Ordine. Enti dei giornalisti. della Lombardia

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1 Ordine dei giornalisti della Lombardia Associazione Walter Tobagi per la Formazione al Giornalismo Istituto Carlo De Martino per la Formazione al Giornalismo Anno XXXII n. 11, Novembre 2002 Direzione e redazione Via Appiani, Milano Telefono: Telefax: odg@galactica.it Spedizione in a.p. (45%) Comma 20 (lettera b) dell art. 2 della legge n. 662/96 Filiale di Milano LA GRANDE QUESTIONE DELL ACCESSO ALLA PROFESSIONE GIORNALISTICA ATTRAVERSO LA VIA ESCLUSIVA DELL UNIVERSITÀ. FRANCO ABRUZZO SI RIVOLGE AL QUIRINALE Caro presidente Ciampi, i ministri Castelli e Moratti ci negano quello che hanno ottenuto le altre professioni. Non siamo figli di un dio minore Milano, 15 ottobre. Sulla grande questione dell accesso alla professione giornalistica attraverso la via esclusiva dell Università, Franco Abruzzo ha scritto al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la lettera che pubblichiamo integralmente: Signor Presidente, Le trasmetto copia di Tabloid, mensile del nostro Ordine, che pubblica il Suo messaggio alle Camere sul sistema dell informazione. È un documento di eccezionale importanza, che dovrebbe far riflettere innanzitutto i giornalisti italiani. Sommessamente mi permetto di segnalare alla Sua attenzione la battaglia dell Ordine della Lombardia in difesa di una legge della Repubblica (n. 4 del 1999), che consente il collegamento tra laurea specialistica in giornalismo ed esame di Stato per l accesso alla professione giornalistica. Il ministro dell Istruzione (che dal comma 18 dell articolo 1 della legge 4/1999 è chiamato ad agire di concerto con il ministro della Giustizia), anche dopo il parere favorevole del Consiglio di Stato, non intende varare il Dpr sul collegamento. Ci sentiamo figli di un dio minore. Tutti i professionisti nascono negli Atenei, mentre ai giornalisti, professionisti come gli altri, viene negato il dovere e il diritto di studiare per esercitare un mestiere delicato, di alta responsabilità, che richiede una preparazione di grande livello. I ministri dell Istruzione e della Giustizia non rispondono agli appelli. Tacciono. Eppure il Suo messaggio alle Camere dovrebbe far riflettere tutti, compresi i ministri. Se quello dell informazione è un problema centrale della società italiana, il ruolo dei giornalisti andrebbe garantito sia sul piano costituzionale, sia sul piano della formazione. Questa lettera vuole essere un appello al Garante supremo dei diritti di tutti i cittadini: i giornalisti vogliono legare il loro destino all Università, agli studi, a una formazione rigorosa e seria. Signor Presidente, è con grande fiducia che mi rivolgo a Lei, perché il problema sia messo all ordine del giorno dell attività del Consiglio dei ministri. La ringrazio per l attenzione e La saluto, esternandole i sentimenti della mia gratitudine di cittadino per tutto quello che sta facendo in difesa della nostra Nazione. Allego le istanze ai ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli. SOMMARIO Stati generali Questione morale Libertà di cumulo Finanziaria Giurisprudenza Memoria Primo piano La libreria di Tabloid Enti dei giornalisti a confronto. Le relazioni dei presidenti di Fnsi, Ordine, Inpgi, Casagit, Fondo pag. 2 Decade consigliere Inpgi condannato per truffa contro l Istituto pag. 8 Gli errori e le sviste dell Inpgi in materia di libertà di cumulo pag. 10 Casse private messe sotto tutela dal Governo pag. 13 Intervista e diffamazione. Rapporto davvero difficile pag. 14 Sentenze sul diritto del lavoro pag. 17 Riccardo Bauer e l Umanitaria pag. 18 La stampa attraverso la letteratura pag. 20 Le recensioni del mese da pag. 22 Quattro contratti minori nel mondo della carta stampata e delle radiotelevisioni private. Le aziende devono, comunque, versare i contributi sulla base dei minimi del contratto Fnsi - Fieg Redattori Uspi, Frt e grafici editoriali: vanno assicurati soltanto con l Inpgi Il 3 ottobre 2000 è stato firmato il contratto tra Fnsi e Aer/Anti/Corallo, che, dal 1 marzo 2002, fa parte integrante del contratto Fnsi- Fieg e che regola il lavoro giornalistico nelle emittenti radiotelevisive private di ambito locale. In questo contesto è applicato anche il contratto Frt. Nelle piccole testate cartacee sono applicati, invece, il contratto Uspi e quello Assografici (contratto grafico editoriale). I quattro contratti sono lontanissimi dalla qualità delle mansioni giornalistiche (e dai minimi) del contratto Fnsi-Fieg, pur parlando di «operatori redazionali», «telereporter» e «redattori». Le aziende Uspi, Frt e Assografici ovviamente possono assumere nelle loro testate non solo giornalisti professionisti e pubblicisti quant anche praticanti giornalisti. L Inpgi non può non accettare i contributi versati dalle aziende, che hanno sottoscritto questi quattro contratti a favore di giornalisti ORDINE professionisti, pubblicisti e praticanti. In verità per il contratto Aer/Anti/Corallo non esistono dubbi, essendo stato lo stesso incorporato in quello Fnsi-Fieg. Le aziende editoriali, dal primo gennaio 1996, che fanno riferimento ai 4 contratti citati, sono, comunque, tenute a versare i contributi sui minimi previsti dal contratto Fnsi-Fieg in base al comma 25 dell articolo 2 della legge n. 549/1995 (che è la legge finanziaria per il 1996). Dice il comma 25: «In caso di pluralità di contratti di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentativi nella categoria». Per quanto riguarda la categoria dei giornalisti, il contratto più rappresentativo è quello Fnsi-Fieg. C è da precisare che le aziende, comunque, sono tenute dall articolo 76 della legge n. 388/2000 ad assicurare esclusivamente con l Inpgi i giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti, che lavorano a tempo pieno. Potrebbe accadere (paradossalmente) che giornalisti, dipendenti di testate Frt, Aer/Anti/Corallo, Assografici o Uspi-Unigec, percepiscano i minimi di uno di questi quattro contratti e che siano assicurati con l Inpgi sulla base dei minimi del contratto Fnsi-Fieg. Gli oneri sociali pagati dalle aziende all Inpgi sono inferiori del 10% rispetto a quelli versati all Inps. L Uspi ha annunciato che l Ordine di Milano «ritiene i soggetti che fruiranno di tale trattamento contrattuale pienamente legittimati ad avere riconosciuto il praticantato giornalistico». L Uspi ha anche spiegato che il nuovo contratto contempla tra le qualifiche e i vari livelli quelli di coordinatore della redazione (redattore capo), operatore redazionale I grandi fotoreporter Inserto Giovanni Battista Colombo detto Giancolombo pag. 28 Ifg Tabloid, il giornale degli allievi dell Istituto Carlo De Martino per la Formazione al Giornalismo (redattore), segretario di redazione e operatore redazionale di prima esperienza (praticante). L Uspi ha precisato inoltre che ha impartito da tempo istruzioni ai propri aderenti di procedere al versamento all Inpgi dei contributi previdenziali relativi ai dipendenti che svolgano attività redazionale. L Uspi ha aderito unilateralmente alle tesi tecniche sostenute dall Ordine dei giornalisti della Lombardia (e ben note all Inpgi e alla Fnsi) e che trovano riscontro nell ordinamento giuridico: la legge professionale e quella sulla editoria non indicano i contratti applicabili ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti, anche se il contratto Fnsi-Fieg è la lex contractus della categoria, avendo forza di legge (Dpr 153/1961). I direttori delle testate Uspi, Frt, Assografici e Aer- Anti-Corallo, quando assumono praticanti, devono far riferimento esclusivo alla legge professionale e alla sua terminologia. 1

2 7 e 8 ottobre 2002 STATI GENERALI degli Enti della categoria Fnsi, Cnog, Inpgi, Casagit, Fondo La difesa e la tutela del giornalismo ital Ampia autocritica Roma, 8 ottobre Uno sciopero per Santoro? Una strumentalizzazione. Questo, da più voci, a partire da quella del segretario della Fnsi ad arrivare ai delegati regionali degli Enti dei giornalisti, è emerso oggi agli Stati generali dove la notizia apparsa su qualche giornale è stata definita una distorsione delle ragioni reali dell assemblea. Una due giorni che ha impegnato vertice e dirigenti di Fnsi, Ordine dei giornalisti, Inpgi, Casagit e Fondo sulla difesa e la tutela dei diritti, primo fra tutti l autonomia, ma anche su un esame di coscienza dei doveri dei giornalisti, e sul futuro degli organismi di categoria. Una notizia, quella su Santoro, usata come silenziatore per interesse degli editori o per distorcere il senso di questi Stati generali, ha detto Roberto Natali, segretario Usigrai. Lo sciopero deve essere per tutti, è stato ribadito in molti interventi, e in particolare per difendere i diritti dei meno tutelati nella categoria. Anche senza scomodare Biagi e Santoro che voglio paghino i contributi previdenziali e assistenziali - ha detto Natali - ci sono tanti casi nel servizio pubblico per scioperare. Ed ha sgranato numerosi esempi di censura preventiva di servizi e incidenza dei politici in Rai. Quasi unanimità è emersa sulla proclamazione di una giornata di sciopero della categoria. Contrario, per esempio, Costantino Muscao (Corsera e Casagit) secondo il quale lo sciopero deve essere deciso solo dopo la mancata intesa con Fieg e Governo e dopo che Biagi e Santoro abbiamo dato 100 mila euro ai disoccupati. Qualche attacco è stato rivolto alla riforma dell Inpgi perché non strutturale e non necessaria (Milinari, Consiglio nazionale Fnsi). Paolo Serventi Longhi Segretario generale Fnsi È difficile sintetizzare in pochi minuti la situazione del giornalismo italiano e del Sindacato nell attuale momento politico e sociale e avanzare proposte concrete e linee di intervento condivise. Gli Stati Generali dei giornalisti, che convochiamo nuovamente dopo cinque anni e mezzo, si sono resi indispensabili per l aggravamento dei principali problemi della nostra categoria e dei rischi che corre l intero sistema della comunicazione e dell informazione. Nelle diverse riunioni della Federazione della Stampa, dalla Conferenza dei cdr al Consiglio Nazionale, ho più volte sottolineato la mia preoccupazione per il gravissimo disagio che vivono gli operatori della comunicazione, per la dequalificazione del prodotto (carta stampata, emittenza, on line, ecc.), per l aumento dell aggressività invasiva dei poteri (politica, istituzioni, economia, magistratura e forze di polizia) sull autonomia dei media e dei giornalisti. Gli effetti della globalizzazione sulla comunicazione si vanno delineando in Italia in maniera molto più seria di quanto ipotizzavamo solo pochi anni fa, tenendo conto che la lingua italiana ha scarsa diffusione mondiale. Oggi invece gli interessi globalizzati, la diffusione delle merci prodotte fuori dai nostri confini, la stessa crisi della pubblicità, spingono investitori esteri a ricercare spazi nel mercato italiano dei media, favoriscono accordi internazionali tra le imprese, peraltro spesso fallimentari, inducono alla riduzione dei costi e della qualità. Il crollo dei mercati (11 settembre)e la crisi della pubblicità hanno paradossalmente proiettato ad un livello globale, uniformandoli, i comportamenti del sistema delle imprese nel mondo dell informazione, imprese che specie nel nostro Paese, ma non solo, si sono ulteriormente convinte a ricercare le forme della riduzione secca dei costi per salvare i bilanci, ma anche per aumentare i ricavi. Gli editori e le stesse finanziarie o soggetti individuali che controllano le nostre aziende, cercano le più diverse forme, anche al di là della stessa legislazione che regola il sistema dell informazione, di rafforzare il capitale attraverso accordi con nuovi soci, possibilmente solvibili e politicamente potenti, e rastrellando la fetta più grande possibile della torta pubblicitaria sempre più piccola. E ciò attraverso un utilizzo oscillante delle tariffe pubblicitarie, gli accorpamenti societari, l utilizzo della forma del giornale panino, la realizzazione di nuove iniziative, tutte attraverso la costituzione o l utilizzo di service esterni e di sinergie editoriali di ogni genere, la diffusione abnorme della free press, che solo in parte rispetta le regole e i contratti,e che, comunque, si pone in concorrenza con il prodotto presente nelle edicole determinando di fatto una riduzione delle copie vendute. Nelle radiotelevisioni generaliste alle tensioni politiche corrisponde una enfatizzazione dell audience e dei traini per la pubblicità. Ciò mentre nel digitale satellitare entrano in scena anche in Italia, per esempio nel digitare satellitare, i tycoon che operano su scala mondiale. Per tutti costoro c è un grande pericoloso nemico da abbattere: il giornalismo, con i suoi organismi rappresentativi e di tutela, che nel nostro paese si fonda su valori etici profondi, di completezza e di pluralismo che ne fanno un insostituibile strumento di democrazia. Il nostro è un giornalismo storicamente regolato da leggi e da contratti, è un giornalismo che attraverso le sue lotte e le sue capacità di contare ha costruito un sistema contrattuale forte ma non corporativo, è un giornalismo che ha espresso gruppi dirigenti diversi tra loro negli organismi di categoria che hanno però saputo gestire con intelligenza e flessibilità i grandi cambiamenti tecnologici. Oggi il sistema delle imprese, ma non solo, i poteri che si confrontano e si scontrano nel paese, lo stesso governo guidato dal più grande imprenditore televisivo ed uno dei maggiori della carta stampata, cercano di ridurci al silenzio. Le pressioni che gravano sui direttori, dalle quali solo in pochi riescono a sfuggire, si riverberano nella gestione delle redazioni e certamente nella creazione del prodotto la cui qualità è l ultimo dei problemi mentre incombono gli interessi politici e di affari degli editori. Allora, non ho paura che qualcuno ci giudichi dei conservatori quando difendiamo le nostre regole, quando chiediamo alle istituzioni, alla politica e alle imprese, di riformarle queste regole, quando diciamo che ci opporremo con ogni mezzo a chi tenta di spazzarle via. Siamo e saremo conservatori quando difendiamo e difenderemo il nostro diritto alla contrattazione nazionale ed a quella integrativa aziendale, e lo diciamo alla vigilia dei rinnovi economici con la Fieg e Aer/Anti Corallo per l emittenza privata. Potrei, inoltre, fare mille esempi dell aggravamento della situazione, in generale e nelle singole aziende, in tutti i posti di lavoro dove i singoli giornalisti, quelli assunti a tempo indeterminato ma soprattutto le decine di migliaia di collaboratori e precari, subiscono quotidiane pressioni a violare i codici di completezza e pluralismo, a violare il patto non scritto che lega i giornalisti ai lettori. Pressioni che hanno come prima conseguenza il deterioramento della qualità dell informazione ed un diffuso timore dei colleghi ai quali si impongono scelte editoriali spesso incomprensibili. È proprio questo il compito principale del Sindacato: in questo momento difficile dare coraggio e forza ai giornalisti, avere la capacità di tradurre in atti concreti le linee sindacali senza tentennamenti e usando gli strumenti della mobilitazione e della lotta. E sappiamo bene quanto lo sciopero dei giornalisti, che noi stessi temiamo, susciti grandi preoccupazioni nei governi e nel sistema delle imprese. Posso citarne alcuni, i più incredibili e paradossali tentativi di schiacciare l autonomia e la libertà dei giornalisti: il tentativo del gruppo Riffeser di far pagare i suoi errori ai giornalisti e ai lettori tagliando ulteriormente l occupazione, enfatizzando l ormai estremo appiattimento dei prodotti, e nello stesso tempo ampliarli creando o utilizzando service. Ci dovrà dire il ministero del Lavoro se vuole farsi complice di un editore che caccia i giornalisti con i soldi dell Inpgi mentre Andrea Riffeser si mette in tasca ogni anno milioni e milioni di euro. L editore Caltagirone, il cui livore antisindacale sta diventando proverbiale anche tra i suoi colleghi nonostante importanti sconfitte giudiziarie come è accaduto in Puglia, continua a realizzare prodotti violando non soltanto i contratti ma le stesse leggi sulla stampa. L editore de Il Gazzettino di Venezia che si sta preparando ad un massiccio attacco all occupazione giornalistica e alla stessa capacità che ha un grande giornale regionale di restare leader in un mercato sempre più difficile. Ne potrei citare molti altri di esempi, dal gruppo Donati alla Stampa di Torino, dal Giornale di Bergamo ai periodici della Rcs, dove l azienda cerca di sfruttare incertezze sindacali. Credo comunque che l intero panorama dell editoria sia segnato da un tentativo continuo di attacco alla dignità dei giornalisti. Dobbiamo essere capaci di contrastare con i mezzi che abbiamo a disposizione, quelli della dialettica sociale e delle iniziative di mobilitazione sindacale, il tentativo di totale controllo da parte delle imprese del lavoro giornalistico. A cominciare dalle prossime settimane nelle quali dovremo preparare una piattaforma per il rinnovo del contratto economico biennale con la Fieg che sia realmente offensiva e non si limiti a una disputa tecnica sull inflazione reale o programmata per gli aumenti salariali ma che consenta una verifica profonda e seria degli aspetti innovativi dell ultimo contratto a cominciare dall on line e dall utilizzo multimediale e multitestata del lavoro giornalistico. Così come dovremo rinnovare il contratto dei giornalisti dell emittenza locale Aer/Anti Corallo e stipulare quelli dei giornalisti degli uffici stampa e dei piccoli periodici tenendo ben saldi i principi dell autonomia della professione, della valorizzazione del nostro lavoro e delle condizioni di vita delle colleghe e dei colleghi. La Fieg, ma più in generale il sistema delle imprese, hanno però aperto anche altri fronti pericolosissimi nei nostri confronti: quello della previdenza dell Inpgi, con l attacco persino al Fondo Complementare, e quello della riforma della legge istitutiva dell Ordine. Le relazioni di Cescutti, Del Boca, Leone e Marina Cosi hanno individuato la profondità dello scontro e del disagio della nostra categoria. Il Sindacato rivendica con orgoglio di essersi battuto con la massima decisione per difendere e rafforzare il nostro Istituto di previdenza privatizzato. Una vera anomalia, preziosa per la categoria, in un panorama contrassegnato da una omogeneizzazione dei sistemi contributivi e pensionistici ricondotti ormai all Inps dopo il fallimento dell Isti- 2 ORDINE

3 dei diritti sono la grande questione iano all inizio del terzo millennio sul rispetto dei doveri del cronista Una riforma che non serve a niente se non si risolve il problema degli ammortizzatori sociali (Franz, presidente Associazione Stampa Romana). Un attacco al sindacato che non ascolta le voci delle minoranze è stato rivolto da Silvana Mazzocchi (Cdr Repubblica). Il sindacato è stato richiamato ad una rivendicazione forte dei diritti dei giornalisti e del rispetto delle regole da parte degli editori, a non essere morbido rispetto allo sciopero nè a fare distinzioni di trattamento nelli accordi aziendali lasciando i più deboli alla mercè degli editori. Suggerimenti sono arrivati sulla riforma dell Ordine, sul controllo delle notizie, sul controllo e la credibilità delle notizie, sul rigore e la serietà dei giornalisti (Roidi, segretario dell Ordine nazionale, Natali, Usigrai). Infine, un richiamo al tema del pluralismo è stato rivolto all assemblea dal presidente della Fnsi, Siddi, secondo il quale sarebbe emerso un fastidio rispetto a questo concetto come se non fosse un principio di libertà per la categoria e un diritto per i cittadini. Siddi ha rivolto un appello a mettere a frutto la capacità di essere uniti nel nostro pluralismo per la protezione del lavoro. Autonomia dei giornalisti, riforma dell Ordine professionale, tutela dei colleghi fuori contratto, emersione dei precari. Sono alcuni punti della battaglia della Fnsi ribaditi dal segretario, Paolo Serventi Longhi, nella replica a conclusione del dibattito agli Stati generali degli Enti giornalistici. Serventi ha rilevato che nonostante alcune posizioni divergenti è emersa una maggioranza di consenso alla linea dei cinque organismi della categoria. Ribadendo la salvaguardia dell autonomia della professione, il segretario della Fnsi ha detto che la riforma dell Ordine è legata ai principi del giornalismo. Occorre rafforzare e difendere la professione e fare entrare nel contratto i tre quarti dei colleghi che ne sono fuori. Di fronte a tutto questo Serventi ha detto che sono questioni che costituiranno una battaglia per l intera categoria che deve essere salvaguardata rispetto all atto degli editori e della classe politica. Le leggi sociali, della comunicazione, sul conflitto d interessi e il Patto per l Italia devono essere cambiate perchè così sono nefaste. Il sindacato deve difendere chi è più debole - ha ribadito - i tre quarti della categoria fuori contratto devono avere l assistenza del sindacato il quale dare progetti e speranze per il futuro. Non siamo la Cgil, non lo saremo mai, nè siamo Cisl o Uil o Ugl. Siamo Fnsi, con 24 mila iscritti e dobbiamo trovare gli strumenti per venire incontro a questi colleghi. Serventi è poi passato alla questione degli uffici stampa nella pubblica amministrazione ed anche per i colleghi che vi lavorano si è impegnato a trovare una soluzione per la loro contrattualizzazione. Per fare emergere i precari, Serventi Longhi ha detto che occorre estendere a loro Inpgi, Casagit e Fondo. Di fronte alle prossime trattative con Fieg e Governo, il segretario della Fnsi pretende che ci sia rispetto per la categoria. La riforma dell Inpgi trova l approvazione della Fnsi e in tema di previdenza rivendica due modifiche alla legge 416 rendendola così più adeguata alla realtà. Alla minoranza del sindacato che ha espresso disagio perché la Fnsi non fa abbastanza e non ha un ruolo - ha concluso Serventi - rispondo che il principio che ci spinge a lottare è di essere autorevoli, credibili e seri. (ANSA) tuto dei Dirigenti Aziendali. Le casse dei professionisti non dipendenti hanno altre dinamiche. L Inpgi e la Fnsi hanno saputo costruire una sequenza di modifiche e correttivi (l ultimo con la mini riforma approvata dal Consiglio Generale e di cui ha parlato abbondantemente Cescutti) delle leggi che ci riguardano e del regolamento dell Istituto che ci hanno consentito di registrare risultati eccezionali rispetto ai conti delle pensioni dei giornalisti. Dobbiamo andare avanti così, senza abbassare la guardia, guardando lontano e salvaguardando l Istituto sapendo che non servono polemiche e scontri ideologici, ma, al contrario, occorre individuare le soluzioni migliori per il nostro futuro previdenziale La manovra dell Inpgi va in questo senso e va sostenuta dal Sindacato. Occorrono un forte rigore nella gestione della vigilanza per le violazioni contributive e la capacità di mediare realisticamente sulle sanzioni ma senza eccessivi sconti a nessuno. Ho inviato le lettere sul Fondo per gli autonomi e per recepire le indicazioni dell Inpgi. Lettera di Montezemolo che chiede di bloccare l apertura del fondo di previdenza complementare ai giornalisti che hanno un rapporto di lavoro autonomo e di condizionare il confronto tra le parti sulla manovra approvata dall Inpgi ad una discussione generale su tutti i problemi della previdenza. Cosa significano queste parole del presidente della Fieg? Che una trattativa sui correttivi varati dall Inpgi, sull aumento dei contributi, sulle sanzioni, sul cumulo, sulla perequazione delle pensioni, una trattativa con la Fieg si fa solo se accettiamo le richieste degli editori? Se è così non se ne parla proprio. Significa che gli editori vogliono ulteriormente colpire i collaboratori in regime di lavoro autonomo negando loro la possibilità di accedere al Fondo di Previdenza Complementare, oggi con l Inpgi 2, l unico possibile percorso previdenziale dei giornalisti più deboli. È inaccettabile che gli editori pretendano dal Sindacato un atteggiamento lassista rispetto alla difesa dell Inpgi. Abbiamo però sempre detto, e lo confermiamo, che il Sindacato dei giornalisti persegue gli accordi e pratica la mediazione, ma gli accordi e le mediazioni possibili. Non certamente la svendita delle nostre autonomie. Avevamo perseguito a lungo con Luca di Montezemolo un accordo sull aumento della contribuzione, sulle sanzioni, sul cumulo, sulla perequazione delle pensioni, sulla una tantum per i colleghi pensionati. Eravamo anche riusciti a scrivere insieme alla Fieg un testo di intesa, ma i grandi editori, quelli che fanno il bello e cattivo tempo in Fieg e che controllano ormai l 80% della carta stampata, hanno detto no. Ed è saltato tutto. Oggi Montezemolo ripropone il tavolo che loro han fatto saltare. Bene, vuol dire che l annuncio della ripresa della mobilitazione e degli scioperi dei giornalisti ha prodotto qualche risultato. Se la Fieg ha intenzione di trattare seriamente, la smetterà di pretendere di contare di più nel cda, di imporre l elenco dei componenti della nostra delegazione e accetterà di ragionare in maniera costruttiva, sulla base delle intese passate, potremmo riprendere il filo del dialogo che non si è interrotto per nostra responsabilità. Occorre però che la trattativa si faccia immediatamente, entro dieci giorni, per consentire al Sindacato di verificare le reali volontà della Fieg. Se si tratta dell ennesima presa in giro, del tentativo di evitare uno sciopero, Montezemolo avrà fatto male i suoi conti e gli editori ne dovrebbero subire più di uno di sciopero. Ma vedremo più avanti. D altra parte i problemi del rispetto delle regole, del lavoro e della dignità professionale dei giornalisti si avverte in tutte le aziende. Nella maggior parte di esse pressoché quotidiani sono i tentativi di aggirare le norme contrattuali, di violarle, di forzare le resistenze dei comitati di redazione. La Federazione della Stampa e le Associazioni Regionali sono sotto pressione mentre si moltiplicano i ricorsi alla magistratura delle stesse Associazioni e di singoli colleghi. Particolarmente grave è il tentativo di impedire al Sindacato di svolgere il suo ruolo addirittura con interventi intimidatori nei confronti dei sindacalisti nazionali, regionali e di base. Su temi delicati come il mobbing nei rapporti gerarchici, le richieste di risarcimento danni non sostenute dalle aziende, l espansione del lavoro nero e precario, le relazioni sindacali sono ad un punto di crisi. Persino sulla salute, con l aggiramento delle norme contrattuali e lo scarso riconoscimento dell importante ruolo della Casagit, gli editori hanno un atteggiamento che rasenta la provocazione. Così come hanno assunto un atteggiamento strumentalmente ostile ad ogni riforma o intervento correttivo dello statuto e dell iniziativa del Fondo di Previdenza complementare che è e resta una scelta strategica della categoria che va rafforzata. Il Sindacato dei giornalisti, però, non può e non deve limitarsi a contrastare le violazioni del contratto, delle leggi e delle regole da parte degli editori. Oltre che al rinnovo del contratto Fieg e di quello Aer/Anti / Corallo, la Fnsi deve rafforzare la sua azione strategica per allargare la base dei giornalisti ai quali un contratto è comunque applicato. Oggi tre giornalisti su quattro non hanno un rapporto di lavoro dipendente, mentre si estende ulteriormente l area dei coordinati e continuativi, dei precari in genere. Oltre a tanti giornalisti che lavorano negli uffici stampa, nei periodici specializzati o diocesani o di idee, in altre realtà del settore privato che non hanno un contratto di categoria. Fare applicare i contratti esistenti non può farci dimenticare il lavoro per estendere le regole a chi non ce le ha. Il Sindacato deve anche essere capace di rafforzare gli strumenti di tutela individuale e collettiva nell area del precariato, i cui colleghi sono esposti ai ricatti e a trattamenti indegni. È ancora incompiuta la riforma che deve vedere, individuando le risorse necessarie, sviluppare centri di servizi, nelle Associazioni Regionali a sostegno dei singoli colleghi e delle strutture di base a cominciare dai Comitati di Redazione. Di questi problemi stiamo discutendo nella Giunta della Fnsi mentre le commissioni contrattuali, a cominciare da quella Fieg Fnsi, avranno largo compito di verificare gli accordi esistenti e di rinnovare la parte economica in un quadro che non può vedere la Fnsi subire i dictat degli editori. Care colleghe e cari colleghi, il sindacato, inoltre, sosterrà con forza il progetto di riforma della legge istitutiva dell Ordine approvato dal Consiglio Nazionale su proposta dell esecutivo. Si tratta di una pagina talmente rilevante per il futuro della professione che potrà essere oggetto, da sola, di un aperto conflitto con le forze della conservazione rappresentate oggi dalla Fieg e da parte del mondo politico e istituzionale. Un giornalismo autorevole e autonomo deve essere basato su regole nuove, più liberali e rispettose dell espansione della professione, che individuino una strada di accesso di alta qualificazione al fianco della formazione permanente della categoria. La situazione del mondo della comunicazione in Italia è però anche segnata dalle scelte e dai comportamenti del Governo e del Parlamento. Ciò in un quadro politico caratterizzato da una maggioranza e da un governo guidati dal più grande imprenditore di media del nostro Paese. Il problema del conflitto di interessi tra il Berlusconi premier e il titolare di Mediaset è ancora irrisolto ed il disegno di legge Frattini, che nulla cambia rispetto alla mera proprietà del network, appare come una beffa per chi chiede di rimuovere l anomalia italiana. Il conflitto di interessi, come sostenemmo al congresso della Federazione della Stampa di un anno fa, rischia di condizionare la politica governativa e i comportamenti di chi governa il sistema della comunicazione. In particolare, particolarmente grave appare la situazione del servizio pubblico radiotelevisivo sottoposto negli ultimi mesi ad una radicale trasformazione negli uomini e nelle politiche aziendali, comprese quelle informative. Gli errori commessi in passato da governi che non hanno mai affrontato i nodi veri del sistema e, in particolare, quello del controllo politico-partitico della Rai, si sommano a una progressiva delegittimazione del ruolo del servizio pubblico. Le scelte di rimozione di tanti giornalisti, non solo Biagi e Santoro al di là della retribuzione: sono stati cacciati in diretta Tv dalla Bulgaria - scelte editoriali e produttive che hanno fatto abbassare l audience e lo share rispetto al concorrente privato, il tentativo continuo di un controllo politico sulla stessa informazione con critiche e minacce per chi esprime opinioni e progetti fuori dal coro, rappresentano solo alcuni degli errori che fanno nascere molti legittimi sospetti. Chi vuole ridurre la qualità dei programmi della Rai magari per consentire privatizzazioni ambigue sembra avere la strada aperta. La riaffermazione del ruolo del servizio pubblico, fatta da alcuni esponenti del Governo deve trovare corrispondenza con risorse certe da garantire alla Rai e con un progetto di rilancio del servizio pubblico, ed in particolare di una informazione realmente completa e pluralista. Non sono d accordo né con il progetto di legge del ministro Gasparri, che ipotizza per la Rai una finta privatizzazione e non affronta realmente i nodi del pluralismo e della partecipazione della società civile alla gestione aziendale, né con alcune delle proposte sull informazione Rai avanzate dal Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, Claudio Petruccioli. In particolare, impedire ai direttori responsabili di leggere i loro editoriali ed alle reti di trasmettere in diretta i grandi avvenimenti della politica, ad esempio le manifestazioni nazionali sia delle forze che sostengono il governo sia di quelle che organizzano l opposizione. Come ho detto, sono estremamente perplesso e preoccupato per la legge di riforma della comunicazione che in poche settimane il ministro Gasparri ha messo a punto e proposto al Consiglio dei ministri. Una legge che nei prossimi giorni approda in Parlamento e che prevede, tra l altro, deleghe al governo ORDINE

4 STATI GENERALI Lorenzo del Boca Presidente Ordine su materie delicatissime al centro del conflitto di interessi. La legge propone dei limiti indefiniti e che appaiono giganteschi, in una ottica di settore integrato della comunicazione, tanto da rendere possibili nuove pericolose concentrazioni multimediali. Qualcuno nei giorni scorsi si è esercitato a calcolare quanto vale questo settore integrato composto da Rai (canone e pubblicità), Mediaset, emittenza nazionale e locale, quotidiani e periodici di ogni genere, pubblicità (concessionarie, agenzie e creativi), on line, libri, dischi, eccetera. Si è fatta la cifra di 8 miliardi di euro (16 mila miliardi di vecchie lire circa) come tetto antitrust per un singolo soggetto che investe nel settore integrato della comunicazione. Una cifra enorme, che allarga a dismisura le possibilità teoriche di un singolo soggetto privato, mentre gli operatori delle telecomunicazioni possono fatturare fino a 2,7 milioni di euro nel settore della comunicazione (si sfiorerebbe l equivalente del solo fatturato della Rai). Nello stesso tempo si superano tutti i limiti di concentrazione nei singoli settori, con conseguenze assolutamente imprevedibili rispetto agli assetti previsti dalla legislazione precedente, insufficiente ma che almeno rappresentava una forma di tutela. Non è una legge liberale perché prevede solo teoricamente la possibilità di incroci nella proprietà di media di diversi settori, teoricamente perché di fatto nessun soggetto potrà entrare in un settore dell emittenza nazionale generalista dominato da tre reti Rai e tre intoccabili reti Mediaset. Anche per il futuro digitale del Paese, mentre si parla di un rinvio oltre il 2006, non si creano le condizioni per una reale sperimentazione. Si prefigura quindi il mantenimento dell attuale assetto della televisione generalista basata sul duopolio Rai-Mediaset, si assumono comportamenti aziendali che sembrano ridurre la capacità competitiva del servizio pubblico, si realizza la fusione di Telepiù e Strem nelle mani di Murdoch. Se fosse vero tutto ciò, e lo chiediamo al ministro Gasparri, sarebbe proprio un bello scenario, mentre sul fronte della carta stampata pesano nuove incognite e la concentrazione in pochi gruppi di un gran numero di quotidiani e di periodici è già una realtà. La vicenda del tentativo di scalata al controllo politico del Corriere della Sera e delle altre testate Rcs da parte di un imprenditore edile con precedenti penali ed amici influenti, non è stata banale ed è un sintomo di quello che può accadere. Non si tratta di un imprenditore simpatico ad alcuni e antipatico ad altri, si tratta di chi entra nell editoria con propositi molto ambigui. Peraltro questa è una vicenda tutt altro che chiusa, purtroppo. La Fieg e il suo presidente, hanno risposto alla legge muovendo alcune critiche e chiedendo alcune modifiche. Non un vero e proprio allarme quello di Montezemolo, alcune critiche sono persino condivisibili, ma dagli editori parte soprattutto una richiesta esplicita di sostegno ad un settore che continua a perdere nella pubblicità. Dal Governo però il settore della comunicazione nella Finanziaria ha avuto solo la mancia di un contributo statale di 75 euro per i decoder digitali e di 150 per la banda larga. Le richieste di Montezemolo di alleggerire l Irap sul costo del lavoro giornalistico e di benefici fiscali sulla pubblicità non hanno finora avuto risposta nonostante alcune promesse abbastanza esplicite. I giornalisti possono condividere interventi del genere, ma ciò servirà a indurre gli editori ad applicare i contratti e le leggi e a pagare i contributi previdenziali ai giornalisti? Ne dubito, anzi attendo una risposta dagli Editori e dal Governo. La Federazione Nazionale della Stampa continua infine ad essere impegnata sul fronte della legislazione sociale del governo ed in particolare sul Patto per l Italia da noi non sottoscritto perché non siamo stati ammessi alle trattative. Il Patto ha alcuni elementi di interesse, ma contiene elementi di estrema preoccupazione specie per quanto riguarda le modifiche all articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, un grimaldello per scardinare le norme sulla giusta causa sui licenziamenti e le tutele previste dalle leggi sulla cessione di ramo d azienda. Non potremo accettare in alcun modo che nelle singole redazioni, specie le più piccole e deboli vi siano colleghi anziani tutelati dalla legge sulla giusta causa ed altri, nuovi assunti, per cui la legge sui licenziamenti è sospesa. Abbiamo avuto a fine luglio un incontro con il ministro del Lavoro il quale ci ha promesso in settembre un tavolo per interpretare il patto per l Italia e adeguarlo a una categoria particolarmente a rischio come la nostra. Questo tavolo, nonostante ulteriori richieste a settembre, non si è aperto. Maroni ci ha fatto sapere formalmente che ci convocherà entro ottobre per discutere la situazione della previdenza e possibili revisioni del patto per l Italia. Vedremo, anche in questo caso, le reali intenzioni dell esecutivo e del ministero del Lavoro. Anche in questo caso abbiamo bisogno che l incontro si svolga in tempi rapidi, entro dieci giorni. Spetterà alla Giunta della Fnsi, che si riunirà al termine degli Stati Generali, decidere in merito alla proposta di proclamare lo sciopero generale, che ritengo necessario. Potremmo proclamarlo questo sciopero, ma sospenderne la data di attuazione. Nei prossimi dieci giorni dovremo avere gli elementi per decidere la data oppure se rinviare ulteriormente lo sciopero. Sono consapevole che l attuale stagione del sindacato è nel nostro paese caratterizzata da profonde lacerazioni tra le confederazioni sindacali, lacerazioni che si riflettono sulla capacità di iniziative comuni di tutto il mondo del lavoro. Siamo profondamente rispettosi delle storie e delle scelte di ognuno, esprimiamo le nostre preoccupazioni e lo facciamo gelosi della nostra indipendenza. Anche tra noi vi sono opinioni e sensibilità diverse, ma il giornalismo deve fare i conti con una situazione che non è oggettivamente la stessa nella quale si muovono Cgil, Cisl e Uil. E noi siamo intenzionati a sviluppare il Patto (absit iniuria verbis) di unità con tutte e tre le Confederazioni. È comunque importante per me, per noi della Fnsi, ascoltare anche i colleghi che rappresentano gli altri organismi, coordinati oggi con efficacia da Domenico Ferrara, perché abbiamo bisogno dell aiuto di tutti voi. La Fnsi, che è impegnata sui fronti istituzionali e nei confronti degli editori, sta infatti anche realizzando la più grande riforma della sua storia: l ampliamento della rappresentanza e della contrattazione a tutti i giornalisti attraverso l articolazione dei contratti che va sostenuta garantendo l equilibrio dei conti degli Istituti. La trasformazione del Sindacato dei giornalisti in un Sindacato di servizio, che sappia corrispondere meglio agli interessi degli iscritti dipendenti ed autonomi, alle attese di tutte le strutture della categoria, delle Associazioni Regionali di Stampa e dei Comitati e fiduciari di redazione. Spendo infine una parola sull unità del Sindacato in questo momento delicato per tutti noi, qualunque sia la nostra posizione sindacale o politica. Possiamo pensarla diversamente, nella libertà delle espressioni e delle opinioni di ognuno, e la valorizzazione della diversità è più che mai un valore fondamentale per tutti noi. Cerchiamo di confrontare i dissensi con equilibrio e responsabilità, sapendo che saranno i colleghi a decidere sui nostri atti. Dobbiamo avere la capacità di consultare sempre le strutture sindacali e l intera categoria, le redazioni ed i colleghi che sono fuori dalle redazioni, ogni qualvolta dobbiamo prendere decisioni importanti. È il nostro stile, il nostro metodo. Continuiamo a praticarlo con serenità. Per questo, con umiltà ma avendo la ferma capacità di scegliere e di decidere democraticamente, dovremo essere capaci di presentarci forti e coesi a chi ci ascolta dall esterno, determinati ed impegnati nel cambiamento ma anche nella strenua difesa delle regole. Insisto nel sottolineare gli elementi di quella crisi violenta e, a tutta prima, infinita che coinvolge il mondo dei giornalisti compromettendone il lavoro e stroncandone le prospettive. Ogni volta ripetiamo che il momento è grave e ogni volta abbiamo più argomenti e più motivi per dimostrarlo. Continua la nostra traversata del deserto e chissà se arriveremo mai dall altra parte. Il tumulto tecnologico ha cambiato il nostro modo di scrivere ed è riuscito a mettere in discussione certezze - anche contrattuali - sull eternità delle quali tanti erano disposti a scommettere. Questa accelerazione del cyberfile - per il futuro - promette trasformazioni ancor più radicali. Le difficoltà di bilancio annunciate da La Stampa e dal gruppo Riffeser che potrebbero trasformarsi in richieste di stato di crisi sarebbero soltanto l aspetto esteticamente più evidente. Il fatto è che non è cambiato soltanto il nostro modo di lavorare e il modo di fare informazione. È cambiato il mondo. Questa società planetaria che viene descritta come globalizzata non è - in realtà - una massa tutta uguale e, quasi indistinta. Più che massificata si direbbe complicata. I giornalisti dovrebbero essere in grado di leggerlo, questo mondo, comprenderlo, spiegarlo e farlo capire per mettere i lettori e i telespettatori nelle condizioni di ottenere una chiave di lettura che valga come istruzioni per l uso. In realtà, la nostra è un informazione che non soltanto è lontana - lontanissima - dall individuare le cause ma, spesso, fatica a percepirne gli effetti finendo per risultare stantia, logora, poco attuale. Vecchia. Le analisi sulla professione finiscono per sembrare degli sfoghi di psicanalisi. Da un lato, c è chi chiude la porta alle novità tutto preso dal romanticismo della professione: l odore di piombo e le chiusure in tipografia a tarda ora come si racconta nel film amici miei e come tanti di noi possono personalmente testimoniare. Secondo questa scuola di pensiero, i guai vengono dalle macchinette che fanno appannare l intelligenza e la creatività, la fantasia e l istinto. Dall altro lato, invece, c è chi vorrebbe trasformarsi nel terminale del terminale: un pezzo della macchina, strumento non diverso e non troppo migliore di un chip. Internet e tutte le diavolerie della scienza sarebbero, in realtà, un occasione da non perdere: vere e proprie finestre sul mondo che mettono in condizione di sapere tutto, in tempo reale, senza barriere di spazio e di lingua, con costi infinitesimali e con possibilità di infiniti controlli incrociati. Per un verso nostalgia senza modernità e per l altro un giornale che dovrebbe assomigliare piuttosto a un esercitazione sulla play station. Invece, le due cose che sembrano cosi distanti fra loro non sono che la rappresentazione delle due facce di un modello di giornalismo, alle soglie del terzo millennio, capace di mettere insieme l abilità tecnica con l intelligenza professionale. È del tutto evidente che Internet sarà il futuro. Dipende da noi evitare che sia un pericolo. Non dobbiamo metterci in concorrenza con le tecniche ma occorre accettare la trasformazione per governarla: impadronirsene per non diventarne preda. È adattamento culturale prima che professionale. Il giornalista deve imparare a muoversi all interno dell innovazione. C è bisogno di un giornalismo che cresca in autorevolezza e non solo in quantità. I lettori e i telespettatori ci chiedono di descrivere il delitto della ragazzina di Brescia ma vorrebbero qualche risposta ai tanti perché che ognuno si pone di fronte a una vicenda enorme come quella. Chi compra un giornale o accende la tv desidera conoscere le novità sulla crisi fra Israele e la Palestina ma non si accontenta del nome dell ultimo morto o della statistica dell ultimo attentato. Cerca qualche valutazione, qualche giudizio, qualche analisi un po meno approssimativa. La gente non ha bisogno della notizia in sé che sembra correre nell aria. Clamoroso il tam-tam che è avvenuto il 5 settembre dell anno scorso accendi la televisione che vanno giù le torri gemelle. Non è il fatto che occorre comunicare ma i valori e le conseguenze di esso, il suo significato e la sua portata, il margine di novità che rappresenta e l utilità che da quel fatto deriva. Niente affatto facile. Nemmeno per un ingegnere è facile progettare un ponte e non è facile per l avvocato Taormina difendere la signora Lorenzi e il suo ufficio stampa per il delitto di Cogne. Eppure l ingegnere e l avvocato hanno affrontato studi specifici sull argomento, hanno consumato ore e giorni sui libri, si sono documentati e solo alla fine ci hanno messo quell indispensabile bagaglio di esperienza che consente loro di affrontare il mondo del lavoro. Questo per dire che non ci si può improvvisare giornalisti. Se è stato possibile un tempo: è impraticabile oggi. Occorre andare a scuola - o tornarci - faticare sulla teoria e poi dedicarsi alla pratica. Non c è più niente al mondo che possa essere affrontato con superficialità: le difficoltà della borsa o il crack dell Argentina, le questioni dell immigrazione e i problemi dell ordine pubblico, la politica nazionale e l integrazione con i parlamenti europei. Crediamo che l Università sia una risposta fondamentale, necessaria e indispensabile. Quello della scuola come canale d accesso alla professione è il cardine principale della riforma legislativa che l Ordine dei giornalisti immagina per il proprio futuro. La proposta è stata votata dal consiglio nazionale all inizio di luglio con due soli voti contrari. Adesso tocca al Parlamento che normalmente ha bisogno di tempi lunghi e qualche volta lunghissimi. Chi ha a cuore i problemi dell informazione sa che, su questo terreno, tempo non ce n è: non ce n è da perdere e non ce n è. Lasciare i giornalisti con la legislazione del 1963 sarebbe come mandare gli alpini in Afghanistan con i fucili della guerra mondiale. Gli scettici devono farsene una ragione. Si dividono - grosso modo - in due categorie. Ci sono quelli che, richiamandosi astrattamente all articolo 21 della Costituzione, si trovano a difendere l ignoranza come garanzia di libertà. Gli editori sprecano dotte citazioni al proposito. Non sono tutti in mala fede: ma qualcuno sì. Poi ci sono quelli che sostengono come la preparazione accademica non sia tutto e, certo, non esaurisce la ricchezza di una professione come quella dei giornalisti che per il fatto di essere la coscienza critica del paese non può ridursi a formule da abbecedario. E questi hanno ragione. È vero che non tutto si può insegnare ed è ancor più vero che alcune cose essenziali ognuno se le deve già trovare dentro. Non c è Università - non la conosco - che spieghi come tenere la schiena dritta a chi ha madornali propensioni alla riverenza. Beninteso: tenere la schiena dritta non significa pensare di trasformarsi in arroganti signornò. Non significa presentarsi come dei saccenti saputoni che sdottoreggiano sulla vita e sulla morte. E non significa nemmeno diventare la misura di tutte le cose. Ma significa difendere il senso della propria autonomia e della propria indipendenza, sapere ascoltare e sapere riferire, mettere insieme le notizie, sceglierle, stabilire una gerarchia di valori e proporre un ordine di essi. Significa avvicinarsi all obiettività che non è lontananza né distacco, che non rivendica franchigie né privilegi ma che consente di coniugare libertà e responsabilità. Ci sono materie che non possono diventare argomento di scuola e che non sono garantite nemmeno dall articolo 18. Siamo proprio sicuri di fare, per davvero, il nostro mestiere? Quando ci lasciamo guidare dalla casualità? Quando i giornali sembrano un immensa edizione di spettacolo? O quando facciamo resoconti che sembrano fiction? Di corsa, a rifare la prima pagina perché il Maurizio Costanzo Show ne ha sparata una cosi grossa che è impossibile non darne conto. Esperti in finzioni, amplificazioni, retorica, verbosità, superlativi ed esagerazioni. Alla fine: falsi. E un altra cosa i giornalisti devono sapere evitare: la voglia di presentarsi come protagonisti, con la fotina accanto alla firma, con la faccia nel teleschermo, con la pubblicità sui rotocalchi, più personaggi dei personaggi di cui si parla. Come se la notizia dipendesse da chi la dà e non dal suo valore. Anche nella polemica e nella rivendicazione qualche passaggio più sobrio non sarebbe un danno. Con un Santoro emarginato a un miliardo e mezzo di vecchie lire ci sono un migliaio di precari che non arrivano a prendere il suo stipendio, tutti quanti messi insieme. Bisognerebbe poter difendere uno ma ricordarsi anche degli altri. Riprendersi il mestiere, significa anche sapere stare al proprio posto. 4 ORDINE

5 Gabriele Cescutti Presidente Inpgi In questi due giorni di dibattito gli argomenti di discussione sul nostro Istituto di previdenza non mancheranno. La riforma previdenziale recentemente approvata dal Consiglio di amministrazione e dal Consiglio generale, il mancato accordo con la Fieg sull aumento contributivo e sul condono, il peso crescente dei prepensionamenti, fanno parte di una realtà rilevante che dobbiamo esaminare e discutere per scegliere assieme quale sia la strada che la categoria vuole percorrere. Ma prima, desidero dare a tutti i colleghi dei cinque Organismi di categoria qui presenti, una notizia in anteprima, la quale riguarda l assestamento al bilancio di previsione 2002 che in questi giorni i Servizi dell Istituto stanno predisponendo nelle sue linee generali. Abbiamo una conferma, una conferma importante, che le previsioni di crescita formulate un anno fa si sono realizzate. Avevamo indicato anche per il 2002 un possibile attivo di oltre 80 miliardi di lire e le analisi predisposte dai vari Servizi consentono di raggiungere e superare queste cifre. In particolare sono continuati il trend positivo dell occupazione e il conseguente buon afflusso contributivo, cui si è aggiunto un ottimo risultato dell attività del Servizio ispettivo. Ovviamente la spesa previdenziale cresce a sua volta, ma in modo più contenuto rispetto alla crescita delle entrate, anche se preoccupa non poco il fenomeno dei prepensionamenti, di cui alcune aziende in particolare tentano di avvalersi per rimpinguare i loro bilanci a spese della nostra categoria. Alla luce dei primi importanti dati dell assestamento al preventivo 2002 si conferma dunque che l Inpgi è riuscito in questi anni, d intesa e sempre sostenuto dal Sindacato nazionale, a uscire dalle incertezze e dalle preoccupazioni che caratterizzarono i tempi immediatamente successivi la privatizzazione, consolidando stabilmente i suoi bilanci. Ma perché dunque, con una situazione così positiva, che rassicura nell immediato, l Inpgi ha proceduto ad una riforma che - pur contenuta - era logico attendersi avrebbe provocato preoccupazioni e polemiche? Rispondo alla domanda con un interrogativo. Qualcuno può forse pensare che gli Amministratori dell Istituto avrebbero deciso di affrontare un percorso così faticoso, e certo non popolarissimo, se - al di là della stabilità di cui oggi godiamo - non vi fossero stati seri motivi di preoccupazione riferiti ad un lontano futuro? Spero di essere creduto sulla parola se affermo che per i colleghi e per me sarebbe stato sicuramente più comodo e più gratificante goderci gli ottimi risultati di un azione di risanamento che oggi è incontestabile, lasciando eventualmente ad altri l onere di confrontarsi con lo scontento e le polemiche. Ma i rischi, specie se c è di mezzo l avvenire previdenziale dei più giovani, vanno affrontati con decisione e senza tergiversare. I tempi del dibattito non sono stati comunque né affannosi né ristretti. Abbiamo cominciato a discutere la riforma il 5 marzo ed in aprile tutti gli iscritti sono stati informati dettagliatamente, con una lettera circolare, dei termini e delle ragioni della modifica. Una modifica la quale tende a variare, per il futuro, il calcolo della media retributiva pensionabile individuale. Facendo in modo che, sempre per il futuro, questo elemento sia derivato, per tutti gli iscritti, dalla media di tutti i contributi versati. E non più dalla media di periodi più favorevoli. Così come peraltro già oggi accade per quei colleghi (sono oltre 4.000) i quali sono entrati nell Inpgi dopo il 24 luglio 98. Dopo quella lettera inviata a tutti gli iscritti nello scorso aprile, il dibattito si è allargato, con la partecipazione da parte mia e di altri colleghi a tutti gli incontri di categoria cui siamo stati chiamati o dove è stata accolta la nostra richiesta di partecipazione. L ultima occasione è stata la Conferenza nazionale dei Cdr in luglio. Lo scorso 26 settembre, infine, abbiamo ritenuto che dopo sei mesi si potesse e si dovesse decidere. La riforma è stata dunque approvata con 32 voti favorevoli, 11 contrari ed 1 astenuto. Ma - continuano ad affermare i nostri critici - questa riforma non è giustificata da nessuna analisi finanziaria che dimostri la necessità di questo provvedimento. Questa analisi invece c è, ed è costituita da un bilancio tecnico attuariale che l Inpgi è tenuto a far redigere almeno ogni 3 anni e che il ministero del Lavoro ci aveva sollecitato. Quel documento conferma la solidità che si è riusciti a far crescere nel nostro Istituto e che i dati statistico attuariali confermano possa proseguire per almeno 15 anni. Ma lo stesso documento avverte che, guardando oltre, la situazione si modificherà, che la crescita media della vita (peraltro benvenuta) va tenuta presente come elemento problematico per la stabilità previdenziale e che di conseguenza ogni segnale di allarme va considerato con serietà e senza rinvii. E il ministero del Lavoro, cui è stato sottoposto il documento, dopo aver preso atto del sostanziale equilibrio fra entrate contributive ed uscite previste, ha invitato l Istituto a porre allo studio quelle modifiche sul versante delle prestazioni e / o dei contributi che possano costituire un idoneo correttivo agli andamenti tendenziali che, dopo quella data, potrebbero verificarsi. Non è vero dunque che l iniziativa dell Istituto non sia sorretta da analisi tecniche e finanziarie di provata solidità. Chi oggi afferma il contrario evidentemente dimentica che quel bilancio tecnico fu portato all analisi del Consiglio di amministrazione; che il documento fu consegnato come d abitudine a tutti i consiglieri e che Presidente e Direttore generale lo illustrarono sottolineando con soddisfazione che emergeva una buona stabilità dei bilanci per 15 anni. Ma lo studio dell attuario (anche questo fu sottolineato con particolare attenzione) avvertiva che dopo questo periodo si potranno presentare difficoltà man mano crescenti. Quell allarme, pur se lontano, era ben noto quindi anche a chi oggi lo ha scordato. Ma non è tutto. Quel documento fu anche posto in votazione e approvato all unanimità, anche da chi oggi sostiene che la riforma varata dal Consiglio generale non sarebbe sorretta da alcuna analisi finanziaria. Quanto sto affermando, ovviamente, è dimostrabile documentalmente, attraverso i verbali stenografici delle nostre riunioni. Partendo dalla preoccupata segnalazione attuariale (che fu portata anche a conoscenza del Consiglio generale) i Servizi dell Istituto successivamente hanno segnalato due anomalie di cui ho già fatto cenno nei mesi scorsi, partecipando a riunioni ed assemblee per illustrare il progetto di riforma. La prima anomalia deriva dalla sperequazione fra contributi versati e livello di pensione che potrà essere maturata e che potrà derivare, in un prossimo futuro, dalla diffusione - peraltro assolutamente auspicabile - dei contratti differenziati con minimi tabellari più esigui. La seconda anomalia è riferita invece al proliferare dei contributi volontari conseguenti dimissioni incentivate. Anche in questo secondo caso si manifesta evidente la sperequazione fra contributi minimi versati e il livello di pensione in maturazione. La preoccupata segnalazione dei nostri Uffici è stata valutata alla luce del bilancio attuariale e, successivamente, dell invito rivoltoci dal ministero del Lavoro a studiare opportuni correttivi. La soluzione proposta dagli Uffici, e approvata dopo sei mesi di discussioni punta a realizzare, dunque, per il futuro, una stretta correlazione fra ammontare dei contributi versati e pensione maturata. Così come già oggi accade - lo ripeto - per oltre giornalisti iscritti all Inpgi dall agosto 98. Dopo la votazione del 26 settembre alcuni Consiglieri generali dissenzienti hanno protestato sostenendo che la maggioranza non aveva tenuto conto di 664 lettere di iscritti pervenute nei giorni precedenti via e - mail, le quali invitavano a rinviare ancora la decisione. Si trattava di una lettera aperta che i colleghi in disaccordo con la riforma avevano scritto, impegnandosi poi perché il maggior numero di giornalisti la firmasse e la restituisse all Inpgi. 664 adesioni rappresentano certo un numero consistente, ma già prima del voto avevo osservato (e oggi lo ribadisco) che questo numero costituisce il 3,69% degli oltre iscritti all Inpgi con posizione contributiva in atto. Non credo che affermare questa realtà sia offensivo. Si tratta di un dato statistico incontestabile, che serve a ben comprendere le dimensioni del dissenso, spontaneo o sollecitato. Ritengo quindi legittimo affermare ancor oggi che nonostante le sollecitazioni ricevute e l impegno di chi, fin dall inizio, ha espresso e cercato di far esprimere posizioni difformi, la categoria non si è affatto mobilitata contro l Inpgi e la modifica regolamentare proposta. Ma al contrario, nella sua grande maggioranza, ha capito e condiviso le ragioni che stanno alla base della riforma. Ma le pensioni subiranno davvero un danno notevole? A questo riguardo ho sempre riportato, e lo faccio ancor oggi, le valutazioni dei tecnici dell Istituto. I quali assicurano che questi, in concreto, saranno i possibili effetti del cambiamento: 1) Nessuna variazione per i giornalisti iscritti all Inpgi dopo il 24 luglio 1998, ai quali già oggi si applica la media su tutta la vita lavorativa; 2) Nessuna variazione per gli iscritti che al 31 dicembre 92 disponevano di più di 15 anni di contribuzione Inpgi, e che continueranno ad avere un regolare andamento in crescita della retribuzione; 3) Possibili, modeste incidenze per chi, trovandosi nella medesima condizione, al 31 dicembre 92 non aveva ancora raggiunto 15 anni di contribuzione Inpgi. Gli stessi Servizi dell Istituto hanno valutato che, eseguendo il calcolo sulla base della media retributiva dei giornalisti in età pensionabile (180 milioni annui) l ipotetica diminuzione potrà essere compresa tra e lire nette al mese. 4) I Servizi dell Istituto non ci hanno nascosto (ed io l ho fatto presente in tutte le sedi) che l ipotetica diminuzione potrà invece essere maggiore nel caso di cadute contributive derivanti da uno stipendio inferiore al precedente. E ciò in conseguenza del principio che il livello della resa pensionistica debba essere proporzionato a quanto è stato versato. Ci sono stati anche forniti degli esempi. Passando per un anno da una retribuzione di 100 milioni ad 80 milioni, la pensione diminuirebbe di lire nette al mese. Mentre perdurando la caduta retributiva per 5 anni, la diminuzione salirebbe a lire nette al mese. Ma il livello della pensione Inpgi rimarrà comunque, e di gran lunga, superiore a quello in atto nell assicurazione generale obbligatoria. E ciò grazie alle migliori aliquote di rendimento, le quali consentono, a parità di retribuzione e numero di contributi, di maturare all Inpgi in 30 anni, lo stesso livello di pensione che all Inps si può maturare in 40 anni. Questa è la realtà, sostenuta dai conteggi eseguiti dai Servizi dell Inpgi. Ma c è chi preferisce seminare preoccupazione e risentimento, sostenendo che i tagli saranno pesantissimi. E c è purtroppo chi si lascia convincere, senza prima eseguire almeno qualche calcolo, o chiedere maggiori ragguagli. Proprio la scorsa settimana mi ha colpito su un sito Internet la lettera risentita di un collega che contestava pesantemente Roberto Seghetti, per aver sostenuto la riforma. Ho pregato immediatamente gli Uffici dell Istituto di verificare la posizione contributiva di quel giornalista. La risposta è stata la seguente: se l iscritto (che ha un posto di lavoro in un agenzia qui a Roma) continuerà la normale carriere contributiva fino a 65 anni, non subirà alcuna decurtazione della pensione. Anzi, ci potrà guadagnare qualcosa. Seghetti ha già risposto a quel collega rassicurandolo. Ma chissà quanti altri sono nella stessa condizione. Non corrono alcun rischio, e danno retta a interessati allarmismi. La riforma di recente approvata prevede anche ulteriori sostegni in favore dei colleghi precari i quali abbiano le seguenti caratteristiche: un età superiore a 40 anni, un anzianità contributiva Inpgi di almeno 10 anni ed un anzianità di almeno 12 mesi presso aziende che siano in stato di crisi, di fallimento, di liquidazione o che abbiano cessato un ramo d azienda. Per tutti quei giornalisti che si trovassero in disoccupazione con tali requisiti, è previsto che la contribuzione figurativa (oggi massimo di 12 mesi) aumenti di ulteriori 6 o 12 mesi, secondo l età anagrafica. Il Consiglio generale ha anche raccolto i timori avanzati da chi oggi sta versando contribuzioni volontarie rapportate al minimo contrattuale del redattore ordinario. È stato così variato l art. 17 del Regolamento, che consentirà ad ogni iscritto di modificare la scelta iniziale e di decidere l ammontare dei contributi fino ad un tetto che sarà determinato dalla retribuzione media pensionabile individuale. In tal modo, versando somme maggiori, l iscritto potrà evitare la diminuzione della futura quota di pensione. Ho illustrato all inizio la solida situazione nella quale l Inpgi oggi si trova e che ci è riconosciuta dai ministeri del Lavoro e dell Economia. Determinando questa condizione di stabilità, la categoria dei giornalisti ha provato di saper bene amministrare, in condizioni anche difficili, il proprio Istituto. Ma con il provvedimento adottato dal Consiglio generale andiamo oltre, e dimostriamo di non dormire sugli allori dell oggi, di essere in grado di guardare oltre, ai rischi che pur se lontani sono reali, di saper preparare e governare il futuro, ponendo in atto con rapidità e decisione ogni riforma che si renda opportuna in relazione ai mutamenti che si manifestano nella professione. Al fine di affrontare e neutralizzare per tempo le anomalie che oggi si presentano in modesta entità, ma che non controllate creerebbero seri rischi per le generazioni future. Abbiamo ricordato varie volte che il diritto ad essere privatizzati, e di poter quindi godere di regole di autonomia, noi ce lo guadagniamo ogni giorno, camminando soltanto con le nostre gambe, senza percepire sovvenzioni pubbliche e quindi senza gravare sulle tasche dei contribuenti. Ma per contrastare efficacemente i nemici della nostra privatizzazione, che ancora esistono, dobbiamo anche dimostrare di essere in grado di tutelare non soltanto i pensionati o chi alla pensione è vicino, ma anche i più giovani che da questo traguardo sono lontani. I quali hanno diritto di chiederci comportamenti che garantiscano che l Istituto sarà solido anche fra 30 anni e che anche fra 30 anni potrà assicurare il pagamento della loro pensione. In premessa ho affermato, e lo ribadisco, che l assestamento al bilancio di previsione 2002 confermerà, in alcuni casi superandoli, gli obiettivi che ci siamo posti un anno fa. Non dobbiamo tuttavia scordare che sull Istituto continua a gravare un rischio, rappresentato dall anomalia dei prepensionamenti conseguenti agli stati di crisi, i quali costituiscono un elemento pesante e incontrollabile, che impedisce qualsiasi seria previsione e che grava, assieme al costo della cassa integrazione, unicamente sulle casse dell Istituto e quindi sulla collettività degli iscritti. Il costo dei prepensionamenti (attualmente 254 trattamenti) grava ogni anno sull Inpgi con un uscita impropria pari a 30 miliardi di lire. Ebbene, il rapporto percentuale fra entrate contributive e spesa pensionistica, che nel 2001 è rimasto fissato al 91,6%, sarebbe sceso immediatamente all 85,5% se l Inpgi non avesse dovuto farsi carico degli oneri derivanti dai prepensionamenti. Sarebbe stata dunque raggiunta, grazie agli sforzi degli amministratori fin qui succedutesi, una ulteriore tranquillizzante stabilità. Ma a quest onere, che già la categoria sta sopportando, si aggiunge oggi un altro pericolo. Siamo infatti alla vigilia della ripresa di un confronto al ministero del Lavoro, allorché la Fnsi tornerà a discutere la richiesta di stato di crisi presentata dal Gruppo Riffeser, con prepensionamenti per 60 giornalisti. D intesa con il Sindacato nazionale, l Inpgi ha già provveduto a far analizzare, tra gli altri, anche i bilanci del Gruppo Riffeser attraverso una primaria società di revisione contabile. La quale ha concluso che non sussistono i ORDINE

6 STATI GENERALI Andrea Leone Presidente Casagit requisiti di crisi previsti dalla legge e che gli stessi amministratori del Gruppo si sono ben guardati dall usare il vocabolo crisi nelle relazioni accompagnatorie ai bilanci. La crisi evidentemente viene usata come un comodo lasciapassare che dovrebbe servire a far cassa a spese dell Inpgi e dei colleghi allontanati anzitempo dal posto di lavoro. Per realizzare in concreto quella rendita parassitaria che fu denunciata qualche anno fa in un rapporto del Gruppo di lavoro per la riforma della legge 416, costituito presso la Presidenza del Consiglio. La Fnsi e il suo Segretario generale si sono già espressi con i fatti contro l utilizzo distorto della legge 416, in difesa dei diritti dei singoli e della collettività dei giornalisti. Dovremo ora impegnarci tutti assieme affinché l assoluta inconsistenza dello stato di crisi sia riconosciuta dal ministero del Lavoro. Ma non esistono soltanto le crisi fasulle. Vi sono anche aziende i cui bilanci denunciano una difficoltà reale e i cui giornalisti non possono essere abbandonati dal Sindacato, dall Inpgi e dalla categoria. Con altrettanta convinzione quindi mi sento di affermare che il paracadute sociale costituito dai prepensionamenti non può essere eliminato, prima che un appropriato provvedimento legislativo sia intervenuto a sostituirlo, individuando nuove e più eque misure di sostegno, da porre in atto nei momenti di difficoltà che un azienda e i suoi dipendenti si trovino ad attraversare. Proprio in conseguenza di questa convinzione il Consiglio di amministrazione dell Inpgi già da due anni ha rivolto una richiesta ufficiale a Fnsi e Fieg. Affinché finalmente si proceda ad un aumento dell aliquota contributiva a carico delle aziende editoriali, il quale consenta di affrontare, ripartendone gli oneri, il peso di questa anomalia, che può arrivare in qualsiasi momento a frustrare gli sforzi compiuti per dare definitiva stabilità all Istituto. E del resto a giustificare la richiesta di aumento c è anche una realtà inconfutabile, rappresentata dalla grande differenza che grava a danno dell Inpgi: 30,23% il costo aziendale per i contributi complessivi all Inpgi, contro il 39,59 all Inps. I contributi per un dipendente giornalista costano ad un azienda editoriale il 30% in meno rispetto alla spesa previdenziale per un dipendente non giornalista. Esiste dunque un ampio margine per procedere ad un aumento graduale, il quale consenta all Istituto - in attesa di uno specifico ed auspicabile provvedimento legislativo - di poter fronteggiare l onere dei prepensionamenti senza il pericolo di gravi ripercussioni sui futuri bilanci. La nostra richiesta di aumento contributivo, condivisa dalla Fnsi, dopo un lungo periodo di silenzio da parte della Fieg condusse, nel dicembre scorso, ad una trattativa a tre la quale sembrava destinata al successo. Da parte dell Inpgi sul tavolo del negoziato fu posta la disponibilità ad un provvedimento di condono che potrebbe essere utilizzato da 110 aziende già sottoposte a visita ispettiva, e che comporterebbe per le stesse la cancellazione di sanzioni (non dei contributi, solo delle sanzioni) per un totale di circa 80 miliardi. La contropartita era rappresentata da un aumento contributivo complessivo del 2% a carico delle aziende: uno per cento a decorrere dal rinnovo contrattuale nel 2003 e un ulteriore uno per cento dal rinnovo del Ottanta miliardi cancellati dai crediti dell Inpgi non sono pochi. Ma l accordo avrebbe consentito all Istituto di introitare 79 miliardi di contributi, concorrendo contemporaneamente ad eliminare un pesante contenzioso giudiziario. Senza contare inoltre che l aumento di un punto percentuale di contribuzione oggi rappresenterebbe, in maniera stabile, una ulteriore entrata di 16 miliardi di lire l anno. Ma quando si era giunti vicini all accordo, i falchi della Fieg hanno messo in minoranza le colombe, facendo fallire l intesa. E tutto è tornato in alto mare. Con la Fieg che accusa l Inpgi di non rispettare le leggi, giungendo a presentare ricorso al Tar contro il ministro del Lavoro, allorché questi approva una delibera Inpgi in materia sanzionatoria. Gli editori sono anche andati oltre, ed hanno chiesto alla Federazione della stampa l apertura di un tavolo per discutere dell Inpgi, e principalmente due argomenti che stanno loro a cuore. Innanzitutto l aumento, nel Consiglio di amministrazione dell Istituto, dei consiglieri designati dalla Federazione Editori, che potrebbero così meglio intervenire al riguardo della fastidiosa tendenza dell Inpgi a verificare, con il suo Servizio ispettivo, il rispetto delle leggi sul lavoro e del contratto. A quel tavolo inoltre i falchi della Fieg avrebbero voluto anche discutere la nostra previdenza, per imporre alla nostra categoria una riforma, la loro riforma, con modifiche ai trattamenti che già in altre occasioni hanno caldeggiato, e che dovrebbero innanzitutto incidere sulle nostre migliori aliquote di rendimento. Il disegno è chiaro. In questo modo sì, vi sarebbero forti abbattimenti delle pensioni e sarebbero ricavati ampi margini per fare strada a nuovi prepensionamenti, ad una diffusa rottamazione selvaggia di quei colleghi che avessero maturato - oltre all esperienza e alla qualità professionale - anche la colpa di una più alta retribuzione, commisurata alla loro anzianità aziendale e alla loro professionalità. Una proposta provocatoria, frutto di una visione miope e autoritaria dei rapporti personali e sindacali, che sono convinto non appartenga fortunatamente alla generalità degli iscritti alla Fieg, ma che ha tuttavia trovato finora appoggio tra i sostenitori della linea dura. Tra quegli stessi falchi che nell ultima vertenza contrattale puntavano con chiarezza ad abbattere il Sindacato, e che ancor oggi non tralasciano occasione per tentare di delegittimare le rappresentanze sindacali aziendali, per tentare di seminare la paura nelle redazioni con minacce di improvvise chiusure o di cassaintegrazioni. La nostra Federazione (e ne ringrazio il Segretario e la Giunta) ha immediatamente reagito con fermezza, respingendo la richiesta e definendola inaccettabile. Solo nelle ultime ore è parso che qualche nuovo segnale stia arrivando. In che termini ce lo dirà poi il Segretario generale nella sua relazione conclusiva. Tuttavia, qualora si trattasse di elementi marginali, che al di là di una forma cortese ripetessero la pesante sostanza già ben nota, non ho dubbi che la Fnsi dimostrerebbe la stessa fermezza messa in campo qualche settimana fa. E sono altrettanto certo che la categoria non avrebbe incertezze nel sostenere questa decisione. Mala tempora currunt. L attacco da parte degli editori agli istituti della categoria non accenna a placarsi. Violazioni, aggiramenti di norme, interpretazioni di comodo e in palese malafede sono all ordine del giorno in molte realtà. Tanto che abbiamo, tutti d accordo, ritenuto necessario convocare questa riunione dei gruppi dirigenti degli enti della categoria. Di materia su cui riflettere e confrontarsi ce n è per tutti, pure per la Casagit. A tutto oggi noi reggiamo, e reggiamo bene. Anche grazie alla riserva accumulata negli ultimi anni, che ci consente di assorbire con tranquillità qualche rosso di bilancio, se dovesse presentarsi. Non ci sono preoccupazioni immediate, se non quelle dovute a normali crisi di crescita. Nonostante la buona salute della Cassa, ci rendiamo conto che qualcosa dobbiamo modificare. Pena difficoltà serie negli anni a venire. La realtà dei giornalisti italiani, la realtà di questa professione, è in rapido e continuo cambiamento. Lo sappiamo tutti. Si tratta di mutazioni genetiche profonde, che né l Fnsi, né l Ordine, né l Inpgi, né il Fondo Pensione e tantomeno la Cassa possono affrontare con gli strumenti tradizionali. Ne servono di nuovi. Nei quattro anni di governo della Casagit che riguardano l attuale CdA non ci può bastare essere corretti e previdenti amministratori. Dovremo affrontare scelte che per qualcuno potranno anche essere impopolari, ma che risultano indispensabili se vogliamo che la tutela autonoma della nostra salute, voluta quasi 30 anni fa dai giornalisti italiani, resti un baluardo reale per l indipendenza di chi esercita questa professione. Le scelte che riterremo proponibili e necessarie verranno verificate con i delegati Casagit, con i fiduciari, con le Consulte e se necessario anche con platee più ampie, con l obiettivo di far condividere a tutta la categoria quello che sarà necessario ed opportuno fare. Se qualcuno sarà in grado di proporre soluzioni migliori di quelle che abbiamo identificato noi, ben vengano, purché compatibili con gli obiettivi che ci siamo prefissi. E veniamo al merito. Quando la Cassa nacque, gli stipendi erano altri. Oggi il 3,50% che preleviamo dalla buste paga dei colleghi contrattualizzati è mediamente diminuito, in valore assoluto rapportato al potere d acquisto, almeno del 30% rispetto a quanto fosse vent anni fa. Dall altro lato le spese mediche salgono, soprattutto in alcune regioni, in particolare per chi come i giornalisti italiani assistiti dalla Casagit, vuole conservarsi la possibilità di scegliere un trattamento migliore (in alcuni casi bisognerebbe dire più umano, o forse solo umano) nell ambito delle strutture pubbliche. Lettera di Siddi ai direttori: L indipendenza dei giornalisti è prioritaria Roma, 10 ottobre 2002.Il presidente della Fnsi, Franco Siddi ha inviato informa un comunicato del sindacato - la seguente lettera aperta ai Direttori dei giornali e delle testate di informazione radio, televisive e on-line: Caro direttore, come certamente ti è noto, ieri e l altro ieri a Roma, si sono svolti i lavori della VII Assemblea degli Stati Generali degli organismi di categoria dei giornalisti italiani. Si è trattato di un appuntamento non rituale nel corso del quale sono state affrontate le questioni più delicate che attengono ai diritti del lavoro, agli equilibri del sistema dell informazione, al pluralismo, principio della libertà dei giornalisti e condizione dell esercizio dei diritti di cittadinanza democratica, come autorevolmente ricordato a più riprese dal Capo dello Stato, mai permanentemente garantite e a rischio di processi di omologazione e di forti pressioni.in questo quadro per la categoria e i suoi Istituti (Fnsi, Ordine professionale, Inpgi, Casagit, Fondo di previdenza complementare), è stata ed è centrale la discussione sulla tutela dell indipendenza dei giornalisti da tutti i poteri, attraverso la corretta applicazione dei contratti di lavoro e la loro estensione ai meno garantiti, il sostegno ad un serio progetto di riforma dell accesso alla professione, la salvaguardia intransigente dell autonomia e della solidità della previdenza e quindi delle garanzie per le pensioni Oggi il contributo medio che versate alla Casagit è (perdonate le lire, ma sono dati rilevati dal bilancio 2001) di lire, contro una spesa media per socio di lire. Poco più di sessantamila lire che sinora hanno garantito il mantenimento di una indispensabile riserva accantonata nei nostri bilanci. Oggi i colleghi soci che possono contare su retribuzioni dettate dal contratto Frisi pieno sono il 62% degli iscritti, ma si tratta di una percentuale destinata ad abbassarsi velocemente. II mestiere cambia, dicevo, e cambiano anche gli stipendi. E giustamente il sindacato ci chiede di garantire anche le nuove realtà contrattuali, all interno di un sistema solidaristico, che è sempre stato il vanto, l essenza e la forza della Casagit. Se questa caratteristica sparisse, non ci sarebbero differenze con una normale polizza salute, e certamente Generali, Ras o Fondiaria hanno più risorse ed esperienza in questo tipo di business rispetto a quella che abbiamo noi. Non possiamo e non vogliamo dunque metterci in concorrenza con chi fa un altro mestiere, garantisce prestazioni che noi non garantiamo ma soprattutto non ne può garantire altre che noi affrontiamo e risolviamo ogni giorno. La richiesta del sindacato è però certamente ineludibile, tanto quanto è innegabile che di nuove regole, quindi di nuovi contratti, anche con sacrifici economici, ci sia assoluta necessità, pena lo sfaldamento dell intera categoria. Questo è il quadro. Quali sono le contromisure possibili? Due i tipi di azione che ci proponiamo di intraprendere: una sul fronte interno, l altra sul fronte esterno. Nel primo caso dovremo migliorare le convenzioni, cercando di qualificare meglio i medici e le strutture sanitarie con cui stringiamo accordi, rendendole più convenienti per i medici e le strutture convenzionate aggiornando il tariffario e offrendo loro la possibilità, attraverso una selezione, di avere più clienti. Il cambiamento del sistema informativo, che ha comportato parecchi problemi, offre però in prospettiva, quando sarà a regime, la possibilità di contenere i costi di lavorazione delle pratiche. Ma affrontare e risolvere questi problemi è (o dovrebbe essere) il nostro mestiere, quello per cui siamo stati eletti. Avremo anche bisogno della partecipazione dei soci, che devono imparare che la Cassa è cosa loro: si può dunque rinunciare a qualche comodità, come quella di avere il proprio medico e sceglierne un altro tra i molti convenzionati. Siamo certi che tutti comprenderanno che buone condizioni si possono ottenere offrendo in cambio ai sanitari e alle strutture convenzionate una platea consistente: al contrario, solo come esempio, nessun dentista dovrebbe avere di oggi e di domani. Per queste ragioni, gli Stati Generali si sono impegnati ad una mobilitazione che prevede anche uno sciopero generale autonomo di tutti i giornalisti italiani. Una mobilitazione, dunque, per argomenti, problemi, obiettivi diffusi che non appartengono ad una sola persona. Se dentro o intorno alle questioni trattate c è il caso eclatante, magari riferito a personalità in vista del mondo dell informazione, da noi comunque difese con forza come sempre quando ci sono diritti lesi, è più facile che se ne parli ed è possibile che la ricerca della notizia a tutti i costi si concentri intorno al caso, senza riuscire a ricomprendere il grande oscuro sforzo che viene fatto quotidianamente. È per noi motivo di rammarico che anche in questo passaggio di svolta, vissuto come momento di unità nel nostro pluralismo per la protezione dei diritti, l informazione al pubblico raramente sia andata oltre. A nome della Federazione nazionale della stampa italiana e, quale presidente dell Assemblea, di tutti gli organismi di categoria, sento perciò di dover richiedere un attenzione in più pregandoti di valutare ogni possibilità di parlare non solo dei fatti eclatanti di cronaca ma anche dei problemi di fondo dell informazione e della categoria che, nel bene e nel male, anima la vita dei nostri istituti, così come facciamo per l universo mondo dell economia e delle imprese e qualsiasi organizzazione rappresentativa di interessi del mondo del lavoro. Questa prima fatica mi permetto di proporla rinnovandoti l invio del documento conclusivo dei nostri Stati Generali. Grazie, comunque, per l attenzione che, prima e ora, vorrai dedicarci, per le iniziative e anche per le eventuali osservazioni che vorrai farci avere. 6 ORDINE

7 Marina Cosi Presidente Fondo di Previdenza Complementare convenienza a convenzionarsi con la Casagit se ha un solo cliente giornalista, visto che le tariffe da noi rimborsate non sono particolarmente esaltanti. Se tanti professionisti chiedono di aderire anche senza garanzie sul numero dei clienti, è legittimo il sospetto che ci siano scorrettezze. Più problematico il rapporto con l esterno. Bisognerà recuperare risorse. II che vuol dire innanzi tutto correggere alcuni elementi di ingiustizia che si sono nel tempo stratificati. In generale, non è pensabile che i soci a titolo proprio, cioè i non contrattualizzati, tra i quali come sappiamo allignano anche persone che col lavoro giornalistico hanno poco a che fare, come avvocati, architetti, parlamentari, architetti, manager, persino presentatori, continuino a versare un contributo Casagit pari a lire, un quinto in meno rispetto alle prestazioni mediamente erogate per ogni socio. In questo modo alla lunga, la coperta non può che rivelarsi troppo corta per coprire tutto. Per costoro dunque si parlerà di un adeguamento, magari proporzionale in base al reddito. È il modo forse migliore per far rientrare anche questi soci in un ambito di solidarietà che sia sostenibile dal punto di vista del bilancio. Per quanto riguarda i contratti cosiddetti depotenziati, il sindacato deve impegnarsi affinché gli editori si rassegnino a coprire almeno in parte il contributo Casagit. Oggi la sperimentazione avviata con il contratto Aer/Anti/Corallo ha dimostrato che è difficile già chiedere ai soci il contributo minimo, pari a lire circa, previsto nel regolamento Casagit per situazioni transitorie quali i contratti di solidarietà, la disoccupazione o i contratti di rientro. Se diventa un assetto definitivo, la sperequazione rispetto al contributo medio è davvero troppo grande, anche perché le tracce economiche per i contratti non Fnsi a venire non sono molto diverse da quelle seguite nell accordo con le piccole aziende radiotelevisive. Bisognerà dunque ricorrere a qualche altro strumento. Dai contatti con la Federazione si delineano già alcune ipotesi: si potrebbero studiare garanzie parziali, corrispondenti al valore del premio fissato, per i contratti a contenuto economico ridotto. Più in generale, è necessario chiedere con forza agli editori un adeguamento della quota contributiva a loro carico, lo 0,50% proveniente dall abbattimento dell aliquota per i vecchi assegni familiari. Vi è poi il rapporto con il Governo. Tra i principi ispiratori dell esecutivo in carica vi è quello di una riduzione della pressione fiscale. L ultima riforma sanitaria varata, la Bindi ter, è rimasta mozza. In virtù dell istituzione dei fondi sanitari Doc prevedeva un regime fiscale penalizzante per i fondi preesistenti che non si fossero adeguati, rimanendo sostitutivi e non integrativi del servizio sanitario nazionale. II ministro Sirchia ha a più riprese tentato di varare una sua riforma, ma non ne è scaturito nulla, se non un progressivo aumento dei costi che rimangono a carico o della Casagit o dei suoi assistiti. In compenso, pure in mancanza dei decreti di attuazione della Bindi ter, restano in vigore le penalizzazioni fiscali previste da quella legge: a fine percorso, nel 2008, i soci potranno detrarre solo 3,5 milioni di contributo dalla dichiarazione dei redditi. È un provvedimento odioso, che per di più va in senso esattamente contrario agli obiettivi dichiarati dal governo all inizio della legislatura. La gran parte delle prestazioni erogate dalla Cassa sono in effetti una minore spesa per la sanità pubblica. Se noi non esistessimo, i ministri Tremonti e Sirchia si troverebbero sulle spalle un deficit maggiore. Va dunque anche nel loro interesse che la Casagit stia in buona salute. Collaborare con il servizio sanitario nazionale è nei geni di questo ente, non lo è il sentirsi nella parte dei, consentitemi, cornuti e mazziati. Al sindacato e ai giornalisti tutti dunque chiediamo di condividere assieme a noi un impegno perché le nostre ragioni vengano ascoltate e le nostre richieste esaudite. Noi la nostra parte la facciamo, che anche gli altri si assumano le loro responsabilità. ORDINE Cercherò di essere il più semplice possibile nell esporre gli snodi principali dei risultati e dei problemi dell ultimo nato fra le istituzioni di categoria. E premetto di parlarvi a nome della componente giornalistica, cioè della, diciamo, metà uomo di quel centauro che è il nostro Fondo di previdenza complementare, gestito pariteticamente con gli editori sulla base d uno statuto che ne prevede anche la presidenza a mandati alterni. Lo sottolineo per ricordare in primo luogo al sindacato l importanza di esercitare forti iniziative profittando del fatto che questa legislatura, la prima elettiva, è da noi presieduta. Il debutto non ha coinciso con tempi felici: lo scoppio della bolla tecnologica, il crollo delle torri gemelle, il caso Enron, il ciclo negativo dell economia che si protrae ben oltre le previsioni e le speranze. Eppure il Fondo, per la prudenza degli investimenti e la rigorosa tenuta delle spese, avendo goduto di buoni gestori finanziari e anche di un po di fortuna, ha chiuso il 2001 con un rendimento netto dell 1,31% assai meglio degli altri Fondi di categoria. Prospettive meno felici, ve lo dico subito, si preannunciano per il 2002, ma possiamo parlare di buona tenuta nel raffronto con quasi tutti gli altri strumenti finanziari. Il nostro patrimonio, ad agosto, è di di euro, a fronte di soci (un dimagramento brusco dovuto alla prevista ondata di uscite di oltre cinquecento colleghi pensionati: una parte consistente di quanti fra 1 87 ed il 99, data di riforma dello statuto, avevano maturato un piccolissimo castelletto di versamenti solo datoriali). Su questa base gli obiettivi che ci siamo posti sono semplici e conseguenti. 1 passare indenni a nuttata congiunturale, 2) consolidare gli strumenti (comparti, quote, comunicazione), 3) ampliare la base, sia del numero d iscritti sia contributiva. Come appare evidente i problemi, cui s accenna prima, sono tutti condensati al terzo punto e sono, ahinoi, strutturali. Innanzitutto Nel documento stilato dal coordinamento nazionale degli enti dei giornalisti (Fnsi, Ordine nazionale dei giornalisti, Inpgi, Casagit e Fondo) si rileva, tra l altro, che i giornalisti italiani sono sottoposti ad un attacco tra i più pesanti della loro storia che mette in discussione la qualita dell informazione e lo stesso diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Ricordando che il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica rappresenta per i giornalisti un appello a difendere la libertà di informazione da ogni tentativo di limitarne l autonomia, il documento richiama ad una risposta unitaria tra tutti gli organismi che la categoria si è data e all unità dei giornalisti al di là di ogni appartenenza politico-culturale e patriottismo di testata. È con l unità che i giornalisti possono vincere il confronto con gli editori, che secondo il documento, hanno deciso di smantellare il risultato di decenni di contrattazione e di azione politico-sindacale, in ciò favoriti da un generale clima di deregolamentazione dei rapporti di lavoro che sembra trovare udienza nell ambito del variegato mondo della politica e delle istituzioni. I giornalisti sono preoccupati perchè il Governo gravato dall irrisolto problema del conflitto di interessi del presidente del Consiglio, ha varato una legislazione nel campo della comunicazione e del lavoro che impedisce una seria battaglia alle concentrazioni e divide i giornalisti dipendenti tra nuovi assunti licenziabili e colleghi anziani piùtutelati. Quanto al futuro del servizio pubblico, nel documento si sottolinea che pesano le incertezze sia sui progetti aziendali sia sulle risorse necessarie a garantire la qualità del prodotto radiotelevisivo, tutto ciò mentre si fanno pesanti le pressioni politiche sulle scelte della Rai che riguardano l informazione e il ddl Gasparri che punta ad istituzionalizzare la subordinazione del servizio pubblico al Governo. La piattaforma comune indicata nel documento ha tra gli obiettivi prioritari la tutela dell indipendenza dei giornalisti, la modifica della legislazione sul lavoro che porti ad un allargamento e ad un rafforzamento delle tutele, la difesa e la corretta applicazione dei contratti di lavoro, l estensione delle tutele contrattuali ai colleghi che lavorano l iscrizione al Fondo è volontaria e non automatica, come invece accade per Inpgi e Casagit, e dunque occorre di continuo sollecitare i neo professionisti ad aderire e rammentare agli iscritti l obbligatoria segnalazione dell eventuale cambio d azienda. Ma questo, paradossalmente, è il meno. La componente giornalistica e dunque il sindacato sostengono che il Fondo, definendosi di categoria, non può limitarsi ad accogliere soltanto professionisti dipendenti, ma deve ampliarsi ai freelances, per cominciare, e quindi a praticanti e pubblicisti. Attualmente è possibile soltanto ai professionisti già iscritti di effettuare versamenti volontari fra un contratto e l altro o se passano ad esercitare lavoro autonomo. Gli editori respingono con durezza già la prima di queste ipotesi, relativa all accoglimento dei professionisti autonomi, ed in una recentissima lettera, dell altrieri, il loro presidente Cordero di Montezemolo ne ha scritto al nostro segretario generale Serventi Longhi, motivando il rifiuto sulla base dell impegno istitutivo, di presunti costi ed avanzando dubbi d illegittimità (lettura del brano della lettera, ndr). Quanto all ampliamento contributivo il sindacato durante la rinnovazione contrattuale biennale dovrebbe chiedere sia un aumento della contribuzione a carico delle aziende (dall attuale 1% al 2%) sia un innalzamento della soglia minima a carico del socio, attualmente fissato ad un ridicolo 0,1%, almeno all 1%. Sempre in sede di rinnovo della parte economica del contratto, fra un anno, la Fnsi potrebbe tornare alla carica riproponendo l ingresso nel Fondo di praticanti e professionisti freelances. Da indirizzare invece al Governo ed al Parlamento - e su questo tema chiedo che tutta la categoria nelle sue articolazioni e nelle sue entrature si faccia parte diligente - è la richiesta di rendere più appetibile la previdenza complementare, con semplificazioni burocratiche, mediante incentivi fiscali, flessibilizzandone l accesso (fra l altro rimettendo alle parti la definizione della quota di Tfr da destinare alla pensione integrativa). Un passo indietro. I punti uno e due sono giù in gran parte attuati. A brutale contenimento delle spese (e chi chiede una diversa gestione amministrativa dovrebbe prima passare attraverso l analisi dei costi: abbiamo un Cda, incluso il presidente, senza stipendi e nessun personale dipendente); gli investimenti che solo al 20 per cento si sono diretti su titoli azionari; la ripartizione in quote delle posizioni individuali ed il conseguente avvio del pluricomparto, entro il primo trimestre dei 2003 (e la stragrande maggioranza dei colleghi, ha direttamente o indirettamente scelto fra i tre possibili comparti lo stesso, prudente indirizzo sinora da noi seguito); il previsto adeguamento dello statuto alla legge sulla previdenza complementare. In fase di avanzata elaborazione vi sono poi altre iniziative: il programma informatico che consentirà ad ogni iscritto di verificare la propria posizione contributiva (attraverso il sito già operativo, la scelta dell assicurazione che garantisca per legge l erogazione della rendita pensionistica. Come vedete, lo strumento del Fondo ha bisogno del sostegno di tutti i giornalisti italiani, che supportino gli sforzi della loro componente all interno del CdA, in difesa soprattutto dei più giovani fra i colleghi, che avranno particolare bisogno, al termine della loro carriera professionale, d un secondo pilastro pensionistico. Chiediamo a voi - delegati del sindacato, dell Inpgi, dell Ordine e della Casagit - di sollecitare i neoprofessionisti ad iscriversi, di ricordare ai professionisti neoassunti di ribadire la propria appartenenza al Fondo, di battersi per ampliare la base contributiva e gli incentivi fiscali d uno strumento, qual è questo, che, se ha poco passato, ha un grande futuro dinanzi a sé. Questo il documento conclusivo della grande assise dei giornalisti (127 voti a favore e 24 contrari) nella piccola editoria, la conquista del tavolo contrattuale per gli uffici stampa della pubblica amministrazione, il sostegno all autoriforma dell accesso alla professione, la difesa dell autonomia e della solidità della previdenza della categoria e l attuazione di una legge di sistema che garantisca lo sviluppo e il consolidamento del servizio pubblico radiotelevisivo ed un effettivo pluralismo di voci impedendo l affermasi di posizioni di monopolio. Gli stati generali ribadiscono, infine, la piena disponibilità al dialogo e al confronto con tutti gli interlocutori imprenditoriali, istituzionali, politici e sindacali per raggiungere questi obiettivi. Gli stati generali dei giornalisti hanno anche approvato due ordini del giorno: l uno riguarda l Inpgi e l altro l aggressione alla troupe televisiva di Rai e Mediaset a Brissogne per seguire la vicenda della bimba morta per un rigurgito e l esplosione di una bottiglia molotov nella sede della Discussione a Pescara. Per quanto riguarda l Inpgi e altre 21 casse previdenziali privatizzate gli stati generali si associano alla richiesta, già presentata al Governo di eliminare dalla prossima finanziaria la norma contenuta nell art.19. Gli stati generali invitano anche le rappresentanze degli enti di categoria a sostenere questa richiesta nella giornata di protesta convocata per il 24 ottobre a Roma per salvaguardare l autonomia previdenziale. La norma stabilisce che, come gli enti pubblici, anche le associazioni e le fondazioni previdenziali privatizzate debbano fornire al ministero dell Economia i dati sui flussi trimestrali per una stima delle previsioni di cassa. Se approvata dal Parlamento, è detto nell odg, costituirà il presupposto legislativo di prelievi forzosi o di acquisizioni pubbliche del patrimonio delle casse. Quanto al secondo ordine del giorno i due fatti vengono definiti gravi e inaccettabili nei confronti degli operatori dell informazione. Gli stati generali, esprimendo preoccupazione per gli ulteriori effetti di queste aggressioni denunciano il rischio che esse puntino a limitare gli spazi dell informazione e dell agibilità professionale dei giornalisti, finendo così per ledere il diritto dei cittadini di essere correttamente informati. (ANSA) 7

8 INPGI Chi semina vento raccoglie tempesta Decade consigliere condannato Milano, 7 ottobre La sentenza della Cassazione è del 13 dicembre 2001, ma è stata ignorata dal vertice dell ente previdenziale con il risultato della nullità di decine di delibere (tra le quali quella sul taglio alle pensioni): Cescutti (sul rinvio della discussione) decise dopo un 7 a 7 in Consiglio di amministrazione, ricorrendo al doppio voto. In effetti Cescutti era in minoranza. Dimenticata per due anni una denuncia all Ordine nazionale contro l iscrizione all Albo dei professionisti di un cittadino residente in Calabria che non aveva sostenuto l esame di Stato e che aveva pagato (a chi?) una cifra sui 17 milioni di vecchie lire. Bisogna avere il coraggio di aprire il vaso di pandora dell Inpgi e capire perché non si applica la normativa sulla libertà di cumulo, perché si è applicato l articolo della legge 388/2000 che taglia le pensioni e perché si vogliono mandare in galera gli editori, che, invece, pagando le sanzioni previdenziali, potrebbero evitare il carcere. L Istituto va riformato nel profondo e affidato a un consiglio di amministrazione di 5 persone (come la Rai) con un direttore generale dotato di ampi poteri di gestione. Oggi il vertice è formato da una sessantina di persone, che costano troppo. Lo scandalo del consigliere condannato deve portare i ministri vigilanti (Tremonti e Maroni) alla nomina di un commissario, che duri 6 mesi. L Inpgi è l unico ente, sostitutivo dell Inps, governato di fatto dal sindacato: un dato anacronistico che va spazzato via. Oggi i giornalisti si riuniscono all Ergife di Roma, nella cosiddetta riunione degli Stati generali della categoria: è l occasione per i vertici della Fnsi, dell Ordine e dell Inpgi di fare una profonda autocritica e di affrontare la questione morale. Chi sa deve dire tutto sul caso Nicolò e sull affaire delle case Inpgi di via Missaglia. Conosco Serventi Longhi, Del Boca e Cescutti afferma Abruzzo sono persone di buon senso e perbene. Trovino il coraggio di fare un bel ripulisti e di rispondere al grido di dolore che si leva dal profondo della categoria che rappresentano. Il 15 ottobre il tribunale civile di Milano affronta l esame dell azione civilistica dell Inpgi contro Franco Abruzzo e l Ordine di Milano (difesi dagli avvocati Raffaele Di Palma e Mario Trucco). Frattanto la Procura della Repubblica di Milano (nella persona dell aggiunto Corrado Carnevali) ha deciso di chiedere al Gip la riapertura dell inchiesta sull acquisto da parte dell Inpgi di 104 appartamenti in via Missaglia). L Inpgi ha citato in giudizio Abruzzo e l OgL perché Tabloid ha pubblicato la sentenza della Corte dei Conti con la quale 31 giornalisti sono stati chiamati a risarcire l Istituto di 15 miliardi e 520 milioni, la differenza tra il prezzo pagato e quello reale. Abruzzo e Tabloid colpevoli di avere collocato (correttamente, ndr) quell acquisto nel contesto di Tangentopoli. Rendiamo pubblico l atto (indirizzato anche alle autorità vigilanti) con il quale Abruzzo ha chiesto la decadenza di Raffaele Nicolò da consigliere dell Inpgi. Nicolò, personaggio pubblico, non ha diritto alla tutela della legge sulla privacy. Si possono pubblicare dice la Cassazione fatti in sé potenzialmente diffamatori a patto che gli stessi siano veri, di interesse pubblico e siano raccontati con misura. È il nostro caso. Nicolò annuncia le dimissioni (e Cescutti lo ringrazia ) Roma, 7 ottobre Il presidente dell Inpgi, Gabriele Cescutti, ha inviato una lettera ai consiglieri e fiduciari dell istituto nella quale informa di aver appreso solo il 5 ottobre dal presidente dell Ordine della Lombardia, Franco Abruzzo, che Raffaele Nicolò (consigliere d amministrazione dell Inpgi, nonché fiduciario Inpgi e poi delegato della Casagit in Calabria e riconfermato da qualche settimana presidente dell Ordine del giornalisti della Calabria, consigliere nazionale della Fnsi, delegato al congresso della Fnsi) è stato condannato con sentenza passato in giudicato in Cassazione il 13 dicembre 2001, per truffa ai danni della categoria (Inpgi). Nella sua lettera il presidente dell Inpgi afferma di non essere stato avvisato da Nicolò e che Nicolò stesso ha sostenuto di non aver avuto notizia della condanna. Cescutti, prende atto della notizia riguardante la condanna e addirittura lo ringrazia per la disponibilità a dare (bontà sua!) le dimissioni. Trattandosi di condanna penale definitiva è ben singolare che Nicolò ne sia stato informato solo dal presidente dell Ordine di Milano. Ora comunque, i consiglieri d amministrazione e generali dell istituto dovranno assumere le decisioni necessarie a garanzia degli interessi della categoria. Ecco di seguito il testo della lettera di Cescutti: Cari colleghi, vi informo che sabato 5 ottobre il presidente dell Ordine dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, ha trasmesso al mio fax presso la sede dell Inpgi, una richiesta di avvio di procedura di decadenza dalle cariche ricoperte nell Inpgi nei confronti del Oggetto 1. istanza di avvio, ex art. 16 (penultimo comma) dello Statuto dell Inpgi, della procedura di decadenza di Raffaele Nicolò dall ufficio di componente del Consiglio generale dell Inpgi perché lo stesso appare sprovvisto del requisito dell onorabilità voluto dall art. 1 (punto 4, lettera b) del Decreto legislativo n. 509/1994 in quanto «condannato per delitti contro il patrimonio e la pubblica amministrazione e in particolare per il reato previsto e punito dall articolo 640 Cp, comma 2 n. 1 (truffa a danno dello Stato o di altro ente pubblico, etc.); 2. richiesta di vigilanza dei ministri del Lavoro e dell Economia nonché della Corte dei Conti ex articolo 3 della legge 509/1994; 3. richiesta di vigilanza (ex articolo 24 della legge n. 69/1963) del ministro della Giustizia per quanto riguarda il funzionamento dell Ordine dei giornalisti della Calabria di cui Nicolò è presidente. Promosso e organizzato dal Consiglio dell Ordine dei giornalisti della Lombardia Via al 5 concorso tesi di laurea sul giornalismo collega Raffaele Nicolò. La lettera è corredata da copia di certificato penale del collega Nicolò che Franco Abruzzo ha richiesto e ottenuto dall autorità competente, nella sua qualità di presidente dell ordine regionale e dal quale risulta una condanna definitiva emessa dalla Corte di Cassazione per il reato di truffa. Ho potuto prendere visione della lettera di Abruzzo già ieri pomeriggio, domenica, essendomi recato all Inpgi per preparare la mia relazione agli Stati Generali. Ho quindi provveduto a contattare telefonicamente il collega Nicolò il quale, ribadendo la sua estraneità ai fatti che gli sono stati contestati ha confermato che contro una precedente condanna nei suoi confronti egli aveva presentato ricorso in Cassazione, e che non aveva successivamente ricevuto alcuna notifica di sentenza definitiva. Il collega Nicolò ha aggiunto che stamane avrebbe compiuto una immediata verifica e che, qualora la notizia si verificasse esatta egli provvederà a dimettersi dalla carica di consigliere generale e di consigliere di amministrazione dell Inpgi Ciò in relazione a quanto previsto dall art.16 del nostro Statuto. Ho preso atto, RINGRA- ZIANDOLO, dell immediata risposta che il collega Nicolò ha dato in una circostanza così delicata, ed ho contemporaneamente pregato il direttore generale di avviare un rapido approfondimento sulla documentazione trasmessa dall Ordine di Milano. Entro breve tempo provvederò ad informarvi sugli sviluppi della vicenda e, quasi certamente, a onvocare una riunione del Consiglio generale. Cordiali saluti, Gabriele Cescutti. Milano, 16 luglio Promosso dal Consiglio dell Ordine dei giornalisti della Lombardia, prende il via la quinta edizione del Concorso destinato a valorizzare le tesi di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della professione. Giudice insindacabile del premio è lo stesso Consiglio dell Ordine. Le tesi (in duplice copia e anche su dischetto in programma word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell Ordine (via Appiani Milano) entro il 31 dicembre Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre A ogni vincitore euro. I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre Raffaele Nicolò Il parlamentino dell ente ha preso atto della richiesta di Abruzzo Roma, 7 ottobre Il Consiglio generale dell Inpgi, riunito durante i lavori degli Stati generali in corso a Roma, ha affrontato informa un comunicato - una intensa discussione relativa al peso crescente dei prepensionamenti e al mancato accordo con la Fieg sull aumento contributivo e sul condono previdenziale. Il Consiglio generale ha inoltre preso atto dell informativa del presidente in merito ad una comunicazione del presidente dell Ordine giornalisti di Lombardia, Franco Abruzzo, che ha trasmesso all Inpgi una richiesta di avvio di procedura di decadenza dalle cariche ricoperte nell Inpgi, nei confronti del consigliere Raffaele Nicolò. Rilevato che la documentazione allegata prevede per statuto la decadenza per i fatti contestati, il Consiglio generale: 1. ha condiviso la decisione del presidente dell Istituto che aveva già incaricato l Ufficio legale di acquisire la documentazione ufficiale relativa al caso; 2. ha preso atto, concordando, dell intenzione del presidente di riconvocare a breve il Consiglio di amministrazione e successivamente il Consiglio generale, al fine di provvedere con rapidità ad una definitiva decisione, applicando quando previsto dall articolo 16 dello Statuto, in merito alla ineleggibilità o alla decadenza dei suoi consiglieri. Le sezioni del premio sono sei e ogni vincitore di sezione riceverà euro. L impegno finanziario dell Ordine è, pertanto, di euro complessivi. La cerimonia della consegna avverrà in occasione dell assemblea degli iscritti all Albo dell Ordine della Lombardia. La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2003 al Circolo della Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell Ordine dei giornalisti della Lombardia. Per la valutazione delle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell opera di consulenti (giornalisti e professori universitari). Queste le sezioni: 1) Storia del giornalismo italiano (testate e personaggi); 2) Storia del giornalismo europeo e nordamericano (testate, deontologia e personaggi); 3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l inquadramento contrattuale dei giornalisti in Italia, Europa e Nord America; 4) Professione giornalistica e sue specializzazioni anche telematiche e radiotelevisive; 5) Giornalismo economico e finanziario; 6) Giornalismo culturale, sociale, scientifico. 8 ORDINE

9 Esplode la questione morale La Fondazione va riformata in modo radicale per truffa contro l Istituto 1. Premessa L art. 1 (punto 4, lettera b) del Dlgs n. 509/1994 vincola gli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza (tra i quali l Inpgi) ad adottare Statuti e regolamenti «ispirati al criterio di determinazione dei requisiti per l esercizio dell attività istituzionale con particolare riferimento all onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali». L art. 3 del Dlgs n. 509/1994 assegna all on.le ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale e all on.le ministro del Tesoro la vigilanza sulla Fondazione Inpgi. La Corte dei Conti, invece, esercita il controllo generale sulla gestione...«per assicurare la legalità e l efficacia». Secondo l art. 16 (penultimo comma) dello Statuto dell Inpgi non può essere eletto amministratore, e se eletto decade dal suo ufficio, l interdetto, l inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l interdizione, anche temporanea dai pubblici uffici o l incapacità ad esercitare uffici direttivi. Non può altresì, essere eletto amministratore, e se eletto decade dall ufficio, colui che abbia riportato condanne per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la fede pubblica, contro l economia pubblica o contro la pubblica amministrazione. Appare un atto dovuto, quindi, dichiarare, acquisito il testo della sentenza di condanna, la decadenza di Raffaele Nicolò dall ufficio di consigliere dell Inpgi. Milano, 8 ottobre Franco Abruzzo è ritornato questa mattina (con una lettera ai ministri vigilanti Castelli, Maroni e Tremonti nonché alla Corte dei Conti) sulla vicenda del consigliere d amministrazione dell Inpgi, Raffaele Nicolò, condannato per truffa ai danni dell Istituto previdenziale e decaduto automaticamente dalla carica. Questo il testo della lettera (faxata anche all Inpgi, alla Fnsi e all Ordine nazionale): Trasmetto l ordinanza della Corte dei conti del Lazio 18 settembre 1995 con la quale è stato ingiunto al signor Raffaele Nicolò (anche allora consigliere d amministrazione dell ente) di pagare in favore dell Inpgi la somma di Nicolò, si legge nell atto, aveva accettato (in precedenza) l addebito della 2. Il fatto Raffaele Nicolò, nato a Cardeto il 7 novembre 1930, residente a Reggio Calabria (via Carlo Rosselli 48), giornalista professionista, presidente dell Ordine dei giornalisti della Calabria, è componente del Consiglio generale e del Consiglio d amministrazione dell Inpgi. Dal certificato penale riferito a Raffaele Nicolò emerge che lo stesso è stato condannato in via definitiva per il reato previsto e punito dall articolo 640 Cp comma 2 n. 1 (truffa a danno dello Stato o di altro ente pubblico, etc.). Il reato è stato commesso in Roma dal 1990 al La sentenza è diventata definitiva il 13 dicembre La prima sentenza, del pretore penale di Roma, è del 14 luglio Tutto ciò premesso, - agendo come legale rappresentante dell Ordine dei giornalisti della Lombardia (ente pubblico interessato alla tutela dell immagine dell Inpgi in quanto lo stesso è configurato dall ordinamento come braccio previdenziale degli iscritti negli elenchi dell Ordine dei giornalisti) -, chiedo, acquisito il testo della sentenza di condanna, al presidente dell Inpgi e al presidente del Collegio dei sindaci dell Istituto di avviare, ex art. 16 (penultimo comma) dello Statuto dell Inpgi, la procedura di decadenza di Raffaele Nicolò dall ufficio di componente del Consiglio generale della Fondazione perché lo stesso appare sprovvisto del requisito dell onorabilità richiesto dall art. 1 (punto 4, lettera b) del Dlgs n. 509/1994. Chiedo ai ministri del Lavoro e dell Economia nonché alla Corte dei Conti di esercitare i poteri previsti in materia dall ordinamento giuridico dello Stato. Abruzzo a Cescutti: Fatti da parte somma. Ricordo che i fatti criminosi (ricevute fiscali per falsificate nell importo e nella data relative a pasti consumati in Roma) sono avvenuti tra il 1990 e il 1993, mentre sollecito il recupero del fascicolo processuale (074/1995) per capire le eventuali connessioni tra giudizio contabile e giudizio penale (conclusosi con la condanna di Nicolò a tre mesi di reclusione, pena ridotta rispetto agli 8 mesi inflitti dal pretore). Nicolò sicuramente ha versato la somma di nelle casse dell Inpgi (mentre altre 400mila lire sono state versate da un non meglio identificato Vittorio Paris). Il pagamento era ed è una evidente ulteriore ammissione di responsabilità, che avrebbe dovuto risvegliare in quel periodo l interesse dell ufficio legale, del direttore generale e del Consiglio di amministrazione dell Istituto. Non solo ciò non è avvenuto, ma l Inpgi non si è costituito come parte offesa (prima) e parte civile (dopo) nel procedimento penale (il reato è quello di truffa ai danni di ente pubblico) per chiedere il risarcimento del danno all immagine patito dall ente (allora pubblico, mentre oggi è una fondazione privata che svolge una funzione pubblica). Richiamo l attenzione su un altra circostanza: la prima sentenza penale di condanna (pretore di Roma) è del 14 luglio La decadenza di Nicolò dalle funzioni di amministratore scatta automaticamente da quella data, stante la pacifica lettura dell articolo Chiedo al ministro della Giustizia, acquisito il testo della sentenza di condanna, di esercitare (ex art. 24 della legge n. 69/1963) i poteri di vigilanza sull Ordine dei giornalisti della Calabria, di cui Nicolò è presidente, Nicolò potrebbe essersi reso colpevole di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell Ordine (art. 48 della legge n. 69/1963). Le violazioni etiche di Raffaele Nicolò potrebbero essere inquadrate da queste due sentenze: 1) In assenza di tipizzazione dei comportamenti illeciti sul piano disciplinare, la rilevanza deontologica dei comportamenti del giornalista va teleologicamente valutata in rapporto all obbligo di comportarsi in modo conforme al decoro ed alla dignità professionale e tale da non compromettere la propria reputazione o la dignità dell Ordine sancito dall art n. 69 del 1963 nonché al dovere di lealtà e buona fede ed all obbligo di promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione tra giornalisti ed editori e la fiducia tra la stampa ed i lettori sanciti dall art. 2 della legge medesima. (App. Milano, 18 luglio 1996; Foro It., 1997, I, 919) 2) Oltre all obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti con l osservanza dei doveri di lealtà e di buona fede, il giornalista, nel suo comportamento oltre ad essere, deve anche apparire conforme a tale regola, perché su di essa si fonda il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa. (App. Milano, 18 luglio 1996; Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli; Foro It., 1997, I, 938) Documenti allegati a questo esposto: 1. certificato penale di Raffaele Nicolò; 2. certificato penale di Francesco ( Franco ) Abruzzo. Il presidente dell OgL dott. Franco Abruzzo 16 dello Statuto. Le annunciate dimissioni non hanno alcun valore giuridico. Vanno recuperati pertanto gli emolumenti illecitamente percepiti da Nicolò, mentre decine di delibere rischiano di finire nel cestino. Rimane il problema delle responsabilità politiche: il vertice dell Istituto non ha dotato l ente pubblico prima e la fondazione oggi di organi efficienti di controllo interno. Pertanto l Inpgi va commissariato in fretta e va creata in parallelo una commissione tecnica esterna di indagine che metta a nudo tutte le eventuali magagne (a patto che ce ne siano) dell Istituto. È l ora di far pulizia una volta per sempre. La dirigenza attuale, anche se non connivente (e su questo punto non esistono dubbi), è tenuta moralmente a fare autocritica pubblica e a chiedere scusa agli iscritti per la incapacità grave dimostrata nella storiaccia. Il presidente per primo, benché innocente, deve pur capire che è al capolinea e che deve abbandonare la poltrona. Una decisione senz altro amara ma necessaria tale da far recuperare la fiducia degli iscritti all Istituto. Qualcuno deve pagare. La vicenda non è un incidente occasionale o un accidente di manzoniana memoria. Nicolò è stato l ago della bilancia di tutte la maggioranze che si sono succedute nell Inpgi dal 1987 in poi, quando determinò la scelta del presidente, votando in barella. Chi si è sdebitato con lui assicurandogli per anni l immunità?. RASSEGNA STAMPA Anche in formato HTML per la vostra Intranet L ECO della STAMPA è tra i più importanti operatori europei nell industria del MEDIA MONITORING. Essere un partner affidabile per chi - in qualsiasi struttura pubblica o privata - operi nell area della comunicazione o del marketing è, ormai da 100 anni, la nostra mission. Anche grazie ai servizi di ECOSTAMPA Media Monitor SpA (media monitoring, software, web press release, media analysis, directories ) ogni giorno migliaia di nostri Clienti accrescono l efficacia delle loro Direzioni Marketing e Comunicazione, disponendo di maggiori risorse interne da dedicare alle attività con più alto valore aggiunto. Se desiderate saperne di più o fare una prova, contattateci! 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10 INPGI L Istituto applica l articolo 69 della legge 388/2000 che taglia le pensioni Gli errori e le sviste dell Inpgi analisi di Franco Abruzzo* 1 Premessa. La natura giuridica dell Inpgi Secondo l articolo 1 dello Statuto (dm 24 luglio G.U. 6 ottobre 1995), l Istituto nazionale di Previdenza dei giornalisti Italiani (Ipgi) Giovanni Amendola, già riconosciuto con Regio Decreto 25 marzo 1926 n. 838, è una fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato incaricata di pubbliche funzioni a norma dell articolo 38 della Costituzione, con autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ai sensi dell articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994 n L attività di natura pubblica è soggetta alla vigilanza del ministero del Lavoro, del ministero del Tesoro e della Corte dei Conti. L articolo 38 della legge 5 agosto 1981 n. 416 (come rinnovato dall articolo 76 della legge n. 388/2000) afferma che l Inpgi, - ai sensi delle leggi 20 dicembre 1951 n. 1564; 9 novembre 1955, n e 25 febbraio 1987 n. 67 -, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede, altresì, ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. Le forme previdenziali gestite dall Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive. I consiglieri d amministrazione dell Inpgi sono, pertanto, incaricati di pubblico servizio. L articolo 72 della legge 388/2000 2letto e coordinato con l articolo 76 della stessa legge nonché con l articolo 73 della legge n. 488/1998, con la sentenza n. 6680/2002 della sezione lavoro della Cassazione e con la sentenza n. 15/1999 della Corte costituzionale L articolo 72 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, pubblicata sul supplemento ordinario n. 219 alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2000, dispone, al primo comma, che 1. A decorrere dal 1 gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. 2.A decorrere dal 1º gennaio 2001 le quote delle pensioni dirette di anzianità, di invalidità e degli assegni diretti di invalidità a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, eccedenti l ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei predetti redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1º gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se più favorevole. L articolo 72 della legge 388/2000 garantisce anche ai giornalisti pensionati lo svolgimento della libera professione. Pensione di vecchiaia e pensione di vecchiaia anticipata sono equiparate sul piano giuridico. L articolo 76 della legge 388/2000 nel riscrivere l articolo 38 della legge 5 agosto 1981 n. 416 afferma testualmente: 1. L Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani Giovanni Amendola (Inpgi) ai sensi delle leggi 20 dicembre 1951, n. 1564, 9 novembre 1955, n. 1122, e 25 febbraio 1987, n. 67, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede, altresì, ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti di cui all articolo 1, commi secondo e quarto, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. L Inpgi, sostitutivo dell Inps, è, quindi, compreso nel primo comma dell articolo 72 della legge 388/2000. Il punto 4 dell articolo 76 della legge 388/2000 specifica, infine, che le forme previdenziali gestite dall Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive. L Inpgi non solo è sostituivo dell Inps, ma deve anche applicarne le regole in tema di prestazioni e contributi! Il legislatore ha in già in precedenza fissato un principio interpretativo regolatore della materia, quando, con il secondo comma dell articolo 73 della legge n. 488/1998 (legge finanziaria per il 1999), ha stabilito in tema di trattamenti previdenziali e assistenziali obbligatori che l esclusone degli enti privati, regolati dal Dlgs n. 509/1994, dall ambito di applicazione delle leggi generali debba essere esplicitamente previsto dalla legge e che in assenza di tale esplicita esclusione si determina automaticamente l applicazione delle relative disposizioni. La sezione lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 6680/2002, ha stabilito che la legge 388/2000 si applica all Inpgi: Gli enti di previdenza privatizzati esercitano una funzione pubblica. Nell attività da loro svolta si applica il sistema sanzionatorio previsto dalla legge in caso di inadempienza agli obblighi di versamento dei contributi previdenziali. La normativa di legge concernente il sistema sanzionatorio da applicare in caso di inadempienza agli obblighi di versamento di contributi previdenziali si applica anche agli enti di previdenza privatizzati, quale l Inpgi a sentenza vede prevalere la Rai (assistita dagli avvocati Renato Scognamiglio e Grande Franzo) e soccombere l Istituto. In sostanza l Inpgi deve applicare l articolo 116 della legge 388/2000, che contiene misure per favorire l emersione del lavoro irregolare e che concede sconti sulle sanzioni che le aziende devono pagare agli istituti previdenziali per il ritardato pagamento dei contributi e dei premi. Se è applicabile all Inpgi immediatamente l articolo 116 della legge 388/2000 è almeno arduo affermare che l articolo 72 sul cumulo sia di dubbia efficacia e non sia vincolante. Una legge non si applica a rate o a pezzi. I provvedimenti dei tribunali hanno una forza vincolante che l ordinamento non riconosce ai pareri ministeriali!!! I pareri non prevalgono sugli articoli di una legge chiarissima come la 388/2000!!! L Inpgi ha costruito una linea difensiva, che viene assorbita acriticamente da pareri ministeriali fondati su presupposti gravemente erronei e che, comunque, violano gli articoli 3 e 4 della Costituzione, cioè i principi dell uguaglianza e del diritto al lavoro. La sentenza n. 6680/2002 della Cassazione riflette in sostanza la sentenza n. 15/1999 della Corte costituzionale: La privatizzazione, prevista dal legislatore delegante, é caratterizzata da elementi sia di continuità che di innovazione. La giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 248 del 1997) ha già riconosciuto che la trasformazione lascia immutato il carattere pubblicistico dell attività istituzionale di previdenza ed assistenza, secondo le finalità istitutive di ciascun ente, così giustificando l obbligatorietà dell iscrizione e della contribuzione. Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell ente, che si trasforma ed assume la personalità di diritto privato. La garanzia dell autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell ente quanto piuttosto all esercizio delle sue funzioni. In tal senso il legislatore delegato ha recepito la formulazione della norma delegante inserendo tale garanzia nella disposizione che disciplina la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del decreto legislativo n. 509 del 1994). Ma anche se, considerando isolatamente i singoli segmenti della formula normativa adottata dal legislatore, si intendesse l autonomia organizzativa come elemento del tutto distinto dalla organizzazione della gestione amministrativa e contabile, riferita quindi alla struttura dell ente ed alla composizione dei suoi organi, essa non implicherebbe un assoluta libertà di configurare le strutture dell ente e non escluderebbe l eventuale indicazione di limiti entro i quali l autonomia debba essere esercitata. L Inpgi è tenuto a recepire la 3normativa generale sulle pensioni Questo principio emerge, come osservato, dal punto 4 dell articolo 76 della legge 388/2000: 4. Le forme previdenziali gestite dall INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive. L Istituto, però, sostiene una tesi paradossale. L articolo 71 della legge 388/ afferma l Inpgi - espressamente indica l obbligo per gli enti privatizzati di recepire le norme sulla totalizzazione delle posizioni contributive (possibilità già prevista per gli iscritti all Inpgi dall articolo 3 della legge 9 novembre 1955 n. 1122). Se dunque la stessa finanziaria 2001 ha previsto un obbligo (totalizzazione o pensione pro quota pagata da diversi istituti) per gli enti privatizzati all articolo 71, non facendone alcun cenno nel successivo articolo 72 (cumulo) e seguenti, ciò significa senza possibilità di dubbio che il legislatore quell obbligo non ha voluto introdurlo per gli enti privatizzati. Questa tesi è intessuta di errori storici e giuridici. L erronea interpretazione 4(da parte dell Inpgi) dell articolo 71 della legge 388/2000. Le altre Casse (con iscritti solo liberi professionisti!) non hanno funzioni sostitutive rispetto all Inps L articolo 71 della legge 388/2000 recita: 1. Al lavoratore, che non abbia maturato il diritto a pensione in alcuna delle forme pensionistiche a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, nonché delle forme pensionistiche obbligatorie gestite dagli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, è data facoltà di utilizzare, cumulandoli per il perfezionamento dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dei trattamenti pensionistici per inabilità, i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le predette gestioni, qualora tali periodi, separatamente considerati, non soddisfino i requisiti minimi stabiliti dagli ordinamenti delle singole gestioni. 2. Nei casi previsti dal comma 1 ciascuna gestione previdenziale verifica la sussistenza del diritto alla pensione e determina la misura del trattamento a proprio carico, in proporzione dell anzianità assicurativa e contributiva maturata presso la gestione medesima, sulla base dei requisiti e secondo i criteri stabiliti dal proprio ordinamento. L articolo 71, contrariamente a ciò che sostiene l Inpgi, cita l assicurazione generale (Inps) e le forme sostitutive (tra le quali l Inpgi) nonché le casse privatizzate dal Dlgs n. 509/1994 che, tranne l Inpgi, non sono sostitutive dell Inps. Il legislatore obbliga, con l articolo 71, le casse privatizzate a pagare quote parti di pensioni a favore di cittadini, che nel corso della vita abbiano maturato spezzoni di contributi presso Istituti diversi. L esclusione delle casse privatizzate dall articolo 72 significa soltanto che la casse privatizzate non sostitutive dell Inps non hanno l obbligo di adeguarsi alla nuova normativa sul cumulo. Uno sguardo alla legge 8 gennaio 1952 n. 6 (Cassa di previdenza per gli avvocati) e alla legge 29 gennaio 1986 n. 21 (Cassa di previdenza a favore dei dottori commercialisti) conferma che queste casse - casse di liberi professionisti! - non hanno alcun compito sostitutivo rispetto all assicurazione generale obbligatoria garantita dall Inps. L Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) è nato, invece, come istituto di professionisti dipendenti (!) con il Regio Decreto 25 marzo 1926 n. 838 (di cui parla l articolo 1 del vigente Statuto dell Inpgi) (3) e svolge funzioni sostitutive dell Inps. L articolo 76 (comma 4) della legge 5n. 388/2000 ha abrogato l autonomia gestionale della Fondazione Inpgi Il punto 4 dell articolo 76 della legge 388/2000 ( 4. Le forme previdenziali gestite dall Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive ) ha abrogato (soltanto per l Inpgi) l articolo 2 (1 comma) del Dlgs 509/1994 ( 2. Gestione. 1. Le associazioni o le fondazioni hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei princìpi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell attività svolta ) sia per incompatibilità tra la vecchia norma (art. 2, comma 1, del Dlgs 509/1994) e la nuova (art. 76, punto 4, della legge 388/2000) e sia perché la nuova norma regola l intera materia (sui vincoli degli enti di previdenza sostitutivi dell Inps, ndr) già regolata dall anteriore (articolo 15 delle Disposizioni sulla legge in generale, Rd n. 262/1942). L articolo 15 delle Disposizioni sulla legge in generale (Rd n. 262/1942) disciplina l abrogazione delle leggi: Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l intera materia già regolata dalla legge anteriore. Appaiono superflui altri commenti! Il Tribunale di Roma prima 6e la sentenza n. 6680/2002 della sezione lavoro della Cassazione dopo scrivono che la legge 388/2000 si applica all Inpgi Ma l Inpgi applica la legge 388/2000 soltanto in alcuni casi particolari! Non è soltanto il sottosegretario, Raffaele Morese, ad affermare con lettera 23 aprile 2001 e con tono perentorio, che l articolo 116 (comma 10) della legge 388/2000 debba essere applicato dall Inpgi (4). La sezione lavoro del Tribunale civile di Roma (presidente Domenico Cortesani), nell udienza del 28 febbraio 2002 dedicata alla vertenza tra l Editoriale della Nuova Sardegna e l Inpgi, ha pronunciato, come giudice di appello, la sentenza nella causa civile iscritta al n del Ruolo generale dell anno Nel dispositivo, il tribunale dichiara il diritto dell Editoriale della Nuova Sardegna a beneficiare dei vantaggi stabiliti nel comma 18 dell articolo 116 della legge 388/2000 (che concede sconti sulle sanzioni che le aziende editrici devono pagare agli istituti previdenziali per il ritardato pagamento dei contributi e dei premi). Anche un giudi- 10 ORDINE

11 ma ignora l articolo 72 della stessa legge che consente il cumulo tra pensione di vecchiaia e redditi da lavoro autonomo e dipendente in materia di libertà di cumulo ce, - il giudice Baccarini del tribunale di Roma delegato al fallimento dell Editoriale L Indipendente e della Cooperativa giornalistica Mediatel -, ha scritto nell ordinanza 18 aprile 2001 che per il credito Inpgi occorre valutare la somma dovuta ex art. 116 legge 23 dicembre 2000 n Della sentenza n. 6680/2002 della sezione lavoro della Corte di Cassazione abbiamo già detto, ma è il caso di riportare alcuni passi: La prima questione che si pone (puntualmente rilevata in sede di discussione orale) è quella dell applicabilità di questa normativa ad un ente di previdenza privatizzato, quale è l Inpgi. In proposito osserva il Collegio che la natura di ente pubblico o privato è assolutamente irrilevante, perché ciò che conta, ai fini dell applicabilità delle norme pubblicistiche che regolano i poteri dell ente, i doveri dei privati e le sanzioni previste per la violazione degli stessi, è la natura dell attività esercitata, che nella specie è l assicurazione obbligatoria; per il raggiungimento delle finalità sociali e pubblicistiche di questo tipo di assicurazione, la legge riconosce anche all istituto privato la natura di ente impositore, cui deve conferire ed in effetti conferisce i poteri necessari, anche sanzionatori; poteri che per la loro stessa natura non rientrano fra quelli che competono ad una persona giuridica privata e non possono essere lasciati, in nessun caso, alla discrezionalità del privato gestore di un servizio pubblico. È quindi applicabile anche all ente previdenziale di diritto privato la norma di cui al 10 comma dell art. 116 L. n. 388/2000, che prevede espressamente l ipotesi del riconoscimento giudiziale della pretesa contributiva, ed in genere la nuova disciplina sanzionatoria, come peraltro afferma l INPGI nel controricorso, laddove riconosce l applicabilità dei commi dell art. 1. L. n. 662/96, richiamati nel comma 18 della norma in esame. L Inpgi, però, soltanto in alcuni casi particolari, applica la legge 388/2000. Si possono al riguardo fare due esempi. La delibera n. 7 del Consiglio generale dell Inpgi del 4 luglio 2001 ridimensiona l adeguamento annuale dei compensi dei consiglieri di amministrazione e sindaci dell Istituto fino ad allora legato agli indici Istat da applicare all inizio di ogni anno. Il Consiglio generale, dopo aver nella premessa preso atto dell art. 69 della legge 388 del 2000 riguardante il ridimensionamento dell indice Istat di rivalutazione automatica delle pensioni, ha deliberato di modificare il criterio di rivalutazione approvato dal Consiglio generale il 3 marzo 2000 relativo all indennità di carica spettante ai componenti degli Organi Collegiali dell Istituto adottando dal 1 gennaio 2001 il medesimo criterio di rivalutazione che viene applicato ai giornalisti pensionati dell Inpgi. Anche i pensionati Inpgi sono stati colpiti dall articolo 69 della legge 388/2000 perché l Inpgi per risparmiare quattrini ha ritenuto di applicare tale norma. In sostanza il ricorso all articolo 69 della legge 388/2000 va bene, perché comporta un risparmio per le casse dell Istituto, che, nel frattempo, pone un ferreo quanto inspiegabile sbarramento al rispetto dell articolo 72 della stessa legge sulla libertà di cumulo. Con lettera circolare (prot. 44) del 18 luglio 2002 il responsabile dell Ufficio pensioni dell Inpgi ha chiesto la collaborazione dei giornalisti pensionati per determinare l esatto ammontare delle detrazioni spettanti, scrivendo: Per tale calcola, la legge n. 388/2000 (Finanziaria 2001) ha introdotto l obbligo della valutazione del reddito complessivo, riferito in via presuntiva all anno in corso, che nel nostro caso deve perciò comprendere, oltre al trattamento p4nsionistico Inpgi, qualsiasi altro reddito posseduto. Due pesi e due misure: la legge 388/2000 viene applicata dall Inpgi solo quando fa comodo all Istituto!!! Le motivazioni dell archiviazione 7della querela/denuncia di Gabriele Cescutti (presidente dell Inpgi) contro Franco Abruzzo (presidente dell OgL): Non è diffamatorio né calunnioso sostenere: i vertici dell Inpgi violano dolosamente la norma sulla libertà di cumulo Il Gip del Tribunale di Roma, Adele Rando, ha archiviato il 4 dicembre 2001 la querela/denuncia del presidente dell Inpgi, Gabriele Cescutti, contro Franco Abruzzo (presidente dell Ordine dei giornalisti della Lombardia). Secondo il Gip, non è diffamatorio né calunnioso sostenere, come ha fatto Abruzzo in un esposto alla Procura di Roma, che i vertici dell Inpgi violano dolosamente la norma (art. 72 l. 388/2000) sulla libertà di cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo o da lavoro dipendente). Cescutti si riteneva diffamato dalle affermazioni di Abruzzo: il Pm Giuseppe De Falco, invece, ha escluso il reato di diffamazione, e ha ipotizzato quello di calunnia, concludendo che anche questa seconda accusa fosse insussistente. Secondo il Gip, la manifestazione della critica, sebbene duramente espressa, preclude l utile esercizio dell azione penale sia in ordine al reato di diffamazione, sia in ordine all ipotizzata calunnia, non emergendo elementi probatori sui quali fondare la consapevolezza dell altrui estraneità. ORDINE Con la delibera 106/2001 l Inpgi 8punisce: a. i titolari di pensione di anzianità, che, in sede di cumulo con redditi da lavoro autonomo, non possono subire trattenute superiori al 30% dei predetti redditi da lavoro autonomo (art. 72, II comma, l. 388/2001); b. e i titolari di pensione di vecchiaia anticipata (per i quali viene stabilito una libertà di cumulo limitata a 15 milioni di lire)... Ma non c è alcuna differenza giuridica tra pensione di vecchiaia e pensione di vecchiaia anticipata, mentre i 30 anni Inpgi sono equivalenti ai 40 anni dell Inps La libertà di cumulo tra pensione e redditi da lavoro dipendente e autonomo sbarca anche nel pianeta Inpgi, ma riguarda solo i titolari di pensione di vecchiaia (con 40 anni di contributi). La novità è contenuta nella delibera approvata il 28 giugno 2001 (n. 106) dal Consiglio generale dell Istituto, che ha modificato l articolo 15 del suo regolamento. Il Consiglio ha stabilito, inoltre, che «il trattamento pensionistico di vecchiaia anticipata è cumulabile con i redditi da lavoro autonomo e dipendente fino al limite massimo di 15 milioni» (rivalutati ogni anno in base agli indici Istat). Chi ha una pensione di anzianità può cumulare fino a 15 milioni a patto che siano soltanto redditi di lavoro autonomo. La somma dei 15 milioni, a differenza del passato (quando il tetto cumulabile era di 9,6 milioni), è esente. Queste novità (in vigore dal 1 gennaio 2001) attendono la ratifica dalle parti sociali (Fnsi e Fieg) e dai ministeri vigilanti del Tesoro e del Lavoro. Ed ecco i punti centrali della delibera: * Le pensioni di vecchiaia sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente nella loro interezza. * Il trattamento pensionistico di vecchiaia anticipata è cumulabile con i redditi da lavoro autonomo e dipendente fino al limite massimo di 15 milioni. La quota di reddito eccedente questo limite è incumulabile fino a concorrenza del 50% del predetto trattamento pensionistico, al netto della quota cumulabile. * Le pensioni di anzianità non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente nella loro interezza. Sono, invece, cumulabili con quelli da lavoro autonomo fino al limite massimo dei 15 milioni. La quota di reddito eccedente questo limite è incumulabile fino a concorrenza del 50% del predetto trattamento pensionistico, al netto della quota cumulabile. * II limite di 15 milioni è rivalutato ogni anno secondo i coefficienti Istat. Note (1). L articolo 1 della legge 20 dicembre 1951 n recita: La previdenza e l assistenza attuate dall Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani Giovanni Amendola riconosciuto con regio decreto 25 marzo 1926 n. 838, nelle forme e nelle misure disposte dal suo statuto e dal regolamento a favore dei giornalisti iscritti all Istituto stesso, sostituiscono a tutti gli effetti, nei confronti dei giornalisti ad esso iscritti, le corrispondenti forme di previdenza e di assistenza obbligatorie. (2). Il comma 12 dell articolo 3 della legge 335 afferma: 12. Nel rispetto dei princìpi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (60), relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurare l equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall articolo 2, comma 2, del predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall articolo 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti. Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, il periodo di riferimento per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, secondo i criteri fissati all articolo 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive e al medesimo articolo 1, comma 18, per gli altri enti. Ai fini dell accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, * Le pensioni di anzianità sono equiparate, agli effetti del cumulo, alle pensioni di vecchiaia quando i titolari compiono l età prevista per le pensioni di vecchiaia ovvero quando sono state liquidate con almeno 40 anni di contribuzione. * La disciplina vigente per le pensioni di vecchiaia anticipata si applica anche nel caso di cumulo della pensione di invalidità con i redditi di lavoro autonomo e con i redditi di lavoro dipendente di natura non giornalistica. * Ai trattamenti pensionistici liquidati ai sensi dell articolo 37 (prepensionamenti) della legge 416/1981, agli effetti del cumulo, si applicano le precedenti disposizioni vigenti per le pensioni di anzianità. L Inpgi non ha valutato che la pensione di vecchiaia anticipata non è una formula giuridicamente autonoma rispetto alla pensione di vecchiaia e che, comunque, entrambe le formule sono equiparabili nel trattamento di cumulo. Storicamente le due formule sono state sempre assimilate, in sede Inpgi, da un dato percentuale di natura economica: l Inps calcola il limite massimo dell 80% del reddito pensionabile, moltiplicando 40 (anni di anzianità contributiva massima) x 2% (aliquota di rendimento). L Inpgi, invece, calcola il limite massino dell 80% del reddito pensionabile, moltiplicando 30 (anni di anzianità contributiva massima) x 2,66% (aliquota di rendimento). I presidenti dell Inpgi hanno sostenuto negli anni trascorsi (e recentemente anche Gabriele Cescutti con il comunicato stampa diramato dall Ansa il 13 settembre 2002) la superiorità del sistema Inpgi, sbandierando che l Istituto per ogni anno di lavoro riconosce una aliquota di rendimento pari al 2,66% contro il 2% dell Inps e che i 30 anni dell Inpgi equivalgono ai 40 dell Inps. Si tratta adesso di essere coerenti anche rispetto al comma 2 dell articolo 4 del Regolamento dell Istituto: Il diritto alla pensione di vecchiaia può essere anticipato in presenza di almeno 360 contributi mensili accreditati presso l Istituto per gli uomini al conseguimento dei requisiti di età indicati nella tabella C allegata. La pensione di vecchiaia è un diritto usufruibile con anticipo (sino al 2006), ma senza alcuna penalizzazione successiva. Il Regolamento dell Inpgi, infatti, non parla di penalizzazioni o limitazioni successive: la prestazione giuridicamente è inscindibile. Cescutti il 13 settembre 2002 ha scritto: Il livello della pensione Inpgi rimarrà, comunque, e di gran lunga, superiore a quello in atto nell assicurazione generale obbligatoria. E ciò grazie alle migliori aliquote di rendimento le quali consentono, a parità di retribuzione e numero di contributi, di maturare all Inpgi in 30 anni lo stesso livello di pensione che all Inps si può maturare in 40 anni. Diversamente è configurata nella delibera citata la posizione di chi usufruisce di pensione di anzianità (35 anni di contributi pari a 420 contributi). Secondo l articolo 72 (II comma) della legge 388/2000, le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei redditi (autonomi). L Inpgi, invece, consente al titolare di pensione di anzianità il cumulo dei redditi autonomi fino al limite massimo dei 15 milioni. La violazione dell articolo 72 appare in questo caso inspiegabile razionalmente. *presidente dell Ordine dei Giornalisti della Lombardia trovano applicazione le disposizioni di cui all articolo 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive, e al medesimo articolo 1, comma 28, per gli altri enti. Gli enti possono optare per l adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge. (3). L articolo 1 dello Statuto dell Inpgi dice: Articolo 1. Denominazione e Natura. 1. L Istituto Nazionale di Previdenza dei giornalisti Italiani Giovanni Amendola, già riconosciuto con Regio Decreto 25 marzo 1926 n. 838, è una fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato incaricata di pubbliche funzioni a norma dell art. 38 della Costituzione, con autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ai sensi dell art. 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n L Istituto ha sede legale in Roma e svolge la sua attività a norma di legge e del presente Statuto. L attività di natura pubblica è soggetta alla vigilanza del ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e del ministero del Tesoro. (4). Con lettera 23 aprile 2001 (prot. 1590) il sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro, Raffaele Morese, ha intimato all Inpgi di applicare l articolo 116 ( Misure per favorire l emersione del lavoro irregolare ) della legge 388/2000 a favore della società editrice del quotidiano Il Giornale d Italia. Secondo l Inpgi, le disposizioni introdotte da quell articolo non erano direttamente applicabile agli enti previdenziali privatizzati. Morese ha scritto: L Inpgi, pertanto, deve corrispondere ai principi costituzionali di parità, uguaglianza e solidarietà che ispirano il sistema previdenziale italiano e per questo, dovrà assumere tutte le adeguate iniziative atte a definire in maniera positiva e definitiva le istanze delle società (editrice de Il Giornale d Italia). 11

12 INPGI Questi gli articoli-chiave della legge n. 388/2000 (Finanziaria per il 2001) Art. 71. Totalizzazione dei periodi assicurativi 1. Al lavoratore, che non abbia maturato il diritto a pensione in alcuna delle forme pensionistiche a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, nonché delle forme pensionistiche obbligatorie gestite dagli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, è data facoltà di utilizzare, cumulandoli per il perfezionamento dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dei trattamenti pensionistici per inabilità, i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le predette gestioni, qualora tali periodi, separatamente considerati, non soddisfino i requisiti minimi stabiliti dagli ordinamenti delle singole gestioni. La predetta facoltà opera in favore dei superstiti di assicurato, ancorché quest ultimo sia deceduto prima del compimento dell età pensionabile. 2. Nei casi previsti dal comma 1 ciascuna gestione previdenziale verifica la sussistenza del diritto alla pensione e determina la misura del trattamento a proprio carico, in proporzione dell anzianità assicurativa e contributiva maturata presso la gestione medesima, sulla base dei requisiti e secondo i criteri stabiliti dal proprio ordinamento. Per le pensioni o quote delle medesime da liquidare con il sistema retributivo, il predetto importo a carico di ciascuna gestione è ottenuto applicando all importo teorico risultante dalla somma dei diversi periodi assicurativi un coefficiente pari al rapporto tra l anzianità contributiva accreditata nella gestione stessa e l anzianità contributiva accreditata a favore dell interessato nel complesso delle gestioni previdenziali. I trattamenti liquidati dalle singole gestioni costituiscono altrettante quote di un unica pensione che è soggetta a rivalutazione e viene integrata al trattamento minimo secondo l ordinamento e con onere a carico della gestione che eroga la quota di importo maggiore. Qualora il lavoratore abbia diritto al cumulo dei periodi assicurativi di cui al comma 1 e si sia avvalso della facoltà di ricongiunzione dei periodi contributivi, il medesimo può optare, fino alla conclusione del relativo procedimento, per la totalizzazione dei periodi stessi. In caso di esercizio dell opzione, la gestione previdenziale competente provvede alla restituzione degli importi già versati a titolo di ricongiunzione, maggiorati degli interessi legali. 3. Con uno o più decreti del ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da adottare entro due mesi dalla data in entrata in vigore della presente legge, sentiti gli enti gestori della previdenza dei liberi professionisti di cui ai D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo. Art. 72. Cumulo tra pensione e reddito da lavoro 1. A decorrere dal 1º gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. 2. A decorrere dal 1º gennaio 2001 le quote delle pensioni dirette di anzianità, di invalidità e degli assegni diretti di invalidità a carico dell assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, eccedenti l ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei predetti redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1º gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se più favorevole. Art. 76. (Previdenza giornalisti) 1. L articolo 38 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e sostituito dal seguente: Art (Inpgi) L Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani Giovanni Amendola (Inpgi) ai sensi delle leggi 20 dicembre 1951, n. 1564, 9 novembre 1955, n. 1122, e 25 febbraio 1987, n. 67, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede, altresi, ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti di cui all articolo 1, commi secondo e quarto, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. I giornalisti pubblicisti possono optare per il mantenimento dell iscrizione presso l Istituto nazionale della previdenza sociale. Resta confermata per il personale pubblicista l applicazione delle vigenti disposizioni in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali e di sgravi contributivi. 2. L Inpgi provvede a corrispondere ai propri iscritti: a) il trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dall articolo 35; b) la pensione anticipata di vecchiaia prevista dall articolo Gli oneri derivanti dalle prestazioni di cui al comma 2 sono a totale carico dell Inpgi. 4. Le forme previdenziali gestite dall Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive. 2. L opzione di cui all articolo 38 della legge 5 agosto 1981, n. 416, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Art Misure per favorire l emersione del lavoro irregolare 1. Alle imprese che recepiscono, entro un anno dalla decisione assunta dalla Commissione delle Comunità europee sul regime di aiuto di Stato n. 236/A/2000, contratti di riallineamento regolati ai sensi e alle condizioni dell articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, è concesso, per la durata del programma di riallineamento e, comunque, per un periodo non superiore a cinque anni, uno sgravio contributivo nelle misure di cui al comma 2 per i lavoratori individuati secondo le modalità di cui al comma 3-sexies dell articolo 5 del citato decreto-legge n. 510 del 1996, introdotto dall articolo 75 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, mai denunciati agli enti previdenziali. 2. Lo sgravio contributivo di cui al comma 1, determinato sulle retribuzioni corrisposte, è fissato nella misura del 100 per cento per il primo anno, dell 80 per cento per il secondo anno, del 60 per cento per il terzo anno, del 40 per cento per il quarto anno e del 20 per cento per il quinto anno. 15. Fermo restando l integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8 fino alla misura degli interessi legali, nei seguenti casi: a) nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza e nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, derivanti da fatto doloso del terzo denunciato, entro il termine di cui all articolo 124, primo comma, del codice penale, all autorità giudiziaria; b) per le aziende in crisi per le quali siano stati adottati i provvedimenti previsti dalla legge 12 agosto 1977, n. 675, dalla legge 5 dicembre 1978, n. 787, dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, e comunque in tutti i casi di crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale che presentino particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore, comprovati dalla Direzione provinciale del lavoro - Servizio ispezione del lavoro territorialmente competente, e, comunque, per periodi contributivi non superiori a quelli stabiliti dall articolo 1, commi 3 e 5, della citata legge n. 223 del 1991, con riferimento alla concessione per i casi di crisi aziendali, di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che, al fine di non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie, omette una o più registrazioni o denunce obbligatorie, ovvero esegue una o più denunce obbligatorie in tutto o in parte non conformi al vero, è punito con la reclusione fino a due anni quando dal fatto deriva l omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie per un importo mensile non inferiore al maggiore importo fra cinque milioni mensili e il cinquanta per cento dei contributi complessivamente dovuti. 2. Fermo restando l obbligo dell organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, qualora l evasione accertata formi oggetto di ricorso amministrativo o giudiziario il procedimento penale è sospeso dal momento dell iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all articolo 335 del codice di procedura penale, fino al momento della decisione dell organo amministrativo o giudiziario di primo grado. 3. La regolarizzazione dell inadempienza accertata, anche attraverso dilazione, estingue il reato. 4. Entro novanta giorni l ente impositore è tenuto a dare comunicazione all autorità giudiziaria COSA RIMARRÀ IMMUTATO 1. La riforma approvata dal Consiglio generale dell Inpgi non modifica le pensioni attualmente erogate, né adesso e neppure in futuro. I pensionati hanno semmai un vantaggio, quello di avere la garanzia di una maggiore solidità dell Istituto e la certezza che l Inpgi non sarà assorbita dall Inps come recentemente accaduto all Inpdai, l Istituto di previdenza dei dirigenti d azienda. 2. Non si tocca il pregresso. Non verrà infatti modificato quanto finora è stato maturato da chi non è ancora in pensione. La modifica, se approvata, troverà applicazione solo per la vita contributiva futura e non sarà retroattiva. 3. Non riguarda coloro che hanno iniziato a versare contributi Inpgi dopo il 24 luglio La miniriforma estende infatti a tutti il sistema di calcolo già in vigore per i colleghi più giovani. COSA CAMBIA E PER CHI 1. Per chi è stato assunto prima del 24 luglio 1998 viene modificata la media retributiva di riferimento, uno dei tre parametri con cui si calcola la pensione. Dal momento dell approvazione delle nuove norme, la media retributiva prenderà infatti in esame tutta la residua vita lavorativa. ANALISI DELL ASSOCIAZIONE STAMPA TOSCANA Miniriforma (in pillole) delle pensioni Inpgi 2. Quindi, l ammontare della pensione si otterrà sommando vari segmenti diversi della vita lavorativa: due per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31/12/77 e prima del 24/07/98 o tre (per chi ha contributi prima del 31/12/77). GLI EFFETTI Se la dinamica salariale rimane sostanzialmente invariata gli effetti sono nulli o minimi. Una nutrita serie di esempi è comunque consultabile sul sito dell Inpgi. PERCHÉ? 1. Nel medio periodo il bilancio dell Istituto potrebbe andare in crisi. Intervenire per tempo significa adottare provvedimenti assai meno drastici di quanto potrebbe accadere tra qualche anno. Niente lacrime e sangue ma un oculata previsione delle dinamiche di entrata e di uscita. Per rimanere autonomo l Istituto deve accantonare l equivalente di 5 annualità di pensioni: se oggi si attualizzasse l ammontare delle cinque annualità (fermo da diversi anni), l Inpgi scoprirebbe di avere accantonamenti solo per 4 anni e 6 mesi. 2. Perché gli editori utilizzano l attuale sistema di calcolo della media retributiva pensionabile per mandare in pensione i colleghi con redditi elevati accordando buonuscite d oro in modo da sostituire gli oneri previdenziali dai contributi volontari assai meno costosi, realizzando così una sorta di evasione previdenziale legalizzata che ricade però sulle spalle di tutti gli altri colleghi. 3. Per un principio di equità. A parità di contribuzione deve corrispondere parità di rendimento previdenziale. I colleghi più giovani già da anni contribuiscono, a proprie spese, a garantire l equilibrio dell Inpgi. 4. Per prevenire le conseguenze del ricorso selvaggio degli editori agli stati di crisi (il cui costo è attualmente di 29 miliardi l anno) e correggere gli effetti dei contratti non Fnsi- Fieg, QUALCHE DETTAGLIO IN PIÙ Come viene calcolata la pensione? Tre sono gli elementi di cui si tiene conto: 1. Anzianità contributiva, o numero totale degli anni di versamento dei contributi, comprendendo anche i contributi figurativi (disoccupazione, Cigs, servizio militare) o volontari; 2. Media retributiva pensionabile individuale. Questo è l unico parametro che viene modificato e solo per i colleghi iscritti all Inpgi prima del 24 luglio 1998; 3. Aliquota di rendimento. Da notare che l aliquota di rendimento Inpgi parte dalla percentuale del 2,66% mentre all Inps è pari al 2%. Ciò consente, a parità di retribuzione e di numero di contributi, di maturare all Inpgi in 30 anni lo stesso livello di pensione che all Inps si potrebbe maturare in 40. (da ast@iol.it) 12 ORDINE

13 L articolo 19 della Finanziaria 2003 obbliga gli enti a fornire informazioni trimestrali su entrate e uscite al ministero dell Economia Casse private (compreso l Inpgi) messe sotto tutela dal Governo Roma, 10 ottobre Con la Finanziaria per il 2003 ricompare, per le Casse di previdenza private, lo spettro di uno Stato pronto a mettere le mani sui patrimoni che garantiscono le pensioni dei professionisti. L articolo 19, comma 2 del disegno di legge Finanziaria 2003, rubricato «flussi di tesoreria e dati di cassa», stabilisce, infatti, che anche le associazioni e le fondazioni previdenziali private devono fornire i dati sui flussi trimestrali di cassa. La comunicazione è diretta al ministero dell Economia, che in base alla legge 468/1978 (articolo 30) presenta al Parlamento, «per l intero settore pubblico (...) la stima della previsione di cassa per l anno in corso, i risultati» trimestrali e gli aggiornamenti, «nell ambito di una valutazione dei flussi finanziari e della espansione del credito totale interno». La misura è stata bollata come «un gravissimo attentato all autonomia e alle risorse finanziarie delle 19 Casse di previdenza dei professionisti». Maurizio de Tilla, presidente dell Adepp, l associazione che rappresenta gli enti privati non ha dubbi. «Si tratta - dice - del presupposto legislativo di provvedimenti che potrebbero portare a prelievi forzosi e a illegittime acquisizioni pubbliche del patrimonio delle Casse». L articolo 19 del disegno di legge rappresenta - secondo la lettura delle Casse - il tentativo di riportare in ambito pubblico gli enti privatizzati con il decreto legislativo 509/94 e quelli istituiti con il decreto legislativo 103/96. Il provvedimento - reclama de Tilla - deve essere cancellato. L offensiva è già cominciata. Il presidente dell Adepp (che governa anche l ente di previdenza forense, con una dote di milioni di euro) ha scritto al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al vicepremier, Gianfranco Fini. «I liberi professionisti - promette de Tilla - non si faranno rovistare nelle tasche senza reagire e condurranno una battaglia senza quartiere». È sempre stato delicato l equilibrio tra l autonomia delle Casse private - che vivono solo di risorse degli iscritti - e le esigenze di controllo da parte dello Stato su istituzioni che garantiscono la tutela previdenziale. Tuttavia, non sono ben chiari motivazione e obiettivi dell articolo 19 della Finanziaria La relazione spiega che, nell ambito delle modifiche «all attuale sistema di acquisizione dei flussi trimestrali di cassa», anche gli enti di previdenza privati sono inseriti tra i destinatari della legge 468 e «sono tenuti all invio delle informazioni». In base a questa previsione le Casse private, che non sono comprese tra le pubbliche amministrazioni, sono classificate come parte del settore pubblico. Da qui il timore di vincoli alla gestione delle risorse e di un prelievo forzoso nel caso in cui lo stato delle finanze pubbliche dovesse peggiorare. Va detto, però, che Casse private sono classificate Fondazioni od Associazioni di diritto privato che svolgono una funzione pubblica (quella di assicurare la pensione ai propri iscritti). Frattanto sono state presentate due proposte per sopprimere il comma 2, una delle quali ha come primo firmatario il presidente della commissione Lavoro della Camera Domenico Benedetti Valentini (An), mentre l altra è stata avanzata da Italico Perlini e Maurizio Paniz (entrambi Fi). (da Il Sole 24 Ore del ottobre 2002) Le principali Casse previdenziali Casse Iscritti Pensionati Patrimonio Patrimonio mobiliare immobiliare in milioni di euro in milioni di euro Avvocati , ,03 355,13 361,50 Consulenti del lavoro ,24 176,24 72,10 81,29 Dottori commercialisti ,68 834,15 208,80 205,55 Geometri ,28 779,56 320,51 320,90 Giornalisti ,87 218,79 638,96 654,64 Ingegneri n.d n.d ,41 n.d. 427,11 n.d. Medici ,21 811, , ,42 Notai ,52 377,02 490,53 491,88 Ragionieri ,81 (*) 365,48 280,28 294,39 Veterinari ,70 59,80 2,63 8,44 Note: (*) riferito alla consistenza del portafoglio titoli al 31 dicembre 2001, eccezion fatta per le partecipazioni in società controllate e collegate e la polizza di capitalizzazione. Fonte: dati forniti dalle Casse Valori aggregati delle principali Casse di previdenza private * Casse I principali vincoli delle Casse private Agli enti non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali. Trasparenza nei rapporti con gli iscritti e composizione degli organi collegiali aperta anche a rappresentanti del ministero del Lavoro e dell Economia. Previsione di una riserva legale al fine di assicurare la continuità nell erogazione delle prestazioni in misura non inferiore a cinque annualità dell importo delle pensioni. In caso di disavanzo economico-finanziario è prevista la nomina di un commissario straordinario che adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio. In caso di persistenza dello stato di disavanzo, dopo tre anni dalla nomina del commissario e accertata l impossibilità di provvedere al riequilibrio, viene nominato un commissario liquidatore. La vigilanza è esercitata dal ministero del Lavoro, dal ministero dell Economia e dagli altri ministeri competenti. Nell esercizio della vigilanza il ministero del Lavoro approva fra l altro le delibere in materia di contributi e prestazioni e può formulare motivati rilievi sui bilanci preventivi e i conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti. Controlli penetranti anche da parte della Corte dei Conti. Iscritti Pensionati Contributi incassati (mln euro) Uscite per pensioni (mln euro) Patrimonio (mln euro) Immobili (mln euro) Mobiliare (mln euro) Annualità coperte da riserva legale rispetto alle pensioni erogate al 31/12/1994 **-17,5 Annualità coperte da riserva legale rispetto alle pensioni erogate al 31/12/2001 ***-9,2 * Le dieci Casse private considerate nella tabella sono quelle di: avvocati, consulenti del lavoro, dottori commercialisti, geometri, giornalisti, ingegneri e architetti, medici, notai, ragionieri, veterinari. ** Calcolato come media degli anni coperti da 9 Casse su 10. *** Calcolato come media degli anni coperti da 8 Casse su 10. Fonte: elaborazione Il Sole- 24 Ore su dati forniti dalle Casse Garante privacy Informazione sì, ma nel rispetto della vita privata delle persone ORDINE Roma, 10 ottobre. La giusta esigenza di informare l opinione pubblica su vicende giudiziarie non deve entrare in conflitto con il rispetto della vita privata delle persone. In riferimento alle segnalazioni pervenute in questi giorni al Garante da parte di diversi soggetti riguardo alla pubblicazione dei nomi delle persone coinvolte nell inchiesta su un giro di prostituzione nella capitale - e della quale gli organi di informazione hanno dato ampia notizia - il Collegio del Garante per la protezione dei dati personali ribadisce i principi generali già più volte espressi in precedenti interventi in materia. In particolare, la necessità di non diffondere informazioni non indispensabili, soprattutto laddove queste siano legate ad aspetti particolarmente riservati, come la vita sessuale delle persone, e attinenti, quindi, alla loro sfera più strettamente privata. Questo anche allo scopo di evitare ingiustificate spettacolarizzazioni o eventuali strumentalizzazioni di scelte personali. Lo stesso codice deontologico dei giornalisti richiama l attenzione sul rispetto del principio di essenzialità dell informazione, cioè sulla reale necessità di divulgare dati, immagini e dettagli non strettamente necessari per dare conto di fatti di cronaca e vicende giudiziarie, e stabilisce espressamente che il giornalista si astenga dalla descrizione delle abitudini sessuali delle persone. Ciò anche quando si tratti di persone che rivestono posizioni di particolare rilevanza sociale o pubblica, se non ricorre il requisito dell essenzialità dell informazione e non viene garantito il rispetto della dignità personale. Tali considerazioni valgono sia per i clienti sia per le ragazze alle quali gli stessi si sarebbero rivolti, tanto più in considerazione del fatto che tra le persone delle quali sono state pubblicate le fotografie ve ne potrebbero essere alcune totalmente estranee alla vicenda, come già segnalato al Garante. L Autorità si riserva, comunque, di valutare caso per caso eventuali iniziative di pubblicazione, anche in relazione alle ulteriori segnalazioni che dovessero eventualmente pervenire. 13

14 G I U R I S P R U D E N Z A Un primo orientamento particolarmente severo ritiene che il giornalista non abbia soltanto l obbligo di rispettare fedelmente l esatto contenuto delle dichiarazioni dell intervistato, ma anche, e principalmente, quello di verificare la verità dei fatti e delle circostanze riferite dall intervistato stesso di Sabrina Peron, avvocato in Milano Come devono essere interpretati i limiti della verità, dell interesse pubblico e della continenza formale? Secondo l orientamento meno restrittivo, invece, il requisito della verità oggettiva della notizia deve essere riferito non al contenuto dell intervista, ma al fatto che l intervista sia stata realmente operata e concetti o parole riportati dal giornalista siano perfettamente rispondenti a quanto riferito dall intervistato Intervista e diffamazione Rapporto davvero difficile Nei tempestosi rapporti tra libertà di stampa e diffamazione particolarmente animato - e soggetto a soluzioni ogni volta contrastanti - è il dibattito relativo all individuazione dei limiti cui è soggetto il diritto di cronaca nell ipotesi di pubblicazione di un intervista dal contenuto diffamatorio. Particolare oggetto di scontro è il tentativo di stabilire in che modo debbano essere interpretati, nel caso dell intervista, i limiti della verità, dell interesse pubblico e della continenza formale. In via generale sull argomento si sono formati due contrapposti filoni giurisprudenziali. Il primo orientamento, particolarmente rigoroso e severo, ritiene che il giornalista, nel riportare le dichiarazioni dell intervistato, non abbia semplicemente l obbligo di rispettarne fedelmente l esatto contenuto delle stesse, ma anche, e principalmente, quello di verificare la verità dei fatti e delle circostanze riferite dall intervistato stesso. Tale soluzione viene giustificata alla luce della considerazione che il giornalista, nel pubblicare le dichiarazioni dell intervistato lesive dell altrui reputazione, «conferisce il suo contributo causale determinante alla diffusione dell offesa» (Cass., 15 gennaio 1997, Liguori; Cass., 5 febbraio 1986, Bonanota). Ne consegue che l intervistatore va esente da responsabilità solo se rispetti il requisito, della c.d. doppia verità : non basta, cioè, la fedele riproduzione del pensiero dell intervistato (magari anche opportunamente virgolettata), ma occorre che il giornalista verifichi la rispondenza al vero delle circostanze riferite dal dichiarante e ciò al fine di evitare che la stampa diventi cassa di risonanza delle contumelie e delle offese Ricerca di giurisprudenza In tema di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, l esimente del diritto di cronaca, quale scriminante a favore del giornalista che pubblichi un intervista ritenuta offensiva della reputazione altrui, implica due condizioni interdipendenti: a) la notizia deve consistere nel fatto stesso delle dichiarazioni dell intervistato, fedelmente riferite, senza che possano essere, sul piano generale, in alcuna misura influenzate dall intervistatore e, sul piano funzionale, strumentali a un opinione del giornalista che le divulga; b) l interesse sociale alla notizia deve concernere la particolare qualificazione dell intervistato nel riferire fatti a sua conoscenza, o nel manifestare la propria opinione, in misura da giustificare l esonero del giornalista dal controllo di veridicità o dalla censura delle espressioni incontinenti. (Cass., , n , Sannino) In tema di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, l aver riportato fedelmente nel testo dell intervista le dichiarazioni del soggetto intervistato, ove esse abbiano contenuto oggettivamente diffamatorio, non integra per ciò stesso, per il giornalista, l applicazione della scriminante del diritto di cronaca. Infatti, il giornalista che assuma comunque una posizione imparziale, può essere scriminato solo quando il fatto in sé dell intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto dell intervista, presenti profili di interesse pubblico all informazione, tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo. (Cass., , n , Lombardini) In tema di diffamazione con il mezzo della stampa, perché sia integrato il dolo in capo a chi ha concesso un intervista non è necessario un consenso specifico alla pubblicazione della notizia diffamatoria in quanto la stessa concessione dell intervista presuppone, salvo prova del contrario, il consenso alla diffusione delle notizie fornite all intervistatore nel corso dell incontro. (Cass., , Maugeri, Ced Cass., rv ) La riproduzione «alla lettera», da parte del giornalista, delle dichiarazioni oggettivamente diffamatorie rese dal soggetto intervistato non integra di per sé la scriminante del diritto di cronaca, che sussiste invece quando il fatto in sé dell intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti (ad esempio, rilevanti cariche pubbliche ricoperte dai soggetti coinvolti nella vicenda o loro indiscussa notorietà in un determinato ambiente), alla materia in discussione e al più generale contesto dell intervista, presenti profili di interesse pubblico all informazione, tali da escludere la possibilità di censura da parte dell intervistatore e da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo. (Cass., sez. un., , Galiero) La pubblicazione di un intervista, in quanto rientrante nel più ampio genus del diritto di cronaca, soggiace ai medesimi limiti di quest ultimo, con la conseguenza che rimane sempre inibito al giornalista di riportare - anche se riferite come critica - testimonianze od opinioni dell intervistato non assistite dal triplice requisito della verità, dell interesse pubblico e della continenza; pertanto, non può assolutamente ritenersi rispettato il requisito della verità solo perché vi sia corrispondenza tra fatto riferito dall intervistato e quanto sia stato pubblicato dal giornalista, dovendo piuttosto quest ultimo verificare tanto la rispondenza al vero delle dichiarazioni rese dall intervistato quanto la loro continenza formale. Nel caso dell intervista, non ricorre il diritto-dovere all informazione, che, invece, riguarda il verificarsi di fatti rilevanti della vita politica e/o sociale, in quanto è lo stesso giornalista che, formulando domande allusive, suggestive o provocatorie, «crea» l evento (consistente nella pronuncia di fasi diffamatorie da parte dell intervistato), del quale poi riferisce; il giornalista, pertanto, assumendo come propria la prospettiva dell intervistato, con la propalazione delle risposte di quest ultimo, diviene o dissimulato coautore delle dichiarazioni diffamatorie ovvero strumento consapevole della loro diffusione senza la necessaria cautela espressiva. Nel caso dell intervista giornalistica dal contenuto diffamatorio nei confronti di un terzo, non può ritenersi scriminata la condotta del giornalista, sul presupposto di un inesistente obbligo a riportare le opinioni espresse o i giudizi resi dall intervistato, per il solo fatto che vi sia corrispondenza tra fatto riferito dall intervistato e quanto sia stato pubblicato; per la configurabilità del diritto di cronaca, infatti, occorre pur sempre il rispetto dei limiti della verità, dell interesse sociale e della continenza delle espressioni usate, essendo inibito al giornalista di riportare testimonianze od opinioni non assistite dal triplice requisito sopraindicato. (Cass., , Ferrara) Nel caso di pubblicazione di un intervista, i criteri della verità, dell interesse pubblico e della continenza vanno riportati alle espressioni verbali provenienti dalla persona intervistata, costituenti il «fatto» in sé; pertanto, il limite della «verità» si atteggia in maniera del tutto peculiare, siccome riferito non al contenuto dell intervista, cioè alla rispondenza del fatto riferito dall intervistato alla realtà fenomenica, ma al fatto che l intervista sia stata realmente operata e concetti o parole riportati dal giornalista siano perfettamente rispondenti a quanto profferito dalla persona intervistata. Quando il «fatto-intervista» pubblicato consista in valutazioni o giudizi, il giornalista è tenuto al rigoroso rispetto delle opinioni manifestate dall intervistato anche in termini critici, al fine di far emergere l obiettività del dibattito e fornire al pubblico un quadro più genuino possibile, atto ad orientare il giudizio anche sul personaggio intervistato; il mantenimento della posizione di «testimone» obiettivo, che si limita a sintetizzare nel titolo il contenuto critico dell intervista, a spendere semplici espressioni volte a presentare l intervistato ed a porre quesiti strettamente funzionali alla manifestazione della sua opinione, si risolve nella realizzazione di quegli elementi che, se pure rapportabili ad un principio di continenza in senso lato, valgono a riassumere l atteggiamento di distacco dall intrinseco contenuto - anche diffamatorio - delle risposte. In tema di diffamazione a mezzo stampa e con riferimento all ipotesi della pubblicazione di una intervista, i criteri che delimitano l esercizio del diritto di cronaca (la verità del fatto narrato, la pertinenza all interesse che esso assume per l opinione pubblica, la correttezza delle modalità con cui il fatto viene riferito), vanno rapportati alle espressioni verbali provenienti dalla persona intervistata, costituenti il «fatto» in sé; il limite della verità si atteggia, pertanto, in maniera del tutto peculiare, siccome riferito non al contenuto dell intervista, cioè alla rispondenza del fatto riferito dall intervistato alla realtà fenomenica, ma al fatto che l intervista sia stata realmente operata e concetti o parole riportati dal giornalista siano perfettamente rispondenti al profferito della persona intervistata; quando, poi, il «fatto-intervista» pubblicato consista in valutazioni o giudizi esternati, da personaggi pubblici, su atteggiamenti di altri personaggi pubblici nell ambito di un dibattito che - proprio per l intrinseco contenuto e per la notorietà dei protagonisti - interessa l opinione pubblica, il giornalista è tenuto al rigoroso rispetto delle opinioni, manifestate dall intervistato anche in termini critici, al fine di far emergere 14 ORDINE

15 all altrui reputazione (Trib. Roma, 24 settembre 1991). Sempre in linea con quest orientamento improntato a particolare rigore, si collocano altresì le pronunce che impongono al giornalista l ulteriore obbligo di valutare se le espressioni usate dall intervistato rispettino il requisito della correttezza formale, vietando così la pubblicazione, non soltanto delle dichiarazioni false, ma anche di quelle gratuitamente offensive (Cass., 16 aprile 1993, Barile) e consistenti in «insulti ovvero in espressioni gratuite, non necessarie e funzionali, volgari, umilianti o dileggianti» (Cass. 16 dicembre 1998, Ferrara). Tale orientamento si è spinto sino ad affermare che «nel caso dell intervista non ricorre il diritto-dovere all informazione, che, invece, riguarda il verificarsi di fatti rilevanti della vita politica e/o sociale, in quanto è lo stesso giornalista che crea l evento anche quando viene sollecitato e tale sollecitazione accoglie del quale poi riferisce». Pertanto nel caso in cui l intervistato rilasci dichiarazioni non assistite dal triplice requisito della verità, dell interesse sociale e della continenza, «il giornalista, sia perché ha creato l evento intervista, sia perché ha formulato, d accordo o meno con il dichiarante, domande allusive, suggestive o provocatorie, che presuppongono determinate risposte e, quindi, assumendo come propria la prospettiva di quest ultimo, con la loro propalazione diviene o dissimulato coautore delle eventuali dichiarazioni diffamatorie ovvero, strumento consapevole di diffamazioni altrui se diffuse sulla stampa senza la necessaria cautela espressiva» (Cass., 11 aprile 2000, Ferrara). Secondo l orientamento meno restrittivo, invece, il requisito della verità oggettiva della notizia deve essere riferito «non al contenuto dell intervista, cioè alla rispondenza del fatto riferito dall intervistato alla realtà fenomenica, ma al fatto che l intervista sia stata realmente operata e concetti o parole riportati dal giornalista siano perfettamente rispondenti al profferito dalla persona intervistata» (Cass., 14 dicembre 1999, Scalfari). Tale filone ha ripreso ed elaborato il concetto di verità della notizia quale fatto in sé, che prescinde dalla verità del suo contenuto ed è diretto a valorizzare al massimo l interesse generale a conoscere una certa notizia qualora questa sia rilevante in sé e per sé, prescindendo dall intrinseca verità del fatto riferito (si noti che sottinteso a questo principio sta l idea che la vita democratica debba intendersi come un confronto pubblico di idee, dibattito, chiarezza e trasparenza dei rapporti). Dalla nozione di verità del fatto in sé discende che il fatto riferito può non essere affatto vero e ciò, tuttavia, non esclude che ben può essere vero e risaputo che lo si racconti, costituendo così, di per se stesso, un fatto così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse, anche se, ovviamente, permane il dovere di «mettere bene in evidenza che la verità asserita non si estende al contenuto del racconto, ma si limita a registrare il fatto storico, in sé considerato, che una determinata notizia circola pubblicamente nonché di riferirne anche le fonti di propalazione per le doverose, conseguenti assunzioni delle rispettive responsabilità» (Cass., 12 dicembre 1988, n. 6737). Ad avviso delle corti che hanno adottato tale indirizzo, il giornalista-intervistatore, per andare esente da re sponsabilità in presenza di dichiarazioni diffamatorie dell intervistato, dovrà attenersi scrupolosamente a quanto riferito da quest ultimo, riportando tali dichiarazioni integralmente, fedelmente e, se del caso, anche opportunamente virgolettate (Trib. Monza 10 aprile 1995). Inoltre, qualora l intervista consista in valutazioni o giudizi esternati, da personaggi noti, su atteggiamenti di altri personaggi pubblici nell ambito di un dibattito che proprio per l intrinseco contenuto e per la notorietà dei protagonisti interessa l opinione pubblica, il giornalista è tenuto al rigoroso rispetto delle opinioni, manifestate dall intervistato anche se espresse in termini fortemente critici, al fine di far emergere l obiettività del dibattito e fornire al pubblico un quadro più genuino possibile, atto ad orientare il giudizio anche sul personaggio intervistato. In questa ipotesi, però, il giornalista non solo è tenuto a riportare il testo dell intervista nella sua integralità, ma deve anche «rimanere per così dire neutrale dinanzi alla pur libera esternazione del soggetto interrogato» (Cass., 14 dicembre 1999, Scalfari). Il che equivale a dire che l intervistatore potrà andare esente da responsabilità a titolo di diffamazione, soltanto quando abbia mantenuto la posizione di testimone obiettivo, limitandosi a sintetizzare nel titolo il contenuto critico dell intervista, a spendere semplici espressioni volte a presentare l intervistato ed a porre quesiti strettamente funzionali alla manifestazione della sua opinione. A ciò si aggiunga che nel momento in cui l intervistatore assume la veste di testimone obiettivo sarà rispettato, da parte del giornalista, l ulteriore requisito della continenza formale, avendo questi dimostrato un atteggiamento di distacco dall intrinseco contenuto diffamatorio delle risposte fornite dall intervistato. Ciò premesso vediamo che una via mediana tra questi opposti orientamenti, è stata assunta dalla Cassazione a sezione unite, la quale, da un lato, esclude l esistenza di una generalizzata esimente da intervista (secondo le sezione unite la riproduzione alla lettera, di dichiarazioni diffamatorie resa dal soggetto intervistato non integra di per sé la scriminante del diritto di cronaca) dall altro lato, ammette la scriminante del diritto di cronaca quando il «fatto in sé dell intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti (ad esempio rilevanti cariche pubbliche ricoperte dai soggetti coinvolti nella vicenda o loro indiscussa notorietà in un determinato ambiente), alla materia in discussione ed al più generale contesto dell intervista, presenti profili di interesse pubblico all informazione, tali da escludere la possibilità di censura da parte dell intervistatore e da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo» (Cass., sez. un., 30 maggio 2001, Galiero). Tale ultimo orientamento giurisprudenziale espresso dalle sezioni unite, è stato avvallato anche dalle successive sentenze emesse dalla Cassazione sempre in materia di intervista, secondo le quali l esimente del diritto di cronaca, a favore del giornalista che pubblichi un intervista ritenuta offensiva della reputazione altrui, «implica due condizioni interdipendenti: a) la notizia deve consistere nel fatto stesso delle dichiarazioni dell intervistato, fedelmente riferite, senza che possano essere, sul piano generale, in alcuna misura influenzate dall intervistatore e, sul piano funzionale, strumentali a un opinione del giornalista che le divulga; b) l interesse sociale alla notizia deve concernere la particolare qualificazione dell intervistato nel riferire fatti a sua conoscenza, o nel manifestare la propria opinione, in misura da giustificare l esonero del giornalista dal controllo di veridicità o dalla censura delle espressioni incontinenti» (Cass., 27 maggio 2002, n , Sannino). In definitiva, al giornalista si chiede di assumere una posizione imparziale, ponendosi, quindi, come una sorta di testimone neutrale delle dichiarazioni rese dall intervistato (Cass., 23 ottobre 2001, Lombardini). Dopodiché, quando un personaggio (che occupa una posizione di un certo rilievo nell ambito della vita politica, sociale, economica, scientifica o culturale) rilasci dichiarazioni diffamatorie nei confronti di un altri soggetti, sono proprio le dichiarazioni rilasciate ad essere la notizia, in relazione alla quale, a questo punto, appare prevalente l interesse pubblico a conoscerle indipendentemente dalla corrispondenza al vero del suo contenuto ed alla continenza del suo linguaggio. Del resto, pretendere - come vorrebbe l orientamento più severo - che l intervistatore controlli sempre ed in ogni caso la verità storica del contenuto dell intervista, rischia di limitare gravemente la libertà di stampa, attese le difficoltà che il giornalista potrebbe incontrare nel verificare la corrispondenza a verità di quanto dichiarato, ad esempio, da un alto personaggio, magari su argomenti riservati, così da indurlo, per prudenza, a rinunciare alla pubblicazione di quanto appreso. Parimenti pretendere che il giornalista rinunci a pubblicare un intervista rilasciata da personaggi di rilievo nella vita pubblica, solo perché contiene espressioni offensive a danno di altri soggetti, porterebbe - oltre che ad una compressione del diritto/dovere di informare l opinione pubblica su tale evento - ad attribuire al giornalista il compito di purgare il contento dell intervista, finendo così per attribuirgli un potere di censura che non gli compete e svuotando del suo reale significato la stessa notizia che verrebbe così sottoposta ad un processo di educolcorazione. A questo punto, resta aperto il problema della qualificazione da dare a colui che rilascia l intervista, al fine di accertare se effettivamente si tratta di un personaggio noto, attendibile e le cui dichiarazioni siano meritevoli di essere pubblicate. Sul punto le sezioni unite ritengono che il giornalista che si accinge a pubblicare un intervista deve previamente accertare la posizione di rilievo dell intervistato nonché l interesse della collettività ad essere informata sul pensiero di questi in ordine all argomento che forma oggetto dell intervista. In conclusione, ne consegue una soluzione che non può che effettuarsi caso per caso, al fine di verificare la sussistenza degli indici individuati dalla Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 30 maggio 2001 Galiero), ossia: posizione assunta dal giornalista: terzo osservatore dei fatti o dissimulato coautore della dichiarazione diffamatoria e, quindi, strumento consapevole di lesione di altrui diritti; effettivo grado di rilevanza pubblica dell intervistato; il contesto valutativo e descrittivo in occasione del quale sono state riportate le altrui dichiarazioni diffamatorie; la plausibilità e l occasione di tali dichiarazioni. l obiettività del dibattito e fornire al pubblico un quadro più genuino possibile, atto ad orientare il giudizio anche sul personaggio intervistato; quest ultimo, qualora le sue parole integrino una lesione alla reputazione del personaggio interessato, non può non assumerne la responsabilità, anche se poi intenda far valere la scriminante del diritto di critica (ove ne sussistano i presupposti) ben distinto da quello di cronaca invocato dal giornalista. (Cass., , Scalfari) In materia di diffamazione a mezzo della stampa, la pubblicazione anche fedele delle dichiarazioni di terzi, lesive dell altrui reputazione, costituisce veicolo tipico di diffusione delle stesse; il giornalista, pertanto, partecipa alla diffamazione con il proprio contributo causale e ne risponde secondo lo schema del concorso di persone nel reato, ove il fatto non sia giustificato dallo ius narrandi collegato al limite della verità della notizia, che egli ha il dovere di controllare, per evitare che la stampa diventi «cassa di risonanza» delle contumelie e delle malevoli critiche di terzi. (Cass., 8 aprile 1999, Canapini) Nel delitto di diffamazione a mezzo stampa, realizzato con la pubblicazione di un intervista, è configurabile l esimente putativa dell esercizio del diritto di cronaca nei confronti del giornalista tutte le volte in cui la notizie è costituita non solo, e non tanto, dal contenuto delle dichiarazioni (di pubblico interesse) rese dall intervistato, quanto dalla qualità di questi, idonea a creare particolare affidamento sulla veridicità delle sue affermazioni, sì che l eventuale omessa pubblicazione dell intervista finirebbe per risolversi in una forma di censura; ma la scriminante dell esercizio del diritto di cronaca non è invocabile quando le affermazioni dell intervistato sono palesemente false o, comunque, il giornalista non le abbia in alcun modo controllate; né a maggior ragione la scriminante è invocabile quando l intervistato esprima valutazioni critiche gratuitamente offensive, perché in questo caso l illiceità delle dichiarazioni riferite è immediatamente rilevabile dal giornalista, senza neppure l esigenza di indagini intese a verificarne la corrispondenza ai fatti. (Cass., , Ferrara) Non è colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa il direttore di un giornale che, in virtù del rapporto fiduciario ORDINE che lo lega ai propri inviati tale da escludere di mettere in discussione l esistenza di un intervista ed il contenuto di essa, omette di esercitare il controllo sulle interviste realizzate da un inviato speciale; è di tutta evidenza che, se l intervistato fa delle affermazioni che appaiono ictu oculi diffamatorie, assurde, prive di qualunque logica, il direttore non potrà non intervenire per bloccare l uscita del pezzo o per verificarne l autenticità, ma, se l apparente intervistato fa delle affermazioni credibili, anche se «dure», accusatorie verso terzi, il direttore non può che prestare fede al proprio giornalista. (Trib. Torino, , Mauro) Qualora vi sia un interesse pubblico nella conoscenza di un avvenimento in quanto attinente alla vita collettiva dell intera nazione e che merita di essere partecipato ai fini della formazione di una pubblica opinione su una vicenda di interesse generale non incorre nel reato di diffamazione il conduttore televisivo che si limiti a diffondere dichiarazioni altrui lesive della reputazione di terzi in quanto avvenimento storicamente accaduto e quindi vero. (G.i.p. Trib. Bergamo, , Craxi) Ritenuto che nel nostro ordinamento il diritto di critica, quale esercizio del democratico principio di libertà e di manifestazione del proprio pensiero, trova un limite invalicabile costituito dal rispetto di altri diritti fondamentali, parimenti sanciti dalla costituzione in quanto attinenti alla pari dignità sociale di tutti i cittadini, quale che possa essere il loro credo religioso, nonché dalla salvaguardia dei diritti inviolabili della persona, sia come singolo, sia come membro delle più diverse formazioni sociali nelle quali si forma e si sviluppa la personalità d ognuno, diritti inviolabili tra i quali vanno, senza dubbio alcuno, annoverati il diritto all onore, alla reputazione ed al decoro; e ritenuto, ancora, che il corretto e fecondo bilanciamento di tali valori, tutti di rango costituzionale, deve costituire il criterio-guida, per il giudice, nell interpretazione della norma, in quanto strumento idoneo a salvaguardare il pluralismo culturale, ideologico e religioso sul quale nella moderna democrazia si fonda il concetto di libertà, lede l onore, il decoro e la reputazione della congregazione dei testimoni di Geova e dei suoi membri la manifestazione per iscritto od in via orale (pubblicazione a stampa e pubblica intervista), nei confronti dell una e degli altri, di espressioni, giudizi e concetti gravemente offensivi e chiaramente diffamatori, anche perché diretti inequivocamente ad additare la congregazione ed i suoi membri al pubblico disprezzo, senza che possa essere invocata l esimente del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica. (App. Venezia, , Faraon) Non si può affermare che il carattere pubblico della persona intervistata autorizzi il giornalista a pubblicare tutto quanto gli è stato detto senza porsi il problema della verità di quanto riferito dall intervistato e del carattere diffamatorio delle espressioni usate; né si può riconoscere un interesse dei cittadini a conoscere il modo di esprimersi e di agire di un uomo politico talmente assoluto da sacrificare totalmente il diritto alla reputazione delle altre persone; quindi il giornalista in casi del genere deve anzitutto valutare se la notizia che gli è stata riferita sia vera o quantomeno verosimile e secondariamente porre sempre a confronto il suo diritto di cronaca con il diritto all onore di ogni cittadino, prendendo eventualmente le distanze nell articolo pubblicato con quanto dichiarato dall intervistato (nella specie, si è escluso che l autrice di un intervista contenente affermazioni diffamatorie pronunciate da un sindaco a carico di un consigliere comunale possa beneficiare della scriminante costituita dal legittimo esercizio del diritto di cronaca per il semplice fatto di avere fedelmente riportato nell articolo pubblicato le dichiarazioni offensive rese dal soggetto intervistato; si è nondimeno ritenuto che la giornalista abbia agito nella supposizione erronea della sussistenza della suddetta causa di giustificazione, pervenendo all assoluzione dell imputata per mancanza di dolo). (Trib. Venezia, , Battistella) La pubblicazione delle dichiarazioni rese da taluno ad un giornalista, allorquando sono obiettivamente lesive dell altrui reputazione, costituisce essa stessa un mezzo di diffusione dell offesa; ne consegue che il giornalista, pubblicando il contenuto dell intervista a lui rilasciata, conferisce il suo contributo causale alla diffusione dell offesa all altrui reputazione, di talché la sua condotta non può non essere sussumibile nell àmbito della previsione normativa dell art. 110 c.p. Il legittimo esercizio del diritto di cronaca presuppone l osservanza rigorosa del limite invalicabile della verità storica della notizia pubblicata, con la conseguenza che tutte le volte in cui il giornalista si limita a pubblicare il contenuto di un in- 15

16 GIURISPRUDENZA PER SAPERNE DI PIÙ BELLAGAMBA F., Sui limiti della responsabilità del giornalista in caso di intervista diffamatoria, in Cass. pen., 2001, 1470 BOVIO C., Il diritto (parziale) d intervista scrimina a metà la diffamazione - Occorre misurare l interesse pubblico della conoscenza, in Dir. e giustizia, 2001, fasc. 39, 8 GIAMMONA G., Ancora contrasti sui limiti di liceità penale dell intervista giornalistica, in Foro it., 2001, II, 179 LE PERA G., Intervista diffamatoria e responsabilità del giornalista: due decisioni opposte per due casi identici, in Cass. pen., 2001, 868 PALMIERI A. e PARDOLESI R., Intervista diffamatoria: dalla fonte al fatto (redimente)?, in Foro it., 2001, II, 632 GENNARI S., «Duro colpo» inferto al diritto di cronaca: la cassazione pretende che il giornalista e l editore censurino, quando è necessario, il contenuto di un intervista, in Resp. civ., 2000, 374 TESAURO A., Diffamazione a mezzo di intervista giornalistica e diritto di critica, in Foro it., 1998, II, 51 CASSELLA F. e MACRÌ M., Risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo stampa: l intervista giornalistica di un parlamentare a proposito di un interpellanza lesiva della reputazione di alcuni magistrati, in Resp. civ., 1995, 919 LE PERA G. e MARTINA T., Intervista giornalistica, reato di diffamazione e non punibilità del giornalista, in Cass. pen., 1995, 3117 LE PERA G., Intervista giornalistica e responsabilità del cronista per il reato di diffamazione, in Giust. pen., 1993, II, 310 DALLACASA M., Exceptio veritatis in un caso di offesa al pubblico ministero, in Foro it., 1987, II, 254 tervista che contiene gravi accuse nei confronti di altre persone senza verificare se tali accuse rispondono a verità, si pone al di fuori del diritto di cronaca. (Cass , Liguori) L esenzione da responsabilità del parlamentare per un intervista di carattere diffamatorio, conseguente alla delibera della camera di appartenenza di non concedere l autorizzazione a procedere, non esclude la responsabilità civile dell editore e dell autore dell intervista. Non costituisce esercizio del diritto di cronaca, e pertanto comporta responsabilità dell editore e del giornalista per lesione del diritto all onore e alla reputazione, la pubblicazione (accompagnata da un titolo e da una fotografia aventi autonomo effetto lesivo) di un intervista a un parlamentare che, riportandosi a una sua interrogazione parlamentare, abbia riferito notizie non vere. Non è invocabile l esercizio del diritto di cronaca per avere riportato l intervista di un parlamentare senza avere accertato la verità sostanziale del contenuto, non esistendo fonti informative privilegiate e non essendo sufficiente la pubblicazione, anche fedele, delle dichiarazioni di terzi lesive della reputazione altrui. (Cass., , n. 4871, Soc. Gepi c. Cerminara) Nella liquidazione in via equitativa del danno morale, conseguente alla lesione della reputazione, si deve tener conto delle caratteristiche dell episodio diffamatorio (in particolare, del ridimensionamento degli effetti pregiudizievoli futuri a seguito della pubblicazione di una intervista che ristabilisce la verità dei fatti), della ristrettezza dell ambito sociale in cui ha avuto diffusione il fatto, nonché della posizione sociale della persona offesa. (Trib. Roma, , Courrier c. Soc. ed. Romana) Nel delitto di diffamazione a mezzo stampa, realizzato con la pubblicazione di un intervista, è configurabile l esimente putativa dell esercizio del diritto di cronaca nei confronti del giornalista tutte le volte in cui la notizia è costituita non solo, e non tanto, dal contenuto delle dichiarazioni (di pubblico interesse) rese dall intervistato, quanto dalla qualità di questi, idonea a creare particolare affidamento sulla veridicità delle sue affermazioni, sì che l eventuale omessa pubblicazione dell intervista finirebbe per risolversi in una forma di censura, in contrasto con l interesse pubblico alla conoscenza della notizia (fattispecie nella quale un assessore aveva, con un intervista, avallato le voci di corruzione all interno dell apparato amministrativo comunale e la notizia, da lui stesso fornita, di illecita ricezione di tangenti da parte di un funzionario, identificabile, dello stesso comune). (Cass., , Bardi) In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della liquidazione del danno deve aversi riguardo alla circostanza che la diffamazione sia avvenuta in concomitanza con una eclatante e grave iniziativa giudiziaria e al fatto che la testata giornalistica abbia pubblicato contestualmente una fedele intervista al soggetto diffamato. (Trib. Roma, , Ceruleo c. Soc. ed. Il Messaggero) In caso di narrazione di fatti diffamatori - ritenuta, da sentenza passata in giudicato, non credibile, perché priva di elementi di riscontro - è legittimo un dubbio sul requisito della verità; la sentenza di assoluzione di un chiamato in correità rappresenta solo la verità processuale sul fatto-reato e non anche la verità del fatto storicamente accaduto; permanendo il dubbio sulla verità del fatto storico, il collaboratore di giustizia che, in un intervista ribadisce la sua verità lesiva dell altrui reputazione, deve essere prosciolto, in base al principio secondo cui il dubbio sulla esistenza di una causa di giustificazione impone l assoluzione dell imputato. (G.i.p. Trib. Milano, , Melluso) Perché il dolo del reato di diffamazione col mezzo della stampa sia integrato non è necessario un consenso specifico di chi ha concesso un intervista a un giornalista alla pubblicazione della notizia diffamatoria in quanto la stessa concessione dell intervista presuppone, salvo prova del contrario, il consenso alla diffusione delle notizie fornite all intervistatore nel corso dell incontro. (Cass., , Cocchi) Non costituisce diffamazione a mezzo stampa ex art. 595, 3º comma, c.p. il fatto di esprimere, sia in un intervista rilasciata ad un quotidiano sia in un articolo apparso in altra pubblicazione, giudizi offensivi sulla «congregazione cristiana dei testimoni di Geova» e sugli stessi appartenenti ad essa, configurandosi nella specie una ipotesi di legittimo esercizio del diritto di libertà religiosa e di relativa critica. (Trib. Venezia, , Faraon) La pubblicazione anche fedele delle dichiarazioni di terzi lesive dell altrui reputazione costituisce veicolo tipico di diffusione della diffamazione cui il giornalista partecipa con apporto causale determinante; la pubblicazione di una intervista contenente notizie diffamatorie, può diversamente ritenersi lecita allorché soccorrono gli estremi della verità dell informazione, sotto il duplice profilo della fedele riproduzione del pensiero dell intervistato e della verità della notizia dallo stesso riferita, dell interesse pubblico alla conoscenza e della correttezza delle espressioni usate. (Trib. Roma, , Scalfari) È insindacabile da parte dell autorità giudiziaria l intervista resa da un parlamentare che costituisca esternazione del pensiero e del giudizio politico espressi dal medesimo in una precedente interpellanza e quindi direttamente collegati o collegabili alla funzione parlamentare esercitata. (App. Roma, , Soc. Gepi c. Cerminara) Nel pubblicare una intervista non è esente da responsabilità civile il giornalista che si limita a riportare fedelmente le dichiarazioni dell intervistato quando questi riferisce notizie di interesse pubblico; il giornalista non può prescindere, come di fronte ad ogni altra notizia che apprende e che si appresta a pubblicare, dal controllare: a) l attendibilità della persona intervistata; b) il contenuto delle dichiarazioni rese onde verificarne la corrispondenza al vero. (App. Milano, , Soc. ed. A. Mondadori c. Sindona) Non sono punibili, per aver esercitato il diritto di cronaca, i giornalisti che, pur pubblicando notizie lesive della reputazione di un esponente politico, espongono la notizia in forma misurata e contenuta dopo ricerche e verifiche, e soprattutto consentendo allo stesso esponente politico di esporre in stretta successione cronologica, in una intervista, le proprie opinioni volendo così riparare e rimediare il guasto lamentato ed offrendo la possibilità di replicare direttamente. (Trib. Padova, , Oliva) In tema di diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di dichiarazioni o di scritti di terzi lesivi della reputazione altrui, costituisce veicolo tipico di diffusione della diffamazione, alla quale il giornalista partecipa con apporto causale predominante, rispondendone a titolo di concorso, a nulla rilevando agli effetti dell elemento internazionale i motivi della pubblicazione o il personale dissenso dalle opinioni riferite, non essendo richiesto l animus nocendi. In tema di diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di dichiarazioni o di scritti di terzi lesivi della reputazione altrui, costituisce veicolo tipico di diffusione della diffamazione, alla quale il giornalista partecipa con apporto causale predominante, rispondendone a titolo di concorso del reato, nulla rilevando agli effetti dell elemento intenzionale i motivi della pubblicazione o il personale dissenso dalle opinioni riferite, non essendo richiesto l animus nocendi. (Cass., , Simeoni) Risponde a titolo di concorso nel reato di diffamazione a mezzo stampa il giornalista che abbia causato la pubblicazione di una intervista, contenente dichiarazioni ritenute offensive dell altrui reputazione, poiché mediante il suo intervento si è resa di pubblico dominio la denigrazione della personalità morale dell offeso. (Cass., , Bonanota) Il diritto di critica, come qualificata forma di manifestazione della libertà di pensiero, deve ritenersi legittimamente esercitato anche quando si motivino le proprie opinioni ricorrendo a parole aspre e pungenti, di per sé insultanti, purché queste ultime siano razionalmente correlate ai fatti riportati ed ai giudizi espressi, essendo altresì congruenti al livello della contrapposizione polemica raggiunta (nella specie, è stato ritenuto legittimo l uso di espressioni ingiuriose rivolte, nel corso di una intervista, al giornalista Enzo Biagi, promotore di un «referendum» televisivo sulla pena di morte). (Trib. Roma, , Ferrarotti) L intervista può essere tutelata dalla legge sul diritto d autore se possiede un minimo di carattere creativo; la creatività dell intervista deve essere individuata nella elaborazione dei testi della stessa, nella «conduzione» finalizzata alla delineatura della personalità dell intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed «interessanti» di essa e non nel mero fatto narrativo registrato. (Trib. Milano, , Andreoli c. Servadio Mostyn Owen) La pubblicazione anche fedele delle dichiarazioni di terzi, che siano lesive della reputazione altrui, costituisce veicolo tipico di diffusione della diffamazione; a questa il giornalista partecipa con apporto causale predominante e ne risponde, entro lo schema del concorso di persone nel reato, qualora il fatto non sia giustificato dall esercizio dello jus narrandi, collegato al limite della verità della notizia, che egli ha il dovere giuridico di controllare, per evitare che la stampa, deviando dalla sua retta funzione informatrice, si trasformi in «cassa di risonanza» delle offese della reputazione; né ha rilievo che il giornalista non sia d accordo con le opinioni manifestate dall intervistato, essendo all uopo sufficiente la volontaria diffusione della dichiarazione diffamatoria. (Cass., , Scalfari) Nel caso di intervista giornalistica rilasciata da parlamentare presentatore di interpellanza, il giornalista intervistatore deve limitare il suo apporto al resoconto del contenuto dell atto parlamentare, cosicché, se trattisi di contenuto diffamatorio, egli non può essere esonerato da responsabilità se, anziché riferirlo per l appunto come contenuto dell atto parlamentare di cui dà notizia, lo faccia proprio affermando in prima persona, senza richiamo dell atto parlamentare, quanto questo prospettava, salvo sempre il diritto di valutazione critica e commento; viceversa l intervistato, proprio perché autore dell atto parlamentare (presentatore di interpellanza), può in quanto tale riferire in prima persona il contenuto dell atto, nulla ciò aggiungendo a quanto già reso noto e pubblico per l appunto come da lui proveniente, sempreché in effetti nulla di sostanzialmente nuovo venga ad esso aggiunto. (Trib. Milano, , Marrone c. Mazza) Sabrina Peron Stefano Surace Condanne regolari dice il tribunale di Milano Milano, 4 ottobre. Sono contenute in 16 cartelle le motivazioni dell ordinanza con la quale il tribunale milanese presieduto dal dottor Fabrizio Poppi, ha respinto lunedì scorso i ricorsi presentati dal giornalista Stefano Surace per ottenere l annullamento delle sentenze emesse nei suoi confronti mentre si trovava in Francia. Surace in segno di protesta è fuggito ieri a Parigi, evadendo dagli arresti domiciliari che gli erano stati concessi in agosto dopo otto mesi di carcere per cumulo delle pene inflittegli negli anni 70 a Napoli, Firenze, Monza e Milano per diffamazione, calunnia, tentata estorsione e lenocinio: tutti reati commessi a mezzo stampa. Secondo le motivazioni dei giudici milanesi non sarebbero ravvisabili irregolarità nei percorsi attraverso i quali si è arrivati alle varie condanne e non ci sarebbe motivo per dichiarare nulle le sentenze. I difensori contestavano anche la legittimità della carcerazione disposta in esecuzione del cumulo di pena. Nella motivazione del rigetto delle questioni al riguardo si dice tra l altro che l oggetto di questo procedimento non riguardava l esecuzione delle sentenze relative a reati depenalizzati o amnistiati, ma l espiazione delle condanne richiamate nell ordine di carcerazione. La procedura applicata - è scritto ancora nelle 16 cartelle - risulta del tutto corretta e il Surace è stato messo in grado di chiedere le misure alternative previste per l esecuzione di pene detentive minori. In pratica il giornalista napoletano avrebbe potuto chiedere, visto che il suo cumulo di pena è sotto i tre anni, l ammissione ai servizi sociali e in questo caso avrebbe avuto la possibilità di uscire di casa. Insomma gli sarebbe forse bastato ottenere un contratto di collaborazione con un giornale per aver il motivo per affrancarsi dal rigore degli arresti domiciliari. Il ricorso a queste procedure sarebbe stato ancora aperto senza la fuga in Francia, che gli varrà una nuova denuncia per evasione. (ANSA) 16 ORDINE

17 G I U R I S P R U D E N Z A Sentenze sul diritto del lavoro dal sito Accordi integrativi Rai-Usigrai estesi anche ai cineoperatori Il contratto nazionale di lavoro giornalistico si applica sia ai giornalisti che si esprimono attraverso lo scritto e il parlato, sia a coloro che si esprimono attraverso immagini. Poiché gli accordi integrativi aziendali conclusi tra la RAI Radiotelevisione Italiana e l Usigrai hanno la stessa sfera soggettiva del contratto nazionale, essi si applicano anche ai giornalisti tele-cine operatori. Tuttavia, nel caso di avvenuto riconoscimento del diritto al trattamento giornalistico di operatori di ripresa addetti alle testate televisive, Le indennità previste dagli accordi integrativi RAI-Usigrai spettano anche ai giornalisti cineoperatori quando sussistono i presupposti per il riconoscimento perché possano ritenersi loro spettanti i vari istituti contrattualmente previsti per i giornalisti, va eseguita una compiuta analisi dei presupposti richiesti dalle norme collettive per il riconoscimento in concreto di ciascuno di essi, particolarmente quando si tratta di indennità presumibilmente connesse a caratteristiche, modalità e tempi delle prestazioni concretamente svolte. (Cassazione Sezione Lavoro n del 25 settembre 2002, Pres. Trezza, Rel. Dell Anno) La rinunzia ai propri diritti fatta dal lavoratore in corso di causa può essere invalidata con impugnazione nel termine di sei mesi purché non sia stata sottoscritta una conciliazione quale ha posto termine ad ogni rapporto con la società Edilsalento, essendo espressamente prevista la loro assunzione da parte del nuovo editore. Con atto del 24 giugno 1998 la Edilsalento ha ceduto la testata alla società Alfa Editoriale, della quale il gruppo Caltagirone, editore del Messaggero di Roma, ha acquisito il controllo. L Alfa Editoriale ha assunto l ex direttore del Quotidiano e gli altri giornalisti che avevano sottoscritto il verbale di conciliazione, riprendendo, pochi giorni dopo, le pubblicazioni del giornale. Roberto G. ed altri redattori che non hanno firmato la conciliazione e non sono stati assunti dal nuovo editore, hanno promosso davanti al Pretore di Lecce un giudizio diretto ad ottenere l accertamento che fra la Edilsalento e l Alfa Editoriale si era verificato un vero e proprio trasferimento di azienda, con conseguente loro diritto alla prosecuzione del rapporto con il nuovo editore. Le aziende si sono difese sostenendo di avere pattuito soltanto una cessione di testata, come risultava dal contratto da loro sottoscritto. Il giudizio di merito è stato preceduto da una fase cautelare, nella quale il Pretore ha rigettato la richiesta, avanzata dai giornalisti, di provvedimento d urgenza, mentre il Tribunale di Lecce ha accolto il reclamo dei lavoratori, ordinando all Alfa Editoriale, nel dicembre del 1998, di adibirli all attività lavorativa e di corrispondere loro la retribuzione. Per circa quattro anni l Alfa Editoriale si è limitata a corrispondere ai giornalisti la retribuzione, senza riconoscere peraltro la loro anzianità pregressa, ma non li ha fatti lavorare. Nel giudizio di merito i giornalisti hanno sostenuto, producendo documenti, che l Alfa Editoriale era subentrata alla Edilsalento nella gestione dell impresa, utilizzando la stessa tipografia e lo stesso sistema elettronico editoriale, gli stessi archivi, lo stesso personale e gli stessi collaboratori esterni, subentrando nei contratti di abbonamento con i lettori e nei rapporti con la concessionaria di pubblicità e con gli inserzionisti, mantenendo inalterata la formula graficoeditoriale del giornale. Essi hanno fatto riferimento alla giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui l art cod. civ. deve trovare applicazione ogni qualvolta, indipendentemente dagli strumenti contrattuali usati, un imprenditore subentri ad un altro nella titolarità dell impresa. Il processo è stato interrotto perché la società Edilsalento è fallita; i lavoratori hanno riassunto il giudizio nei confronti dell Alfa Editoriale. Dopo la riassunzione il Tribunale, con sentenza del 20 settembre 2002 (Giudice Francesco Buffa) ha accolto la domanda. Nel dispositivo il Giudice ha accertato che i rapporti di lavoro dei ricorrenti sono proseguiti con Alfa Editoriale dal giorno della cessione della testata Quotidiano e ha ordinato l immediata riammissione dei giornalisti nel posto di lavoro con la qualifica, le mansioni e la sede di lavoro già assegnate; ha inoltre condannato la stessa società al pagamento, in favore dei ricorrenti, della retribuzione globale di fatto in godimento prima della sospensione del rapporto di lavoro con Edilsalento oltre gli scatti di anzianità maturati dopo tale momento con le differenze maturate. (Sezione Lavoro n del 17 settembre 2002, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli)Vincenzo C., dipendente del Banco di Napoli, con qualifica di capo ufficio, ha promosso nell ottobre del 1992 un giudizio nei confronti del datore di lavoro, davanti al Pretore di Napoli, per ottenere il riconoscimento del diritto all inquadramento nel livello retributivo di quadro, in considerazione delle mansioni svolte. In corso di causa, nel luglio del 1997, egli ha aderito ad una proposta di esodo anticipato e contestualmente ha inviato al Banco un atto di rinuncia al diritto fatto valere e all azione. Successivamente, con atto del 13 ottobre 1997, egli ha impugnato la rinuncia, continuando il giudizio. Il Banco ha eccepito la validità dell avvenuta rinuncia, mentre il dipendente ha invocato l art cod. civ., secondo cui le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi possono essere invalidate dal lavoratore con atto scritto, che deve essere comunicato all azienda entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto, o dalla data della rinuncia o della transazione, se queste sono avvenute in un momento successivo. Si applica l art cod. civ., anche se non vi sia stato un formale trasferimento d azienda (Tribunale di Lecce, Sezione Lavoro, sentenza del 20 settembre 2002, Giudice Francesco Buffa). Il 15 giugno 1998 la società Edilsalento ha sospeso le pubblicazioni del giornale Il Quotidiano di Lecce (Brindisi, Taranto), comunicando ai lettori il trasferimento della testata a un nuovo imprenditore che avrebbe portato a termine un progetto di espansione già in fase di attuazione e garantendo l assunzione da parte del nuovo editore del massimo numero possibile dei giornalisti addetti alla realizzazione del quotidiano. Il 23 giugno 1998 gran parte dei giornalisti dipendenti ha sottoscritto, presso l Ufficio del Lavoro, un verbale di conciliazione con il ORDINE Il Pretore ha dato ragione al Banco, rigettando la domanda. Questa decisione è stata confermata, in grado di appello, dal Tribunale di Napoli, il quale ha ritenuto che l impugnazione in base all art cod. civ. non sia esperibile nel caso in cui il lavoratore abbia azionato il suo diritto in giudizio. Vincenzo C. ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza di secondo grado per violazione dell art cod. civ. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n del 17 settembre 2002, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli) ha accolto il ricorso. La tesi che art cod. civ. non si applichi ai lavoratori che abbiano già intrapreso l azione giudiziale ha affermato la Corte è infondata, in quanto la posizione di soggezione del prestatore di lavoro non viene meno per il fatto che abbia azionato un diritto e non esclude, malgrado egli sia assistito da un legale, che subisca pressioni che lo inducano ad una transazione o ad una rinuncia a lui sfavorevole; a conferma di ciò sta il 4 comma dell art cod. civ., che esclude l impugnabilità della rinuncia o transazione solo se abbia il carattere della conciliazione giudiziale o sindacale. Il rapporto di lavoro dei giornalisti continua con il cessionario della testata che subentri nella gestione dell impresa editoriale Il principio secondo cui il pregiudizio causato al lavoratore da un demansionamento costituisce un danno in sé, il cui risarcimento va liquidato equitativamente, senza necessità di specifica prova, non trova applicazione nel caso in cui il lavoratore illegittimamente licenziato chieda, in base all art. 18 St. Lav., oltre al risarcimento per perdita della retribuzione, quello del danno professionale per non essere stato adibito all attività lavorativa. Infatti la dequalificazione intervenuta nel corso del rapporto di lavoro presenta una propria specificità e marcati caratteri differenziali rispetto a quella che può essere prodotta (Cassazione Sezione Lavoro n del 5 settembre 2002, Pres. Ciciretti, Rel. D Angelo). Vincenzo G., dipendente delle Ferrovie dello Stato S.p.A. addetto al compartimento di Torino, ha partecipato, per disposizione dell azienda, ad un corso di addestramento professionale, presso il compartimento di Napoli, durato alcune settimane. Egli ha chiesto il pagamento dell indennità di trasferta per l intera durata del corso. L azienda ha escluso il suo diritto a percepirla per le giornate di sabato e domenica incluse nel periodo. Il lavoratore ha chiesto al Pretore di Roma di condannare l azienda a pagargli l indennità di trasferta anche per tali giornate. Il Pretore ha accolto la domanda e la sua decisione è stata confermata in grado di appello dal Tribunale di Roma. La società ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che il Tribunale di Roma era incorso in errore nel riconoscere l indennità di trasferta anche per le giornate di sabato e domenica, cadenti nel periodo della trasferta, in quanto in tali Il danno alla professionalità subito da un lavoratore licenziato è diverso da quello che deriva dal demansionamento durante il rapporto di lavoro Dalla diversità derivano conseguenze in materia di onere della prova dalla mancata occupazione dopo il licenziamento. E invero la dequalificazione subita durante il rapporto provoca specifici danni anche all immagine del lavoratore presso i propri colleghi e nell ambiente di lavoro, con ricadute pregiudizievoli diverse e con un incidenza più accentuata di quanto possa prospettarsi nel caso di mancata adibizione al lavoro dopo un illegittimo licenziamento. In quest ultimo caso pertanto il lavoratore licenziato, per ottenere il risarcimento del danno alla professionalità, dovrà darne la prova (Cassazione Sezione Lavoro n del 13 luglio 2002, Pres. Sciarelli, Rel. Vidiri). Il trattamento di trasferta spetta anche per le giornate di sabato e domenica incluse nel periodo della missione. È irrilevante la mancata prestazione di attività lavorativa giorni non viene prestata attività lavorativa. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n del 5 settembre 2002, Pres.Ciciretti, Rel.D Angelo) ha rigettato il ricorso, osservando che il Tribunale ha correttamente applicato il principio secondo cui il periodo per il quale è dovuta l indennità coincide con quello della trasferta; a nulla rileva che il lavoratore abbia la possibilità il sabato e la domenica di tornare alla propria abitazione, perché ciò che è rilevante è invece il fatto che, finito il motivo della trasferta, torni a prestare la propria attività lavorativa nel compartimento di appartenenza. Neanche, in questo contesto, può pretendersi ha affermato la Corte che il lavoratore provi di essersi trattenuto durante i fine settimana nel luogo della missione, perché costrettovi dalle esigenze di servizio. Ugualmente irrilevante ha osservato la Corte è l altra osservazione che la decisione del Tribunale è contraria al principio del sinallagma contrattuale, perché la indennità di trasferta è del tutto estranea a tale sinallagma. 17 (21)

18 M E M O R I A Il padre di Giustizia e Libertà ricordato a Milano nel ventennale della morte Conoscere, capire, far capire: i tre principi che hanno animato la sua azione Umanitaria Riccardo Bauer, il coraggio di Fabrizio de Marinis Trasudano storia e pensiero le pietre dell Umanitaria in via Daverio a Milano. Sangue, fatica e aspirazioni di cinque generazioni di diseredati milanesi ed emigranti, che l illuminismo massonico lombardo di fine Ottocento, padre delle Cinque Giornate, volle per sempre emancipare. Un monumento alla sofferenza di chi non ha mai avuto che la speranza di una sorte meno avversa, posto lì tra resti di Rinascimento e macerie della guerra. Un luogo esoterico e profetico che anche il fascismo in certo qual modo rispettò e temette non chiudendolo mai, perché emblema di quell umanesimo solidale, di quel socialismo solidaristico di cui in certo qual modo nel suo nascere era intriso. La fondò agli inizi del Novecento un ricco possidente massone ed ebreo, Prospero Moisè Loira per aiutare i diseredati a rilevarsi da se medesimi e ad essa lasciò fondi e mattoni nel centro di Milano. E non poteva che attrincerarsi qui Riccardo Bauer, padre di Giustizia e Libertà, tra i capi della Resistenza, dopo gli anni del carcere e del confino, nel dopoguerra, rifondando nell azione quotidiana questa grande istituzione milanese e rifiutando per essa anche importanti incarichi ministeriali a Roma. Qui lo hanno ricordato nel ventesimo della morte, il 16 ottobre scorso, non solo i suoi amici ideali. Ettore Albertoni, Arturo Colombo, Francesco Forte, Giorgio Galli, Gilberto Marselli, Carlo Tognoli, Salvatore Veca, Enzo Vicari, hanno presentato Il Coraggio di Cambiare. L esempio di Riccardo Bauer, a cura di Arturo Colombo, con testi di Adolfo Beria di Argentine, Norberto Bobbio, Giovanni Spadolini, Renato Treves, Vittorio Foa, Morris L. Ghezzi, Massimo della Campa, Paolo V. Gastaldi, Lucio Ceva, Franco Mereghetti, Claudio A. Colombo e Valeria Sgambati. Riccardo Bauer. In alto una veduta del complesso dell Umanitaria, a Milano. Comprende parte dei chiostri di un antico convento e il moderno complesso scolastico. Fedele sostenitore della Religione della Libertà, ha scritto nel suo telegramma Carlo Azeglio Ciampi, inviato per l occasione all Umanitaria e alla Fondazione Riccardo Bauer, seppe interpretare le esigenze nuove della Repubblica, svolgendo la sua opera di educatore nel solco antico e ricco della tradizione della Società Umanitaria di cui a lungo resse le sorti. Figlio della Milano che Gadda definì Magistra Severa e Madre Benefica, egli svolse la sua attività generosa in difesa dei diritti umani e della solidarietà internazionale, divenendo riferimento costante di quanti lavorano per l affermazione del progresso civile e morale dei popoli. Con questi sentimenti mi unisco idealmente a tutti gli intervenuti, nel rinnovarne la memoria e l esempio. Grandissima figura morale lo definì Leo Valiani sul Corriere della Sera del 16 ottobre del 1982, anno della sua morte in casta povertà. Gli stava a cuore non il successo, scrisse, ma il compimento del dovere. Era un italiano del più puro Risorgimento, nella tradizione di Mazzini, per l audacia dell iniziativa e per l etica del sacrificio, così come nella tradizione di Cattaneo per il rigore degli studi e per l esigenza della concretezza operativa. Una strana sorte, ha ricordato Giorgio Galli, tutta ancora da studiare, di un uomo indomito antifascista scacciato dall Umanitaria, poi commissariata dal ministro Restivo e affidata al prefetto Enzo Vicari, dalla contestazione del 1968 che lo accusava di essere un fascista, un reazionario conservatore, indegno della sua carica. Lui, ricorda Galli, che dopo la caduta di Mussolini, uscito dal carcere, fu a Roma uno dei capi della Resistenza e con Pertini e Giorgio Amendola fece parte del comando militare del Comitato Centrale di Liberazione Nazionale. Qualcosa bloccò il dialogo. In molti di quei giovani, quella generazione che era uscita dall esperienza di Giustizia e Libertà, rivedeva in certo qual modo il pericolo dei movimenti del 1919, una forza incontrollata della politica pulsionale in grado di poter ledere le istituzioni democratiche. Fu un dialogo troncato lì non solo da Bauer e che portò conseguenze devastanti. Eppure, nella Lettera aperta a un giovane contestatore, da L osservatorio politico letterario dell aprile del 1977, Riccardo Bauer scriveva: Che i giovani ritengano urgente e necessario mutare questo porco mondo ed abbiano in ciò pienamente ragione non può essere negato. Il problema è posto da coloro che di questa sudicia realtà sono i profittatori disonesti, che trovano modo di fare i propri luridi affari sulla pelle altrui. Giusto dunque demolire ma per ricostruire: il che implica che nulla deve essere condannato alla demolizione senza prima sapere che cosa dovrà e potrà sorgere sulle sue macerie. È facile allora vedere quanto vi sia di vanamente romantico nell escogitare radicali sovvertimenti al di fuori di un sistematico lavoro di ricerca e magari di smantellamento, ma parallelamente affiancato ad un concreto e calcolato realistico ricostruire, il quale prepari menti e volontà senza lasciare nel cantiere sociale dei vuoti che sarebbero tosto riempiti con inconcludenti conati, da mura ed archi di cartapesta. Influì sulla politica, attraverso l azione, continua Galli, con la perseveranza del non mollare. Un esempio vivente di coerenza e stoicità dedicata al fare, all operare per gli altri, nel sollevare la classe diseredata dalle secolari dipendenze. Bauer il fascista, lui che collaborò con Pertini, Parri, Rosselli, Olivetti, Oxilia e Spirito, alla fuga in Francia del vecchio capo del socialismo democratico, Filippo Turati, che fondò con lo stesso Parri e diresse, in un oscuro ufficio di redazione del Corriere della Sera di Luigi Albertini, il Caffè che fu simbolo dell illuminismo riformatore ambrosiano settecentesco del Verri e del Beccaria e poi di Cattaneo e che egli volle così riprendere come emblema della critica liberal-democratica al Assitenza tramite lo studio, l istruzione e il lavoro e non pura beneficenza verso i diseredati, in modo che attraverso il fare ed il sapere questi si potessero riscattare nei confronti della società. Così volle intendere il suo lascito Prospero Moisè Loira e così è stato da oltre cento anni. Da allora l Umanitaria è diventata una fucina d iniziative e di battaglie sociali. Case popolari, scuole d arti e mestiere, case d accoglienza per gli emigranti, corsi diurni e serali per immigrati, corsi per fabbri, lattonieri, ebanisti, tornitori, falegnami, meccanici. Sempre rivolgendo le sue attenzione ai più deboli, i bambini, gli anziani, i disoccupati, i senzapatria. Oggi l Umanitaria prosegue con onore quel cammino intrapreso nel 1893 continuando la sua opera per l elevazione intellettuale e morale dei cittadini e facendo uso di ogni attività sociale e culturale. L azione diventa cultura del sociale puntando su attività che Oggi l Umanitaria prosegue con onore quel cammino intrapreso nel 1893 Una fucina di battaglie sociali riguardano l uomo e la famiglia con il fine di un servizio rivolto alla collettività. La progettualità dell Umanitaria segue diverse direttrici. La Fondazione Humaniter rivolta all insegnamento, tre Centri di Servizi Culturali a Cagliari, Alghero e Carbonia-Iglesias, l Istituto di Studi e Iniziative Sociali di Napoli e la Fondazione Agraria Felice Ferri. La Fondazione Humaniter, diretta emanazione dell Umanitaria, è un centro operativo di volontariato, aperto a quanti vogliano svolgere ogni tipo d attività educativa, ricreativa e di approfondimento nella socialità, nella cultura e nel tempo libero. È il cuore pulsante dell Umanitaria con oltre duecento diversi corsi che spaziano dalla storia, alla letteratura, alla poesia, alle scienze, alle arti, alla danza, ai giochi di società. Vi s iscrivono mediamente oltre 1500 persone l anno in ogni singola sede. L Humaniter segue due principi fondamentali, non ha finalità di lucro e si serve di docenti che svolgono la loro attività gratuitamente. Nata nel 1994 come Centro di Socialità, Cultura e Tempo libero, recuperando le finalità di Riccardo Bauer che negli anni Cinquanta parlava di un indispensabile educazione degli adulti, oggi è un motore inarrestabile di volontariato attivo e di progetto che mescola e fonde esperienze, culture e appartenenze. I Centri di Servizi Culturali in Sardegna si sono invece radicati sul territorio e svolgono attività nei settori della didattica, anche con supporti audiovisivi, della formazione professionale e dell intervento sociale nell isola, collaborando con la scuola e con i circoli culturali di base per l organizzazione d attività sociali e educative. Non meno importante di quella di Milano è la sede di Napoli dell Umanitaria, l Istituto di Studi e Iniziative Sociali, creato per operare in più ambiti: ricerca, documentazione, progettazione e attuazione d interventi sociali sul territorio. L istituto si sta facendo promotore di molte iniziative nell ambito dei nuovi bisogni e delle nuove povertà, ponendosi come punto di riferimento anche per le istituzioni. Ultima ma non meno importante è la Fondazione Agraria Felice Ferri, un consigliere che ha lasciato il suo patrimonio agrario di oltre 330 ettari nel cremonese all Umanitaria, suddivisi tra otto comuni e organizzati in otto cascine dedicate alla coltivazione e all allevamento. La Fondazione si è data il compito si sviluppare la cultura agraria, il recupero del territorio e promuove la valorizzazione delle tradizioni contadine. Collabora con le facoltà d Agraria e di Veterinaria dell Univeristà di Milano. Con l Accademia Italiana della Cucina sta definendo un intenso programma per la salvaguardia, il recupero, la promozione e la valorizzazione dei prodotti tipici locali. (fdm) 18 (22) ORDINE

19 Una raccolta delle corrispondenze di cambiare regime che involuto si faceva sempre più totalitario. Il suo scontro con il movimento del 1968, che lo costrinse alle dimissioni e lo umiliò fino a ferirlo nell anima, riflette Salvatore Veca, non può che essere letto come il terrore di rivivere i moti diciannovisti che precorsero il fascismo. Una paura cieca che la Storia stesse riportando indietro le lancette dell orologio, con altri linguaggi e simboli ma con lo stesso nascosto totalitarismo. Ecco, Bauer fu un uomo dalla schiena diritta con la scelta della coerenza come etica dei principi, del qui sto e non posso altrimenti, era passato non senza lesioni morali attraverso il carcere fascista, ma spaventato dai totalitarismi latenti che egli credette di leggere nei moti del 1968, non seppe capire e si chiuse ad ogni dialogo. Che sia stato fino all ultimo un uomo dalla schiena diritta scevro ai compromessi, racconta Massimo della Campa, attuale presidente dell Umanitaria, non lo racconta soltanto la sua avventura politica e il suo coraggio nelle idee. Ma, soprattutto, quanto Bauer ha saputo fare durante l arco di quasi un quarto di secolo, tra il 1945 e il 1969, quando, tornato nella Milano della post-liberazione, ha voluto mettersi alla testa della Società Umanitaria (dove era stato nei primissimi anni Venti attivo nel Museo Sociale), non solo per farla rapidamente rinascere, dopo le devastazioni belliche, ma per rilanciarla come esemplare modello di assistenza e di educazione popolare, sapendo intelligentemente interpretare quello che era stato il lontano lascito del suo fondatore, Prospero Moisè Loira. Senza dubbio Bauer insieme ad Augusto Osimo, leggendario direttore dei primi del Novecento, è destinato a rimanere tra i tre nomi, includendo il fondatore, di maggior spicco e prestigio nella storia dell Umanitaria. Conoscere, capire e fare capire sono stati per Bauer i tre principi fondamentali intorno ai quali è ruotata la sua azione all Umanitaria, spiega Arturo Colombo curatore del libro L ultima opera in preparazione della Fondazione Bauer, ospitata all Umanitaria, è un articolata raccolta delle corrispondenze che il pensatore e l uomo politico ebbe con gli intellettuali italiani e stranieri. Servirà a compredere il Bauer intimo, spiega il segretario Franco Mereghetti che sta selezionando il materiale e ha già pubblicato nel libro Il coraggio di cambiare. L esempio di Bauer, sette lettere da Ventotene ai suoi familiari. La Fondazione promuove pubblicazioni, mostre, conferenze, dibattiti, corsi, documentari su Bauer e tutti gli amici che gli furono vicini a cominciare da Ferruccio Parri. Quello di Bauer è un universo complesso che attraversa intensamente quasi tutto il secolo e da continui spunti alla ricerca sulla sua attività, sulle sue visioni, sulle concezioni che lo resero protagonista di quel filone politico che deriva intimamente da Piero Gobetti e passando per Bobbio, Alessandro Galante Garrone, arriva fino a Ugo La Malfa. Bauer come molti del partito d azione fu sostenitore e fautore della terza via in contrapposizione alla visione comunista e democristiana della società italiana. Una visione che prende origine dal liberalismo operaio e da Giustizia e Libertà. La Fondazione possiede una raccolta documentale molto ricca dell attività del capo partigiano, del pensatore, del giornalista e fondatore di giornali come Il Caffè. Il 14 dicembre del 1987, la Sovrintendenza Archivistica della Lombardia dichiarò l archivio di Bauer, conservato all Umanitaria, di notevole interesse storico e ne vietò qualsiasi forma di alienazione o di smembramento. In esso oltre a tutte le corrispondenze si conservano le copie dei giornali, dei documenti politici di Giustizia e Libertà, della vita politica e clandestina, le note e gli appunti legati alla vita pubblica e a quella di scrittore. Oltre alle lettere ai familiari e alla governante Ina dei Cas che svolse un ruolo fondamentale nella vita di Bauer sono conservati anche disegni e fotografie. (fdm) e docente all Università di Pavia, che egli seppe applicare all istruzione professionale, all educazione degli adulti, al sostegno all emigrazione. Ma il vissuto di Bauer non fu solo questo. Altri campi lo videro protagonista e non solo in sede teorica. L esempio più significativo riguarda il contributo da lui dato, nella sua qualità di autorevole esponente di organismi, come la Lega italiana per i Diritti dell Uomo, o la Società per la Pace e la Giustizia internazionale, o il Comitato italiano per l Universalità dell Unesco, nel denunciare sistematicamente come e quando ogni ricorso alla violenza e alla guerra abbia rappresentato, e tuttora costituisca, una gravissima battuta di arresto rispetto a quella costruzione di un modello di democrazia, nel quale Bauer non ha mancato di identificare la lunga marcia verso un futuro di sviluppo, di progresso, di coesistenza pacifica fra gruppi, popoli e paesi diversi. E non a caso Bauer scelse l Umanitaria come posto di combattimento rinunciando a prestigiosi incarichi di primo piano che gli vennero più volte offerti anche nel governo e nel Parlamento. Egli riteneva l azione una parte fondante della sua vita e quale miglior luogo dell Umanitaria, chiusa quale covo di sovversivi, come lui stesso ricordava, da Bava Beccaris, il 7 maggio del 1898, pochi anni dopo la sua fondazione, durante il suo nefasto incarico di commissario straordinario per lo stato d assedio dichiarato a Milano. Beccaris dopo aver cannoneggiato gli operai milanesi ordinò pesino la perquisizione dell Umanitaria e poi il suo scioglimento considerato che, si legge nella motivazione ufficiale in un vecchio documento ritrovato da Bauer stesso, nelle ultime elezioni è venuta nelle mani di persone notoriamente affiliate a partiti estremi con serio pericolo che ne volgano i mezzi a fine settario per la propaganda di idee sovversive e la preparazione della rivolta contro gli organi costituiti. La Società Umanitaria riprese a funzionare pienamente solo nel 1902 e da quell anno divenne come si direbbe oggi l istituto di ricerca del riformismo socialista italiano e fu, come si disse allora, l istituto che doveva fornire al movimento dei lavoratori quella luce scientifica che esso era impotente a procurarsi da sé. L elenco delle ricerche compiute a partire da quell anno, ricorda Renato Treves, e realizzate con metodologie rigorose e raffinate per quel tempo, può dare un idea dell importante contributo che l Umanitaria ha dato all inizio del secolo scorso agli studi sociologici e sociologico-giuridici. Ricordo alcuni titoli di ricerche quasi tutte compiute allo scopo di ottenere riforme legislative soprattutto nel campo del nascente diritto del lavoro: La questione delle case operaie in Milano (1903), La disoccupazione nel basso emiliano (1904), I lavoratori delle risaie (1904), Scioperi, serrate e vertenze tra capitale e lavoro in Milano (1904), L industria dei mobili in Brianza (1906), Il lavoro notturno dei panettieri in Milano (1908), Il Lavoro a domicilio in Milano (1911), L Avvocatura dei poveri (1911). Dopo la contestazione del 1968 e l abbandono dell Umanitaria Bauer passò ad altri ruoli, forse più alti anche se meno appariscenti. Non più quelli del cospiratore e capo politico, né quello del direttore e dell organizzatore delle ricerche sociali e dell assistenza sociale, ma quello dell educatore e del moralista politico. Basti pensare alle due associazioni da lui presiedute fino alla morte, la Società per la Pace e la Giustizia Internazionale, fondata da Ernesto Teodoro Moneta (garibaldino e premio Nobel per la Pace) e la sezione italiana della Lega Internazionale dei Diritti dell Uomo presso le Nazioni Unite. Con questi incarichi pubblicò numerosi scritti e opuscoli pubblicati nell ambito di queste due associazioni: sull arbitrato internazionale e sul disarmo, sulla Dichiarazione universale dei diritti dell Uomo, sui diritti del fanciullo, sui patti lateranensi, sull aborto, sulla droga, sulla violenza, sui manicomi, sul regime carcerario, sulle schiavitù passate e presenti, combattendo fino all ultimo in prima fila, ma con etica sommersa e riservato eroismo, nel ruolo fuori dalla mischia che aveva coerentemente scelto dichiarando, nel 1958, in Kermesse Italica la sua visione che mai abbandonò: Il nostro è il paese delle verità consacrate, degli interessi costituiti, delle fame indiscutibili, delle autorità che hanno sempre ragione. Accettarli o tacere. Questo è il dilemma che ci fu posto drasticamente dal fascismo.tanto più bisogna rompere questa crosta di ipocrisia, tanto più bisogna abituarsi a dire pane al pane, a buttar fuori senza ritegno ciò che ci bolle dentro, e vadano a farsi benedire i tartufi fautori della prudenza diplomatica, dei bilanciati giudizi, delle caute affermazioni, delle sviscerate ed educate critiche, di giù il cappello. Non sarà certo il migliore dei modi per farsi degli amici e per raccogliere consensi: ma è l unico modo per agitare le acque stagnanti del conformismo nelle quali il paese rischia di affogare miseramente. I diritti e i doveri di un uomo libero È un lavoro meticoloso e di fine ricamo della personalità di un impareggiabile maestro di virtù per dirla con Leo Valiani, quello svolto da Arturo Colombo che ha curato il libro Il coraggio di cambiare. L Esempio di Riccardo Bauer edito da Franco Angeli. L opera raccoglie più saggi che illustrano il valore e l impegno di uno dei capi più in vista e meno protagonisti, prima della resistenza e poi del partito d azione. Ne traccia un ritratto indimenticabile Giovanni Spadolini in un suo vecchio articolo intitolato Il neo-illuminista apostolo del vive Caffè, il giornale fondato da Bauer riprendendo lo spirito illuminista e critico del Verri e del Beccaria nella Milano del Settecento. Arturo Colombo traccia un quadro del Bauer combattente nel capitolo La lotta politica con Nello Rosselli, dove emerge l estrema fermezza con la quale egli affrontò il Tribunale Speciale, sostenendo i diritti e i doveri di un uomo libero, attraverso un altro esemplare documento riprodotto nel libro, la sua lettera indirizzata al Presidente del Tribunale Speciale, Antonio Tringali Casanova. Tra il 1930 e il 1943 è a Regina Coeli a Roma e ha come compagno di cella Vittorio Foa che ne dà una testimonianza carica di aneddoti rivelatori insieme ad episodi e conversazioni dove sono protagonisti gli altri compagni di sventura come Ernesto Rossi, Augusto Monti e Massimo Mila. Spunti preziosi compaiono anche nelle lettere da Ventotene curate e pubblicate da Franco Mereghetti. La grande epopea del ritorno a Milano dopo il 45 e il successivo impegno all Umanitaria sono raccontati da Claudio A. Colombo, che illustra tutta l attività di formazione e d innovazione didattica realizzata da Bauer. Di tutto il periodo all Umanitaria sono testimoni anche Renato Treves e Adolfo Beria di Argentine. Ulteriori aspetti della multiforme attività svolta da Bauer si ricavano dall intervento di Valeria Sgambati, che propone un attenta rilettura di Realtà Politica, la rivista dove Bauer fra il 1944 e il 46 ha affrontato i temi della rinascita democratica. Intense le pagine di Paolo Gastaldi sul dialogo a distanza fra Bauer e l amico Max Salvadori, come quelle di Morris L. Ghezzi sull ultimo incontro avuto con lui, pochi mesi prima della sua scomparsa. Completa il ritratto dell educatore civile narrato da Bobbio e da Salvemini e ricordato anche da Leo Valiani in tanti articoli comparsi su La Stampa ed il Corriere della Sera schegge di memorie, il capitolo di Lucio Ceva, dove emerge a tutto tondo l intensa opera di educazione alla libertà che Bauer svolse nella sua vita. (fdm) L Umanitaria è una delle tre grandi istituzioni milanesi, insieme alla Scala ed al Corriere della Sera. Sono le storiche realtà che rappresentano l animus più intimo e creativo della città, sostiene Massimo della Campa, avvocato, presidente della Società Umanitaria e prosecutore dell opera di Bauer. Noi perseguiamo i nostri ideali legati a quella visione della massoneria ottocentesca che vuole l uomo libero dalle sue eterne schiavitù secondo i dettami della ragione, della cultura e della buona volontà. Da noi chi ha uno spirito libero è il benvenuto. I prepotenti li abbiamo sempre messi alla porta. Siamo autonomi da oltre cento anni e abbiamo superato ogni momento di difficoltà da Bava Beccaris, al fascismo, al Alla fine tutti ci hanno rispettato, perché, di fatto, rappresentiamo una trincea di pensiero della solidarietà fattiva, della vicinanza ai diseredati di sempre, ai deboli ed agli afflitti ORDINE Massimo della Campa, presidente della Società Umanitaria La nostra è una fede nell uomo Una visione volteriana moderna con un sociale allargato alla Rousseau, due cardini della massoneria francese e della sua rivoluzione? L uomo che si libera da se stesso dalle catene della schiavitù del non sapere e quell aiutare i diseredati a rilevarsi da se medesimi che è lo spirito che da sempre ci accompagna, sono filosofie profonde sulle quali l Umanitaria ha fondato i suoi destini. Non dobbiamo dimenticare il periodo storico. L Umanitaria nasce quando l Italia entra nel novero delle nazioni moderne. Alla rivoluzione politica coronata dall unità, anche se con tanti problemi, ed agli sviluppi dell ordinamento liberale corrisponde una trasformazione economica e sociale nella quale si affacciano positivamente operanti le forze del lavoro con i loro problemi, le loro speranze, la loro volontà. L Umanitaria rappresentò un faro di civiltà studiato in tutti i continenti, persino in Giappone. Un modello da imitare verso il quale anche un Arnaldo Mussolini fu sensibile. Qui da noi hanno insegnato Boccioni, Munari e Pomodoro, Bobbio e Salvemini e qui è nato il metodo d insegnamento di Maria Montessori che ha fatto scuola nel mondo. Se dovesse definire in un concetto lo spirito più profondo dell Umanitaria? Eclettismo - continua della Campa - che si traduce nel grande lusso del pensiero. Siamo contro tutti i clericalismi e siamo liberi. Autonomi. Facciamo fatica, ma viviamo del nostro e per questo possiamo permetterci molti lussi soprattutto quello di tenere sempre accese le fiaccole della ragione e della tolleranza. La nostra è una fede nell uomo che si sgrezza e si trasforma in cognitore dello stato dell arte. È un concetto molto caro alla Massoneria e Loira era massone. L Umanitaria, non smettendo la sua tradizione che la volle ufficio studi dei primi movimenti operai milanesi, fin dagli inizi Cinquanta, sotto la direzione di Bauer continuò la grande tradizione delle ricerche sociali di denuncia e di suggerimento all apparato legislativo: quelle del 1953, sulla condizione del lavoratore nell impresa industriale moderna, che costituì la premessa di più ampie indagini compiute negli anni successivi da un apposita commissione parlamentare; le ricerche del 1957, sul lavoro femminile e sui problemi dell inserimento della donna nelle attività produttive; quelle del 1959, sulla riduzione degli orari di lavoro e sui problemi dell utilizzazione del tempo libero; le ricerche compiute in quello stesso anno sulla riforma della scuola dell obbligo, ricerche che condussero alla creazione di una scuola sperimentale che servì ad analizzare nella pratica i problemi pedagogici e sociologici di una scuola media unificata. Bauer ha saputo declinare in maniera moderna - conclude della Campa - i grandi problemi della formazione e dell insegnamento collegandoli ai bisogni e alla realtà. (fdm) 19 (23)

20 PRIMO PIANO Guy de Maupassant Bel-Ami Guy de Maupassant, nato nel castello di Miromesnil, in Normandia, nel 1850, vive un infanzia triste a causa delle frequenti liti tra il padre, violento e dissoluto, e la madre, nevrotica. I due finiranno per separarsi nel Ma c è un altro problema con cui Guy dovrà fare i conti: è la malattia di origine venerea che lui e il fratello hanno ereditato dal padre e che porterà entrambi alla follia e alla morte prematura. La stampa attraverso la letteratura articoli di Paola Pastacaldi Bel-Ami di Guy de Maupassant ( ) esce nel 1885 a puntate sulla rivista Gil Blas. È una storia di grande successo imperniata sulla figura del giovane George Duroy, un bello di provincia, che cerca fortuna al sorgere della Terza Repubblica. Ambizioso e cinico, anzi di più, un parvenu assetato di successo e armato di fascino che userà tutto nel fare l arrampicatore sociale. Per l oscuro giovincello, ex sottufficiale, che nessuno si filava, emigrato a Parigi con tre franchi e quaranta in tasca, insufficienti per arrivare alla fine del mese, sarà un giochetto da ragazzi diventare d un colpo giornalista, redattore, caporedattore e firma del giornale, coronando il tutto con il titolo di barone Du Roy de Cantel. Bel-Ami divenne popolare come l idolo delle donne e dei salotti. La sua storia fu ripresa il secolo dopo da tanti film e persino dalle canzonette: negli anni Quaranta si cantava Sei l amor di ogni cuor, donne qui, donne lì, bel-ami. La Biblioteca del Corriere della Sera nel mese di agosto ha inserito il capolavoro di Guy de Maupassant nel suo ricco elenco dei Grandi romanzi. A distanza di oltre cento anni l adorabile canaglia, come lo ha definito il Corriere nella presentazione, può diventare il pretesto per ben altre riflessioni. Non tanto sugli arrampicatori sociali, ma piuttosto su quelli affini al mondo dell editoria. Il contesto che fa da sfondo a ogni attimo della storia altro non è che la costruzione di una carriera, quella di un giornalista, con il contorno di trame sporche che si tessono nelle redazioni dei giornali. Il contesto alla fine altro non è che la potente macchina dell informazione e le storture che mette in moto per sopravvivere riccamente. Maupassant fu vero un giornalista cronista. Non ebbe problemi di rigore o di fedeltà a una testata. Collaborò infatti contemporaneamente per Le Galois, monarchico e puritano, e per Gil Blas, di sinistra e contestatore. Si occupò spesso di cronaca, il che gli diede ottimi spunti per i suoi racconti. Rileggere Bel-Ami sotto questa angolatura apre altre porte alla genialità di Guy de Maupassant, non a caso allievo di Gustav Flaubert, l autore di Bouvard e Pecuchet, il romanzo che fa un analisi spietata del conformismo borghese, il quale gli fu amico e lo difese nei momenti più difficili della sua vita. In Bel- Ami il mondo del giornalismo, la scalata al potere sono ben affrescati con gusto da pittore. L autore aveva conosciuto sia Corot che Courbet e aveva scritto numerosi articoli sulle mostre di pittura. La sua scrittura ha il sapore dei quadri impressionisti, ma ha nei contenuti lo stile del cronista. Le descrizioni del modo di lavorare in un giornale sono dense di dettagli e Bel-Ami, riletto non dimenticando le problematiche gior- nalistiche attuali, dimostra come il giornalista di fama si affermasse grazie alla sua spacconeria e alle bravate piuttosto che alla serietà e all impegno. Un fitto intreccio di relazioni e scoperte fatte nelle alcove costituisce il vero lavoro di questo giornalista. Ad essere onesti e autocritici, oggi le questioni di letto o di sesso entrano prepotentemente persino nella cronaca. E ancora poca importanza viene data al perché di questo eccesso di curiosità quasi morbosa che i media danno al nudo e alla sessualità. Nè, a mio avviso, basta certo a spiegarla la vecchia storia di far vendere di più e subito. Le relazioni sessuali sono diventate oggi strumenti di potere attraverso i quali si ricattano le persone, un po come faceva Bel-Ami? Bel-Ami con freddo cinismo politico e umano trionfa, con articoli frutto di soffiate mondane fatte dall amica Madeleine Forestier, ex moglie dell amico giornalista che lo aveva assunto, amante del giornalismo intrigo e firma de plume di un gossip velenoso sulle segrete faccende dei politici. Ma oggi Bel-Ami, sotto il profilo etico giornalistico, fa quasi sorridere, perché fa strada grazie a giochetti in alcove, frizzanti almeno quanto quelle descritte dalle telenovele americane. Esemplare di questo cinismo di vecchia maniera, in senso sia letterario che di costume, è la caduta nelle grinfie erotiche di Bel-Ami della non più giovane moglie dell editore, la signora de Marelle, coperta di veli e già prostrata da questo amore impossibile. Il romanzo di Guy de Maupassant rimane, comunque, un capitolo fondamentale qualora si volesse redigere una storia deontologica del giornalismo attraverso i romanzi. Bel-Ami è la prima tappa di un giornalismo volgare e interessato che ha ceduto i suoi principi etici ad un bisogno di affermazione quasi egotista del culto dell Io, che avrà la sua punta massima negli anni odierni. Il mondo delle comunicazioni commerciali, del marketing, era solo agli inizi. Maupassant, nell ultima pagina, tutto preso dal racconto dell ultimo trionfo di de Roy, cioè il matrimonio con la figlia dell editore (dopo aver sedotto e abbandonato la madre), scruta il suo uomo con una lente di ingrandimento e scrive: «Il popolo di Parigi lo contemplava e lo invidiava. Poi alzando gli occhi intravvide laggiù dietro la place de la Concorde, la Camera dei deputati, e gli sembrò di essere sul punto di passare, d un balzo, dal portico della Madeleine al portico di Palais- Bourbon». Il quarto potere agognava alla politica più che al denaro. Ancora non aveva fatto la sua comparsa il nuovo padrone delle redazioni, l informazione commerciale. Guy de Maupassant, Bel-Ami, Corriere della Sera I grandi romanzi, Milano 2002 Evelyn Waugh L inviato speciale Evelyn Arthur Waugh (Londra ), oltre ai libri dei suoi viaggi in Africa e Asia degli anni Trenta, scrisse romanzi: Declino e caduta, Una manciata di polvere, Scoop (rielaborazione romanzesca della sua esperienza di corrispondente), Ritorno a Brideshead, Il caro estinto, Ufficiale e gentiluomo. Evelyn Arthur Waugh ( ), londinese, ex giornalista, autore di eleganti romanzi satirici, fu tra le due guerre uno degli scrittori di viaggi tra i più acuti e seguiti dai lettori inglesi. Nel 36 pubblicò un racconto fitto di avvenimenti eroico comici, L inviato speciale. In lingua originale il titolo è anche più incisivo Scoop: un racconto sui giornalisti, ripubblicato da Guanda (pp. 241, Milano, 2002). Una satira puntualissima e un esercizio di stile sui giornalisti. Waugh era stato inviato speciale per il Daily Express. Per ogni inviato, credo, la consapevolezza di cosa sia davvero questo mestiere coincide con un certo viaggio, che apre le porte della verità e anche forse dello spirito critico. Non sempre si tratta del primo viaggio o del primo servizio. Ma poco importa. È un momento che non si scorda. Per Waugh coincise con il lavoro di reporter in Abissinia. È lì che egli ebbe l idea di descrivere questo mondo che egli definì zeppo di affilati imbrattacarte. La storia inizia con un certo William Boot, curioso nome che in inglese vuol dire stivale e anche calcio. Boot è un corrispondente di argomenti botanici, titolare della rubrica Luoghi lussureggianti e di altre amenità della campagna, che non ha mai messo piede oltre Londra, mai sognato altro che scrivere di cose naturali. Un tizio ameno e insieme anacronistico. Il giornale è The Beast (la bestia in italiano, anche questo certo allude alla grossolanità dei media oggetto della storia). Boot è agitatissimo, perché la zia nel ribattere l ultimo suo pezzo aveva confuso la parola svasso con tasso. Boot vive tragici giorni d angoscia in cui attende ad ogni momento di essere licenziato da collaboratore. Boot non è assunto, ma nella sua tragicità di collaboratore felice racconta di un attaccamento irredimibibile a una professione di cui alla fine non sa nulla. Boot, per un alchimia del caso che nei giornali diventa strutturale tanto è frequente anche se non sempre così tragica, viene promosso a inviato al posto di un suo omonimo. Un politico e l editore si incontrano per decidere chi mandare in Africa, dove sta per scoppiare un impresa coloniale, insomma una guerra. I due pensano ad un giornalista di prestigio. Concordano, infine, su uno scrittore, John Courtney Boot, e ne elogiano lo stile, la posizione sicura e Invidiabile nel mondo letterario. La decisione è presa. L editore telefona al direttore del Beast. La richiesta getterà nel panico la redazione e una sfilza di capi e capetti si metterà alla caccia di questo sconosciuto Boot. Ovviamente i giornalisti, sogghigna Waugh, non leggono libri, non conoscono gli scrittori. Il primo malcapitato Boot che finisce sotto gli occhi del caporedattore, pescato dalla lista dei collaboratori, è quel campagnolo che firma le rubriche sul verde. I capi commentano con sguardi allibiti.che stranezza proprio lui. Ma in redazione gli ordini non si discutono. Lo spirito critico viene affondato sotto i cuscini delle poltrone per timori di rappresaglie, che col tempo annullano definitivamente ogni capacità di riflettere e tutto si riduce a obbedienza acritica. Boot viene convocato imperiosamente con un telegramma e finirà inviato speciale in Africa. Waugh con ironia non farà altro che sottolineare il non senso di tutto quello che accadrà sotto l etichetta del giornalismo di guerra. Boot, che fa da cartina di tornasole di tutte le magagne del giornalismo, si ritrova ad imparare il mestiere sul campo fra battute di questo genere a proposito di inviati al fronte: «In primo luogo, non c è alcun fronte. E in secondo luogo, non potremmo andarci anche se ci fosse. Impossibile uscire di città senza un permesso e il permesso non ce lo danno». Ai giornali che hanno fame di notizie si dà colore. Cioè preparativi nella capitale minacciata, mercenari, uomini misteriosi, influenze straniere, volontari... Non ci sono notizie concrete. Non ci sono notizie, ecco il punto su cui ruota l analisi, neanche poi tanto romanzesca, di Waugh. Ma allora le notizie che sono? Lo spiega un giornalista al povero Boot: «Le notizie sono quella cosa che un tale che non si interessa granché di nulla vuole leggere. Ed è notizia fintanto che lui la legge. Se qualcun altro ha mandato un dispaccio prima di noi, la nostra storia non fa notizia. Certo, c è il colore. Il colore è un mucchio di chiacchiere a vuoto. Facile da scrivere e facile da leggere». Le eroiche leggende intorno a Fleet Street, la vera strada dei giornali londinesi, altro non sono che audaci menzogne, travisamenti, confessioni strappate. C è bisogno di aggiungere altro? Il giornalista più pagato degli Stati Uniti - scrive Waugh - pare avesse fatto un colpo mondiale con una cronaca al vivo dell affondamento del Lusitania, quattro ore prima che lo affondassero con un siluro. Ricorda un po il film Eroe per caso questo assurdo Boot che, povero lui, non ha la minima idea di nulla, a partire dall attrezzatura che un vero giornalista dovrebbe portarsi appresso per poter fare l inviato in un paese di guerra, al cosa dovrà fare per procurarsi le notizie. Senza anticipare troppo la storia, che vale la pena di leggere anche per divertimento puro, la morale è invece diluita un po ovunque: «C è una cosa sulla quale puoi sempre contare nel nostro mestiere, ed è la popolarità ma qui non l avverto. Anzi accidenti, avverto l esatto opposto. E mi chiedo: siamo noti, amati, considerati degni di fiducia? E la risposta suona: No. Il qui, dove si è smarrita la credibilità del lavoro del giornalista di allora, era una Ismaelia, nella zona nordorientale dell Africa, quella che sostanziava la metafora di cuore del Continente nero deserti, foreste, paludi frequentati da feroci nomadi. Il qui di oggi, il dove oggi i giornalisti hanno smarrito la credibilità dei lettori, non è più l altrove africano, ma coinvolge ormai mezzo mondo. Evelyn Waugh, L inviato speciale, Guanda, Milano (24) ORDINE

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