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1 Pensioni - Conseguimento dei requisiti assicurativi e contributivi da parte del lavoratore italiano per effetto della totalizzazione dei periodi assicurativi presso diversi Stati - Ammissibilità in base all ordinamento comunitario - Condizioni - Cumulabilità dei periodi assicurativi compiuti sotto la legislazione dei soli Paesi membri dell'unione europea - Esistenza di convenzione con Paese terzo ratificata con legge dello Stato membro - Rilevanza - Esclusione - Cumulo di periodi di assicurazione compiuti in Italia e in Germania con quelli compiuti in Australia - Ammissibilità - Esclusione. Corte di Cassazione , n Pres. Sciarelli - Rel. De Luca - P.M. Fedeli (Conf.) INPS (Avv.ti De Angelis, Di Lullo) - Verdiglione (Avv. Maffei) In tema di integrazione del requisito contributivo ai fini del conseguimento della pensione di anzianità, la totaiizzazione prevista e disciplinata dall'ordinamento comunitario (art. 45 e 46 del Regolamento CEE del Consiglio n del 1971, in attuazione della delega conferita dall'art. 51 del Trattato), consente il cumulo dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione dei soli paesi membri dell'unione europea, intendendosi per tale, secondo l art. 1 del citato Regolamento CEE, il complesso di leggi, regolamenti, disposizioni statutarie ed ogni altra misura di applicazione concernenti i regimi di sicurezza sociale, con esclusione, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee (v. sent. 2 agosto 1993, causa n. 23/92), delle disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo Stato membro ed uno Stato terzo, anche se recepite, con legge, nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato. Pertanto, non e' ammessa la totalizzazione con riguardo a periodi di assicurazione compiuti da un lavoratore sotto la legislazione nazionale di Italia e Germania ed al periodo compiuto dallo stesso lavoratore in Australia, pur essendo quest ultimo cumulabile in forza di una convenzione italo - australiana ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 225 del FATTO - Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale di Torino confermava la sentenza del Pretore della stessa sede in data 24 aprile 1998, che aveva accolto la domanda proposta da Giuseppe Verdiglione contro l'inps - per ottenere la pensione di anzianità - ritenendone il requisito contributivo integrato in dipendenza della totalizzazione dei periodi di assicurazione compiuti in Italia con i periodi di assicurazione compiuti sia in Germania (ai sensi dell'art. 45, 1 comma, del regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71) che in Australia (ai sensi dell'accordo bilaterale italo - australiano del 23 aprile 1986, ratificato e reso esecutivo con legge 7 giugno 1988, n. 225) - sebbene fra gli stessi paesi (Germania, appunto, ed Australia) non esistesse una convenzione in materia - essenzialmente in base al rilievo che la liquidazione é richiesta all'ente previdenziale italiano, (...) il riconoscimento dei contributi maturati in Germania non determina alcuna conseguenza per I ente previdenziale australiano e, viceversa, il riconoscimento dei contributi maturati in Australia non spiega alcun effetto a carico deli ente previdenziale tedesco. Avverso la sentenza d'appello, l'inps propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. L'intimato resiste con controricorso, illustrato da memoria. DIRITTO 1. Con l'unico motivo di ricorso - denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (legge 7 giugno 1988, n. 225, di ratifica ed esecuzione dell'accordo bilaterale italo - australiano del 23 aprile 1986, articoli 2, comma 2, e 7, dello stesso Accordo bilaterale italo - australiano, art. 45 Regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71 del 14 giugno 1971, art ss. c.c.), nonché vizio di motivazione (art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) l INPS censura la sentenza impugnata per avere ritenuto possibile la totalizzazione dei periodi di assicurazione compiuti in Italia con i periodi di assicurazione compiuti sia in Germania (ai sensi dell'art. 45, 1 comma, del regolamento CEE del 1

2 Consiglio n. 1408/71, cit.) che in Australia (ai sensi dell'accordo bilaterale italo - australiano del 23 aprile 1986, ratificato e reso esecutivo con legge 7 giugno 1988, n. 225, cit.) - sebbene fra gli stessi paesi (Germania, appunto, ed Australia) non esistesse una convenzione in materia - in quanto ciò non é consentito dalle fonti (regolamento comunitario ed accordo bilaterale, cit., appunto), che prevedono la totalizzazione dei periodi di assicurazione, compiuti in Italia, soltanto con i periodi di assicurazione compiuti in ciascuno di quei due paesi. Il ricorso é fondato. 2. La totalizzazione é, con la ricongiunzione, uno degli istituti del nostro ordinamento previdenziale (ma con riscontri nel diritto dell'unione europea e nel diritto internazionale, come emerge anche dalla presente controversia, nonché nel panorama comparatistico), che sono diretti ad agevolare l'utilizzazione integrale delle contribuzioni versate presso enti (o gestioni) previdenziali diversi del nostro paese, oppure - nei casi regolati da fonti internazionali o dell'unione europea - anche di altri paesi - in dipendenza dello svolgimento di lavori diversi oppure, rispettivamente, della loro prestazione nel territorio di paesi, parimenti diversi, da parte dello stesso lavoratore - ai fini del diritto e della misura del trattamento pensionistico, per quel che qui interessa (ma anche di altre prestazioni previdenziali: vedi, per tutte, Casus. n. 2318/02, in tema di indennità di disoccupazione). A differenza della ricongiunzione - che consente la concentrazione di tutte le posizioni contributive presso l'ente (o la gestione), prevedibilmente destinato (o destinata) ad erogare la pensione in base al proprio regime, all'uopo trasferendovi tutte le contribuzioni - la totalizzazione si limita, tuttavia, a consentire soltanto il cumulo - in virtù di una sorta di finzione giuridica (fictio iuris) - di tutte le contribuzioni versate in favore dello stesso lavoratore, ai fini del diritto e della misura della pensione appunto, mentre restano, presso ciascun ente o gestione, le contribuzioni - che vi risultano versate, - ed a loro carico - in base al criterio del pro rata - soltanto una quota di pensione, in proporzione dell'anzianità assicurativa e contributiva, dal lavoratore maturata presso la gestione medesima (vedi Corte cost. n. 61/99, Cass., ordinanza n. 3386/03). Tuttavia non é stata, a suo tempo, esercitata la delega, di evidente portata generale, che era stata conferita al Governo (articolo 35, comma 2, lettera c, legge n. 153 del 1969) per attuare il principio della pensione unica, determinandone la misura con la totalizzazione di tutti i periodi coperti da contribuzione obbligatoria, volontaria e figurativa, mediante l'applicazione del principio del pro rata". Di conseguenza, il principio della totalizzazione ha trovato applicazione, soltanto nei casi per i quali risulta espressamente previsto, in termini non sempre omogenei. Si tratta, ad esempio, del caso dei lavoratori, che liquidano la pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, gestite dall'inps, con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni o nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti (articolo 16 legge n. 223 del 1990), oppure dei dirigenti iscritti all'inpdai, che abbiano maturato anzianità contributive presso ordinamenti previdenziali diversi (articolo 5 legge n. 44 del 1973), o della totalizzazione per i dirigenti dell'enel e delle aziende elettriche private (articolo 17 legge n del 1971). Lo stesso principio é stato bensì, adottato di recente in termini generali (articolo 1, comma 39, legge n. 335, del 1995, - in relazione al decreto legislativo n. 184 del 1997), ma risulta tuttavia espressamente - limitato (comma 1 del citato decreto legislativo n. 184 del 1997) ai soli lavoratori - soggetti esclusivamente al metodo contributivo di calcolo della pensione (di cui al comma 19 del citato articolo 1 legge n. 335 del 1995) - che non abbiano, peraltro, maturato il trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali siano stati iscritti. La totalizzazione, quindi, non é principio generale del nostro ordinamento. Rappresenta, al contrario, una eccezione - sia pure molto diffusa - rispetto alla regola, che impone la utilizzazione dei contributi - ai fini del diritto e della misura delle pensioni ed, in genere, delle prestazioni - presso le stesse gestioni previdenziali, nelle quali sono versati. 2

3 Ne risultano, infatti, discipline speciali diverse della totalizzazione, che - pur avendo in comune il criterio del pro rata, che indubbiamente possiede una sua ben delineata fisionomia - si differenziano, tuttavia, per taluni aspetti di dettaglio, essenzialmente funzionali all'adattamento del principio della totalizzazione alle particolarità dei regimi previdenziali diversi, che vi sono coinvolti (vedi Corte cost. n. 61 del 1999, cit.). Coerentemente, i casi di totalizzazione prospettati non sono reciprocamente comparabili, -ai fini del sindacato di costituzionalità (vedi Corte cost. n. 61 del 1999, Cit.), né consentono l'applicazione - analogica od estensiva - di ciascuna, disciplina, al di fuori delle fattispecie, per le quali é prevista, e, tantomeno la possibilità di prefigurare regole alternative o, comunque, diverse rispetto a quelle espressamente previste (vedi Cass., ordinanza n. 3386/03, cit.). In particolare, non pare possibile l'applicazione parziale di ciascuna delle stesse discipline -- in tema di totalizzazione - che consenta, in ipotesi, di separare il momento del cumulo dei contributi da quello dell'assunzione - pro quota - dell'onere della pensione. In altri termini, non é possibile cumulare contribuzioni versate a gestioni previdenziali diverse - ai fini del diritto, appunto, e della misura della pensione - e limitare, poi, l'imposizione dell'onere della pensione soltanto ad alcune delle gestioni medesime, con l'esito di derogare all'essenziale criterio del pro quota oppure di garantire al lavoratore - in evidente contrasto con la stessa ratio della totalizzazione - soltanto una parte della pensione che gli sarebbe spettata in dipendenza del cumulo. Né può essere trascurato che qualsiasi totalizzazione - mentre non impone oneri ai lavoratori interessati - può risultare, invece, onerosa per le gestioni previdenziali - che ne risultano coinvolte - in dipendenza della "mancata sterilizzazione della contribuzione insufficiente" (in tal senso, vedi Corte cost. n. 61/99). 3. La prospettata eccezionalità - come le implicazioni relative, concernenti, fra l'altro, la preclusione dell'interpretazione analogica ed estensiva - riguarda, vieppiù, le discipline speciali diverse, che - in materia di totalizzazione - sono dettate da fonti dell'unione europea (trattati o fonti derivate) oppure da convenzioni internazionali. Con la consueta eccezionalità delle discipline speciali diverse nelia soggetta materia, ciascuna di tali fonti coniuga, infatti, il limite coessenziale dell'efficacia soggettiva - ai soli paesi membri dell'unione europea oppure, rispettivamente, ai paesi stipulanti ciascuna convenzione internazionale - nonché dell ambito di applicazione - in deroga, parimenti eccezionale, al principio generale di territorialità delle legislazioni nazionali in materia di sicurezza sociale (vedi Corte cost. n. 369/85, Cass. n. 1499/86) - al territorio di tali paesi. In altri termini, la disciplina in materia di totalizzazione - dettata da fonti dell'unione europea o da convenzioni internazionali - non solo non trova applicazione - analogica od estensiva - al di fuori delle fattispecie per le quali é prevista e, tantomeno, consente la possibilità di prefigurare regole alternative o, comunque, diverse rispetto a quelle espressamente previste, ma impegna, altresì, soltanto i paesi - che ne risultano vincolati (paesi membri dell'unione europea, appunto, oppure paesi stipulanti ciascuna convenzione internazionale) - e non si applica, peraltro, al di fuori del territorio dei paesi stessi. 4. Ora il trattato istitutivo della Comunità economica europea (ratificato e reso esecutivo con legge15 ottobre 1957, n. 1203) sancisce testualmente (art. 51): Il Consiglio (...) adotta, in materia di sicurezza sociale, le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando, in particolare, un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti ed ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni; (...). In attuazione della delega conferita dal Trattato (art. 51, cit.), il Regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71 del 14 giugno 1971 (relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati e non salariati nonché ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità) sancisce testualmente (art. 45, paragrafo 1): 3

4 "1 L'istituzione di uno stato membro (nella specie, l'istituto nazionale della previdenza sociale: N. d. E.), la cui legislazione subordina l'acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni(di vecchiaia o come nella specie, di anzianità: N.d.E.) al compimento di periodi di assicurazione (...), tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione (...) compiuti sotto la legislazione di ogni altro stato membro, come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica. Coerentemente, la prestazione dev'essere liquidata - conformemente a quanto disposto dallo stesso Regolamento (art. 46) - e l interessato ha diritto (...) alla somma delle prestazioni (rectius: delle quote di prestazioni)", che sono poste a carico dell'istituzione di ciascuno stato membro "Proporzionalmente alla durata dei periodi di assicurazione (...) compiuti (...) sotto la legislazione che essa applica, in rapporto alla durata totale dei periodi di assicurazione (...) compiuti, prima dell avverarsi del rischio, sotto le legislazioni di tutti gli stati membri interessati" (paragrafo 3, in relazione all'art. 2, lettera b). La riportata disciplina comunitaria non lascia dubbi circa il principio di totalizzazione - che intende accogliere - né circa le modalità di attuazione del principio stesso. Tuttavia non può prescindersi, per la corretta interpretazione di tale disciplina, dalle definizioni che - ai fini dell'applicazione del citato regolamento comunitario (CEE del Consiglio n. 1408/71) sono date dallo stesso Regolamento (art. 1, spec. lettera j) nei termini testuali seguenti: (...) J) il termine "legislazione"' indica, per ogni stato membro, le leggi i regolamenti, le disposizioni statutarie ed ogni altra misura d'applicazione, esistenti o future, concernenti i regimi di sicurezza sociale di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2 (quali per quel che qui interessa, le legislazioni riguardanti le "prestazioni di vecchiaia", di cui all'art. 4, paragrafo 1, lettera c: N.d.E.): Questo termine non comprende le disposizioni contrattuali, esistenti o future, esistenti o future, che siano state a meno oggetto di una decisione dei pubblici poteri: che le renda vincolanti o estenda il loro campo d'applicazione, (...). La stessa disposizione (art. 1, spec. lettera j, cit.) del Regolamento, poi deve essere interpretata, - secondo la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (del 2 agosto 1993, in causa n. 23/92) - nel senso che la nozione di "legislazione" (...) non comprende le disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo stato membro ed uno stato terzo. Detta interpretazione non é inficiata dal fatto che dette convenzioni sono state recepite, trasformandole in legge, nell'ordinamento giuridico nazionale dello stato membro interessato E il giudice nazionale italiano (come di ogni altro paese membro) é vincolato dalla prospettata interpretazione della Corte di giustizia - al pari di ogni altra fonte (trattati e fonti derivate) dello stesso ordinamento comunitario (vedi Corte cost. n. 113/85, Cass. n, 10987, 3841/2002, 6307/2001, 10316/2000, 8504/99) - dovendo, persino, disapplicare disposizioni e norme dell'ordinamento interno che contrastino con quella interpretazione. 5. Pertanto non può che essere inteso - nel senso imposto dal regolamento (art. 1, spec. Lettera j, cit.), come interpretato dalla Corte di giustizia (sentenza del 2 agosto 1993, in causa n. 23/92, cit.) - il termine di legislazione, che la disciplina comunitaria in tema di totalizzazione - dettata dallo stesso Regolamento (art. 45, 46, cit.), in coerenza con la delega conferita dal Trattato (art.51, cit.) - impiega nella identificazione dei "periodi di assicurazione (vedine la definizione specifica alla lettera r dello stesso art. 1 del regolamento) - compiuti sotto la legislazione, appunto, di uno stato membro - in funzione del cumulo con "periodi di assicurazione - parimenti compiuti sotto la legislazione di altro stato membro - per integrare, complessivamente, il "periodo di assicurazione" al quale sono subordinati - sempre dalla legislazione di. uno stato membro - l acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni" (art. 45, paragrafo 1, cit.), In coerenza con la prospettata definizione di legislazione, non possono, quindi, essere cumulati - ai fini della totalizzazione, prevista e disciplinata dall Ordinamento comunitario - i periodi di assicurazione compiuti in paesi terzi, ancorché siano cumulabili con periodi di assicurazione - 4

5 compiuti in Italia (come in ogni altro stato membro dell'unione europea) - in forza di convenzione internazionale, ratificata e resa esecutiva. Tali periodi di assicurazione in paesi terzi, infatti, non possono ritenersi compiuti sotto la legislazione - nell'accezione prospettata - di un paese membro. Di conseguenza, la stessa totalizzazione - prevista e disciplinata, appunto, daii'ordinamento comunitario - può trovare applicazione - soltanto nei rapporti tra paesi membri dell'unione europea e nell'ambito del loro territori - consentendo il cumulo dei "periodi di assicurazione, che siano compiuti sotto la legislazione - nell'accezione prospettata, appunto degli stessi paesi membri. 6. Applicando i suesposti principi non sia cumulabile con i periodi di assicurazione compiuti sotto le legislazioni di paesi membri dell'unione europea (Italia, appunto, e Germania) - ai fini della totalizzazione, prevista e disciplinata dall'ordinamento comunitario - il periodo di assicurazione compiuto dallo stesso lavoratore (ed attuale intimato) sotto la legislazione di un paese terzo (Australia). Tale periodo, infatti, é cumulabile - con il periodo di assicurazione, compiuto in Italia - in forza di convenzione internazionale tra gli stessi paesi (Italia, appunto, ed Australia), ratificata e resa esecutiva in Italia (Accordo bilaterale italo australiano del 23 aprile 1986, ratificato e reso esecutivo con legge 7 giugno 1988, n, 225, cit.). Tuttavia la convenzione - oltre a vincolare soltanto i paesi stipulanti (Italia, appunto, ed Australia) ed a trovare applicazione nell'ambito dei loro territori - esula dalla prospettata nozione di legislazione e, perciò, non rientra tra le fonti dei paesi membri dell'unione europea, che sono deputate ad imporre contribuzioni cumulabili ai fini della totalizzazione, prevista e disciplinata dall'ordinamento comunitario. Né rileva, in contrario, la circostanza che la convenzione stessa sia stata ratificata e resa esecutiva (con legge 7 giugno 1988, n. 225, cit.) e sia stata, cosi, recepita nel nostro ordinamento giuridico nazionale (in tal senso, vedi Corte Giust. 2 agosto 1993, in causa n. 23/92, cit.). Tanto basta per accogliere il ricorso. In difetto del cumulo del periodo di assicurazione - compiuto in Australia - il lavoratore (ed attuale intimato) non raggiunge, comunque, il requisito assicurativo e contributivo per l'accesso alla pensione di anzianità, pretesa nel presente giudizio. Tuttavia la convenzione italo - australiana risulta speculare - rispetto alla disciplina comunitaria esaminata - nell'escludere, parimenti, la cumulabilità - ai fini della totalizzazione, prevista e disciplinata dalla stessa convenzione - del periodi di assicurazione, compiuti in Italia ed in Australia, con il periodo di assicurazione compiuto in Germania. Anche in, questo caso, i prospettati limiti, di efficacia - soggettivi e territoriali della convenzione si coniugano con il contenuto normativo - speculare, appunto, rispetto alla disciplina comunitaria in materia della convenzione stessa. 7. Invero la convenzione italo - australiana (Accordo bilaterale del 23 aprile 1986, ratificato e reso esecutivo con legge 7 giugno 1988, n. 225, cit.) prevede (art. 7) la totalizzazione di periodi contributivi nei due paesi stipulanti (Italia, appunto, ed Australia) ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione in termini non dissimili rispetto alla disciplina comunitaria nella stessa materia. Del pari analogamente, la stessa convenzione (art.2) dopo avere elencato (paragrafo 1) le norme incluse nel proprio campo d applicazione sancisce testualmente (paragrafo 2): (.) le norme, incluse nell'ambito d'applicazione del presente accordo, non comprenderanno le leggi emanate, sia prima che dopo la data della firma del presente accordo, al fine di dare attuazione ad ogni accordo bilaterale, in materia di sicurezza, sociale, stipulato da una parte contraente". Non resta, quindi, che richiamare le considerazioni svolte in relazione alla disposizione corrispondente dell'ordinamento comunitario - e ribadire Ie conclusioni che se ne sono tratte. 5

6 Né può essere dimenticato che - per quanto si é detto - non pare possibile I applicazione parziale di ciascuna delle stesse discipline.- tema di totalizzazione - che consenta, in ipotesi, di separare il momento del cumulo dei contributi da quello dell'assunzione - pro quota - dell'onere della pensione. Né può essere trascurato che, per quanto si é detto, qualsiasi totalizzazione, mentre non impone oneri ai lavoratori interessati può risultare, invece, onerosa per le gestioni previdenziali - che ne risultano coinvolte - in dipendenza della "mancata sterilizzazione della contribuzione insufficiente (in tal senso, vedi Corte cost. n ). La sentenza impugnata si discosta dai principi di diritto enunciati e merita, quindi, le censure che le vengono mosse dall'istituto ricorrente. 8.Il ricorso, pertanto, dev'essere accolto. Per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia uniformandosi ai principi di diritto enunciati - e provveda, contestualmente, al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione (art.385, comma 3, c.p.c.). (Omissis) 6

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