Elementi base di TEORIA & ARMONIA

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1 Teoria Elementi base di TEORIA & ARMONIA La musica si può paragonare alla matematica, in quanto entrambe sono sottomesse a regole che ne governano l utilizzo. Per chi fosse interessato allo studio completo della musica, sotto forma teorica, consiglio vivamente di approfondire le cognizioni di seguito riportate, che sono qui presenti come base per lo studio degli argomenti trattati nel sito. Calcolate che un buon libro di teoria e armonia è molto spesso (sia a livello di pagine che di contenuto didattico), ma è essenziale per l apprendimento completo della materia. Le nozioni di armonia saranno sempre legate agli esempi e agli esercizi che via via si possono trovare nelle varie pagine del sito. Iniziamo quindi con l analisi del suono. Questo è la forma principale della musica che giunge alle orecchie dell ascoltatore, ed è costituito da questi fattori: le note e il ritmo, a cui si vanno ad aggiungere le varie opzioni di espressione delle note (dinamica, colore, timbro ecc.). Le note musicali. E palese che chiunque conosca almeno il nome delle sette note naturali: DO RE MI FA SOL LA SI. Queste si possono leggere sul pentagramma, che è un insieme di cinque linee e quattro spazi sui quali vengono a trovarsi i simboli delle note. Solitamente si intende definire questa sequenza di note scala maggiore. La sequenza deve essere terminata con la nota di partenza un ottava sopra. Il termine di ottava indica lo spazio (in numero) di note che separano una nota dalla sua simile più alta (o più bassa). Vediamo sul pentagramma la scala di do maggiore: Le sette note naturali sono intervallate da cinque note alterate. L alterazione di una nota è data da simboli grafici, il diesis (#) e il bemolle (b), che ne aumentano o diminuiscono di un semitono l altezza. La distanza che separa una nota da un'altra viene definita intervallo. La minima distanza tra due note vicine è il semitono (abbr. st), mentre la massima distanza, sempre tra due note vicine, è il tono (abbr. t). Osservando la tastiera di un pianoforte, si può facilmente intuire la progressione dei diesis e dei bemolli. Questa progressione crea la scala cromatica: ascendente (progressione dei diesis) e discendente (progressione dei bemolle).

2 Teoria Scala cromatica ascendente (progressione dei diesis): Scala cromatica discendente (progressione dei bemolle): Di regola, in senso ascendente si altera una nota con il diesis, mentre in senso discendente con il bemolle. Per comodità, comunque, molte volte si usano entrambi sia in modo che nell altro. Una nota alterata può quindi essere chiamata con due nomi diversi pur avendo lo stesso suono: in pratica DO# e REb sono la stessa nota, così come RE# e MIb, FA# e SOLb, SOL# e LAb, LA#e SIb. Questa particolare situazione esistente tra due note viene identificata come suoni omofoni (queste note possono essere chiamate anche note enarmoniche). Il doppio diesis (## oppure x) e il doppio bemolle (bb) alzano di due semitoni l intonazione. E possibile trovare anche il diesis sulle note MI e SI, oppure il bemolle su DO e FA, nei casi di specifiche tonalità, ma pure per comodità di scrittura. Tabella comparativa delle note enarmoniche. DO# = REb RE# = MIb FA# = SOLb SOL# = LAb LA# = SIb La chiave musicale in cui legge la chitarra è la chiave di violino. Tra questa e l indicazione di tempo possono trovarsi le varie alterazioni che identificano particolari tonalità, che, di base, vanno ad alterare le note cui sono abbinate per tutta la durata del brano, purché non trovino il simbolo di bequadro, che annulla l alterazione. Le alterazioni seguono delle regole ben precise. Quando una nota viene alterata, questa rimane alterata fino al termine della battuta stessa e quindi se, all interno della battuta, viene a trovarsi dopo una nota alterata una nota (o più note) della stessa altezza ( termine con cui si indica lo stesso nome fra due note ), queste subiscono l alterazione della prima nota. L alterazione può comunque essere sospesa tramite l uso del bequadro. Quest ultimo ha sempre valore dal punto in cui si trova fino al termine della battuta.

3 Teoria Tempo e ritmo. Una linea melodica o una progressione armonica deve essere costruita abbinando alle note anche la divisione ritmica, che ne regola il comportamento a livello metrico. Con questo ultimo termine si vuole indicare la successione degli eventi musicali nel tempo. Per capire il rapporto tra i valori di tempo delle note, bisogna innanzitutto conoscerne i valori, spiegati nello specchietto seguente. SIMBOLO NOME VALORE DURATA semibreve intero 4/4 minima metà 2/4 semiminima quarto 1/4 croma ottavo 1/8 semicroma sedicesimo 1/16 biscroma trentaduesimo 1/32 semibiscroma sessantaquattresimo 1/64 Anche le pause hanno un valore di tempo definibile con gli stessi termini utilizzati per le note suonate, in quanto hanno la medesima importanza dal punto di vista tecnico, sonoro e di esecuzione delle note stesse. Un buona melodia, oltre ad essere costruita con gusto nella scelta delle note, è comprensiva anche di pause musicali, che danno respiro all'esecuzione sia da parte del musicista che dell 'ascoltatore stesso. Così anche una buona ritmica deve avere il giusto rapporto tra eventi suonati e pause. Nella scrittura delle pause, ovviamente, i simboli sono diversi dai simboli delle note, come si può notare nello specchietto seguente.

4 Teoria semibreve intero 4/4 minima metà 2/4 semiminima quarto 1/4 croma ottavo 1/8 semicroma sedicesimo 1/16 biscroma trentaduesimo 1/32 semibiscroma sessantaquattresimo 1/64

5 Teoria pag 2 La scrittura musicale è un insieme di simboli tra note e pause che vengono inseriti in una battuta : i valori di tempo sommati devono essere coincidenti con il valore richiesto dall'indicazione di tempo in chiave.l'unità di misura a cui devono fare riferimento le note è la velocità metrica del brano (o tempo metrico), che può essere scandita dal metronomo: a seconda dell'impostazione del metronomo nel brano, gli eventi musicali si succederanno con maggiore o minore velocità.il pentagramma (detto anche rigo musicale) viene suddiviso in battute (o misure) delimitate dalle stanghette verticali. Dopo la chiave di violino si trova l'indicazione di tempo, composta da un numero frazionario che serve a dare delle informazioni circa l'andamento metrico a cui si basa il brano. I due numeri hanno un proprio significato, come possiamo vedere nel rigo sotto. Facciamo un esempio per capire meglio i concetti appena visti. In un rigo con un tempo in chiave di 4/4 individuiamo i movimenti di metronomo, che visualizziamo con una serie di punti. Possiamo definire ogni punto come il battito (cioè il tac ) del metronomo. Ogni battito viene chiamato movimento e, come spiegato prima, avrà un valore ritmico. Come trovare questo valore? Il numero superiore ha indicato che in ogni battuta troviamo 4 movimenti e di conseguenza, per trovare il valore ritmico di ogni singolo movimento, faremo una semplice operazione matematica: il tempo in chiave (4/4) diviso il numero dei movimenti (4), che ci darà come risultato 1/4, cioè un nota del valore di semiminima. Numeriamo ora i quattro movimenti e suoniamo una nota del valore di una semiminima, che sarà coincidente con la successione dei movimenti. Questa vista sopra è la forma di tempo più classica che possiamo trovare. Di base possiamo ottenere due indicazioni di tempo in chiave: 2/4 e 3/4. La prima (2/4) forma misure pari, la seconda (3/4) misure dispari. Queste si possono moltiplicare in altre misure: pari ( 2/4, 4/4, 6/4 ) e dispari ( 3/4, 6/4, 9/4 ). Si possono ottenere anche misure composte, sommando valori pari con valori dispari, come ad esempio 5/4 (ottenuto da 2/4 + 3/4 ), oppure 7/4 ( 3/4 + 4/4 ). Sono molto usati tempi con gli ottavi (tipico il 12/8 nel blues), un po meno quelli con i sedicesimi (ad esempio 7/16). Il 4/4 a volte viene indicato con una C; quando questa è tagliata da una lineetta (C), abbiamo il tempo tagliato, dove le note dimezzano il loro valore ( per esempio un quarto ha in pratica il valore di ottavo ecc.) Nel rigo sotto vediamo qualche esempio. A questo punto occorre imparare a riconoscere il rapporto tra i valori di tempo, che vediamo nel grafico

6 Teoria pag 2 seguente. Si deduce chiaramente che il rapporto tra un valore di tempo e quello seguente è esattamente il doppio. In pratica, in una nota da 4/4 ne troviamo due da 2/4; in una nota da 2/4 troviamo due semiminime e così via. E chiaro anche che in una semibreve troviamo due minime, oppure quattro semiminime, otto crome, sedici semicrome ecc. Il punto di valore abbinato ad una nota serve a prolungarne il suono di metà valore della nota stessa. In pratica, un nota da 1 / 4 col punto suona come una semiminima più la sua metà (una croma), per un totale di un quarto e mezzo. Di seguito alcuni esempi. Se guardiamo ad esempio la prima battuta, abbiamo una nota da 1 / 4 più il punto ( che dura un quarto e mezzo) e una nota da 1 / 8, per un totale di due movimenti. Se dividiamo questi due primi movimenti ad ottavi, avremo quattro crome: il quarto col punto vale quindi tre ottavi. Anche le pause possono utilizzare il punto di valore secondo queste regole. Finora abbiamo visto figure ritmiche regolari, le quali possono essere praticamente sempre divise per due. Le ritmiche irregolari sono invece quelle che sono composte da un numero dispari di note o che dividendo per due danno un numero dispari. Le più usate sono le terzine, le cinquine e le sestine. Solitamente questi gruppi irregolari di note sono segnalati da un numero sopra le note stesse che ne indica il tipo. Ecco alcuni esempi. Fondamentale è ricordare che in una battuta la somma dei valori, come già detto, dia il totale del suono più lungo disponibile nella battuta stessa. E quindi possibile inserire in una battuta le più svariate combinazioni di

7 Teoria pag 2 figurazioni ritmiche (tra note e pause), fermo restando di tener fede alla regola di cui sopra: la somma dei valori nella battuta deve coincidere col totale richiesto in chiave.

8 Teoria pag 3 Costruzione della Scala Maggiore. La regola generale che governa la costruzione di una scala consiste nel disporre una serie di toni e semitoni a partire dalla tonica (la nota che darà il nome alla scala e che ne sta alla base). Una scala maggiore viene definita anche scala diatonica maggiore, in quanto tutte le note che ne fanno parte devono avere nome diverso l'una dall'altra. Il termine diatonico deriva dall'analisi di una coppia di note distanti tra loro un semitono. Queste costituiscono un intervallo cromatico, se le due note hanno nome uguale (ma suono diverso: DO e DO#, per esempio), oppure un intervallo diatonico, se le due note hanno nome diverso (e chiaramente anche suono diverso: MI e FA, oppure SOL# e LA). Per convenienza abbreviamo il termine scala diatonica maggiore con SDM. Analizzando la successione delle note nella SDM di DO, possiamo rilevare una serie di toni e semitoni che è caratteristica della scala maggiore, e che useremo per tutte le altre SDM. Nella scala, le note vengono a trovarsi in una posizione ben fissa in rapporto alla tonica. Questa posizione è identificata come grado, e perciò le note nella SDM di DO saranno così graduate: t t st t t t st DO RE MI FA SOL LA SI DO I II III IV V VI VII VIII Ogni grado ha una propria definizione: I grado tonica o fondamentale II grado sopratonica III grado mediante, caratteristica o modale IV grado sottodominante V grado dominante VI grado sopradominante VII grado sensibile VIII grado ottava Per costruire qualsiasi scala, il sistema più conveniente è quello di creare la successione di toni e semitoni tipica della scala stessa all'interno della scala cromatica, partendo dalla nota che dovrà essere tonica nella nuova scala. Il rapporto di toni, semitoni e gradi deve essere sempre rispettato. E' ovvio che cambieranno le note in base alla tonica prescelta. Proviamo a costruire la SDM di MI. Innanzitutto facciamo riferimento alla scala cromatica, facendo partire la successione di note appunto dalla nota MI. Ora utilizziamo la successione di toni e semitoni tipica della SDM e inseriamola a partire dalla nota MI. Il risultato sarà il seguente:

9 Teoria pag 3 A questo punto mettiamo in successione le note della SDM di MI. Si può osservare chiaramente la presenza delle alterazioni sulle note FA,SOL,DO e RE. Queste sono tipiche della tonalità di MI maggiore e, per convenienza, sarà opportuno indicarle in chiave. Questo sistema, che analizzeremo osservando i rapporti delle tonalità, viene definito armatura in chiave. Essendo diatonica, la SDM deve avere tutte le note di nome diverso. Se vediamo la SDM di FA, possiamo notare che la nota LA# è stata trasformata in SIb: questo è obbligatorio, in quanto nella costruzione dopo la nota LA avremo dovuto aggiungere un semitono (ottenendo LA#), ma avremo anche trovato due LA consecutivi e nessun SI (LA - LA# - DO). La sostituzione di LA# con Sib è quindi scontata e, ripeto, obbligatoria. Questa è la SDM di FA, con un bemolle in chiave (Sib). In alcune scale possiamo trovare i diesis sulle note MI e SI, oppure i bemolle su DO e FA. Per esempio nella SDM di SOLb troviamo il bemolle sulla nota DO, come possiamo vedere sotto. Costruendo una scala può capitare che, in alcune tonalità ricche di alterazioni, una nota sia coincidente come suono ad una nota successiva. Abbiamo visto che nelle scale, grazie alla regola che ne indica il senso diatonico (ogni nota deve avere un nome diverso), tutte le note sono presenti nella successione dei suoni. Questo può comportare la presenza del doppio diesis (che viene scritto con due simboli appaiati, e cioè ##, oppure con il simbolo x), o la presenza del doppio bemolle (due bb davanti alla nota). Come esempio costruiamo la scala diatonica maggiore di LA#, ricordandoci sempre di visualizzare la scala cromatica e di operare le varie trasformazioni enarmoniche. Alla tonica, cioè LA#, aggiungiamo un tono. Ci troviamo subito alla prima trasformazione enarmonica, in quanto la nota SI, per essere distante un tono dal LA#, deve avere obbligatoriamente un diesis, che ne porta il suono coincidente con la nota DO. E siccome utilizzando su questa nota il nome DO avremmo saltato il nome SI, ecco spiegato il motivo per cui si deve utilizzare appunto il SI#. Dal SI# avanziamo di un tono, arrivando così al doppio diesis, e cioè DO## (oppure DOx). Questa nota è ha lo stesso suono della nota RE naturale, ma, come oramai deve essere chiaro, nella scala prende il nome di DO##. Da DO## avanziamo di 1semitono e troviamo quindi RE#. Si può intuire il senso logico paragonando DO## a RE (sua nota enarmonica) e pensando che se si aggiunge 1st alla nota RE questa sale a RE#. Di conseguenza DO## (cioè RE) più 1 semitono diventa RE#. Da RE# saliamo di 1 tono e troviamo un altro suono enarmonico. Infatti dobbiamo chiamare la nota con il nome MI# (coincidente al suono FA).

10 Teoria pag 3 Da MI# saliamo di 1 tono e troviamo FA## (che ha come suono reale la nota SOL naturale). DA FA## arriviamo un tono dopo a SOL## (suono reale: LA naturale), per concludere 1 semitono sopra alla tonica LA#. Osservate la scala in entrambi i sensi (ascendente e discendente), ricordando che il simbolo x indica appunto il doppio diesis: Lo stesso discorso vale anche per tutti i tipi di scale. Bisogna solo prendere confidenza con le regole che ne governano la costruzione. Provate a vedere ad esempio le varie scale minori e vedrete quante alterazioni possibili sono in esse contenute. E molto utile conoscere tutte le scale, nella loro costruzione, tonalità e tipo (maggiore, minore, modali ecc.) e riconoscere le tonalità dalle alterazioni in chiave (o armatura in chiave), e perciò un buon consiglio è quello di esercitarsi a costruire le scale, seguendo scrupolosamente le regole. Potete esercitarvi confrontandone poi i risultati osservando la tabella delle Scale Diatoniche Maggiori. Voglio ricordare un particolare molto importante. Quando si scrive una parte musicale con la presenza di alterazioni momentanee ( cioè quelle che non si trovano in chiave), la regola delle alterazioni ci obbligherebbe a seguire le direzioni ascendenti per segnalare i diesis e quelle discendenti per segnalare i bemolle. E molto più comodo, invece, scrivere la parte mettendo il minor numero possibile di simboli per facilitarne la lettura. In pratica: guardiamo il seguente rigo. Osservate il fatto che negli ultimi due ottavi della prima battuta troviamo due note discendenti e quindi l ultimo FA# avrebbe dovuto (secondo la regola) essere scritto come SOLb. Lasciando la nota di FA (che automaticamente è diesis per l alterazione sul precedente FA#) ho evitato di mettere un ulteriore simbolo (il bemolle sul SOL discendente). Idem nei due ultimi ottavi della seconda battuta, dove ho preferito lasciare il FA# al posto del SOLb. Tutto questo, ripeto, per ottenere una migliore pulizia nella scrittura e facilitarne la lettura. In molte occasioni si possono trovare cambi di tonalità all interno del brano. Questi possono essere segnalati con l inserimento di una chiave seguita dalle nuove alterazioni nel punto in cui si cambia tonalità. Ma è frequente anche non trovare alterazioni in chiave già dall inizio del brano. Solitamente questo succede quando la linea melodica è ricca di alterazioni al di fuori della tonalità in uso, oppure quando i cambi di tonalità sono molto vicini fra loro.

11 Teoria pag 4 Gli intervalli. La distanza che separa due note viene definita intervallo. Con questo termine si regola anche il rapporto armonico che esiste tra le due note. E molto importante conoscere a fondo i rapporti tra le note, in quanto è proprio grazie agli intervalli che possiamo costruire qualunque tipo di scala o di accordo. Quindi consiglio di leggere e studiare bene questa parte. Per conoscere l intervallo tra due note occorre innanzitutto avere ben presente la SDM della nota più bassa, dopo di che, utilizzando la tabella che stiamo per vedere, analizziamo il posto in cui si viene a trovare l altra. La tabella illustra cinque categorie di intervalli (sarebbero sette, ma vediamo le più usate). La SDM viene sezionata in modo da abbinare ogni grado della scala ad un determinato intervallo. Gli intervalli si definiscono giusti, maggiori, minori, diminuiti e aumentati. Facciamo un esempio con la SDM di DO, che vediamo nella tabella sottostante. DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I DO II RE III MI IV FA V SOL VI LA VII SI VIII DO Come si può facilmente notare, le otto note sono state ''distribuite'' su due categorie. Nella SDM, infatti, il I. IV, V e l' VIII sono considerati intervalli giusti, mentre il II, III, VI e il VII intervalli maggiori. Questa distinzione è data dal rapporto armonico che hanno i vari gradi con la tonica (DO). Se vogliamo sapere che distanza separa la nota DO dalla nota MI, possiamo dire che abbiamo un intervallo di terza maggiore, che equivale ad una distanza fisica di due toni (DO - RE = 1tono, RE - MI = 1 tono). Oppure la distanza tra DO e SI, cioè un'intervallo di settima maggiore o ancora tra DO e FA (quarta giusta). Questo nel caso la tonalità sia quella di DO maggiore. Ora, in un altra tonalità il rapporto armonico rimane invariato, e cioè la tonica è sempre un I e così via via tutte le altre note appartengono alle loro categorie di intervalli. Vediamo ad esempio la tonalità di MI maggiore, e quindi la SDM di MI. DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I MI II FA# III SOL# IV LA V SI VI DO# VII RE# VIII MI Come si puo' facilmente notare, le note della scala sono inserite nella loro cella di appartenenza intervallare mantenendo eventualmente anche le eventuali alterazioni tipiche della tonalità di appartenenza, che siano diesis (come, appunto, nella tonalità di MI), o bemolle, come ad esempio la tonalità di SIb che vediamo nella tabella sottostante.

12 Teoria pag 4 DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I SIb II DO III RE IV MIb V FA VI SOL VII LA VIII SIb

13 Teoria pag 4a Torniamo ora alla nostra SDM di DO e vediamo come si possono ottenere tutti gli altri intervalli. Abbassando di un semitono un intervallo maggiore otteniamo un intervallo minore. DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I DO II REb RE III MIb MI IV FA V SOL VI LAb LA VII SIb SI VIII DO Facciamo degli esempi. Che intervallo c'è tra DO e Mib? Una terza minore: alla nota MI (terzo grado maggiore) abbiamo tolto un semitono, ottenendo Mib. Che intervallo è DO - Sib? Una settima minore, in quanto a SI, settimo grado (maggiore), abbiamo anche in questo caso tolto un semitono. Se abbassiamo di un semitono l'intervallo giusto o quello minore, otteniamo un intervallo diminuito. DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I impraticabile DO II REbb REb RE III MIbb MIb MI IV FAb FA V SOLb SOL VI LAbb LAb LA VII SIbb SIb SI VIII DOb DO Il doppio bemolle viene a crearsi in quanto togliere un semitono a una nota vuole dire anche mettere un bemolle, e quindi una nota che già era bemolle (vedi MIb) diventa automaticamente MIbb. Notare che REbb in pratica è un DO, così come MIbb è un RE, ecc. Bisogna ricordare che la nota che è abbinata al grado deve rimanere col suo nome, a cui vanno aggiunte o tolte le alterazioni. Non è possibile ottenere il I diminuito. L'intervallo aumentato si ottiene alzando di un semitono l'intervallo giusto o quello maggiore. Quindi: che intervallo abbiamo tra DO e SOL#? Un intervallo di quinta aumentata, che otteniamo alzando il quinto grado (SOL) di un semitono (SOL#). Oppure: che intervallo separa DO e RE#. Un intervallo di seconda aumentata, ottenuto aumentando la seconda maggiore (RE) di un semitono (Re#).L'intervallo aumentato viene anche definito intervallo eccedente. Gli altri due tipi di intervallo che non abbiamo trattato sono: l' intervallo più che diminuito, che si ottiene abbassando di un semitono l'intervallo diminuito, e l' intervallo più che aumentato (o più che eccedente), che si ottiene alzando di un semitono l'intervallo aumentato. Lo schema a questo punto sarà completo, come vediamo subito sotto. DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I impraticabile DO DO# II REbb REb RE RE#

14 Teoria pag 4a III MIbb MIb MI MI# IV FAb FA FA# V SOLb SOL SOL# VI LAbb LAb LA LA# VII SIbb SIb SI SI# VIII DOb DO DO#

15 Teoria Ma se la nota più bassa non è un DO? Chiaramente, come già abbiamo visto nel caso delle SDM di MI e SIb il sistema non cambia, anche se conviene fare qualche esempio. Supponiamo di dovere cercare l'intervallo tra MI e SOL. Innanzitutto sezioniamo la SDM di MI, che, come abbiamo già visto, verrà espressa in questo modo: DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I MI II FA# III SOL# IV LA V SI VI DO# VII RE# VIII MI Per trovare l'intervallo minore occorre abbassare di un semitono l'intervallo maggiore. In pratica: FA# meno un semitono diventa FA, SOL# meno un semitono diventa SOL ecc. Perciò MI - SOL formano un intervallo di terza minore (e le due note si trovano quindi ad una distanza fisica di un tono e mezzo). L'intervallo diminuito si ottiene togliendo un semitono all'intervallo giusto o a quello minore. Quindi troveremo ad esempio MI - LA (quarta giusta), oppure MI - LAb (quarta diminuita); MI - RE ( settima minore) oppure MI - REb (settima diminuita). Infine, l'intervallo aumentato si ottiene aggiungendo un semitono all'intervallo giusto o maggiore: MI - FA# (seconda maggiore) oppure MI - FA## (seconda aumentata); MI - SI (quinta giusta) oppure MI - SI# (quinta aumentata). La tabella degli intervalli con base MI è la seguente: DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I impraticabile MI MI# II FAb FA FA# FA## III SOLb SOL SOL# SOL## IV LAb LA LA# V SIb SI SI# VI DOb DO DO# DO## VII REb RE RE# RE## VIII MIb MI MI# Vediamo un altra tonalità, ad esempio LAb. Nella tabella, la SDM di LAb viene evidenziata in blue scuro. Abbassando di un semitono DO (intervallo di terza maggiore), otteniamo DOb, cioè un intervallo di terza minore. Abbassando di un semitono REb (intervallo di quarta giusta), otteniamo REbb, cioè un intervallo di quarta diminuita. Alzando di un semitono FA (intervallo di sesta maggiore), otteniamo FA#, cioè un intervallo di sesta aumentata. Ecco quindi lo schema completo della tonalità di LAb DIMINUITO MINORE GIUSTO MAGGIORE AUMENTATO I impraticabile LAb LA II SIb bb SIbb SIb SI III DObb DOb DO DO#

16 Teoria IV REbb REb RE V MIbb MIb MI VI FAbb FAb FA FA# VII SOLbb SOLb SOL SOL# VIII LAbb LAb LA Chiedo scusa se sono stato un po' ripetitivo, ma questo argomento è di tale importanza da non sottovalutarlo assolutamente. Anzi, consiglierei vivamente di esercitarsi a lungo con tutte le tonalità, in modo da sapere riconoscere al volo la relazione tra due note in qualsiasi momento anche quando si sta suonando. Vedrete che più avanti ne farete largo uso. Andate quindi alle pagine degli esercizi sugli intervalli, dove imparerete a far pratica con queste importantissime nozioni. Esercitatevi per un buon periodo, fino ad arrivare ad avere perfetta confidenza con gli intervalli

17 Notazione Anglosassone Notazione Anglosassone. Attualmente la normale dicitura che determina il nome delle note viene vista su doppia terminologia. Da un lato la notazione tradizionale, quella che solitamente viene definita come europea (o latina), dall'altro la notazione cosiddetta anglosassone. E' proprio quest'ultima che viene sostanzialmente usata in quasi tutti i paesi, e oramai si può dire che ne diventerà presto uno standard. Molto importante, quindi, prendere confidenza con la notazione inglese, e questa sezione serve appunto allo scopo di assimilare il più possibile i termini anglosassoni. I nomi sillabici delle note vengono tradotti utilizzando delle singole lettere in maiuscolo, secondo lo schema che potete vedere qui sotto. italiano DO RE MI FA SOL LA SI inglese C D E F G A B La memorizzazione dei termini anglosassoni è il sistema migliore per impadronirsi della terminologia. L'esercizio che viene proposto di seguito consiste nel compilare le tabelle che vedete sotto: si tratta, in pratica, di operare una traduzione delle note, abbinandone il paragone secondo lo schema sopra, note che saranno riferite agli accordi nei loro vari modi. Nella dicitura di un accordo, il termine min o - (che indica il minore), o il termine 7 (che indica l'accordo di settima di dominante), sono da ritenersi uguali, sia nella scrittura che nel significato. Altri termini, invece, vengono tradotti. E' una pratica che col tempo vi sarà familiare. Nella tabella superiore affiancherete alla notazione tradizionale la traduzione in inglese, mentre nella tabella inferiore farete il contrario. Le due tabelle mostrano comunque gli stessi accordi, cioè sono in pratica uguali, ma con la dicitura o italiana (sopra) o inglese (sotto), in modo tale da poter fare poi un controllo del lavoro svolto. Vi ricordo che i termini che diteggerete nelle apposite caselle rimarranno scritti fino alla chiusura della pagina del browser, dopo di che verranno cancellati automaticamente. In questo modo potrete fare più volte gli esercizi proposti, meglio se eseguiti in più giorni. Compilate quindi nelle apposite caselle la traduzione appropriata. DO RE MI FA SOL LA SI DO 7 DO m FA# m7 SOL# SI b 13 RE add 9 SOLb LA maj 7 SI min 11 MI 7 SOL dim LA 7 #9 SI #5 b9 FA +5 LAb min LA# DO 6 / 9 C D E F G A B C 7 C m F# m7 G# B b 13 D add 9 G b A maj 7 B min 11

18 Notazione Anglosassone E 7 G dim A 7 #9 B #5 b9 F aug Ab min A# C 6 / 9

19 Teoria pag.7 Costruzione della Scala Minore. Tutte le scale nascono da una sequenza ben precisa di toni e semitoni. Riducendo il concetto alla semplicità, possiamo dire che basta conoscere una sequenza di un certo tipo o modo di scala per poterne avere la costruzione logica in tutte le tonalità. Ovviamente, sul lato pratico, la cosa diventa più complicata, in quanto i tipi di scale (e i relativi modi) sono molti, e di conseguenza anche la memorizzazione e l'utilizzo musicale ne risulta più complesso. Abbiamo già analizzato la costruzione di una Scala Diatonica Maggiore, e abbiamo appreso che seguendo un sistema di logica costruttiva possiamo costruire da una nota la sua SDM, e questo per tutte le tonalità. Ricordiamo la sequenza di toni e semitoni di una SDM: t t st t t t st I II III IV V VI VII VIII In una Scala Minore la sequenza dei semitoni viene a cambiare in quanto la successione degli intervalli è diversa a seconda del tipo di scala minore che dobbiamo costruire. Sono tre i tipi di scala minore che dobbiamo analizzare, che possiamo vedere abbinati alla loro sequenza intervallare. Scala Minore Naturale t st t t st t t I II III b IV V VI b VII b VIII Scala Minore Armonica t st t t st t+st st I II III b IV V VI b VII VIII Scala Minore Melodica t st t t t t st I II III b IV V VI VII VIII Il primo modello che analizziamo è la Scala Minore Naturale, che per comodità abbreviamo in smn. Come per ogni modello di scala, è conveniente comparare la successione dei toni e semitoni con la scala maggiore della nota stessa. La SDM di DO, come ben sappiamo, è costruita in questo modo: A questo punto, osservando la sequenza intervallare della smn vista sopra, applichiamo le variazioni sui gradi

20 Teoria pag.7 interessati, e cioè il III, il VI e il VII. Questi verranno abbassati di 1st: infatti il simbolo bemolle che potete vedere nello specchietto si riferisce al fatto che viene tolto 1st dalla nota (grado). In pratica il III (nota MI) viene abbassato a MIb, il VI da LA scende a LAb e il VII passa da SI a SIb. Ecco quindi la Scala Minore Naturale di DO: Proviamo ora a costruire una nuova scala minore, ad esempio in tonalità di LA. Vediamo prima la Scala Diatonica Maggiore di LA. Ora, per costruire la smn di LA, abbassiamo di 1st il III (da DO# a DO), il VI (da FA# a FA) e il VII (da SOL# a SOL). Questa è la scala: Potete vedere le scale minori naturali in tutte le tonalità, ma provate anche a costruirle utilizzando la tecnica di cui sopra. Ora possiamo anche precisare una caratteristica che lega una SDM ad una smn. Una SDM ha una sua relativa minore che nasce sul VI della SDM stessa. Ad esempio: sul VI della SDM di DO troviamo la nota LA. Facendo partire la successione delle note appunto dalla nota LA, e seguendo le note della scala di DO, otteniamo una sequenza di note che, analizzandola, è la stessa della scala minore naturale di LA. Nell'esempio seguente vediamo la SDM di DO nella prima battuta e la sua relativa minore, cioè la smn di LA nella seconda battuta. Da qui la regola che ci indica che una smn può essere definita anche relativa minore. Quindi, per fare qualche esempio, la SDM di SOL ha la sua relativa minore nella smn di MI, oppure la SDM di RE ha la sua relativa minore di nella smn di SI. La regola può essere anche invertita. Una smn ha la sua relativa maggiore che nasce sul III della smn stessa. Quindi, se prendiamo ad esempio la smn di DO, la sua relativa maggiore la troviamo sul III, e cioè sulla nota MIb (ed infatti, sulla scala di MIb maggiore troviamo nel VI la nota DO, che ne sarà la sua relativa minore). Nell'esempio vediamo la SDM di MIb e la sua relativa minore, DOm

21 Teoria pag.7

22 Teoria pag.8 Osservando le caratteristiche dei gradi di una scala, possiamo dedurre che il VII assume il ruolo di sensibile, deve cioè concludere la sequenza sulla tonica (vista come VIII ). Questo avviene quando il VII si trova ad un semitono di distanza dalla tonica. Nella smn, però, la distanza tra il VII e l' VIII è di un tono, e quindi si viene a perdere il ruolo di sensibile. Per questo motivo, nei secoli scorsi, i compositori optarono per l'innalzamento di 1st del VII della smn, venendo così a creare la Scala Minore Armonica (abbreviata in sma). Volendo comparare la smn con la sma notiamo che la differenza è quindi solo nel VII, che risulta essere innalzato di 1st. Osserviamo la scala minore naturale di LA e la scala minore armonica di LA. Possiamo anche comparare la SDM di LA con la sma di LA. Notiamo che il III e il VI della scala maggiore vengono abbassati di 1st nella scala minore armonica. Costruite le scale minori armoniche in tutte le tonalità e comparatene le sequenze con la tabella apposita. Sempre nei secoli scorsi, i compositori notarono che l'intervallo di tono e mezzo che si creava tra il VI e il VII della sma risultava essere troppo elevato per l'intonazione della voce umana: decisero quindi di alzare di 1st anche il VI, creando così una nuova scala che viene definita Scala Minore Melodica, la quale può essere abbreviata per comodità in smm. In questo tipo di scala, il VII grado mantiene sempre il ruolo di sensibile, in quanto si trova ad un semitono di distanza dalla tonica. I compositori ritennero anche che, nel senso discendente, la sensibile (cioè il VII ) non avesse più bisogno di 1st obbligato tra questa e la tonica, e perciò la smm, in senso discendente, prende le stesse note della smn della stessa tonalità, come possiamo vedere nell'esempio, che ci indica la scala minore melodica di LA ascendente e discendente: Bach approfittò della scala minore melodica mantenendo le alterazioni della scala minore melodica anche in senso discendente, da qui la Scala Bachiana: Nella musica moderna, la scala minore melodica viene mantenuta tale anche in senso discendente (nello stesso sistema già adottato da Bach), e prende il nome di Scala Minore Melodica Jazz, oppure Real Minor Melodic, anche se per convenzione viene semplicemente detta Scala Minore Melodica. Quando nella musica moderna si parla di smm, quindi, si intende la sequenza di intervalli mantenuta uguale anche in senso discendente. Confrontando la smn di LA con la smm (ovviamente sempre di LA), notiamo che in quest'ultima il VI e il VII risultano alzati di 1st.

23 Teoria pag.8 Confrontando la SDM di LA con la smm di LA, notiamo che la sola differenza è nel III, che risulta abbassato di 1st nella scala minore melodica. Anche per la scala minore melodica vi consiglio di esercitarvi nella sua costruzione, controllandone poi i risultati nella apposita tabella.

24 Alterazioni e Rapporti fra le tonalità Le Alterazioni I collegamenti armonici tra le varie tonalità sono importanti sia per quanto riguarda la costruzione di un brano musicale, sia per quanto concerne lo sviluppo melodico durante l'improvvisazione. Bisogna anche ricordare che ogni tonalità è concepita attraverso la costruzione delle scale, secondo la regola del tono e semitono. E' quindi possibile stabilire una tonalità indicando all'inizio del pentagramma le alterazioni tipiche della tonalità in questione. Da quì nascono le varie armature di chiave che, sostanzialmente, si identificano con una tonalità maggiore o quella relativa minore. Nel caso quindi volessimo scrivere utilizzando, ad esempio, la tonalità di RE maggiore, dovremo identificare questa tonalità scrivendo subito dopo la chiave le alterazioni tipiche della scala stessa, e quindi FA# e DO#. Attenzione: questo sistema è sottoposto a delle regole ben precise. - L'armatura in chiave identifica una tonalità, ma non obbliga ad usare solo la tonalità stessa. Eventuali alterazioni e cambi di tonalità momentanee vengono segnalati dagli appositi simboli. Quando il cambio di tonalità è fisso, viene indicata in chiave la nuova tonalità. - La posizione delle alterazioni in chiave è univoca, nel senso che ogni tonalità ha i simboli di alterazione posti sempre nello stesso punto, come vedremo sotto. Le alterazioni sono definibili in due tipi: momentanee o permanenti. L'alterazione momentanea è quella che appare all'interno di una battuta su di una nota, alterando questa nota per tutta la durata della battuta stessa. Ipotizziamo i vari esempi che possiamo trovare all'interno di una o più battute musicali. Da questi ne trarremo delle regole, che sono quelle usate normalmente durante la lettura e la scrittura di una parte musicale su pentagramma. 1)Il simbolo di alterazione deve trovarsi davanti alla nota quando questa viene scritta sul pentagramma. 2)Il simbolo di alterazione deve trovarsi dietro alla nota quando questa è parte di un testo scritto. 3)Un alterazione momentanea ha valore dal punto della battuta in cui viene applicata fino alla fine della battuta. Nell'esempio che possiamo vedere sotto il LA sul primo movimento viene alterato con il diesis. L'alterazione influisce anche su tutte le note LA (in qualunque ottava si trovino) e vale fino alla fine della battuta, senza bisogno che venga scritto un'altra volta. Quindi anche il LA che si trova sul quarto movimento deve essere considerato come LA#. Nel caso che l'ultimo LA non debba essere suonato come LA#, bisogna interrompere il valore dell'alterazione utilizzando il simbolo di bequadro. Questo viene utilizzato per eliminare un'alterazione (e quindi abbassare di un semitono) da una nota alterata. Nell'esempio, l'ultimo LA della battuta non subisce l'influsso del # posto sul LA del primo movimento grazie alla presenza del simbolo di bequadro. 4)Utilizzando le alterazioni in chiave le note specificate dai simboli di alterazione (che devono essere scritti tra la chiave e l'indicazione di tempo) sono da leggersi come note alterate per tutta la durata del brano o fino a quando non intervenga un altro cambio di tonalità. Nell'esempio sotto le note alterate in chiave sono FA#, DO#, SOL# e RE#, e devono essere lette (e suonate) come tali anche se nella partitura sono scritte senza il simbolo davanti alla nota.

25 Alterazioni e Rapporti fra le tonalità Il bequadro, come scritto sopra, annulla un alterazione precedente. La regola, ovviamente, vale anche nel caso le alterazioni siano poste in chiave. Il bequadro ha valore dal punto della battuta in cui viene inserito fino alla fine della battuta stessa. Nell'esempio seguente il primo DO viene letto come DO# (subisce l'influsso dell'alterazione posta in chiave), mentre il secondo risulta naturale in quanto ha davanti il simbolo di bequadro. Anche i due DO successivi subiscono l'influsso del bequadro, mentre l'ultimo ha davanti il simbolo #, e verrà letto come DO#. I rapporti fra le tonalità. Per capire a fondo la relazione tra le varie tonalità (e quindi tra le varie scale), si può utilizzare il sistema che andremo ora ad analizzare. Per fare questo ci serviremo anche delle tabelle delle scale. Partendo dalla tonalità base per eccellenza (cioè la tonalità di DO maggiore), che non contiene note alterate, troviamo il suo V (la nota SOL). Analizzando questa tonalità troviamo una nota alterata, il FA#. La differenza tra la tonalità di DO maggiore e quella di SOL maggiore è quindi in una sola nota (il FA#, appunto). Le due tonalità sono definite tonalità vicine. Il V della scala di SOL è la nota RE, la cui scala maggiore contiene due alterazioni (il FA# e il DO#). Tra le due tonalità la differenza è nella nota DO, che diventa DO# nella scala di RE. Sulla scala di RE il V è la nota LA, dalla cui tonalità possiamo rilevare le note alterate FA#, DO# e SOL#. La tonalità di SOL e la tonalità di RE sono quindi da considerarsi tonalità vicine, così come le tonalità di RE e LA, mentre non lo sono le tonalità di DO e RE oppure LA e SOL. Proseguendo nell'analisi delle tonalità vicine abbiamo in successione la scala di MI, SI, FA# e DO#. E' facile notare che guardando le scale in serie da quella di DO in avanti, salendo sempre di una quinta, viene aggiunta ogni volta un alterazione a quelle già presenti. Questo viene visualizzato nello schema ed è più comunemente definito come circolo delle quinte. Come si può vedere dal grafico, le alterazioni poste in chiave risultano in ordine crescente anche come scrittura, ordine che deve essere sempre rispettato. Nello schema, proseguendo in senso orario, le alterazioni sono i diesis. Proseguendo in senso antiorario, abbiamo le alterazioni in bemolle. Il sistema è analogo al precedente, ma viene sviluppato per quarte ascendenti. Verifichiamone la costruzione. Partendo sempre dalla scala di DO maggiore, saliamo questa volta al IV, dove troviamo la nota FA. Osservando la tonalità di FA maggiore, troviamo una nota alterata, il SIb, e possiamo valutare la differenza tra la tonalità di DO e quella di FA in una sola nota (il SIb, appunto). Quindi la tonalità di DO e quella di FA sono da ritenersi tonalità vicine. Il IV della scala di FA maggiore è la nota SIb. Da questa nota costruiremo la nuova scala (SIb maggiore>, che si differenzierà dalla scala di FA per l'aggiunta di una nuova nota, il MIb. Utilizzando il sistema di costruzione per quarte, si può facilmente notare che il IV della scala, oltre ad essere la tonica della nuova scala, è anche la nota differente tra le due scale. In successione le tonalità saranno queste: DO, FA, SIb, MIb, LAb, REb, SOLb. La scala di DO# e quella di REb sono da considerarsi enarmoniche, in quanto comprendono le stesse note, anche se di nome diverso; lo stesso vale anche per le tonalità di FA# e SOLb. Nell'esposizione di una armatura in chiave potete fare riferimento allo schema del circolo delle Quinte,

26 Alterazioni e Rapporti fra le tonalità ricordando di mantenere sempre la stessa posizione delle alterazioni a seconda delle tonalità che si intendono usare. Collegandoci alla tabella delle tonalità minori, e ricordando che ogni scala maggiore ha una relativa minore, possiamo costruire anche il circolo delle quinte minori. La tonalità di partenza è la relativa minore di DO, cioè LA minore, composta da tutte note naturali. Salendo un quinta sopra troviamo la nota MI, che sarà la tonica della tonalità minore vicina. Troviamo in questa scala un'alterazione, cioè il FA#, ricordando che la scala di MI minore è la relativa minore di SOL. Dalla scala di MI minore, salendo sul V, troviamo la nota SI, tonica della nuova scala minore, che comprende due alterazioni (FA# e DO#). Fate riferimento allo schema del Circolo delle Quinte Minori, proseguendo in senso orario per la progressione dei diesis. In senso antiorario troviamo la progressione dei bemolle, basata sulla costruzione per quarte. Da LA minore saliamo a RE minore, per proseguire a SOL minore eccetera. Anche in questo caso avremo tonalità enarmoniche.

27 Il sistema Modale: Armonizzazione della scala maggiore Il sistema Modale Armonizzazione della scala maggiore. Cosa significa armonizzare? Bisogna sapere innanzitutto che una scala, di qualunque tipo essa sia, ha il doppio scopo di contribuire alla creazione delle linee melodiche (siano esse tema del brano o soli improvvisati da uno degli strumenti), ma anche quello di creare gli accordi che fanno la base armonica all'interno di una brano. Da un lato abbiamo la possibilità di creare le triadi, cioè l'accordo base composto dai tre gradi principali della struttura armonica, dall'altro possiamo sviluppare sia melodie che armonie via via più complesse a seconda del tipo di analisi che facciamo sulla scala stessa. Conviene iniziare a seguire strutturalmente l'evoluzione armonica di una scala attraverso l'uso del sistema modale. Questo ci permette di scomporre la scala in tutte le sue parti, cioè in tutti i suoi gradi, dando ad ognuno di questi la possibilità di diventare la base di partenza per la creazione di nuove sottoscale che siano correlate tra di loro dal fatto che appartengono, come creazione, ad una stessa tonalità di partenza. I modi: un po' di storia... Il sistema modale, pur essendo uno dei punti forti della moderna armonia, è nato addirittura ai tempi dei greci. Questi, infatti, nella loro continua voglia di espansione culturale videro oltre la semplice scala, che allora era molto povera di suoni (circa tre ottave). Perciò identificarono all'interno della scala la possibilità di gestire più sequenze di note. In questo modo, partendo da qualunque note si aveva una successione continua di note, sempre inerenti alla tonalità stessa alla quale erano legate. Ognuna di queste sequenze davano luogo ad una nuova serie di intervalli, dettetonoi. L'evoluzione musicale nel medioevo vide la rinascita di questo sistema, che ovviamente era passato attraverso varie culture diverse e quindi di volta in volta arricchito di nuovi elementi, ed è proprio nel medioevo che compare il termine modo. Eravamo ancora lontani dal moderno uso che se ne fa dei modi, in quanto tutto era sottoposto a usi, costumi e religione, ma il concetto di base era lo stesso. I termini che vedremo, come ionico, dorico eccetera, stanno ad indicare come la terminologia attuale dei modi si lega quindi al passato. Occorre avere ben chiara la costruzione di base della scala, che come abbiamo visto è una successione di toni e semitoni, ed è da questo che partiremo per armonizzare la scala stessa. Come tonalità utilizziamo la solita, cioè la tonalità di C maggiore. Chi non ha confidenza con la notazione in inglese è bene che faccia una visitina istruttiva alla pagina della notazione anglosassone, in quanto da ora in avanti sarà sempre di più utilizzata). Ora, quindi, possiamo vedere la scala e la sua composizione per gradi. C D E F G A B C I II III IV V VI VII VIII Fino quà nessun problema. Ora dobbiamo fare in modo che ogni singola nota della scala venga messa al primo posto di una successione di note che saranno sempre quelle della scala di partenza, C maggiore. In pratica, per fare un esempio, si può iniziare la successione di note dal II (nota D) facendo seguire le altre note in serie (E, F, G eccetera). D E F G A B C D Come vedete, la serie di note è stata spostata in avanti di un grado: invece di partire dalla nota C si è partiti dalla nota D. A questo punto sviluppiamo il sistema su tutte le note della scala di C maggiore. C D E F G A B C D E F G A B C D

28 Il sistema Modale: Armonizzazione della scala maggiore E F G A B C D E F G A B C D E F G A B C D E F G A B C D E F G A B C D E F G A B Ora possiamo comprendere più facilmente cosa si intende con il termine modo, ed infatti nella precedente tabella possiamo notare sette specie diverse di scale, le quali nascono da ogni grado della scala madre, sviluppando anche, ovviamente, sette nuove sequenze intervallari. Da qui possiamo anche evidenziare la differenza sostanziale che esiste tra il sistema tonale e il sistema modale. Nel sistema tonale, la tonica è il centro tonale nel suo modo maggiore o in quello minore. Nel sistema modale, ogni grado della scala, facendo capo alla propria sequenza di note, ne diviene tonica. Per esempio, la nota D, che nella scala maggiore di C è un secondo grado, diventa primo grado, e quindi tonica, nel proprio modo (di D dorico). Oppure il G, quinto grado nella scala di C maggiore, diviene primo grado nel modo di G misolidio. Con questo sistema abbiamo in pratica creato una serie di toniche secondarie. Sono toniche perchè, come appena visto, ognuna di esse è il primo grado della propria scala modale. Sono toniche secondarie perchè, anche se sono a capo di un loro modo e sono quindi indipendenti, fanno comunque riferimento alla tonica principale (nel nostro caso C, perchè la tonalità di C era il nostro esempio). Nella tabella seguente vengono sviluppati i modi derivati dalla scala diatonica di C maggiore. I II III IV V VI VII VIII nome 1 C D E F G A B C ionico 2 D E F G A B C D dorico 3 E F G A B C D E frigio 4 F G A B C D E F lidio 5 G A B C D E F G misolidio 6 A B C D E F G A eolio

29 Il sistema Modale: Armonizzazione della scala maggiore 7 B C D E F G A B locrio

30 Il sistema Modale: Armonizzazione della scala maggiore Armonizzazione dei gradi della scala maggiore Armonizzazione degli accordi a tre voci Per costruzione di un accordo si intende l'armonizzazione dei gradi di una scala, sviluppati in sovrapposizione secondo la regola della costruzione per terze. Questo sistema, trattato nella sezione delle triadi, è usato già dai secoli scorsi nelle opere dei grandi compositori e può essere adattato ai modi della scala. Quindi l'accordo risulta un insieme di note sovrapposte, e quindi suonate simultaneamente, che hanno affinità tra loro. Le leggi dell'armonia classica indicano la costruzione di un accordo per intervalli di terza, che di base creano quattro tipi di triade (maggiore, minore, diminuita e aumentata). Esercitatevi a fondo sulla costruzione delle triadi le quali, specialmente nella musica moderna (di qualunque genere essa sia), vengono utilizzate non solo a livello armonico (e quindi di accordi), ma anche nell'esposizione di temi melodici e assoli strumentali. La triade viene formata dal I, III e V della scala. Questo accordo è anche definito "a tre voci" (da qui il termine triade) ma, come vedremo, l'armonizzazione permette anche di costruire accordi "a quattro voci" (quadriadi) o più. Per ora ci interessa vedere come potere armonizzare a tre voci la scala diatonica maggiore di C, utilizzandone i modi. Dobbiamo sempre tenere presente che, partendo dalla tonica bisogna sovrapporre le note ad intervalli di terza. Se osservate il rigo subito sotto, potete verificare il procedimento. Alla nota C, primo grado del modo ionico di C maggiore, viene sovrapposta la sua terza, che in questo caso è la nota E. L'intervallo che intercorre tra le due note è di terza maggiore. Alla nota E dobbiamo sovrapporre la sua terza, rimanendo sempre nell'ambito del modo ionico, ottenendo così la nota G. Raggruppando tutte e tre le note, formiamo la triade di C maggiore. Ora possiamo armonizzare la scala di C maggiore, suddivisa nei sette modi che abbiamo visto nella pagina precedente. Il sistema di armonizzazione è ovviamente per terze, e creeremo quindi un accordo a tre voci, cioè la triade, per ogni modo della scala. Nella tabella, vedete (ogni riga è un modo): - il grado da cui viene costruito il modo; - il rigo con le note della scala e il relativo accordo; - le note dell' accordo; - gli intervalli che caratterizzano la struttura dell'accordo; - la sigla in notazione anglosassone. grado scala acc note intervalli sigla I C - E - G I - III - V C II D - F - A I - biii - V Dm III E - G - B I - biii - V Em

31 Il sistema Modale: Armonizzazione della scala maggiore IV F - A - C I - III - V F V G - A - B I - III -V G VI A - C - E I - biii - V Am VII B - D - F I - biii - bv Bdim Le sigle degli accordi maggiori sono visualizzate nel nome della nota tonica (C = accordo di C maggiore), mentre in un accordo minore troviamo accanto al nome dela tonica una m minuscola (Dm = accordo di D minore). E' possibile trovare anche la dicitura dell'accordo minore con il simbolo - (meno, che indica appunto il minore) accanto al nome della tonica. Il termine dim significa diminuito, e può anche essere scritto come mb5. Avrete senz'altro notato che armonizzando a tre voci la scala maggiore, si ottengono tre modelli di accordo: - triade maggiore posta sul modo ionico (primo grado della scala), lidio (quarto grado) e misolidio (quinto grado); - triade minore posta sul modo dorico (secondo grado), frigio (terzo grado) ed eolio (sesto grado); - triade diminuita posta sul modo locrio (settimo grado). Armonizzazione degli accordi a quattro voci La costruzione di un accordo per terze può essere ampliata aggiungendo ai tre gradi che formano la triade un ulteriore nota, superiore di un intervallo di terza al quinto grado. L'armonizzazione dell'accordo risulta in questo sistema a 'quattro voci'. Prendendo come esempio il modo ionico e la sua triade (C, E e G), possiamo quindi sovrapporre la nota che nella scala di C ionico si trova una terza sopra la nota G, e quindi la nota B, settimo grado del modo ionico. Questo ragionamento vale ovviamente per tutti i modi. L'accordo che ne risulta avrà una sigla diversa, secondo la tabella vista sotto. grado scala acc note intervalli sigla I C-E-G-B I - III -V -VII Cmaj7 II D-F-A-C I -biii -V -bvii Dm7 III E-G-B-D I -biii -V -bvii Em7

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