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1 Codice civile STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:47

2 R.D. 16 marzo 1942, n Approvazione del testo del Codice civile (Pubblicato nella edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 1942). Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d Italia e di Albania Imperatore d Etiopia Visti i Regi decreti 12 dicembre 1938, n. 1852, 26 ottobre 1939, n. 1586, 30 gennaio 1941, n. 15, 30 gennaio 1941, n. 16, 30 gennaio 1941, n. 17 e 30 gennaio 1941, n. 18, che danno facoltà al Governo di provvedere alla riunione ed al coordinamento dei libri del Codice civile delle persone, delle successioni per causa di morte e delle donazioni, della proprietà, delle obbligazioni, del lavoro e della tutela dei diritti, approvati con gli stessi Regi decreti; Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia; Abbiamo decretato e decretiamo: 1. È approvato il testo del Codice civile, il quale, preceduto dalle Disposizioni sulla legge in generale, avrà esecuzione a cominciare dal 21 aprile 1942, sostituendo da questa data i libri del Codice stesso, approvati con i Regi decreti 12 dicembre 1938, n. 1852, 26 ottobre 1939, n. 1586, 30 gennaio 1941, n. 15, 30 gennaio 1941, n. 16, 30 gennaio 1941, n. 17, e 30 gennaio 1941, n Un esemplare del testo del Codice civile, firmato da Noi e contrassegnato dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia, servirà di originale e sarà depositato e custodito nell Archivio del Regno. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 16 marzo Vittorio Emanuele Mussolini Grandi Visto, il Guardasigilli: Grandi. Registrato alla Corte dei Conti, addì 16 marzo 1942 Atti del Governo, registro n. 443, foglio n. 53. Mancini STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:47

3 Capo I Delle fonti del diritto 1. Indicazione delle fonti. Sono fonti (70, 87, 121, 138, Cost.) del diritto: 1) le leggi (2, 10 ss.); 2) i regolamenti (3, 4); 3) le norme corporative; 4) gli usi (8 ss.). 1) Le fonti del diritto. Nel linguaggio giuridico l espressione fonte del diritto ha un duplice significato: devono distinguersi, infatti, le fonti di creazione o di produzione e le fonti di conoscenza o di cognizione (Trabucchi). Fonti di cognizione sono i testi che contengono le norme giuridiche; fonti di produzione sono, invece, i fatti normativi, cioè i fatti dai quali traggono esistenza le norme giuridiche (Bianca). 2) La gerarchia delle fonti. Nell ordinamento giuridico italiano esiste una gerarchia delle fonti del diritto, cioè un ordine d importanza. Ordinare le fonti secondo una rigida gerarchia significa riconoscere a ciascuna fonte un particolare valore che conferisce ad essa la possibilità di prevalere o meno sulle altre (ad esempio, le leggi prevalgono sui regolamenti, ma sono soggette alle norme di rango costituzionale). L art. 1 disp. prel. contiene una indicazione gerarchica delle fonti del diritto; tale disposizione, in particolare, nomina: - le leggi, che sono la più alta espressione della volontà dello Stato (si dicono, infatti, fonti primarie). Contengono comandi generali ed astratti rivolti a tutti i cittadini. La nostra Costituzione ha affidato il potere legislativo, cioè il potere di creare le leggi, al Parlamento; - i regolamenti, che sono atti emanati dal potere esecutivo o da altre autorità ( 3 e 4 disp. prel.) e sono detti fonti secondarie, in quanto non possono contenere disposizioni in contrasto con le fonti primarie; - le norme corporative. Quando il codice civile fu approvato, nel 1942, l Italia era ancora sotto il regime fascista durante il quale furono create le Corporazioni, cioè associazioni rappresentative di diversi interessi professionali (una sorta di sindacati che raggruppavano imprenditori e lavoratori). Le norme corporative, dunque, erano norme in materia di lavoro. Quando il regime fascista cadde, le norme corporative furono soppresse e dunque non possono attualmente essere incluse tra le fonti del diritto; - gli usi. L uso o consuetudine è un comportamento, una regola di condotta seguita nel tempo da tutti i consociati che, pur non essendo scritta né deliberata da un autorità dello Stato, è considerata e rispettata come se fosse legge. Gli usi sono all ultimo gradino della scala gerarchica delle fonti. L art. 1 disp. prel. è una norma, però, in parte superata in quanto dopo l entrata in vigore del codice civile è stata approvata la Costituzione italiana (nel 1948), sono nate le Comunità Europee e, come abbiamo anticipato, è venuto meno l ordinamento corporativo. La gerarchia delle fonti va, dunque, ristrutturata sulla base del nuovo ordinamento costituzionale ed in funzione degli impegni dello Stato italiano in ambito comunitario. Le attuali fonti del diritto italiano sono: - la Costituzione e le leggi costituzionali; - le norme comunitarie; - le leggi ordinarie del Parlamento; - gli atti del Governo aventi valore di legge (decreti legge e decreti legislativi); - le leggi regionali; - i regolamenti governativi e degli altri enti pubblici; - gli usi. 3) La costituzione. Il vertice della gerarchia delle fonti è rappresentato dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali. La Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, è la carta fondamentale che regola l organizzazione statale ed istituzionale del nostro Paese. Essa è al vertice della gerarchia delle fonti del diritto in quanto nessuna legge ordinaria, nessun atto avente valore di legge, nessun regolamento, nessuna consuetudine può modificare i principi costituzionali o dettare una regola in violazione di quanto disposto dalla. Costituzione o da una legge costituzionale. In sostanza, tutte le norme del nostro ordinamento devono conformarsi ai principi sanciti dalla Costituzione e ad essi si deve far ricorso nell attività di interpretazione delle norme giuridiche. A controllare che le norme di rango inferiore rispettino il dettato della Costituzione vi è la Corte costituzionale che giudica della legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, sia statali sia regionali. 4) Le fonti primarie: leggi e atti aventi valore di legge. Immediatamente al di sotto della Costituzione e delle leggi costituzionali troviamo le fonti primarie che sono le leggi ordinarie e gli atti del Governo aventi valore di legge. STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:48

4 1 Disposizioni sulla legge in generale Le leggi ordinarie del Parlamento sono quelle approvate dalle due Camere secondo la procedura prevista dagli articoli della Costituzione. La legge è la fonte per eccellenza, anche se nell attuale ordinamento ha perso in parte la sua supremazia essendo subordinata alla Costituzione e alle leggi costituzionali. Tra le fonti primarie, oltre alle leggi ordinarie, vanno annoverati i cd. atti aventi forza di legge, che sono i decreti legge e i decreti legislativi, i quali sono anche definiti leggi sostanziali o materiali per distinguerli dalle leggi formali che sono le leggi ordinarie approvate dal Parlamento. In linea di principio, l unico organo in grado di emanare leggi è il Parlamento, in quanto titolare della funzione legislativa. In casi eccezionali, previsti dalla stessa Costituzione, tale potere è riconosciuto anche al Governo (che esercita la funzione esecutiva), anche se rimane comunque necessario un intervento preventivo o successivo del Parlamento. Il Governo, in particolare, può approvare decreti legge, in casi di eccezionale gravità ed urgenza (quando cioè manchino i tempi tecnici per approvare una legge secondo l iter parlamentare, in genere piuttosto lungo). I decreti legge, una volta pubblicati sulla Gazzetta ufficiale, sono immediatamente efficaci (normalmente entrano in vigore il giorno stesso o il giorno dopo la pubblicazione), ma perdono la loro forza normativa se non sono approvati dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro emanazione. In questo caso si dice che il decreto legge decade: la decadenza produce effetti retroattivi ed il decreto è come se non fosse mai esistito. Il Parlamento può, invece, confermare e rendere definitivo il decreto, convertendolo in legge. Con la legge di conversione il Parlamento può anche modificare il testo del decreto legge. I decreti legislativi, invece, sono emessi dal Governo su espressa delega del Parlamento (per questo motivo vengono anche chiamati leggi delegate). Il Parlamento, cioè, delega al Governo il potere legislativo, il potere di emanare norme aventi forza di legge. Nel concedere la delega, il Parlamento indica i principi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi, definisce i tempi entro cui il Governo deve esercitare la delega provvedendo all emanazione del o dei decreti legislativi, e circoscrive l oggetto della delega. 5) Le leggi regionali. Tra le fonti primarie vi sono anche le leggi regionali che, al contrario delle leggi statali che si applicano su tutto il territorio nazionale, hanno un ambito di applicazione limitato al territorio regionale. L art. 117 della Costituzione attribuisce una potestà legislativa anche alle Regioni: 40 in particolare le Regioni a statuto ordinario possono legiferare in una serie di materie che non siano riservate solo ed esclusivamente allo Stato; la potestà legislativa regionale è ancora più marcata nelle cinque Regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle d Aosta) che godono di piena autonomia. Le leggi regionali non possono essere in contrasto con le norme della Costituzione ma nemmeno con i principi fondamentali sanciti nelle leggi statali nelle materie di competenza concorrente. 6) Le fonti secondarie. I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi ( 4 disp. prel.). Sono, dunque, fonti sottordinate alla legge ed in generale a tutte le fonti primarie: per questo motivo sono anche classificati come fonti secondarie. Il potere regolamentare spetta in primo luogo al Governo. I regolamenti governativi prendono la forma di decreti del Presidente della Repubblica (d.p.r.) in quanto sono formalmente emanati da quest ultimo. Tuttavia anche altre autorità amministrative hanno il potere di emanare regolamenti: si pensi ai regolamenti ministeriali e prefettizi, ai regolamenti delle Regioni, delle Province e dei Comuni (come ad esempio i regolamenti edilizi) etc. Questi regolamenti, oltre che rispettare le norme primarie, devono anche essere conformi ai regolamenti governativi, e dunque sono fonti sottordinate alle fonti secondarie (si parla di fonti terziarie). 7) Gli usi. L ultimo gradino della scala gerarchica è occupato dagli usi o consuetudini. Non si tratta di comandi giuridici, ma di comportamenti seguiti nel tempo da tutti i consociati e rispettati come fossero leggi dello Stato. La consuetudine è una fonte di produzione non scritta, l unica del nostro ordinamento giuridico. Perché si possa avere consuetudine è necessaria la presenza di due elementi fondamentali: - la convinzione di tenere un comportamento obbligato, perché imposto da una norma che si reputa esistente (elemento soggettivo); - la reiterazione nel tempo di tale comportamento da parte di tutta la comunità, e non solo da parte di alcuni individui (elemento oggettivo). La consuetudine è una fonte terziaria, in quanto è subordinata, oltre che alla Costituzione e alle leggi ordinarie, anche ai regolamenti, cioè alle fonti secondarie. STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:48

5 41 8) Le fonti comunitarie. Le fonti comunitarie sono gli atti normativi che traggono origine dagli organi dell Unione europea, per disciplinare in modo uniforme su tutto il territorio dell Unione talune materie che rientrano nella sua competenza. Alcuni di questi atti, come ad esempio i regolamenti, hanno un efficacia immediata all interno degli Stati membri, addirittura prevalendo sulle norme interne difformi (ciò è ammissibile in forza dell art. 11 Cost. che ammette limitazioni di sovranità in favore delle organizzazioni internazionali che assicurano la pace e la giustizia tra le nazioni). I regolamenti si trovano dunque in una posizione intermedia tra la Costituzione e le fonti primarie, anche se non possono essere considerati a pieno titolo facenti parte del sistema gerarchico delle fonti di diritto italiano. In realtà si è in presenza di due ordinamenti giuridici distinti (quello comunitario e quello nazionale) con fonti di produzione distinte: in alcune materie il legislatore nazionale abdica alla sua posizione di supremazia in favore dell ordinamento sovranazionale comunitario. Tra le fonti comunitarie vi sono anche le direttive, le quali, a differenza dei regolamenti, impongono agli Stati membri di emanare proprie leggi per adeguare il diritto interno ai principi in esse contenuti. 9) Il diritto internazionale. Il diritto internazionale può essere definito come un insieme di principi e di regole giuridiche destinati a disciplinare i rapporti che sorgono tra gli Stati. Esso presenta caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli altri ordinamenti giuridici interno ai singoli Stati, e che nascono dalla particolarità dei soggetti che compongono la comunità internazionale: mentre, infatti, nel diritto interno, l ordinamento giuridico disciplina i rapporti e le attività di persone fisiche e giuridiche tutte assoggettate all autorità superiore dello Stato, ciò non avviene nella comunità internazionale dove non esiste un autorità superiore agli Stati. Fonti del diritto internazionale sono le consuetudini internazionali e i trattati. La consuetudine è la fonte principale del diritto internazionale. Le norme consuetudinarie, venutesi a formare nell ambito della comunità internazionale attraverso i secoli, si sono consolidate con l uso ripetuto di determinati comportamenti da parte di tutti gli Stati. La Costituzione italiana fa riferimento alle norme di diritto internazionale consuetudinarie nell articolo 10, comma 1, quando enuncia che L ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto Codice civile (Preleggi) 1 internazionale generalmente riconosciute. Ciò comporta che le norme consuetudinarie internazionali vengono automaticamente riconosciute dall ordinamento giuridico italiano e impegnano lo Stato a non adottare leggi che le contrastino. I trattati (che a volte vengono chiamati anche accordi, patti o convenzioni internazionali) costituiscono la parte più rilevante del diritto internazionale. È infatti con i trattati, solitamente preceduti da lunghe negoziazioni o trattative, che i rappresentanti del potere esecutivo di ciascun Stato raggiungono accordi di reciprocità sulle questioni di carattere economico, territoriale e di interesse comune. Al contrario delle norme consuetudinarie che si impongono alla generalità degli Stati, le norme contenute nei trattati vincolano esclusivamente gli Stati firmatari. Il trattato diventa vincolante per lo Stato firmatario in seguito alla ratifica, che è una dichiarazione formale dello Stato (in genere del Parlamento) di impegnarsi al rispetto del trattato. Con la ratifica, le norme del trattato entrano a far parte dell ordinamento interno dei singoli Stati firmatari e quindi diventano giuridicamente vincolanti per tutti. 10) Le fonti di cognizione. Le fonti cognizione sono i documenti che contengono le norme giuridiche: esse hanno l importante compito di informare tutti i cittadini dell esistenza e dei contenuti delle norme. Fonte di cognizione è, innanzitutto, la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana: un vero e proprio giornale in cui sono pubblicati quotidianamente tutti i provvedimenti di nuova emanazione: leggi, decreti legge, decreti legislativi, regolamenti etc. Le leggi e gli atti regionali trovano, invece, la loro fonte di cognizione nel Bollettino Ufficiale della Regione. Vengono considerati fonti di cognizione, anche i codici e i testi unici. I codici sono raccolte di norme regolanti un intera materia, organizzate in maniera sistematica. Il codice non è una legge sovraordinata alle altre, ma esso assume una particolare rilevanza per la sistematicità e la compiutezza della disciplina. Altra fonte di cognizione sono i testi unici. Questi raccolgono leggi che disciplinano la stessa materia emanate in tempi diversi, in maniera scoordinata e perciò bisognose di una risistemazione in un corpo organico. I testi unici si differenziano dai codici sia per le dimensioni (i codici sono molto più lunghi e articolati) sia per il fatto di intervenire ad organizzare una materia che era già ampiamente regolamentata, senza di fatto riformarla. STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:48

6 2 Disposizioni sulla legge in generale Il testo unico, sostanzialmente, ha la funzione di agevolare la consultazione dei testi di legge, da parte degli operatori del diritto (avvocati, magistrati), ma anche dei privati cittadini. 11) Le fonti indirette. Le fonti indirette possono essere definite come tutte quelle manifestazioni che concorrono alla formazione del diritto. In particolare, citiamo tra le fonti indirette la giurisprudenza, la dottrina e l equità. La giurisprudenza è l insieme delle decisioni e delle sentenze dei giudici. Non è fonte diretta del diritto in quanto, istituzionalmente, il cosiddetto potere giudiziario (la magistratura) è distinto dal potere legislativo e, dunque, non ha il potere di produrre norme giuridiche. Tuttavia, i giudici che sono chiamati ad applicare la legge svolgono un importante attività di interpretazione delle norme e spesso l orientamento giurisprudenziale concorre alla formazione del diritto in quanto è presumibile che anche altri si conformino ai criteri interpretativi della giurisprudenza, soprattutto di quella della Corte di Cassazione. La dottrina è, invece, il complesso delle opinioni, degli studi e dei dibattiti maturati dagli studiosi del diritto. Ha un valore prettamente scientifico e didattico, ma ricopre pur sempre un ruolo nella formazione del diritto (oggi marginale, rispetto all importanza ricoperta in passato) e nella sua interpretazione. L equità è stata definita come la giustizia del caso particolare. In sostanza, applicare una legge secondo equità significa adottare un criterio di umanità e di uguaglianza nell applicazione di norme giuridiche astratte, generali e, quindi, sostanzialmente rigide e fredde. Il giudice può decidere secondo equità: - quando la legge stessa gli attribuisce tale potere, ma deve comunque ispirarsi ai principi giuridici che regolano la materia; - quando, in casi particolari, sono le stesse parti della controversia a chiedere che il giudice si pronunzi secondo equità. 2. Leggi. La formazione delle leggi (1, n. 1) e l emanazione degli atti del Governo aventi forza di legge sono disciplinate da leggi di carattere costituzionale (70 ss., 87, 128 Cost.). 1) Il termine legge. Le disposizioni preliminari utilizzano il termine legge in diversi sensi. In alcuni casi esso indica il diritto oggettivo nel suo insieme e le relative 42 fonti, in altri (ad esempio, negli artt. 11, 12 e 15) indica le fonti-atto ed il diritto da esse posto, in altri ancora (come negli artt. 1 e 10) indica le sole leggi formali. Nell art. 2 il termine legge è utilizzato in quest ultimo senso, ma, a seguito dell entrata in vigore della Costituzione, esso deve essere riferito: - alle leggi costituzionali, atti normativi con i quali viene modificato, integrato o attuato il testo della Costituzione. In base all art. 138 Cost., esse sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione; - alle leggi ordinarie, atti normativi approvati dal Parlamento secondo il procedimento previsto dagli artt. 70 e ss. Cost. e promulgati dal Presidente della Repubblica; - alle leggi regionali, atti normativi approvati dai Consigli regionali nei limiti indicati dall art. 117 Cost. A tale proposito, va evidenziato che la legge costituzionale n. 3/2001 ha completamente riscritto il citato art. 117 Cost. ed ha attribuito alle Regioni poteri amministrativi e legislativi più ampi rispetto al passato. La norma costituzionale previgente, infatti, elencava le materie sulle quali le Regioni ordinarie avevano potestà legislativa nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato ; attualmente, invece, l art. 117 Cost. contiene: a) l elenco delle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato; b) l elenco delle materie sulle quali le Regioni hanno potestà legislativa concorrente (nel senso che una legge dello Stato determina i principi fondamentali della materia, mentre il resto della disciplina compete alle Regioni, nel rispetto dei principi fissati dallo Stato); c) una clausola residuale, in base alla quale alle Regioni spetta la potestà legislativa in tutte le materie non comprese nei due elenchi precedenti (cd. potestà legislativa residuale delle Regioni) (Bin-Pitruzzella). 2) Formazione delle leggi e degli atti del Governo aventi forza di legge. L art. 2 disp. prel. è stato formulato durante il regime fascista e si riferiva all assetto delle fonti vigente in tale momento storico. Attualmente, la formazione delle leggi, sia costituzionali sia ordinarie, è disciplinata dalla Costituzione (artt. 70 e ss. e 138); la formazione degli atti del Governo aventi forza di legge è disciplinata, oltre che dalla Costituzione (artt. 76 e 77), anche dalla l , n ) Gli atti del Governo aventi forza di legge. Gli atti del Governo aventi forza di legge sonoi decreti legge e i decreti legislativi ( 1, 4). STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:49

7 43 In base all art. 16 della l , n. 400, essi non sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei Conti; la Corte Costituzionale ha affermato la legittimità di tale disposizione, in riferimento all art. 100 Cost., ritenendo che il controllo della Corte dei Conti non rientra nell ambito dei controlli costituzionalmente necessari sugli atti del Governo aventi valore di legge. 3. Regolamenti. Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale. Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari (4, 77, 87 Cost.). 4. Limiti della disciplina regolamentare. I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi. I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. 1) I regolamenti del Governo. I regolamenti sono atti aventi contenuto normativo provenienti dal potere esecutivo; non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi e, pertanto, sono definiti fonti secondarie, in quanto sottordinate alla legge ed in generale a tutte le fonti primarie. In passato si riteneva che il fondamento del potere di emanare regolamenti andasse ricercato nel potere discrezionale della Pubblica Amministrazione; attualmente, invece, si afferma che solo una legge può porsi a fondamento di tale potere, nel senso che deve esservi una legge che attribuisce espressamente all organo amministrativo la competenza ad emanare regolamenti (Sandulli, Virga). Il potere regolamentare spetta in primo luogo al Governo. In base all art. 17 della l , n. 400, i regolamenti governativi sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica (d.p.r.), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato. Ai sensi della medesima disposizione, è possibile distinguere: Codice civile (Preleggi) 3 - i regolamenti che disciplinano l esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi (cd. regolamenti di esecuzione); - i regolamenti che disciplinano l attuazione e l integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale (cd. regolamenti di attuazione e di integrazione); - i regolamenti che disciplinano le materie in cui manchi una disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge (cd. regolamenti indipendenti); - i regolamenti che disciplinano l organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge (cd. regolamenti di organizzazione). Il 2 comma dell art. 17 della l. n. 400/1988, inoltre, prevede i cd. regolamenti delegati. Attraverso tali regolamenti si attua quella che viene definita delegificazione, nel senso che una legge può autorizzare il Governo ad emanare regolamenti diretti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge, dettando le norme generali regolatrici della materia e disponendo l abrogazione delle norme vigenti dal momento dell entrata in vigore di quelle regolamentari. Infine, l art. 4 della l , n. 86 stabilisce che la legge comunitaria annuale (cioè la legge attraverso la quale viene adeguato l ordinamento interno a quello comunitario, in adempimento degli obblighi dell Italia nei confronti dell Unione europea) può autorizzare il Governo ad attuare le direttive comunitarie tramite regolamento, purché si tratti di materie già disciplinate, ma non riservate alla legge (cd. regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie). 2) I regolamenti dei altre autorità. Anche altre autorità amministrative hanno il potere di emanare regolamenti. Questi ultimi, però, oltre che rispettare le norme primarie, devono anche essere conformi ai regolamenti governativi, e dunque sono fonti sottordinate alle fonti secondarie (si parla di fonti terziarie) (Omissis) (1). (1) Articoli riguardanti le norme corporative, abrogati dal R.D.L. 9 agosto 1943, n Usi. Nelle materie regolate dalle leggi (1, n. 1) e dai regolamenti (1, n. 2) gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati (1, n. 4, 9). Le norme corporative prevalgono sugli usi, anche se richiamati dalle leggi e dai re- STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:49

8 9 Disposizioni sulla legge in generale golamenti, salvo che in esse sia diversamente disposto (1). (1) Comma da ritenere abrogato a seguito della soppressione dell ordinamento corporativo fascista disposta dal R.D.L. 9 agosto 1943, n Raccolte di usi. Gli usi pubblicati nelle raccolte ufficiali degli enti e degli organi a ciò autorizzati si presumono esistenti fino a prova contraria. 1) Gli usi normativi. L art. 8 disp. prel. fa riferimento al cd. uso normativo, il quale può definirsi come una regola di condotta osservata uniformemente e costantemente dai membri di una società con la convinzione di obbedire ad un imperativo giuridico ( Trabucchi). Affinché possa formarsi un uso è necessaria la contemporanea presenza: - di un elemento oggettivo, costituito dalla ripetizione costante nel tempo di un certo comportamento da parte di tutti i membri di un gruppo sociale (cd. diuturnitas); - di un elemento soggettivo, costituito dalla convinzione di osservare, tenendo questo comportamento, un precetto giuridico (cd. opinio iuris ac necessitatis). L uso è una fonte terziaria, in quanto subordinata alla legge ed ai regolamenti. Pertanto: - le consuetudini non possono mai essere contrarie alla legge (non esistono usi contra legem). Qualora una consuetudine dovesse risultare in contrasto con una legge scritta, sarà quest ultima a prevalere; - nelle materie regolate dalle leggi le consuetudini hanno efficacia solo qualora vengano espressamente richiamate (usi secundum legem); - infine, nelle materie che non trovano regolamentazione in una norma espressa, la consuetudine può sostituire la legge, assumendo i connotati di una norma giuridica (usi praeter legem, cioè oltre la legge). 2) Distinzioni. Gli usi normativi, i quali rientrano nell ambito delle fonti del diritto, vanno tenuti distinti: - dagli usi contrattuali, cioè dagli usi comunemente applicati in un determinato luogo con riferimento ad un certo tipo di affari. In base all art c.c. ( ), le clausole d uso si intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti; - dagli usi interpretativi, cioè da quei comportamenti dai quali è possibile ricavare con quale significato individui di un certo luogo intendono un espressione ambigua inserita nel contratto; l art c.c. ( ) si riferisce agli usi interpretativi quando afferma che le clausole ambigue s interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso). 1) Le raccolte di usi. Gli usi normativi rientrano tra le fonti non scritte del nostro ordinamento, in quanto, come abbiamo visto ( 8 disp. prel.), consistono in un comportamento tenuto costantemente dai membri di un determinato gruppo sociale. Allo scopo di accertare la loro esistenza, pertanto, sono istituite le cd. raccolte (ad esempio la raccolta degli usi generali del commercio a cura del Ministero delle attività produttive). Un uso in tal modo accertato si presume esistente fino a prova contraria, cioè fino a quando non venga dimostrato che esso non è più osservato. Capo II Dell applicazione della legge in generale 10. Inizio dell obbligatorietà delle leggi e dei regolamenti. Le leggi (1, n. 1) e i regolamenti (1, n. 2) divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione (73 Cost.), salvo che sia altrimenti disposto. Le norme corporative divengono obbligatorie nel giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che in esse sia altrimenti disposto (1). (1) Comma da ritenere abrogato a seguito della soppressione dell ordinamento corporativo fascista, disposta dal R.D.L. 9 agosto 1943, n ) La pubblicazione. Il procedimento di formazione di una legge si perfeziona a seguito dell approvazione della stessa da parte del Parlamento e della sua promulgazione ad opera del Presidente della Repubblica, il quale, controfirmandola, ufficialmente ne afferma l esistenza nell ordinamento giuridico. Affinché la legge abbia validità e diventi così obbligatoria per tutti, è necessario, però, un ulteriore passaggio fondamentale: la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Attraverso la pubblicazione, tutti i cittadini vengono informati dell esistenza della legge, il STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:49

9 45 che è particolarmente importante in quanto ignorantia legis non excusat (ignorare l esistenza di una legge non giustifica una condotta contraria alla legge stessa). La legge, quindi, troverà applicazione anche nei confronti dei cittadini che, nonostante la pubblicazione, ne ignorano l esistenza o il contenuto. L obbligo della pubblicazione è sancito dall art. 73 Cost., in base al quale le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Le modalità della pubblicazione sono disciplinate dal Testo Unico approvato con d.p.r , n e dal regolamento di attuazione approvato con d. P.R , n La pubblicazione avviene attraverso l inserzione del testo normativo statale nella Gazzetta Ufficiale della repubblica, inserzione che viene curata dal Ministero della giustizia entro trenta giorni dal perfezionamento dell atto. Per i provvedimenti normativi diversi dalla legge dello Stato è prevista la pubblicazione in diversi atti ufficiali: ad esempio, le leggi regionali vengono pubblicate nei bollettini ufficiali delle Regioni e le norme comunitarie nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee. 2) La vacatio legis. Trascorsi quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta, il testo normativo entra ufficialmente in vigore, cioè diventa efficace ed obbligatorio. Il periodo intermedio tra la pubblicazione e l entrata in vigore è definito vacatio legis (vacanza, assenza della legge) ed è questo il termine concesso a tutti i cittadini per venire a conoscenza della nuova disposizione ed eventualmente adeguarvisi. Tale periodo, però, non è perentorio: può, infatti, essere abbreviato (per provvedimenti particolarmente importanti ed urgenti) o allungato (in caso di provvedimenti particolarmente complessi e articolati, come ad esempio i codici). 11. Efficacia della legge nel tempo. La legge non dispone che per l avvenire: essa non ha effetto retroattivo (25 Cost.; 2 c.p.). I contratti collettivi di lavoro (2067 ss. c.c.) possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione (2074 c.c.). Codice civile (Preleggi) 11 1) Il principio di irretroattività della legge. Divenuta efficace la nuova norma, sorge il problema di stabilire la sorte di quelle situazioni giuridiche createsi prima dell introduzione della nuova normativa e che dunque potrebbero venire a trovarsi in contrasto con essa. L art. 11 disp. prel. introduce a tale proposito un concetto giuridico fondamentale: l irretroattività delle leggi; esso, infatti, sancisce che la legge non può regolare situazioni antecedenti alla sua entrata in vigore. La motivazione di tale disposizione risiede nella necessità fondamentale di garantire la certezza del diritto. 2) Principio di irretroattività e leggi penali. Il principio dell irretroattività delle leggi non è rigido. Il legislatore, infatti, può ritenere opportuno far retroagire gli effetti di una nuova legge alle situazioni createsi nel periodo antecedente alla sua emanazione. È il caso, ad esempio, delle norme che stabiliscono sanzioni più leggere rispetto al passato o addirittura non riconoscono più come punibile una certa condotta. Questo tipo di disposizione è retroattiva, cioè viene applicata anche alle situazioni createsi prima della sua entrata in vigore. Il principio della retroattività di alcune disposizioni, però, non è valido per le leggi penali che, al contrario, stabiliscono nuovi reati e le relative pene. La nostra Costituzione, infatti, all articolo 25 solennemente afferma che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, ciò al fine di evitare che il cittadino possa essere condannato per fatti che al momento del loro compimento erano perfettamente leciti ed evitare una strumentalizzazione a scopo repressivo delle norme penali, da parte di un legislatore non proprio democratico. 3) I contratti collettivi. A seguito della soppressione dell ordinamento corporativo, il 2 comma dell art. 11 disp. prel. deve ritenersi abrogato. Esso, pertanto, non può applicarsi ai contratti collettivi di diritto comune, cioè ai contratti stipulati dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dalle corrispondenti associazioni dei datori di lavoro o anche da un singolo datore di lavoro (Cass , n ). 12. Interpretazione della legge. Nell applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secon- STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:49

10 13 Disposizioni sulla legge in generale do la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore (1362, 1363 c.c.). Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell ordinamento giuridico dello Stato. 46 1) L interpretazione delle norme giuridiche. Le caratteristiche principali delle norme giuridiche sono la generalità (in quanto sono rivolte a tutti i consociati indistintamente) e l astrattezza (esse non disciplinano un caso specifico, ma un caso ipotetico). La norma generale e astratta deve poi essere applicata al caso concreto ed in tale ambito assume una importanza fondamentale l attività di interpretazione, cioè l attività attraverso la quale l interprete comprende e riconosce il significato della disposizione nella reale intenzione del legislatore. In base ai soggetti che effettuano l interpretazione, è possibile distinguere: - un interpretazione dottrinale, compiuta dagli studiosi del diritto a fini scientifici o didattici; tale interpretazione non ha valore giuridico, ma solo scientifico. Spesso, infatti, nei testi di diritto si studiano varie dottrine anche relative ad un solo argomento: ciò vuol dire che alcuni studiosi hanno dato un interpretazione personale e difforme dalle altre sull argomento in questione; - un interpretazione giudiziale, che è quella compiuta dai giudici nell applicazione della norma astratta al caso concreto; - un interpretazione autentica, fornita dal potere legislativo (Parlamento, Governo e Regioni), nel caso in cui una norma, precedentemente emanata, risulti poco chiara ed abbia bisogno di ulteriori chiarificazioni. In generale si definisce autentica l interpretazione che proviene dalla stessa autorità che ha emanato la norma. In base al metodo utilizzato nell interpretazione della norma, si distinguono due tipi di interpretazione: letterale e logica. L interpretazione letterale è volta alla ricerca del significato delle parole: in questo caso l interprete legge ed interpreta la norma individuando il significato delle parole secondo la loro connessione, cioè in collegamento tra loro e non prese singolarmente. Nell ambito di tale interpretazione, poi, si possono fare due ulteriori valutazioni: lessicale, per determinare il significato di ogni singola parola; grammaticale, per capire il significato della norma secondo le regole grammaticali e sintattiche della lingua italiana. L interpretazione logica, invece, vuole arrivare alla volontà del legislatore (voluntas legis); vuole, dunque, capire il motivo che ha spinto il legislatore ad esprimersi in quel determinato modo e, soprattutto, ad emanare quella data norma. Interpretazione letterale ed interpretazione logica devono coordinarsi ed integrarsi a vicenda: ciò vuol dire che per raggiungere e capire il senso di una norma giuridica è necessario sia seguire il dato letterale in sé sia tener conto delle motivazioni che hanno spinto il legislatore ad emanare la norma stessa. In base, infine, ai risultati cui si perviene possiamo distinguere tra: - interpretazione dichiarativa, che si ha quando interpretazione letterale e interpretazione logica coincidono (i latini parlavano, in questo caso, di interpretatio optima); - interpretazione estensiva, che, invece, evidenzia un significato della norma giuridica più ampio di quello che risulta dalla semplice lettura del testo della stessa (in latino si dice lex minus dixit quam voluit, cioè la legge ha detto meno di quanto in realtà voleva dire); - interpretazione restrittiva, che si ha quandola norma dice più di quanto volesse (lex plus dixit quam voluit). 2) L analogia. Quando una determinata fattispecie non è prevista né risolta da nessuna norma giudica, si parla di lacune del sistema normativo. Il fatto, però, che il sistema normativo presenti delle lacune non esonera il giudice dall intervenire per risolvere una controversia che, apparentemente, non è contemplata dall ordinamento: egli, infatti, in base a quanto dispone l articolo 328 del codice penale, non può mai rifiutarsi di amministrare la giustizia. Quando sorge un problema di questo tipo il giudice deve ricorrere all analogia, cioè all analisi ed applicazione di norme che regolano casi o materie simili (in termini giuridici si parla di analogia legis); quando, poi, non esistono nemmeno tali norme dovrà ricorrere ai principi generali dell ordinamento (analogia iuris). Il ricorso all interpretazione analogica è espressione del principio di uguaglianza di trattamento che è alla base dell intero ordinamento giuridico: i casi simili devono essere regolati da norme simili (Trabucchi). 13. Esclusione dell applicazione analogica delle norme corporative. (Omissis) (1). (1) L ordinamento corporativo fascista è stato soppresso dal R.D.L. 9 agosto 1943, n STRUM_567_CodiceCivile_Illustrato_2014_1.indb :24:50

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