Registrazione Tribunale Civile e Penale di Milano n. 301 del 30 settembre 2013

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1 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives NEO M PP Pubblicazione di informazione scientifica oncologica a cura di N 6 Dicembre 2014

2 L Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. Direttore Responsabile: Giancarlo Martignoni Comitato di Redazione: Enrico Aitini Antonio Ghidini Fausto Petrelli Registrazione Tribunale Civile e Penale di Milano n. 301 del 30 settembre 2013 EDIZIONI TECNOGRAF S.r.l. Via Piave, Canegrate (MI) Tel. (+39) Fax (+39) tecnograf@grafichetecnograf.it Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell Editore. Progetto grafico: Tecnograf s.r.l. Stampato in Italia da Tecnograf s.r.l. Edizione speciale fuori commercio riservata ai Sigg. Medici In copertina GIOVANNI SEGANTINI - Mezzogiorno sulle Alpi, St. Moritz, Museo Segantini

3 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 1 SOMMARIO EDITORIALE: : Eppur si muove Roberto Labianca 3 INCONTRO CON L ESPERTO: Aspetti caratterizzanti dell angiogenesi tumorale Romano Danesi 5 Tumore dello stomaco metastatico Stato dell arte del trattamento chemioterapico Intervista raccolta da Antonio Ghidini 11 Tumore dello stomaco metastatico Le terapie a bersaglio molecolare Intervista raccolta da Matteo Zimatore 15 Carcinoma del colon-retto: il meglio del 2014 Michela Squadroni, Sergio Stinco, Maria Bonomi, Maria Grazia Sauta, Giordano Beretta 19 Le novità del 2014 nei tumori dell apparato gastroenterico: tumori non colorettali Fausto Petrelli, Andrea Coinu, Sandro Barni 29 Salute e ambiente.in a changing world (con libere riflessioni filosofiche, storiche e musicali) Enrico Aitini 35 GISCAD NEWS N 6 DICEMBRE 2014

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5 3 EDITORIALE: EPPUR SI MUOVE Ci riferiamo agli sviluppi della nota vicenda relativa allo sviluppo della ricerca clinica indipendente nel nostro Paese e vi confessiamo volentieri che vediamo finalmente qualche segnale positivo. Merito degli oncologi medici italiani, che negli ultimi mesi sono comparsi più volte sul New England Journal of Medicine, ma anche di quanto sta avvenendo a livello istituzionale (europeo, nazionale e regionale), pur in presenza di alcune sconcertanti decisioni delle autorità regolatorie. Ma procediamo con ordine. La più prestigiosa rivista di medicina del mondo ha recentemente ospitato tutta una serie di contributi, per lo più presentati poco tempo prima all ASCO, nei quali la presenza di clinici italiani è stata veramente massiccia. Basti pensare da un lato alla genetica della neoplasia della mammella e ai nuovi sviluppi della endocrinoterapia adiuvante nella medesima patologia (temi nei quali ho il particolare orgoglio di aver visto coinvolta in modo rilevante la squadra bergamasca, in specifico Carlo Tondini) e dall altro agli strabilianti progressi registrati nel trattamento del melanoma metastatico grazie alla combinazione di BRAF-inibitori e di anti-mek (e anche qui, chiedo un applauso per il nostro Mario Mandalà, bergamasco di adozione anche se l accento lo tradisce ). Ma soprattutto, parlando di tumori gastroenterici, vorrei rivolgere una vera standing ovation alla pubblicazione dello studio TRIBE (FOLFOXIRI + bevacizumab verso FOLFIRI + bevacizumab) da parte della Scuola di Pisa e del gruppo GONO perché qui abbiamo a che fare con uno studio davvero indipendente, che si colloca lungo il percorso di una storia coerente e coraggiosa e che vede come primo Autore un giovane oncologo (Fotios Loupakis) di grande e riconosciuto valore scientifico. Accanto al significato intrinseco dello studio ne vanno sottolineati gli importanti risvolti positivi su tutta l oncologia medica del nostro Paese e il GISCAD, come gruppo da sempre collaborativo nei confronti del GONO, è grandemente entusiasta del lustro che ne deriva alla ricerca nazionale concernente le neoplasie gastroenteriche.

6 4 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Il take home message è: continuiamo a generare studi derivanti dalla creatività dei giovani talenti italiani e vediamo di unire le forze (TOSCA insegna!) per condurre tali sperimentazioni nel minor tempo possibile ed essere realmente competitivi sulla scena internazionale. A livello normativo vanno segnalati alcuni fatti molto importanti: la recente rivisitazione della Direttiva Europea in termini di ricerca indipendente, le proposte avanzate da più parti (ad esempio dal FADOI) per lo snellimento delle procedure burocratiche in questo tipo di sperimentazioni e l inclusione del tema della ricerca nell agenda delle reti regionali di oncologia (ad esempio di quella lombarda o ROL). Molto positiva è anche la volontà di AIOM, espressa chiaramente dal presidente eletto Carmine Pinto, di rilanciare il tema della ricerca indipendente su tutto il territorio nazionale e di porre sotto un unico ombrello tutti i vari gruppi cooperativi in modo da incrementarne la competitività sulla scena internazionale. Chi è davvero in grave ritardo è AIFA: non solo non risulta che sia stato dato seguito all ultimo bando per la ricerca, ma si fa di tutto per escludere dalla rimborsabilità tutta una serie di farmaci che hanno Oltralpe un ben diverso spazio. Mi riferisco naturalmente, in primis, al regorafenib e più in generale a tutta la farsa, se non tragedia, della famigerata fascia CNN. Segnali positivi, quindi, anche se molto resta ancora da fare e se, accanto all ottimismo della volontà, non possiamo trascurare il pessimismo della ragione. Non ci resta che rimboccarci le maniche e, alle soglie del venticinquennale del GISCAD, proseguire la nostra battaglia con la consueta passione e tenacia. Roberto Labianca Presidente GISCAD Direttore Cancer Center Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo

7 5 Romano Danesi Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale - Università di Pisa - Pisa Incontro con l esperto: Aspetti caratterizzanti dell angiogenesi tumorale Evoluzione temporale delle conoscenze sull angiogenesi L'angiogenesi consiste nella formazione di nuovi capillari da vasi sanguigni pre-esistenti e svolge un ruolo essenziale sia nello sviluppo embrionale che in quello immediatamente postnatale, ed è presente in alcune patologie come l endometriosi e i tumori maligni. Negli ultimi 10 anni di ricerca sull angiogenesi sono stati identificati e studiati una varietà di fattori di regolazione dell angiogenesi, sia ad azione stimolatoria che inibitoria. La scoperta di diversi fattori anti-angiogenici ha portato allo sviluppo di terapie antitumorali che hanno come bersaglio la vascolarizzazione patologica del tumore. L angiogenesi tumorale inizia solitamente con il rilascio da parte delle cellule tumorali di fattori di crescita che inviano segnali mitogeni al tessuto ospite circostante. Questo segnale molecolare attiva alcuni geni nel tessuto ospite che, a loro volta, regolano la proliferazione di cellule endoteliali e promuovono la crescita di nuovi vasi sanguigni. L'angiogenesi è un processo complesso che avviene in più fasi e che comporta un'ampia interazione tra cellule, fattori solubili e componenti della matrice extracellulare. Le fasi principali dell angiogenesi includono: (1) la degradazione della membrana basale da parte di proteasi; (2) la migrazione delle cellule endoteliali nello spazio interstiziale; (3) la proliferazione delle cellule endoteliali con attività migratoria alle estremità e lo sprouting vascolare cioè la formazione di gemme vascolari a partire da vasi sanguigni già esistenti; (4) la formazione di nuovi lumi vascolari, la generazione di una nuova membrana basale, il reclutamento di periciti, la formazione di anastomosi e, infine, il flusso di sangue. Nel corso degli ultimi 10 anni non sono stati raggiunti importanti progressi sulla conoscenza del fenomeno angiogenico in aggiunta a quanto fosse già conosciuto. Si sono però meglio caratterizzati i ruoli specifici dei vari fattori coinvolti nel segnale (ligandi, recettori, trasduttori di segnale intracellulari). Come detto in precedenza l'angiogenesi è un processo biologico complesso che viene stimolato dall ipossia, una condizione che si verifica frequentemente all interno di un tumore. La mancanza di ossigeno rappresenta un potente induttore del fattore di trascrizione HIF (Hypoxia Inducible Factor) che, legandosi a frequenze specifiche di DNA, induce la trascrizione di geni che promuovono la produzione di diversi fattori proangiogenici tra i quali VEGF, FGF e PDGF. Insieme al consolidamento delle conoscenze sul ruolo fondamentale dei fattori proangiogenici (Figura 1) e loro recettori, tra cui VEGF/VEGFR, bfgf/bfgfr, PDGF/PDGFR, ANG1/Tie2 e TGF-β/TGF-βR ed unitamente alla consapevolezza del ruolo di primo piano N 6 DICEMBRE 2014

8 6 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives giocato dalla via VEGF/VEGFR, in questi ultimi anni una maggiore attenzione è stata dedicata alla conoscenza dei cambiamenti metabolici nelle cellule endoteliali, che costituisce la base biologica per lo switch angiogenico. Figura 1. Fattori pro- e anti-angiogenici In particolare, l'attivazione del metabolismo glicolitico delle cellule endoteliali attraverso la via del VEGF rappresenta un evidenza scientifica recente. Inoltre, l aumento di produzione di VEGF provoca infiammazione, rilascio di ossido nitrico prodotto dalla ossido nitrico sintetasi endoteliale, inibizione della funzione delle cellule dendritiche e dei lifociti T citotossici. Ruolo dell angiogenesi nei tumori maligni Il fenotipo angiogenico è fondamentale per lo sviluppo di tumori maligni. Le cellule tumorali possono rilasciare uno o più citochine pro-angiogeniche, mobilizzare i fattori angiogenici dalla matrice extracellulare e reclutare cellule ospiti come i macrofagi (che a loro volta rilasciano fattori pro-angiogenici). L angiogenesi tumorale è mediata da fattori di crescita angiogenici secreti dal tumore stesso che interagiscono con i recettori di superficie espressi sulle cellule endoteliali. I fattori di crescita angiogenici più comunemente conosciuti, come il VEGF e il bfgf, si legano ai recettori tirosin chinasici sulla membrana delle cellule endoteliali. Questo legame porta alla dimerizzazione dei recettori e all autofosforilazione di tirosin chinasi nel dominio intracellulare con il conseguente avvio della cascata di proteine di trasduzione di segnale (comprese PI3-chinasi e Src) e di attivatori della trascrizione (STAT). Il risultato del processo angiogenico è la formazione di uno stroma vascolarizzato che mostra: 1) disorganizzazione spaziale, eterogeneità di calibro vascolare e disordine strutturale dei nuovi vasi sanguigni; 2) presenza di vasi incompleti e irregolari con alta permeabilità alle macromolecole e formazione di essudati; 3) presenza di shunt artero-venosi unitamente ad un elevata tortuosità vascolare e vasodilatazione; 4) flusso di sangue intermittente e instabile a causa della forte pressione interstiziale; 5) spiccata eterogeneità di densità vascolare con zone di bassa densità vascolare frammiste a regioni con alta attività angiogenica.

9 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 7 Mediatori principali del processo angiogenico provocato dalla malattia tumorale I fattori coinvolti nell'angiogenesi possono essere classificati in base al loro ruolo nel processo. Molti tumori secernono alti livelli di citochine pro-angiogeniche, tra cui VEGF, PDGF, FGF e PlGF che agiscono come fattori di proliferazione per le cellule endoteliali. I tumori producono anche fattori anti-angiogenici, tra cui angiostatina, endostatina e trombospondina, che sono pro-apoptotici e contrastano la proliferazione delle cellule endoteliali. È il bilancio netto tra la presenza dei fattori di stimolo dell angiogenesi in contrasto con quelli inibitori che determina il fenotipo angiogenico a livello locale. Meccanismo principale di inibizione dell angiogenesi tumorale Esistono numerose terapie antiangiogeniche disponibili o in fase di sperimentazione in studi clinici in tutto il mondo. Un importante passo avanti nel campo delle conoscenze sul ruolo dell angiogenesi nelle neoplasie maligne si è fatto quando il bevacizumab, un anticorpo monoclonale anti-vegf e primo farmaco antiangiogenico approvato per il trattamento dei tumori, è entrato nella pratica clinica dimostrando che l inibizione della via del VEGF/VEGFR si traduce in un effetto terapeutico significativo in alcuni tumori solidi. Più di recente si sono avute conferme in questa direzione da parte di altri farmaci anti-angiogenici come aflibercept e ramucirumab che hanno dato evidenze di efficacia in studi nel tumore del colon metastatico (aflibercept) e nel tumore gastrico e polmonare metastatici (ramucirumab). Quest ultimo farmaco, un anticorpo monoclonale umano anti-recettore di tipo 2 del VEGF (VEGFR2), ha dato dimostrazione di efficacia in monoterapia in seconda linea nel tumore gastrico e questo rappresenta una nuova evidenza di attività clinica per un farmaco antiangiogenico. Si può quindi ragionevolmente affermare che l inibizione dell asse VEGF/VEGFR rappresenta ad oggi il bersaglio più importante per l inibizione dell angiogenesi (Figura 2). DNA Cancer cells Endothelial cells Figura 2. Meccanismo di azione degli anticorpi monoclonali anti-vegf e VEGFR2 N 6 DICEMBRE 2014

10 8 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Esistono tre diversi tipi di recettori per il VEGF, ma il recettore di tipo 2 (VEGFR2, Flk-1/KDR o fetal liver kinase) è il più importante. Un azione peculiare del VEGFR2 è l attivazione di e-nos (ossido nitrico sintetasi endoteliale), che porta alla produzione di nitrossido, potente vasodilatatore e responsabile dell aumento della permeabilità vascolare, dell infiammazione e dell immunosoppressione. Questo spiega perché il blocco della funzione del VEGF da parte dei farmaci antiangiogenici provoca una minore produzione di NO e l insorgenza di ipertensione a livello sistemico. Modulazione o blocco dell angiogenesi? Mentre è chiaro da molto tempo che la crescita tumorale e la progressione dipendono dall angiogenesi, solo di recente sono stati compiuti progressi nel chiarire i meccanismi molecolari che regolano la fase più precoce del programma di neovascolarizzazione, lo switch angiogenico tumorale. Questo checkpoint è caratterizzato dal passaggio di un tumore dormiente, avascolare, ad uno attivo e vascolarizzato. Le terapie anti-angiogeniche sono state progettate per sopprimere la neovascolarizzazione nei tumori già sviluppati. Tuttavia, l identificazione dei meccanismi che spingono un tumore ad acquisire un fenotipo angiogenico, può portare alla scoperta di nuove modalità diagnostiche e terapeutiche che potrebbero essere utilizzate per ottimizzare il trattamento antiangiogenico, impedendo così la successiva progressione tumorale. Un trattamento anti-vegf/vegfr ottimale può provocare la normalizzazione vascolare e i cambiamenti nel microambiente tumorale, tra cui l aumento della pressione del fluido interstiziale. Ci sono diversi modi con cui la normalizzazione vascolare può ridurre la pressione del fluido interstiziale tumorale; tra questi vanno ricordati la diminuzione delle dimensioni del tumore, della permeabilità vascolare e della superficie delle cellule endoteliali e dei vasi, molti dei quali non sono irrorati, per unità di volume di tessuto tumorale. Razionale scientifico per la modulazione farmacologica del processo angiogenico L angiogenesi sembra essere attivata in molti tumori, tra cui i gliomi maligni di alto grado come i glioblastomi (VEGF e PDGF), le neoplasie dello stomaco e della mammella (HER-2/VEGF/VEGFR), il carcinoma renale a cellule chiare (dipendente da mutazioni VHL e attivazione del VEGF/VEGFR), le neoplasie del colon-retto, dell ovaio, del fegato e NSCLC. Pertanto l'inibizione dell'asse VEGF/VEGFR ha una forte base scientifica. Sinergia di azione tra antiangiogenici e chemioterapici Ci sono due diversi meccanismi di interazione positiva tra il trattamento anti-angiogenico e quello chemioterapico: quello farmacocinetico (PK) e quello farmacodinamico (PD). Il trattamento anti-angiogenico può essere combinato con successo con molti agenti chemioterapici perché, causando la riduzione della pressione interstiziale e la normalizzazione vascolare, può migliorare l'erogazione di farmaci nel tessuto tumorale. Questo è un tipo di interazione di tipo PK. Il secondo meccanismo di interazione reciproca è quello farmacodinamico che si verifica, per esempio, quando si combina un farmaco antiangiogenico con un taxano perché quest ultimo è in grado, a seconda delle dosi, di inibire la migrazione delle cellule endoteliali e la proliferazione delle cellule progenitrici endoteliali. Un altro esempio di interazione positiva tra antiangiogenici e chemioterapici si ha quando si associa un antiangiogenico con l irinotecano, perché quest ultimo è in grado di ridurre la produzione di HIF-1α (Hypoxia Inducible factor 1α) dalle cellule tumorali e quindi la produzione di VEGF. Un ultimo esempio è l associazione tra un antiangiogenico e una fluoropirimidina perché le floropirimidine competono

11 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 9 con la timidina fosforilasi, un enzima che metabolizza la timidina a 2-deossi-D-ribosio, un agente potente angiogenico. Queste evidenze di interazione positiva di tipo farmacocinetico o formacodinamico rappresentano il razionale farmacologico della combinazione. Biomarcatori e terapia antiangiogenica, quali possibilità I biomarcatori permettono la stratificazione dei pazienti su basi prognostiche e predittive e possono essere molecolari o di imaging. Le terapie a bersaglio molecolare hanno costituito una sfida, per le tecniche di imaging, nella valutazione della risposta tumorale perché i nuovi farmaci antiangiogenici possono provocare un consistente effetto citostatico piuttosto che citotossico. Per questo motivo le tecniche di imaging sono state perfezionate con lo sviluppo di traccianti avanzati, l'acquisizione e l analisi più sofisticata delle immagini e si è cercato di sviluppare traccianti per marcare le alterazioni fisiopatologiche caratterizzanti della neoplasia, con particolare attenzione alla valutazione della vascolarizzazione tumorale. Le tecniche di imaging permettono la valutazione del volume di malattia (MRI, TC), l uso di traccianti PET per lo studio del metabolismo del tumore ([18F]- fluorodeossiglucosio), del volume vascolare ([15O]-H2O), della proliferazione delle cellule tumorali ([18F]-fluorotimidina) e dei bersagli molecolari, compreso il VEGFR2 ([64Cu]-DOTA-VEGF). Al contrario, i biomarcatori molecolari, tra cui la misurazione delle concentrazioni di citochine (VEGF, IL-8, bfgf), la valutazione delle varianti genetiche di VEGF/VEGFR2 e la valutazione immunoistochimica dei bersagli molecolari (fosforilazione di VEGFR2) sono stati ampiamente studiati, ma non sono stati convalidati e il loro ruolo resta marginale. Conclusioni Si può concludere che VEGF e VEGFR2 hanno un ruolo pleiotropico nella biologia tumorale regolando angiogenesi, l'infiammazione e l'immunità. La letteratura scientifica ha dimostrato in modo convincente che la via del VEGF riveste un ruolo critico nell angiogenesi e nella biologia dei tumori, e che vi è una correlazione diretta tra la produzione di VEGF e il comportamento aggressivo di molti tumori, tra cui i tumori gastrointestinali. Infine, esistono evidenze sempre più convincenti che gli agenti antiangiogenici possono essere integrati con successo in regimi a più farmaci contenenti agenti citotossici. N 6 DICEMBRE 2014

12 10 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Bibliografia Bergens G. and Benjamin LE. (2003) Tumorigenesis and the angiogenic switch. Nature Reviews Cancer 3(6): Carmeliet P. and Jain RK. (2000). Angiogenesis in cancer and other diseases. Nature 407(6801): Folkman J. (2006). Angiogenesis. Annual Reviews of Medicine. 57:1-18 Nussenbaum F. and Herman IM. (2010) Tumor angiogenesis: insights and innovations. Journal of Oncology 2010: Jain RK. and Carmeliet PF. (2001) Vessels of death or life. Scientific American 285(6):38-45

13 11 Tumore dello stomaco metastatico: stato dell arte del trattamento chemioterapico Intervista a Mario Scartozzi Oncologia Medica Università degli Studi di Cagliari Azienda Ospedaliero Universitaria Cagliari Intervista raccolta da Antonio Ghidini (Casa di Cura Igea Milano) Il carcinoma dello stomaco metastatico è, tra le patologie oncologiche del tratto gastroenterico, una di quelle a peggior prognosi, caratterizzata da una corta sopravvivenza mediana. Ciò è in larga parte dovuto alla scarso numero di farmaci attivi che possano, in un ottica di malattia cronica, incrementare le possibilità di convivenza con tale neoplasia. Gli studi epidemiologici dimostrano come tale problema sia rilevante anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione che espone ad un rischio più elevato di malattia. La ricerca sta facendo molto, soprattutto negli ultimi anni, per meglio comprendere i meccanismi genici che sottendono alla proliferazione e al mantenimento nonché alla resistenza delle cellule tumorali nei confronti dei farmaci; in particolar modo dovrebbe lavorare per ottimizzare le conoscenze che già possediamo ma ancora di più per esplorare nuove vie di segnale intracellulare, potenziali nuovi target farmacologici. In questa breve intervista all amico e opinion leader Mario Scartozzi, si cercherà di approfondire più nel dettaglio quelli che sono gli argomenti fonte di maggior dibattito nella comunità scientifica. In particolar modo si vorrebbe meglio chiarire il numero di farmaci nello standard di prima linea, la durata ottimale del trattamento e l eventuale terapia di mantenimento, e infine quale la proposta di seconda linea oggi, sulla base degli ultimi studi pubblicati. Quale è, a tuo parere, il regime chemioterapico ottimale per il trattamento di prima linea del carcinoma dello stomaco metastatico? Le opzioni terapeutiche nel carcinoma gastrico avanzato si sono notevolmente ampliate negli ultimi anni. Questa evoluzione ci mette di fronte a più possibilità di scelta in base alle caratteristiche biologiche e cliniche. Nei pazienti con carcinoma gastrico associato ad iperespressione di HER-2 non vi sono ormai esitazioni nell uso di una prima linea con cisplatino e fluoropirimidine in associazione a trastuzumab, fatte ovviamente salve le giuste eccezioni legate ad eventuali controindicazioni all uso di questo schema. In caso di neoplasia negativa per HER-2 le opzioni possono includere l uso di derivati del platino (oxaliplatino o cisplatino) e fluoropirimidine (5FU o capecitabina) in associazione o meno ad antracicline. Il trattamento in termine di scelta farmacologica e tipo di regime (q14, q21 etc) può essere quindi ritagliato sulla base delle esigenze cliniche del paziente e sulle sue caratteristiche. Nei casi in cui i derivati del platino siano contro-indicati, l uso di una prima linea con irinotecan e fluoropirimidine risulta accettabile. Nelle forme localmente avanzate non resecabili a mio parere potrebbe trovare la giusta collocazione anche l uso di combinazioni a tre farmaci che includano il docetaxel. In questo gruppo di pazienti, che sono prognosticamente e N 6 DICEMBRE 2014

14 12 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives clinicamente diversi da quelli con malattia metastatica a distanza, la risposta obbiettiva è ancor più fondamentale per la possibile implicazione su una successiva chirurgia della neoplasia primitiva. Nelle forme localmente avanzate non resecabili che divengono resecabili dopo chemioterapia (ed in assenza di progressione a distanza!), la prognosi è infatti simile a quella di pazienti che sono resecabili all esordio. I regimi a 3 farmaci con docetaxel sembrerebbero quelli con maggiore probabilità di risposta, anche se sono però gravati da un incremento del rischio di tossicità midollare (in particolare neutropenia). Questo li rende poco adatti per i pazienti anziani e ha inoltre portato allo sviluppo di regimi settimanali che sembrerebbero mantenere l efficacia con riduzione della tossicità. Questi ultimi sono quindi preferibili nella maggior parte dei casi nella pratica clinica. Ci sono, a tuo avviso, vantaggi con l utilizzo di regimi a tre farmaci? E se sì, quali? Partendo dal presupposto che platino e fluoropirimidine siano da considerare come elementi essenziali dello schema di prima linea per la maggior parte dei pazienti affetti da carcinoma gastrico metastatico, rimane largamente irrisolta la diatriba se sia vantaggioso aggiungere anche un terzo farmaco a questa doppietta (solitamente un antraciclina, qualche volta il docetaxel). A parte infatti la passione di scuola e quasi scontata per i regimi a 3 farmaci con antracicline degli oncologi anglosassoni (David Cunningham in primis!) una buona parte degli oncologi ritiene comunque standard anche un regime a 2 farmaci. Questo è anche ampiamente dimostrato nei bracci di controllo di diversi trial clinici che continuano a confrontare le opzioni sperimentali con uno standard di trattamento, che spesso è composto da platino e fluoropirimidine. Un po di aiuto ci deriva dalle meta-analisi che hanno dimostrato come l aggiunta di un antraciclina ad una doppietta contenente platino e fluoropirimidine sia in realtà vantaggiosa in termini di sopravvivenza, ma con un margine molto limitato. Su queste basi ritengo che l uso di un regime a 3 farmaci (tipo ECF o EOX per citare quelli forse più utilizzati nella pratica clinica) sia proponibile in tutti i casi in cui le condizioni cliniche lo consentano e non esistano ovviamente controindicazioni generali o particolari al loro uso. Penso inoltre che la decisione di utilizzare 2 o 3 farmaci debba comunque essere presa, come sempre, insieme al paziente dopo attenta valutazione del rapporto rischi/benefici. Per quanto riguarda invece l eventuale aggiunta del docetaxel a una doppietta con platino e fluoropirimidine ne abbiamo già discusso precedentemente. Il trattamento di prima linea deve essere continuato fino a progressione o interrotto dopo 4-6 mesi? Nella maggioranza dei casi il trattamento dovrebbe essere continuato fino a progressione o tossicità. Alle nostre latitudini la PFS mediana di questi pazienti raramente supera i 5-6 mesi quindi di conseguenza spesso il trattamento non supera questa durata. Purtroppo quindi la questione se interrompere o attenuare il trattamento prima della progressione (e non per motivi

15 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 13 legati a tossicità) non si pone molto spesso nella pratica clinica. In generale anche in questo caso la decisione se interrompere o proseguire il trattamento è clinica e si basa su un attenta valutazione del bilancio rischi/benefici. Tutto questo sempre in perfetto accordo con il paziente che deve essere completamente informato e partecipe del processo decisionale. Nella nostra esperienza raramente proponiamo di interrompere completamente un trattamento di prima linea in presenza di chiari segni di efficacia e buona tolleranza. C è spazio per una terapia di mantenimento? Nei casi in cui il paziente sia esposto ad un trattamento chemioterapico di prima linea con dimostrata efficacia, dopo almeno 6 mesi di trattamento si potrebbe pensare a ridurre l intensità dello schema in uso proseguendo con un trattamento semplificato. Questo può essere particolarmente valido in alcuni casi come, ad esempio, nelle situazioni in cui si sia iniziato un trattamento di combinazione con oxaliplatino e si voglia ridurre il rischio di neuropatia (o controllarne l ingravescenza in caso si sia sviluppata). In queste ed in altre situazioni simili l ipotesi di proseguire con la solo fluoropirimidina può essere ragionevole. Se il paziente sta ricevendo un trattamento che contenga trastuzumab (pazienti HER-2 positivi) sarebbe ipotizzabile anche mantenere l uso del trastuzumab. Queste considerazioni sono comunque basate su ipotesi di pratica clinica e non sugli studi a disposizione e devono quindi necessariamente essere considerate con grande cautela ed applicate in base alla situazione specifica. Ci sono dati recenti per il trattamento di seconda linea? Dopo anni di uso ante litteram, il trattamento di seconda linea è ormai divenuto uno standard riconosciuto per i pazienti con carcinoma gastrico metastatico. I dati a nostra disposizione hanno, infatti, indicato come l uso di una seconda linea sia in grado di migliorare in maniera significativa i parametri di sopravvivenza in questa popolazione. Tra i farmaci chemioterapici potenzialmente utili ricordiamo l irinotecan, il docetaxel ed il paclitaxel. Queste opzioni sono tutte clinicamente valide e possono essere selezionate in base alle diverse situazioni cliniche. La vera novità in questo settore è però senza dubbio rappresentata dalla recente presentazione dei dati relativi ad un nuovo agente a bersaglio molecolare, ramucirumab. Ramucirumab è un anticorpo monoclonale anti VEGF-R2 ed è il primo agente con proprietà anti-angiogeniche a dimostrare un ripetibile e significativo profilo di efficacia in pazienti con carcinoma gastrico metastatico. Ramucirumab è stato testato in 2 studi clinici randomizzati di fase III in pazienti affetti da carcinoma gastrico metastatico in progressione dopo prima linea di chemioterapia contenente platino e fluoropirimidine. Nello studio REGARD ramucirumab è stato somministrato in monoterapia e confrontato vs. placebo. L uso di ramucirumab ha portato ad un incremento N 6 DICEMBRE 2014

16 14 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives significativo sia in termini di sopravvivenza (obbiettivo primario dello studio) che di sopravvivenza libera da malattia. Anche il DCR (disease control rate) è risultato migliore con l uso di ramucirumab. Nello studio RAINBOW ramucirumab è stato somministrato in associazione con paclitaxel e confrontato vs. paclitaxel + placebo. Anche in questo caso tutti i parametri di efficacia esaminati sono risultati migliori con l uso di ramucirumab. In particolare i pazienti trattati con ramucirumab hanno mostrato un incremento in termini di sopravvivenza (obbiettivo principale dello studio), sopravvivenza libera da progressione, tasso di risposte obbiettive e DCR. Il profilo di tossicità in entrambi gli studi è risultato in linea con le aspettative per questa classe di farmaci e comunque del tutto gestibile. Ramucirumab è attualmente disponibile in Italia solo nell ambito di un programma di uso terapeutico nominale, ma speriamo possa presto entrare nella pratica clinica comune.

17 15 Tumore dello stomaco metastatico: le terapie a bersaglio molecolare Intervista a Stefano Cascinu Clinica di Oncologia Medica, A.O Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona Università Politecnica delle Marche Intervista raccolta da Matteo Zimatore (Casa di Cura Ambrosiana Cesano Boscone Milano) Nelle neoplasie del tratto gastro-enterico le terapie a bersaglio molecolare stanno diventando sempre più predominanti, a partire da quelle colon-rettali nei confronti delle quali, vista la maggior incidenza, si è sviluppata la maggior parte della ricerca clinica con gli studi più numerosi ed i risultati più solidi. Negli ultimi anni la ricerca si sta intensificando anche per altre neoplasie del tratto gastroenterico, in particolare per quelle gastriche che, sia pure con un trend di incidenza in calo rispetto agli anni passati, si mantengono fra quelle a più elevata mortalità. In tal ottica la recente scoperta dell associazione con l iper-espressione di HER-2 (sia pure solo in un 16 % circa delle neoplasie, in particolare di tipo intestinale), ha di fatto modificato la terapia in tal sottogruppo di pazienti. A partire da ciò, si sono moltiplicati gli studi, spesso a partire da pre-esistenti scoperte sulle neoplasie del colon-retto, sia sull utilizzo dei farmaci anti-egfr sia su quelli agenti sulla neoangiogenesi, oltre che nei confronti di altre vie enzimatiche, come per gli inibitori di c-met e di M-tor, con alterne fortune, ma con il pregio di aver acceso l interesse nei confronti di una patologia in cui non vi sono molte alternative terapeutiche, come potremo vedere negli altri articoli di questo numero di neo-mopp. Abbiamo pertanto deciso di discutere delle nuove prospettive, e dei fallimenti purtroppo registrati, per cercare di capire se sono definitivi o se sono dettati da nostre conoscenze biologiche ancora insufficienti per un adeguata selezione dei pazienti (analogamente a quanto sta accadendo per gli anti-egfr nel colon-retto), con uno dei maggiori esperti del trattamento delle neoplasie del tratto gastro-enterico, nonché attuale presidente AIOM e da anni membro delle più importanti società scientifiche internazionali, oltre che revisore della maggior parte delle riviste più prestigiose al mondo, il Dott. Stefano Cascinu. L utilizzo degli anti EGFR può considerarsi una partita chiusa? A differenza del tumore del colon-retto dove gli inibitori hanno determinato importanti vantaggi, nel carcinoma dello stomaco i risultati sono stati più che deludenti. L alterazione dell asse EGFR non è probabilmente un driver nel carcinoma gastrico e questo può spiegare le grandi delusioni avute dai risultati degli studi clinici con cetuximab e panitumumab. Entrambi sono risultati inefficaci in due grandi studi randomizzati e penso si sia chiusa qualsiasi ipotesi futura. Per quanto riguarda invece HER-2 come bersaglio, la delusione maggiore è stata il lapatinib. Anche per esso risultati completamente negativi da un grande studio randomizzato. Qui è un po più difficile capirne le ragioni considerando che il trastuzumab ha dato invece risultati interessanti. Il TOGA trial rimane una pietra miliare nella terapia del carcinoma gastrico. Grandi N 6 DICEMBRE 2014

18 16 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives attese comunque sono rappresentate dal pertuzumab e dal TDM-1. Speriamo in un risultato fortemente positivo. A che punto è lo sviluppo degli inibitori dell angiogenesi? Gli inibitori dell angiogenesi hanno rappresentato una reale innovazione nella terapia di molte neoplasie. Purtroppo i dati del bevacizumab nel carcinoma gastrico sono stati deludenti. Che però l angiogenesi tumorale possa essere un importante bersaglio terapeutico si è avuto conferma da due studi randomizzati con il ramucirumab. Il ramucirumab, un anticorpo che si lega al VEGFR2, si è infatti dimostrato in grado di migliorare la sopravvivenza di pazienti con carcinoma gastrico pretrattati sia in monoterapia che in combinazione con paclitaxel. Penso che i risultati di questi due studi rappresentino uno dei più importanti avanzamenti nel carcinoma gastrico sia in termini clinici che di conoscenza biologica. Mostrano infatti che è una pathway importante e che trovando il modo di selezionare i pazienti, aumentando quindi il beneficio, si può realmente modificare il decorso di questa malattia. Qualche elemento di dubbio potrebbe derivare dai dati di uno studio di fase II randomizzato in prima linea che ha fallito di mostrare un vantaggio per il ramucirumab associato al FOLFOX. In realtà la metà circa dei pazienti aveva un carcinoma esofageo che è una realtà biologica completamente diversa dal carcinoma gastrico. Se l analisi viene ristretta ai soli pazienti con carcinoma gastrico anche in questo studio vi è un vantaggio per il ramucirumab. Attualmente è in corso uno studio randomizzato in prima linea che chiarirà il peso di questo farmaco anche nelle linee più precoci. Ritieni ci sia spazio per gli inibitori di MET e gli inibitori multichinasici? Amplificazioni di MET si vedono in circa il 10% dei pazienti con carcinoma gastrico. Caratterizzano un gruppo di pazienti con cattiva prognosi. Gli inibitori di MET sono quindi stati considerati un importante arma terapeutica da cui aspettarsi molto seppure in un piccolo gruppo di pazienti. Il Rilotumumab è sembrato essere promettente ma la press release del 24 novembre ad opera di AMGEN circa la chiusura delle sperimentazioni con questo farmaco per tossicità, porteranno probabilmente se non all abbandono sicuramente ad un rallentamento dello sviluppo di questi agenti. L aspetto più importante è che solo i pazienti con nota alterazione di MET dovrebbero ricevere il farmaco e quindi è necessaria una selezione molecolare dei pazienti. Aspettiamo comunque l analisi formale dei risultati. Quali effetti sono stati prodotti nella pratica clinica? I farmaci biologici nel carcinoma gastrico si sono identificati sostanzialmente nel trastuzumab. Certo il numero di pazienti con questa alterazione non è enorme, circa il 15-20% ma per essi ha significato sfondare il muro dei 12 mesi di sopravvivenza. La novità maggiore è però il ramucirumab. In pazienti pretrattati e non selezionati ha mostrato

19 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 17 un miglioramento in sopravvivenza libera da progressione e globale. Ha portato ad una rivalutazione del ruolo dell angiogenesi nel carcinoma gastrico che sembrava perso dopo i risultati dell avagast. Il trattamento è ben tollerato e potendosi somministrare sia in monoterapia che in combinazione con paclitaxel il suo uso è modulabile in base alle caratteristiche del paziente e alle sue necessità. La combinazione con chemioterapia è più tossica ma da risposte obiettive che possono essere utili nella malattia sintomatica ed evolutiva. Nei pzienti più anziani o con performace status non ottimale può essere raccomandabile somministrare il ramucirumab in monoterapia. Dopo l approvazione dell EMA, aspettiamo per la fine del 2015 la disponibilità del ramucirumab in Italia, anche se è già attivo un uso individuale del farmaco per cui tutti possono richiederlo. Come dovrebbe svilupparsi la ricerca clinica? E ovvio che molto di più ci attendiamo dalla ricerca. Una ricerca che non deve essere e non sarà una semplice applicazione clinica di nuove molecole ma una conoscenza del cancro dello stomaco e delle diversità individuali che le nuove tecniche di biologia molecolare ci potranno indicare. E stato recentemente pubblicato un articolo dove attraverso l analisi molecolare si identificano 4 diversi sottogruppi di pazienti, tutti con specifiche mutazioni che possono diventare bersaglio per la terapia. Solo partendo da queste conoscenze potremmo sviluppare nuovi farmaci. Accanto a questo dovremmo ripensare il disegno degli studi clinici. Il quesito non dovrà essere che beneficio ha una popolazione di pazienti ma che beneficio ogni singolo paziente può ricevere. Questa è la scommessa, ovviamente non solo per il tumore del colonretto: come la genomica e la proteomica ci aiuteranno a sviluppare nuovi farmaci per ogni singolo individuo con il suo specifico tumore. N 6 DICEMBRE 2014

20 www w.lillyonc ologia.it ogi Un servizio pensato e disegnato per il medico oncologo e per il suo paziente SERVIZI PER IL MEDIC O SERVIZI PER IL PAZIENTE Aggiornamenti scientific Slide kit Gallery di immagini Webcast Congressi ed eventi Applicazioni mobile Ricerca bibliografica e disponibilità di Articoli Scientifici Mat eriale educazional e sul tumore polmonare Diagnosi e terapia del tumore polmonare La corretta alimentazione I diritti del malato oncologico Risposte alle domande più frequenti Mesotelioma pleurico Il fumo e il tumore polmonare ITONC00224 Con un unica registrazione potrà accedere all area dedicataa al medico ed usufruire di tutti i servizi racchiusi al suo interno. Il paziente invece, potrà accedere all area pubblica in maniera del tutto libera!

21 19 Carcinoma del colon-retto: il meglio del 2014 Michela Squadroni, Sergio Stinco, Maria Bonomi, Maria Grazia Sauta, Giordano Beretta Unità Operativa Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni - Bergamo Negli ultimi anni lo scenario del trattamento del carcinoma del colon-retto ha subito numerose modificazioni soprattutto grazie al miglioramento delle conoscenze in ambito di biologia della neoplasia, con risvolti importanti sulle decisioni terapeutiche. Nel 2013 i dati preliminari di alcuni studi sulla malattia avanzata avevano dimostrato l importanza delle mutazioni non solo di K-RAS ma anche di N-RAS nel definire la resistenza al trattamento con anti-egfr. Erano stati inoltre presentati i dati preliminari di uno studio di confronto tra l associazione della chemioterapia a bevacizumab e quella ad anti-egfr nel trattamento di prima linea della malattia avanzata. Il 2014 ha portato alla pubblicazione in esteso della maggior parte di questi dati ma anche alla presentazione di dati preliminari di un altro studio che indagava lo stesso quesito di confronto tra biologici e che ha mostrato risultati discordanti rispetto ai precedenti. L ampliarsi della disponibilità di risultati non ha, al momento, consentito di dare una risposta certa al quesito sulla miglior opzione terapeutica in prima linea, anche per la recente disponibilità di dati sulla tripletta + bevacizumab e, sebbene ancora nel corso degli ultimi mesi del 2013, della monoterapia + bevacizumab. Altra pubblicazione rilevante ha riguardato l impiego della terapia biologica nel trattamento adiuvante che ha ormai definitivamente perso ogni ruolo. Nella nostra rivisitazione dei lavori pubblicati partiremo proprio da quest ultimo dato. È noto da parecchi anni come il trattamento adiuvante del carcinoma del colon in stadio III sia in grado di aumentare la percentuale di soggetti guariti. Lo schema di riferimento è l associazione tra oxaliplatino e fluoropirimidine. Diversi studi di Fase III randomizzata hanno esplorato il quesito del possibile beneficio dell aggiunta di farmaci biologici a tali combinazioni tutti con esito negativo (1-3). Mancava il dato definitivo relativo allo studio PETACC 8 la cui pubblicazione è arrivata nel luglio 2014 (4). Nello studio, che prevedeva la randomizzazione tra FOLFOX4 e FOLFOX4 + cetuximab, sono stati arruolati, tra dicembre 2005 e novembre 2009, 2559 pazienti. Un emendamento del 2008 ha limitato l arruolamento ai pazienti senza mutazioni dell esone 2 di K-RAS. All analisi finale i pazienti K-RAS WT sono stati 1602 (791 nel braccio FOLFOX+cetuximab e 811 nel braccio FOLFOX) e su questi è stata effettuata l analisi intention to treat. L end point primario era la Disease Free Survival (DFS). Dopo un follow up mediano di 3,3 anni il DFS è risultato simile nei due bracci (HR 1.05, 95% CI , p=0.66) e pertanto non è stato raggiunto l end point primario. I pazienti sono poi stati analizzati, retrospettivamente, sulla base delle altre mutazioni di K-RAS e N-RAS e delle mutazioni di B-RAF. Anche nei 984 pazienti all-ras WT/BRAF WT non si è osservata differenza in DFS (HR 0.99, 95% CI ) confermando ulteriormente il non beneficio della combinazione neppure dopo selezione molecolare dei pazienti. Ulteriori dati emergono dall analisi dei sottogruppi dato che, al momento della randomizzazione, i pazienti erano stati N 6 DICEMBRE 2014

22 20 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives stratificati in funzione di alcuni fattori di rischio. Nei sottogruppi T4 e N2 sembra evidenziarsi un possibile beneficio del trattamento con cetuximab e gli autori concludono che ciò potrebbe suggerire una futura rivalutazione del trattamento di combinazione in questi sottogruppi ad alto rischio. Nella realtà ci pare, però, di poter concludere che, alla luce di tutti i dati attualmente disponibili, i risultati di questo studio non fanno che confermare la non utilità dell associazione dei farmaci biologici attualmente disponibili nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon. Venendo all ampio capitolo della malattia in stadio avanzato il 2013 ci aveva lasciato con la certezza che le mutazioni di RAS più rare consentissero di evidenziare un ulteriore sottogruppo, che rappresenta circa il 15% del totale dei pazienti, in cui l impiego del trattamento con farmaci anti-egfr risulta non efficace o addirittura detrimentale. Già a settembre del 2013 la pubblicazione in esteso dei dati dello studio PRIME, che analizzava il ruolo dell aggiunta del panitumumab al FOLFOX, aveva dimostrato come nei pazienti all-ras WT si evidenziava un beneficio in sopravvivenza (26.0 mesi vs 20.2 mesi, HR 0.78, 95% CI , p=0.04) nel gruppo trattato con la combinazione. Nei pazienti che presentavano mutazioni di RAS l effetto dell aggiunta di panitumumab a FOLFOX comportava invece un effetto detrimentale sia in PFS (Progression Free Survival 7.3 vs 8.0, HR 1.31,95% CI , p=0.008) che in OS (Overall Survival 15.5 vs 18.7, HR 1.21, 95% CI p= 0.04) (5). Ciò aveva portato alla determina AIFA che richiede, per poter intraprendere un trattamento con anti-egfr, la determinazione delle mutazioni di K-RAS esone 2,3,4 ed N-RAS esone 2,3,4. Alla luce di questi dati sono stati rianalizzati, nel corso del 2014, diversi trials che avevano riportato i loro dati solo in popolazioni inizialmente non selezionate e successivamente analizzate retrospettivamente sulla base di K-RAS. L aggiornamento ha riguardato la rianalisi sulla base di all-ras evidenziando che il beneficio è limitato ai pazienti all-ras WT e che, in tali pazienti, si osserva un miglioramento del risultato dell end-point (6-7). Il limite di tali analisi retrospettive risiede da un lato nel non essere state pre-pianificate e dall altro nella progressiva riduzione della casistica analizzata che toglie in parte validità a tali risultati. Poiché però tutti i dati disponibili mostrano una coerenza tra loro è ormai inconfutabile che la determinazione dell analisi molecolare di tutte le mutazioni di RAS rappresenti uno dei punti fondamentali della pianificazione terapeutica e che la sua determinazione debba essere effettuata il prima possibile nella storia della malattia metastatica, oltre ad essere requisito indispensabile per quanto concerne la possibilità normativa dell uso di un anti-egfr. Un altro aspetto importante è rappresentato dalla definizione della miglior sequenza utilizzabile. Nel corso del 2013 erano stati presentati i risultati di uno studio di confronto in prima linea tra FOLFIRI + bevacizumab e FOLFIRI + cetuximab (FIRE-3). I dati, presentati all ASCO 2013 sembravano indicare un vantaggio iniziando il trattamento con l impiego di cetuximab in prima linea rispetto all impiego di bevacizumab in I linea. Il dato era presentato nell ambito di una randomizzazione dei pazienti KRAS WT e ulteriormente migliorato nell analisi all-ras, ed un secondo studio di fase II (PEAK) che analizzava lo stesso quesito impiegando FOLFOX+panitumumab vs FOLFOX+bevacizumab confermava tale risultato. Nel corso del 2014 sono usciti i lavori in esteso ed ulteriori aggiornamenti di questi trials ed è inoltre stato presentato all ASCO 2014 e successivamente aggiornato all ESMO 2014 un terzo studio nord-americano (CALGB80405) che, con alla base lo stesso quesito, ha riportato dei dati apparentemente completamente discordanti dai precedenti. Lo studio FIRE 3 (8), nato inizialmente senza prevedere selezione per stato mutazionale KRAS, è stato successivamente emendato consentendo solo l arruolamento di pazienti con KRAS esone 2 WT. Confronta, l associazione di FOLFIRI con cetuximab o bevacizumab in 592 pazienti KRAS WT (297 nel braccio FOLFIRI

23 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 21 + cetuximab e 295 nel braccio FOLFIRI + bevacizumab), ponendosi come end-point primario il tasso di risposta globale (ORR) mentre la PFS e la OS costituiscono un end-point secondario. La ORR risulta sovrapponibile nei due bracci nell analisi intention to treat (62 vs 58%, odds ratio 1.18, 95% CI ; p=0.18); per tale motivo lo studio non ha raggiunto l obiettivo primario e deve essere considerato formalmente negativo. Analogamente il PFS è sovrapponibile nei due bracci (10.0 mesi nel braccio cetuximab vs 10.3 mesi nel braccio bevacizumab, HR 1.06, 95% CI ; p=0.55). Inaspettatamente, però, la OS evidenzia un vantaggio, già limitandosi ai pazienti KRAS WT, del trattamento di prima linea con cetuximab rispetto al bevacizumab (28.7 vs 25 mesi, HR 0.77; p=0.017). Il vantaggio in OS, già evidenziato, si accentua quando si prendono in considerazione i pazienti con RAS WT (KRAS esone 2,3 e NRAS esone 2,3,4 non mutati) in cui viene raggiunta una OS di 33.1 mesi nei pazienti trattati con cetuximab (vs 25 mesi con bevacizumab; HR 0.71; p 0.011); resta invece invariata l assenza di beneficio in PFS. A sottolineare l importanza dello stato mutazionale di tutti i geni RAS sono i risultati riguardanti i pazienti con KRAS WT ma con mutazioni in NRAS o su esone 3 di KRAS, in questi pazienti infatti il cetuximab appare addirittura detrimentale rispetto a bevacizumab, con PFS dimezzata (6.6 mesi vs 12.2; HR 2.2, p=0.004). L ipotesi avanzata per giustificare un risultato in cui le risposte ed il PFS siano equivalenti e la OS diversa tra i due bracci, è quella data dalla profondità della risposta e dalla precocità della risposta, che potrebbero giustificare una maggiore sopravvivenza legata ad una minore massa di malattia presente al momento della progressione. Inoltre una recente rianalisi delle risposte da parte di un comitato indipendente esterno sembra evidenziare un beneficio in ORR a favore del braccio cetuximab (72,2% vs 63.1, odds ratio 1.52, 95% CI , p=0.017). Tale analisi è stata effettuata sulla base di 493 pazienti valutabili secondo i criteri RECIST che rappresentano l 83% del campione. Il miglioramento in termini di sopravvivenza con l impiego di cetuximab in prima linea sarebbe quindi legato anche ad una maggior percentuale di risposte. Lo studio presenta però alcune criticità. Appare almeno inusuale la scelta delle ORR come end-point primario in uno studio di fase III, dove usualmente l end-point è la sopravvivenza. Il fatto poi che in uno studio con ORR come end-point primario il 17% del campione non sia valutabile per risposta lascia dubbi circa la qualità dello studio. Il dato sulla sopravvivenza è però cosi importante che, pur in presenza di una negatività formale e del dubbio di scarsa qualità dello studio, non può essere tralasciato. Oltre che la profondità di risposta può essere importante il ruolo delle seconde linee ma, non essendo disegnato lo studio come uno studio di strategia, i dati attualmente disponibili su tale ipotesi non consentono di trarre conclusioni definitive anche se si osserva uno squilibrio nell uso di anti-egfr tra i due bracci, che appare limitato al 40% per l impiego di cetuximab in II linea nei pazienti trattati inizialmente con bevacizumab. Il risultato dello studio tende però ad inficiare il ruolo del PFS come surrogato della OS, particolarmente quando la sopravvivenza post-progressione sia, come in questo caso, più lunga del tempo alla prima progressione. Questo dato costringerà quindi a ripensare al disegno degli studi di prima linea nel carcinoma del colon-retto avanzato. I risultati dello studio PEAK (fase II) che confronta il trattamento con FOLFOX e panitumumab a FOLFOX e bevacizumab in prima linea nei pazienti con KRAS WT sono analoghi a quanto riportato da FIRE-3 (9). I pazienti arruolati in protocollo sono stati selezionati sin dall inizio per assenza di mutazione dell esone 2 del KRAS, con estensione dell analisi a KRAS esone 3 e NRAS durante lo studio. Anche in questo caso non si osservano differenze in PFS tra i due bracci di studio (che si aggira attorno ai 10 mesi in entrambi i bracci) e della percentuale di risposte nei pazienti KRAS WT; tuttavia si conferma una significativa differenza in OS a favore dell associazione chemioterapica con panitumumab rispetto al bevacizumab (OS 34 vs 24 mesi, HR 0.62, p=0.009). L estensione dell analisi a tutti i geni RAS mostra, invece, un vantaggio significativo per i pazienti senza mutazioni (RAS WT) anche in PFS (13 vs 9.5 mesi; HR 0.65; p=0.029) e ORR, mentre la OS raggiunge i 41 mesi nel braccio di trattamento con panitumumab (41 vs 28.9 mesi, HR 0.63, p=0.058). I limiti di questo N 6 DICEMBRE 2014

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