Il voto disgiunto non è una novità. Il ricorso al voto disgiunto fra Camera e Senato

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1 Il voto disgiunto non è una novità. Il ricorso al voto disgiunto fra Camera e Senato Una media del 7% di elettori ha votato in modo diverso tra Camera e Senato nelle 7 elezioni politiche che si sono tenute tra il 1987 e il 2008, pur in assenza di una forte motivazione politica che sostenesse un tale comportamento. Il voto disgiunto è minore nella regioni rosse e maggiore nelle regioni meridionali, più diffuso tra i giovani e meno tra gli anziani. Il voto disgiunto riguarda soprattutto chi vota i partiti piccoli, e più il centro-sinistra che il centro-destra. In questi giorni viene riservata grande attenzione al tema del «voto disgiunto», soprattutto in riferimento alla campagna elettorale per le elezioni regionali in Lombardia. In particolare, alcuni politici di primo piano dell area del centro-sinistra si sono appellati ai potenziali sostenitori di Gabriele Albertini il candidato della lista civica per Monti invitandoli a non sprecare il proprio voto e a concentrarlo invece sul candidato del centro-sinistra Umberto Ambrosoli. Inizialmente il voto disgiunto riguardava le sole elezioni regionali, e prendeva spunto dalla possibilità offerta dalla legge elettorale lombarda di votare per una lista e contemporaneamente per un candidato presidente collegato a uno schieramento differente. Successivamente l invito alla differenziazione del voto è stata estesa alla coppia voto-alle-regionali voto-alle-politiche, invitando gli elettori per Monti alle elezioni politiche a votare Ambrosoli alle regionali per evitare la consegna della Lombardia alla Lega. La possibilità del voto disgiunto non è tuttavia una novità. Spesso ci si dimentica che, data la particolare natura del bicameralismo italiano, gli elettori hanno sempre avuto la possibilità di dare due voti diversi per la Camera e il Senato. Indipendentemente dai sistemi elettorali che si sono avvicendati nel corso degli anni, gli elettori italiani si sono sempre trovati davanti almeno due schede elettorali, una per ogni ramo del Parlamento. Grazie alle inchieste campionarie effettuate da Itanes in concomitanza alle elezioni politiche dal 1987 al 2008, è possibile valutare l uso che si è fatto di questo strumento nel tempo e analizzare come il ricorso al voto disgiunto si è finora distribuito fra gli elettori a seconda dell età, della zona di residenza e del loro orientamento politico. Naturalmente il voto disgiunto fra Camera e Senato alle elezioni politiche del passato è qualcosa di diverso dal voto disgiunto che viene invocato oggi fra elezioni regionali e politiche in Lombardia. Il voto disgiunto fra Camera e Senato del passato poteva avere alle spalle anche motivazioni per così dire futili, come l intenzione di diversificare il proprio voto in una situazione di incertezza oppure o quella di accondiscendere a qualche candidato specifico. Mentre l appello al voto diversificato che si fa oggi in Lombardia ha alle spalle una forte motivazione politica. Tuttavia una valutazione dell entità del voto disgiunto del passato ci permette di fare delle prime valutazioni sulle sue potenzialità (può diventare un fenomeno quantitativamente rilevante?) e sulle caratteristiche degli elettori più disponibili nei confronti di tale invito.

2 Quanti sono? Negli ultimi venti anni la percentuale di votanti che ha votato per due partiti diversi tra Camera e Senato ha oscillato tra il 5 e l 11% (fig. 1). Dunque una quota di un certo rilievo, potenzialmente in grado di spostare gli equilibri politici. Più precisamente, il voto disgiunto era quasi assente nelle elezioni del 1987, le ultime prima dei grandi sommovimenti che hanno interessato il sistema politico italiano negli anni 90: possiamo supporre che questa fosse la situazione per tutta la prima Repubblica, quando il voto era d appartenenza, e cioè espressione di una stabile fedeltà al proprio partito quale che fosse l assemblea votata (Camera, Senato, Regione, Comune...). Il ricorso a questo strumento è però cresciuto notevolmente nelle elezioni del 1992: anche se siamo ancora nella prima Repubblica, la frantumazione del sistema partitico è già in atto, e le vecchie fedeltà di dissolvono. Dal 2% di voto disgiunto del 1987 si passa all 11% (su 100 elettori che esprimono un voto validi, 11 votano diversamente a Camera e Senato). Con l avvento della seconda repubblica nel 1994 il voto disgiunto tende prima a diminuire, poi sale ancora nel 2006 (10,6%), si assesta nel 2008 sui valori del 2001 (6,3%). Figura 1 Voto disgiunto tra Camera e Senato: serie storica ( ). Dove sono? Esaminiamo ora la distribuzione del voto disgiunto per zona geopolitica di residenza dell elettore (tabella 1). Se guardiamo alla media calcolata su tutto il periodo (ultima colonna), si può notare che il ricorso al voto disgiunto è più ampio nelle regioni meridionali (9,5%) e più limitato nelle regioni cosiddette rosse (5,2%). Le prime fanno registrare valori superiori alla media nazionale in quasi tutte le elezioni considerate (uniche eccezioni il 1987 e il 2006). Al contrario, i votanti della regioni rosse sono quelli che votano in modo più uniforme tra i due rami del Parlamento (con l eccezione

3 del 1987 e del 2008): in quest area la percentuale di voto disgiunto si è mantenuta al di sotto della media nazionale anche quando il ricorso a questo strumento ha fatto registrare i picchi più elevati, come nel 1992 e nel Questo può essere spiegato con il solido radicamento dei partiti di sinistra (prima il Pci, poi il Pds/Ds, poi il Pd) in queste regioni. Chi sono? Per quanto riguarda la distribuzione per classe d età, sempre la tabella 1 mostra che, considerando tutto il periodo analizzato, gli elettori più giovani (25-34 anni, il limite inferiore è di 25 anni in quanto stiamo analizzando elettori che hanno votato anche al Senato) fanno ricorso al voto disgiunto più della media generale. Al contrario, gli anziani tendono a utilizzare questo strumento meno della media: fra i primi in media il 9% ha votato per due partiti diversi nei due rami del Parlamento, mentre tra gli ultrasessantaquattrenni la percentuale è sotto al 5%. Per gli anziani il fatto di essere stati socializzati alla politica nell epoca dei partiti di massa della prima Repubblica rappresenta evidentemente una sorta di freno al ricorso al voto disgiunto, un freno che non è naturalmente presente nelle fasce di età più giovani. Tabella 1 Voto disgiunto tra Camera e Senato per zona geopolitica e classe d età Media Zona geopolitica % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % Zona industriale 2, , , , , , , ,7 Zona bianca 2, , , , , , , ,9 Zona rossa 3, , , , , , , ,2 Zona meridionale 0, , , , , , , ,5 Totale 2, , , , , , , ,3 Classe d età % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % (N) % , , , , , , , , , , , , , , , ,7 65 e oltre 1, ,1 89 5, , , , , ,8 Totale 2, , , , , , , ,3 Zona industriale: Valle d Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria; Zona bianca: Veneto, Trentino Alto-Adige e Friuli- Venezia Giulia; Zona rossa: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche; Zona meridionale: Lazio, Abruzzo, Sardegna, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Di quale area politica? Passiamo infine ad esaminare la distribuzione del voto disgiunto in base al partito votato dagli elettori nella Camera dei Deputati. Un primo dato da rilevare è il maggior ricorso al voto disgiunto da parte degli elettori dei partiti piccoli (tabelle 2, 3 e 4). In ciascuna delle elezioni considerate, i partiti minori presentano infatti percentuali di voto disgiunto superiori alla media generale: questo fatto è comprensibile, in quanto è plausibile che fra i simpatizzanti di un partito piccolo ci siano non pochi che si pongono il problema dell effettiva utilità del proprio voto, per cui votano in modo sincero a una camera, e in modo utile all altra.

4 Tra i partiti maggiori il voto disgiunto è più limitato. Una rilevante eccezione è però rappresentata dagli elettori della Democrazia cristiana nel 1992 le elezioni che portano a conclusione la prima Repubblica e le ultime avvenute con il sistema proporzionale puro quando su 100 elettori che avevano votato la Dc alla Camera, più di 16 hanno espresso un voto differente al Senato (tabella 2). Tabella 2 Voto disgiunto tra Camera e Senato per partito votato alla Camera ( ). Partito votato alla Camera % (N) % (N) Pci/Pds 1, ,0 126 Psi 2, ,5 71 Dc 1, ,4 165 LN - - 6,5 55 Altri minori 5, ,6 141 Totale 2, ,2 558 (N): n. casi (soggetti intervistati) sulle quali sono calcolate le percentuali Nella seconda Repubblica, che si apre con le elezioni del 1994 le prime con sistema misto maggioritario-proporzionale il ricorso al voto disgiunto sembra essere stato utilizzato più tra le forze di centro-sinistra che da quelle di centro-destra. Come mostra la tabella 3, sia nel 1994 che nel 2001, gli elettori del principale schieramento di centro-sinistra (Progressisti, poi Ulivo) presentano percentuali di voto disgiunto superiori alla media. Al contrario, i votanti del Polo di centro-destra sono invece meno propensi a cambiare partito tra Camera e Senato. La differenza potrebbe essere spiegata con la maggiore frammentazione dell offerta elettorale nel campo del centro-sinistra rispetto al centro-destra, e dal fatto che questa offerta non sempre si è presentata unita in unico schieramento nel corso degli anni. Si ricorda, infatti, che nel 1994 il Partito popolare italiano (Ppi), che sarà all alleato nell Ulivo nel 1996 e che infine confluirà nella Margherita, si è presentato nello schieramento centrista del Patto per l Italia. Nel 2001, invece, l Italia dei valori (Idv) ha disertato le file del centro-sinistra, mentre, in ragione del Patto di non belligeranza tra Ulivo e Rifondazione comunista (Rc), quest ultima si è presentata solo nella quota proporzionale della Camera e al Senato. E interessante notare che nel 1996, quando il patto di desistenza ha permesso all Ulivo e Rc di presentarsi unite di fronte agli elettori, lo schieramento di centro-sinistra ha registrato una percentuale di voto disgiunto inferiore alla media. Al contrario, Lega nord (LN) e Polo, che in occasione delle elezioni del 1996 si sono presentati divisi, hanno visto aumentare il ricorso al voto disgiunto tra i loro elettori. Tabella 3 Voto disgiunto tra Camera e Senato per partito votato alla Camera ( ). Partito votato alla Camera % (N) % (N) % (N) Ulivo/Progressisti 11, , ,0 877 Patto per l'italia 7, Polo/Cdl 8, , , Lega Nord - - 6, Altri minori 9, , ,2 103 Totale 9, , ,

5 Nota: consideriamo come partito votato alla Camera lo schieramento votato nella quota maggioritaria della Camera. Tabella 4 Voto disgiunto tra Camera e Senato per partito votato alla Camera ( ). Partito votato alla Camera % (N) % (N) Rc+Pdci-Verdi/Sinistra Arcobaleno 19, ,0 75 Ulivo/Pd 9, ,6 614 Udc 2,8 76 1,8 56 Fi+An/Pdl 7, ,3 543 LN 0,0 42 7,9 135 Altri minori 31, ,0 28 Totale 10, , Nel 2006 le elezioni si sono svolte con il sistema elettorale attualmente in vigore, che, almeno in teoria, avrebbe dovuto offrire gli incentivi maggiori al voto disgiunto rispetto agli altri. L elettore, infatti, avrebbe potuto votare per due partiti diversi all interno della stessa coalizione, senza minacciare in alcuno modo le probabilità di vittoria della coalizione stessa. Effettivamente, la figura 1 mostra un aumento del ricorso al voto disgiunto nel 2006, che, stando ai nostri dati, avviene per la quasi totalità tra partiti apparentati nello stesso schieramento. Nel 2008, il ricorso a questo strumento ritorna però ai livelli del A questo calo ha contributo probabilmente il processo di fusione che si è verificato in entrambi gli schieramenti politiche e che ha portato alla nascita del Partito democratico e del Popolo della libertà. Ad ogni modo, la tabella 4 continua a mostrare un ricorso al voto disgiunto superiore alla media soprattutto tra gli elettori delle fasce estreme del centro-sinistra (Rc, Pdci, Verdi). Per concludere Il voto disgiunto fra camera e Senato è stato in Italia un fenomeno di entità non trascurabile, anche se non rilevantissima, collocandosi nelle 7 elezioni politiche che si sono tenute fra il 1987 e il 2008 su una media del 7% (su 100 elettori che hanno votato a Camera e Senato, 7 hanno votato partiti diversi nelle due scelte elettorali). Ciò in assenza di forti motivazioni politiche di carattere generale che potevano indurre al voto disgiunto. Non è difficile immaginare che in presenza di tali spinte il voto disgiunto possa andare ben oltre tali valori. Si aggiunge il fatto che il ricorso a questo modo di votare può essere particolarmente forte nei momenti di dissoluzione dei sistemi partitici tradizionali, come è avvenuto in Italia nel 1992: da questo punto di vista anche le prossime elezioni si collocano in un momento politico di destrutturazione degli assetti precedenti. Ancora i dati ci mostrano una maggiore propensione al voto disgiunto da parte dell elettorato di centro-sinistra. Tutti questi elementi fanno prevedere che il voto disgiunto possa effettivamente essere determinante nelle prossime elezioni in Lombardia Analisi a cura Andrea Pedrazzani e Luca Pinto Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo Tel / Sito web: