Giuseppe MARZO LA RELAZIONE TRA RISCHIO E RENDIMENTO: PROPOSTE TEORICHE E RICERCHE EMPIRICHE

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1 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Giuseppe MARZO LA RELAZIONE TRA RISCHIO E RENDIMENTO: PROPOSTE TEORICHE E RICERCHE EMPIRICHE Paper numero 22 Giugno 2002

2 LA RELAZIONE TRA RISCHIO E RENDIMENTO: PROPOSTE TEORICHE E RICERCHE EMPIRICHE di Giuseppe MARZO Professore a Contratto Università degli Studi di Trento Desidero ringraziare il professor Arnaldo Canziani (Università di Brescia) per gli utili commenti ricevuti nel corso della realizzazione del lavoro

3 Indice 1. Introduzione La relazione rischio rendimento nella Moderna Teoria Finanziaria La relazione rischio-rendimento nella Behavioral Finance: la Prospect Theory La relazione rischio rendimento dal paradosso di Bowman alla Prospect Theory: teoria ed evidenze empiriche Alcune riflessioni critiche Conclusioni...33 Bibliografia...34

4 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche 1. Introduzione Questo lavoro ha l obiettivo di confrontare criticamente la teoria finanziaria standard (la cosiddetta Moderna Teoria Finanziaria) e la Behavioral Finance per quanto riguarda le modalità con cui esse affrontano la relazione tra rischio e rendimento attesi. A tal fine il lavoro si concentra sui soli elementi in grado di evidenziare le differenze e le comunanze metodologiche delle due prospettive la standard e la comportamentista e presenta un esame critico degli studi aventi l obiettivo di verificare la forma della relazione tra rischio e rendimento atteso come sviluppata nell ambito della Behavioral Finance. Esula dunque, per quanto non strettamente attinente all oggetto del presente lavoro, la trattazione degli altri temi indagati nell ambito degli studi di Behavioral Finance, e cioè tutta la problematica connessa all efficienza dei mercati finanziari, al ruolo dei bias cognitivi e dell effetto framing anche nelle decisioni di esperti. La relazione tra rischio e rendimento costituisce oggetto di indagine in molti campi di studio, sia di matrice economica sia psicologica e sociale, e può essere indagata secondo varie modalità. In base al livello di analisi, è possibile distinguere a seconda che essa venga esaminata a livello di singoli individui o, come nel caso degli studi commentati in questo lavoro, a livello di imprese o aggregazioni sociali di vario genere. Può essere inoltre analizzata secondo il metodo delle preferenze rivelate o invece secondo il metodo delle preferenze espresse, a seconda che si ritenga possibile indagare l atteggiamento verso il rischio mediante l analisi degli effettivi comportamenti agiti oppure mediante l analisi delle intenzioni di comportamento. 1

5 Giuseppe Marzo Figura 1. La relazione rendimento rischio rischio curva 3 curva 1 curva 2 reference point ren dim ento Fonte: Fiegenbaum Hart Schendel [1996] Inoltre, relativamente alle modalità di analisi, esistono studi basati sulle evidenze risultanti da esperimenti condotti in laboratorio e altri che, al contrario, si servono di dati derivanti dal mondo reale (e specialmente dai mercati finanziari per quanto riguarda il ruolo della relazione rischio rendimento in finanza). Per quanto riguarda le possibili relazioni tra rendimento e rischio (attesi), la letteratura sul tema può essere rappresentata graficamente mediante la figura 1. La curva 1 rappresenta l ipotesi che il decision maker sia avverso al rischio e si ricollega direttamente agli studi di economia e finanza e ad una 2

6 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche parte di quelli di Teoria delle Decisioni fondantisi sulla Teoria dell Utilità Attesa 1. La curva 2 rappresenta il filone di ricerche iniziato con il paradosso di Bowman [1980, 1982] il quale ha riscontrato, sulla base di un indagine empirica, una relazione negativa tra rischio e rendimento. La curva 3 si rifà alla Prospect Theory e, più in generale, a quegli studi di matrice comportamentista che sottolineano come l atteggiamento verso il rischio dei decision maker sia spesso contrastante con quello proposta dalla teoria economica. Il punto di minimo della curva individua il passaggio da un atteggiamento di preferenza per il rischio ad uno di avversione al rischio. I due paragrafi successivi ripercorrono sinteticamente le modalità con cui la relazione tra rischio e rendimento attesi è inquadrata nell ambito della Moderna Teoria Finanziaria e, rispettivamente, nell ambito della Behavioral Finance. Il paragrafo 4 presenta i principali studi che indagano il segno della relazione tra rischio e rendimento attesi alla luce della Prospect Theory e che sono oggetto di riflessione critica nel paragrafo La relazione rischio rendimento nella Moderna Teoria Finanziaria La Moderna Teoria della Finanza si sviluppa sostanzialmente nell ambito della teoria economica. Non è un caso se la data di nascita della teoria finanziaria c.d. standard coincide con i primi lavori di Modigliani e Miller degli anni 50, i quali rappresentano il tratto di svolta rispetto alla finanza istituzional-descrittiva degli anni precedenti [FINDLAY WILLIAMS, 1980]. Come sottolinea Miller [1986], il modello dell impresa in finanza è infatti quello standard dell economia con alcuni componenti raggruppati differentemente 2. Il centro di attenzione della teoria finanziaria è l interazione tra l impresa e i mercati dei capitali, comprendendo l ottimizzazione dell output, il pricing dei prodotti e la combinazione degli input in una singola funzione di trasformazione intertemporale di entrate correnti di risorse in future uscite di risorse. L impresa in finanza è dunque una macchina astratta che usa moneta oggi per fare moneta domani e 1 Clark e Varma [1999] notano: «The bigger the risk, the greater the reward, is still widely believed. Unfortunately, the rewards do not always follow.» [CLARK VARMA, 1999, pag. 414]. Si vedano anche Dimson, Marsch e Staunton [2000], Oviatt e Bauerschmidt [1991] e Siegel [1999]. 2 «The two models of the firm, the finance model and the price theory model, are variations on a single theme» [MILLER, 1986, pag. 452]. 3

7 Giuseppe Marzo l obiettivo dell impresa, a causa del problema delle scelte intertemporali, passa ad assumere la forma di massimizzazione del valore attuale dei flussi di cassa futuri e non la semplice massimizzazione del profitto legata all ottica uniperiodale [WESTON, 1977; MILLER, 1986]. Per questo motivo la Moderna Teoria della Finanza condivide alcuni aspetti metodologici con la teoria economica. Innanzitutto l ipotesi del come se friedmaniana, tipica secondo Friedman dell economia positiva, secondo la quale un ipotesi di ricerca è importante «se riesce ad astrarre gli elementi essenziali dalla massa di circostanze complesse e minute, che stanno intorno ai fenomeni che devono essere spiegati e permette previsioni valide sulla base esclusiva di essi. Per essere dunque importante, una ipotesi dev essere falsa nelle sue assunzioni sotto il profilo descrittivo;» [FRIEDMAN, 1970, pag. 45]. In secondo luogo la teoria economica (e di conseguenza la Moderna Teoria della Finanza) è caratterizzata dall individualismo metodologico, caratteristico della teoria economica marginalista. Tale approccio metodologico considera tutti i fenomeni sociali, incluso il mercato, come la risultante della sommatoria delle azioni individuali 3 che costituiscono, quindi, il livello di analisi preferito. Infine, per quello che interessa l economia del presente lavoro, si assume che il comportamento individuale sia razionale (o almeno intenzionalmente razionale), pena la stessa sopravvivenza dell individuo nel mercato 4. Le modalità con cui vengono affrontate le decisioni in condizioni di rischio (o di incertezza ridotta a rischio) nell ambito della Moderna Teoria Finanziaria si ricollegano alla Teoria dell Utilità Attesa 5, come sviluppata in 3 Si veda al riguardo la posizione critica di Arrow [1986]. 4 Sul punto si veda Friedman [1953] e, ancora, Arrow [1986]. 5 La Teoria si basa su cinque assiomi: comparabilità o completezza: un individuo è in grado di valutare la preferibilità di due alternative; transitività o coerenza: se un agente preferisce x a y e y a z, allora egli preferirà anche x a z; indipendenza o sostituzione o assioma dei giochi complessi: è possibile combinare i valori attesi delle scommesse senza modificare l ordine di preferenza. Così se un agente preferisce x a y, allora egli preferirà anche αx + (1 α)z a αy + (1 α)z, dove α è la probabilità di ricevere il risultato ed è compresa tra 0 e 1; misurabilità: se un agente preferisce x a y e y a z, allora esiste un unico valore di probabilità, α, tale che egli sarà indifferente tra y e αx + (1 α)z; ordinabilità: se y e u sono comprese, per quanto riguarda la loro preferibilità, tra x e z ed è possibile costruire una scommessa tale per cui l agente sia indifferente tra y e α 1 x + (1 α 1 )z e nel contempo tra u e α 2 x + (1 α 2 )z; allora, se α 2 > α 1, y è preferito ad u. 4

8 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche modo formale da Von Neumann e Morgestern [1947], e all ipotesi che gli individui siano avversi al rischio 6. Nell ambito della teoria della finanza, la Teoria dell Utilità Attesa assume, perciò, un posto di primo piano [LINTNER, 1975]. Lo sviluppo della teoria infatti ha permesso alla finanza di trattare le decisioni in condizioni rischiose, cioè quelle in cui sia possibile attribuire una distribuzione di probabilità ai possibili risultati futuri prodotti da un azione. Il concetto di rischio e quello di utilità sono, dunque, strettamente connessi. La presenza di situazioni rischiose rende difficile applicare l assioma di non sazietà senza un adeguata omogeneizzazione di risultati che possono essere ottenuti solo in seguito alla realizzazione di uno solo dei possibili stati del mondo. Quindi la funzione di utilità dell individuo definisce il modo con cui un soggetto valuta alternative diversamente rischiose. Tuttavia, senza l ipotesi aprioristica di un particolare atteggiamento verso il rischio diventa impossibile non solo criticare una qualunque scelta ma, soprattutto, effettuare qualsivoglia previsione. Senza l ipotesi di uno specifico atteggiamento del decisore nei confronti del rischio, infatti, è sempre possibile giustificare la scelta da lui fatta ricollegandola alla specifica forma assunta dalla sua funzione di utilità, la quale, in assenza della detta ipotesi, potrebbe essere caratterizzata da qualunque atteggiamento verso il rischio. L ipotesi che gli individui siano avversi al rischio può avere varie origini 7 ma conduce, ad ogni modo, alla definizione di comportamento A questi va inoltre aggiunto il tradizionale assioma di non sazietà, che assume che ogni individuo preferisca ottenere sempre di più, ovvero che la sua utilità cresca in funzione dei beni consumati o posseduti. Questo assioma implica, dunque, funzioni di utilità crescenti. 6 Si evidenzia, di passaggio, che la Teoria proposta da Von Neumann e Morgestern non è la sola relativa alle modalità di scelta in condizioni di rischio. Oltre alla Prospect Theory, oggetto di questo lavoro, si ritiene utile ricordare la teoria dell Utilità Attesa Soggettiva, elaborata in modo compiuto da Savage [1954] che sviluppa e formalizza una precedente proposta di Ramsey [1931]. La differenza con la teoria di Von Neumann e Morgestern risiede, tra l altro, nella diversa concezione di probabilità che è soggettiva [DE FINETTI, 1937] per Savage e oggettiva per Von Neumann e Morgestern. Sulle problematiche relative all adozione di misure di probabilità anche soggettivamente definite come gradi di credenza, si veda Schackle [1949]. Per una rassegna critica dei diversi modelli della teoria dell utilità e delle decisioni in condizioni di rischio si possono utilmente consultare Arrow [1951; 1958; 1963] e Schoemaker [1982]. 7 Secondo March [1998], la propensione al rischio di un individuo può derivare da una caratteristica anche biologica dell individuo, o può essere collegata agli obiettivi che egli persegue, oppure può essere vista come il risultato di una scelta consapevole e ragionata o, infine, può essere analizzata come il risultato dell affidabilità e della competenza di un individuo. Nell ambito della teoria economica e finanziaria standard, 5

9 Giuseppe Marzo razionale anche in termini di propensione al rischio. Un individuo razionale, in quanto assunto avverso al rischio, dovrà richiedere un rendimento maggiore per accettare un alternativa più rischiosa rispetto a quello che chiederebbe se l alternativa fosse relativamente meno rischiosa. La formalizzazione delle decisioni in condizioni di rischio (o di incertezza ridotta a rischio) nell ambito della Moderna Teoria Finanziaria si basa sostanzialmente su due approcci [ALLEN, 1995]: il primo è il noto approccio media varianza, che si ritiene giustificato in presenza di curve di utilità quadratiche o di distribuzione dei rendimenti del tipo multivariata normale. Al riguardo è da sottolineare che la funzione di utilità quadratica comporta l incresciosa situazione di avversione al rischio crescente con il crescere della ricchezza. Si assume, quindi, generalmente che la distribuzione dei rendimenti di un titolo (o di un investimento) sia normale, sebbene vari studi [FAMA, 1965] abbiano rilevato una distribuzione Pareto normale; l altro approccio si fonda sulla dominanza stocastica e, a differenza del primo, richiede poche assunzioni sulle preferenze dell investitore o sulla forma della distribuzione dei rendimenti. Tale dominanza può essere del primo o del secondo ordine. Nel primo caso occorre l unica ipotesi che gli investitori preferiscano il più al meno. Quindi, se in ogni stato di natura una distribuzione offre una probabilità cumulata più alta di un altra di ottenere più bassi rendimenti, sarà preferita la seconda. La dominanza stocastica di secondo ordine richiede solo che gli investitori siano avversi al rischio senza alcuna necessaria specificazione sulla forma della loro funzione di utilità. Tale seconda forma di dominanza è, tuttavia, molto meno trattabile matematicamente rispetto all approccio media varianza. Ne deriva che, anche per una maggiore semplicità, il concetto di rischio tuttora prevalente è ancorato all approccio media varianza che ha trovato la sua prima espressione compiuta, da un punto di vista finanziario, nella teoria del portafoglio di Markowitz [1952a] e nel CAPM che da quella è derivato. La relazione rischio rendimento può così essere sinteticamente espressa affermando che, a fronte di un rischio atteso maggiore, l investitore richiederà dall investimento un rendimento atteso 8 maggiore. l avversione al rischio è spesso vista come una caratteristica dell individuo che non necessita di alcuna spiegazione o interpretazione. 8 Generalmente si assume che la relazione tra rendimento atteso e rischio valga con riferimento al solo rischio sistematico. 6

10 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche Si tratta quindi di una relazione positiva che vale su quantità attese e perciò definite secondo le distribuzioni probabilistiche dei possibili risultati (o rendimenti) ritraibili da un certo investimento. 3. La relazione rischio-rendimento nella Behavioral Finance: la Prospect Theory Numerose critiche alla Teoria dell Utilità Attesa 9 hanno rilevato la mancanza di realismo delle sue assunzioni. In questa sede intendiamo approfondire, però, solo quelle critiche che hanno rappresentato terreno fertile per lo sviluppo della Behavioral Finance 10 e che sono principalmente basate sulla Prospect Theory. La ricerca di maggior realismo nelle assunzioni ha condotto alla formulazione di una teoria di matrice psicologico comportamentista che fornisce una rappresentazione del comportamento individuale non uniforme, né nel tempo né nello spazio, rispetto all atteggiamento verso il rischio 11. Si tratta della Prospect Theory [KAHNEMAN TVERSKY, 1979] che riscopre, soprattutto in questi ultimi anni, un ruolo primario nell ambito dello studio delle decisioni e, per quanto riguarda la finanza, nell analisi dei mercati finanziari 12 [KAHNEMAN RIEPE, 1998; FRANKFURTER MCGOUN, 1999]. La Prospect Theory si pone come una teoria alternativa a quella dell Utilità Attesa per la comprensione del comportamento umano in condizioni di incertezza. Essa deriva dall analisi di numerosi esperimenti condotti in laboratorio su gruppi di individui ai quali sono stati posti dei 9 Tra le prime critiche alla Teoria dell Utilità Attesa si vedano quelle di Allais [1953] e di Ellsberg [1961]. 10 Il corpus di studi che si definisce Behavioral Finance può essere descritto in relazione agli obiettivi che persegue [FULLER, 1998]: l integrazione dell economia e della finanza classiche con la psicologia e le scienze del decision making; il tentativo di spiegare la causa di alcune anomalie rilevate nella letteratura finanziaria; lo studio di come l investitore compia errori sistematici di giudizio che lo allontanano dal modello dell agente razionale protagonista di tutti i modelli economici e finanziari finora sviluppati. 11 Solo incidentalmente si vuole sottolineare che funzioni di utilità non uniformi erano già state proposte da Markowitz [1952b] e Friedman e Savage [1948], sia pure con caratterizzazioni teoriche differenti rispetto alla value function della Prospect Theory. 12 Frankfurter e McGoun [1999] sottolineano che la maggior parte delle ricerche nell ambito della Behavioral Finance è concentrata sulle applicazioni e sull applicabilità delle implicazioni derivanti dalla Prospect Theory. 7

11 Giuseppe Marzo quesiti in forma di scelta tra due combinazioni di risultati e probabilità (prospect) del tipo: Preferisci: il 50% di probabilità di vincere e il 50% di probabilità di non vincere niente, oppure 450 con certezza? Una serie di quesiti di tal genere, ma diversi tra loro per vari aspetti, ha consentito la formulazione di una teoria del comportamento umano in condizioni di incertezza, in base alla quale esso si configura in un modo che è sostanzialmente differente da quello previsto dalla Teoria dell Utilità Attesa. Secondo gli Autori, il processo di scelta si compone di due fasi: l editing e la valutazione. Il prospetto con il più alto valore viene scelto in rapporto a due scale, l una associata alle probabilità di ogni risultato possibile (weighting function); l altra ai risultati possibili (value function). Dall analisi condotta da Kahneman e Tversky sono emersi alcuni comportamenti che risultano empiricamente osservabili. In particolare: 1. l effetto certezza 13 ; 2. l effetto riflesso 14 ; 13 L effetto certezza (certainty effect) si riferisce al fatto che i soggetti, all interno di scelte che presentano solo risultati positivi, assegnano un peso maggiore ai risultati certi (o considerati abbastanza certi) rispetto a quelli incerti con un valore atteso superiore a quello certo. In questo caso si assiste, dunque, ad un processo di scelta focalizzato sul risultato modale rispetto a quello medio (cioè, il valore atteso). Si tenga presente che, dal punto di vista dei risultati, il contrasto con la Teoria dell Utilità potrebbe essere meno evidente qualora si avesse a che fare con una distribuzione probabilistica normale dei possibili risultati, avendosi in questo caso la coincidenza del valor medio con quello modale. La prevalenza del valore modale non è però assoluta. Si verifica infatti un ulteriore violazione dell assioma di sostituzione, quando, pur essendo B (certo) preferito ad A, non si verifica necessariamente che ogni possibile combinazione (B, p) sia preferita ad ogni possibile combinazione (A, p), essendo p una probabilità compresa tra 0 e 1 e indicando con la scrittura (X, p) l alternativa che consente di ottenere la somma X con probabilità p. Non è possibile, quindi, creare giochi complessi partendo da giochi iniziali senza alterare le preferenze dei soggetti esposti alla scelta. In generale è possibile scrivere che se (Y, pq) è equivalente a (X, p) allora (Y, pqr) è preferito a (X, pr) se 0 < p, q, r< L effetto riflesso si verifica allorché il segno dei risultati diventa negativo. Mentre in un dominio positivo (in una situazione, cioè, in cui i risultati delle possibili alternativi sono tutti positivi) si constata l esistenza di avversione al rischio, in un dominio negativo (in una situazione, cioè, in cui i risultati delle possibili alternative sono tutti negativi) si rivela l esistenza di comportamenti di preferenza del rischio (risk seeking). In quest ultimo caso, 8

12 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche 3. l effetto di isolamento 15. I due Autori, poi, evidenziano anche l influenza che il framing del contesto decisionale ha sulle scelte: le modalità con cui un contesto decisionale è definito incidono sulla percezione delle alternative di scelta, così che la decisione effettivamente presa varia a seconda di come il problema è presentato 16. I risultati empirici evidenziati costituiscono la base per la costruzione della Prospect Theory, che può essere riassunta osservando che: i guadagni e le perdite sono valutate a partire da un punto di riferimento (reference point) il quale è determinato dalla percezione individuale del contesto decisionale ed è dunque soggetto ad effetti di framing. Sebbene non sia possibile in linea di principio individuare il reference point (o le modalità con cui esso è fissato) per ogni possibile alternativa decisionale, è possibile affermare che esso sia soggetto a bias cognitivi e a effetto framing [TVERSKY KAHNEMAN, 1986; 1988]; i potenziali risultati ottenibili dalle varie alternative sono espressi in termini di guadagni e perdite rispetto a questo punto di riferimento. La differenza con la Teoria dell Utilità Attesa, focalizzata sulla ricchezza finale, è dunque rilevante; infine, la perdita certa non è necessariamente preferita ad una perdita non certa ma di valore atteso maggiore. Quindi l effetto riflesso elimina l effetto certezza nel dominio negativo. 15 L effetto isolamento attiene alla caratteristica degli individui di non considerare gli elementi condivisi dalle alternative di scelta, concentrando invece l attenzione solo sugli elementi che valgono a distinguerle. Come notano Kahneman e Tversky, a differenza di quanto previsto dalla Teoria dell Utilità Attesa, le scelte tra alternative non sono determinate solo dagli stati finali di ricchezza. Gli Autori hanno comparato le risposte che i soggetti avevano dato ad un problema strutturato come (4.000, 0,20; 3.000, 0,25) con quelle date ad un altro problema strutturato in due fasi di gioco, la prima delle quali consentiva una probabilità del 75% di terminare il gioco senza vincere nulla e il 25% di probabilità di passare alla seconda fase in cui c era la scelta (da farsi prima che la prima fase avesse inizio) tra (4.000, 0,80) e (3.000, 1). Sebbene i risultati di e avessero le stesse probabilità finali nei due problemi, le preferenze dei soggetti erano diverse. La differenza tra i due frame è nel posizionamento del nodo decisionale. Nel frame strutturato in due stadi i soggetti hanno effettuato la decisione come se si trovassero di fronte a una scelta tra un prospetto rischioso e uno senza rischio. 16 La presenza dell effetto framing costituisce uno degli ostacoli più grossi per la realizzazione di una situazione di completo arbitraggio sui mercati finanziari. La stessa teoria di valutazione delle opzioni, ed in genere dei contingent claim, si basa sulla possibilità di replicare il titolo da valutare con combinazioni corte o lunghe su azioni e obbligazioni. La presenza di un effetto framing getta molte ombre sulla possibilità che questo comportamento sia perseguito in modo ottimale dagli operatori del mercato. 9

13 Giuseppe Marzo le scelte che gli individui fanno basandosi sulle variazioni che le alternative di scelta comportano rispetto alla loro posizione iniziale (quella del punto di riferimento) possono essere rappresentate mediante la value function, che ha la forma di una curva ad S (figura 2); la parte della value function che giace nel dominio delle perdite (III quadrante) è più ripida di quella che giace nel dominio del guadagni (I quadrante). Detto altrimenti questo significa che il Figura 2. La Value function valore perdite guadagni Fonte: Kahneman Tversky [1979] valore (negativo) marginale per ogni unità aggiuntiva di perdita è sempre più elevato (in valore assoluto) mentre, di converso, il valore positivo di ogni unità aggiuntiva di guadagno è sempre più basso. Quindi la somma dei valori attribuiti a due ammontari positivi (guadagni) è maggiore del valore attribuito alla somma dei due stessi ammontari; mentre la somma dei valori attribuiti a due ammontari negativi (perdite) è minore dei valore attribuito alla loro somma. 10

14 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche Il processo di scelta comprende inoltre la ponderazione delle probabilità associate ai risultati, che avviene mediante la weighting function (figura 3) 17. Il valore associato ad ogni alternativa decisionale è ottenuto come funzione di due parametri: π, che rappresenta il grado di importanza che il decision maker Figura 3. La Weighting Function 1 peso decisionale 0 0 probabilità 1 Fonte: Kahneman Tversky [1979] 17 Kahneman e Tversky rilevano una serie di ricorrenze empiriche relative alla weighting function: si verifica che per le piccole probabilità, si ha π(rp) > rπ(p), per ogni 0 < r < 1. Tale fenomeno, detto di sub-additività, non vale però per valori molto grandi di p; probabilità molto basse sono inoltre sovra-pesate (π(p) > p se p è piccolo). Per ogni altra probabilità compresa tra 0 e 1 si assiste al fenomeno della subcertainty, per cui si ha π(p) + π(1 - p) < 1; infine si nota che a fronte di un certo rapporto tra le probabilità associate a due risultati del prospetto, il rapporto tra i rispettivi pesi determinati in relazione alla weighting function, è più vicino all unità quando le probabilità sono basse. Tale proprietà è detta di sub proporzionalità. 11

15 Giuseppe Marzo attribuisce alla probabilità. È dunque la soggettiva valutazione che l individuo attribuisce alla probabilità oggettivamente determinata (weighting function). Si noti che questo concetto non ha nulla a che fare con la correzione di probabilità a causa della supposta presenza di ottimismo nella stima. Essa riflette l impatto dell incertezza nella valutazione dei prospetti [EINHORN HOGARTH, 1988a; 1988b]. È possibile ritenere, inoltre, che, sebbene la correzione delle probabilità avvenga quando queste siano oggettivamente determinate, si possa verificare anche quando, per la presenza di un processo decisionale segmentato a causa della specializzazione del lavoro, le probabilità elaborate da un valutatore diverso dal decision maker possano acquisire, per le particolari competenze possedute dal valutatore, la caratteristica di probabilità quasi oggettive; v, è invece il valore soggettivo attribuito al risultato atteso, ovvero l importanza che il decision maker assegna ad esso, analizzato come guadagno o perdita rispetto ad un punto di riferimento. La forma della value function consente di osservare come il comportamento degli individui sia generalmente avverso al rischio nel dominio positivo dei payoff e risk seeking in quello negativo. L importanza di questa riflessione è comprensibile qualora si ricordi che nell ambito della Teoria dell Utilità convenzionalmente proposta si ha avversione al rischio per ogni alternativa indipendentemente dal segno dei suoi possibili risultati. Tabella 1. Teoria dell Utilità Attesa e Propect Theory Assioma della teoria dell utilità attesa Indipendenza Transitività Dominanza Invarianza Fonte: Macchiati [1992] Fenomeni osservati Effetto certezza Ribaltamento delle preferenze Propensioni verso il rischio contrastanti Framing effect La tabella 1 presenta una sintesi dei principali effetti individuati da Kahnemann e Tversky confrontati con gli assiomi della Teoria dell Utilità Attesa che vengono da essi contraddetti [MACCHIATI, 1992]. 12

16 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche 4. La relazione rischio rendimento dal paradosso di Bowman alla Prospect Theory: teoria ed evidenze empiriche La relazione tra rischio e rendimento attesi è impostata sia dalla Teoria dell Utilità Attesa che dalla Prospect Theory a livello individuale: sono cioè i singoli individui a manifestare avversione o preferenza per il rischio. Tuttavia alcuni ricercatori hanno cercato di verificare se la medesima relazione possa ritenersi valida anche ad un livello aggregato superiore: le imprese. Uno dei più noti studi 18 sulla relazione rischio rendimento è quello di Bowman [1980]. L interesse che questo lavoro ha suscitato è pienamente spiegato nel titolo: A Risk/Return Paradox for Strategic Management. L autore procede alla verifica empirica della relazione rischio rendimento e riscontra quello che alla luce della teoria economica e finanziaria sembra essere un paradosso: le imprese e i settori che egli ha analizzato presentano una relazione negativa tra rischio e rendimento. La spiegazione del fatto potrebbe essere intanto individuata nelle misure di rischio e rendimento adottate da Bowman, le quali non sono necessariamente in linea con quelle impiegate nell ambito della teoria economica e finanziaria standard. Egli ha infatti utilizzato il ROE come indicatore del rendimento dell impresa e la varianza del ROE come indicatore di rischio. Al riguardo pare possibile sollevare almeno tre obiezioni. La prima è che si tratta di indicatori per così dire contabili 19 che potrebbero non essere in grado di identificare rendimenti e valori come definiti nell ambito dell economia e della finanza 20. Secondo gli approcci tipici della finanza aziendale, infatti, il peso del bilancio di esercizio e degli 18 Questo lavoro si concentra sugli studi empirici che sembrano contraddire che la relazione tra rischio e rendimento attesi si presenti secondo quanto previsto dalla teoria standard. Verranno, perciò, analizzati e commentati solo gli studi che si collocano nell ambito della Behavioral Finance. 19 Il termine contabile può essere fuorviante. Esso viene impiegato anche in questo lavoro per indicare quantità e valori derivanti dal sistema del bilancio pubblico d impresa. 20 Miller e Bromiley [1990] hanno sottolineato che nei vari studi che si sono occupati della relazione tra rischio e rendimento sono stati utilizzati indicatori tra i più differenti. Essi hanno individuato almeno tre categorie in cui è possibile raggruppare i distinti indicatori di rischio (stock return, financial ratios e income stream uncertainty) sottolineando sia la relazione tra le varie categorie di rischio e i differenti stakeholder aziendale sia la diversità della relazione osservabile con il rendimento. L uso di differenti misure di rischio, secondo gli autori, può spiegare alcuni dei risultati contraddittori individuati dalle ricerche condotte sul tema. Sull evoluzione delle misure di rischio si veda anche Ruefli, Collins e Lacugna [1999]. 13

17 Giuseppe Marzo indicatori che da esso possono calcolarsi dovrebbe essere tutto sommato marginale: da un lato, infatti, la valutazione dell impresa avviene in relazione ai futuri risultati che questa potrà conseguire, mentre il bilancio (pubblico) è volutamente miope e considera asimmetricamente utili e perdite previste per ragioni di prudenza; in secondo luogo, tali risultati sono flussi monetari e non utili di esercizio, e questo significa che il conto economico rappresenta solo un tentativo, tra l altro mal riuscito, di misurare una qualche performance periodale coerente con il valore economico del capitale azionario; i mercati dei capitali sono sostanzialmente insensibili alle politiche di bilancio. Come detto quello che conta è il flusso di cassa, e nessuna politica di valutazione del magazzino, dei fondi rischi o dell ammortamento può avere influsso su questo se non in via indiretta per il tramite dell effetto che manifesta sull imposizione fiscale 21. Scontato adeguatamente tale effetto, il corso di borsa è sostanzialmente insensibile alla modifica di criteri di valutazione. Tuttavia, da più parti è stato recentemente osservato che, sebbene il valore dell impresa possa fondarsi teoricamente sui flussi di cassa producibili, la considerazione congiunta del flusso di cassa realizzato e dell utile netto di bilancio rappresenta uno stimatore adeguato per la previsione del valore di borsa dei titoli azionari dell impresa [DECHOW, 1994; SLOAN, 1996a; 1996b]. Addirittura si rileva che l utile corrente è un indicatore migliore del futuro flusso di cassa di quanto non lo sia l attuale flusso di cassa. Il confronto tra utile corrente e flusso di cassa corrente consente inoltre di apprezzare la possibilità di una manipolazione di utili che si tradurrà in utili più bassi negli anni seguenti [SLOAN, 1996a; 1996b]. Queste considerazioni potrebbero in parte assegnare sufficiente grado segnaletico al ROE (e al ROI) di bilancio come indicatore del rendimento potenziale e futuro dell impresa o almeno del suo valore di mercato. La seconda obiezione ai lavori di Bowman è invece legata al fatto che qualunque sia l indicatore scelto, esso è pur sempre un indicatore ex-post mentre la relazione rischio rendimento si fonda su quantità attese e definite 21 Vi sono almeno due altri motivi per cui le politiche di bilancio possono avere importanza sul prezzo di un titolo azionario. Il primo è legato alla possibilità che tali politiche consentano di rendere il flusso di dividendo quasi insensibile alla variabilità dei risultati economici dell impresa, contribuendo a far percepire l impresa come meno rischiosa di quanto in realtà non sia. Il secondo è legato alla volontà di manovrare il livello di utile realizzato e contenere, per tale via, le richieste di dividendo provenienti dagli azionisti. Si tratta, dunque, di un modo per trattenere flussi di cassa in impresa. 14

18 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche prima della loro verificazione. Perciò potrebbe essere che la relazione tra rischio e rendimento ex-ante sia positiva, come assunto dalla teoria economica e finanziaria ma la stessa relazione calcolata su valori ex-post assuma configurazioni differenti. Alcune ricerche, tuttavia, [FARRELLY FERRIS REICHENSTEIN, 1985; BRENNAN, 1995; DUMONTIER, 1999] sostengono la possibilità di prevedere il rischio ex ante tramite indicatori contabili ex-post. L ultima obiezione è che la relazione rendimento rischio attesi dovrebbe (potrebbe) tener conto delle politiche di diversificazione del portafoglio ed essere perciò testata con riferimento al solo rischio sistematico e non già totale. L analisi della relazione dovrebbe quindi avvenire considerando non i risultati di singole imprese ma quelli di portafogli diversificati di imprese. Bowman [1982] stesso ritiene rilevanti altre possibili spiegazioni del paradosso riscontrato: il buon management è in grado di ottenere rendimenti più alti correndo minori rischi. Questo significa allora dare rilievo alle capacità e alle competenze dell impresa per instaurare delle condizioni di concorrenza che non sono quelle tipiche dell impresa marginale. Il buon management dunque agisce non solo sul livello del rendimento ma anche sul rischio ad esso connesso. Come dire che all aumentare del rendimento atteso la distribuzione di risultati converge verso di esso. In quest ottica si giustificherebbe l attualizzazione al tasso privo di rischio del sovrareddito realizzabile da un impresa grazie al vantaggio competitivo di cui essa gode [GUATRI, 1992; GHIRINGHELLI, 1996]. In pratica l esistenza di un vantaggio competitivo testimonia un livello di competenze più elevato rispetto a quelle dei concorrenti. Il sovrareddito potrà dunque valutarsi non in base al rischio medio di settore, che in quanto medio tende ad una parificazione verso il basso delle competenze più elevate, ma in base ad un tasso free-risk o ad un tasso comunque legato ad un livello di rischiosità più bassa. Con tale proposta, ovviamente, si esce dal framework tipico della teoria finanziaria; forse il management non è avverso al rischio come sostengono gli economisti; le politiche di gestione dell informazione contabile possono determinare una localizzazione temporale degli utili (income smoothing) non coerente rispetto alla produzione degli stessi utili Le politiche di perequazione dei redditi trovano un riscontro in varie ricerche anche relative al mercato italiano [ORICCHIO, 1999; MOLA, 1999], in cui si sottolinea una 15

19 Giuseppe Marzo Un comportamento di tal genere sembra essere giustificato, tra l altro, dalla volontà di distribuire dividendi costanti riducendo così il rischio percepito dall azionista e dal mercato. Se le politiche di income smoothing o in genere le politiche di gestione attiva dell informazione contabile si verificano, risulta allora inadeguato l utilizzo di dati di bilancio per l analisi della performance d impresa. De Bondt e Thaler [1995] evidenziano come la gestione attiva dei dati di bilancio sia uno degli aspetti più interessanti contro l affermazione della teoria finanziaria circa l irrilevanza delle politiche di bilancio rispetto al valore dell impresa. Eccles e Mavrinac [1995] e Eccles e Lupone [1998] evidenziano tra l altro l interesse che la comunità finanziaria presta proprio al bilancio di esercizio e alle informazioni in esso contenute per la valutazione dell impresa; infine il concetto di rendimento può essere un concetto asintotico. Se immaginiamo che le condizioni del settore in cui un impresa opera pongano un limite massimo al rendimento che essa è in grado di ottenere, allora devianze negative rispetto al massimo rendimento ottenibile sono più probabili di quelle positive, dando luogo all'osservazione di una relazione rischio rendimento negativa. Quand anche il riallineamento della relazione possa avvenire nel lungo periodo, tutte le considerazioni svolte in precedenza possono continuare a spiegare la persistenza della relazione in un periodo più breve. Lo studio di Bowman è stato oggetto di varie critiche e rivisitazioni 23. La possibilità che la relazione tra rischio e rendimento attesi si presenti secondo modalità differenti rispetto a quelle teorizzate dalla teoria standard, ha condotto, a partire dalla prima metà degli anni ottanta, alla realizzazione di numerosi studi che hanno cercato di indagare quella relazione alla luce della Prospect Theory, accogliendo, sia pure indirettamente, l ipotesi di Bowman che alla base del suo paradosso potesse esserci la modalità con cui il management si relaziona con il rischio. sensibile tendenza delle società che hanno prodotto utili nei periodi immediatamente precedenti quello di analisi ad operare minori capitalizzazioni, ad accelerare il processo di ammortamento anche ricorrendo ad ammortamenti anticipati, ad effettuare minori rivalutazioni volontarie e maggiori accantonamenti ai fondi rischi. Per le società in perdita negli anni precedenti il periodo di analisi si osserva, invece, un comportamento speculare. 23 Figenbaum e Thomas [1986], tra gli altri, sostengono che il paradosso ha maggiore probabilità di verificarsi in un ambiente più incerto che in un ambiente relativamente più stabile ed ha una maggiore evidenza per settori in crescita (con alto ROE). Essi riscontrano tuttavia l inesistenza del paradosso se l analisi è svolta sulla base di misure ricavate dal mercato (in particolare utilizzando il beta come indicatore del rischio). 16

20 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche March e Shapira [1993] rilevano che per il manager il rischio è generalmente associato non già all incertezza di possibili risultati positivi, ma solo ai risultati negativi derivanti dalla scelta 24. Infatti esso viene definito più in termini di quantificazione di perdite reali o presunte invece che in termini di distribuzione probabilistica dei possibili risultati. Inoltre è palese lo scarso interesse per la riduzione del rischio ad un singolo costrutto agevolmente quantificabile. Gli Autori evidenziano anche il fatto che l atteggiamento verso il rischio non sia univocamente definito per ogni individuo in modo indipendente dal contenuto della specifica decisione da prendere, ma che l inclinazione al rischio vari col variare del contesto. Inoltre il fatto che, nell ambito della valutazione delle alternative, i decision maker prestino attenzione solo ad alcuni elementi del contesto fornisce un interpretazione alternativa del rischio basata sull attenzione. Esisterebbero due diversi valori focali: un livello obiettivo ed un livello di sopravvivenza, e l atteggiamento verso il rischio varierebbe a seconda della posizione individuale rispetto a questi due livelli 25. In funzione della possibilità di percepire uno dei due come reference point è possibile incidere sull ipotesi di rischio da parte del management di una data impresa. Altri autori [CRUM LAUGHHUNN PAYNE, 1980; LAUGHHUNN PAYNE CRUM, 1981] hanno proposto una funzione di utilità simile alla value function della Prospect Theory ma con forte avversione al rischio nelle vicinanze di perdite rovinose in grado di compromettere la sopravvivenza dell organizzazione. La funzione proposta deriva da un processo di valutazione in due fasi: nella prima si eliminano le alternative che presentano la possibilità di perdite rovinose; nella seconda si sceglie sulla base della distribuzione probabilistica di ogni alternativa incerta e delle caratteristiche della funzione di utilità 26. La forma di questa funzione può essere giustificata da: esistenza di target nelle organizzazioni e nel mercato. Si è già accennato che molto spesso i manager hanno del rischio un idea 24 Uno studio di Miller e Leiblein [1996], tra gli altri, si focalizza sulla definizione di downside risk e individua una relazione positiva e una retroazione negativa tra downside risk e performance. 25 Sull argomento si vedano anche Isenberg [1988] e Shapira [1995]. 26 La prima fase di scelta si caratterizza dunque per l utilizzo di un criterio decisionale di tipo lessicografico [HOGARTH, 1986; HARGREAVES HEAP HOLLIS LYONS SUDGEN WEALE, 1996], in base al quale la prima azione del decisore è di considerare l importanza relativa delle dimensioni che caratterizzano le varie alternative e di fare una prima comparazione iniziale delle alternative sulla base della dimensione più importante. Nel nostro caso U(x) = - per x r, dove r è il ruin value of return per l individuo. 17

21 Giuseppe Marzo molto diversa da quella proposta dalla teoria economica e finanziaria [MARCH SHAPIRA, 1993]. Essi definiscono il rischio più come possibilità di non raggiungere l obiettivo che come varianza o variabilità dei risultati possibili rispetto a quello atteso. Altri obiettivi sono presenti nel mercato, sia sotto forma di indici con cui confrontare la performance (si pensi ad esempio al caso dei gestori di titoli, per i quali l indice obiettivo o di riferimento può esser rappresentato dal rendimento derivante da un paniere di titoli), sia sotto forma di livelli di aspirazione (ad esempio quelli legati al rendimento di un investimento); la possibilità e la giustificabilità di atteggiamenti rischiosi in situazioni in cui non sia stato raggiunto l obiettivo. Questi atteggiamenti sono influenzati dalla distanza esistente tra il target, o il livello di aspirazione, e l ammontare delle perdite in grado di condurre alla rovina e quindi, secondo un altra prospettiva, all estinzione. Un atteggiamento del tipo risk seeking può agevolare la realizzazione di risultati vicini al target, o addirittura superiori ad esso, purché non vi sia la possibilità di sopportare perdite rovinose. È facile verificare come una situazione del genere si possa riscontrare sia sul mercato che all interno di un impresa, dove il sistema di valutazione per obiettivi costituisce un sistema di target connessi all attività decisionale del management. Quando questo non riesca a raggiungere l obiettivo, si trova nella regione delle perdite, in cui si verificano atteggiamenti risk seeking e l alternativa rischiosa ha un utilità attesa superiore a quella certa con lo stesso valore atteso. 18

22 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche Tabella 2. Relazione rischio rendimento: una sintesi delle ricerche Riferimento Bowman [1980] Laughhunn, Payne e Crum [1980] Bowman [1982] Misura del rendimento Misura del rischio Risultati dell indagine ROE medio del varianza del ROE relazione negativa tra periodo di rischio e rendimento analisi ( ) rendimento il rischio è stato presenza di medio dei definito in funzione di comportamenti risk prospetti due caratteristiche: il seeking per risultati presentati ai livello di aspirazione inferiori al target return (o manager o target e le livello di aspirazione) partecipanti conseguenze per il quando erano coinvolte all esperimento decisore di risultati perdite non rovinose inferiori al target 27 ROE medio il comportamento risk associazione negativa tra seeking è stato esplorato mediante content analysis dei report prodotti dalle imprese. In particolare la presenza di nuovi investimenti, nuove acquisizioni e nuove attività è stata associata a comportamenti di tipo risk seeking rischio e rendimento 27 Formalmente il rischio di un alternativa A è stato definito come: = t α R ( A) ( t x) df( x) dove t è il target, α è un parametro non negativo, F(x) è la probabilità di ricevere un rendimento, x, non superiore a t. La preferibilità di un alternativa A rispetto a B si ha solo se µ ( A ) µ ( B) (ovvero, sulla base del confronto tra i rendimenti medi, R(A) R(B)). I vari valori assunti da α consentono di comprendere numerosi e diversi approcci al rischio. Se α < 1, il decisore avrà una funzione di utilità convessa per i risultati inferiori al target (risk seeking); altrimenti avrà una funzione di utilità concava (risk aversion). 19

23 Giuseppe Marzo Tabella 2. Relazione rischio rendimento: una sintesi delle ricerche (continua) Riferimento Figenbaum e Thomas [1986] Figenbaum e Thomas [1988] Figenbaum [1990] Misura del rendimento Misura del rischio Risultati dell indagine ROE varianza del la relazione negativa tra rischio ROE e rendimento ha più probabilità beta ricavato di verificarsi in ambienti più dal mercato incerti che in ambienti stabili relazione positiva tra rischio e rendimento per settori in crescita (alto ROE) e relazione negativa per settori in declino (basso ROE) i settori ad alta crescita manifestano una relazione positiva più forte nei periodi di stabilità economica mentre i settori in declino esibiscono una relazione negativa più forte nei periodi di grande turbolenza se si usano misure di mercato del rischio il paradosso non esiste ROE varianza del avversione al rischio per le ROE imprese con rendimenti superiori al target e preferenza per il rischio per le imprese con rendimenti inferiori al target la ricerca è condotta sul peridodo , su sotto-periodi consecutivi e, inoltre, a livello di settore e di singola impresa ROA varianza del avversione al rischio per le ROA imprese con rendimenti superiori al target e preferenza per il rischio per le imprese con rendimenti inferiori al target il trade-off tra rischio e rendimento nel dominio delle perdite è più alto di quello nel dominio dei guadagni 20

24 La relazione tra rischio e rendimento: proposte teoriche e ricerche empiriche Tabella 2. Relazione rischio rendimento: una sintesi delle ricerche (continua) Riferimento Jegers [1991] Lehner [2000] Misura del rendimento ROE ROA rapporto tra cash flow e equity rapporto tra cash flow più uscite finanziarie e l attivo totale Misura del rischio Risultati dell indagine devianza standard avversione al rischio per le rapportata al imprese con rendimenti superiori rendimento medio al target e preferenza per il calcolata con rischio per le imprese con riferimento agli rendimenti inferiori al target indicatori di rendimento rendimenti superiori al target decision maker in imprese con considerano il rischio come concetto assoluto mentre quelli che operano in imprese con rendimenti inferiori al target considerano il rischio come concetto relativo ROE ROE t ROE t-1 è la misura del rischio al tempo t-1; La media delle differenze al quadrato è la misura del rischio dell intero periodo avversione al rischio per le imprese con rendimenti superiori al target e preferenza per il rischio per le imprese con rendimenti inferiori al target il reference point non è fissato per tutte le imprese e può essere determinato con differenze a livello individuale Altre ricerche (delle quali la tabella 2 fornisce un quadro sinottico), testano la validità della Prospect Theory a livello di impresa 28. Tutte riscontrano la prevalenza di una relazione negativa tra rischio e rendimento per le imprese che sono al di sotto degli obiettivi prefissati (target) e di una relazione positiva per quelle che invece hanno superato gli obiettivi assegnati. Figenbaum [1990] verifica anche che il trade-off tra rischio e rendimento nel dominio delle perdite è più alto di quello nel dominio dei guadagni, conformemente alla forma della value function che, nel dominio delle perdite, è più ripida che nel dominio dei guadagni. 28 Il passaggio dall individuo all organizzazione travalica, come è evidente, la formulazione iniziale della teoria di Kahneman e Tversky [1979]. 21

25 Giuseppe Marzo 5. Alcune riflessioni critiche Gli studi e le ricerche empiriche sviluppate sulla base della Prospect Theory sembrano confermare la presenza di una relazione tra rischio e rendimento attesi non assolutamente positiva e, inoltre, legata all esistenza di un reference point. È però necessario commentare nel dettaglio gli studi presentati svolgendo alcune riflessioni critiche in grado di meglio evidenziare i risultati cui sono giunti. A tal fine è necessario approfondire due distinte tematiche: la prima è quella delle reazioni alle critiche che gli studiosi di Behavioral Finance portano alla Teoria standard della Finanza e delle repliche che gli esponenti di quest ultima presentano; la seconda è quella delle critiche di tipo metodologico che valgono a rilevare le differenze e le similarità tra le due distinte teorie. A) Reazioni alla Behavioral Finance e repliche Le critiche alla Teoria dell Utilità Attesa non sono indolori. Esse mettono in dubbio la capacità della teoria di spiegare le motivazioni delle scelte individuali. Inoltre anche la giustificazione della Teoria dell Utilità Attesa basata sull ipotesi friedmaniana del come se vacilla sotto l incedere di tali critiche: esse infatti contestano anche la capacità previsionale della teoria. Le risposte a tali critiche sono di vario genere [HARGREAVES HEAP HOLLIS LYONS SUDGEN WEALE, 1996]. Si sottolinea, in alcuni casi, il fatto che le evidenze contrarie alla Teoria dell Utilità Attesa derivino prevalentemente da esperimenti condotti in laboratorio e perciò in contesti artificiali. Tuttavia questa non è la regola. Alcuni bias sono stati evidenziati anche nell analisi di decisioni in contesti reali 29. In alcuni casi si adotta un approccio definito postdittivo [SCHOEMAKER, 1982], in base al quale si assume che il comportamento umano sia razionale ed eventuali evidenze empiriche che sembrano confutare tale ipotesi vengono spiegate introducendo nuove considerazioni Si vedano, ad esempio, Lichtenstein e Slovic [1971] e, più recentemente, Shapira [1995]. 30 Ad esempio, Zeckhauser in un ironico articolo afferma: «Axiom 1. For any tenet of rational choice, the behavioralists can produce a laboratory counterexample. Axiom 2. 22

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