NOTA A CONSIGLIO DI STATO QUARTA SEZIONE SENTENZA 26 marzo 2014, n A cura di BARBARA FENNI

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1 NOTA A CONSIGLIO DI STATO QUARTA SEZIONE SENTENZA 26 marzo 2014, n A cura di BARBARA FENNI Sull inammissibilità dell azione avverso il silenzio rispetto agli atti amministrativi generali 1-La questione Il ricorso avverso il silenzio-inadempimento dell amministrazione, presentato dopo sei anni dall avvio del procedimento, è inammissibile. L azione contro l inerzia, infatti, è esperibile davanti al giudice amministrativo fintanto che dura l inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento. Tale rito speciale, inoltre, trova applicazione solo a fronte di un obbligo di provvedere, previsto dalla legge o desumibile dai principi generali dell azione amministrativa, destinato a sfociare nel rilascio di provvedimenti amministrativi con specifici destinatari, e non a fronte di atti amministrativi generali, come quelli di pianificazione del territorio. 2-Il fatto La sentenza di primo grado, con cui il Tar ha riconosciuto come illegittimo il silenzio serbato dal Comune sull istanza rivolta all adozione del piano di riqualificazione urbana, ordinando conseguentemente a questo di provvedere, è stata impugnata al Consiglio di Stato. L appellante contesta, innanzitutto, la tardività del ricorso principale, in quanto notificato dopo oltre sei anni dal supposto avvio del procedimento. Rileva, inoltre, la mancanza di interesse e legittimazione ad agire in capo alla società ricorrente, dal momento che questa non risulta titolare di alcuna posizione giuridica differenziata, riferendosi il 1

2 procedimento di riqualificazione ad un area più ampia rispetto a quella in cui doveva essere realizzata l opera oggetto di gara e di cui era risultata aggiudicataria. Infine, la parte appellante contesta la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, precisando che nel caso di specie questo non è stato instaurato, mancando lo stesso progetto di Piano, requisito imprescindibile per ogni atto di adozione. La delibera ed il successivo decreto commissariale, infatti, non possono essere considerati come atti di adozione del Programma di Riqualificazione Urbana, ma vanno semplicemente a condividere delle linee guida relative alla sua attuazione, senza aprire di per sé alcun procedimento amministrativo. 3- L oggetto La questione relativa all inerzia serbata dall amministrazione rispetto ad un istanza del privato è da anni al centro di un vivace dibattito dottrinario, giurisprudenziale e legislativo. Tale centralità si spiega in relazione alla particolare genesi dell istituto, al suo legame con l amministrazione attiva ed al suo incidere nel delicatissimo rapporto tra azione dei pubblici poteri e verifica giudiziale della legittimità di quest ultima 1. Fino alla costituzione della Repubblica il sistema amministrativo italiano era organizzato su base strettamente gerarchica e piramidale. In assenza di qualsiasi riferimento normativo equiparabile all art. 97 della Costituzione o all art. 2 della l. 241/1990, nessun obbligo per l amministrazione di rispondere ad una istanza del privato poteva essere affermato. Un primo segnale di cambiamento è ascrivibile alla giurisprudenza del Consiglio di Stato che iniziava, in alcuni casi, a riconoscere all inerzia dell amministrazione gli stessi effetti di un provvedimento negativo esplicito, come tale suscettibile di impugnazione. Questa fictio iuris trovava il suo primo fondamento legislativo nell art. 5 del Regio Decreto n. 383 del 1934, limitatamente al silenzio serbato sul ricorso gerarchico. Secondo la norma, trascorsi centoventi giorni dalla data di presentazione del ricorso, senza che l autorità adita abbia provveduto, il ricorrente può chiedere, con istanza alla stessa notificata, che il ricorso venga 1 F. TAORMINA, Brevi note sul silenzio della pubblica amministrazione, in 2

3 deciso. Trascorsi sessanta giorni dalla notificazione a tale istanza, senza che sia intervenuta alcuna decisione, il ricorso si intende, a tutti gli effetti di legge, come rigettato 2. Quanto sostenuto della giurisprudenza circa il carattere generale del principio trova successivamente conferma nell art. 97 della Costituzione, che nel concetto di buon andamento fa rientrare anche il dovere dell amministrazione di rispondere esplicitamente alle richieste dei cittadini, e nell art. 25 del d. P.R. n. 3 del 1957, che disciplinava il regime del silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione rispetto ad atti dovuti 3. Nella disposizione si legge che l'omissione di atti o di operazioni, al cui compimento l'impiegato sia tenuto per legge o per regolamento, deve essere fatta constare da chi vi ha interesse mediante diffida notificata all'impiegato e all'amministrazione a mezzo di ufficiale giudiziario ( ).Decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione della diffida, l'interessato può proporre l'azione di risarcimento, senza pregiudizio del diritto alla riparazione dei danni che si siano già verificati in conseguenza dell'omissione o del ritardo. Accanto a queste ipotesi di silenzio-inadempimento o silenzio rifiuto, il legislatore ha individuato alcune fattispecie in cui l inerzia della pubblica amministrazione assumeva, e così è ancora oggi, un significato legale tipico di diniego o di accoglimento dell istanza 4. Questa distinzione, tra il c.d. silenzio non significativo e quello produttivo di effetti giuridici, è destinata a riflettersi nella diversa tutela prevista dall ordinamento a fronte della sua ricorrenza. Questa tutela è successiva laddove il privato può agire in giudizio per rimuovere le conseguenze negative del silenzio e pretensiva nei casi in cui il legislatore riconosce già a monte un significato legale tipico all inerzia dell amministrazione 5. Il silenzio non significativo elaborato in origine dalla giurisprudenza è diventato categoria generale dal momento che l art. 2 della l. 241/1990 ha previsto l obbligo per l amministrazione di concludere, nel rispetto dei termini prestabiliti, il procedimento con un provvedimento espresso. 2 Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato la norma in questione doveva considerarsi espressione di un principio generale, non limitato al silenzio sul ricorso gerarchico. 3 Cons. St., Adunanza Plenaria, n. 10 del 10 marzo Art. 65 del Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215; art. 48 della l. n. 457 del Fino alla l. 241/1990 la categoria del silenzio-assenso non aveva carattere generale (Cons. St., sez. VI, n. 64 del 5 febbraio 1982). 5 R. MANCUSO, L inerzia della pubblica amministrazione, in 3

4 Pertanto, in tutti i casi in cui non opera il silenzio assenso 6 e la legge non attribuisce il significato di diniego all inerzia dell amministrazione 7, il silenzio sull istanza del privato dovrà essere qualificato come inadempimento. Rispetto ai presupposti per la sua configurazione, occorre innanzitutto la sussistenza in capo all amministrazione del dovere di pronunciarsi sulla domanda del privato; in difetto di tale obbligo nessuna pretesa potrà legittimamente essere avanzata 8. ( )presupposto sostanziale del silenzio inadempimento ricorribile ex art. 117 c.p.a. è la sussistenza di un obbligo di provvedere a fronte dell istanza del privato, ossia di adottare un provvedimento amministrativo autoritativo, in ossequio al precetto dell art. 2, comma 1, della legge n. 241/ Tale obbligo giuridico può trovare fondamento in una disposizione specifica di legge, di regolamento o in un atto amministrativo 10. Talvolta può desumersi anche da prescrizioni di carattere generale o dai principi generali dell ordinamento che disciplinano l azione amministrativa, come l imparzialità, la legalità ed il buon andamento 11. In particolare, afferma il Consiglio di Stato, di fronte alle istanze dei privati vi è sempre un obbligo di provvedere se l iniziativa nasce da una situazione soggettiva protetta da norme, se cioè è prevista dalla legge 12, così pure in situazioni ulteriori nelle quali ragioni di giustizia ed equità impongono l adozione di un provvedimento 13. Per quanto concerne gli atti amministrativi è opportuno richiamare la tripartizione tra atti a contenuto favorevole, atti di riesame di altri precedentemente adottati con contenuto sfavorevole e atti idonei a produrre effetti negativi nei confronti dei terzi. Rispetto ai primi, ampliativi della sfera giuridica dei soggetti destinatari, è indubbio la sussistenza dell obbligo di provvedere in capo all amministrazione, non potendosi seriamente dubitare che colui che ha un interesse differenziato e qualificato ad un bene della vita per il cui conseguimento è necessario l esercizio del potere amministrativo sia titolare di una situazione giuridica che lo 6 Art. 20, comma 4, della l. 241/ Un esempio è dato dall art. 25 della l. 241/1990, in merito al silenzio sulla domanda di accesso ai documenti amministrativi. 8 Cons. St., sez. V, n del 5 ottobre 2005; Tar Lazio, Roma, sez. I-quater, n del 1 aprile Tar Campania, Napoli, sez. II, n. 330 del 16 gennaio Cons. St., Adunanza Plenaria, n. 10 del Cons. St., sez. IV, n. 730 del 14 novembre 1986; Tar Abruzzo, n. 360 del 16 luglio 1990 ; Tar Lazio, n. 83 del 26 gennaio 1991; Cons. St., sez. IV, n del 14 dicembre Cons. St., sez. VI, n dell 11 maggio Tar Lazio, Roma, sez. I-ter, n del 12 maggio

5 legittima ( ) a presentare un istanza; così come non può dubitarsi del fatto che a tale situazione del privato corrisponda un obbligo della P.A. di pronunciarsi 14. Rispetto al riesame di provvedimenti già emessi, la giurisprudenza ha costantemente negato la possibilità di attivare la procedura relativa al silenzio-inadempimento per sollecitare l amministrazione all esercizio di poteri di autotutela 15. In questo caso, infatti, manca la sussistenza in capo al privato di una posizione giuridica di interesse legittimo, in quanto titolare di un mero interesse di fatto. Fa eccezione il caso in cui l amministrazione sia tenuta a svolgere un attività di contenuto sì discrezionale, ma ad emanazione vincolata, sicché il silenzio-rifiuto dell amministrazione non esprime semplicemente un mero inadempimento, come accade per l attività discrezionale, bensì assume valore di vero e proprio atto di diniego 16. Nessun obbligo di riesame sussiste pure rispetto ad atti autoritativi non impugnati tempestivamente, violandosi, diversamente, il principio di inoppugnabilità dell atto amministrativo e le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche da questo interessate 17. L amministrazione resta libera di valutare se la propria determinazione, non più soggetta a impugnazione per decorrenza dei termini, debba essere modificata a seguito di successive valutazioni, considerato il tempo trascorso e le esigenze di certezza dei rapporti giuridici 18. Ne consegue che la procedura diretta all accertamento del silenzio-rifiuto non può essere utilizzata per conseguire la riapertura di procedimenti già definiti, né per ottenere una pronuncia meramente ripetitiva di una precedente, nella quale l amministrazione abbia già respinto la relativa istanza del privato. Neppure esigibile è il declarare loqui dell amministrazione rispetto ad istanze manifestamente infondate 19 o dirette a sollecitare il compimento di una mera attività materiale. Per quanto concerne gli atti diretti a produrre effetti sfavorevoli rispetto ai terzi, dai quali l istante può ricevere indirettamente dei vantaggi, la giurisprudenza distingue tra domanda giuridicamente vincolante, idonea di per sé a determinare il silenzio-inadempimento in caso di inerzia 14 R. MANCUSO, L inerzia della pubblica amministrazione, in 15 Cons. St., sez. IV, n del 16 settembre Tar Lazio, Roma, sez. II, n del 20 aprile Cons. St., sez. IV, n. 69 del 1999; Cons. St., sez. VI, n del 16 dicembre 2008; Cons. St., sez. IV, n del 24 maggio Cons. St., sez. IV, n del 1 ottobre Cons. St., sez. IV, n del 20 novembre 2000; Tar Campania, Napoli, sez. III, n del

6 dell amministrazione, e mero esposto, non produttivo di tale obbligo e configurabile nel caso in cui il richiedente non sia titolare di una posizione differenziata rispetto alla collettività 20. Sempre rispetto all ambito di applicazione dell istituto del silenzio-inadempimento, la giurisprudenza ha costantemente escluso la sua ammissibilità rispetto agli atti normativi e a quelli amministrativi generali, dove i soggetti destinatari sono indeterminati ed indeterminabili 21. A tal proposito, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che anche agli atti amministrativi generali, quali sono gli atti di pianificazione del territorio, si applica il principio da tempo enunciato dalla giurisprudenza in ordine agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento della p.a.; ciò in quanto tale rimedio va strettamente circoscritto alla solo attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari. ( ) Ciò non avviene per gli atti generali, i quali sono indirizzati a una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli amministrati specificatamente individuati 22. Più recentemente si è affermato che il silenzio inadempimento si configura solo in ipotesi di inerzia dell amministrazione e/o di rifiuto della stessa di emanare il provvedimento richiesto, inerzia che è strettamente correlata all esistenza di un obbligo della stessa amministrazione di pronunciarsi e di concludere il procedimento. Detta posizione di obbligo non solo deve essere riconducibile all esistenza di un interesse legittimo differenziato e qualificato del singolo soggetto che ha presentato una determinata istanza, ma nel contempo non può essere individuata in presenza di atti regolamentari o a contenuto generale, laddove al contrario è possibile solo individuare un interesse diffuso all approvazione di una variante e ad una corretta valutazione degli interessi pubblici e privati nella classificazione del territorio. ( ) il meccanismo del silenzio, disciplinato oggi dagli artt. 31 e 117 del d.lgs. 104 del 2010 (CPA) è diretto ad accertare se l inerzia serbata dall amministrazione in ordine alla istanza di un privato si ponga in violazione o meno dell obbligo di adottare un provvedimento esplicito, richiesto con l istanza stessa ( ) 23. Tale lettura troverebbe pure conferma nell art. 13, comma 1, della l. 241/1990 che esclude l applicazione delle norme sulla partecipazione al procedimento all attività destinata all emanazione di atti amministrativi generali, normativi, di programmazione e pianificazione. Questa norma viene 20 L. DE LUCIA, Denunce qualificate e preistruttoria amministrativa, in Dir. amm., 2002, p. 717 e ss. 21 L. VANDELLI, Il diritto amministrativo nella giurisprudenza, Maggioli, 2013, p. 234 e ss. 22 Cons. St., sez. VI, n del 22 giugno Tar Veneto, sez. II, n. 798 del 11 giugno

7 intesa nel senso che i poteri di partecipazione e di reazione processuale sono riconosciuti solo laddove l amministrazione sia chiamata ad esercitare poteri amministrativi strumentali alla cura di un concreto interesse pubblico 24. Tuttavia, se il criterio con cui viene ammessa l impugnazione ( ) di un atto regolamentare o generale è l attitudine di detto atto o in via diretta, per il contenuto auto-applicativo della disposizione, o per tramite di un atto applicativo a ledere immediatamente la sfera giuridica di un soggetto, allo stesso modo il ricorso avverso il silenzio deve essere ammesso qualora l inerzia nell adozione di un atto regolamentare o amministrativo produce effetti lesivi non su di una pluralità indifferenziata di destinatari ma nella sfera giuridica di singoli amministrati specificatamente individuati, giacché in questo caso esso ha gli stessi effetti di un atto di natura provvedimentale 25. Il Codice del processo amministrativo regola agli articoli 31 e 117 l azione avverso il silenzio, riproducendo in buona sostanza la disciplina precedentemente contenuta all art. 2, comma 8, della l. 241/ e all art. 21-bis della l del L art. 31, comma 2, del c.p.a. dispone che il ricorso può essere notificato finché l amministrazione resti inadempiente e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento. Secondo la giurisprudenza, il termine annuale per la presentazione dell azione contro il silenzio non avrebbe natura decadenziale, ben potendo il cittadino, ai sensi del comma 2 dell art. 31, riproporre l istanza di avvio del procedimento se, alla scadenza del termine, ancora persiste in capo allo stesso la situazione giuridica soggettiva legittimante la richiesta. La decorrenza annuale del perfezionarsi del termine per la conclusione del procedimento incide soltanto sul piano processuale, senza che si produca nessuna vicenda estintiva dell interesse legittimo pretensivo sotteso all iniziativa procedimentale di parte In senso contrario si ricorda una sentenza del CGARS, n. 396 del 19 aprile 2012, in cui si afferma l insussistenza di ragioni ostative alla proponibilità dell azione di cui all art. 31 del c.p.a. nel caso di procedimento diretto all emanazione di atti amministrativi generali. A fondamento di tale lettura si richiama lo stesso art. 13 della l. 241/1990, nella parte in cui afferma che ai procedimenti diretti all emanazione di atti generali non si applicano unicamente le disposizioni contenute nel capo III della suddetta legge. Pertanto anche tali procedimenti sarebbero soggetti all art. 2 della l. 241/ Tar Lazio, Roma, n del 9 aprile L art. 2, comma 8, era stato modificato dalla l. n. 80 del Tale legge, oltre ad eliminare l obbligo della preventiva diffida nei confronti dell amministrazione inadempiente, aveva previsto l esperibilità dell azione avverso il silenzio fintanto che perdura l inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. 7

8 Entro tale termine, chi vi ha interesse può chiedere l accertamento dell obbligo dell amministrazione di provvedere 28. Ciò vuol dire che il soggetto titolare di una posizione sostanziale qualificata e differenziata che corrisponde, sul piano processuale, alla legittimazione ad agire, entro un anno dalla scadenza del termine per concludere il procedimento, può presentare il ricorso davanti al giudice amministrativo 29. Il carattere speciale del giudizio trova conferma nella dimidiazione dei termini processuali, sia in primo grado che in appello, esclusi quelli del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti (art. 87, comma 3 del c.p.a.). La discussione del giudizio è fissata d ufficio alla prima camera di consiglio utile, successiva al trentesimo giorno dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti, e la decisione è assunta con sentenza succintamente motivata. Rispetto al contenuto della sentenza è utile ricordare come il silenzio, genericamente definito non significativo, si atteggi in modo diverso a seconda della tipologia di provvedimento richiesto dal privato. Si dovrebbe parlare di silenzio inadempimento a fronte dell inerzia rispetto ad un attività vincolata e di silenzio rifiuto in caso di attività discrezionale. Nel primo caso il giudice amministrativo può certamente valutare in sede giudiziale la fondatezza della pretesa, dal momento che la norma esaurisce in sé tutti i presupposti dell azione. Rispetto all attività vincolata, non necessitante di istruttoria o di valutazioni complesse, al giudice è, dunque, consentito giudicare nel merito la questione. In altre parole, la valutazione sulla fondatezza della pretesa spetta al giudice nei casi in cui venga in rilievo un attività interamente vincolata della p.a., che non postuli accertamenti valutativi complessi e sempre che non sia prevalente il profilo concernente la sussistenza dell obbligo della p.a.. di emettere una pronuncia esplicita sull istanza del privato R. MANCUSO, L inerzia della pubblica amministrazione, in 28 Art. 31, comma 1, del c.p.a. 29 Secondo costante giurisprudenza, il rito sul silenzio è ammesso rispetto a materie sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo. Il giudizio è attivabile solo in caso di comportamento omissivo rispetto ad una istanza in cui si fa valere un interesse legittimo e non un diritto soggettivo. Laddove la controversia riguardi materie soggette alla giurisdizione del giudice ordinario, il ricorso contro il silenzio dell amministrazione è inammissibile per difetto di giurisdizione. In tale senso si veda Cons. St., sez. VI, n. 427 del 2 febbraio 2007 e Cons. St., sez. IV, n del 19 marzo Cons. St., sez. IV, n del 26 novembre

9 Così dispone l art. 31, comma 3, del c.p.a., secondo cui il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. Il termine può utilizzato dalla norma non va interpretato nel senso che al giudice amministrativo spetti un potere discrezionale rispetto alle pronuncia o meno sulla fondatezza della pretesa. Laddove ci sia una richiesta in tal senso ed in assenza di ragioni ostative, il giudice dovrà pronunciarsi sul merito della questione, nel rispetto del principio tra chiesto e pronunciato di cui all art. 112 del c.p.c. Come confermato dalla giurisprudenza, il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell istanza nelle ipotesi di manifesta fondatezza, allorchè siano richiesti provvedimenti amministrativi dovuti o vincolati in cui non c è da compiere alcuna scelta discrezionale che potrebbe sfociare in diverse soluzioni, e di manifesta infondatezza, sicchè risulti del tutto diseconomico obbligare la P.A. a provvedere laddove l atto espresso non potrà che essere di rigetto (T.A.R. Lazio, Roma, II, , n.10868; Cons. Stato, IV, , n.4362; , n.1873; VI, , n.5843; , n.2318; T.A.R. Abruzzo, Pescara, , n.45) 31. Diversamente, laddove la pretesa del privato riguardi un attività discrezionale, il giudice potrà solo pronunciarsi sull obbligo dell amministrazione di provvedere, senza nulla disporre in merito al contenuto del provvedimento. In altri termini, se il potere non è stato esercitato affatto o è stato esercitato in misura incompleta, non si costituisce una situazione suscettibile di essere valutata dal giudice, in quanto i presupposti di fatto e di diritto che incardinano giuridicamente la pretesa del soggetto non sono definiti direttamente dalla legge-che il giudice è tenuto ad applicare-ma richiedono una mediazione della potestà pubblica 32. Come affermato dal Consiglio di Stato, il giudice non può sindacare il procedimento non concluso ma dovrà limitarsi a valutare l astratta accoglibilità della domanda del privato, senza potersi sostituire agli organi di amministrazione attiva Tar Campania, sez. V, n del 28 dicembre R. GIOVAGNOLI-M. FRATINI, Le nuove regole dell azione amministrativa al vaglio della giurisprudenza, Giuffrè, 2007, p Cons. St., sez. IV, n del 16 settembre

10 L ultimo aspetto considerato riguarda il rapporto tra l azione avverso il silenzio e quella diretta ad ottenerne il risarcimento del danno. La l. 69 del 2009 ha introdotto nella l. 241/1990 l art- 2-bis, successivamente modificato, ai sensi del quale 1-Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. 1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento. La previsione trova pure conferma nell art. 117, comma 6, del c.p.a., secondo cui se l azione di risarcimento del danno ai sensi dell art. 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria. Questa disposizione consente, ma non impone, al giudice di decidere con rito speciale il giudizio sul silenzio e trattare nelle forme ordinarie l azione di risarcimento. In tal modo risulta superato il precedente orientamento giurisprudenziale che negava in assoluto la compatibilità tra l azione avverso il silenzio, connotata da ragioni di specialità e speditezza, con la domanda risarcitoria. Se è verosimile che, anche alla luce della previsione ora richiamata, i giudici continueranno a sdoppiare la procedura, è altrettanto vero che non si può più escludere in toto la possibilità che entrambe le domande siano decise in un unica sede Cons. St., sez. V, n del 21 marzo

11 4-La decisione La prima questione che il Consiglio di Stato affronta nella sentenza in commento concerne la sussistenza o meno dell interesse ad impugnare in capo all appellante, a seguito della rimozione in autotutela della delibera commissariale rispetto alla quale sarebbe rimasta, stante la sentenza di primo grado, illegittimamente inerte. L esercizio dell autotutela ed il conseguente venir meno del provvedimento in questione non privano l appellante dell interesse ad impugnare, considerato che solo la positiva conclusione del giudizio di appello è in grado di scongiurare la configurabilità di ogni ipotetica forma di responsabilità, fosse anche da ritardo, in capo al Comune. Ciò premesso l appello è da ritenere fondato rispetto ad entrambe le censure. La prima concerneva la tardiva presentazione del ricorso davanti al Tar, notificato dopo sei anni dall avvio del procedimento, in violazione dell art. 31, comma 2, del c.p.a., secondo cui l azione avverso il silenzio è esperibile fin tanto che dura l inadempimento e comunque non oltre un anno dal termine per la conclusione del procedimento, sicché decorso tale termine non è più coercibile giudizialmente l obbligo di adempimento. Rispetto al secondo motivo di gravame, il Consiglio di Stato disattende quanto affermato dal giudice di primo grado e afferma l insussistenza, nel caso di specie, dell obbligo di provvedere in capo all amministrazione. La vicenda in esame riguarda un procedimento amministrativo di pianificazione del territorio, caratterizzato da ampia discrezionalità non solo nello svolgimento dello stesso ma anche nella scelta di avviarlo o meno. Il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, come precedentemente chiarito, diretto a stimolare l esercizio del pubblico potere, è esperibile solo in presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest ultimo. Viceversa, rispetto agli atti di pianificazione del territorio, in quanto atti amministrativi generali, si applica il principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, produttiva di effetti solo rispetto a specifici destinatari. 11

12 Nel caso in questione, aggiunge il Collegio, manca qualsiasi legame reale tra il bene soggetto ipoteticamente ad una diversa pianificazione urbanistica e la società appellata, così pure è assente ogni forma di rapporto tra la ricorrente in primo grado, che lamenta l inerzia dell amministrazione, ed il Comune a cui è imputata la relativa responsabilità. Per di più, il procedimento per l adozione del piano di riqualificazione urbana, in realtà, non è stato mai avviato mancando, addirittura, anche il progetto di Piano, imprescindibile per poter attivare un procedimento di adozione. Non appare sussistente, quindi, la fonte e l oggetto dell obbligo che, nella specie, asseritamente incombeva sul Comune appellante e che non sarebbe stato adempiuto. 12

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