La medicalizzazione della gravidanza e del parto

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1 Università degli Studi del Sannio Facoltà di Economia La medicalizzazione della gravidanza e del parto Tesi di Maria Giovanna Esposito Relatore: Prof. Paola Mancini a.a

2 INTRODUZIONE Il fenomeno Circa un secolo fa, la medicina andava di pari passo con la scienza e la fisica classica e meccanica, applicando queste discipline scientifiche al corpo umano e alle sue funzioni. Tale visione venne adottata anche nell ambito della gravidanza e del parto. I sistemi occidentali di assistenza medica sono oggi caratterizzati dall utilizzo del potere della scienza: essi, infatti, hanno una visione meccanicistica del corpo umano il quale può essere riparato meccanicamente, cioè mediante farmaci e chirurgia. Coerentemente a concezioni come queste, il periodo prenatale viene considerato come una fase che porta con sé un alto rischio di patologia e il parto è ritenuto un problema medico. Quindi, il presupposto sul quale si basa il modello medico è che la gravidanza e le fasi ad essa connesse sono patologie. La donna, vista come soggetto passivo, nel periodo che va dal concepimento al parto, è sotto stretto controllo medico, con esami preventivi e cure particolari per le pazienti ritenute ad alto rischio. Ciò fa sì che nelle soluzioni tecnologiche vi si ripone sempre più una maggiore fiducia ritenendole non tanto appropriate bensì necessarie. Non sono però da trascurare i fattori psicologici, sociali e ambientali che devono essere enfatizzati in quanto determinanti per la salute della donna in stato interessante e per il nascituro. Se si tiene conto di questa concezione la gravidanza non è una malattia, ovvero un processo puramente fisiologico e biochimico ma combinato ad elementi mentali e spirituali. Lo stesso dicasi per il parto. La gestante non deve essere necessariamente trattata come una paziente e non necessariamente il parto richiede una procedura chirurgica, naturalmente salvo i casi di gravidanze a rischio. Quindi la tecnologia non va rifiutata ma utilizzata in modo adeguata. Da quando la riproduzione umana è divenuta campo esclusivo della medicina, la gravidanza e il parto sono stati trasformati in eventi medici, da 3

3 curare. Da un loro stato naturale si è passati a quello patologico: si fa sempre più largo un procedimento standardizzato e specialistico rivolto indiscriminatamente a tutte le donne, anche a quelle in perfetta salute. Queste ultime sembrano aver perduto anche la capacità di scegliere strumenti, modalità e tempi per affrontare al meglio la maternità e di conseguenza aumentano le loro tensioni, paure e insicurezze. Nell ambiente medico, si assiste ad un uso di procedure che sono state testate su gruppi a rischio, nella convinzione che se una procedura è efficace nell assistenza del rischio, a maggior ragione sarà efficace nei casi normali : gli interventi, l uso esclusivo di esami, test diagnostici (anche quelli invasivi) e i tagli cesarei si fanno sempre più numerosi. Ciò non si mostra funzionale ad un miglioramento effettivo dell assistenza della gravidanza sino al parto, ma all organizzazione della stessa struttura sanitaria. Attualmente, in tutti i paesi sviluppati, incluso il nostro, si sta assistendo ad una crescente medicalizzazione della gravidanza e del parto, ovvero ad un aumento della frequenza di procedure diagnostiche e terapeutiche complesse e invasive estese alla totalità delle gravidanze senza nessuna prova scientifica della loro necessità ed efficacia. Situazione, questa, che porta con sé conseguenze negative non solo alla sanità, alla quale vengono tolte delle risorse in quanto si sostengono delle inutili spese, ma anche alla persona stessa delle donne, di cui anziché tener conto delle sue necessità fisiologiche e psicologiche (e anche del bambino), si bada alle necessità dei medici e del sistema ospedaliero. I protocolli Per fronteggiare questo problema, l OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, nata nel 1948 per ben definire i sistemi sanitari nazionali, ha posto molta attenzione sulla sorveglianza della gestazione, del parto e del periodo postnatale. Infatti essa esaminò i servizi all assistenza nel percorso nascita per poi formulare, nel 1985, delle conclusioni alla cui base c è il 4

4 principio che la gravidanza non è una malattia ma un processo naturale e normale durante il quale ogni donna ha il diritto di ricevere un assistenza appropriata e che essa abbia un ruolo centrale in tutti gli aspetti di questa assistenza, compresa la partecipazione nel pianificare e valutare l assistenza stessa. Per quanto concerne le cure prenatali, il modello raccomandato dall OMS prevedeva inizialmente una visita al mese fino alla 30 a settimana, 2 al mese dalla 30 a alla 36 a settimana e poi una a settimana fino al momento del parto, per un totale di visite. Diversi studi dimostrarono però che tale modello non si basava su evidenze scientifiche (Villar, Carroli et al., 2006; Banta, 2003) e non giustificava le differenze nel ricorso alle cure che si riscontravano fra paesi o all interno di uno stesso paese (Blondel et al., 1986; Haertsch et al., 1999). Il motivo per il quale non esisteva una certa concordanza tra protocollo e pratica è da ricercare nella limitata sperimentazione delle cure prenatali. Alcuni anni dopo le raccomandazioni dell OMS furono sì snellite ma comunque prove di controllo randomizzato le confermarono. Infatti, il nuovo modello proposto dall OMS elimina le cure che possono essere considerate superflue per le donne con gravidanze non a rischio riducendo le cure prenatali a solo 4 visite, che possono essere effettuate anche da un ostetrica o dal medico generico e che includono ogni volta un controllo accurato delle condizioni a rischio: misurazione della pressione sanguigna, esame delle urine, 2 analisi del sangue, 1 ecografia ostetrica entro la 24 a settimana per confermare l età gestazionale, una serie di screening ed una specifica educazione sanitaria. Inoltre l OMS suggerisce una percentuale di parti cesarei non superiore al 15%, nella maggioranza dei casi. Quindi tale protocollo si propone come obiettivo la riduzione dell intensità di cure e di usare procedure di provata efficacia in modo che non si interferisca nell evoluzione naturale. Inoltre la ricerca nei paesi sviluppati ha evidenziato che non sono tanto i fattori medici, ma quelli socio-economici a spiegare maggiormente le differenze dell uso delle cure prenatali nei paesi occidentali. 5

5 In Italia, dato che la mortalità materna e infantile toccano i livelli più bassi tra quelli caratteristici dei paesi sviluppati, il Ministero della Salute nel 1998 ha decretato la possibilità alle donne in gravidanza di poter usufruire gratuitamente nelle strutture sanitarie pubbliche o convenzionate, inclusi i consultori, di: 8 visite, 3 ecografie ostetriche (la seconda delle quali è di tipo morfologica e dovrebbe essere effettuata fra il quinto e il sesto mese di gestazione), un esame delle urine ad ogni visita, 3 esami del sangue, lo screening per l HIV, la diagnosi prenatale per le donne di oltre 34 anni e/o con precedenti familiari che la consiglino. Nonostante nel nostro paese la quantità delle cure prenatali raccomandata sia maggiore di quella suggerita dall OMS, le donne italiane medicalizzano sempre più la loro gravidanza. Ma non solo. I tagli cesarei aumentano vertiginosamente, diventando ormai di routine. 6

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