La comunicazione tra educatori e famiglie e il benessere dei bambini

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1 Università degli Studi di Genova DIPARTIMENTO DI SCIENZE ANTROPOLOGICHE Polo M.T. Bozzo. Ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell apprendimento La comunicazione tra educatori e famiglie e il benessere dei bambini Progetto annuale di formazione Responsabile Alda M. Scopesi Comitato Scientifico: Donatella Cavanna, Laura Migliorini, Alda M. Scopesi, M. Carmen Usai, Paola Viterbori, Mirella Zanobini Gruppo di lavoro: Paola Cardinali, Valentina Garello, Valentina Guiducci, Laura Traverso Aprile 2011

2 Introduzione Il coinvolgimento dei genitori nelle prime esperienze educative extrafamiliari dei figli rappresenta un elemento molto significativo per lo sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino (Henderson, Mapp, 2002; NICHD Child Care Research Network, 1999; Patrikakou, Weissenberg, 2000) e costituisce un fattore protettivo importante per i bambini che provengono da contesti svantaggiati. Per questo motivo la capacità da parte dei servizi educativi prescolari di instaurare una comunicazione efficace con le famiglie può rappresentare un azione molto utile per favorire il benessere dei bambini e il loro percorso di crescita. Una comunicazione efficace consente di stabilire obiettivi educativi condivisi, evitare fraintendimenti e può aiutare i genitori a capire come sostenere lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino in un clima di collaborazione e partecipazione attiva. È stato rilevato come il coinvolgimento dei genitori nelle attività scolastiche e prescolastiche possa favorire lo sviluppo di relazioni adeguate tra il bambino e gli educatori e aiutare il bambino a sviluppare idee positive sulle istituzioni educative e scolastiche. Diversi studi, con bambini più grandi che frequentavano la scuola dell infanzia e i primi anni della scuola primaria, hanno dimostrato che il coinvolgimento genitoriale ha effetti positivi sia sull adattamento del bambino al contesto scolastico sia sul suo rendimento (Arnold et al., 2008; Sénéchal, LeFevre, 2002). I benefici di una buona comunicazione tra istituzioni educative e famiglia non sono limitati ai bambini, ma si estendono ai genitori stessi che, se hanno adeguate opportunità di conoscere e condividere le scelte educative, possono sviluppare o rafforzare il proprio senso di autoefficacia genitoriale (Gettinger, Guetschow, 1998; Hoover-Dempsey et al., 1995) e aumentare il livello di fiducia e soddisfazione nei confronti dell istituzione educativa o scolastica (Hoover-Dempsey, Sandler, 1997). Per quanto riguarda le istituzioni per la prima infanzia, l individuazione di adeguate modalità comunicative reciproche comporta da parte della struttura sia un certo grado di flessibilità rispetto ai modelli organizzativi sia la capacità di mantenere una propria e specifica linea educativa, che risulti però aperta alle richieste dei genitori e ai segnali del bambino. La collaborazione sistematica tra istituzioni per la prima infanzia e famiglia risulta cruciale per impostare un accoglienza e un accudimento centrati sul bambino e sulle sue caratteristiche specifiche. Tuttavia, diversi fattori possono influenzare le modalità comunicative e il livello di coinvolgimento della famiglia. Ad esempio, alcune caratteristiche dei genitori, come il ricordo di esperienze personali negative associate al contesto scolastico, possono ostacolare la comunicazione con gli educatori; d altra parte anche il tipo di organizzazione delle istituzioni educative o le scelte relative alle strategie comunicative adottate con i genitori possono interferire con una comunicazione efficace (Hoover-Demsey, Walker, 2002). Una maggiore consapevolezza dei fattori che possono impedire lo sviluppo di una buona relazione con i genitori e la capacità di individuare strategie comunicative adeguate e flessibili in base alle caratteristiche delle famiglie rappresentano due elementi importanti nella costruzione della relazione fra servizi educativi e genitori, con ricadute positive non solo per i bambini ma anche per i genitori e le educatrici. Il progetto presentato di seguito è articolato in due parti 1. una rilevazione a livello regionale sulle pratiche e sugli aspetti critici relativi alla comunicazione fra i servizi educativi per la prima infanzia e le famiglie dei bambini; 2. una formazione rivolta alle educatrici e articolata in due azioni sugli aspetti che entrano in gioco nei processi comunicativi fra istituzioni educative per la prima infanzia e genitori e sui fattori che possono contribuire allo sviluppo di una comunicazione efficace e favorire un maggiore coinvolgimento delle famiglie. L obiettivo del progetto è pertanto duplice: 2

3 A) Conoscere le strategie comunicative adottate dai servizi educativi per la prima infanzia e le difficoltà incontrate dalle educatrici nella comunicazione con i genitori. B) Avviare una riflessione con le educatrici stesse su come sia possibile aumentare il coinvolgimento dei genitori nelle prime esperienze educative extrafamiliari dei figli e su come potenziare le proprie capacità comunicative e relazionali, in particolare nei casi in cui le comunicazioni possono, per qualche ragione, risultare difficili (cfr. Azioni 1 e 2). Obiettivo A Una rilevazione delle pratiche e strategie comunicative adottate dai servizi educativi per la prima infanzia della Regione Liguria (Referenti scientifici: Proff. M. Carmen Usai, Paola Viterbori) Gli obiettivi della rilevazione a livello regionale sono i seguenti: 1. identificare le pratiche formali e le strategie informali che vengono utilizzate all interno dei servizi educativi per conoscere le famiglie dei bambini, informare le famiglie sulle attività svolte al nido, promuovere la partecipazione delle famiglie e gestire le comunicazioni difficili (ad es. identificazione di un possibile disturbo evolutivo); 2. identificare i nodi critici e le barriere che possono interferire con la creazione di una relazione positiva tra servizio educativo e genitori; 3. raccogliere una serie di casi esemplificativi in cui le difficoltà di comunicazione con una o più famiglie si sono risolte positivamente, al fine di evidenziare gli elementi che hanno prodotto l esito positivo. La rilevazione sarà svolta su un campione rappresentativo dei servizi educativi per l infanzia della regione Liguria, utilizzando una scheda di raccolta delle informazioni. Ai servizi che partecipano alla rilevazione sarà inoltre richiesto di compilare una breve scheda sulle caratteristiche del servizio stesso (ad es. tipologia di servizio, numero di bambini presenti, numero di educatori). I dati saranno analizzati dal punto di vista quantitativo, al fine di fornire una fotografia delle pratiche comunicative utilizzate dai servizi. I casi riportati verranno invece analizzati dal punto di vista qualitativo al fine di ottenere informazioni sugli indicatori di processo nelle buone pratiche comunicative. La rilevazione prevede le seguenti fasi operative: a) stesura della scheda di raccolta delle informazioni e validazione su campione pilota; b) campionamento delle strutture educative della prima infanzia in cui effettuare la rilevazione in modo da garantire la rappresentatività delle diverse tipologie di servizio; c) organizzazione della rilevazione; d) data management: caricamento dei dati in un database informatizzato e controllo di qualità degli stessi; e) analisi dei dati quantitativi e qualitativi. In particolare i dati saranno analizzati sia in forma aggregata sia per distretto territoriale; inoltre, i dati raccolti saranno analizzati in relazione alla tipologia di servizio per evidenziare eventuali differenze nelle pratiche comunicative o nelle criticità rilevate dagli educatori in base alle caratteristiche dei diversi servizi; f) stesura di un report conclusivo. La rilevazione permetterà di ottenere una serie di informazioni utili per: sviluppare linee guida regionali sulle buone pratiche comunicative; attivare strategie di facilitazione della comunicazione tra servizi educativi per la prima infanzia e famiglie, in relazione alle specifiche esigenze dei territori e delle tipologie di struttura; 3

4 promuovere attività che possano favorire la partecipazione dei genitori e migliorare il clima all interno del contesto educativo. Obiettivo B La formazione Gli obiettivi della formazione sono i seguenti: 1. approfondire la conoscenza degli aspetti che possono interferire con la creazione di una comunicazione efficace, sia da parte dei genitori sia da parte dell istituzione educativa; 2. approfondire la conoscenza delle strategie che possono promuovere il coinvolgimento dei genitori e facilitare la comunicazione; 3. approfondire la conoscenza sulle diverse tipologie familiari e migliorare la capacità di comprendere in che modo le caratteristiche dei genitori possono influenzare le modalità comunicative; 4. approfondire la conoscenza sugli aspetti più recenti della teoria dell attaccamento con particolare attenzione agli attaccamenti multipli. La formazione teorica sarà affiancata da esercitazioni pratiche con l obiettivo di fornire alle educatrici occasioni per: riflettere sui processi di cambiamento familiare e sui motivi sottostanti ai fallimenti comunicativi, sviluppare strategie per rimuovere le barriere ad una comunicazione efficace e implementare pratiche volte a promuove il coinvolgimento dei genitori, confrontarsi sui vissuti e sulle percezioni individuali del mondo relazionale ed emotivo del nido. Particolare attenzione sarà rivolta alla gestione delle comunicazioni difficili e alla discussione di situazioni in cui la comunicazione con i genitori è stata particolarmente complessa. La formazione sarà articolata in due azioni di 8 ore ciascuna per un totale di 16 ore formative. Le azioni formative saranno replicate su sei sedi individuate sul territorio della Regione, per un totale di 96 ore di formazione erogata. Azione 1 Il coinvolgimento genitoriale nelle prime esperienze educative extrafamiliari: barriere e facilitatori della comunicazione efficace tra servizi educativi per la prima infanzia e famiglie (Referente scientifico: Prof. Alda M. Scopesi) La letteratura ha proposto diversi modelli che tentano di individuare i fattori che possono influenzare il coinvolgimento parentale nelle attività prescolari e scolari dei bambini. Hoover- Dempsey et al. (2005), ad esempio, hanno individuato alcune variabili importanti per quanto riguarda sia i genitori sia le istituzioni educative e gli insegnanti. Ad esempio, il coinvolgimento parentale è influenzato dalle credenze dei genitori circa il loro ruolo educativo ma anche dal loro senso di autoefficacia e da come percepiscono la loro capacità di sostenere la crescita individuale dei propri bambini. I genitori che si percepiscono come più capaci nel supportare i propri figli tendono ad essere maggiormente coinvolti nelle esperienze educative extrafamiliari. D altra parte anche il clima delle istituzioni educative prescolari e scolastiche e le strategie adottate per coinvolgere e comunicare con i genitori sono elementi importanti. Henderson e Mapp (2002) hanno proposto alcune raccomandazioni per gli insegnanti al fine di migliorare gli scambi comunicativi con le famiglie, costruire legami di fiducia reciproci e favorire la partecipazione dei genitori. Tra queste, ad esempio, imparare a riconoscere che tutte le famiglie, indipendentemente dal livello di istruzione e dal background culturale, hanno un ruolo importante nell educazione e istruzione dei propri figli; creare programmi o attività che possono aiutare i genitori a riconoscere e rafforzare il proprio ruolo educativo; sviluppare la capacità di lavorare insieme ai genitori e abbracciare una filosofia educativa basata sulla 4

5 cooperazione e il rispetto reciproco dove genitori ed educatori riconoscono che la responsabilità del benessere del bambino è un impresa collaborativa. L azione formativa intende fornire alle educatrici alcuni spunti di riflessione sia sugli elementi che possono ostacolare l instaurarsi di una comunicazione efficace sia sui possibili facilitatori. In particolare, dopo avere presentato alcuni aspetti teorici e di ricerca relativi alle variabili che possono influenzare positivamente o negativamente la relazione tra servizi educativi e famiglie dei bambini, si analizzeranno casi concreti portati dalle educatrici in cui la comunicazione con i genitori sia stata particolarmente complessa o difficile. Un primo obiettivo dell azione formativa è quindi aiutare le educatrici a sviluppare capacità di analisi dei processi comunicativi e, conseguentemente, modalità e strategie comunicative flessibili e sensibili alle caratteristiche dei genitori. Particolare attenzione sarà rivolta a tutte quelle situazioni che possono rivelarsi particolarmente critiche, quali la comunicazione di difficoltà specifiche nel bambino, la comunicazione con genitori stranieri, la comunicazione con famiglie provenienti da contesti particolarmente svantaggiati, la gestione dei conflitti. Un secondo obiettivo riguarda lo sviluppo di attività, iniziative, modalità di comunicazione innovative che possano aumentare il coinvolgimento e la partecipazione dei genitori. Le educatrici saranno quindi invitate a riflettere sulle caratteristiche del proprio servizio, sull organizzazione dei tempi e degli spazi, sulle difficoltà che più frequentemente incontrano nella comunicazione con le famiglie al fine di sviluppare strategie adeguate e specifiche per il proprio servizio. L azione formativa prevede 8 ore di lezione articolate in 4 incontri di 2 ore ciascuno per ciascuna delle sei sedi individuate sul territorio della Regione. Azione 2 Componenti comunicative e relazionali nel rapporto tra nido e famiglie: esaminare la quotidianità e superare i nodi critici (Referente scientifico: Proff. Donatella Cavanna, Laura Migliorini) Il tema della comunicazione e della relazione tra nido e famiglia apre alla riflessione sulle diverse tipologie familiari che oggi si rivolgono al nido, e sui bisogni e sulle aspettative che queste rivestono nell istituzione educativa. L individuazione di adeguate strategie comunicative reciproche, di tipo fiduciario e collaborativo, sia nelle situazioni di normalità che in quelle problematiche, comporta una speciale flessibilità come caratteristica strutturale del servizio, sia come modalità organizzativa, che come modello implicito di funzionamento (D Amato, Mayer, 2005). Ci riferiamo in particolare a quella che può essere definita la mente del servizio (Quaglino, 1996) e alla sua capacità di mantenere una propria e specifica linea educativa che risulti permeabile sia alle richieste implicite ed esplicite dei genitori, che ai segnali che il bambino continuamente veicola attraverso i suoi stati di benessere o malessere sul piano individuale, relazionale e delle funzioni. La recente riflessione sulla sfida alla cogenitorialità (McHale, 2010) riprende un tema classico della letteratura psicologica, relativo all esclusività delle relazioni significative, a fronte della nota capacità dei bambini a strutturare attaccamenti multipli (Howes, 1999; Howes & Spieker, 2008 ). Questo aspetto contiene da una parte un area di possibile problematicità, nell ottica della asimmetria delle relazioni, dall altra una potenzialità come espressione della capacità dei bambini di distinguere e mantenere la diversa qualità delle relazioni stabilite con caregiver diversi. Le componenti emotive di tali relazioni possono definire la qualità del rapporto tra educatrici e familiari e, quando vengono tenute in giusta considerazione, ne connotano la qualità, conferendo valore aggiunto ai modelli organizzativi pensati dalla struttura educativa, 5

6 incidendo sul clima emotivo tra gli adulti, sulla flessibilità del servizio e sul senso di fiducia reciproca. I modelli psicosociali così come la psicologia dello sviluppo di orientamento psicodinamico, hanno rilevato da tempo come le pratiche quotidiane acquisiscano una funzione strutturante del Sè, nella misura in cui una o più menti adulte, unite da un patto di alleanza e corresponsabilità, propongono modelli di relazione e modalità di parenting e di gestione dei momenti significativi della vita dei bambini al nido, non identici, ma reciprocamente conosciuti, accettati e condivisi. Viene così messa in atto una funzione riflessiva reciproca (Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E.L., Target, 2002) che si riferisce alla capacità di prendere in considerazione i rispettivi stati mentali da parte dei protagonisti dell impegno educativo (genitori/familiari ed educatrici), anche per quanto riguarda gli aspetti emotivi che permeano la condivisione quotidiana del tempo del bambino, in soggetti prevalentemente di sesso femminile che condividono funzioni certamente diverse. Inoltre, la condivisione di modelli tra cultura del nido e pratiche familiari mette in risalto il valore del riconoscimento e del rispetto delle differenze nelle modalità di cura e dei modelli culturali che esprimono, e del loro intrinseco valore quando risultino adeguati alla crescita dei bambini. Le aree in cui si svilupperà l azione formativa sono le seguenti: 1. Gli attaccamenti multipli. Il criterio fondamentale per identificare una figura di attaccamento è costituito dal suo coinvolgimento attivo nei compiti di cura fisica ed emotiva del bambino, oltre che dalla presenza costante nella sua vita. Questa posizione indica che non è sufficiente appartenere ad una certa categoria di caregivers per essere considerati automaticamente delle figure di attaccamento e assegna un ruolo specifico alle figure che ruotano stabilmente intorno al bambino, condividendo l accudimento e la vita di relazione ( Howes & Oldham, 2001). Quale che sia la motivazione dell affido di un figlio ad un servizio educativo nella prima infanzia, la qualità della relazione che si instaura tra bambino ed educatrice costituisce un area emotiva che impegna tanto l educatore che il genitore. In questo dialogo o confronto relazionale, il bambino riesce normalmente a distinguere con chiarezza la specificità delle diverse relazioni, regolandone intensità e correlati emotivi, in particolare quando possa contare su un ambiente familiare sufficientemente stabile ed equilibrato (Fonagy & Target, 2001; Steele & Fonagy, 1996). L obiettivo di questa fase della formazione sarà quello di presentare nella prospettiva della teoria dell attaccamento la funzione del network relazionale del bambino, favorendo la riflessione delle educatrici. 2.Relazione nido/famiglia all interno del patto educativo. Il rapporto nido/famiglia accompagna la prima fase della vita del bambino e dei loro genitori intessendo una rete di relazioni e di significati. La collaborazione sistematica tra nido e famiglia e la reciprocità dei flussi comunicativi, necessari ad impostare una accoglienza ed un accudimento centrati sul bambino e pensati in una certa misura sulle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi, consente di intendere la comunicazione come relazione tra nido e famiglia. Ci si riferisce in particolare all insieme delle aspettative reciproche dei genitori e degli educatori al momento del primo contatto con la struttura, così come ai loro possibili pregiudizi e alla particolare fase del loro life span. Inoltre, nell ultimo decennio professionisti e operatori delle istituzioni educative sentono sempre più il bisogno di lavorare con i genitori alla costruzione di competenze educative condivise, consapevoli dell importanza dell alleanza e del patto formativo con le famiglie (Christenson, Sheridan, 2001). L obiettivo di quest area sarà pertanto quello di favorire la capacità di gestire la comunicazione e la relazione con le famiglie da parte degli educatori, facendo leva sulla 6

7 elaborazione e riflessione dei processi di cambiamento familiare e dell istituzione educativa stessa. Il processo di regolazione emotiva nella relazione con le famiglie è complesso e comporta la ricerca della giusta distanza nella relazione con le famiglie che si presentano come estremamente variegate, spesso troppo vicine o troppo distanti. Sul piano metodologico l azione formativa sarà articolata su due livelli: 1. presentazione degli aggiornamenti sul tema dei processi di cambiamento e di fragilizzazione dei legami genitoriali e familiari; presentazione dell azione educativa al nido all interno della cornice teorica degli attaccamenti multipli e dei processi di regolazione e mentalizzazione, attraverso l integrazione e la differenziazione dei legami con i caregivers primari. Analisi dei significati dei comportamenti e delle relazioni nell agire educativo congiunto educatori genitori. 2. utilizzo di tecniche di formazione attiva per favorire momenti di condivisione e confronto sui vissuti e sulle percezioni individuali del mondo relazione ed emotivo del nido tra processi di individuazione e separazione. Attraverso l esperienza diretta delle educatrici, verranno esaminate alcune situazioni nelle quali i bambini presentino problemi significativi (comportamentali di varia natura, aggressività auto od eterodiretta, iperattività, disagi come espressione di confusione tra modalità allevanti eccessivamente diversificate ecc). L obiettivo sarà quello di facilitare la comprensione dell esperienza interna del bambino (Jurist, Slade e Bergner, 2010) e il collegamento con il comportamento quale veicolo di significati ed espressione delle risorse emotive e cognitive disponibili (Fonagy, Gergely, Jurist e Target, 2005); una ulteriore finalità sarà costituita dall individuazione delle modalità più adeguate per mettere in rete il genitore nell impegno congiunto di capire i messaggi veicolati attraverso i comportamenti incongrui al fine di mettere a punto sinergie relazionali utili ad attenuarli o superarli (Slade, 2010). L azione formativa prevede 8 ore di lezione articolate in 4 incontri di 2 ore ciascuno per ciascuna delle sei sedi individuate sul territorio della Regione. Bibliografia Arnold, D.H., Zeljo, A., Doctoroff, G. L., & Ortiz, C. (2008). Parent involvement in preschool: Predictors and the relations of involvement to pre-literacy. School Psychology Review, 37, Christenson, S. L., & Sheridan, S. M. (2001), Schools and families: Creating essential connection for learning, Guilford Press, New York. D Amato, A., & Mayer,V. (2005) Il vantaggio del clima, Milano, Raffaello Cortina. Fonagy, P., & Target, M. (2001). Attaccamento e funzione riflessiva. Trad. it. Milano: Raffaello Cortina. Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E.L., & Target, M. (2002). Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del sé. Trad. it. Milano: Raffaello Cortina: Gettinger, M. & Guetschow, K.W. (1998) Parental involvement in Schools: Parent and teacher perceptions of roles, efficacy and opportunities. Journal of Research and Development in Education, 32, Henderson, A.T., & Karen L. Mapp, K.L.. (2002). A new wave of evidence: The impact of school, family, and community connections on student achievement. Austin, TX: National Center of Family & Community Connections with Schools, Southwest Educational Development Laboratory. 7

8 Hoover-Dempsey, K.V., & Sandler, H.M. (1997). Why do parents become involved in their children's education? Review of Educational Research, 67, Hoover-Dempsey, K.V., Bassler, O.C., & Burow, R. (1995). Parents' reported involvement in students' homework: Strategies and practices. Elementary School Journal, 95, Hoover-Dempsey, K.V., Walker, J.M., Jones, K.P., & Reed, R.P. (2002). Teachers Involving Parents (TIP): An in-service teacher education program for enhancing parental involvement. Teaching & Teacher Education, 18, Hoover-Dempsey, K.V., Walker, J.M.T., Sandler, H.M., Whetsel, D., Green, C.L., Wilkins, A.S., & Clossen, K.E. (2005). Why do parents become involved? Research findings and implications. Elementary School Journal, 106, Howes, C. (1999). La relazione di attaccamento nel contesto dei caregivers multipli. In J. Cassidy & P.R. Shaver, (Eds.). Manuale dell attaccamento, (pp ). Trad. it. Roma: Fioriti, Howes, C., & Oldham, E. (2001). Attachment organizations in child care: processes in the formation of attachment relationships with alternative caregivers. In A. Göncü & E. Klein (Eds.), Children in play, story and school, (pp ). New York: Guilford Press. Howes, C., & Spieker, S. (2008). Attachment relationships in the context of multiple caregivers. In J. Cassidy & P.R. Shaver (Eds), Handbook of attachment (Second edition) (pp ). New York: Guilford Press. Jurist, E.L., Slade A., Bergner S. (2010). Da mente a mente. Infant research, neuroscienze e psicoanalisi, Milano, Raffaello Cortina. McHale J. (2010). La sfida della cogenitorialità, Milano, Raffaello Cortina. NICHD Early Child Care Research Network (1999). Child outcomes when child care center classes meet recommended standards for quality. American Journal of Public Health, 89, Patrikakou, E. N., & Weissberg, R. P. (2000). Parents perceptions of teacher outreach and parent involvement in children s education. Journal of Prevention & Intervention in the Community, 20, Patrikakou, E., & Weissberg, R. (1999). The Seven P s of School-Family Partnerships. Education Week, 18, Quaglino G.P. (1996). Psicodinamica della vita organizzativa. Milano, Raffaello Cortina. Sénéchal, M., & LeFevre, J. (2002). Parental involvement in the development of children's reading skill: A 5-year longitudinal study. Child Development, 73, Slade A., (2010). Relazione genitoriale e funzione riflessiva, Roma, Astrolabio. Steele, M., Steele, H., & Fonagy, P. (1996). Associations among attachment classifications of mothers, fathers and their infants. Child Development, 67,

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