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1 HANDBOOK

2 e con la collaborazione di Attilio Iacovoni Carmelo Mammana Roberta Rossini Michele Senni Dipartimento Cardiovascolare Ospedali Riuniti di Bergamo

3 I Diuretici in Cardiologia Copyright 2007 Edizioni Scripta Manent snc Via Bassini, Milano Tel / Fax Progetto grafico: Piero Merlini Finito di stampare nel mese di Luglio 2007 dalle Arti Grafiche Bazzi SpA, Milano Tutti i diritti riservati Omaggio per i sigg. Medici - Vietata la vendita

4 I NTRODUZIONE Già gli antichi medici egizi e greci avevano descritto i sintomi dello scompenso cardiaco e già al tempo dei Romani si sapeva che una pianta, la digitale, era efficace nella cura di questa malattia. Naturalmente si ignorava quale ne fosse la causa e tanto meno la fisiopatologia, almeno fino a quando, nella prima metà del 600, William Harvey scoprì la circolazione del sangue. Per secoli, il salasso e l applicazione delle sanguisughe sono stati il trattamento riservato allo scompenso, forse non tanto perché i medici avessero intuito che un aumentato volume circolante fosse implicato nello scompenso, quanto perché erano quelli i rimedi universali applicati senza cognizione di causa a malattie molto diverse, spesso con effetti devastanti. L idea che un sovraccarico di liquidi avesse a che fare con lo scompenso si è poi progressivamente fatta largo; ne è testimonianza questa vivida descrizione della idropisia (così si chiamavano tutte le condizioni di ritenzione idrica, in particolare lo scompenso cardiaco), che dobbiamo alla penna di un farmacista inglese, William Withering, che tra l altro ebbe il merito di rilanciare il ruolo della digitale nella cura dello scompenso cardiaco. [Dropsy is a illness that] puffed their bodies into grotesque shapes, squeezed their lungs, and finally brought slow but inexorable death. As the disease progressed, a water liquid filtered into every available space and expanded it like I Diuretici in Cardiologia 3

5 I Diuretici in Cardiologia a balloon. Sometimes the liquid - quarts and gallons of it - made arms and legs swell so that they were immovable. Sometimes it poured into the abdomen to form a tremendous paunch. Sometimes it waterlogged the lung cavity and thereby made it impossible for the victim to breathe unless he sat bolt upright all day and all night. La descrizione di questi pazienti gonfi all inverosimile è così drammatica che non ci si stupisce se all epoca si arrivava ad introdurre sotto la pelle nelle zone edematose dei drenaggi, i tubi di Southey, per scaricare un po di fluidi. L arma fondamentale nella terapia dello scompenso cardiaco, il diuretico, non fu disponibile però fino al XX secolo, quando vennero scoperti i diuretici mercuriali. Come in molti casi la scoperta fu casuale. Il mercurio era usato nella terapia della sifilide: si notò che provocava un aumento della diuresi. Questo farmaco era potente ma molto tossico. Per avere un rimedio sicuro occorre aspettare gli anni 50, quando vengono scoperti, ancora una volta per caso, i tiazidici. Si partì dalla semplice constatazione che i sulfamidici, usati nella cura della febbre reumatica e delle infezioni batteriche, facevano urinare di più. In una specie di primordiale trial, con un indicazione off label, tre pazienti con scompenso cardiaco vennero trattati con un sulfamidico: migliorarono drammaticamente. Anche i sulfamidici però erano tossici, soprattutto se usati per lungo tempo. La soluzione venne trovata con la sintesi della clorotiazide, un diuretico molto potente, che ancora oggi è un caposaldo della terapia delle condizioni di ritenzione idrosodica e dell ipertensione. Così come sono ancora oggi in uso altri 4

6 diuretici, come la furosemide e lo spironolattone, scoperti negli anni immediatamente successivi. I diuretici sono dunque armi antiche ma ancora estremamente importanti, che dobbiamo usare nel migliore dei modi. Questo libro è scritto proprio con questo scopo. È stato scelto di affrontare l argomento suddividendo le tre principali patologie cardiovascolari dove trovano indicazione i diuretici, cioè ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco cronico, scompenso cardiaco acuto, e analizzando poi le complesse problematiche relative alla sindrome cardio-renale, alle interazioni farmacologiche ed alla resistenza ai diuretici. A differenza di altre classi di farmaci impiegate in Cardiologia, come i betabloccanti, gli ACE-inibitori, e i sartanici, gli studi clinici controllati sui diuretici sono relativamente pochi e le indicazioni per questa classe farmacologica tuttora sono spesso basate su principi fisiopatologici e su un certo empirismo. Il libro contiene una sintesi di quanto è noto in termini fisiopatologici, e soprattutto di quanto nell utilizzo clinico è attualmente indicato riguardo ai principi attivi, dosi e modalità di somministrazione, con schemi espositivi e tabelle di facile ed immediata consultazione. Il formato del testo è tascabile per essere facilmente consultabile ed essere un pratico strumento di lavoro. La bibliografia è stata volutamente limitata, riportando solo i riferimenti fondamentali da cui iniziare per chi desidera approfondire i singoli argomenti. I Diuretici in Cardiologia Giuseppe Remuzzi Antonello Gavazzi 5

7 I NDICE Introduzione Pag. 3 Cap. 1 Ipertensione arteriosa Pag. 9 I Diuretici in Cardiologia Cap. 2 Scompenso cardiaco cronico Pag. 27 Cap. 3 Scompenso cardiaco acuto Pag. 61 Cap. 4 La sindrome cardio-renale Pag. 77 Cap. 5 I diuretici: effetti indesiderati e interazioni farmacologiche Pag. 91 Cap. 6 Bibliografia essenziale Pag. 113 Appendice: farmaci diuretici in commercio in Italia Pag

8 Capitolo 1 IPERTENSIONE ARTERIOSA L ipertensione arteriosa è una delle patologie cardiovascolari più diffuse nei Paesi industrializzati e all aumento dei valori di pressione si associa in maniera proporzionale un aumento degli eventi a livello cardiaco, cerebrale e renale. L ipertensione arteriosa costituisce la causa più frequente di prescrizione di farmaci. La prima evidenza che i diuretici potessero svolgere un ruolo nel trattamento dell ipertensione arteriosa risale al 1948, quando venne dimostrato in un piccolo gruppo di soggetti ipertesi che l iniezione quotidiana di diuretici mercuriali riduceva i valori pressori. Tuttavia, la somministrazione per via parenterale e la loro tossicità ne limitò la diffusione. Fu solo nel 1957 che la clorotiazide, il primo diuretico somministrabile per via orale, venne impiegata per il trattamento cronico dell ipertensione arteriosa. I diuretici hanno rappresentato e rappresentano la pietra miliare della terapia anti-ipertensiva. Si tratta infatti di farmaci somministrabili per via orale, generalmente ben tollerati, in grado di garantire un effetto anti-ipertensivo prolungato nel tempo e con un costo molto limitato. Nella terapia farmacologica dell ipertensione arteriosa i diuretici sono andati sempre più diffondendosi, consentendo una sempre più approfondita conoscenza dei meccanismi d azione e degli effetti indesiderati. Negli anni, tuttavia, i diuretici hanno avuto alterne fortune ed il loro ruolo nel trattamento dell ipertensione è tuttora controverso. All inizio, negli anni Sessanta, essi venivano impiegati nell ipertensione di grado moderato o severo, in associazione con altre molecole più potenti, come farmaci adrenergici o idralazina. Ipertensione arteriosa 9

9 Ipertensione arteriosa Ipertensione arteriosa Negli anni Settanta, dopo l avvento dei beta-bloccanti e del trattamento anche delle forme più lievi di ipertensione, fu introdotto il concetto di monoterapia, in cui i diuretici rappresentavano la terapia di prima scelta, e solo in caso di inefficacia, venivano associati a beta-bloccanti o vasodilatatori, in genere idralazina. L avvento di nuovi farmaci anti-ipertensivi, come calcioantagonisti, ACE-inibitori ed alfa-bloccanti, ha coinciso, in seguito, con la pubblicazione di una estesa metanalisi. Tale metanalisi rivelò che la terapia diuretica si associava ad una significativa riduzione di nuovi episodi ischemici cerebrali, ma, contrariamente alla aspettative, non di nuovi infarti miocardici. Infatti, la riduzione dell incidenza di nuovi casi di infarto miocardico acuto era ben al di sotto di quella attesa da studi osservazionali. Si pensò che i noti effetti collaterali della terapia diuretica, come ipokaliemia, dislipidemia ed intolleranza glucidica, potessero spiegare la mancata riduzione di nuovi eventi ischemici cardiovascolari. Fu per questo che negli anni Ottanta vennero alla ribalta nuove classi di farmaci anti-ipertensivi. Si affermò nuovamente l indicazione ad una monoterapia del paziente iperteso, con la convinzione che la somministrazione di un singolo farmaco anti-ipertensivo fosse sufficiente e meglio accettata dal paziente. All inizio degli anni Novanta tre importanti studi clinici controllati, condotti su soggetti anziani ipertesi, dimostrarono che, malgrado i ben noti effetti collaterali, i diuretici erano realmente efficaci nel prevenire lo stroke e la cardiopatia ischemica. Fu grazie a tali studi ed alla mancanza di studi analoghi condotti su ACE-inibitori o calcio-antagonisti, che diuretici e beta-bloccanti tornarono a rivestire un ruolo cruciale nella terapia anti-ipertensiva. I diuretici furono consi- 10

10 Ipertensione arteriosa derati farmaci di prima scelta, con provata efficacia soprattutto nei soggetti più anziani. Attualmente l indicazione ad un trattamento farmacologico si sta estendendo anche ai soggetti normotesi giudicati ad alto rischio per eventi cardiovascolari ed ai pazienti affetti da cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, patologia renale o diabete mellito. C è consenso pressoché unanime sulla necessità di una terapia multifarmacologica nella maggior parte dei pazienti ipertesi ed i diuretici rivestono ancora oggi una posizione di rilievo. Ipertensione arteriosa Meccanismo d azione I possibili meccanismi d azione con i quali i diuretici svolgono un effetto ipotensivo sono essenzialmente due: la deplezione di sodio, e quindi una riduzione della volemia, ed un azione vascolare diretta o indiretta. La riduzione di volume plasmatico potrebbe giocare un ruolo sull azione ipotensiva immediata, ma probabilmente, da sola, non può spiegare l effetto anti-ipertensivo che si ha nella terapia cronica con diuretici somministrati per via orale. È stato dimostrato che l attivazione della diuresi nel corso della prima settimana di terapia con tiazidici si associa ad una riduzione di circa il 10-15% del volume plasmatico. In questa prima fase si osservano una riduzione della portata cardiaca ed un incremento delle resistenze vascolari periferiche. Durante somministrazione cronica si assiste ad un ritorno, anche se non completo, ai valori iniziali sia della por- 11

11 Ipertensione arteriosa Ipertensione arteriosa tata cardiaca che della volemia, suggerendo l ipotesi che la riduzione a lungo termine dei valori pressori sia sostenuta da altri meccanismi, come una lenta riduzione delle resistenze vascolari periferiche. Vi è evidenza che la terapia cronica con diuretici si associa ad una lieve, continua deplezione di volume, che induce un calo ponderale medio di circa 1-2 kg. Tale dato è supportato dal riscontro che l assunzione di grandi quantità di sodio può contrastare, fino ad annullare, l azione ipotensiva dei diuretici. L importanza del controllo della volemia nel trattamento dell ipertensione arteriosa potrebbe avere rilevanti implicazioni cliniche. Alcuni farmaci non dotati di attività diuretica, soprattutto inibitori del sistema adrenergico (ad eccezione dei betabloccanti) ed i vasodilatatori diretti (idralazina, minoxidil), quando impiegati in monoterapia, possono determinare una ritenzione di liquidi occulta che può annullarne l azione ipotensiva (pseudotolleranza). Questo effetto potrebbe essere contrastato associando alla terapia un diuretico. L altro meccanismo d azione alla base dell effetto ipotensivo dei diuretici è rappresentato da un azione sul tono vascolare. Numerosi studi hanno dimostrato che la terapia diuretica riduce la reattività vascolare all infusione di noradrenalina. Sembra che la terapia diuretica riduca la reattività vascolare alla stimolazione simpatica, senza però agire direttamente sul sistema nervoso simpatico. Nei pazienti ipertesi trattati con idroclorotiazide è stata inoltre riportata una riduzione della reattività venosa. L aumento della capacitanza del sistema venoso potrebbe ridurre il ritorno venoso, che, insieme alla deplezione di sodio, potrebbe spiegare la riduzione della portata cardiaca osservata nella prima settimana di terapia. 12

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