CERTOSA DI VIGODARZERE S.O.S.

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1 CERTOSA DI VIGODARZERE S.O.S. A cura di Luciano Francato, Giovanna Dorio e Giulio Cesaro Monumentale complesso della Certosa di Vigodarzere (Padova). 1

2 Sommario: LE CERTOSE E I CERTOSINI (A cura di Luciano Francato) - Origine dell ordine certosino pag. 5 - I monaci certosini pag. 9 - Contesto ambientale e culturale pag.12 - Struttura delle certose pag.13 - L abito monastico pag.15 - Cenni storici pag.16 - Il rito certosino pag.19 - Le certose in Veneto pag. 20 LA CERTOSA DI VIGODARZERE (A cura di Giovanna Dorio) - I monaci certosini pag Da monastero a dimora aristocratica pag Blasonatura dello stemma dei De Zigno pag Un avo dei De Zigno di grande spirito di iniziativa pag Un palazzo di rappresentanza a Padova in via Dante pag Il barone Anchille De Zigno pag Achille De Zigno, gentiluomo di nascita, di abitudini, di sentimenti e di modi pag Scheda di Marco De Zigno pag Scheda di Anchille Pietro De Zigno pag Scheda dei figli di Anchille De Zigno e di Adelaide Emo Capodilista pag Dai baroni De Zigno ai conti Passi Preposulo pag I conti Passi Presupolo pag Alcuni ospiti Illustri della certosa pag. 48 2

3 - Il venerabile Don Luca, Conte Passi di Preposulo pag Don Marco Celio, conte di Preposulo pag Tre visite pastorali all oratorio della certosa pag Lettera di Alberto al padre Achille pag In memoria di Adelaide pag Postfazione pag Anchille De Zigno ha salvato la certosa pag Vigodarzere mappa del catasto Austriaco pag Anno funestissimo, un documento prezioso pag. 68 LA CERTOSA IN PERICOLO (A cura di Giulio Cesaro) - Dalla demolizione della certosa di Padova alla sua ricostruzione nel territorio di Vigodarzere pag La confisca del monastero certosino di Vigodarzere pag Vendita dell ex monastero, demolizioni e mappatura pag Prospetti e sezioni della certosa di Vigodarzere pag La grandinata luglio 2009 pag Quanti ricordi attorno alla certosa pag La colonia elioterapica di Vigodarzere pag Bombe a farfalla lanciate nei pressi della certosa pag Gli abitanti della certosa negli anni pag La certosa nel dopoguerra pag Documenti relativi ai vincoli dell edificio pag L edificio comunale ex municipio pag Visita alla certosa del ministro Gullotti pag La mia prima visita in certosa pag Gli affreschi sulla facciata della chiesa in cui è 3

4 raffigurata la Madonna prossima al parto pag.116 L Angelus della Certosa pag Manoscritto sulla certosa pag Speciale sulla certosa pubblicato nell Ottobre del 1986 pag Il Rifacimento del tetto della certosa effettuato nel 1993 pag Singolare matrimonio in certosa pag Altre manifestazioni dentro la certosa pag Il fucile da caccia e Napoleone pag Il deposito degli esplosivi pag Danni conseguenti la disfatta di Caporetto pag Il tunnel sotterranneo, leggenda e realtà? pag Il Bosco della certosa pag Le tante certose d Italia pag Ridiamo vita alla certosa pag Il monastero Benedettino di Praglia: Cenni storici e documentazione riguardante gli ebrei ricercati dai nazifascisti e nasconti all interno del monastero pag Il futuro della certosa e proposte di restauro pag La certosa in fotografia pag.169 4

5 LE CERTOSE E I CERTOSINI ORIGINE DELL ORDINE CERTOSINO (A cura di Luciano Francato) S. Bruno in un dipinto rinascimentale L ordine Certosino (lat. Ordo Cartusiensis) è uno dei più rigorosi ordini monastici della Chiesa Cattolica e deve la sua nascita a San Bruno, il quale nacque a Colonia intorno all anno 1030 e sempre a Colonia fu canonico della collegiata di San Cuniberto. Studiò alla scuola del Duomo di Reims in Francia, in seguito ne divenne insegnante e infine gli fu affidata l alta funzione di scholasticus, ossia la direzione della scuola. Tra i suoi discepoli vi fu Eudes (Oddone) di Chatillon che divenne monaco benedettino a Cluny e in seguito Pontefice con il nome di Urbano II, papa che difese la libertà della Chiesa dall assalto dei poteri secolari, combatté la simonia e la corruzione del clero e nel Concilio di Clermont col suo Deus Vult indisse, nel 1095, la prima crociata. 5

6 Quando nel 1075 Bruno divenne cancelliere dell arcivescovado di Reims ebbe forti contrasti con l arcivescovo Manasse de Gournay, prelato corrotto e simoniaco dal comportamento indecoroso. Le altalenanti vicissitudini spesso drammatiche di quegli anni segnarono profondamente la vita del Maestro e probabilmente fu proprio allora che maturò in lui la propensione alla vita monastica. L Arcivescovo Manasse fu deposto nel 1080 e Bruno avrebbe dovuto esserne il successore ma non accettò l incarico, egli preferì assecondare il suo bisogno di allontanarsi dal mondo per vivere in solitudine, rinunciò ai suoi beni che donò ai bisognosi e con sei compagni, Landuino di Toscana, Stefano di Bourg, Stefano di Die, Ugo il cappellano, e i conversi Andrea e Guarino, si mise in viaggio in cerca di un romitaggio per avviare la vita eremitica e cenobitica. Nella primavera del 1084 il Maestro si rivolse al vescovo di Grenoble, suo allievo a Reims, Ugo di Chateauneuf, il quale ispirato da una visione avuta in sogno (sette stelle che indirizzavano sette pellegrini a una valle solitaria), li guidò in quello che da allora sarà chiamato, a causa del suo estremo isolamento, deserto di Chartreuse, una zona boschiva a 1175 m. di altitudine nel cuore del massiccio che al tempo si chiamava Cartusia da cui il nome italiano di Certosa e francese di Chartreuse, una valle corta situata nel comune di Saint Pierre de Chartreuse nelle Alpi francesi, chiusa a nord dal passo di Ruchère e a sud dalla valle di Guiers Mort. Il monastero della Grande Chartreuse è la casa madre dell ordine Certosino. Il vescovo Ugo di Chateauneuf fu il primo abate della Chartreuse e fondatore dell ordine manastico di Chalais, morì a Grenoble nel 1132 e nel 1134 venne canonizzato da papa Innocenzo II. Nel 1090, dopo sei anni dalla fondazione della Grande Chartreuse, Bruno fu convocato a Roma dal suo allievo di Reims, Oddone, divenuto il pontefice Urbano II che lo volle come consigliere. Prima di raggiungere il Papa, il Maestro affidò la comunità monastica della Chartreuse a Landuino di Toscana che lo sostituì più che degnamente. Il suo soggiorno romano non durò molto; Bruno dovette seguire il Pontefice che, incalzato dalle truppe dell imperatore Enrico IV fedeli all antipapa Clemente III, si rifugiò in Calabria. Urbano II propose a Bruno l Arcivescovado di Reggio Calabria che egli però rifiutò per assecondare ancora una volta il mai sopito desiderio di vivere in solitudine e nel silenzio. La nostalgia per il suo deserto silenzioso lo indusse a chiedere e ottenere il 6

7 permesso di ricercare un luogo solitario adatto alla sua vocazione monastica e che infine trovò grazie alla magnanimità del conte Ruggero d Altavilla, il quale destinò a Bruno un territorio nella località Torre a 790 metri di altitudine nel cuore di un bosco della Calabria. Correva l anno 1090 quando in questo deserto di Calabria, Bruno fondò l eremo di Santa Maria per i Padri e, a breve distanza, fondò il monastero di Santo Stefano, destinato a ricevere i fratelli conversi. In questi luoghi Bruno visse gli ultimi dieci anni della sua vita fatta di preghiera, meditazione, silenzio e solitudine. Ispirato dalla vita eremitica dei monaci anacoreti del Basso Egitto i quali, col nome di Padri del Deserto, ricercavano nell ascesi solitaria la via dell hèsychia, ovvero della pace interiore per elevarsi a Dio, Bruno, pur non lasciando una regola scritta e pur non avendo intenzione di fondare un ordine, ha il merito di avere dato alle piccole comunità di Chartreuse e di Santa Maria del Bosco la spiritualità e l orientamento che conferiranno all Ordine Certosino la propria specificità mistica. Maestro Bruno si spense la domenica del 6 ottobre 1101 e fu seppellito in una grotta dove egli era solito recarsi per pregare. Attorno al , Guigo I (Guigo du Chastel ), quinto priore della Grande Chartreuse, redige le Consuetudini che in pratica sono la veste legislativa derivata dall esempio di vita eremitica condotta da san Bruno e dai suoi compagni. Il testo fu approvato dal Papa nel 1133 e quindi adottato da tutte le nuove fondazioni dell Ordine. Il ramo femminile dell Ordine ebbe inizio verso il 1145, quando le monache del monastero di Prébayon in Provenza decisero di abbracciare la regola di vita dei certosini e adottare le loro Consuetudini. 7

8 Lo Stemma dell Ordine. Le stelle ricordano i primi sette Certosini e il sogno premonitore delle sette stelle avuto da Sant Ugo, vescovo di Grenoble. Il motto latino recita: Mentre il mondo gira la croce resta ferma Il vescovo di Grenoble Ugo di Chateauneuf guida Bruno e i suoi compagni nel deserto della Chartreuse 8

9 I MONACI CERTOSINI Unione di solitari in una piccola comunità è questa la caratteristica fondante della famiglia certosina che si è conservata attraverso i secoli. I certosini sono dei solitari che nei momenti particolari, nelle celebrazioni liturgiche e nelle ricreazioni, si riuniscono come fratelli. Come precedentemente riportato, tra i primi sei compagni di Bruno, quattro erano chierici e due erano laici ma tutti cercavano l unione con Dio nella solitudine. I primi sono detti Padri o Monaci del chiostro, vivono nel silenzio della cella e sono sacerdoti; i secondi sono detti Conversi, Fratelli oppure Monaci laici, la cui vocazione religiosa è finalizzata ad assistere la solitudine dei Padri e contemporaneamente la loro solitudine è salvaguardata dal fatto che anch essi dimorano all interno del deserto. Per alcuni secoli la 9

10 loro abitazione fu staccata da quella dei Padri mentre oggi dimorano, seppur separati, nello stesso monastero. Nel tempo, ai Conversi, si sono aggiunti i Donati che all inizio erano operai aggregati al monastero e che in seguito divennero monaci con il medesimo stile di vita e abito dei Conversi ma esenti dal vincolo di voti. Essi si donano al monastero promettendo di servire Dio ed hanno regole proprie e meno vincolanti. Al vertice della comunità vi è il Priore così chiamato perché considerato primus inter pares primo fra pari e non Dominus - Signore, Priore anche perché è colui che precede il cammino. Egli è eletto a scrutinio segreto dalla comunità dei monaci ed è coadiuvato da un Vicario. Il Priore ha la direzione spirituale ed economica anche se quest ultima, per questioni pratiche, è demandata alla figura del Procuratore. Il Priore della Grande Certosa di Grenoble (Grande Chartreuse) è il Ministro Generale di tutto l ordine. Nella Certosa tutti i fratelli formano un solo gruppo attorno alla figura di un monaco detto Procuratore ; egli riceve l incarico direttamente dai fratelli, i suoi compiti sono di coordinare gli stessi, assegnare i lavori (obbedienze), ricevere gli ospiti e di amministrare il monastero. Data la particolarità del suo incarico, il Procuratore cura i contatti con il mondo esterno e contemporaneamente egli ha il dovere di proteggere la casa dai rumori del mondo che, a causa dello svolgimento delle sue mansioni, potrebbero giungere all interno del chiostro disturbando il silenzio, infatti il suo compito è principalmente quello di permettere ai Monaci di tendere alla contemplazione nel totale isolamento. Il procuratore può essere sia un padre sia un fratello converso. Secondo la tradizione certosina, il Monaco del chiostro ricerca la solitudine della cella per cercarvi Dio. Isolati all interno di queste piccole e sobrie abitazioni trascorrono la loro vita nel silenzio e nell intimità; la cella come rifugio dove regnano la pace e la gioia, luogo di preghiera e contemplazione, quindi il luogo adatto per favorire la ricerca dell unione con Dio. Lo svolgimento della giornata è regolato in maniera che essa sia uguale tutto l anno in modo che il monaco, nelle sue ricorrenze quotidiane, inalterabili e puntuali, apprenda a vivere al ritmo lento delle stagioni e dei tempi liturgici. Nel chiuso della cella essi svolgono lavori manuali quali la copiatura di antichi testi, le miniature, la scultura del legno, le pitture sacre, il commento e lo studio delle Sacre Scritture. 10

11 Lo Spaziamento è la passeggiata settimanale dei Padri che generalmente si svolge il primo giorno della settimana e dura in media 4 ore. Durante lo spaziamento essi camminano a coppie in stretto contatto con la natura e possono dialogare liberamente. Lo scopo principale di questa regola è la necessità di risollevare l animo indebolito dalla rigida disciplina monastica e favorire il confronto tra i componenti. Agli inizi il Refettorio certosino non era previsto; nella propria cella ogni monaco disponeva di un locale adibito a cucina e dispensa che lo rendevano indipendente per il consumo dei pasti. Solo a partire dal XIII secolo alcune modifiche apportate alle Consuetudines Cartusiae consentirono ai certosini di disporre di un locale destinato a refettorio con un unica cucina gestita da un cuoco. Il refettorio è costituito da un unico locale suddiviso da una tramezza di legno che separa i monaci dai conversi. Durante la permanenza in refettorio vige la regola del silenzio e dal pulpito presente nella sala uno dei monaci legge la Sacra Scrittura o le opere scelte dal Priore. Il Fratello converso inizia la sua giornata in cella, un unica stanza che gli serve sia da oratorio sia da soggiorno e egli vi resta in solitudine nella preghiera e nella meditazione da quando si alza sino alla messa comunitaria. I compiti dei Fratelli sono molteplici: svolgono i lavori domestici, agricoli e pastorizi sia all interno sia all esterno dell edificio ma sempre osservando la regola della clausura e ricercando la solitudine anche nell esecuzione del proprio lavoro. Lo spaziamento per i fratelli si svolge una volta al mese. L Ordine monastico certosino, nonostante la severità della sua regola, è l unico ordine della Chiesa che nella sua storia non è mai stato riformato. 11

12 CONTESTO AMBIENTALE E CULTURALE Negli intenti di San Bruno vi era la ricerca della stabilitas da lui voluta e propagandata per contrastare il romitaggio individuale e confuso proprio di quel periodo storico, quindi divenne necessario ricercare un sito stabile e idoneo al romitaggio, un luogo e un modo abitativo che potesse ricreare un ambiente adatto ad accogliere una comunità eremitica e che garantisse gli stessi fondamenti originari ricercati dai primi eremiti cristiani, ossia il deserto, termine inteso sia come sostantivo e sia come aggettivo, il cui significato è solo, abbandonato, dunque il luogo perfetto per gli eremiti in cerca di pace e solitudine che favorisca la contemplazione e la meditazione; ecco perché l isolamento della Certosa è garantito da una vasta fascia disabitata detta deserto. 12

13 STRUTTURA DELLE CERTOSE Fin dagli inizi, per poter svolgere al meglio la vita in Certosa secondo i dettami della regola e le esigenze della loro particolare forma di vita monastica, le Certose sono state costruite con una medesima struttura fondamentale che le differenzia dai monasteri di altri ordini. Come precedentemente descritto, un tempo gli edifici erano due, uno per i Monaci del chiostro e l altro per i Fratelli conversi che nel corso del XIII secolo divenne un unico edificio ma ugualmente diviso in due parti distinte: La casa alta e La casa bassa. La prima è la parte che comprende gli spazi della vita comunitaria dei Monaci del chiostro, ossia gli ambienti di stretta clausura organizzati nel cuore della Certosa cioè Il chiostro grande intorno al quale si affacciano le celle dei monaci che di solito sono costituite da un ambiente soppalcato con annesso un piccolo orto e sono strutturate in maniera che i Padri non abbiano contatti tra loro. Al piano terra si trova la legnaia che serve per alimentare la stufa, un banco da lavoro, un tornio per il legno e un piccolo orto delimitato da un alto muro, mentre salendo al piano superiore troviamo l Ave Maria, un immagine della Madonna davanti alla quale il Padre entrando recita una preghiera. Qui si trova il cuore della cella detto il cubicolo, che comprende un letto spartano, un tavolino per il pasto, ed un oratorio costituito da un inginocchiatoio dove il monaco recita le sue orazioni. Solitamente le celle vanno da un minimo di dodici a un massimo di trenta. Nella casa alta sono situati anche l appartamento del priore, la biblioteca, la chiesa, il refettorio, la cucina e il cimitero. La seconda zona, la casa bassa, è dedicata ai Fratelli Conversi ed è separata dalla prima per consentire che la vita contemplativa dei Padri non sia distratta dalla vita attiva e dai lavori quotidiani e manutentivi propri della casa bassa. In questa zona sorgono le celle dei conversi dette anche correrie che in genere sono formate da una o due stanze. Qui si svolgono le attività atte al sostentamento della comunità certosina: spezieria, stalle, granai e gestione dei depositi ubicati nella corte esterna. In alcuni monasteri esiste un secondo chiostro appositamente costruito per i Fratelli Conversi. 13

14 La certosa di Ferrara da un antica stampa francese. 14

15 L ABITO MONASTICO L abito dei certosini è composto di una tunica di colore bianco chiusa da una cintura di cuoio bianca e di uno scapolare chiamato cocolla fornito di un cappuccio. Le bande laterali che uniscono le parti anteriori e posteriori della cocolla conferiscono all abito una somiglianza con la croce di Cristo. 15

16 CENNI STORICI Fin dall inizio le nuove fondazioni si susseguirono a ritmo crescente, alla fine del dodicesimo secolo si contavano 33 certose; nel 1371 giunsero a 150, e nel 1521 arrivarono alla massima espansione con 195 certose presenti in tutte le Nazioni d Europa, 39 delle quali in Italia. La seconda metà del 1500 vide esplodere in Europa il fenomeno delle guerre di religione. Il grandioso sogno di Carlo V ( ) di unificare l Europa in un nuovo Sacro Romano Impero era fallito per l aprirsi di violenti e tragici dissidi tra cattolici e protestanti, dissidi che assunsero con i suoi successori drammatiche implicazioni politiche. A seguito di queste guerre l Ordine Certosino assistette ad una costante e spesso violenta riduzione dei propri monasteri; nei paesi passati al protestantesimo una quarantina di Certose furono soppresse. Emblematico il caso dei 18 monaci certosini inglesi che tra il 1535 ed il 1537 furono martirizzati durante una violenta persecuzione voluta da Enrico VIII dopo lo scisma anglicano. 16

17 L imperatore austriaco Giuseppe II d Asburgo ( ), sotto l influsso dell Illuminismo, soppresse tutte le Certose dell Impero e la Repubblica di Venezia non tardò a imitarlo. La rivoluzione francese chiuse e alienò tutte le numerose Certose della Francia, in seguito Napoleone completò l opera nei territori da lui occupati. Di fatto nel 1810 l Ordine era quasi scomparso. Il periodo post napoleonico vide una lenta e costante ricostruzione ma ben presto invalidata da nuove soppressioni e incameramenti di beni da parte dei vari stati. Agli inizi del 900 le leggi antireligiose emanate dalla terza repubblica francese costrinsero i certosini all esilio, sorte che inevitabilmente toccò anche ai monaci della Gran Certosa di Grenoble, culla dell ordine. Solo nel 1940, il Padre Generale Dom Ferdinando Vidal, con due monaci, poté ritornare in Francia e stabilirsi nuovamente negli edifici della Gran Certosa, da allora proprietà del demanio. Per meglio comprendere lo stato di abnegazione e di sacrificio che caratterizza l ordine certosino sono senz altro emblematici i fatti accaduti nel 1944 nella Certosa dello Spirito Santo di Farneta (Lucca). E una consuetudine dei monaci prendersi cura e dare assistenza a fuggiaschi e a chiunque ne avesse bisogno ed è sopratutto in tempo di conflitto che questa pratica assume un carattere di importanza assoluta. Durante quel tremendo anno di guerra essi ospitarono e curarono sia soldati tedeschi feriti, sia ebrei perseguitati e partigiani in fuga senza distinzione alcuna. Nella notte tra l' 1 ed il 2 settembre i soldati nazisti irruppero all interno del monastero arrestando tutti i civili e i religiosi che si trovavano all interno, nei giorni successivi nelle campagne circostanti il convento, 6 padri, 6 conversi e 32 civili furono barbaramente trucidati. Attualmente la comunità di Farneta insieme a quella già citata di Serra San Bruno sono le uniche certose maschili attive in Italia. Al 31 gennaio 1996, l Ordine contava 366 monaci, 177 dei quali sacerdoti. Attualmente l Ordine certosino conta 16 certose maschili in Europa, una nel Vermont (Stati Uniti), una nello stato di Rio Grande do Sul (Brasile), una di recente fondazione in Argentina (1997) e una ancora più recente (1999) nella Corea del Sud. Cinque sono le certose femminili sparse tra Spagna, Francia, Italia e Corea. 17

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19 IL RITO CERTOSINO «la Sede Apostolica non ignora che la liturgia dei monaci solitari dev essere adattata al loro genere di vita, dev essere tale cioè che in essa abbiano prevalenza il culto interiore e la meditazione del mistero, che si nutre d una fede viva». Così nel 1971 si espresse il Pontefice Paolo VI in una lettera indirizzata al reverendo padre Ministro Generale dei Certosini. Fin dalla fondazione della Grande Certosa, i monaci adattarono la liturgia alla loro particolare forma eremitica e solo a seguito del Concilio Vaticano II, che diede nuove regole alla liturgia romana, furono introdotte alcune modifiche ispirate a tali cambiamenti senza però rinunciare alla semplicità, alla sobrietà e alle particolarità secolari, tra cui la grande prostrazione dopo la consacrazione, il rito dell offertorio e l assenza della benedizione a fine messa. Anche nel canto i certosini conservano la loro specificità, simile al Gregoriano però più semplice, più diretto; le composizioni risultano meno difficili e non sono ammessi strumenti musicali. Suggestiva è la liturgia notturna che si svolge nel cuore della notte in cui si alternano canti, preghiere e la lettura delle sacre scritture. 19

20 LE CERTOSE IN VENETO Certosa di Venezia S. Andrea della Certosa, anticamente era chiamata Isola di Sant Andrea del Lido o anche Isola di San Bruno in onore del fondatore dell Ordine Certosino. L Isola della Certosa fu donata nel 1199 dal vescovo di Castello, Marco Nicola, al sacerdote Domenico Franco affinché vi costruisse un monastero per i frati agostiniani i quali, nel corso dei secoli, si ridussero talmente di numero che furono trasferiti in altri conventi. Dal 1424 il convento fu concesso ai Padri Certosini di Firenze che edificarono nell Isola un chiostro chiamato Galilea, con 15 cellette per ospitare i frati. L isola venne abbandonata dai Padri Certosini nel 1806 a seguito delle soppressioni religiose volute da Napoleone, ll monastero fu spogliato delle sue opere d arte e adibito a uso militare. A oggi di questa Certosa non resta praticamente niente. Certosa del Montello (Treviso) La Certosa sorgeva in una località nei pressi di Nervesa che ancora oggi è detta Ai frati. Le notizie più rilevanti provengono da un codice membranaceo ora conservato nel Museo Correr di Venezia, Chronica Domus seu Monasteri Huius Montelli Cartusiensis Ordinis, compilato in latino da un monaco della comunità certosina che ne divenne poi il 17 priore, Antonio De Macis di Chiarenza. Il monastero fu edificato dal 1340 nel luogo dove prima sorgeva un convento di legno degli Agostiniani. La chiesa fu costruita nel 1345 e consacrata nel In conseguenza delle soppressioni napoleoniche la Certosa fu confiscata e nel 1809 messa all asta. I conti di Collalto, la cui casata ebbe un ruolo rilevante nella costruzione della stessa, cercarono di salvarla e furono disposti, anche se probabilmente il complesso non era dotato di una struttura rilevante, a pagare una somma considerevole. 20

21 Purtroppo la loro offerta non fu nemmeno presa in considerazione. Tutto il complesso finì invece a un certo Gaspare Novello detto Franchidoro, sindaco di Selva, che con accanimento ossessivo volle rilevarla per demolirla e ricavarne un appezzamento per farvi crescere un boschetto ma, stranamente, nessun albero riesce ad attecchire in quel terreno. Ad oggi non resta più niente. La Certosa del Montello (Treviso) 21

22 La Certosa di San Marco (Vedana - Belluno) Fin dal 1155 esisteva l Ospizio di San Marco di Vedana, nel 1456, il Capitolo della Cattedrale diede la gestione dell ospizio all Ordine Certosino che da subito lo tramutò in Certosa. Nel 1768 la repubblica di Venezia sancì che le comunità religiose con meno di dodici monaci dovevano essere soppresse. Così la Certosa di Vedana, subì la sorte di quella di Vigodarzere, ma nel 1882 il monastero fu riacquistato dai certosini francesi che v insediarono un importante noviziato che funzionò fino al Dal maggio del 1998 il monastero ospita una comunità di 12 monache Certosine provenienti dalla certosa di Riva di Pinerolo (TO). Luogo di pace e tranquillità, altamente suggestivo sia per la bellezza del monastero, sia perchè circondato da fitti boschi che ne proteggono la solitudine; nei pressi vi si trova anche un piccolo e bellissimo lago. Il sito risulta un posto ideale per la vita eremitica cara ai monaci del chiostro. Questo cenobio certosino, anche se in modo ridotto in rapporto alle sue possibilità, è l unico rimasto attivo in terra veneta. 22

23 LA CERTOSA DI VIGODARZERE A CURA DI GIOVANNA DORIO RICERCHE STORICHE SU PADRONI DI CASA NOBILI E OSPITI Monaci Certosini Marchesi Maruzzi Baroni de Zigno Conti Passi di Preposulo 23

24 Foto dell ex monastero della Certosa di Vigodarzere (Padova) attorniato dal tradizionale deserto certosino a due passi dal fiume Brenta. 24

25 I MONACI CERTOSINI Simbolo certosino posto sulla volta dell ingresso nord della Certosa di Vigodarzere Il simbolo certosino sulla chiave di volta del primitivo accesso alla Certosa di Padova, apud Vicum Aggeris (presso Vigodarzere); il monogramma CAR (Cartusia), intrecciato ad una croce latina, è molto usato in Italia nei sigilli e negli stemmi delle singole Certose. Nella Descrittione di Padoa e suo territorio con l inventario Ecclesiastico brevemente fatta l anno salutifero MDCV l autore, Andrea Cittadella ( ), con efficaci pennellate narrative pone in risalto virtù e stile di vita dei monaci della Certosa di Padova in quel di Vigodarzere. Servono il silenzio - egli scrive- né mangiano a ben ch in transito carne. Simplici, umili, puri, fideli, discretti, volontarij, verecondi, integri, secreti, forti 25

26 et obedienti, che, col ardente affetto dell animo casto, dedito a Dio, godono beatitudine in quello, dal quale desiderano il sommo bene, però come sacratissimi quanto ci permette l humanità, li sono simili nella mistione della Sapienza, compiacendosi preziosamente muovono l anima con la perpetua volontà de felicitarsi, certo che quanto piace al mondo è breve sogno. Continua il Cittadella Han appresso la Brenta tre Chiostri e Chiesa ove non entrano donne, con bel pavimento a quadri e cupole in volto. La Chiesa longa 86; larga inanti il coro 36, essendo il coro longo 50 et largo 38. Sono misure espresse in piedi lineari padovani, pari a m. 0,357 che tradotti risultano approssimativamente 31 x 13 x 18 x14. In prospettiva, senza le quattro cappelle dove in tutto sono sette altari, otto calici e tre campane coperte di piombo e nel sagrato dell horto una bella sepoltura oltre le particolari terre al discoperto [ ] Celebrano S. Bernardo del quale avevano la chiesa dentro la città prima che si facesse questa. L antica Certosa padovana, Cartusia Paduæ Sancti Hieronimi et Sancti Bernardi, esistente presso Porta Codalunga, fu rasa al suolo nel 1509 al tempo della Lega di Cambrai in seguito al guasto ordinato dai veneziani per favorire la difesa della città di Padova. Trascorsa la guerra si ripensò all edificazione di un nuovo cenobio in un sito più solitario e più atto alla meditazione. La scelta cadde sui terreni posti a Vigodarzere lungo le rive del Brenta ereditati dall Ordine Certosino dal vescovo di Padova Pietro Donà (o Donato), uomo di fine cultura e grande umanista. Caduto il monastero in seguito alla spianata imposta dalla Serenissima, i Certosini si recarono in un primo tempo al loro ospizio di S. Lorenzo a Campo San Martino dove rimasero fino al 1554 circa, passando poi al nuovo romitaggio ancora incompleto. I lavori proseguiranno per diversi anni; la Certosa, splendida e funzionante, lo diverrà solo nel Alcuni storici hanno ipotizzato che nei pressi del complesso monastico sorgesse un turrito castello, ridotto a un rudere alla fine del 600 e adibito a ricovero di fortuna per gente del luogo. Angelo Portenari ( c.) lo attribuisce alla potente famiglia dei da Vigodarzere, facoltosi possessori di fortilizi nel padovano. Ad oggi, pur concordando sull esistenza di un castello a Vigodarzere, gli studiosi non hanno elementi utili ad identificarne l ubicazione. I monaci, vestivano una rozza tunica di lana bianca, cinta ai fianchi da corregge di cuoio o canapa, con scapolare e cappuccio; erano dediti alla preghiera, alla contemplazione di Dio nella fede e nella carità secondo l ideale certosino. Sprofondati nel 26

27 verde e nel silenzio del luogo attendevano allo studio, al lavoro, alla pratica di rigide discipline, nell adempimento costante di opere di carità fraterna, tra le quali l assistenza spirituale e materiale soprattutto ai contagiati da malattie epidemiche, quali peste ed altre calamità. A turbare la pace, l impegno ascetico, l operosità e la bellezza del romitaggio magnificentissime constructum, lambito dal fiume e affacciato all ansa dolcissima della sinistra riva del Brenta, ecco giungere crudele e inappellabile il decreto della Serenissima (7 settembre 1768) volto ad alienare le comunità religiose con meno di 12 soggetti, tra cui la Certosa che ne contava cinque. A Venezia, ove furono trasferiti portarono i documenti della Certosa e, mentre la Serenissima faceva incetta della proprietà monastica, vandali e saccheggiatori fecero il resto. I monaci Certosini conducono una vita da eremiti dentro il monastero, osservando soprattutto il silenzio. 27

28 Foto scattata a Tavo. Una delle tante anse del fiume Brenta; così si presentava anche a Vigodarzere prima della rettifica dell ottocento. Il corso e le volte di questi fiumi sono state così graziosamente disposte dalla benigna natura, che non vi è castello, terra, villa, luogo, che sia più di cinque miglia dall acqua lontano, il che è di comodità meravigliosa per condurre le biade, i vini et ogni sorta di vettovaglie alla città (Angelo Portenari). 28

29 DA MONASTERO CERTOSINO A DIMORA ARISTOCRATICA I NOBILI PROPRIETARI Antica e ricchissima famiglia di banchieri, i Maruzzi, greci di origine e veneziani di adozione, di fede cristiano-ortodossa, nel 1770 acquistano la Certosa nella persona di un autorevole esponente di famiglia, il marchese Labro il quale in un primo tempo fu tentato di abbatterla, poi ci ripensò. Alla fine non avendo idee chiare sul da farsi, la cedette nel 1778 ad un certo Antonio de Zigno che contava di trasformarla in una amena villa di campagna con tanto di corte rurale. Malauguratamente il nuovo proprietario intervenne con mano pesante sulle preesistenti architetture, mutilandole e stravolgendole inesorabilmente. Di fatto demolì buona parte della Chiesa e fece altri guastamenti in quelle fabbriche che erano oggetto di ammirazione. Un peccato da non perdonare annota irritato lo storico Gennari ( ). PASSAGGIO DI PROPRIETA I De Zigno nel 1778 acquistano la Certosa dai marchesi Maruzzi. Chi erano questi nuovi signori che lasceranno un segno indelebile nell antico monastero? Riportiamo integralmente una sheda storica (Da: La famiglia de Zigno di Padova, Concini G. A.) La famiglia De Zigno si trasferì [da Bergamo] poscia in Venezia ove nel 1777 fu ascritta all Ordine dei Cittadini originari veneti. Questo Casato annovera ancora Antonio nel 1660, poi Pietro, Antonio nel 1718, Pietro nel 1744, dottore in ambi i diritti, che fu dal Consiglio de Dieci nominato Procuratore fiscale al Collegio della Milizia da mar. Marco, figlio di Pietro nacque nel 1780; esso pure dottore in entrambi i diritti, fu durante il Governo Italico membro dei Consigli del Regno e di Prefettura coprendo altre cariche importanti. Nel 1805 si ammogliò con Maria Cregh Maguire [ultima discendente della linea 29

30 primogenita dei Maguire, principi e dinasti di Fermaragh, baroni di Enniskillen e pari d Irlanda]. Achille, suo figlio, nobile dell Impero, attuale rappresentante della Famiglia de Zigno, servì più anni sotto il Dominio Austriaco colle cariche onorificentissime di Podestà di Padova, di deputato alla Congregazione Centrale di Venezia e di Membro del Consiglio dell Impero a Vienna per le province Venete; contemporaneamente dava alla luce opere varie e pregiabilissime di Storia Naturale, che gli procacciarono un posto eminente fra gli scienziati italiani, ne cui congressi coperse cariche cospicue e le sue pubblicazioni gli valsero ancora la nomina a membro effettivo del Regio Istituto di Lettere, Scienze ed Arti di Venezia; dell Accademia reale di Scienze, Lettere ed Arti di Padova; della Società Italiana delle Scienze Naturali di Milano; della Società geografica Italiana di Firenze; della Società Geologica di Francia; dell Accademia Imperiale dei Naturalisti d Allemagna; della Società Imperiale dei Naturalisti di Mosca; dell Accademia dei Fisiocritici di Siena; della Società Granducale Sassone di Mineralogia Geologica e Paleontologica di Jena, etc.. 30

31 BLASONATURA DELLO STEMMA DE ZIGNO (V. Spreti, Enciclopedia Storica Nobiliare Italiana) Inquartato; nel I d oro coll aquila spiegata di nero, imbeccata, ornata e coronata del medesimo [assunta da Alberto de Zigno colla nomina a cavaliere della milizia aurata]; nel IV d oro al leone rampante di rosso [assunto coll ascrizione alla Cittadinanza originaria Veneta]; II e III di verde al cavaliere armato, d argento tenente nella destra la spada alta del medesimo: il cavallo corrente, imbrigliato e gualdrappato dello stesso [stemma della Famiglia Maguire], sopra il tutto d oro con una banda di azzurro, caricata dal fiordaliso d argento [stemma originario della Famiglia de Zigno] Motto: PRO DEO ET REG. Nota personale Nella postfazione ho voluto inserire alcune interpretazioni araldiche circa le figure e i colori rappresentati nei blasoni de Zigno-Passi di Preposulo. 31

32 A Padova, sulla fine del Settecento, era questa [de Zigno] una famiglia di commercianti molto ricchi che avevano fatto costruire un notevole palazzo in Strà Maggiore. UN AVO DOTATO DI GRANDE SPIRITO DI INIZIATIVA Un certo Pietro Zigno, fu proprietario di una delle più famose botteghe da caffè in Padova sita di fronte al Bò, presso la loggetta dell attuale caffè Pedrocchi. Volendo ampliare sempre più il giro d affari e per ostacolare la concorrenza del suo intraprendente garzone (bergamasco come lui), Francesco Pedrocchi, divenuto suo socio in affari, cedette la caffetteria e aprì nel febbraio 1790 nelle sale superiori della stessa, un raffinato club all inglese di ottantadue iscritti escludendo di proposito i patrizi veneziani. Un locale all avanguardia, in cui si potevano trovare tutte le gazzette politiche italiane e francesi, giornali letterari, fuoco, illuminazione, carta e inchiostro. Un circolo alquanto sospetto per i signori della Dominante, perché costituito e frequentato da soci dichiaratamente ostili alla politica della Serenissima. Marco si dedicava alla gestione del club, mentre il figlio Antonio, totalmente disinteressato all attività paterna preferì dedicarsi alle speculazioni finanziarie. UN PALAZZO DI RAPPRESENTANZA A PADOVA (V. Spreti, Enciclopedia Storica Nobiliare Italiana) Fra i nomi di coloro che maggiormente si distinsero nell esibizione dell opulenza personale, impegnandosi in cospicue imprese edilizie, troviamo esponenti di famiglie 32

33 d estrazione borghese come i Maldura, gli Zigno Nel 1782 dunque, il figlio del caffettiere pensò seriamente al palazzo di famiglia. Destino volle che l edificazione avvenisse su un punto assolutamente strategico per il de Zigno: il Palazzo del Capitanio. Alvise Mocenigo aveva posto in vendita quel terreno a causa dell incendio che aveva pressoché distrutto le stalle e altri edifici confinanti con la sua dimora. Antonio Zigno colse la palla al balzo, tramite un suo procuratore acquistò l area per la somma di lire dell epoca. Soffermiamoci ulteriormente sull incendio, ripassando la cronaca dell evento stilata da Santo Pengo (Cfr: Padova Case e Palazzi a cura di L. Puppi e F. Zuliani) Addì 7 aprile A ore 14 si manifestò un gran foco nello stallone del Capitanio, in cui si abbrucianno circa centocinquanta carri di fieno e cinquanta di paglia. Cadde la facciata e rovinò quella del fornaio che l era dirimpetto e due persone perirono nell incendio. Il cronista puntualizza: Il giorno appresso frugando tra le rovine furono rinvenuti altri cinque cadaveri. La testimonianza si riferisce alle stalle, usate per diritto dai pubblici rappresentanti e dalla guarnigione prefettizia, che sorgevano all estremità nord-est del Capitaniato, alla confluenza con la Strà maggiore così nominata per la bellezza dei Palazzi che vi si affacciavano e per il cardo della Patavium romana, stiamo parlando dell odierna via Dante. Negli anni intorno al 1640, una parte di tale area era stata trasformata su iniziativa del veneziano G.B. Bertani in un famoso teatro tra i più frequentati della città. Dopo l incendio che distrusse interamente le fabbriche fra cui anche le vecchie stalle ancora esistenti, il Capitanio Alvise Mocenigo, su delibera del Senato, decise nel 1782 di mettere in vendita i resti semidistrutti dell edificio e il terreno su cui sorgev, In quello stesso anno l appalto fu concluso da un procuratore del signor Antonio Zigno figlio del proprietario di uno dei più famosi caffè della città. Questi aveva ben presto abbandonato l attività paterna ed investito in commerci e fortunate speculazioni finanziarie i propri beni tanto da qualificarsi come esponente della più ricca borghesia padovana, Assertori d idee democratiche, fieramente avversi alla politica della Serenissima, Antonio ed un altro esponente della famiglia, Marco, inquisito dalla polizia e anche arrestato per il fatto di essere in amicizia con un emigrato francese mons. Souly sospettato di essere un agente rivoluzionario. A riprova dei sentimenti politici della famiglia, il comandante delle 33

34 truppe francesi che nel 1797 s impadronì della città s installò proprio in casa Zigno. Sono chiari in questa ottica i motivi che spinsero il ricco finanziere ad insediarsi in uno tra i più invidiabili siti della città, posto sulla strada principale e a due passi dai luoghi riservati al governo politico, la piazza del Capitanio e quella della Signoria. Nell aprile 1785 i lavori in corso per l erezione della nuova fabbrica furono ultimati e il manufatto esposto all ammirazione della città. Il conte Polcastro espresse un giudizio positivo: Dalle ceneri di un edificio abbruciato avvien di sovente che ne rinasca un più nobile e più superbo. Sulle rovine di uno stallone incenerito e consunto, s erge al presente il palazzo dello Zigno. L architetto a cui aveva affidato i lavori fu Bernardino Maccaruzzi. I soffitti della scala e vari luoghi vi si dipinsero da Pier Francesco Novelli l anno 1786 e la sala fu dipinta da Giambattista Canal. Ancora sensibile al trionfalismo scenografico inerente al rococò, il progettista impostò l edificio secondo la concezione d imponente presenza dell opera. L edificio, tanto alto da non poter essere contemplato prospetticamente nel suo insieme se non di scorcio dalla vicina piazza dei Signori, s innesta con eversiva e dirompente violenza sul ritmo porticato della via dove s attesta maestosamente, quasi a gara ideale con le prossime fabbriche del Capitanio. Palazzo De Zigno ubicato tra via Dante e il Selciato S. Nicolò a Padova. Dal 22 /04/2002 l immobile è di proprietà dell on. Carlo Fracanzani. 34

35 Il BARONE ACHILLE DE ZIGNO (Dal Dizionario biografico degli Italiani) Nacque a Padova il 14 gennaio Figlio di Marco e di Maria Creagli Maquire di ricca famiglia padovana imparentata con nobili casati inglesi e francesi, Achille fu educato dalla madre, di origine irlandese e da una serie di tutori privati. Non frequentò mai alcuna scuola, né università, ma lunghi viaggi e soggiorni in Svizzera, Francia ed Inghilterra che permisero al giovane nobile veneto di acquisire una profonda conoscenza delle principali lingue europee. Agli anni della giovinezza risale la nascita del suo profondo interesse per le scienze naturali, per la botanica e la geologia in particolare. Nel 1833 si stabilì nella villa di Vigodarzere per amministrare personalmente le terre e i beni di famiglia. Di sentimenti profondamente conservatori ed esponente di spicco della fazione filoaustriaca della propria città, il naturalista ricoprì vari incarichi amministrativi nel Comune di Padova. Dal 1846 al 1856 fu podestà della città; nel 1856 fu eletto deputato nella Congregazione Centrale Veneta e dal 1860 al 1866 rappresentò le province venete presso il Consiglio dell Impero a Vienna. Nonostante gli fosse rimproverata un eccessiva deferenza verso le autorità imperiali, va tuttavia riconosciuto che nel 1848, e poi nel 1860 il De Zigno si prodigò per mitigare le rappresaglie e le tasse di guerra che il governo centrale di Vienna voleva far subire a Padova e alle province venete. I servigi resi al governo austriaco furono ricompensati con diverse onorificenze, quali il titolo di Cavaliere della Corona Ferrea e la nomina nel 1857 a barone dell Impero. Dopo l annessione all Italia del Veneto, Achille si ritirò a vita privata accettando solo di ricoprire la carica di Sindaco di Vigodarzere (dal 1872 al 1884). Nel 1848 aveva sposato la contessa Adelaide Drusilla Emo-Capodilista, dalla quale ebbe numerosa prole. La scomparsa della moglie nel 1888, fu un duro colpo per il De Zigno che morì a Padova dopo breve malattia. Giovanni Omboni acquistò dalla famiglia la biblioteca e le collezioni dei fossili, che donò all Istituto di Geologia dell Università di Padova, dove sono ancor oggi conservate. La biblioteca dell Istituto possiede anche la collezione pressoché completa delle opere del De Zigno. 35

36 Il prof. Giovanni Omboni ( ) Una seconda, autorevolissima testimonianza giunge dallo stesso Omboni; trascrivo i passaggi più significativi: Fece i suoi primi studi con la madre col padre e parecchi professori privati e ne ebbe una copiosa, svariata e soda istruzione che gli permise di passare, senza quella universitaria a quegli studi, coi quali egli divenne uno dei più stimati naturisti. Fece con i genitori la sua prima gita all età di cinque anni a Bassano presso il nobile Parolini che gli mostrò il proprio studio; rimase colpito alla vista dei metalli, minerali e cristalli tanto che il Parolini gli regalò alcuni esemplari. Di ritorno a Padova, Achille li pose in buon ordine in un cassetto per ammirarli spesso e li conservò sempre, con particolare affetto. La madre sua gli faceva osservare ogni cosa e gli nominava le piante che egli con passione raccoglieva in un erbario. Nel 1833 dovette stabilirsi in campagna [nella Certosa] per accudire agli affari e per dodici anni fu Sindaco di Vigodarzere e sempre lavorò assiduamente compiendo i suoi doveri come gli dettava la coscienza e per quanto gli permisero le circostanze per il maggior bene dei suoi concittadini e del suo paese. Intanto che il De Zigno fu Podestà di Padova fu estesa a quasi tutta la città la illuminazione a gas, ed anche la rete della strade interne con selciati e marciapiedi. Fu organizzato il corpo dei civici 36

37 pompieri, fu fondato il Museo Civico (con i quadri delle Corporazioni religiose soppresse al tempo napoleonico), fu ampliata la Biblioteca Municipale, l Archivio Civico, fu costruita la Barriera di Codalunga con l ampia strada e i viali che conducono alla Ferrovia e fu curato il pagamento di tutti i debiti che aveva il Comune. Nel 1856 il De Zigno fu eletto Deputato nella Congregazione Veneta del Consiglio Comunale, per dimostrargli la sua riconoscenza per l abnegazione e la solerzia da lui dimostrate durante due epidemie di colera. Amò appassionatamente la Scienza e poi anche il sapere per mezzo dei suoi famigliari, passava ore e ore di giorno e di notte nel suo studio, in mezzo alle sue predilette collezioni e fra i suoi libri, studiando, leggendo, scrivendo, ed approfittava per istudiare e lavorare anche dei più brevi istanti che gli erano lasciati liberi da altre occupazioni. I lavori del De Zigno, oltre che numerosi, furono anche d un grande valore scientifico. Se ora noi pensiamo alle grandi spese che Anchille De Zigno dovette fare per acquistare gli oggetti da studiare, per farli disegnare in modo perfetto e per procurarsi i libri necessari per il loro studio, alla quantità di lavoro intellettuale impiegato per bene esaminare, confrontare e descrivere tutti quegli oggetti, ed al gran numero di lettere che egli dovette scrivere ad altri naturalisti, per consultarli intorno ai suoi studi ed ai suoi dubbi, ed anche per rispondere alle loro domande e sciogliere i dubbi loro. La prodigiosa attività di Anchille De Zigno non diminuì che nel 1888 quando, la morte di quella donna, ammirabile sotto ogni riguardo, che gli era stata fedele compagna per quarant anni, lo colpì tanto vivamente, da toglierli per qualche tempo ogni energia; ma ben presto, incoraggiato dai figli, si rimise, quasi per distrarsi del suo dolore, a lavorare. La morte lo colse dopo pochissimi giorni di malattia, nel mattino del 15 gennaio 1892, all età di 79 anni. Ora egli riposa nella sua villa di Vigodarzere, presso Padova, vicino le spoglie della sua diletta consorte. Le collezioni e i libri che egli amò tanto, sono nel Gabinetto di Geologia dell Università di Padova Il prof. Omboni titolare della Cattedra di mineralogia e geologia acquistò dalla famiglia de Zigno, collezioni, libri, opuscoli, etc. donando il tutto al succitato istituto. 37

38 ACHILLE DE ZIGNO, GENTILUOMO DI NASCITA, DI ABITUDINI, DI SENTIMENTI E DI MODI Barone Achille De Zigno (Per gentile concessione dell Istituto di Paleontologia e Mineralogia dell Università di Padova) 38

39 A giudicare quale carattere egli ebbe, basterebbero quattro parole: quello di un gentiluomo. Fu definito: il più compiuto e garbato signore che si potesse desiderare in società; gentiluomo di nascita, di abitudini, di sentimenti, di modi. Mantenevasi invariabilmente di carattere dolce e cortese, ma franco ed energico, Ricusava pressioni, sentiva alto e soprattutto non recedeva di una linea dalla idea e dai sentimenti una volta enunciati. Morì meno ricco che non nascesse. Il lavorare costò alla sua fortuna quanto e più che ad altri lo scioperare. Rese agli studi dei servigi che non gli furono certamente ricambiati. La sua vera e sostanziale cortesia era molto più che urbanità, rimanendo ad ogni modo ancora piena di un energia non altera, ma alta. Egli s inchinava, si profondeva innanzi ad una sola cosa, al merito; scevra di questo, riguardava e dichiarava assai umile qualunque più elevata condizione (G. Omboni). 39

40 Riassumo schematicamente per fare chiarezza su notizie e dati anagrafici desunti dall Archivio di Stato e Biblioteca Capitolare di Padova (Registri dello stato civile, sezione Parrocchie urbane). SCHEDA DI MARCO DE ZIGNO Marco, di Pietro e di Vittoria Ridolfi, nato a Venezia il 23 gennaio1780. Luogo da cui procede: Venezia. Epoca dell arrivo in Comune di Padova: 1786 Parrocchia di S. Nicolò. Coniugato: 25 giugno 1805 con Maria Creagli Maguire. Morto 14 aprile 1843 alle ore nove antimeridiane nel suo palazzo in Strà Maggiore, 250 Padova (Parrocchia di S. Nicolò). SCHEDA DI ACHILLE PIETRO DE ZIGNO Achille Pietro di Marco e Maria Creagli Maguire, nato a Padova il14 gennaio 1813, coniugato 22 febbraio 1848 a Padova (Basilica di S. Giustina) con Adelaide Drusilla Emo - Capodilista, dei conti Giordano e Lucia caldura. Morto a Padova il 15 gennaio Parrocchia S. Nicolò. 40

41 Padova, Chiesa di S. Nicolò. FIGLI DI ACHILLE DE ZIGNO E ADELAIDE EMO-CAPODILISTA Il 3 dicembre.1848 Ugo Marco, il primogenito; muore il 6 dello stesso mese a Fanzolo, distretto di Castelfranco; Maria Lucia - Vittoria - Bianca - Francesca - Paolina; sposerà il conte Girolamo de Bernini; Alberto Marco-Andrea-Giordano - Ugo-Federico; coniugato a Luisa dei conti di Serravalle; Lucia Maria Beatrice; coniugata al nobile Antonio Lazzara-Pisani-Zusto; 41

42 Federico Benedetto-Giovanni-Marco-Giordano Maria; impalmerà la marchesa Flavia Malaspina; Giovanni - Nepomuceno -Alberto - Marco - Giordano Maria coniugato a Vigodarzere il [Oratorio della Certosa] con la contessa Emma Maluta. Giovanni muore improvvisamente a Vigodarzere il 23 marzo 1892 mentre era in visita alla sua villa detta la Certosa; Emma Lucia - Giulia - Maria - Margherita - Eleonora; coniugata presso la Chiesa della Certosa a Vigodarzere al nobile Lorenzo Lonigo; Domiciliata a Padova per una metà dell anno e per l altra metà in questa Parrocchia nella sua villa della Certosa (dal Registro dei Matrimoni della Chiesa Arcipretale di Vigodarzere; firmato Don Giovanni Battista Magnabosco, arciprete, che celebrò i solenni sponsali). DAI BARONI DE ZIGNO AI CONTI PASSI DI PREPOSULO L ultima erede dei De Zigno è la baronessa Maria, figlia di Giovanni Nepomuceno e di Achille De Zigno. Maria Anna, Leonilde, Beatrice, Giovanna dj Giovanni Nepomuceno, Alberto, Marco, Giordano Maria, di Achille Pietro. Nata a Padova il coniugata il con Alessandro Fermo conte Passi di Preposulo nato a Carbonera (Treviso), morto a Carboneria. 42

43 Da cui: Dr.Enrico Matteo, Conte Passi di Preposulo, nato a Venezia il , coniugato il 18 settembre 1965 con Caterina Corsini dei principi di Sismano, di Giovanni ed Olga contessa Olsoufiev, nata il 3 aprile 1941 ad Addis Abeba. Morto a Padova (ottobre 2004) Da cui: Passi Dr.ssa Ludovica, nata Passi Dr.ssa Maddalena, nata

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