Fondazioni su pali: dalla ricerca alle applicazioni

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1 Fondazioni su pali: dalla ricerca alle applicazioni Alessandro Mandolini Dipartimento di Ingegneria Civile - Seconda Università di Napoli Sommario La recente emanazione delle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M ) ha aperto sicuramente spiragli importanti per l approccio alla progettazione delle fondazioni su pali, consentendo, in particolari condizioni, di procedere al loro dimensionamento attraverso considerazioni di cedimento. Ciò rende in qualche modo giustizia all inutilizzata (da un punto di vista pratico) mole di ricerca che negli ultimi trenta anni è stata sviluppata sull argomento a partire dall introduzione del concetto di piles as settlement reducers (Burland et al., 1977). Tale nuova opzione progettuale si basa su una sana collaborazione tra l elemento che collega le teste dei pali (tipicamente una platea) ed i pali stessi e pertanto necessita, per la sua pratica applicazione, di metodi di analisi che siano in grado di considerare il contributo di entrambe le componenti, sia in presenza dei carichi di esercizio, sia all approssimarsi dei carichi ai valori di collasso. Mentre il primo aspetto ha sicuramente ricevuto grande attenzione da parte delle comunità scientifica nazionale ed internazionale, il secondo è stato sicuramente meno sviluppato. Nella Relazione, pertanto, si è tentato di fornire una sintesi ragionata di tutte le conoscenze acquisite sull argomento, cercando di distillare opportunamente quelle regole di analisi e progettazione che possono oramai ritenersi pronte all uso ed evidenziando quali aspetti, invece, necessitano di essere opportunamente approfonditi nell auspicio che, in futuro, l innovazione possa essere ragionevolmente estesa anche a quei casi non ancora contemplati dalla Norma. 1. Introduzione Il ricorso ad una fondazione su pali discende generalmente da molteplici considerazioni, alcune di tipo prettamente ingegneristico, altre derivanti da aspetti legati a convenienza e velocità di realizzazione. E importante sottolineare che tali considerazioni non dovrebbero mai essere confuse tra loro, e ogni tentativo di ridurre il ruolo delle prime a scapito delle seconde potrebbe comportare conseguenze particolarmente negative. Con riferimento agli aspetti ingegneristici, in generale si ricorre ai pali allorquando si ravvede la necessità di attestare le fondazioni su terreni profondi di buone caratteristiche meccaniche o comunque al di sotto di stratificazioni di terreno dal comportamento estremamente variabile e dubbio. In alcuni casi la scelta è dettata dalla necessità di fornire al sistema fondale un adeguata capacità portante, in altri di fornire adeguata rigidezza per rispettare i requisiti di funzionalità. In casi particolari, il ricorso ai pali è dettato dalla necessità di realizzare un sistema fondale in grado di adattarsi ad elevate concentrazioni di carico derivanti dalla

2 sovrastruttura. Considerazioni legate a convenienza e velocità di realizzazione sono, ad esempio, quelle che condizionano la scelta in quei casi in cui, pur avendo verificato che una fondazione a platea realizzata ad elevate profondità sarebbe in grado di garantire un comportamento soddisfacente, le lavorazioni accessorie (esecuzione di consistenti scavi, eventualmente sotto falda, da contenere mediante apposite opere di sostegno) potrebbero far lievitare i costi ed i tempi (ed in taluni casi anche il pericolo per eventuali strutture pre-esistenti poste in prossimità dell area da scavare) al punto tale da rendere sicuramente preferibile l adozione di una fondazione su pali. Una volta operata la scelta di ricorrere ai pali, la particolare soluzione da adottare dovrebbe rispettare al meglio i requisiti di: efficacia, praticità, economicità (Fleming et al., 1992). Per essere efficaci, i pali devono essere in grado di sopportare i carichi trasferiti dalla struttura in elevazione, eventualmente incrementati in conseguenza di azioni dovute alle deformazioni della massa di terreno nel quale sono immersi (ad es. consolidazione). A tale scopo, essi dovrebbero essere durevoli nel tempo e privi di difetti strutturali, progettati tenendo opportunamente conto delle proprietà dei terreni attraversati, del regime delle acque sotterranee, ed in grado di garantire che nelle più avverse condizioni di progetto i massimi spostamenti (medi e soprattutto differenziali) siano tali da non risultare inaccettabili per la struttura in elevazione o per eventuali opere adiacenti. Per essere pratici, i pali dovrebbero essere di tipologia tale da consentire l accesso delle attrezzature al sito dove è prevista la loro installazione, tenendo opportuno conto dei limiti pratici delle attrezzature disponibili sul mercato. Con riferimento alla tipologia di palo, la scelta dovrebbe essere fatta considerando fattori quali le condizioni locali di sottosuolo (regime delle acque sotterranee; capacità del terreno di autosostenersi; presenza di ostacoli nel sottosuolo; etc.) ed il contesto in cui si opera (spostamenti causati su opere adiacenti dall asportazione di terreno per pali trivellati; vibrazioni trasmesse ad opere adiacenti conseguenti alla battitura di pali, etc.), il tutto al fine di minimizzare quegli imprevisti che potrebbero impedirne una corretta realizzazione. Per essere economici, i pali dovrebbero essere stati progettati per fornire, a parità di ogni altra condizione, la massima capacità portante e la massima rigidezza, il tutto evitando sezioni di palo inutilmente abbondanti da un punto di vista puramente strutturale. Indicazioni su come soddisfare i diversi requisiti elencati sono oramai disponibili in numerosi libri di testo (ad es., Poulos & Davis, 1980; Fleming et al., 1992; Tomlison, 1995; Viggiani, 2003) e pertanto non si ritiene debbano essere affrontati in questa sede. Resta però valida la considerazione generale che ogni opera - e quindi le sue fondazioni - presenta aspetti peculiari (un esempio è riportato nella memoria presentata da Croce et al. al presente Convegno) e, pertanto, non è possibile individuare criteri che, indistintamente e contemporaneamente, soddisfino

3 al meglio i requisiti appena discussi, che invece vanno ricercati caso per caso. In questo spirito, nel seguito la discussione sarà limitata alla progettazione efficace di una fondazione su pali la cui esigenza derivi da considerazioni prettamente ingegneristiche emerse a seguito di opportune analisi. 2. Aspetti progettuali In generale, un buon progetto di una fondazione deve garantire il soddisfacimento di alcune verifiche (allo stato limite ultimo SLU, con coefficienti globali e/o parziali di sicurezza, e allo stato limite di servizio SLS) sotto azioni di varia natura: (a) derivanti dalla struttura in elevazione (carichi statici, interazione inerziale conseguente a sisma); (b) derivanti dalle deformazioni della massa di terreno in cui i pali sono immersi (ad es., consolidazione, rigonfiamento, deformazioni indotte da opere adiacenti, interazione cinematica conseguente a sisma). Poulos (2006) ha di recente fornito un quadro abbastanza esauriente circa gli effetti indotti sui pali da spostamenti della massa di terreno di tipo (b). Rimandando alla nota per informazioni di dettaglio, le conclusioni di carattere generale cui Poulos perviene sono sinteticamente riassumibili come segue: - gli effetti prodotti dalle deformazioni nel terreno non sono, in generale, riproducibili mediante la diretta applicazione di forze equivalenti sui pali; - l interazione tra i pali di un gruppo soggetto a deformazioni del terreno gioca generalmente un ruolo benefico nel ridurre gli spostamenti, le forze e le sollecitazioni rispetto al caso del palo singolo. Pertanto la progettazione, in attesa di eventuali sviluppi delle conoscenze al riguardo, può efficacemente svolgersi a vantaggio di sicurezza con riferimento al palo singolo. Con riferimento all interazione di tipo cinematico tra pali e terreno, la prima conclusione comporta che l applicazione di approcci pseudo-statici nella progettazione di fondazioni su pali sotto sisma è quanto meno dubbia, almeno in quei casi in cui gli effetti sono paragonabili a quelli prodotti dall oscillazione sotto sisma della struttura in elevazione (interazione inerziale). L argomento è ovviamente di notevole interesse per le ovvie ricadute nelle pratiche applicazioni e sta ricevendo una crescente attenzione anche in conseguenza dell approvazione a livello europeo dell Eurocodice 8 (Parte 1 e Parte 5) e dell emanazione in Italia dell O.P.C.M. n Allo scopo di fare chiarezza nel settore degli aspetti geotecnici della progettazione in zona sismica, l Associazione Geotecnica Italiana ha redatto delle linee guida sull argomento (AGI, 2005); inoltre, nell ambito di una Convenzione stipulata con il Consorzio ReLUIS, ha da poco attivato una linea di ricerca denominata Fondazioni profonde, che si propone appunto di approfondire le conoscenze in tema di comportamento delle fondazioni su pali in condizioni di

4 scossa sismica. Sullo stato delle attività riferiscono Caputo et al. in una memoria presentata a questo Convegno. Interessanti considerazioni possono ritrovarsi nelle memorie presentate da Dezi & Scarpelli e da Maiorano & Aversa. Per quanto detto, in questa sede si è preferito limitare la discussione all analisi ed alla progettazione delle fondazioni su pali soggette ad azioni statiche derivanti dalla struttura, con particolare riferimento alle platee su pali il cui comportamento, come si vedrà, coincide con quello del gruppo di pali solo in rari casi. Per chiarire tale differenza, si faccia riferimento alla Figura 1. platea gruppo di pali platea su pali α pr =0 α pr =1 0 < α pr < 1 Figura 1. Sistemi di fondazione A seguito dell applicazione di un carico verticale e centrato di intensità Q PR su una platea su pali, la platea, in funzione della sua rigidezza, trasferirà una aliquota Q P del carico totale al terreno posto immediatamente al di sotto e la rimanente parte Q G al gruppo di pali, il tutto nel rispetto dell equazione di equilibrio alla traslazione verticale: Q PR P G P n = Q + Q = Q + Σ Q (1) i= 1 palo,i E così possibile introdurre il coefficiente α pr : n Σ Qpalo,i α i= 1 pr = (2) QPR che descrive la ripartizione del carico tra i pali (α pr ) e la platea (α rp = 1 - α pr ). Tale coefficiente consente di classificare tre tipi di fondazione:

5 - fondazione di tipo superficiale (platea senza pali): α pr = 0; - gruppo di pali collegati alla testa da una platea distaccata dal terreno: α pr = 1; - fondazione mista platea su pali : 0 < α pr < 1. Ad eccezione di quei casi in cui effettivamente la platea non è a contatto con il terreno (come ad esempio le strutture offshore), è evidente che ogni fondazione su pali è in realtà una fondazione mista. A parità di ogni altra condizione, però, è altrettanto ovvio che il contributo della platea nel trasferire i carichi direttamente al terreno sarà tanto maggiore quanto migliori saranno le caratteristiche meccaniche (in particolare la rigidezza) dei terreni posti al di sotto della platea stessa: in presenza di terreni particolarmente scadenti, tale contributo tenderà ad essere trascurabile (α pr 1) e la fondazione mista a comportarsi in maniera del tutto analoga ad un gruppo di pali. All approssimarsi del carico applicato Q PR al valore che determina il collasso del sistema misto platea su pali (Q PR,lim ), il coefficiente α pr assume il significato di contributo al carico limite offerto dal gruppo di pali al di sotto della platea. La prassi corrente a livello mondiale, spesso dettata dalle prescrizioni normative 1 ma anche dal conservatorismo che in genere caratterizza la categoria professionale degli ingegneri, prevede che il progetto di una fondazione su pali sia eseguito prescindendo dal contributo delle strutture di collegamento direttamente appoggiate sul terreno (α pr = 1). Al di là delle conseguenze che questo modo di operare comporta, e di cui si discuterà in dettaglio nel seguito, è da sottolineare che i contenuti del Capitolo 7 delle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M ) sicuramente aprono nuovi spiragli nella progettazione delle fondazioni su pali. Il punto , infatti, riconosce la possibilità di impiegare i pali con funzione di riduzione o regolazione dei cedimenti, consentendo in tali casi di valutare il carico limite della fondazione con riferimento alla sola piastra. E evidente quindi che la Norma consente l applicazione di approcci innovativi alla progettazione solo in quei casi in cui la verifica di capacità portante è soddisfatta dalla sola platea. Nell accogliere favorevolmente questa apertura delle NTC rispetto al D.M , non si può trascurare il fatto che la funzione di riduzione e regolazione dei cedimenti deve essere svolta dai pali limitatamente all aliquota α pr dei carichi di esercizio che su di essi effettivamente grava, il che rende necessaria la disponibilità di metodi che consentano una affidabile ripartizione dei carichi esterni. Inoltre, è necessario comprendere se (ed in caso positivo, come) i fenomeni di interazione tra platea e pali non alterano in maniera significativa la capacità portante della sola platea. Nell ipotesi che tale capacità si incrementi, è evidente che il contenuto delle NTC - anche se non corretto - potrebbe ritenersi applicabile 1 Si veda, ad esempio, il punto C.5.3 del D.M

6 ai fini pratici in quanto cautelativo; nell ipotesi contraria, la ridotta capacità portante della platea dovrebbe essere compensata dalla capacità portante dei pali, che quindi andrebbero progettati anche per svolgere questa funzione. Con riferimento al semplice caso di carichi agenti nella sola direzione verticale, nei paragrafi successivi ( 3 e 4) saranno evidenziati gli aspetti peculiari del comportamento delle fondazioni miste platea su pali ed individuati i contenuti minimi di un approccio razionale alla progettazione ( 5). Sulla base dei risultati ottenuti da vari gruppi di ricerca impegnati sull argomento, sarà inoltre verificata la possibilità di trarre utile vantaggio dalla collaborazione tra platea, pali e terreno anche per condizioni generalizzate di carico ( 6). Saranno quindi tratte delle conclusioni e forniti spunti per lo sviluppo di ulteriori attività di ricerca. 3. Comportamento delle platee su pali in condizioni di esercizio A partire dall introduzione del concetto di piles as settlement reducers (Burland et al., 1977) il comportamento delle fondazioni miste platee su pali ha notevolmente impegnato la comunità scientifica; in particolare: - sono stati predisposti metodi e procedure di analisi sempre più convincenti (ad es., Poulos, 1993; Clancy & Randolph, 1996; Mandolini & Viggiani, 1997; El Mossallamy & Franke, 1997; Russo, 1998; Katzenbach et al., 2000; Poulos, 2000, 2001; Viggiani, 2001); - sono state eseguite accurate sperimentazioni su modelli (in scala ridotta: ad es., Cooke, 1986; Turek, 2006; in centrifuga: ad es., Horikoshi & Randolph, 1997; Horikoshi et al., 2002; Conte et al., 2003); - è stata fornita esaustiva e convincente documentazione di significative applicazioni in vera grandezza (ad es., Hansbo & Kallstrom, 1983; Burland & Kalra, 1986; Sommer et al., 1991; Viggiani, 1995; Katzenbach et al., 1997; Sales, 2000; Borel, 2001; Poulos & Davids, 2005; Katzenbach & Turek, 2005; de Sanctis et al., 2006). I vari risultati conseguiti hanno formato oggetto, nel tempo, di varie Relazioni Generali o Rapporti sullo Stato dell Arte (Randolph, 1994; Poulos et al., 2001; Viggiani, 2001; Mandolini, 2003; Mandolini et al., 2005) cui si rimanda per tutti gli approfondimenti necessari. Per delineare i caratteri essenziali dell interazione platea-pali-terreno in condizioni di esercizio, si ritiene però utile richiamare un semplice metodo proposto alquanto di recente da Poulos (2000) derivante dalla combinazione dei metodi originariamente proposti da Poulos & Davis (1980) e da Randolph (1994) e pertanto denominato PDR dalle iniziali dei tre Autori citati. Il metodo, da considerare come strumento per la valutazione preliminare del

7 comportamento di una fondazione mista platea su pali, prende in considerazione una platea, di rigidezza K P e carico limite Q P,lim, ed un gruppo di pali di rigidezza K G e carico limite Q G,lim, combinati tra loro a costituire una platea su pali di rigidezza K PR e carico limite Q PR,lim. Esso consente di valutare la risposta in termini di cedimento medio di una fondazione mista e si basa su due fasi principali: 1. valutazione della capacità portante; 2. valutazione della curva carico-cedimento. Per la fase 1, il metodo utilizza le indicazioni fornite da Poulos (2000), il quale suggerisce di scegliere quale valore di Q PR,lim il minore dei valori tra: a) la somma del carico limite del gruppo di pali valutato nell ipotesi di rottura a blocco (Q G = Q blocco ) e del carico limite della parte di platea esterna all area A g occupata dai pali (Q P,ext ): Q PR,lim = QG,blocco + QP,ext (3) b) la somma del carico limite del gruppo di pali (Q G,lim ) e della platea (Q P,lim ), valutati separatamente e mediante approcci convenzionali (ad es., somma dei carichi limite di ogni singolo palo, eventualmente ridotta attraverso il coefficiente di efficienza η, Q G,lim = η Σ i Q i,lim, per il gruppo di pali; formula trinomia per la platea), così come originariamente proposto da Liu et al. (1985): Q PR,lim = QG,lim + QP,lim (4) Queste indicazioni non appaiono convincenti per i motivi che verranno discussi in dettaglio nel 4, a cui si rimanda; comunque quanto riportato in seguito resta valido soprattutto con riferimento alla risposta della fondazione mista sotto i carichi di esercizio, quindi ben lontani dalla rottura. Per quanto riguarda la fase 2, il metodo assume che il comportamento della platea e del gruppo di pali sia di tipo elastico lineare fino al raggiungimento del loro valore ultimo, il che determina una curva carico-cedimento di tipo tri-lineare (Figura 2). Il punto A rappresenta il punto in corrispondenza del quale è interamente mobilitata la resistenza del gruppo di pali Q G,lim, il che avviene per un carico totale applicato sulla fondazione mista pari a Q A. Fino a quel punto il cedimento varia secondo l espressione: Q K PR w = (5)

8 K = X, con PR K G ( 1 2 α ) K 1+ P cp KG X = (6) 2 1 α K P cp KG e la platea ed i pali si ripartiscono il carico applicato in aliquote valutabili attraverso le seguenti relazioni: α pr 1 =, con 1+ β β = 1 α ( 1 α ) cp cp K P K G K P K G (7) α rp = 1 α pr (8) QP,lim QG,lim QA QPR,lim carico wa A cedimento platea pali platea su pali Figura 2. Curva carico-cedimento secondo il metodo PDR Oltre il punto A, ogni eventuale incremento di carico può essere assorbito dalla sola platea, ed il cedimento sarà dato da: QA Q Q w = + A (9) KPR KP Nelle eq. (6) e (7) suggerite da Randolph (1994), compare il coefficiente di interazione α cp tra platea e pali, valutabile attraverso la seguente relazione: B

9 α cp r ln c = ro 1 (10) ζ in cui: r c = raggio medio della porzione di platea afferente al singolo palo (corrispondente ad un area pari all area della platea diviso il numero di pali del gruppo); r o = raggio dei pali; ζ = ln (r m /r o ); r m = raggio magico valutato secondo l espressione di Randolph & Wroth (1978). L eq. (10) è stata ricavata con riferimento al semplice caso di un solo palo al dì sotto di una platea circolare ma può essere utilizzata anche per gruppi di pali. Analisi più rigorose condotte da Randolph & Clancy (1993) hanno però mostrato che α cp tende ad un valore costante pari a circa 0,8, indipendentemente dalla configurazione geometrica dei pali (interasse s, snellezza L/d) e dalla rigidezza relativa palo-terreno. Le eq. (6) e (7) divengono pertanto: K = X, con PR K G K 1 0,60 P KG X = (6 ) 1 0,64 K P KG 1 0,2 αpr =, con β = K P 1+ β K KG 1 0,8 P KG (7 ) La rigidezza della platea K P può essere valutata con le classiche soluzioni esistenti in letteratura (ad es., Poulos & Davis, 1974; Fraser & Wardle, 1976; Horikoshi & Randolph, 1997; Mayne & Poulos, 1999). Per la rigidezza del gruppo di pali K G ci si può riferire ad abachi già predisposti da vari Autori (ad es., Poulos & Davis, 1980; Flemig et al., 1992) o procedere ad una valutazione diretta mediante appositi codici di calcolo. Tralasciando i metodi che si basano su principi di equivalenza (piastra e/o pila equivalente) o metodi di particolare complessità da un punto di vista computazionale e di implementazione (elementi finiti, differenze finite, metodi ibridi, etc.), è oramai ampiamente condiviso a livello internazionale che il metodo dei coefficienti di interazione originariamente proposto da Poulos & Davis (1980) rappresenta un più che ragionevole compromesso tra semplicità di implementazione, contenimento dei tempi di calcolo e bontà dei risultati. Negli ultimi anni esso ha subito importanti perfezionamenti, tra cui i più meritevoli

10 di menzione si ritiene siano: - l applicazione dei coefficienti di interazione palo-palo solamente alla componente elastica del cedimento del palo singolo, valutata con riferimento alla rigidezza a bassi livelli di deformazione del terreno in cui i pali sono immersi, cui aggiungere la componente non lineare del cedimento del palo singolo sotto i carichi di esercizio per ottenere i cedimenti della palificata (Caputo & Viggiani, 1984; Mandolini, 1994; Randolph, 1994; Mandolini & Viggiani, 1997); - lo sviluppo di espressioni analitiche per i coefficienti di interazione, il che consente l implementazione del metodo in semplici fogli di calcolo (ad es., Randolph & Wroth, 1979; Mylonakis & Gazetas, 1998). Tali modifiche sono già implementate in codici di calcolo particolarmente versatili e di facile utilizzo (ad es., DEFPIG, Poulos, 1990; GRUPPALO, Mandolini, 1994; PIGLET, Randolph, 2003a). Nella Figura 3 è riportato l andamento del coefficiente X (che rappresenta l incremento di rigidezza del gruppo di pali dovuto al contatto platea-terreno) e del coefficiente di ripartizione del carico α pr nel campo di valori 0 < K P /K G < 1, come tipico allorquando si decide di utilizzare pali per incrementare significativamente l insufficiente rigidezza alla platea. 1,4 αpr, X [-] 1,2 1,0 X 0,8 0,6 0,4 αpr 0,2 0,0 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 KP/KG [-] Figura 3. Relazione tra K P /K G X e K P /K G - α pr Come si vede, per gruppi di pali molto rigidi rispetto alla platea (K P /K G 0), la rigidezza della fondazione mista tende a coincidere con quella del solo gruppo (X

11 1), il quale trasferisce l intero carico al terreno (α pr 1); al crescere del rapporto K P /K G, la rigidezza della fondazione mista ancora si mantiene praticamente coincidente con quella del solo gruppo (X 1,1 per K P /K G 1), ma il carico viene equamente diviso tra platea e pali (α pr 0,5). Tale risultato è in accordo con quelli ottenuti da analisi numeriche molto rigorose (NAPRA, Russo 1998; GARP8, Poulos, 2000, 2001) e spiega il buon accordo ottenuto tra i cedimenti misurati e quelli calcolati con metodi di analisi convenzionali che trascurano il contatto tra platea e terreno ed a cui si è fatto cenno in precedenza (Mandolini & Viggiani, 1997). Indicazioni quali quelle contenute in Figura 3 confermano sostanzialmente quelle di tipo sperimentale (Figura 4) raccolte da Mandolini et al. (2005) ed elaborate in termini di aliquota di carico trasferito direttamente dalla platea al terreno sottostante al variare del parametro (s/d)/(a g /A). Per dettagli ci si riferisca alla Relazione Generale di Russo & Callisto. Figura 4. Percentuale di carico trasferito dalla piastra al terreno (da Mandolini et al., 2005) (A g = area occupata dai pali; A = area platea; s = interasse tra pali di diametro d) Per meglio comprendere le utili indicazioni che possono derivare dall applicazione del metodo PDR, si consideri il caso di una platea quadrata di lato B = 15 m soggetta ad un carico verticale e centrato di intensità Q = 47 MN. La platea poggia su un deposito di terreni a grana fine caratterizzati da una resistenza al taglio in condizioni non drenate c u = 100 kpa, da una rigidezza a taglio G = 10 MPa (G/c u = 100) e da un coefficiente di Poisson ν = 0,2). La valutazione del carico limite della platea in condizioni non drenate porta ad un valore Q P,lim = 1,2 (2+π) c u B MN, cui corrisponde FS = 3. La rigidezza in condizioni non drenate (ν = 0,5) è pari a K P,u = 2 G B/[I (1-ν)] = 706 MN/m (Poulos & Davis, 1974), quella in condizioni drenate K P,d = 441 MN/m. Sotto il carico di esercizio, a tali rigidezze corrisponde un cedimento immediato pari a w P,u = Q/K P,u = 47/706 = 0,067 m ed un cedimento finale w P,d = Q/K P,d = 47/441 = 0,107 m.

12 Tali cedimenti sono da ritenersi eccessivi in quanto superiori al valore massimo accettabile (ad esempio, w amm = 50 mm) e pertanto si decide di ricorrere all uso di pali trivellati di grande diametro di lunghezza L = 25 m e diametro d = 1 m, il cui carico limite misurato a seguito di una prova su palo pilota è pari a circa 4 MN. Adottando il classico approccio basato sull assunzione che α pr = 1 e nell ipotesi che l efficienza η = 1, il rispetto del D.M (FS 2 in presenza di prove di carico su pali spinte a rottura) richiederebbe un numero minimo di pali n = 2 47/4 = 23,5 25 = 5 2. La valutazione della rigidezza del gruppo di pali in condizioni drenate (K G,d ) e non drenate (K G,u ), eseguita con la formulazione suggerita da Randolph & Wroth (1978) ed adottando un coefficiente di riduzione del gruppo approssimativamente pari a n (Fleming et al., 1992), porta ai seguenti valori: K G,u = 1812 MN/m; K G,d = 1612 MN/m. Ne derivano cedimenti che, nel tempo, variano da 0,026 m (immediato) a 0,029 m (finale), inutilmente piccoli se confrontati al valore ammissibile (= 50 mm). Considerando ora la fondazione mista platea su pali, l applicazione delle eq. (6 ) e (7 ) porta a valori di K PR,u e K PR,d rispettivamente pari a 1849 MN/m e 1634 MN/m, praticamente coincidenti con quelle del solo gruppo; il carico assorbito dai pali si incrementa dall iniziale 90% (condizioni non drenate) al 93% (condizioni drenate). In base all eq. (2), il coefficiente di sicurezza della fondazione mista FS PR = Q PR,lim /Q = ( )/47 = 5,1. Se si considera un gruppo costituito da 4 2 = 16 pali (una riduzione di circa il 40% del numero di pali), la rigidezza del gruppo assume valori più bassi (K G,u = 1449 MN/m; K G,d = 1290 MN/m) e, di conseguenza, la rigidezza della fondazione mista diventa K PR,u = 1490 MN/m e K PR,d = 1313 MN/m (ancora una volta praticamente coincidenti con quelle del solo gruppo). I cedimenti risultano quindi w PR,u = 0,032 m e w PR,d = 0,036 m (quindi inferiori al massimo valore ammissibile), con un aliquota di carico assorbita dai pali pari all 86% in condizioni non drenate ed al 91% in condizioni drenate; il coefficiente di sicurezza della fondazione mista FS PR = ( )/47 = 4,3. Questo semplice esempio, nel mostrare in concreto la potenzialità di approcci che considerino l interazione tra le varie componenti di una fondazione mista, soffre ovviamente della limitatezza delle ipotesi poste alla base (comportamento elastico lineare delle componenti fino al raggiungimento del valore limite delle loro resistenze, carico limite della fondazione mista pari alla somma dei carichi limite delle componenti valutate separatamente e con metodi convenzionali). La sua verificata affidabilità nel campo dei valori dei carichi di esercizio (ad es., Poulos, 2000, 2001; Mandolini, 2003; El-Mossallamy et al., 2006) ha però indotto a proporre delle importanti modifiche quali: - l introduzione della non linearità del comportamento della platea e del gruppo di pali mediante l introduzione di semplici formule che esprimono il ridursi

13 della rigidezza rispetto al valore iniziale in funzione del livello di carico gravante sulla singola componente (Poulos, 2000); - l introduzione degli effetti di sovraconsolidazione indotti dallo scavo necessario per la realizzazione della platea (Poulos, 2005); tale aspetto può essere particolarmente significativo se si considera che l incremento di rigidezza del terreno conseguente alla sovraconsolidazione indotta dallo scavo incrementa la rigidezza del sistema platea-terreno, dando così la possibilità alla platea di trasferire una maggiore aliquota del carico applicato ai terreni sottostanti, almeno fino a che tale carico non raggiunge il valore del carico di terreno preesesistente. Superato tale carico, i pali tenderanno ad assorbire un aliquota maggiore dei successivi incrementi applicati. Esempi dell importanza giocata da entrambi i fattori richiamati sono contenuti in Poulos (2000), Mandolini (2003) e Badelow et al., Da quanto sopra emerge la possibilità di: (a) graduare opportunamente il numero di pali al fine di ottenere un comportamento rispettoso dei requisiti minimi di progetto; (b) individuare quale aliquota del carico totale effettivamente grava sul gruppo di pali per poter procedere al loro dimensionamento. La memoria presentata da de Sanctis et al. al presente Convegno conferma l affidabilità dei metodi disponibili attraverso il buon accordo tra la previsione del comportamento di platee su pali sotto i carichi di esercizio (basata su un metodo numerico sicuramente più rigoroso del semplice metodo PDR illustrato) e le misure eseguite in termini di cedimenti e ripartizione del carico tra platea e pali. 4. Comportamento delle platee su pali in prossimità della rottura Al carico limite Q PR,lim di una fondazione mista platea su pali la comunità scientifica ha sicuramente prestato poca attenzione, probabilmente perchè si è sempre ritenuto che la ricerca dovesse essenzialmente occuparsi di quelle situazioni (di esercizio) per le quali apparivano più che evidenti, ancor prima della messa a punto di metodi ad hoc, i notevoli vantaggi economici ottenibili da approcci più razionali alla progettazione. Nella convinzione che una qualunque Norma richiede (e sempre richiederà) al progettista di esprimersi anche sulla verifica a rottura di una fondazione mista, e comunque con la finalità di comprendere al meglio i meccanismi di interazione per una fondazione mista in condizioni prossime alla rottura, presso la Seconda Università di Napoli è stata avviata una sistematica attività di ricerca che si ritiene al momento abbia portato a risultati che perfezionano e sostituiscono le indicazioni fornite da Poulos (2000), espresse attraverso le eq. (3) e (4) e sulle quali si era in precedenza espressa qualche perplessità. Senza entrare nel dettaglio, per la qual cosa si rimanda a de Sanctis & Mandolini

14 (2006), la perplessità fondamentale discende dal fatto che la scelta del valore di Q PR,lim viene fatta dipendere dal confronto tra due valori, il secondo dei quali (eq. 4) ha elevate probabilità di essere poco attendibile in quanto valutato sommando i carichi limite delle due componenti (platea, Q P,lim, e gruppo di pali, Q G,lim ) stimati in maniera convenzionale (ad es., formula trinomia per la platea; somma dei carichi limite di ogni singolo palo, eventualmente ridotta attraverso il coefficiente di efficienza η). Tra le varie ragioni alla base di queste perplessità sicuramente spiccano: - la diversa capacità portante della platea su pali rispetto a quella senza pali in conseguenza delle modifiche apportate al terreno dall installazione dei pali; - la diversa capacità portante del gruppo di pali in presenza di platea rispetto a quello che lo stesso esibirebbe in assenza di platea in conseguenza: (a) della variazione di stato tensionale prodotto nel terreno dal carico direttamente trasferito dalla platea; (b) della limitazione degli spostamenti relativi tra pali e terreno nei primi metri sottostanti la platea causata dalle condizioni di vincolo derivanti da quest ultima. Nell impostare la ricerca, si è quindi preferito fare riferimento alla formulazione proposta da Liu et al. (1994) e poi ripresa da Borel (2001): Q PR,lim = α Q + α Q (11) G G,lim P P,lim Nell eq. (11) α G e α P sono dei coefficienti che esprimono l influenza reciproca a rottura tra la platea ed il gruppo di pali quando combinati in una fondazione mista. E utile osservare che il suggerimento di Poulos con l eq. (4) corrisponde a α P = α G = 1 nell eq. (11). La ricerca ha riguardato le fondazioni miste in terreni a grana fine in quanto è in questi casi che la valutazione della capacità portante di una fondazione mista è sicuramente più importante (in terreni granulari la sola platea ha spesso già un elevata capacità portante). Preso atto dei (pochi) dati sperimentali esistenti in letteratura su modelli (ad es., Cooke, 1986) e su fondazioni miste in vera grandezza (ad es., Brand et al., 1972; Liu et al., 1994; Sales, 2000; Borel, 2001), è stata eseguita una sperimentazione in centrifuga presso la University of Western Australia (Conte et al., 2003). L insieme delle indicazioni raccolte ha fornito lo spunto per la definizione di un ampio studio parametrico condotto con il codice di calcolo ABAQUS ver. 6.2 (Figura 5), in termini sia di tensioni totali sia di tensioni efficaci derivanti da analisi accoppiate e finalizzato ad una migliore comprensione dei meccanismi di interazione tra le componenti in prossimità della rottura. Tutte le analisi, per i cui dettagli si rimanda a de Sanctis & Mandolini (2006), sono state condotte a spostamento controllato nell ipotesi di platea infinitamente rigida,

15 ed hanno portato alle seguenti principali conclusioni: BR = 28d AG n = 9, 49 L/d = 20, 40 s/d = 4, 8 H/L = E (MPa) c u (kpa) BR = 20d 15 AG n = 9, 25 L/d = 20, 40 s/d = 4, 8 H/L = BR = 12d 40 AG n = 9 L/d = 20, 40 s/d = 4 H/L = 2 z (m) Figura 5. Schemi di fondazione e modello di sottosuolo utilizzati per le analisi numeriche - sia per i pali che per la platea non è possibile individuare chiaramente un valore asintotico del carico di rottura. Anche se con gradienti modesti, il carico cresce sempre al crescere del cedimento imposto (rottura per punzonamento); tale risultato, verificato anche per via sperimentale (Conte et al., 2003), ha reso necessaria la scelta di un valore del cedimento in corrispondenza del quale ritenere convenzionalmente raggiunta la rottura nelle analisi numeriche (per le platee, w = 10% B, Cooke, 1986; per i pali, w = 25% d); - a grandi spostamenti, il carico trasferito ai pali della fondazione mista è praticamente pari al carico limite del gruppo di pali in assenza di platea, ad indicare una modesta influenza di quest ultima sulla capacità portante del gruppo di pali (α G 1 nell eq. 11) - con la loro presenza, i pali determinano una sorta di effetto scudo che inibisce la mobilitazione dell intera capacità portante della platea. Il contributo della

16 platea alla capacità portante della fondazione mista è comunque sempre positivo, e può esprimersi quale frazione α P del carico limite della sola platea valutato con metodi convenzionali. Quest ultimo risultato si ritiene essere di notevole interesse ai fini pratici. In Figura 6 sono sintetizzati i risultati di tutte le analisi numeriche, con particolare riferimento ai valori calcolati del coefficiente α P per le varie fondazioni miste caratterizzate da un certo valore del rapporto (A g /A)/(s/d). αp [-] 1,0 0,8 αp = 1-3x(Ag/A)/(s/d) 0,6 0,4 0,2 0,0 0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 (Ag/A)/(s/d) [-] Figura 6. Relazione tra α P e (A g /A)/(s/d) (A g = area occupata dai pali; A = area platea; s = interasse tra pali di diametro d) I dati, interpolati con una retta la cui equazione è indicata nella Figura stessa, sembrerebbero indicare l esistenza di un valore critico del rapporto (A g /A)/(s/d) in corrispondenza del quale alla platea non è concesso di contribuire alla capacità portante della fondazione mista (α P 0). Assunta la retta in figura, tale valore sembrerebbe essere pari a circa 1/3, ad indicare che tale inibizione totale è determinata proprio da quei gruppi di pali progettati in maniera convenzionale (A g /A 1; s/d = 3). E inoltre interessante osservare che i valori di s/d ritrovati praticamente coincidono con quelli in corrispondenza dei quali si ha il passaggio dalla rottura individuale dei pali alla rottura del gruppo come un unico blocco (De Mello, 1969; Cooke, 1986). Da un punto di vista delle pratiche applicazioni, ciò significa che gruppi di pali disposti a ridotto interasse si romperanno secondo un meccanismo a blocco e, di conseguenza, non consentiranno in alcun modo alla platea sovrastante di contribuire al carico limite della fondazione mista; al contrario, gruppi di pali ben distanziati, oltre a garantire una rottura di tipo individuale, consentiranno alla platea di collaborare utilmente.

17 Un altra importante implicazione ai fini pratici è la seguente. Per una platea su pali soggetta ad un carico Q, è possibile definire tre diversi coefficienti di sicurezza: per la sola platea (FS P = Q P,lim /Q), per il gruppo di pali (FS G = Q G,lim /Q) e per la platea su pali (FS PR = Q PR,lim /Q). Il loro rapporto: QPR,lim FSPR PR = = QP,lim + QG,lim FSP + FSG ξ (12) è pertanto indipendente dal valore di Q (o, equivalentemente, di w) e, sulla scorta dei risultati ad oggi disponibili 2, assume valori sempre compresi tra 0,8 e 1. Tali valori confermano quelli misurati per via sperimentale con riferimento sia a modelli (Cooke, 1986), sia a fondazioni miste in vera grandezza (Brand et al., 1972; Liu et al., 1994; Sales, 2000; Borel, 2001). Pertanto il coefficiente di sicurezza di una platea su pali potrà preliminarmente valutarsi a vantaggio di sicurezza pari all 80% della somma dei valori dei coefficienti di sicurezza delle due componenti soggette allo stesso carico Q. In maniera più mirata, nell ipotesi di validità dell interpolazione lineare di Figura 6, esso potrà essere valutato come segue: FS PR ( Ag A) ( s d ) QG,lim QP,lim = (13) Q Con riferimento all esempio riportato al paragrafo precedente (platea quadrata di lato B = 15 m soggetta ad un carico verticale e centrato Q = 47 MN), si era giunti a due possibili soluzioni progettuali: - la prima, di tipo tradizionale, che comportava l utilizzo di 25 pali, disposti secondo una maglia quadrata 5 2 ad interasse s = 3 m; FS PR = 5,1 secondo il suggerimento (b) di Poulos (2000); - la seconda, cui si era giunti considerando il contributo della platea, che comportava l utilizzo di 16 pali, disposti secondo una maglia quadrata 4 2 ad interasse s = 4 m; FS PR = 4,3 secondo il suggerimento (b) di Poulos (2000). In entrambi i casi l area occupata dai pali A g = [( n 1) s] 2 = 144 m 2, il che significa A g /A = 144/225 = 0,64. Attesi i valori di interasse assunti, però, i due schemi si differenziano per il valore 2 Al momento sono in corso analisi numeriche riferite a schemi geometrici, profili di sottosuolo e condizioni di carico diversi da quelli esaminati da de Sanctis & Mandolini (2006).

18 del rapporto (A g /A)/(s/d), pari a 0,64/3 0,21 nel primo caso, pari a 0,64/4 0,16 nel secondo caso. L applicazione dell eq. (11) porta quindi a definire i seguenti valori del coefficiente di sicurezza della fondazione mista: n = 25 pali, n = 16 pali, [ 1 3 0,21] FS PR = = 3,2 47 [ 1 3 0,16] FS PR = = 2,9 47 significativamente inferiori a quelli derivanti dal suggerimento di Poulos (2000). In definitiva, quindi, l aver ridotto il numero di pali di circa il 40% rispetto a quelli necessari in base ad un approccio tradizionale comporta un incremento dei cedimenti di poco superiore al 20% (da 29 mm a 36 mm) ed una riduzione del coefficiente di sicurezza della fondazione mista di circa il 10% (da 3,2 a 2,9), mantenendo comunque tutti i valori in un campo di assoluta accettabilità. Il carico limite della platea è ridotto dalla presenza dei pali in una misura variabile dal 60% (n = 25) al 50% (n = 16) circa. In conclusione di questo paragrafo sembra interessante osservare che il parametro (A g /A)/(s/d) che determina il contributo della platea nel definire il carico di rottura di una fondazione mista (Figura 6) è lo stesso che al meglio ha consentito di descrivere l aliquota di carico di esercizio direttamente trasferito dalla platea (Figura 4). In Figura 7 i due insiemi di dati sono stati posti in un unico diagramma. 1,0 α [-] 0,8 αp = 1-3x(Ag/A)/(s/d) 0,6 0,4 0,2 analisi numeriche misure 0,0 0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 (Ag/A)/(s/d) [-] Figura 7. Sintesi dei dati provenienti da analisi numeriche e da osservazioni sperimentali

19 Il buon accordo tra i dati appare sorprendente, anche in considerazione del fatto che essi sono di natura molto diversa: i valori di α P derivano da analisi numeriche di platee infinitamente rigide poggianti su pali immersi in uno specifico schema di sottosuolo e spinte a valori elevati dei cedimenti (condizioni di rottura); i valori di α rp derivano da osservazioni sperimentali su platee di rigidezza finita poggianti su pali immersi in svariati tipi di sottosuolo e in condizioni ben lontane dalla rottura. I motivi per cui ciò accade non sono al momento chiari e su di essi si sta indagando (vedi nota 2), ma sembrerebbe potersi dire che, in maniera del tutto analoga a quanto già noto per l interazione tra i pali di un gruppo (Mandolini, 1994; Mandolini et al., 1997), anche in questo caso l interazione tra platee e gruppi di pali sembra condizionata da fattori essenzialmente geometrici. 5. Contenuti minimi di un approccio razionale alla progettazione Un approccio razionale alla progettazione delle fondazioni su pali deve essere basato su una chiara individuazione delle motivazioni per le quali si decide di ricorrere all uso di pali e su una altrettanto chiara individuazione delle strategie da porre in essere per il soddisfacimento dei requisiti minimi (SLU, SLS). L argomento ha formato oggetto di studi e ricerche di varia natura (Randolph, 1994; Russo & Viggiani, 1998; Poulos et al., 2001; Viggiani, 2001), i cui contenuti ai fini della definizione del miglior approccio alla progettazione possono ritenersi sintetizzati nell abaco di Figura 8 proposto da Mandolini (2003) ed in seguito leggermente modificato da Mandolini et al. (2005). Esso è stato costruito: (a) nel semplice caso di una platea quadrata di lato B poggiante su un deposito omogeneo di terreni che si spinge fino a notevoli profondità; (b) nell ipotesi di carichi verticali statici; (c) con un approccio basato sull adozione di un coefficiente globale di sicurezza, come prescritto dal D.M Nulla vieta che lo stesso possa essere, con le dovute modifiche, riformulato con riferimento a condizioni generalizzate di carico e sottosuolo, ed essere riferito ad approcci basati sull adozione di coefficienti parziali come prescritto, ad esempio, dalle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M ) e dall Eurocodice 7 parte 1. Nella Figura 8, il punto A rappresenta un ideale condizione di progetto ottimale (B = B opt ), in quanto sotto un assegnato carico verticale la sola platea subisce un cedimento w pari al valore massimo ammissibile (pari a 100 mm nella Figura) e contemporaneamente garantisce il minimo valore di FS posto a base della progettazione (pari a 3 nella Figura 8, come prescritto dal D.M ). Se si prendono in considerazione platee di dimensioni diverse e/o differenti intensità del carico, possono determinarsi tre diverse situazioni di progetto:

20 Figura 8. Abaco per la scelta di un approccio di progetto (da Mandolini et al., 2005) - situazione di progetto 1: entrambi i valori di FS e di w sono più che accettabili (quadrante in basso a destra, punto 1): i requisiti di progetto sono soddisfatti; è possibile ricorrere ad una fondazione superficiale (unpiled raft); - situazione di progetto 2: entrambi i valori di FS e di w sono inaccettabili (quadrante in alto a sinistra, punti 2 e 3): è necessario aggiungere pali al fine di incrementare il valore di FS e di ridurre il valore di w (CSBD, Capacity and Settlement Based Design); tale situazione è quella che Russo & Viggiani (1998) riferiscono a platee piccole, caratterizzate da dimensioni caratteristiche B dell ordine dei 5 15 m; - situazione di progetto 3: nonostante il valore di FS sia uguale (punto 4) o maggiore (punto 5) del valore minimo richiesto, i cedimenti attesi sono superiori al valore massimo accettabile: è ancora necessario aggiungere pali, ma questa volta con la sola finalità di contenere i cedimenti entro valori ammissibili (SBD, Settlement Based Design); tale situazione è quella che Russo & Viggiani (1998) riferiscono a platee grandi, caratterizzate da dimensioni caratteristiche B dell ordine delle decine di metri. Come già detto al paragrafo precedente, l approccio tradizionale trascura il contributo della platea nel trasferimento dei carichi direttamente al terreno (α pr = 1), il che generalmente comporta un dimensionamento delle fondazioni su pali a partire da sole considerazioni di rottura (CDB, Capacity Based Design): una volta scelta la tipologia di palo, si individua la geometria del palo (lunghezza L e

21 diametro d) e della palificata (interasse s e numero di pali n) in grado di garantire che il carico limite del palo singolo sia sufficientemente maggiore del carico massimo di esercizio (Q). Ad esempio, il D.M impone un coefficiente globale di sicurezza FS = Q G,lim /Q 2,5. Questo modo di operare, che corrisponde a considerare i pali come alternativa secca alla fondazione superficiale, dà generalmente luogo a palificate (Figura 9- b) costituite da pali uniformemente distribuiti al di sotto della platea (A g /A 1), tipicamente disposti ad interassi s dell ordine di (3 4) d e spesso caricati ben al di sotto della loro resistenza per attrito lungo la superficie laterale; attese le modalità di trasferimento del carico dal palo al terreno lungo la superficie laterale, ciò comporta spesso cedimenti piccoli anche se, come si vedrà nel seguito, non sempre è detto che ciò si verifichi (ad esempio, opere di notevole dimensione in pianta). Figura 9. Schemi di fondazioni miste platee su pali L affidabilità di questo approccio è quindi fortemente dipendente dall affidabilità della previsione del comportamento a rottura del palo singolo prima, del gruppo di pali poi. Rimandando a Poulos et al. (2001) e Jamiolkowski (2004) per una dettagliata disamina degli sviluppi più recenti in questo campo, appare sicuramente condivisibile l opinione espressa da Poulos et al. (2001) circa l attuale impossibilità di individuare un metodo unico per la valutazione del carico limite del palo singolo in grado di adattarsi bene alle infinite combinazioni di tipologia di palo e sottosuolo nel quale sono immersi; possono inoltre determinarsi vari comportamenti anomali derivanti da effetti particolari indotti in fase di installazione dei pali. Esempi di varia natura su questa problematica sono forniti da

22 Ausilio et al., Cherubini et al., Massaro et al. e Ziccarelli & Valore al presente Convegno. E evidente che le incertezze si esaltano allorquando si passa a considerare un gruppo di pali, nel qual caso si ricorre spesso all introduzione di coefficienti di efficienza (η) che possono ridurre il carico limite della palificata rispetto a quello derivante dalla mera somma algebrica del carico limite Q i,lim degli n pali che la costituiscono (Q G,lim = η Σ i Q i,lim ). Se un approccio CBD può essere ritenuto ragionevole in tutti quei casi in cui le verifiche SLU condotte con riferimento alla sola platea sono largamente insoddisfacenti (ad es., punto 2 in Figura 8), sicuramente non lo è in quei casi (tra l altro molto frequenti) in cui il ricorso ai pali è dettato dalla necessità di soddisfare le sole verifiche SLS (ad es., punto 5 in Figura 8). In questi casi i pali, piuttosto che come alternativa, dovrebbero essere visti come elementi che collaborano con la platea nel consentire il soddisfacimento di tutti i requisiti di progetto; al contrario, se progettati in maniera tradizionale, potrebbero dare luogo a comportamenti parimenti insoddisfacenti, facendo venire meno le motivazioni fondamentali che ne hanno suggerito l uso. A chiarimento di quest ultima affermazione, si considerino i risultati riportati in Figura 10. Figura 10. Efficacia di un gruppo di pali al variare di B/L (da Randolph, 2003b)

23 In essa è diagrammato l andamento della rigidezza normalizzata K g /(G L B) di un gruppo di n pali, di diametro d e disposti ad interasse s, al variare del rapporto tra la dimensione caratteristica in pianta del gruppo B = ( n 1) s e la lunghezza L dei pali. Tali risultati si riferiscono al caso di terreno a comportamento elastico lineare caratterizzato da una variazione lineare della rigidezza a taglio G con la profondità. Nella stessa figura è riportato in basso a destra anche il valore normalizzato della rigidezza K P della sola platea ( 2,8), valutata con la formula K P = 2 G B/[I (1-ν)] (Poulos & Davis, 1974). Come si vede, la rigidezza normalizzata K g/ (G L B) di un gruppo di pali decresce al crescere del rapporto B/L dapprima con gradienti elevati (passando da B/L = 0,1 a B/L = 1 la rigidezza si riduce di un fattore pari a 4), quindi con gradienti modesti (passando da B/L = 1 a B/L = 10 la rigidezza si riduce di un fattore pari a 1,5). Quindi sicuramente esiste un campo di valori di B/L (ad es., < 1) nel quale i pali possono efficacemente contribuire alla riduzione dei cedimenti anche se in maniera progressivamente minore passando dai valori più ridotti ai valori più elevati di B/L. Altrettanto sicuramente, però, esiste un campo di valori di B/L (ad es., > 1) in cui tale contributo è modesto se non addirittura trascurabile. Se si considera, ad esempio, il caso di una platea di dimensione B in grado di garantire un adeguata capacità portante Q P,lim ma che subisce cedimenti eccessivi sotto i carichi di esercizio (che è poi la situazione presa in considerazione dalle NTC), l uso di pali di lunghezza L tale che B/L = 3 potrebbe rivelarsi quasi del tutto inutile. Dalla Figura 10 si desume infatti che un gruppo costituito da 26 2 = 676 pali di lunghezza L = 25 m e diametro d = 1 m posti ad interasse s = 3 m ha una rigidezza normalizzata 3,5, di appena il 25% superiore a quella della sola platea ( 2,8). Appare evidente la sproporzione tra costo della soluzione e relativi benefici! Tale risultato trova una immediata giustificazione se si considera che fondazioni su pali caratterizzate da elevati valori di B/L vedono i pali operare all interno di un volume di terreno significativamente influenzato dalla platea, al contrario delle fondazioni su pali caratterizzate da ridotti valori di B/L per le quali esistono significative porzioni di palo operanti al di fuori di detto volume (Figura 11). Un attento esame della Figura 10 indica che la sproporzione tra costo della soluzione e relativi benefici potrebbe essere convenientemente ridotta. La sovrapposizione delle varie curve riportate, ognuna caratterizzata da un certo valore s/d, indica infatti la possibilità di ottenere lo stesso valore di rigidezza K g passando da un gruppo costituito da un certo numero di pali a ridotto interasse (Figura 9-b) ad un gruppo costituito da un minor numero di pali ad interasse più elevato (Figura 9-a). Sempre con riferimento all esempio precedente di una platea di dimensione B in grado di garantire un adeguata capacità portante Q P,lim, è possibile ottenere lo stesso valore di rigidezza normalizzata del gruppo adottando 16 2 = 256 pali geometricamente identici ma disposti ad interasse s = 5 m. In altri termini, la

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