talebani e i loro collaboratori terroristi», oltre a seminare terrore fra i cittadini di Kunduz da loro catturata, «si sono abbandonati ad assassinii extragiudiziari, torture, stupri, liberazione di detenuti, saccheggiando averi della gente e proprietà del Governo e appiccando il fuoco a edifici pubblici, televisioni, radio e scuole». In un messaggio Ghani ha detto che questi atti sono riconosciuti come «crimini contro l umanità».

4 pagina 4 domenica 4 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO domenica 4 ottobre 2015 pagina 5 Un uomo come voi Lello Scorzelli, «Paolo VI alle Nazioni unite» Ecco il dialogo Papa Montini all assemblea generale dell Onu il 4 ottobre 1965 Il 4 ottobre 1965 a New York per la prima volta un Papa parlava davanti all assemblea generale delle Nazioni unite Voi sapete che la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l equilibrio delle forze e degli interessi Ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace Voi già lavorate in questo senso Voi esistete per collegare gli Stati La vostra vocazione è quella di affratellare non solo alcuni ma tutti i popoli Difficile impresa? Senza dubbio Ma questa è l i m p re s a La prima pagina dell edizione straordinaria dell Osservatore Romano Nel momento in cui prendiamo la parola davanti a questo consesso unico al mondo, sentiamo il bisogno anzitutto di esprimere la nostra profonda gratitudine al signor Thant, vostro segretario generale, per l invito ch egli ci ha rivolto di visitare le Nazioni Unite, in occasione del ventesimo anniversario della fondazione di questa istituzione mondiale per la pace e per la collaborazione fra i popoli di tutta la terra. Noi ringraziamo altresì il signor presidente dell Assemblea, onorevole Amintore Fanfani, il quale, dal giorno del suo insediamento, ha avuto per noi parole tanto cortesi. Grazie anche a voi tutti, qui presenti, per la vostra buona accoglienza. A ciascuno di voi il nostro riverente e cordiale saluto. La vostra amicizia ci ha invitati e ci ammette ora a questa riunione: e come amici noi qui a voi ci presentiamo. Vi esprimiamo il nostro cordiale omaggio personale e vi offriamo quello dell intero Concilio Ecumenico Vaticano II, riunito in Roma, e qui rappresentato dai signori cardinali che a questo scopo ci accompagnano. A loro nome, come da parte nostra, rendiamo a voi tutti onore e vi salutiamo! Questo incontro, voi tutti lo comprendete, segna un momento semplice e grande. Semplice, perchè voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello, e fra voi, rappresentanti di Stati sovrani, uno dei più piccoli, rivestito lui pure, se così vi piace considerarci, d una minuscola, quasi simbolica sovranità temporale, quanta gli basta per essere libero di esercitare la sua missione spirituale, e per assicurare chiunque tratta con lui, che egli è indipendente da ogni sovranità di questo mondo. Egli non ha alcuna potenza temporale, né alcuna ambizione di competere con voi; non abbiamo infatti alcuna cosa da chiedere, nessuna questione da sollevare; se mai un desiderio da esprimere e un permesso da chiedere, quello di potervi servire in ciò che a noi è dato di fare, con disinteresse, con umiltà e amore. Questa è la nostra prima dichiarazione; e, come voi vedete, essa è così semplice, che sembra irrilevante per questa Assemblea, che tratta sempre cose importantissime e difficilissime. Ma noi dicevamo, e tutti lo avvertite, che questo momento è anche grande. Grande per noi, grande per voi. Per noi, anzitutto. Oh! Voi sapete chi siamo; e, qualunque sia l opinione che voi avete sul Pontefice di Roma, voi conoscete la nostra missione; siamo portatori d un messaggio per tutta l umanità; e lo siamo non solo a nostro nome personale e dell intera famiglia cattolica, ma lo siamo pure di quei fratelli cristiani, che condividono i sentimenti da noi qui espressi, e specialmente di quelli da cui abbiamo avuto esplicito incarico d essere anche loro interpreti. Noi siamo come il messaggero che, dopo lungo cammino, arriva a recapitare la lettera che gli è stata affidata; così noi avvertiamo la fortuna di questo, sia pur breve, momento, in cui si adempie un voto, che noi portiamo nel cuore da quasi venti secoli. Sì, voi ricordate: è da molto tempo che siamo in cammino, e portiamo con noi una lunga storia; noi celebriamo qui l epilogo d un faticoso pellegrinaggio in cerca d un colloquio con il mondo intero, da quando ci è stato comandato: «Andate e portate la buona novella a tutte le genti» (cfr. Ma r - co, 16, 15). Ora siete voi, che rappresentate tutte le genti. Noi abbiamo per voi tutti un messaggio, sì, un messaggio felice, da consegnare a ciascuno di voi. Il nostro messaggio vuol essere, in primo luogo, una ratifica morale e solenne di questa altissima istituzione. Questo messaggio viene dalla nostra esperienza storica; noi, quali esperti in umanità, rechiamo a questa organizzazione il suffragio dei nostri ultimi predecessori, quello di tutto l episcopato cattolico, e nostro, convinti come siamo che essa rappresenta la via obbligata della civiltà moderna e della pace mondiale. Dicendo questo, noi sentiamo di fare nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, che a quelle hanno sopravvissuto portando nei cuori la condanna per coloro che tentassero rinnovarle; e di altri vivi ancora, che avanzano nuovi e fidenti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità. E facciamo nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. I popoli considerano le Nazioni Unite come il palladio della concordia e della pace; noi osiamo, col nostro, portare qua il loro tributo di onore e di speranza. Ecco perchè questo momento è grande anche per voi. Noi sappiamo che ne avete piena coscienza, Ascoltate allora la continuazione del nostro messaggio. Esso è rivolto completamente verso l avvenire: l edificio, che avete costruito, non deve mai più decadere, ma deve essere perfezionato e adeguato alle esigenze che la storia del mondo presenterà. Voi segnate una tappa nello sviluppo della umanità, dalla quale non si dovrà più retrocedere, ma avanzare. Al pluralismo degli Stati, che non possono più ignorarsi, voi offrite una formola di convivenza estremamente semplice e feconda. Ecco: voi dapprima vi riconoscete e distinguete gli uni dagli altri. Voi non conferite certamente l esistenza agli Stati; ma qualificate come idonea a sedere nel consesso ordinato dei popoli ogni singola Nazione; date cioè un riconoscimento di altissimo valore etico e giuridico ad ogni singola comunità nazionale sovrana, e le garantite onorata cittadinanza internazionale. È già un grande servizio alla causa dell umanità quello di ben definire e di onorare i soggetti nazionali della comunità mondiale, e di classificarli in una condizione di diritto, meritevole d essere da tutti riconosciuta e rispettata, dalla quale può derivare un sistema ordinato e stabile di vita internazionale. Voi sancite il grande principio che i rapporti fra i popoli devono essere regolati dalla ragione, dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa, non dalla forza, non dalla violenza, non dalla guerra, e nemmeno dalla paura, né dall inganno. Così ha da essere. Lasciate che noi ci congratuliamo con voi, che avete avuto la saggezza di aprire l accesso a questa aula ai popoli giovani, agli Stati giunti da poco alla indipendenza e alla libertà nazionale; la loro presenza è la prova dell universalità e della magnanimità che ispirano i principii di questa istituzione. Così ha da essere; questo è il nostro elogio e il nostro augurio, e, come vedete, noi non li attribuiamo dal di fuori; ma li caviamo dal di dentro, dal genio stesso del vostro Statuto. Il vostro Statuto va oltre; e con esso procede il nostro augurio. Voi esistete ed operate per unire le Nazioni, per collegare gli Stati; diciamo questa seconda formola: per mettere insieme gli uni con gli altri. Siete una associazione. Siete un ponte fra i popoli. Siete una rete di rapporti fra gli Stati. Staremmo per dire che la vostra caratteristica riflette in qualche modo nel campo temporale ciò che la nostra Chiesa cattolica vuol essere nel campo spirituale: unica ed universale. Non v è nulla di superiore sul piano naturale nella costruzione ideologica dell umanità. La vostra vocazione è quella di affratellare non solo alcuni, ma tutti i popoli. Difficile impresa? Senza dubbio. Ma questa è l impresa; questa la vostra nobilissima impresa. Chi non vede il bisogno di giungere così, progressivamente, a instaurare un autorità mondiale, capace di agire con efficacia sul piano giuridico e politico? Anche a questo riguardo ripetiamo il nostro voto: perseverate. Diremo di più: procurate di richiamare fra voi chi da voi si fosse staccato, e studiate il modo per chiamare, con onore e con lealtà, al vostro patto di fratellanza chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia; e poi siate generosi nell accordarla. E voi, che avete la fortuna e l onore di sedere in questo consesso della pacifica convivenza, ascoltateci: fate che non mai la reciproca fiducia, che qui vi unisce e vi dalla valutazione di altri fattori, che non sia la semplice appartenenza a questa istituzione; ma anch essa è costituzionale. Voi non siete eguali, ma qui vi fate eguali. Può essere per parecchi di voi atto di grande virtù; consentite che ve lo dica colui che vi parla, il rappresentante d una religione, la quale opera la salvezza mediante l umiltà del suo Fondatore divino. Non si può essere fratelli, se non si è umili. Ed è l orgoglio per inevitabile che possa sembrare che provoca le tensioni e le lotte del prestigio, del predominio, del colonialismo, dell egoismo; rompe cioè la fratellanza. E allora il nostro messaggio raggiunge il suo vertice; il vertice negativo. Voi attendete da noi questa parola, che non può svestirsi di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l O rganizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace! Ascoltate le chiare parole d un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni or sono proclamava: «L umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all umanità». Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell intera umanità! Grazie a voi, gloria a voi, che da vent anni per la pace lavorate, e che avete perfino dato illustri vittime a questa santa causa. Grazie a voi, e gloria a voi, per i conflitti che avete prevenuti e composti. I risultati dei vostri sforzi, conseguiti in questi ultimi giorni in favore della pace, benchè non siano ancora definitivi, meritano che noi, osando farci interpreti del mondo intero, vi esprimiamo plauso e gratitudine. Signori, voi avete compiuto e state compiendo un opera gran- E voi sapete che la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace. Voi già lavorate in questo senso. Ma voi siete ancora in principio: arriverà mai il mondo a cambiare la mentalità particolaristica e bellicosa, che finora ha tessuto tanta parte della sua storia? È difficile prevedere; ma è facile affermare che alla nuova storia, quella pacifica, quella veramente e pienamente umana, quella che Dio ha promesso agli uomini di buona volontà, bisogna risolutamente incamminarsi; e le vie sono già segnate davanti a voi; e la prima è quella del disarmo. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili, specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli. Finché l uomo rimane l essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo; ma voi, coraggiosi e valenti quali siete, state studiando come garantire la sicurezza della vita internazionale senza ricorso alle armi: questo è nobilissimo scopo, questo i popoli attendono da voi, questo si deve ottenere! Cresca la fiducia unanime in questa istituzione, cresca la sua autorità; e lo scopo, è sperabile, sarà raggiunto. Ve ne saranno riconoscenti le popolazioni, sollevate dalle pesanti spese degli armamenti, e liberate dall incub o della guerra sempre imminente, il quale deforma la loro psicologia. Noi godiamo di sapere che molti di voi hanno considerato con favore il nostro invito, lanciato a tutti gli Stati per la causa della pace, a Bombay, nello scorso dicembre, di devolvere a beneficio dei Paesi in via di sviluppo una parte almeno delle economie, che si possono realizzare con la riduzione degli armamenti. Noi rinnoviamo qui tale invito, fidando nel vostro sentimento di umanità e di gen e ro s i t à. Dicendo queste parole ci accorgiamo di far eco ad un altro principio costitutivo di questo organismo, cioè il suo vertice positivo: non solo qui si lavora per scongiurare i conflitti fra gli Stati, ma si lavora altresì con fratellanza per renderli capaci di lavorare gli uni per gli altri. Voi non vi contentate di facilitare la coesistenza e la convivenza fra le varie Nazioni; ma fate un passo molto più avanti, al quale noi diamo la nostra lode e il nostro appoggio: voi promovete la collaborazione fraterna dei popoli. Qui si instaura un sistema di solidarietà, per cui finalità civili altissime ottengono l app oggio concorde e ordinato di tutta la famiglia dei popoli per il bene comune, e per il bene dei Pubblichiamo la prima parte del terzo capitolo del libro «Il Vaticano che cambia» (Milano, Mondadori, 1966) dove l autore rielaborò il racconto del suo colloquio con Paolo VI uscito sul «Corriere della Sera» del 3 ottobre di ALBERTO CAVA L L A R I Papa Paolo VI mi ha parlato del Vaticano d oggi. Mi ha ricevuto nella sua biblioteca privata, di sera, alla vigilia del suo viaggio all O nu, conversando poi lentamente e con molta franchezza della Chiesa, del Concilio, dell Italia, dei rapporti Stato-Chiesa in Italia, del suo intervento alle Nazioni Unite. I papi non concedono, com è noto, interviste: non ne concedono da duemila anni. Ma un colloquio come è stato questo so di poterlo riferire. Esso è nato da una visita al papa scaturita dall o ccasione semplice e non dall ufficialità; da un incontro tanto raro quanto occasionale. Dirò in fretta che sono andato alla seconda loggia verso le sette, all ora in cui finiscono le udienze, mentre si spengono le luci dei palazzi apostolici. Paolo VI era in piedi, dietro a un lungo tavolo di noce, e si è mosso verso la porta con modi naturali, coi gesti di un uomo moderno capace di svelti rapporti umani. Sullo sfondo dei libri, dentro la luce viva del salone priva d ori e di baldacchini, il papa ha poi teso la mano senza imporre né sollecitare il bacio dell anello. Infine ha cominciato a scegliere con lo sguardo tra le poltrone che fanno circolo al suo tavolo, finché gli è sembrato di trovare la piú comoda e la piú vicina all interlocutore. «Ve n g a, venga» ha detto il papa «Si metta a sedere lí, parleremo meglio». Né m è sembrato un gesto di sola cortesia: ma piuttosto un preciso rifiuto al classico monologo dei papi. Oltre lo scrittoio la sua figura bianca ha disegnato un immagine inedita. Paolo VI era seduto, teneva un tagliacarte tra le mani; la lampada faceva scintillare la sua veste con la mantellina, scorgevo sotto il tavolo le piccole pantofole rosse, senza cuscini o sgabelli. Vedevo un uomo disteso, spontaneo, poco somigliante al papa scarno, teso, oppure introverso, oppure nervoso, oppure diplomatico, che solitamente si descrive. «Ci fa piacere, sa, parlare del Vaticano» ha detto subito il papa affabilmente, con espressione arguta. «Oggi molti cercano di capirci e di studiarci. Ci sono tanti libri sulla Santa Sede e il Concilio. E alcuni sono anche ben fatti, vede. Ma molti assicurano che la Chiesa pensa certe cose senza aver mai chiesto alla Chiesa cosa pensa. Mentre, dopotutto, anche lo VI ha toccato gli argomenti piú importanti del suo pontificato. Nel silenzio della sera, nella sala senza segretari, ha affrontato anche i temi piú difficili e piú critici, e l ha fatto da uomo del nostro tempo, che non intende eludere nulla, scopertamente deciso a una sincerità che rifiuta i rapporti facili, la simbolica simpatia o la simbolica solennità. Senza scrivere (non si può scrivere davanti ai papi) ho fissato nella memoria parola per parola le sue frasi quando Paolo VI m ha parlato, con un realismo persino doloroso, della Chiesa e del mondo, del dialogo, della sua successione a Giovanni XXIII. «Bisogna essere semplici e avveduti» m ha detto il papa «nel cogliere il senso degli anni che stiamo vivendo. La Chiesa vuole diventare poliedrica per riflettere meglio il mondo contemporaneo. Per diventarlo ha deciso di affondare l aratro nei terreni inerti, anche nei più duri, per smuovere, vivificare, portare alla luce ciò che restava sepolto. Questa aratura provoca scosse, sforzi, problemi. Al nostro predecessore toccò il compito di affondaper ascoltare, cercare continuamente di distruggere i diaframmi che si creano tra un uomo e un papa, non abbandonarsi a una parte facile, con preoccupazione continua, m è sembrata una parte fondamentale del carattere di Paolo VI. La coscienza che un papa moderno debba affrontare il rischio del discorso diretto, mobile, umanamente vero, m è sembrato un dato preciso della sua figura, che pare difficile perché continuamente sfuggente all oleografia. Ma ciò risulterà bene dal resto della conversazione il nostro parere dovrebbe contare qualcosa in tema di religione». Qui il papa ha fatto una pausa, una parentesi divertita. Poi ha continuato spegnendo il sorriso: «Ma ci rendiamo conto che non è facile intendere ciò che viene fatto e viene discusso nel mondo della Chiesa. Anche il papa, sa, certe volte fatica per capire il mondo d oggi». Dopo questo preambolo senza formalità, cosí francamente umano, Paopeccavano talvolta di simonia. E sa perché? Accadeva che la curia per autofinanziarsi facesse pagare i documenti degli atti che le venivano richiesti. Mentre oggi la curia riceve i suoi compensi regolari, come ogni buona amministrazione del mondo. Questo stesso argomento è quindi da sdrammatizzare. Sono necessarie riforme tecniche, certo, per lavorare meglio. Ci saranno attriti personali da accomodare. Ma gravi problemi non sono emersi. Fosse il contrario, sarebbe nostra cura risolverli. Lei pensa che il papa negherebbe i mali del governo vaticano se ce ne fossero? Li elencherebbe, li studierebbe, poi li eliminerebb e». Paolo VI ha di nuovo sorriso, nel piacere di un discorso obbiettivo: come un tecnico che parla di un meccanismo che conosce; ma anche come un papa che non difende la linea curiale per partito preso, e solo intende essere interprete di una sdrammatizzazione dei fatti, provocata dal Concilio stesso. Preso da questo stato d animo ha continuato in questa chiave umana anche parlando dell ecumenismo. «Il Concilio è servito a semplificare molte cose» ha detto ancora. «Anche considerato come incontro tra gli uomini di diverse Chiese. Lei ha visto gli osservatori al Concilio? Li veda, li veda. Sono mancati quelli di Atenagora, per le ragioni che si sanno. Ma gli altri sono venuti, ora ci conoscono. Nessuno ha fatto ancora un passo decisivo, sa. Non bisogna illudersi. Ma intanto l atmosfera è cambiata. Un giorno, per esempio, è venuto a trovarci, con gli osservatori, un valdese. S è affacciato all uscio, ci è venuto incontro e, stendendo la mano, ha esclamato: «Buongiorno, sono cinquecento anni che non ci vediamo». E raccontando questa storia il papa ha riso apertamente. Paolo VI ha lasciato passare un po di secondi, quasi per consentire una domanda, e cosí il discorso si è spostato sul viaggio all Onu. Ma anche qui la sua parola è stata come colorita dall humour e dal sorriso. Il viaggio all Onu del papa ha infatti aperto numerose discussioni sul suo «attivismo» e sul significato dei suoi interventi nella politica internazionale. Ma sul viaggio in America Paolo VI (primo papa che ha passato l Atlantico) s è intrattenuto ancora con semplicità. Il discorso s è fatto, anzi, tanto immediato che il papa ora parlava con chiare inflessioni lombarde. Sul viaggio all Onu Paolo VI m ha detto: «Già, già. Ora faremo anche questo viaggio. Ci hanno chiesto di andare per celebrare il ventesimo anno dell Onu e noi abbiamo risposto di sí. Il papa non può mica rispondere: Grazie tante, non ho tempo. Fosse per noi, si potrebbe anche risparmiare fatica e quattrini. Ma per la prima volta i capi di tutto il mondo riuniti vogliono ascoltare la parola del rappresentante di Cristo, e noi non possiamo non fare questo viaggio. Cosí, mettiamo il mantello del pellegrino, che poi è il mantello di san Rocco, mi creda, e proprio come san Rocco andiamo laggiù». Cosí dicendo, il papa ha scosso la testa; m è sembrato l uomo giunto quasi ai settanta anni che rammenta agli altri la fatica umana di certe cose: ma, anche stavolta, discrezione e pudore hanno immediatamente rovesciato l espressione assorta, un po triste, che gli s annunciava negli occhi. Ha rifiutato questa immagine patetica con prontezza e subito l ha corretta col sorriso: «Dovremo fare come dice il salmo, sa. Loquebar in conspectu regum et non confundebar: parlerai davanti ai re e non ti confonderai. Ma chissà se anche noi riusciremo a cavarcela bene o male davanti a tanta gente importante». singoli. Questo aspetto dell O r- ganizzazione delle Nazioni Unite è il più bello: è il suo volto umano più autentico; è l ideale dell umanità pellegrina nel tempo; è la speranza migliore del mondo; è il riflesso, osiamo dire, del disegno trascendente e amoroso di Dio circa il progresso del consorzio umano sulla terra; un riflesso, dove scorgiamo il messaggio evangelico da celeste farsi terrestre. Qui, infatti, noi ascoltiamo un eco della voce dei nostri predecessori, di quella specialmente di Papa Giovanni XXIII, il cui messaggio della Pacem in terris ha avuto anche nelle vostre sfere una risonanza tanto onorifica e significativa. Perchè voi qui proclamate i diritti e i doveri fondamentali dell uomo, la sua dignità, la sua libertà e, per prima, la libertà religiosa. Ancora, noi sentiamo interpretata la sfera superiore della sapienza umana, e aggiungiamo: la sua sacralità. Perché si tratta anzitutto della vita dell uomo: e la vita dell uomo è sacra: nessuno può osare di offenderla. Il rispetto alla vita, anche per ciò che riguarda il grande problema della natalità, deve avere qui la sua più alta professione e la sua più ragionevole difesa: voi dovete procurare di far abbondare quanto basti il pane per la mensa dell umanità; non già favorire un artificiale controllo delle nascite, che sarebbe irrazionale, per diminuire il numero dei commensali al banchetto della vita. Ma non si tratta soltanto di nutrire gli affamati: bisogna inoltre assicurare a ciascun uomo una vita conforme alla sua dignità. Ed è questo che voi vi sforzate di fare. E non si adempie del resto sotto i nostri occhi e anche per opera vostra l annuncio profetico che ben si addice a questa istituzione: «Fonderanno le spade in vomeri; le lance in falci»? (Isaia, 2, 4). Non state voi impiegando le prodigiose energie della terra e le invenzioni magnifiche della scienza, non più in strumenti di morte, ma in strumenti di vita per la nuova era dell umanità? Noi sappiamo con quale crescente intensità ed efficacia l O r- ganizzazione delle Nazioni Unite, e gli organismi mondiali che ne dipendono, lavorino per fornire aiuto ai governi, che ne abbiano bisogno, al fine di accelerare il loro progresso economico e sociale. Noi sappiamo con quale ardore voi vi impegniate a vincere l analfabetismo e a diffondere la Voi dovete procurare di far abbondare il pane per la mensa dell umanità Non già favorire un artificiale controllo delle nascite per diminuire il numero dei commensali cultura nel mondo; a dare agli uomini una adeguata e moderna assistenza sanitaria, a mettere a servizio dell uomo le meravigliose risorse della scienza, della tecnica, dell organizzazione: tutto questo è magnifico, e merita l encomio e l appoggio di tutti, anche il nostro. Vorremmo anche noi dare l esempio, sebbene l esiguità dei nostri mezzi ci impedisca di farne apprezzare la rilevanza pratica e quantitativa: noi vogliamo dare alle nostre istituzioni caritative un nuovo sviluppo in favore della fame e dei bisogni del mondo: è in questo modo, e non altrimenti, che si costruisce la pace. Una parola ancora, signori, un ultima parola: questo edificio, che state costruendo, si regge non già solo su basi materiali e terrene: sarebbe un edificio costruito sulla sabbia; ma esso si regge, innanzitutto, sopra le nostre coscienze. È venuto il momento della metanoia, della trasformazione personale, del rinnovamento interiore. Dobbiamo abituarci a pensare in maniera nuova l uomo; in maniera nuova la convivenza dell umanità, in maniera nuova le vie della storia e i destini del mondo, secondo le parole di san Paolo: «Rivestire l uomo nuovo, creato a immagine di Dio nella giustizia e santità della verità» (Efesini, 4, 24). È l ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune. Mai come oggi, in un epoca di tanto progresso umano, si è reso necessario l appello alla coscienza morale dell uomo! Il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l umanità. Il pericolo vero sta nell uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste! In una parola, l edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di illuminarlo e di animarlo. E perchè tali siano questi indispensabili principii di superiore sapienza, essi non possono non fondarsi sulla fede in Dio. Il Dio ignoto, di cui discorreva nell areopago san Paolo agli Ateniesi? Ignoto a loro, che pur senza avvedersene lo cercavano e lo avevano vicino, come capita a tanti uomini del nostro secolo?... Per noi, in ogni caso, e per quanti accolgono la Rivelazione ineffabile che Cristo di Lui ci ha fatta, è il Dio vivente, il Padre di tutti gli uomini. di una fattucchiera. Ma com è tutto diverso, oggi. Oggi non si tratta piú di una fattucchiera che imbroglia la gente. Si tratta che milioni di persone non hanno piú fede religiosa. Di qui nasce la necessità per la Chiesa di aprirsi. Dobbiamo affrontare chi non crede piú e chi non crede in noi dicendo: noi siamo fatti cosí, diteci perché non credete, perché ci combattete». E ora il papa s è interrotto. Ha come cercato di cancellare la tristezza siddetta fase di stanchezza dell ecumenismo. Paolo VI m ha detto: «Questo dialogo e questo nuovo atteggiamento della Chiesa comportano discussioni dentro la Chiesa, certo. E il Vaticano per questo si trova al centro dell attenzione mondiale. Ma il problema vero resta ciò che dicevamo: la Chiesa in un mondo che in gran parte perde la fede. Le altre cose, sa, bisogna vederle nelle loro proporzioni reali. Dopotutto, proprio il Concilio ha dimostrato che accanto a una crisi della fede del mondo non c è per fortuna una crisi della Chiesa. Anche i temi piú gravi, piú nuovi, come la libertà religiosa, sono stati dibattuti con amore della Chiesa. E lei capisce cosa questo problema significhi». Il papa ha fatto una pausa, sottolineando col silenzio questo problema «liberale» del suo pontificato. Ha quasi desiderato che dicessi qualcosa e m ha lasciato dire. Poi ha continuato: «Lo stesso formarsi di due parti, progressisti e non progressisti, come si dice, non implica mai il problema della fedeltà. Tutti discutono per il bene della Chiesa, e non emergono né defezioni né preoccupanti segni di lotte interne. Se ci fossero, come dicono molti, il papa se ne preoccuperebbe, sa, e lo direbbe chiaro. È qui per questo il papa!». Nel dire ciò Paolo VI ha avuto un espressione di humour indicando la poltrona su cui siede, ed è andato avanti cosí, dentro questa vena d umore spontaneo. Criticato come difensore della curia, il papa ha persino affrontato questo tema. Non vi è arrivato, si capisce, intenzionalmente, ma trasportato dall humour che dicevo. «Molti problemi m ha detto vengono deformati da chi sta lontano. Ma è stato bene discuterli, perché discutendo si sono semplificati. Prenda tutte le discussioni che si sono fatte sulla curia, per esempio. Lei conosce tutte quelle accuse, di centralismo, di romanesimo. Ma ora il problema sta prendendo le sue dimensioni reali. È bastato venire a Roma per vedere che la Chiesa sta molto meglio in salute che in passato e che certi suoi difetti non sono drammatici». Paolo VI m è sembrato, in questo passaggio, stimolato dalla sua esperienza di ex sostituto alla segreteria di Stato, di «tecnico» della Chiesa. S è messo a raccontare volentieri, rapidamente. «In passato, la Chiesa era dominata da re e imperatori, mentre adesso è libera, e il papa ragiona come gli pare. In passato, c era il nepotismo e adesso non c è più. In passato, c erano casi di simonia ed ora certamente non se ne può parlare. Anche alcune persone della curia, lei lo sa, mai «recitata», sempre tesa nella franchezza. Il papa è passato infatti agli argomenti delicati che spesso suscitano critiche al suo pontificato: il Concilio, il conflitto tra progressisti e conservatori, il suo atteggiamento verso la curia, la core l aratro. Ora il compito di condurlo avanti è caduto nelle nostre povere mani». E a questo punto Paolo VI s è fermato, portando le mani sopra la scrivania, guardandole per un attimo, come sconcertato dalla loro fragilità. Ma poi le ha nascoste subito, quasi per un improvviso pudore, ed è passato, col realismo che dicevo, alle frasi piú illuminanti del suo personaggio di papa moderno, incapace d illusioni. «Molti m ha detto il papa si chiedono perché la Chiesa compie queste fatiche. Molti si chiedono il perché del dialogo. Ma se lo chiedono perché non hanno coscienza del vero problema. Il problema vero è che la Chiesa si apre al mondo e trova un mondo che in gran parte non crede. San Carlo, a Milano, agiva in condizioni ben diverse per esempio. Quando ero a Milano (Paolo VI si è dimenticato un attimo il noi) ho visto le carte della diocesi ai tempi del Borromeo. I problemi erano l acquisto di un confessionale, una chiesa da riparare, la presenza di tre ubriaconi in una parrocchia, la questione Molti si chiedono il perché del dialogo Ma il problema vero è che la Chiesa si apre al mondo e trova un mondo che in gran parte non crede Con il segretario di Stato cardinale Amleto Giovanni Cicognani in volo verso New York La prima pagina del «Corriere della Sera» del 3 ottobre 1965 L assemblea generale dell Onu (4 ottobre 1965) che una visione cosí poco trionfalistica delle cose gli disegnava sul volto. Ha trovato aiuto nella sua stessa semplicità. «Ecco il dialogo» ha concluso tornando al sorriso. «È proprio tutto qui, vede». Parlare, spiegarsi, desiderare che l interlocutore non si senta «isolato», saconsente di operare cose buone e grandi, sia insidiata o tradita. La logica di questo voto, che si può dire costituzionale per la vostra organizzazione, ci porta a integrarlo con altre formole. Ecco: che nessuno, in quanto membro della vostra unione, sia superiore agli altri. Non l uno sopra l altro. È la formola della eguaglianza. Sappiamo di certo come essa debba essere integrata de: l educazione dell umanità alla pace. L Onu è la grande scuola per questa educazione. Siamo nell aula magna di tale scuola; chi siede in questa aula diventa alunno e diventa maestro nell arte di costruire la pace. Quando voi uscite da questa aula il mondo guarda a voi come agli architetti, ai costruttori della pace.

5 pagina 6 L OSSERVATORE ROMANO domenica 4 ottobre 2015 Una petizione dei vescovi del continente in vista del vertice di Parigi sul clima In Asia c è già chi paga HONG KONG, 3. I vescovi della Federazione delle Conferenze episcopali dell Asia (Fabc) hanno approvato e firmato una petizione promossa dal Movimento cattolico globale sul clima (Global Catholic Climate Movement) che sollecita i leader mondiali ad adottare urgentemente un agenda ambiziosa in difesa della terra, per fermare i cambiamenti climatici. Il documento è stato elaborato in vista della Conferenza mondiale di Parigi sul clima (Cop21), che si terrà dal 30 novembre all 11 dicembre prossimi ed è stato discusso e approvato, riferisce Fides, nel corso di un recente incontro della Fabc, tenutosi a Hong Kong. Nel testo si sostiene l appello lanciato da Papa Francesco nell enciclica Laudato si per una conversione ecologica, e si invitano i leader mondiali a concordare una strategia comune per mantenere l aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi. I vescovi asiatici hanno espresso preoccupazione per il grave rischio rappresentato dai cambiamenti climatici, citando gli eventi meteorologici insoliti verificatisi in tutta l Asia negli ultimi anni, che hanno colpito soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili. Tra questi eventi, i presuli hanno ricordato le ondate di caldo e la forte siccità in Paesi come India, Pakistan, Cambogia, Indonesia, Vietnam e in Thailandia, dove si è stati addirittura costretti a ricorrere al razionamento dell acqua potabile. Una particolare preoccupazione è anche rappresentata dai tifoni, sempre più distruttivi, e dalle abbondanti piogge che colpiscono il sudest asiatico, specialmente le Filippine. Durante l incontro delle Fabc, si Appello dei cristiani di Francia per la salvaguardia dell ambiente Servono azioni decisive PARIGI, 3. Un appello ai responsabili politici ed economici, in particolare a quanti saranno impegnati nella conferenza sul clima di Parigi (Cop21), affinché prendano «le decisioni necessarie per limitare il riscaldamento globale» al fine di impedire che «i nostri fratelli più vulnerabili e le generazioni future vengano danneggiate» è stato rivolto dal Consiglio delle Chiese cristiane in Francia. «L uomo e la terra in cui vive si legge in un messaggio a firma di monsignor Georges Pointier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale francese, del metropolita ortodosso di Francia Emmanuel e del pastore François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia sono il frutto del piano creatore di Dio. Constatiamo i gravi pericoli che corre il mondo a causa dei cambiamenti climatici provocati dal cattivo uso che gli esseri umani fanno delle risorse messe a loro disposizione». Il Consiglio delle Chiese avverte dunque «l obbligo impellente di affrontare le cause di questo degrado. Siamo testimoni della sofferenza incommensurabile che esso provoca». Nel testo viene sottolineato quanto sia importante rivedere gli stili di vita alla luce dei cambiamenti climatici: «Siamo coscienti si legge dell impatto dello stile di vita dei Paesi più sviluppati», pertanto «dobbiamo mettere in discussione la nostra logica consumistica e cambiare il nostro atteggiamento e le nostre azioni, adottando pratiche di sobrietà e di semplicità». Da qui l appello ai responsabili politici ed economici affinché impediscano che «i nostri fratelli e le nostre sorelle più vulnerabili e le generazioni future non siano vittime. La nostra speranza di cristiani conclude il messaggio sta nel credere che il nostro mondo non sia destinato a scomparire, ma a essere trasformato e che gli esseri umani, capaci di distruggersi, possano anche unirsi e optare per il bene». Per giovedì 3 dicembre, nel cuore dei lavori della conferenza sul clima, le Chiese cristiane si sono date appuntamento a Parigi nella cattedrale di Notre-Dame, per una celebrazione ecumenica a favore della salvaguardia del creato. La predicazione è affidata al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. La celebrazione è solo una delle tante iniziative che verranno prese nelle prossime settimane dalle comunità religiose per spingere i leader mondiali a intraprendere azioni decisive a difesa del creato. è anche affrontato il tema della deforestazione «irresponsabile e indiscriminata», e delle sue devastanti conseguenze «Tutti questi fenomeni hanno concluso i vescovi dell Asia generano inoltre una massa di rifugiati ambientali, profughi che perdono tutto a causa dei disastri naturali e che cercano luoghi più sicuri in cui vivere». I lavori della Conferenza europea delle commissioni Giustizia e pace FIRENZE, 3. Un vademecum per l accoglienza ai migranti nelle diocesi e nelle parrocchie sarà inviato a tutti i vescovi italiani. Lo ha stabilito il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) che ieri, venerdì ha concluso a Firenze la sua tre giorni di lavoro. Si tratta, come riferisce il comunicato finale, di uno strumento con cui accompagnare tutte quelle realtà che risponderanno all app ello del Papa, che nelle scorse settimane aveva chiesto a tutte le parrocchie, comunità religiose, santuari e monasteri di accogliere una famiglia di profughi. Nel documento verranno indicate forme, luoghi e destinatari, nonché aspetti amministrativi, gestionali, fiscali e assicurativi per quelle strutture destinate all accoglienza. Nel frattempo, una prima ricognizione, compiuta nelle Conferenze episcopali regionali, documenta come la Chiesa in Italia sia già impegnata da anni in tale servizio, con oltre migranti ospitati in circa strutture di diocesi, parrocchie, comunità religiose e famiglie. «Il riconoscimento degli altri come condizione per realizzare se stessi si legge nel comunicato finale porta a sentirsene responsabili, specie quando Strumenti concreti per una società più aperta COPENAGHEN, 3. Offrire fatti concreti per contrastare le argomentazioni di chi si schiera contro l accoglienza; promuovere una società che vada incontro ai bisogni dei vulnerabili; sostenere e incoraggiare politici e opinion maker impegnati a favorire politiche che sostengono lo sviluppo di società accoglienti in Europa. Questi, in sintesi, i punti centrali sui quali ha focalizzato l attenzione la Conferenza europea delle commissioni Giustizia e pace riunitasi nei giorni scorsi per la sua assemblea generale a Copenaghen e Malmö. Nel corso dei lavori si è svolto anche un seminario dal titolo «Modelli europei del vivere insieme: le esperienze di Copenaghen e Malmö» con cui si sono illustrate appunto le particolari modalità dell accoglienza e dell integrazione, a livello locale, dei richiedenti asilo. In Danimarca e Svezia, che hanno ospitato i lavori, i partecipanti hanno visitato chiese e luoghi di culto di confessioni differenti. Perché la fede è uno strumento decisivo contro il pregiudizio che si nutre di fronte a chi è estraneo. «La paura hanno spiegato i partecipanti a queste visite è stato il tema comune durante i nostri incontri. Questa paura si è manifestata in tre forme diverse: timore di perdere la propria cultura e identità, timore che Dichiarazione congiunta di Comece e Kek sul fenomeno migratorio in Europa Una risposta politica e umanitaria La crisi migratoria attuale richiede una risposta politica unitaria e in tempi brevi. È quanto scrivono, in una dichiarazione congiunta, il presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), cardinale Reinhard Marx, e il presidente della Conferenza delle Chiese europee (Kek), il vescovo anglicano Christopher Hill. Senza una tale risposta, «sostenuta in proporzione da tutti gli Stati membri dell Ue», questa crisi, scrivono i firmatari della dichiarazione, «rischia di travolgerci e di acuire la sofferenza di coloro che sono venuti in Europa in cerca di rifugio, di asilo e nella speranza di una vita migliore, soprattutto con l inverno che si avvicina. La famiglia delle nazioni europee si legge ancora nella dichiarazione sta ora affrontando la più grande crisi umanitaria della sua storia dopo la guerra. Lo scontro civile in Siria, la diffusa instabilità politica nelle altre parti del Medio oriente e l estrema povertà in gran parte dell Africa sub-sahariana hanno costretto più di due milioni di persone a chiedere asilo o cercare una vita migliore in Europa: molti sono traumatizzati dalla guerra, altri hanno perso la speranza a causa della povertà». Dalla Conferenza episcopale italiana a tutte le diocesi Un vademecum per l accoglienza dei rifugiati hanno il volto del debole e del bisognoso. Di qui l attenzione che il Consiglio permanente ha dedicato all individuazione delle forme migliori con cui promuovere una risposta effettiva ed efficace all appello del Santo Padre». Il magistero del Pontifice «nella sua ricchezza di parola, gesti e incontri», viene ricordato, «ha costituito la trama di fondo su cui si sono appuntati i diversi argomenti affrontati». Riunito alla vigilia del sinodo dei vescovi e della preghiera con il Papa, promossa per la sera del 3 ottobre dalla Cei, il Con- lo stato sociale possa crollare, quando il numero di stranieri sarà così numeroso da far saltare il sistema, e paura che gli stranieri possano togliere lavoro alla popolazione locale». Secondo gli organismi episcopali, tutti, dai politici ai mezzi di informazione, dai cittadini alle organizzazioni confessionali, possono costituire un centro morale credibile per quanto attiene questo tema: «Costruire società accoglienti è responsabilità di tutte le organizzazioni e i movimenti democratici orientati alla difesa dei diritti umani, le cui fondamenta etiche poggiano tutte sul concetto che tutti gli esseri umani sono uguali». Secondo i dati diffusi mercoledì scorso dall Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) sono oltre i rifugiati e i migranti giunti in Europa via mare dall inizio del Nello stesso periodo, il numero di morti o dispersi è stimato a siglio permanente «ha espresso convinta vicinanza alle famiglie, a partire dalla condivisione della loro non facile opera educativa. Al riguardo, la stessa prolusione con cui il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, ha aperto i lavori riprende e valorizza i contenuti del recente viaggio di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti». In particolare, il Consiglio permanente ha rivolto «ai responsabili della cosa pubblica l appello a compiere ogni sforzo per consentire a tutti l accesso alle condizioni essenziali materiali e spirituali per formare e mantenere una famiglia». Centrale, per i vescovi, rimane la questione antropologica, «minacciata da una cultura del relativismo che svuota ogni proposta: l individuo che si concepisce autonomo dalla realtà, si priva di fatto dell apertura alla trascendenza e di relazioni autentiche con il prossimo e, più in generale, con la vita sociale e con il creato; rincorrendo semplicemente se stesso, finisce per mancare l appuntamento con ciò che qualifica il suo essere persona». Emblematica di tale cultura è «lo stesso tentativo di applicare la teoria del gender, secondo un progetto che pretende di cancellare la differenza sessuale. Di qui la rinnovata volontà dell episcopato a mantenersi nel solco della missione educativa, puntando nel prossimo quinquennio a intensificare alleanze collaborative con la società civile e le sue istituzioni, a partire dalla scuola». E in questa direzione, è stato evidenziato, va anche la proposta del convegno ecclesiale nazionale che si aprirà proprio a Firenze tra poco più di un mese. I vescovi si sono quindi concentrati sul percorso proposto a livello diocesano in vista dell assemblea generale del maggio 2016, dedicata ad approfondire «La vita e la formazione permanente dei presbiteri». Nel corso dei lavori c è stato anche il rinnovo delle dodici commissioni episcopali per il prossimo quinquennio, i cui presidenti erano stati eletti nell assemblea del maggio scorso, e la nomina a sottosegretari di don Ivan Maffeis, direttore dell Ufficio per le comunicazioni sociali, e di monsignor Giuseppe Baturi. Il cardinale Marx e il reverendo Hill danno atto al mondo politico di aver «cercato senza sosta di trovare soluzioni» e ricordano quanto «le comunità religiose e la società civile sono impegnate con un calore e generosità a volte sorprendente, soprattutto per coloro che ne hanno più bisogno. In tutto il continente proseguono i responsabili della Commissione degli episcopati della Comunità europea e della Conferenza delle Chiese europee i leader cristiani hanno fatto sentire la loro voce, chiedendo un trattamento umano dei migranti, sollecitando gli Stati membri a essere generosi nella loro ospitalità e supplicando la solidarietà all interno dell Unione, aumentando posti di accoglienza per i richiedenti asilo, e soprattutto per i più vulnerabili, in particolare le famiglie con bambini e minori non accompagnati. Noi, in qualità di presidenti dei due più grandi raggruppamenti delle comunità cristiane in seno all Unione europea aggiungono Marx e Hill rinnoviamo il nostro appello per una risposta politica unitaria e coordinata alla crisi migratoria in corso e assicuriamo il sostegno delle Chiese che rappresentiamo, a tutti i livelli, dal livello parrocchiale/locale a livello nazionale per affrontare con generosità la doppia sfida dell accoglienza dei nostri fratelli e sorelle venuti da oltre i nostri confini territoriali che hanno disperatamente bisogno del nostro aiuto e della loro integrazione nella società europea di cui facciamo parte». In Europa, sono numerose le iniziative e le prese di posizione da parte delle Chiese volte all accoglienza e all integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo. Dopo l appello di Papa Francesco, infatti, sono diversi gli episcopati che si sono mossi inviando una lettera ai propri fedeli «per rispondere da cattolici» al dramma dell immigrazione. «Noi, vescovi dei Paesi nordici (Danimarca, Finlandia Islanda Norvegia e Svezia) si legge in una di queste lettere vogliamo ricordare a tutti i nostri fedeli che abbiamo l obbligo di testimoniare i valori cristiani dell amore e della misericordia verso il prossimo e di opporci con forza a ogni forma di razzismo, xenofobia e discriminazione».

6 domenica 4 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 7 L abbazia cistercense di Cóbreces Il presidente della Pontificia commissione per l America latina alle conferenze episcopali Bisogna sostenere i cristiani del Medio oriente «La testimonianza dei martiri», come ha anche recentemente ricordato la beatificazione dell arcivescovo salvadoregno Óscar Arnulfo Romero, «deve essere motivo di edificazione per tutti i cristiani, chiamati a vivere il dono della fede con coerenza e coraggio, con il dono di tutta l esistenza». È quanto scrive il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l America latina, in una lettera indirizzata a tutti i presidenti delle Conferenze episcopali latinoamericane, nella quale chiede di avviare le necessarie iniziative per sensibilizzare i fedeli nei confronti delle difficili condizioni di vita dei cristiani del Medio oriente e lanciare iniziative di preghiera e di comunione con queste comunità sofferenti a causa della propria fede. Nota dei vescovi argentini D emocrazia vuol dire t r a s p a re n z a BUENOS AIRES, 3. «Una democrazia senza valori e senza esempi diventa povera»: è quanto scrivono i vescovi argentini in una dichiarazione diffusa in vista delle elezioni nazionali in programma il 25 ottobre prossimo. Nel documento, significativamente intitolato «Elezioni, servizio al bene comune», i presuli della Commissione esecutiva fanno appello ai candidati e ai partiti politici perché esprimano con chiarezza i programmi elettorali e siano rispettosi degli avversari. E, soprattutto, invitano a «non risparmiare sforzi» per garantire regolarità e onestà nello svolgimento della campagna elettorale. Per i vescovi bisogna «migliorare i procedimenti, garantire la trasparenza ed evitare qualsiasi sospetto che possa seminare sfiducia, approfondendo le divisioni che esistono tra gli argentini». Quindi l esortazione a fare il possibile perché «nessun segno di violenza o intolleranza metta in ombra le elezioni» nel rispetto della legittima e sovrana volontà p op olare. I presuli non nascondono una certa preoccupazione perché, rilevano, «purtroppo siamo arrivati alle elezioni in un clima di sospetti e denunce che minano la credibilità di persone e istituzioni». Al contrario il bene comune richiede un «consolidamento» e un pacifico «sviluppo del nostro sistema democratico». Per i vescovi argentini, dunque, «occorre riprendere la via dei valori etici e promuovere, come invita Papa Francesco, una cultura dell incontro» al fine di «poter vivere le elezioni come momento di speranza» nella convinzione che «il voto sia il miglior modo di manifestare la volontà di essere una nazione». L appello lanciato dal cardinale Ouellet, viene sottolineato, risponde alla preoccupazione più volte dimostrata da Papa Francesco per la sorte dei cristiani perseguitati in tutto il mondo, ma soprattutto in questo particolare momento storico in Siria e in Iraq. Il presidente della Pontificia Commissione per l America latina invita inoltre i vescovi della regione a chiedere ai propri Governi di sostenere presso le sedi regionali e internazionali la causa della libertà religiosa e a mostrarsi solidali con quanti sono vittime di inaudite violenze e persecuzioni. Il cardinale Ouellet invita inoltre i responsabili delle Chiese locali a dimostrare la propria disponibilità all ospitalità dei rifugiati e dei profughi provenienti in particolare da Iraq e Siria. «Che non venga mai a mancare a questi nostri fratelli esorta la preghiera universale che si eleva al cielo nel corso della santa messa». Il prossimo 8 dicembre, inoltre, in concomitanza con l ap ertura dell anno giubilare dedicato alla misericordia, la Pontificia Commissione per l America latina invita tutte le realtà ecclesiali della regione ad avviare una colletta per aiutare materialmente le comunità cristiane della Siria e dell Iraq. Infatti, spiega il cardinale Ouellet, sebbene molti cristiani siano stati costretti a intraprendere la via dell esilio, molti altri hanno eroicamente deciso di rimanere nei luoghi d origine per continuare a dare la propria testimonianza di fede cristiana. La sopravvivenza delle comunità cristiane del Medio oriente, sottolinea, è fondamentale per tutta la cattolicità. La somma che verrà raccolta dalle diverse realtà ecclesiali dell America latina verrà in seguito gestita dalla Pontificia Commissione, che provvederà a far giungere gli aiuti finanziari laddove sono ritenuti più necessari. Impegno dei cattolici in Messico Contro violenza e omertà IG UA L A, 3. Da città divenuta simbolo della violenza che attanaglia il Messico a modello del riscatto contro l ingiustizia e l omertà. È il caso di Iguala, nello Stato di Guerrero, forse il più povero del Paese e uno dei più devastati dalla violenza, assurto suo malgrado alla ribalta delle cronache internazionali il 26 settembre 2014 per la scomparsa dei 43 studenti della scuola tecnica di Ayotzinapa, che, come è noto, sono stati uccisi dai narcotrafficanti con la complicità di esponenti politici locali. Adesso, trascorso un anno da quell orribile episodio come riferisce l agenzia Fides nella mensa della parrocchia di San Gerardo è stata allestita una mostra dove sono esposte lunghe file di fotografie che ritraggono decine di volti di persone scomparse, rapite senza lasciare traccia. La maggior parte provenienti dal nord dello Stato di G u e r re ro. Secondo la banca dati del Comitato di ricerca, ogni settimana aumentano gli scomparsi. Nel corso dell ultimo anno, ogni martedì, in questa parrocchia di Iguala hanno trovato accoglienza le famiglie che hanno denunciato sparizioni e ritrovamenti nel cimitero clandestino scoperto tra le colline che circondano la città, come nel caso degli studenti della scuola di Ayotzinapa. Ma altri casi sono stati registrati nello Stato settentrionale di Nuevo León, dove sono stati localizzati ben resti umani tra il 2011 e il 2015, che per ora hanno portato all identificazione di 30 persone. Inoltre, stando a quanto denunciato, soprattutto negli ultimi quattro anni le violenze avrebbero come obiettivi principali attivisti e difensori dei diritti umani. Un documento, presentato a fine agosto, conta ben 860 violazioni di diritti umani contro attivisti e promotori sociali verificatesi tra giugno 2014 e maggio A Iguala, un gruppo di civili impegnati nella ricerca di familiari scomparsi ha localizzato 104 corpi in fosse clandestine, sebbene finora ne siano stati identificati solo nove. Una situazione intollerabile, contro cui la Chiesa locale cerca di sensibilizzare l opinione pubblica. «Nessuno può rimanere indifferente», ha detto il vescovo di Chilpancingo-Chilapa, Salvador Rangel Mendoza, in occasione dell anniversario del massacro dei 43 studenti di Ayotzinapa. «La consapevolezza della grandezza e della dignità di ogni persona ci deve portare ad amare, rispettare, promuovere e difendere la vita in tutte le sue espressioni e momenti, e non tollerare o incoraggiare la cultura della morte», ha detto il presule, per il quale «dinanzi a questa situazione drammatica i discorsi non sono abbastanza. Dobbiamo cominciare a esaminare noi stessi davanti a Dio e davanti alla nostra coscienza civica, e chiederci che cosa ha causato questi eventi deplorevoli e riprovevoli». A Santander beatificati diciotto religiosi e religiose spagnoli La ragione del martirio Massacrati perché cristiani: ecco la ragione del martirio di diciotto religiosi e religiose trappisti e cistercensi spagnoli beatificati, sabato 3 ottobre, a Santander. A presiedere il rito, in rappresentanza del Papa, è stato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Pio Heredía e i suoi diciassette compagni e compagne martiri dell ordine cistercense della stretta osservanza e di San Bernardo, ha affermato il porporato, sono dunque morti «per difendere la loro identità di cristiani». Si tratta, ha precisato il cardinale nell omelia, «di sedici monaci dell abbazia di Viaceli di Cóbreces e di due monache del monastero femminile Fons Salutis di Algemesí». Tra il 1931 e il 1939, ha spiegato, la Spagna «fu devastata dalla tragedia senza precedenti della guerra civile e della persecuzione religiosa, con un bilancio totale di trecentomila morti». E «per tre anni il culto cattolico fu proibito in tutta l area repubblicana, la Chiesa ufficialmente L alto profilo spirituale del cardinale Raffaele Merry del Val, a centocinquant anni dalla nascita, è stato ripercorso dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nella messa celebrata sabato mattina, 3 ottobre, nella basilica vaticana. «Merry del Val ha spiegato il porporato ha alimentato la sua vita con un atteggiamento interiore di fede e abbandono fiducioso a Dio. Appena diciottenne, alle obiezioni che il padre, diplomatico di Spagna in Inghilterra, gli muoveva per l apparente perdita dei suoi apprezzati interessi mondani, seppe rispondere convinto e sereno: Per Dio si sacrifica tutto». Proprio «a questo programma fu fedele per tutta la vita: una vita ricca di fiducia nell azione di Dio nella storia degli uomini». Così «si trovò in perfetta sintonia spirituale, nonostante la diversità di provenienza e di percorso formativo, con l altro grande uomo di fede, al cui diretto servizio fu inaspettatamente chiamato dopo il conclave dell agosto 1903, san Pio X, che della restaurazione di ogni cosa in Cristo aveva fatto il suo programma». E «in questa convinzione di fede si radicò la condivisione del comune servizio alla Chiesa, come Papa Sarto gli disse fin dall inizio: Lavoreremo insieme, soffriremo insieme per amore della Chiesa. Entrambi erano determinati che solo non esisteva più». In proposito ha ricordato quanto scritto dallo storico spagnolo Vicente Cárcel Ortí: «Gli ecclesiastici e le religiose furono uccisi perché erano uomini o donne di Chiesa e per lo stesso motivo furono assassinati uomini e donne dell Azione cattolica e di altri movimenti ecclesiali, ossia perché erano cattolici praticanti. Ma nessuno di loro era implicato in lotte politiche o ideologiche e tanto meno vi prese parte». Dunque, ha fatto notare il cardinale Amato, «i martiri del XX secolo in Spagna furono persone con la stessa tempra spirituale dei martiri dei primi secoli: cristiani che, giunta l ora della verità, preferirono morire piuttosto che tradire la loro fede», nel pieno di una vera e propria «tempesta di odio». Per questo, ha affermato, «prima che la pioggia del tempo cancelli le orme dei nostri martiri, la Chiesa intende ricordare e celebrare il loro eroismo, come eredità preziosa di civiltà e di autentica umanità». Tanto che «con Il segretario di Stato ricorda il cardinale Rafael Merry del Val Per amore della Chiesa Dio fosse annunciato, conosciuto e amato, non solo dalla Chiesa, ma da tutta la società». Il cardinale Parolin ha quindi ricordato la «testimonianza» delle Litanie dell umiltà composte da Merry del Val, che ha definito «un capolavoro di vita spirituale e un percorso psicologico-educativo per potersi avvicinare a Dio ed entrare nel suo mistero di grazia». Proprio «la piccolezza del cuore, cioè la semplicità, l umiltà, la carità per i più bisognosi, la visione della vita e della morte quali luoghi dove solo Dio può agire con piani di misericordia per ciascuno, sono le più vere manifestazioni» della sua spiritualità. E anche il cardinale Eugenio Pacelli, segretario di Stato, lo notò l 11 luglio 1931 inaugurando il sepolcro del porporato nelle Grotte vaticane. Inoltre, ha proseguito il cardinale Parolin, egli «visse in un periodo storico attraversato da correnti culturali, politiche, economiche e scientifiche spesso in contrasto con la Chiesa, di cui non pochi gruppi di potere avrebbero voluto cancellare la presenza dal mondo nuovo che si vedeva avanzare. In questo problematico contesto i migliori uomini di Chiesa opposero pronunciamenti e scelte coraggiose, che autenticavano l amore della Chiesa al suo tesoro più prezioso, cioè a Cristo e ai poveri». E nell omelia il porporato l odierna celebrazione sono già 1544 i martiri di Spagna beatificati finora» mentre «altre cause sono in processo». Ma «chi erano questi martiri di Cristo?» ha proseguito il porporato. «Erano religiosi lontani da ideologie partitiche, desiderosi solo di servire il Vangelo e di edificare il popolo di Dio con la preghiera, il lavoro e il raccoglimento. Erano miti e inermi». Eppure, «scoppiata la persecuzione, il monastero di Cóbreces, fu invaso dai miliziani in cerca di armi: fu proibito ai monaci di uscire e di usare la corrente elettrica». Quindi «il 20 agosto 1936, festa di san Bernardo, fu comunicata la soppressione del culto cattolico: non fu più possibile celebrare la santa messa né ricevere la comunione». Poi «i rivoluzionari requisirono tutte le suppellettili sacre, distruggendo e saccheggiando quanto trovavano di prezioso o di utile. I monaci, dopo un periodo di detenzione, di interrogatori, di umiliazioni e di torture, furono tutti uccisi». Avvertendo l avvicinarsi dell «ora del martirio, vi si prepararono: furono, infatti, perseguitati, incarcerati e uccisi come malfattori, solo per odio contro la loro incrollabile fede». E «il loro unico peccato era la testimonianza di una vita contemplativa, tutta consacrata al Signore e all aiuto del prossimo bisognoso». Ricordando le vicende di ciascuno dei nuovi beati, il cardinale ne ha riproposto l attualità della testimonianza e ha sottolineato come pur in quella violenta brutalità essi perdonarono i loro aguzzini. Il cardinale ha quindi concluso parlando di «un vero martirio bianco» vissuto dai religiosi e «testimoniato ogni giorno per l edificazione della Chiesa e per la redenzione del mondo». Con la loro esistenza essi invitano a «mantenere sempre aperta la porta del monastero a coloro che bussano per cercare conforto, assistenza, aiuto», dando così piena «ospitalità ai p overi». non ha mancato di ricordare il gesto significativo con cui Merry del Val sostituì il «rinfresco nel giorno della sua ordinazione episcopale con l invito a pranzo di duecento poveri di Roma e la destinazione dei suoi beni personali per le missioni povere». Inizio della missione del rappresentante della Santa Sede presso la Caribbean Community Lo scorso 30 luglio, nella sede del Segretariato generale della Caribbean Community (CARICOM), situata a Georgetown, nella Repubblica Cooperativistica della Guyana, monsignor Nicola Girasoli, arcivescovo titolare di Egnazia Appula, ha presentato all ambasciatore Irwin LaRoque, segretario generale della CARICOM, le lettere credenziali con le quali è stato accreditato quale primo rappresentante plenipotenziario della Santa Sede presso la comunità stabilita con il trattato di Chaguaramas. Alla cerimonia è stato accompagnato da monsignor Francis Alleyne, O.S.B., vescovo di Georgetown. Nel suo discorso, l ambasciatore LaRoque, che è originario del Commonwealth di Dominica, ha evidenziato Lutto nell episcopato Monsignor Ferdinand Joseph Fonseca, vescovo titolare di Acque di Mauritania, già ausiliare di Bombay, in India, è morto nella mattina di venerdì 2 ottob re. Il compianto presule era nato in Mumbay il 2 dicembre 1925 ed era stato ordinato sacerdote il 5 dicembre Eletto vescovo titolare di Acque di Mauritania il 28 marzo 1980 e nel contempo nominato ausiliare di Bombay, aveva ricevuto l ordinazione episcopale il successivo 29 giugno. Il 2 dicembre 2000 aveva rinunciato all ufficio pastorale. Le esequie sono state celebrate nel pomeriggio di sabato 3 ottobre presso la Saint Andrews church di Bandra. l avvio delle relazioni formali come una occasione storica, elogiando la Santa Sede per la sua missione universale di sostegno alle azioni internazionali che promuovono la pace, la stabilità e l inclusione sociale. L ambasciatore LaRoque ha poi rivolto parole di grande ammirazione a Papa Francesco e, citando l enciclica Laudato si, ha detto di condividere la visione del Pontefice. Da parte sua, monsignor Girasoli ha sottolineato il nuovo capitolo delle relazioni tra Santa Sede e la CARICOM, lodando il ruolo guida di quest ultima nella regione in favore della promozione e della protezione dei diritti umani e dell uguaglianza giuridica di tutti i cittadini.

7 pagina 8 L OSSERVATORE ROMANO domenica 4 ottobre 2015 Papa Francesco per i venticinque anni del Banco alimentare L ingiustizia della fame In un mondo ricco troppi non hanno il necessario per vivere «In un mondo ricco di risorse, troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere; anche nelle società ricche e sviluppate». È quanto ha sottolineato Papa Francesco ricevendo sabato mattina, 3 ottobre, nell aula Paolo VI, i volontari della fondazione Banco alimentare, nel venticinquennale di attività. Nel suo discorso il Pontefice ha fatto notare come oggi la situazione sia «aggravata dall aumento dei flussi migratori, che portano in Europa migliaia di profughi, fuggiti dai loro Paesi e bisognosi di tutto». Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Sono lieto di incontrarvi, tutti voi, associazioni e singoli, che collaborate a questa significativa rete di carità chiamata Fondazione Banco alim e n t a re. Saluto anche quelli che seguono questo incontro da Piazza San Pietro. Da 25 anni voi siete quotidianamente impegnati, come volontari, sul fronte della povertà. In particolare, la vostra preoccupazione è quella di contrastare lo spreco di cibo, recuperarlo e distribuirlo alle famiglie in difficoltà e alle persone indigenti. Vi ringrazio per quello che fate e vi incoraggio a proseguire su questa strada. La fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero scandalo che minaccia la vita e la dignità di tante persone uomini, donne, bambini e anziani. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con questa ingiustizia, mi permetto di più, con questo peccato, in un mondo ricco di risorse alimentari, grazie anche agli enormi progressi tecnologici, troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere; e questo non solo nei Paesi poveri, ma sempre più anche nelle società ricche e sviluppate. La situazione è aggravata dall aumento dei flussi migratori, che portano in Europa migliaia di profughi, fuggiti dai loro Paesi e bisognosi di tutto. Davanti a un problema così smisurato, risuonano le parole di Gesù: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25, 35). Vediamo nel Vangelo che il Signore, quando si accorge che le folle venute per ascoltarlo hanno fame, non ignora il problema, e neppure fa un bel discorso sulla lotta alla povertà, ma compie un gesto che lascia tutti stupiti: prende quel poco che i discepoli hanno portato con sé, lo benedice, e moltiplica i pani e i pesci, tanto che alla fine «portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati» (Mt 14, 20-21). Noi non possiamo compiere un miracolo come l ha fatto Gesù; tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo. Prima di tutto possiamo educarci all umanità, a riconoscere l umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto. Forse pensava proprio a questo Danilo Fossati, imprenditore del settore alimentare e fondatore del Banco alimentare, quando confidò a Don Giussani il suo disagio di fronte alla distruzione di prodotti ancora commestibili vedendo quanti in Italia soffrivano la fame. Don Giussani ne rimase colpito e disse: «Poche volte mi era capitato di incontrare un potente che scegliesse di dare senza chiedere nulla in cambio e mai avevo conosciuto un uomo che desse senza voler apparire... Il Banco è stata la sua opera. Mai pubblicamente, sempre in punta di piedi, l ha seguita dal suo n a s c e re». La vostra iniziativa, che festeggia i 25 anni, ha la sua radice nel cuore di questi due uomini, che non sono rimasti indifferenti al grido dei poveri. E hanno compreso che qualcosa doveva cambiare nella mentalità delle persone, che i muri dell individualismo e dell egoismo dovevano essere abbattuti. Continuate con fiducia questa opera, attuando la cultura dell incontro e della condivisione. Certo, il vostro contributo può sembrare una goccia nel mare del bisogno, ma in realtà è prezioso! Insieme a voi, altri si danno da fare, e questo ingrossa il fiume che alimenta la speranza di milioni di persone. È Gesù stesso che ci invita a fare spazio nel nostro cuore all u rg e n z a di «dare da mangiare agli affamati», e la Chiesa ne ha fatto una delle opere di misericordia corporale. Condividere ciò che abbiamo con coloro che non hanno i mezzi per soddisfare un bisogno così primario, ci educa a quella carità che è un dono traboccante di passione per la vita dei poveri che il Signore ci fa inc o n t r a re. Condividendo la necessità del pane quotidiano, voi incontrate ogni giorno centinaia di persone. Non dimenticate che sono persone, non numeri, ciascuno con il suo fardello di dolore che a volte sembra impossibile da portare. Tenendo sempre presente questo, saprete guardarli in faccia, guardarli negli occhi, stringere loro la mano, scorgere in essi la carne di Cristo e aiutarli anche a riconquistare la loro dignità e a rimettersi in piedi. Vi incoraggio ad essere per i poveri dei fratelli e degli amici; a far sentire loro che sono importanti agli occhi di Dio. Le difficoltà che sicuramente incontrate non vi scoraggino; piuttosto vi inducano a sostenervi sempre più gli uni agli altri, gareggiando nella carità operosa. Vi protegga la Madonna, Madre della Carità. Vi accompagno con la mia benedizione. E chiedo anche a voi, per favore, di pregare per me. Grazie! Tutti insieme preghiamo la Madonna. E vi suggerisco una cosa: nella preghiera alla Madonna e nel ricevere la benedizione, pensate a una persona, a due o tre, che noi conosciamo, che sono affamate e che hanno bisogno del pane di ogni giorno. Non pensare a noi, e chiedere alla Madonna per loro. Che il Signore benedica loro. [Ave Maria... Benedizione] A fine novembre la colletta nei supermercati italiani «In Italia più quattro milioni di persone di cui oltre il dieci per cento con meno di cinque anni non possono contare su un pasto sufficiente». Lo ha detto il presidente Andrea Giussani, presentando al Papa all inizio dell udienza le attività della fondazione Banco alimentare Onlus. Una realtà che in questo 2015 ha distribuito settantacinquemila tonnellate di cibo. Lo fa attraverso una rete di ottomila strutture caritative cattoliche, di altre religioni e laiche che ogni giorno si prendono cura di almeno un milione e mezzo di p ersone. Il presidente ha presentato anche alcuni dei centotrentamila volontari della giornata nazionale della colletta alimentare «la più grande festa della carità oggi in Italia» i quali a fine novembre di ogni anno, in undicimila supermercati, accolgono il dono di una spesa da parte di cinque milioni di cittadini. «Molti ha aggiunto si mobilitano anche a sostegno delle persone colpite da terremoti, alluvioni e nell accoglienza dei poveri», perché da venticinque anni, quando nacque Rete di carità dall incontro di monsignor Luigi Giussani con l imprenditore Danilo Fossati, il Banco alimentare si propone come ponte tra chi dona alimenti e chi li distribuisce gratuitamente. Una rete di carità che quotidianamente, in silenzio, si spende per la lotta contro la povertà e lo scarto». Del resto, ha detto ancora Giussani, «il recupero di una scatoletta ammaccata, di un pezzo di pane, la consegna di ciò che rimane nella cucina di una mensa, la spesa offerta durante la colletta, da piccolo dono diventano risposta a un bisogno immediato». L udienza è stata seguita anche in collegamento da piazza San Pietro e da alcuni magazzini del Banco. Il cui spirito è ben sintetizzato da un aneddoto riferito dal presidente. «A chi gli ha chiesto ha raccontato se la sua fatica di una notte di recupero di pochi chili di cibo avanzato valesse la pena, un volontario ha risposto: Vale la pena, per me e per la persona che comunque mangerà quel poco di cibo di cui sarebbe rimasta senza». Nella cappella del Governatorato la messa con la Gendarmeria vaticana Due metodi «Quanto più umile è il vostro servizio, più fecondo e più utile sarà per tutti». Lo ha detto il Papa celebrando, sabato 3 ottobre, la messa nella cappella del Governatorato in occasione della festa patronale del corpo della Gendarmeria. La prima Lettura, presa dal libro dell Apocalisse, incomincia con una parola forte: Scoppiò una guerra nel Cielo. E poi dice come era questa guerra: è la guerra finale, l ultima guerra, la guerra della fine. È la guerra fra gli angeli di Dio comandati da san Michele contro Satana, il serpente antico, il diavolo. Questa è l ultima e lì finisce tutto, rimane soltanto la pace eterna del Signore con tutti i suoi figli che sono stati fedeli. Ma durante tutta la storia questa guerra si Festa in famiglia Una festa di famiglia in compagnia del Papa. È questo il clima nel quale il corpo della Gendarmeria vaticana ha celebrato il patrono san Michele arcangelo. Momento culminante è stata la messa celebrata da Papa Francesco sabato mattina, 3 ottobre, nel palazzo del Governatorato. Nella chiesa intitolata a Maria Madre della famiglia erano presenti tutti i rappresentanti del corpo dai responsabili ai gendarmi in servizio, dai membri dell asso ciazione in congedo ai componenti della banda musicale insieme con familiari, amici e conoscenti. Alla preghiera dei fedeli sono state elevate intenzioni per la cura e la tutela del creato, per quanti vivono nel disagio e nella necessità, per riscoprire la misericordia di Dio e per i migranti. Insieme con il Pontefice hanno concelebrato, fra gli altri, i cardinali Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, e Giovanni Lajolo, presidente emerito, il vescovo Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale, il salesiano don Sergio Pellini e l agostiniano Gioele Schiavella. La messa è stata animata dal coro Fideles et amati di Roma. Al termine della celebrazione, don Pellini ha rivolto un breve saluto al Papa, nel quale ha delineato tre caratteristiche che contraddistinguono il gendarme: generoso, attento e orante. La messa si è conclusa con la benedizione apostolica e la recita della preghiera del gendarme. Tra i presenti, Domenico Giani, comandante del corpo della fa ogni giorno, ogni giorno: si fa nel cuore degli uomini e delle donne, si fa nei cuori dei cristiani e dei non cristiani... C è la guerra fra il bene e il male dove noi dobbiamo scegliere cosa vogliamo, il bene o il male. Ma il metodo di guerra, i metodi di guerra di questi due nemici sono totalmente opposti. Nella preghiera iniziale, nella Colletta, chiediamo la grazia di essere difesi dall Arcangelo Michele contro le «insidie» del demonio, del diavolo. E questo è uno dei metodi del diavolo, le insidie. È un seminatore di insidie, mai cade dalle sue mani un seme di vita, un seme di unità, sempre insidie, insidie: è il suo metodo, seminare insidie. Preghiamo il Signore che ci protegga da questo. Poi un altro metodo, un altro modo di fare la guerra lo abbiamo sentito nella prima Lettura, il Satana che seduce: è un seduttore, è uno che semina insidie e un seduttore, e seduce col fascino, col fascino demoniaco, ti porta a credere tutto. Lui sa vendere con questo fascino, vende bene, ma paga male alla fine! È il suo metodo. Pensiamo la prima volta che nel Vangelo questo signore appare, è un dialogo con Gesù. Gesù sta pregando durante quaranta giorni nel deserto, digiunando, e alla fine è un po stanco e ha fame. E lui viene, si muove lentamente come il serpente, e fa quelle tre proposte a Gesù: Se tu sei Dio, il figlio di Dio, lì ci sono delle pietre, hai fame, fa che si convertano in pane ; Se tu sei il Figlio di Dio, perché tanta fatica? Vieni con me al terrazzo del tempio e buttati giù, e la gente vedrà questo miracolo e senza fatica tu sarai riconosciuto come il Figlio di D io ; il diavolo cerca di sedurlo e, alla fine, siccome non è riuscito a sedurlo, l ultima: Parliamo chiaro: io ti do tutto il potere del mondo, Gendarmeria, che la sera precedente era intervenuto anche alla cerimonia del giuramento di quattordici allievi. Durante l incontro il cardinale Bertello ha indirizzato un breve saluto ai presenti e l arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, ha letto un messaggio augurale del Pontefice, che esprime ai gendarmi «sentimenti di gratitudine per l abnegazione con cui svolgono quotidianamente il loro apprezzato servizio». Dopo aver rivolto il suo pensiero ai nuovi allievi, il cui giuramento «costituisce un momento importante», il Pontefice incoraggia il comandante, il cappellano e i dirigenti «a essere sempre più umili strumenti di carità e di unità, favorendo la serenità e l armonia». ma tu mi adori a me. Facciamo un negoziato. I tre gradini del metodo del serpente antico, del demonio. Primo, avere cose, in questo caso il pane, le ricchezze, le ricchezze che ti portano lentamente alla corruzione, e questa della corruzione non è una fiaba!, c è dappertutto. C è dappertutto la corruzione: per due soldi tanta gente vende l anima, vende la felicità, vende la vita, vende tutto. È il primo gradino: i soldi, le ricchezze. Poi, quando ne hai, ti senti importante, secondo gradino: la vanità. Quello che diceva il diavolo a Gesù: Andiamo sul terrazzo del tempio, buttati giù, fai il grande sp ettacolo!. Vivere per la vanità. Il terzo gradino: il potere, l o rg o g l i o, la superbia: Io ti do tutto il potere del mondo, tu sarai quello che comanda. Questo accade anche a noi, sempre, nelle piccole cose: attaccati troppo alle ricchezze, ci piace quando ci lodano, come il pavone. E tanta gente diventa ridicola, tante gente. La vanità ti fa diventare ridicolo. O, alla fine, quando hai potere, ti senti Dio, e questo è il grande peccato. Questa è la nostra lotta, e per questo oggi chiediamo al Signore che per l intercessione dell A rc a n - gelo Michele siamo difesi dalle insidie, dal fascino, dalle seduzioni di questo serpente antico che si chiama Satana. Voi che lavorate, avete un lavoro un po difficile, dove sempre ci sono contrasti e dovete mettere le cose al loro posto ed evitare tante volte reati o delitti. Pregate tanto perché il Signore con l i n t e rc e s s i o - ne di san Michele Arcangelo vi difenda da ogni tentazione, da ogni tentazione di corruzione per il denaro, per le ricchezze, di vanità e di superbia. E quanto più umile, come Gesù, quanto più umile è il vostro servizio, più fecondo e più utile sarà per tutti noi. Quell umiltà di Gesù. E come vediamo l umiltà di Gesù con questo finisco per non essere troppo lungo, come vediamo l umiltà di Gesù? Se noi andiamo al racconto della tentazione di Gesù non troviamo mai una parola sua. Gesù non risponde con parole proprie, risponde con parole della Scrittura, tutt e tre le volte. È questo che ci insegna, che col diavolo non si può dialogare, e questo aiuta tanto, quando viene la tentazione: con te non parlo, la Parola del Signore soltanto. Il Signore ci aiuti in questa lotta di tutti i giorni, ma non per noi, è una lotta per il servizio, perché voi siete uomini e donne di servizio: di servizio alla società, di servizio agli altri, di servizio per far crescere la bontà nel mondo. Un indebita p re s s i o n e sul Sinodo «Una indebita pressione mediatica» sull assemblea sinodale: così il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha definito le dichiarazioni e le interviste rilasciate in Polonia sin da ieri sera, 2 ottobre, da Krzysztof Charamsa, il prelato polacco che sul «Corriere della sera» del 3 ottobre proprio alla vigilia della messa di apertura del sinodo sulla famiglia ha dichiarato la propria omosessualità. «Nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali e le riflessioni su di esse», ha detto Lombardi, la scelta di Charamsa di «operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell apertura del sinodo» appare «molto grave e non responsabile». Di conseguenza, sicuramente l ecclesiastico «non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie». Charamsa è infatti addetto di segreteria dell antico Sant Uffizio, segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale e docente in atenei romani. Infine, riguardo agli altri aspetti della situazione, padre Lombardi ha concluso spiegando che essi «sono di competenza del suo ordinario diocesano».

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