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1 Il Preside Squillace presenta la lezione: Oggi ho invitato il Dottor Orefice per parlarci degli attacchi di panico, e più in generale l ansia in adolescenza: non è per darci un manuale di pronto soccorso, ma per dotarci di strumenti di decodifica e di lettura di un problema. In questo ultimo anno abbiamo infatti avuto evidenza di un crescere di questi fenomeni, che in certi momenti mi è parso quasi dilagare: segnali allarmanti della sofferenza che molti ragazzi portano a scuola. Ritengo che questa lezione sia un momento importante, che va inteso come primo passo di un percorso di riflessione sul nostro essere uomini e donne di scuola e sulla nostra relazione con i ragazzi: le famiglie ce li affidano, per accompagnarli certamente nella formazione, ma soprattutto nella crescita; arrivano ragazzini ed escono giovani uomini e giovani donne. La mia scommessa è di creare una scuola accogliente, che sappia ascoltare tutti i messaggi che i ragazzi ci inviano: con il loro sorriso e con il loro pianto, con le parole e con il non-verbale, con lo stare bene e lo stare male. Mi interessa una scuola che offra un alto livello di formazione, perché è una straordinaria opportunità. Ma occorre rendersi conto che questa eccellenza è anche molto impegnativa. Io ritengo che questa eccellenza debba essere coniugata con un maggiore benessere, altrimenti stiamo sbagliando e l errore è molto grosso. Poiché la scuola è una comunità educante, è importante il clima delle relazioni.la convivenza di mille e cento alunni con ottanta insegnanti comporta decine di migliaia di interazioni giornaliere: devono essere improntate ad un clima di maggiore serenità, oserei dire gioia e leggerezza!se la performance scolastica diventa ossessione del successo, rischia di avvelenare il clima, ed è un morbo che ferisce tutti: i ragazzi, le famiglie e i docenti.

2 Non possiamo cavarcela dicendo che i ragazzi non sono più quelli di una volta!la battuta va bene al bar, così come diciamo che non ci sono più le mezze stagioni, ma tra di noi non possiamo scrollarci così il problema dalle spalle. E forse anche vero che non sono più quelli di una volta, ma questo richiede una maggiore riflessione e ci impone di interrogarci sul nostro mestiere, su come ci vogliamo relazionare con loro, per far stare meglio loro e noi Dr Sabba Orefice Sono uno psicoanalista psichiatra e lavoro in una struttura che si è data lo scopo di tenere il lavoro quanto più possibile incollato ai tempi, come in una sorta di laboratorio continuo : pensiamo infatti che i modelli di 40 anni fa non ci servono più, o per lo meno vanno revisionati e ripensati. La consapevolezza di questa necessità di evolvere, consente di capire meglio quello che accade, e permette di spiegarlo con schemi nuovi, che non possono più essere quelli dell 800 o anche del 900. Poiché le persone cambiano, le patologie che si vedevano 30 anni fa non sono più così, e le interpretazioni che se ne potevano dare non sono più valide. Utilizzare i vecchi schemi di lettura ci intoppa la mente e ci impedisce di capire. In un breve colloquio, il preside mi ha raccontato che a scuola si osservano delle situazioni critiche, e mi ha chiesto di aiutarvi a capire cosa succede. I fenomeni che si osservano oggi con maggiore frequenza sono gli attacchi di panico e i grandi ritiri : ragazzi che si chiudono in camera, si rifiutano di andare a scuola e stanno per ore attaccati al computer o ai videogiochi.questi ragazzi, ad esempio, passano tutto il tempo a

3 verificare se la loro mente funziona. Visto da fuori è un fenomeno stranissimo, ma in realtà è così: avendo l impressione di non riuscire a farlo nella vita, passo tutto il tempo per vedere se riesco a combattere e vincere il mostro del videogioco. E la mia mente che mi preoccupa. Nelle sue diverse sfumature, è un fenomeno molto più vasto rispetto agli attacchi dipanico. Che vuole dire Ansia? Vuol dire fretta: devo fare immediatamente qualcosa Racconto un caso: un ragazzo viene dal Veneto con mamma e papà, perché ha avuto una crisi di panico. E uno sportivo, che gioca a calcio ma va anche molto bene a scuola; suo fratello è un professionista del calcio. Un mese fa era andato in gita con gli amici per fare una partita e si è sentito male: è stato portato in pronto soccorso e gli hanno detto che aveva una crisi di panico. Da quel momento si è chiuso in casa e non ha più parlato. E stato consultato uno psichiatra, che ha prescritto dei farmaci, anche piuttosto pesanti: è diventato più tranquillo, un po addormentato, ma non ha risolto il suo problema. La mamma mi racconta come lui sia improvvisamente cambiato e si sia trasformato in una sorta di relitto. Li ricevo nella situazione informale della sala d attesa e dico mah, queste cose succedono quando bisogna avere successo a tutti i costi e vincere diventa una questione di vita o di morte: basta un piccolo intoppo e si ha paura di morire Il papà interviene subito commentando: forse sono io che gli ho fatto troppa pressione: con l assillo del successo, ho sempre spronato i miei figli Guardo il ragazzo e gli dico figuriamoci: con un fratello campione di calcio non si può neanche più fare una partita con gli amici solo per

4 divertirsi! O uno fa il campione o niente! Che schifo che diventa il calcio: ad ogni tiro mi tocca pensare che o faccio gol o sono un perdente! E lui comincia a parlare: sono stato davvero molto male! Racconta che era partito per il week-end sentendosi nell imbarazzo che avrebbe dovuto stare a casa a studiare. Si capisce che fa fatica a parlare, perché ha paura di quello che sta raccontando. Cerco di facilitarlo, dicendo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, che quando si ha così paura, lo smarrimento è tale che si può avere paura di impazzire: si è improvvisamente ammattiti e perdenti. L importante è comunicargli che questo che gli accade è una cosa naturale e non una cosa gravissima, una tragedia. Lui infatti si rinfranca e dice è vero, mi vergogno. Da quel momento è stato meglio, ha sospeso i farmaci e ha accettato di farsi seguire da una psicologa. Come si spiega tutta questa vicenda? Con gli attacchi di panico la prima cosa da capire è la paura della paura: il panico viene perché non si può accettare di avere paura. La paura è inammissibile, compresa la paura della scuola: non si può avere nessuna difficoltà, né alcun intoppo della mente. Quindi, pensando ai nostri ragazzi a scuola, bisogna tornare a domandarci cosa succede in adolescenza. Alle medie è un periodo di orribile incubazione, in cui si prepara in maniera tormentosa il passaggio dalla pubertà all adolescenza, che esploderà al liceo. Ad un certo punto si ha uno smarrimento, per cui un ragazzo non sa più cosa sta diventando, e non sa più dove è la testa e dove è il culo. Succede qualcosa che viene bene descritto nella metamorfosi dal bruco alla farfalla: è un movimento violento che può essere la fine di tutto o l inizio della vita. Siamo stati tutti adolescenti e l abbiamo sperimentato.

5 Non è un sentimento pensato, non è traducibile in pensiero: avviene. Ogni giorno, ogni mattina, ogni volta che vado a scuola e ogni volta che esco mi sto trasformando. All interno del Sé si ha un continuo lavoro sul chi sono? cosa sarò? e questo mette in moto una forte irrequietezza In un articolo sui disturbi alimentari ho chiamato questo il salire sul palcoscenico della vita, nel senso che è la sensazione di uscire dal guscio della famiglia, mentre tutto, nel corpo e nella mente, si trasforma. Esco allo scoperto e diventa un test continuo: ogni momento della giornata mi mette alla provaper vedere chi sono; ogni momento è l esame della vita. Questa lotta interiore, forte e continua, nel ragazzo candidato agli attacchi di panico è più violenta e serrata, per il fatto che si accompagna all idea non posso sbagliare e non posso avere paura, perché altrimenti sono un fallito E un ragazzo che deve essere mentalmente e fisicamente indomito a tutti i costi. Il rischio è che si perda il sentimento della crescita, che è fatta invece di passaggi: non so fare una cosa e la imparo; acquisisco delle competenze; cresco. Il comandamento invece è che devo già essere tutto. E allora non posso nemmeno usare i professori, ma nemmeno la mia mente per imparare delle cose: posso solo continuamente mettermi alla prova sui videogiochi. Il pensiero tossico è devo già sapere tutto Spesso è un ragazzo intelligente, ma ha un funzionamento rigido, perché ha paura di confrontarsi con la difficoltà, con l insuccesso, con la paura. La paura non deve esserci, perché è un inaccettabile segno di debolezza. Questa modalità, che è tipica dei candidati agli attacchi di panico, è istruttiva, perché segnala un funzionamento della mente con modalità a tutto o nulla. Questi ragazzi, che peraltro vanno bene a scuola, hanno un disturbo dell apprendimento generale di come si sta al mondo, prima ancora di come si può andare a scuola.

6 Nella nostra civiltà è venutotroppo a mancare il socratico so di non sapere, che è la premessa per poter imparare: manca l idea che se non so delle cose, non sono una bestia, ma semplicemente le dovrò imparare. Nel mondo di oggi si è perso, ed è invece molto semplice: posso imparare senza che penetri nella mia mente la condanna terrificante che, se non so quella cosa, sono un fallito. Anche il ragazzo che sta tutto il giorno chiuso in camera sua sul computer, ha un disturbo simile: fa un uso istantaneo della mente su qualcosa che non richiede di pensare, ma richiede un intuizione continua. Anche questo è un disturbo emotivo, derivante dal fatto che il computer chiede di andare per prove ed errori, ma non chiede di immaginare un percorso. Di momento in momento verifico se la mia mente funziona. Capite che non si potrebbe studiare il latino o la matematica con questo meccanismo. Non ho abbattuto il mostro, mi rodo dalla rabbia, ci riprovo, ma sarà una prova identica tutte le volte. Non metto in moto nessun apprendimento. Dunque quel ragazzo che sta chiuso in casa, tutto il giorno si sottopone ad una verifica: se vince o se perde. Questo disturbo nell imparare a vivere è legato ad un modello molto più forte e diffuso di quello che avete in questa scuola. Sono venuto qui molto volentieri proprio perché credo che, per il futuro, andrebbe ripensata la scuola. Oggi abbiamo infatti un problema molto grosso, che è la difficoltà delle persone ad usare le capacità che hanno, senza pretendere di averne altre. L attacco di panico infatti si verifica in una persona che non può usare la propria paura nemmeno come un segnale che la aiuti a capire le difficoltà che ha. Vi descrivo che succede: io sono quel ragazzo che sta andando a fare una partita di calcio fuori porta con gli amici. Mi si infila nella mente una piccola paura di essere fuori posto, perché avrei dovuto stare a casa a studiare. Nel frattempo sono successe altre cose: c è la scadenza del trimestre e ho preso voti non brillantissimi, mio fratello è un campione e

7 io ho giocato male, la ragazza che mi piace non mi ha guardato avrei dovuto impegnarmi di più e forse non dovrei essere qui un brutto sentimento che non viene riconosciuto e che si manifesta solo come un malessere, un senso di colpa e un disagio. Proprio mentre tutti gli altri si divertono e scherzano, penso che dovrei essere come loro, e io invece ho paura di avere sbagliato ad essere qua e mi sento fuori posto. Mi sento ammosciare da questa sensazione orribile e cerco di scacciarla dalla mente, ma più cerco di non pensarci e più la sensazione si riaffaccia e aumenta, proprio perché non posso pensarci. L allarme di questa lotta interiore mi fa sudare e mi viene il batticuore; mi accorgo che mi sento male e ho la sensazione che forse sto morendo: mi sento soffocare e tremo. L altra sensazione è che la paura fa sentire smarriti: mi sento molto strano e posso avere paura di impazzire. Questa sensazione di panico è tremenda, anche se non dura tantissimo (10-15 minuti), ma può venire la voglia di buttarsi da qualche parte, per terra o giù da un ponte. Il ragazzino di prima ha la sensazione che tutto sta andando male e il fallimento diventa sono un fallito. Non può dire oh cavolo, forse avrei dovuto studiare magari torno a casa prima penso a come posso fare non può pensare niente. Ha solo la sensazione che sta sbagliando tutto, perché, per come è fatto, non prevede, né che può avere una difficoltà, né che può maneggiarla. Questa rigidità impedisce di pensare e di immaginare come si può rimediare: è una questione di vita o di morte, irrimediabile. Accade questo perché la difficoltà non va a finire sul pensiero di come rimediare, ma va a cadere sul dubbio globale io chi sono? Sono un vincente o sono un fallito che verrà ripudiato dal mondo La fragilità particolare di queste persone è legata al fatto che ogni momento è un test della vita, che nonporta alla conclusione che sto facendo la cosa sbagliata, ma che io sono una persona sbagliata Il problema di molte persone oggi è proprio questo: non possono affrontare le difficoltà, perché non possono pensare ad usare le loro

8 capacità per evolvere. Tutto si trasforma subito nel test: sono un perdente o sono un vincente? Non è più importante quello che si può provare a fare, ma quello che si è.sono dei falliti che verranno buttati fuori dalla vita. L attacco di panico è una crisi di identità. E un momento particolare, e può anche essere una preziosa occasione per cambiare. Se non viene superato nel modo giusto, si può trasformare in uno ritiro scoraggiato e rinunciatario. Pensando alla scuola, mi sono domandato se non sia il momento per acquisire alcune qualità nuove. La scuola del futuro dovrebbe aiutare a capire come si possono usare le capacità della mente, più che ad imparare delle nozioni. Il fallimento scolastico è sempre legato a questa modalità di funzionare a tutto o nulla, per cui non è possibile usare la mente per crescere e per imparare. E un problema sociale molto diffuso. Tocca recuperare il concetto che si impara a superare le difficoltà e si impara ad imparare e si impara ad usare le proprie capacità. Questo aiuta anche a vivere. Gli insegnanti dunque non è che si devono sostituire ai genitori, ma possono ripensare alla loro funzione come ad un aiuto ad utilizzare la mente e le capacità che si hanno. Oggi non c è questa mentalità. Si è molto persa nel mondo questa mentalità: le famiglie vivono nel terrore dell insuccesso dei loro ragazzi e questa paura le paralizza. Questo signore ha detto: ho fatto il padre con tutto l impegno possibile, ma forse ho esagerato, pensando che stimolare i ragazzi li aiutasse a diventare più forti. Con un figlio ha funzionato, con l altro ha creato un blocco. La paura del successo e dell insuccesso pervade la famiglia e anche la scuola. Secondo me non esiste altra chiave: la scuola, oltre a dare e chiedere risultato, deve recuperare uno spazio molto preciso. Oggi i ragazzi non

9 hanno più l idea del percorso che si può fare per apprendere. Recuperare questo spazio dell imparare dovrebbe essere la grossa parte del lavoro a scuola: si pensa che sia stato acquisito alle elementari e alle medie, ma purtroppo, in adolescenza riparte tutta un altra storia. Spero di non avere dato in nessun modo un impressione critica. A volte anche la psicologia fa male: fa un danno quando diventa la caccia all errore o al difetto. Fa male se diventa un clima di processo continuo, per cui i genitori fanno fatto degli errori, gli insegnanti hanno fatto degli errori. La psicologia, non solo quella dei dottori, ma anche quella che si legge e che si sente, può prendere questa piega. Tutto diventa un processo continuo dentro cui vivono i genitori, i ragazzi e gli insegnanti: andiamo a scuola e siamo sotto processo. Il clima del processo fa sentire che qualunque cosa faccio, è una questione di vita o di morte: così mi viene l attacco di panico. Il problema non è ho sbagliato e quindi sono un genitori sbagliato, sono un cattivo genitore : il clima di processo irrigidisce e immobilizza le menti, e impedisce di cercare soluzioni e non fa trovare uno spazio di dialogo, con sé stessi e con gli altri. La paura dell insuccesso crea nelle famiglie un clima di grande allarme, e il clima spaventato non aiuta i ragazzi. Molte manifestazioni di crisi sono legate a questo: stiamo andando tutti a finire male! e questo clima intossica tutti e impedisce a ciascuno di usare le sue capacità per evolvere.

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