Come stanno cambiando le regole: inquadramento storico-giuridico e prospettive future per il settore odontoiatrico

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1 Come stanno cambiando le regole: inquadramento storico-giuridico e prospettive future per il settore odontoiatrico quando ho iniziato a preparare questo intervento ho valutato che il contributo migliore da parte mia era di cercare di dare un inquadramento giuridico e tracciare una fotografia dei mutamenti verificatisi negli ultimi anni in campo sanitario e più specificamente di quegli interventi normativi che sono destinati, in qualche modo, ad incidere sul settore odontoiatrico. Pertanto il mio intervento non affronterà un unico argomento (in quanto ciò sarebbe troppo riduttivo e non riuscirei, come si dice in gergo, a tirare la volata ai relatori che mi seguiranno) ma mirerà ad esporvi - seppure in maniera sommaria - tutti quegli interventi in campo sanitario che hanno avuto una ricaduta sul settore odontoiatrico. Come tutti noi sappiamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale nasce nel 78; nei vent anni che vanno dalla fine degli anni Settanta alla fine degli anni Novanta sono state introdotte (vorrei dire abbozzate ) una serie di modifiche, nell assetto dell organizzazione sanitaria, che verranno poi sviluppate e meglio articolate negli ultimi tre anni, cioè dal 99 ad oggi. In origine, infatti, l architettura del nostro Servizio Sanitario Nazionale, pur ampia e complessa, era comunque molto chiara: molto sinteticamente si può dire che, attraverso la fiscalità generale, confluivano nel Fondo Sanitario Nazionale delle economie con le quali venivano pagate le prestazioni erogate per lo più da strutture pubbliche o convenzionate con il pubblico. Un sistema quindi prettamente pubblicistico sia sotto il profilo dei finanziamenti (perché parliamo di economie tratte dalla fiscalità generale) sia sotto il profilo dell erogazione delle prestazioni, perché l assetto generale prevedeva una assoluta preponderanza del servizio pubblico (sia per l erogazione diretta attraverso i propri ospedali, sia per l erogazione attraverso soggetti cosiddetti convenzionati, strettamente legati alla struttura pubblica). Quindi finanziamento pubblico, erogazione pubblica e l obiettivo di erogare pressoché tutte le prestazioni a favore di tutti i cittadini: il famosissimo tutto a tutti di cui tanto si è parlato in questi anni. SILVIA STEFANELLI (Libero professionista, esperta in diritto sanitario) Era senza dubbio un obiettivo molto ambizioso che però negli anni, per una serie di ragioni economiche (ma non solo), si è via via ristretto ad imbuto. Questo processo di restringimento nell erogazione delle prestazioni è stato però, dalla fine del Settanta alla fine del Novanta, per così dire larvato, nel senso che non si è mai messa mano ad un processo di ristrutturazione complessiva del sistema, ma sono stati introdotti via via dei piccoli aggiustamenti, che hanno sempre più ristretto l ambito di copertura del SSN, attraverso strumenti indiretti quali introduzione di tickets, limitazioni agli accessi, limitazioni alle prescrittibilità delle prestazioni ecc.: si è cioè fatto in modo che, indirettamente e nei fatti, il Servizio Sanitario Nazionale si restringesse. Parallelamente, a fronte di questo restringimento, vi è stata una espansione - quasi ad effetto molla - della spesa privata: per cui se nel 78 la spesa privata era sicuramente bassa, nel corso degli anni tale spesa è cresciuta in maniera esponenziale (si parla di mila miliardi di vecchie lire). L odontoiatria poi, su questa spesa sanitaria, ha inciso fortemente: dati Censis relativi al 2002 parlano di 26 mila miliardi (vecchie lire) di spesa solo per questo settore. In altre parole quasi la metà della spesa sanitaria privata italiana viene assorbita per l acquisto di prestazioni odontoiatriche. Se si evidenzia poi che l odontoiatria è al 90% erogata da soggetti privati, emerge evidente come una parte rilevantissima di questa spesa sanitaria esce totalmente dal circuito del SSN per circolare da paziente (privato acquirente) ad erogatore (odontoiatra privato). Altro dato rilevante che caratterizza il settore odontoiatrico è quello per cui una fetta molto piccola di popolazione accede alle prestazioni odontoiatriche: sicuramente una percentuale più bassa rispetto alla percentuale di accesso alle altre prestazioni sanitarie. Ciò probabilmente non perché non ci sia bisogno di odontoiatria, ma perché l odontoiatria ha dei costi (sostenuti solo dal privato) e quindi i bisogni di salute orale si scontrano con un problema di sostenibilità economica da parte del paziente. In questo senso se si può, senza dubbio, affermare che l orga- 22

2 nizzazione del SSN - così come sopra delineata - ha portato ad una crescita della generale cultura della salute da parte del cittadino (facendogli acquisire la consapevolezza dei propri bisogni di salute), si può con altrettanta sicurezza affermare che tale processo non ha avuto parallelo sviluppo per quanto riguarda la salute orale. In altre parole, il livello di bisogno della salute orale della popolazione italiana è, con tutta probabilità, non soddisfatto: ciò sia per ragioni economiche sia per ragioni di scarso sviluppo della consapevolezza dell importanza della salute orale. Tracciata una foto dell assetto fino alla fine degli anni Novanta, vorrei illustrarvi quali sono gli interventi - non solo in ambito nazionale ma anche in quello comunitario - che dal 1999 in avanti vanno secondo me ad incidere sul settore odontoiatrico. Partiamo dalla Comunità Europea. Non vi è dubbio che la sanità non è materia di diretta competenza della Comunità (come invece ad esempio la libera circolazione delle merci, che ha portato all emanazione di atti normativi di diretta efficacia nel nostro ordinamento: cito a titolo di esempio la Dir. 93/42/CEE). E altrettanto vero però che intorno all anno 2000, cioè superata una prima fase della storia della Comunità Europea - nella quale si è lavorato intorno agli obiettivi cardine del Trattato (libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi) - la Comunità si è posta altri obiettivi. Con il Consiglio di Lisbona del marzo del 2000, infatti, si è fatto avanti il proposito di lavorare per uniformare il livello sociale della vita dei cittadini europei e si è cominciato a parlare di un sistema di coordinamento aperto degli Stati membri per raggiungere un modello sociale europeo, nella consapevolezza che un modello sociale (che investe quindi anche i temi della salute dei cittadini europei) uniforme ed armonico rappresenta senza dubbio una ricchezza per l intera Comunità. Questo obiettivo - che la Comunità si sta ponendo - non si tradurrà nell emanazione di discipline di diretta applicabilità (per le ragioni di competenza sopra indicate) ma segna uno sviluppo di pensiero e indica la chiara volontà della Comunità Europea di cominciare ad occuparsi della qualità della vita dei cittadini europei, creando modelli di coordinamento tra gli Stati membri attraverso i quali ci si parla, ci si incontra, ci si confronta sui meccanismi scelti ed operanti nei diversi Stati con l obiettivo di analizzarli, valutarli e vagliarne l eventuale esportabilità per quanto riguarda gli aspetti positivi o la modificabilità per quelli negativi. Dopo il Consiglio di Lisbona, vi sono stati una serie di documenti che segnano questo percorso; io ve ne segnalo soltanto due che secondo me sono significativi per i lavori di questa giornata. Il primo è la risoluzione del Parlamento Europeo del novembre 2000 (quindi subito dopo il Consiglio di Lisbona) sull assicurazione malattia: tale risoluzione ha come obiettivo quello di analizzare e coordinare le assicurazioni malattie dei diversi Stati membri. Constatato infatti che tutti gli Stati membri - chi più e chi meno, indipendentemente dalle scelte di politica sanitaria fatte a monte - manifestano problemi di sostenibilità economica dei sistemi sanitari (sia per l invecchiamento della popolazione sia per l aumento dei costi delle prestazioni anche in ragione dello sviluppo tecnologico), la Comunità Europea indica lo strumento dell assicurazione integrativa malattia quale meccanismo in grado di agevolare il superamento di questo problema, con l obiettivo di raggiungere una uniformità di livello sociale all interno della Comunità. La Risoluzione è poi strumento giuridico non immediatamente coercitivo; è infatti un atto del Parlamento indirizzato alla Commissione, organo esecutivo della Comunità Europea. In sostanza il Parlamento lancia un input alla Commissione perché questa svolga un indagine - tecnicamente un Libro verde - sulla base della quale poi far discendere un provvedimento, probabilmente sotto forma di Comunicazione o Direttiva, sull assicurazione malattia. Allo stato ci troviamo nella fase del Libro verde che la Comunità Europea sta per pubblicare. Non vi so dire i tempi di questo processo ma, quasi sicuramente, dal Libro verde nascerà una direttiva della Comunità Europea sull assicurazione malattia. L altro documento - a mio parere assolutamente importante - è la Comunicazione della Commissione 5 dicembre 2001 sul futuro dei servizi sanitari e l assistenza agli anziani. 23

3 In tale documento vengono sviluppati i temi già affrontati al Consiglio di Lisbona: si prende atto infatti della diversità dei sistemi sanitari all interno degli Stati membri; si afferma la necessità di trovare meccanismi di armonizzazione e cooperazione tra gli Stati membri; si prende atto - soprattutto - che seppure le soluzioni adottate possono essere diverse, i problemi sono per tutti analoghi. Quindi, per la prima volta, si propone la creazione di quello che noi definiremmo un tavolo congiunto, nel quale gli Stati membri si incontrano per confrontarsi sui loro problemi, sui meccanismi adottati e sulle possibili soluzioni. E un progetto ambiziosissimo che sicuramente avrà uno sviluppo da qui ai prossimi anni; è però fortemente indicativo di come il problema sanità sia diventato oggi un problema della Comunità e non più dei singoli Stati membri. Occorre pertanto, anche su questi temi, allargare gli orizzonti e guardare oltre quello che scrive il nostro legislatore nazionale o regionale, monitorando anche il livello comunitario. Passiamo ora agli interventi del legislatore italiano nel biennio Come accennavo all inizio, l'obiettivo del mio intervento è quello di illustrare quelle modifiche, intervenute in ambito sanitario, che andranno ad incidere, indirettamente, nel settore dentale. I temi affrontati pertanto non seguono un ordine cronologico, ma un ordine concettuale. Le modifiche di rilievo sono, a parer mio, tre: 1) Il D.P.C.M. 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza Cardine di ogni sistema sanitario è la determinazione del livello di copertura: in altre parole, la determinazione di quali prestazioni vengono passate dal SSN e quali restano, invece, fuori. In Italia dal 78, cioè dall istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, non era stato mai emanato un provvedimento specifico e diretto su questo aspetto. Conseguentemente, il D.P.C.M. del novembre 2001 rappresenta un provvedimento normativo molto importante sia dal punto dal punto di vista giuridico che dal punto di vista dell impatto sociale. E infatti la prima volta che lo Stato palesemente cerca di determinare una chiara linea di confine (seppure non si può negare che il decreto presenti comunque molte zone d'ombra e dubbi interpretativi). E però fortemente indicativo che con questo provvedimento viene inviato un messaggio diverso rispetto al passato: mentre nel 78, quando si decise di istituire il Servizio Sanitario Nazionale, il messaggio dato ai cittadini dallo Stato era il seguente: Io mi occupo della tua sanità, con questo provvedimento si dà un altro tipo di messaggio che suona più o meno così: Lo Stato si occupa della sanità fino a questo punto; per il resto se ne deve occupare il singolo cittadino perché lo Stato non ce la fa né economicamente né organizzativamente. 2) Nuovi modelli organizzativi Altro aspetto di assoluta rilevanza è la nascita e lo sviluppo - negli ultimi tre o quattro anni - di nuovi modelli organizzativi per l erogazione delle prestazioni. Come anticipato, infatti, l architettura originaria del SSN prevedeva un assoluta prevalenza dell'erogazione pubblica, diretta - attraverso i dipendenti e le strutture del SSN - oppure indiretta, attraverso i convenzionati. Questo modello di tipo pubblico ad un certo momento ha cominciato a scricchiolare: sono state infatti introdotte discipline che hanno permesso l implementazione di nuovi modelli organizzativi, attraverso i quali il privato è stato coinvolto nel processo di erogazione delle prestazioni in maniera diversa rispetto al mero convenzionamento. Ad un certo punto, cioè, ci si è resi conto che forse ci potevano essere delle maniere più efficaci ed economicamente più interessanti per il pubblico e per il privato di erogare prestazioni. Nascono in questo modo le c.d. sperimentazioni gestionali e/o innovazione gestionali, legittimate nel nostro ordinamento dalle norme che vedete indicate nella diapositiva. Negli ultimi due o tre anni io ho constatato sul piano professionale - e quindi vi porto una esperienza diretta e non teorica - una vera e propria esplosione di questi modelli. Ciò è dovuto - ritengo - a vari motivi: il privato vuole uscire da una posizione statica di convenzionato, forse neanche più tanto interessante dal punto di vista economico; il pubblico da parte sua ha bisogno dei fondi economici del privato e molto spesso anche di un diverso know how organizzativo. Da qui nascono le società consortili, le concessioni di costruzione e gestione o gli affitti d azienda (nell ipotesi in cui, ad esempio, l Azienda ASL decide di appaltare ad un privato un servizio quale ad esempio quello di Odontoiatria) che comportano, a cascata, tutta una serie di problemi giuridici che vanno dalla scelta del contraente alla tipologia di contratto da applicare, alle regole in forza delle quali disciplinare questo rapporto, tenendo conto che trattasi sempre dell erogazione di un servizio pub- 24

4 blico con i connessi problemi di controllo. Si sono aperti quindi ampi spazi innovativi, giuridicamente complessi ma altrettanto ricchi di potenzialità. Questo processo di innovazione organizzativa è così in via di sviluppo che l attuale Governo ha istituito una Commissione presso l Agenzia Sanitaria Regionale a Roma - chiamata appunto Commissione Sperimentazioni e Innovazioni Gestionali - che sta lavorando per creare una banca-dati di raccolta di questi modelli, suddivisa per tipologia di modello, per tipologia di attività appaltate (sanitaria e non sanitaria, ausiliaria, ecc.), per modalità di scelta del contraente; tale banca-dati vuole essere uno strumento operativo al servizio di tutti i soggetti interessati che possono in questo modo avere una fonte di riferimento per trarre idee, per identificare i problemi e per risolvere gli stessi usufruendo delle esperienze di altri. 3) Fondi Sanitari Integrativi I Fondi Sanitari Integrativi - contrariamente a quanto pensano i più - non nascono con il Decreto Bindi. Per la verità preesistono all istituzione del SSN e coesistono con lo stesso (mi pare nell art. 46 della l.n. 833/ 78 che sanciva l esistenza delle mutue assicurative). Poi con il D.Lgs. 502 (prima modifica della l.n. 833) il tema del terzo pagatore era tornato alla ribalta, ma è senza dubbio con il D.Lgs. 229 che le mutue, trasformate oggi nei Fondi Sanitari Integrativi, sembrano avere una indubbia accelerata e soprattutto acquistare un ruolo più di spicco nell intero assetto organizzativo del SSN. Per la prima volta infatti si interviene cercando di disegnarne i tratti fondamentali, cercando di dettare le fondamentali regole di funzionamento e di copertura assistenziale. Si coglie cioè la volontà del legislatore di spingere l acceleratore su questo progetto. È pur vero che ad oggi i Fondi Sanitari Integrativi, di fatto, non sono mai partiti; io credo che ciò sia dovuto alla concomitanza di vari fattori tra cui alcune incertezze legislative, la scarsa cultura in Italia dell assistenza mutualistica (in Italia siamo abituati a pensare che il SSN si occupa della nostra salute e quindi siamo restii ad accedere a forme di mutualità integrativa), la pressoché totale mancanza di dati statistici che dovrebbero orientare le scelte del mondo mutualistico in generale (cui consegue la difficoltà per le imprese di mutualità di misurare esattamente quale può essere lo spazio di intervento e di contributo nell ambito della sanità italiana). Ciononostante io - ma non sono l unica - ritengo che sia solo un problema di tempi e che lo sviluppo dei Fondi sarà un processo inevitabile, anche in linea con gli orientamenti comunitari ai quali abbiamo prima accennato. Sui temi innovativi sino ad ora accennati interviene una riforma istituzionale che non è esagerato definire rivoluzionaria: la modifica del Titolo V della Costituzione. Seppure infatti la sanità sia senza dubbio una materia nella quale il c.d. federalismo era già molto più sviluppato rispetto agli altri settori, non si può negare che con tale riforma della Costituzione il processo subisca obbligatoriamente una forte accelerata. Infatti le tre modifiche di cui abbiamo parlato (ossia livelli di assistenza, modelli organizzativi gestionali innovativi e Fondi Sanitari Integrativi), oggi non sono più soltanto processi che trovano la loro fonte normativa in ambito nazionale, ma possono trovare una loro disciplina anche in ambito regionale. Più precisamente: la determinazione dei livelli di assistenza è rimasta materia di competenza esclusiva statale, in ossequio ad un principiobase di uniformità e di unitarietà del nostro Stato (anche se poi - come vedremo proprio con i livelli in odontoiatria - non è affatto chiaro chi deve stabilire cosa). Diversamente per gli altri due aspetti sopra evidenziati (modalità innovative di organizzazione Fondi Sanitari Integrativi) l ambito di competenza legislativa è un tema aperto. Si ritiene infatti che detti aspetti debbano essere fatti rientrare nella più generale materia della tutela della salute la quale, in forza della nuova formulazione della Costituzione, è materia concorrente tra Stato e Regioni: ciò implica che vengono stabiliti a livello statale solo i principi fondamentali della materia, mentre viene lasciata al livello regionale la potestà di disciplinare l intera materia. Io ritengo - ma trattasi di mia opinione personale - che per quanto riguarda i modelli gestionali innovativi le Regioni abbiano ampio spazio di regolamentazione trattandosi di utilizzare e sviluppare strumenti giuridici per lo più già esistenti nell'ordinamento e per i quali si può affermare la piena sussistenza di principi fondamentali; relativamente ai Fondi Sanitari Integrativi invece, la problematica è effettivamente più complessa, sia per quanto riguarda l ambito di competenza statale e/o regionale sia per quanto riguarda la sussistenza nell ordinamento di principi fondamentali (seppure non si possa negare che i principi stabiliti all art. 9 del Decreto Bindi ben potrebbero concretizzare quei principi fondamentali della materia che oggi residuano in capo allo Stato, considerando perciò già sufficientemente delineati i contorni entri i quali poter sviluppare le 25

5 normative regionali su possibili Fondi). Quanto sopra evidenzia una novità di assoluto rilievo: oggi l interlocutore non è più soltanto lo Stato, ma diventa fortemente anche la Regione. La quale, se vogliamo per certi versi, può anche essere un interlocutore più vicino, più interessante, più accessibile e con cui è più facile lavorare, non foss altro perché comunque a livello regionale c è una vicinanza con il territorio, o con le idee, o con i problemi del territorio evidentemente molto più forte. Fatta questa panoramica, attraverso un ultima diapositiva, vorrei valutare insieme come gli aspetti sopra evidenziati, che riguardano la sanità in generale e non erano mirati all odontoiatria, finiscono invece con l incidere fortemente nel settore odontoiatrico. Partiamo dai livelli di assistenza: come a tutti certamente noto, il D.P.C.M. del novembre 2001 ha stabilito che lo Stato copre solo i programmi di prevenzione dell età evolutiva e l odontoiatria a favore dei soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità. Tale determinazione lascia però aperti molti dubbi: che cosa significa esattamente la locuzione progetti di prevenzione? Solo l igiene o anche l ortodonzia? E l età evolutiva arriva fino ai 14 o ai 16 anni? E quali sono i soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità: le fasce socialmente deboli o i soggetti clinicamente deboli? Oppure gli uni e gli altri ed eventualmente con quali limiti? Le domande sull'odontoiatria rimangono perciò aperte: io ritengo che, sotto un profilo teorico, la decisione di determinare i contenuti sostanziali della copertura avrebbe dovuto essere assunta in ambito statale. Nel silenzio dello Stato però alcune Regioni hanno già legiferato stabilendo, anche in relazione a criteri economici, i loro limiti di erogazione. Sono già intervenuti a disciplinare la materia la Valle d Aosta, il Friuli, le Marche, l Umbria e il Veneto. Il quadro che si sta pertanto delineando è di realtà regionali diversificate circa i livelli di erogazione dell'odontoiatria. Parallelamente, strettamente connesso ai tema dei livelli, sembra esserci un nascente interesse del pubblico ad attivare e/o sviluppare servizi di odontoiatria, coinvolgendo in tale processo anche il privato. Il pubblico infatti - dotato per quanto riguarda il settore dell odontoiatria solo di strutture vecchie, apparecchiature obsolete e scarsa organizzazione - sta attivando in diverse realtà modelli gestionali innovativi. In altre parole, per quanto riguarda l odontoiatria il pubblico ha identificato nelle sperimentazioni ed innovazioni gestionali un ampio spazio di operatività. Negli ultimi tempi perciò sono sorti, proprio nel settore odontoiatrico, molti esempi di innovazione gestionale, nei quali l odontoiatria privata è stata chiamata dal pubblico a forme di collaborazione nuove, portando qui le proprie conoscenze, il proprio know-how organizzativo. Tali aspetti possono poi avere effetti a ricaduta anche nell assetto generale dell odontoiatria italiana. E innegabile infatti che oggi le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, proprio in quanto aziende, possono erogare anche prestazioni oltre i livelli di assistenza, con prezzi monitorati e/o calmierati, con possibili effetti a cascata anche sul mercato privato dell odontoiatria. In sostanza si potrebbe assistere alla nascita sul mercato privato dell odontoiatria di concorrenti pubblici. Ultimo punto: come inciderà la nascita dei Fondi nel mercato odontoiatrico? La domanda è aperta essendo ancora assolutamente aperta la questione dei tempi della nascita dei Fondi. Un dato economico è però innegabile: per l odontoiatria si spendono circa miliardi (di vecchie lire) all anno. Senza semplificare o banalizzare troppo (perché so essere discorso molto complesso) ritengo però che qualsiasi soggetto, che intenda oggi entrare nel mondo della mutualità integrativa (per coprire gli ampi spazi lasciati scoperti del SSN, quali ad esempio la medicina fisica), molto difficilmente potrà attirare le economie private spese dal cittadino in sanità, ove non tenga conto del fatto che il 40% circa di tali economie sono assorbite dall odontoiatria. In altre parole il cittadino che, anziché pagare direttamente la sanità privata, decide di investire in un assicurazione sanitaria privata, ovviamente guarderà se quell assicurazione gli copre almeno una parte di odontoiatria: diversamente quel Fondo si rivelerà economicamente poco appetibile. Io spero di aver tracciato una panoramica che apra la strada agli interventi che seguiranno, perché ora abbiamo un esempio di ipotesi di Fondo Sanitario Integrativo per la Regione Lombardia per l odontoiatria, e poi abbiamo un esperimento interessantissimo sulla società mista pubblico/privato per la gestione di una grossa struttura per acuti. Quindi spero che questa mia panoramica vi possa servire per inquadrare meglio i progetti concreti attuali. 26

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