REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO. dott. Piergiorgio Della Ventura

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1 Sent. n. 446/2009/A REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO composta dal Sigg.ri Magistrati dott. Giuseppe David dott.ssa Piera Maggi dott.ssa Maria Fratocchi dott.ssa Rita Loreto dott. Piergiorgio Della Ventura Presidente Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio pensionistico di appello iscritto al n proposto dal prof. L. D., rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Miscione e Fabia Bossi, avverso la sentenza n. 27/06 del 25 novembre gennaio 2006, resa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia; Visti gli atti di causa; Uditi, nella pubblica udienza del 12 giugno 2009, il relatore, Consigliere dott.ssa Piera Maggi, parte appellante a mezzo dell avvocato Fulvio Zardo, su delega dell avvocato Michele Miscione e parte appellata a mezzo del dott. Vincenzo Bove, del dott. Costanzo Gala. FATTO:

2 Avverso la sentenza n. 27/06 del 25 novembre gennaio 2006, resa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia ha proposto appello l INPDAP, rappresentato e difeso dall avvocato Dario Marinuzzi. Questi i fatti di causa. Con sentenza n. 886/06, pubblicata il 28/12/2006, la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso presentato dal prof. L. D.. Il giudice, dopo aver riunito ex art. 273 c.p.c. i procedimenti n e n , ha dichiarato "la cessazione della materia del contendere in ordine all'accertamento del diritto del ricorrente di riscattare il periodo corrispondente agli studi universitari" e rigettato "le altre domande". Il ricorrente, professore di 1 fascia della Facoltà di Giurisprudenza dell'università degli Studi di omissis, ha impugnato i provvedimenti dell'università prot. n del 05/11/2002 e prot. n del 13/06/2003, con il ricorso rubricato al n , nonché il provvedimento prot DDA n del 04/08/2003, con il ricorso rubricato al n , con i quali è stata respinta la sua domanda del 02/05/1989 di riscatto di periodi ai fini del trattamento di quiescenza. In annullamento di tali provvedimenti, ha chiesto l'accertamento del suo diritto al riscatto dei periodi dal 01/11/1973 al 31/10/1977, corrispondente alla durata legale del corso di studi per il conseguimento della laurea in giurisprudenza, dal 17/09/1977 al 14/07/1980,

3 corrispondente al periodo di praticantato quale procuratore legale, dal 15/07/1980 al 02/12/1986, corrispondente al periodo di attività, quale procuratore legale, e dal 02/12/1986 al 20/10/1987, corrispondente al periodo di attività quale procuratore legale e avvocato. Il ricorrente ha sostenuto che il mancato riconoscimento del riscatto dei suddetti periodi sia illegittimo, in quanto la motivazione del diniego, basata sulla considerazione che tali periodi "non hanno costituito condizione necessaria per l'ammissione in servizio quale professore associato", disattenderebbe l'art. 13 del D.P.R n Avverso la suddetta sentenza, che ha negato il diritto del ricorrente al riscatto, il prof. L. D. ha proposto appello, per i seguenti motivi di diritto: I) violazione dell'art. 91 c.p.c, carenza di motivazione ed illogicità manifesta; II) II) violazione dell'art. 13 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, illogicità manifesta. L INPDAP si è costituito in giudizio in data 22 maggio 2009 con memoria in cui ha sostenuto che la sentenza de qua esprimerebbe motivazioni ed argomentazioni largamente condivisibili ed apprezzabili. In riferimento alla pretesa violazione dell'art. 91 c.p.c. sottolinea che il giudizio di primo grado si conclude con sentenza di rigetto del ricorso. Il giudice, dopo avere constatato la cessata materia del contendere per il riconoscimento del diritto al

4 riscatto dei periodi dal 01/11/1973 al 31/10/1977, corrispondente alla durata legale del corso di studi per il conseguimento della laurea in giurisprudenza, dispone il rigetto della domanda di riscatto per il periodo di praticantato quale procuratore legale, dal 17/09/1977 al 14/07/1980; per il periodo di attività quale procuratore legale, dal 15/07/1980 al 02/12/1986, e per il periodo di attività quale procuratore legale e avvocato, dal 02/12/1986 al 20/10/1987. Il giudice di prime cure ha rilevato e posto in evidenza che, negli atti oggetto d'impugnazione, il diritto al riscatto della durata legale del corso di studi per il conseguimento della laurea non era stato negato al Prof. D., in quanto la negatoria dell'amministrazione si riferiva, espressamente, a periodi di attività, ovvero di iscrizione dell'interessato ad Albi professionali, quale praticante procuratore legale, procuratore legale ed avvocato. Né si potrebbe pensare che la cessazione del contendere, avvenuta dopo la notifica del ricorso, possa in qualche modo ritenersi capo di sentenza a favore del ricorrente. Secondo giurisprudenza consolidata l'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che "parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi", ex plurimis, Cass. Sentenza n.

5 25141/06. Parte appellata specifica, comunque, che il prof. D. proponeva ambedue i ricorsi riuniti nell'anno Nel sistema di regolamento delle spese processuali previgente alla sostituzione del secondo comma dell'art. 92 c.p.c., ad opera dell'art. 2 della L. n. 263 del 28/12/2005, applicabile, per effetto della proroga, disposta dall'art. 39 quater del d.l. n. 273 del 30/12/2005, convertito, con modifiche, nella L. n. 51 del 23/02/2006, del termine inizialmente fissato al 1 gennaio 2006, ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 1 marzo 2006, che ha introdotto la previsione dell'obbligo di esplicitazione dei «giusti motivi» sui quali si fonda la compensazione delle spese, trova applicazione il principio secondo il quale la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell'ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall'art. 91 c.p.c, le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale rientra, invece, nei poteri discrezionali del giudice di merito sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella, ricorrente nella fattispecie, della sussistenza di giusti motivi, e il giudice può compensare le spese processuali per giusti motivi senza obbligo di specificarli, atteso che l'esistenza di ragioni che giustifichino la compensazione va posta in relazione e deve essere integrata con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende

6 processuali, stante l'inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese medesime, non trovando perciò applicazione in tema di compensazione per giusti motivi il principio sancito dall'art. 111, sesto comma, Cost. Così anche Cass. sentenza n /06. In relazione al secondo motivo di doglianza dell'appellante, cioè la violazione dell'art. 13 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, illogicità manifesta l Amministrazione fa presente che nel 1 grado di giudizio, il ricorrente ha sostenuto che il mancato riconoscimento del riscatto è illegittimo, in quanto la motivazione del diniego è basata sulla considerazione che tali periodi "non hanno costituito condizione necessaria per l'ammissione in servizio quale professore associato", disattendendo, quindi, a sua scienza, l'art. 13 del D.P.R. n. 1092/73, osservando che la norma stabilisce solo come il riscatto sia consentito nei limiti quantitativi indicati, ossia nei limiti della durata legale, ma non preveda la condizione della necessità dei periodi ai fini dell'ammissione in servizio. Ciò in connessione con la posizione dei soggetti interessati, il cui reclutamento avviene attraverso procedure selettive diverse da quelle del restante personale statale, basate essenzialmente su valutazioni di attitudini e professionalità non sempre espresse da titoli condizionanti. L'art. 13 citato è chiaramente volto a limitare la possibilità di riscatto ai soli periodi e titoli in stretta e necessaria interdipendenza con la carica ricoperta. Diversamente l'inciso dell'art. 13, comma 4,

7 D.P.R. n. 1092/73, "nei limiti quantitativi indicati nei commi precedenti", non avrebbe senso, non essendo né determinato, né determinabile, il periodo riscattabile e ciò renderebbe riscattabili ed utili a pensione periodi di iscrizione ad albi professionali senza alcun limite quantitativo. Il riscatto dei detti periodi, nei limiti quantitativi indicati nei commi stessi, è consentito anche a chi sia acceduto alla magistratura ordinaria con la qualifica di consigliere di cassazione o alle magistrature amministrative con qualifica equiparata o superiore a quella anzidetta nonché ai funzionari della carriera direttiva nominati fra estranei all'amministrazione con qualifica pari o superiore a quella di dirigente generale e, come nel caso della professione dell'odierno ricorrente, ai professori universitari. Quindi, l'art. 13, comma 4, consente ai professori universitari di riscattare, a fini pensionistici, i periodi "di cui ai commi precedenti, nei limiti quantitativi indicati nei commi stessi". Si tratta di periodi quali "un determinato periodo di iscrizione ad albi professionali" e di "periodi di pratica necessari per il conseguimento della abilitazione professionale". Il giudice ha giustamente rilevato che anche i periodi riscattabili dalle categorie di cui al comma 4 devono essere determinati o determinabili, non concedendo assolutamente un riscatto senza limiti di periodi di iscrizione ad albi professionali. Pertanto, se per i periodi di iscrizione ad albi professionali e di praticantato di cui al comma 3 la determinazione del periodo viene fatta

8 esplicitamente derivare dalla durata del "determinato periodo" richiesto "per l'ammissione in servizio", anche per le categorie di cui al comma 4, deve sussistere per esercitare la facoltà di riscatto a fini pensionistici, un determinato periodo di iscrizione ad albi professionali o di praticantato, che sia stato richiesto per l'ammissione in servizio. Infatti, testualmente, l'art 13, D.P.R. n. 1092/73, dispone "Se per l'ammissione in servizio sia stato richiesto, come condizione necessaria, un determinato periodo di iscrizione ad albi professionali ( ) nonché dei periodi di pratica necessari per il conseguimento della abilitazione professionale ( )" è ammesso anche il riscatto totale o parziale di detto periodo. Diversamente non vi sarebbe possibilità alcuna di determinare il periodo riscattabile e ciò renderebbe riscattabili ed utili a pensione i periodi di iscrizione ad albi professionali senza alcun limite quantitativo, in chiara violazione del disposto normativo. Tutto ciò anche in relazione, sia al tenore letterale della norma, sia ad una corretta interpretazione logicosistematica, atteso che la facoltà di riscatto è sempre concessa in riferimento a periodi determinati o determinabili, così art. 8, L. n. 274/91 e art. 2D.Lgs. n. 184/97. Osserva la parte che le argomentazioni fin qui svolte sono costantemente riprodotte nella giurisprudenza, così infatti sentenza n. 348/05, Corte dei conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, confermata in appello con sentenza n. 236/08 di questa Prima Sezione Centrale.

9 Apparirebbe, quindi, giuridicamente condivisibile il rigetto delle domande alla luce delle considerazioni tutte svolte dal giudice di prime cure. Tutto ciò premesso la parte ripropone, nel presente gravame, tutte le deduzioni ed eccezioni del giudizio di primo grado. Conclusivamente parte appellata chiede che sia respinto l'appello con conferma integrale della sentenza n. 886/2006 emessa dalla Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia. In data 1 giugno 2009 si è costituita in giudizio l Università degli Studi di omissis rappresentata e difesa dall Avvocatura Generale dello Stato la quale ha fatto presente di avere agito su conformi indicazioni dell INPDAP cui aveva richiesto parere e, nel merito ha chiesto ll rigetto del ricorso. All odierna pubblica udienza le parti hanno confermato gli scritti. DIRITTO: Si osserva, in primis, che il ricorso, proposto in prime cure, si appuntava sui soli provvedimenti negativi del riscatto di periodi di praticantato e di iscrizione ad albi professionali e non investiva, quindi, il periodo relativo al riscatto degli anni di laurea sul quale non sussisteva pronuncia dell Università e nemmeno contestazione sul silenzio, ma esisteva mera richiesta di accertamento del diritto. L intervento di un provvedimento favorevole ha indotto il

10 giudice a dichiarare la cessazione della materia del contendere, dando peraltro atto dell inesistenza di un provvedimento negativo e, quindi, non può ritenersi che sul punto vi sia soccombenza dell Amministrazione che giustifichi una sua condanna alle spese. Nel merito si osserva che la giurisprudenza si è già pronunciata sul punto affermando che i periodi di iscrizione ad albi professionali sono riscattabili a condizione della loro necessarietà ai fini dell'ammissione al posto da ricoprire, nel senso che gli stessi siano stati direttamente funzionali alla possibilità, per il dipendente stesso, di concorrere alla copertura di quel posto (Sez. I Centrale di Appello n. 377/2007) e ciò non può ritenersi verificato nel caso i titoli prodotti, fungibili non costituiscono condizione necessaria per l accesso in carriera. Destituita da fondamento è, infatti la censura secondo cui l art. 13 u.c. del DPR n. 1092/1973 porrebbe una deroga per i professori universitari in quanto in esso viene indicato espressamente il limite temporale di riferimento indicato ai commi precedenti e, con ciò si riconduce la categoria nell applicazione generale della norma che consente il riscatto dei soli periodi necessari a conseguire i titoli necessari e, quindi, infungibili per l accesso in carriera. Sono pertanto pertinenti le argomentazioni dell Amministrazione e, conseguentemente, l appello è infondato e, come tale da respingere. Sussistono motivi per compensare le spese.

11 P.Q.M. La Corte dei Conti Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette RIGETTA: 1'appello in epigrafe avverso la sentenza pure in epigrafe. Spese compensate. Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 giugno F.to Piera MAGGI L Estensore Il Presidente F.to Giuseppe DAVID Depositata in Segreteria il 24/6/2009 Il Dirigente F.to Maria FIORAMONTI

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