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1 ASSOCIAZIONE ARCO LATINO COMMISSIONE COESIONE ECONOMICA STUDIO: LE AZIONI E GLI INTERVENTI PER IL CONSOLIDAMENTO DELLE POLITICHE ECONOMICHE E SOCIALI SUL TERRITORIO DI ARCO LATINO (MISURE ANTICRISI) ARCO LATINO PROVINCIA DI NAPOLI

2 PROVINCIA DI NAPOLI AREA SVILUPPO SERVIZI ALLE IMPRESE ARCO LATINO - PRESIDENZA COMMISSIONE COESIONE ECONOMICA 2

3 Indice Presentazione pag.3 pag.4 1. Le origini della crisi pag Nuove regole per la globalizzazione economica: pag.14 Il contributo di alcuni studiosi 2. La situazione economica internazionale ed europea pag.29 Le misure anticrisi adottate 2.1 CINA pag GIAPPONE pag STATI UNITI pag REGNO UNITO pag GERMANIA pag La situazione economica degli Stati di Arco Latino pag ITALIA pag FRANCIA pag SPAGNA pag Il ruolo della politica europea di coesione e la crisi economica pag Il piano europeo di ripresa economica pag La politica di sviluppo dell unione europea 4.3. Le misure anticrisi nell ambito della politica regionale comunitaria pag.127 Nuovo quadro di riferimento temporaneo per gli Aiuti di Stato pag.120 ALLEGATO: L UE e la gestione delle crisi nel settore finanziario pag Le misure anticrisi sul territorio di Arco Latino pag Risultati della ricerca pag Presentazione di modelli di buone prassi sul territorio di Arco latino pag La politica degli ammortizzatori sociali in Europa pag.159 Questionario 3

4 PRESENTAZIONE L economia mondiale che fino a circa il 2006 aveva conosciuto una fase eccezionalmente prolungata di crescita sostenuta, sta ora attraversando un periodo di grande instabilità; in particolare è stata caratterizzata essenzialmente dalle ripercussioni della crisi finanziaria ed economica internazionale che hanno iniziato a sconvolgere tutti i paesi del mondo già nel Anni di crisi, di disoccupazione, di difficoltà, con qualche nota di eccellenza, proveniente solo dall Asia. I governi e le banche centrali hanno reagito in modo coordinato a livello internazionale assicurando la continuità dei flussi di finanziamento alle istituzioni finanziarie e all economia, ampliando le garanzie in essere sui depositi bancari, rafforzando in molti Paesi la posizione patrimoniale degli intermediari in difficoltà. Anche il volto dell economia europea ha subito profonde trasformazioni economiche e sociali, sulla spinta della crisi internazionale. Vi è stato un approccio debole del governo politico globale sin dall inizio del manifestarsi della crisi e attualmente gli strumenti di guida della politica economica internazionale appaiono spesso inadeguati. Nel suo ultimo rapporto sull economia mondiale, il Fondo monetario internazionale ha definito la crisi economica come la peggiore dal 1930 e descrive un economia globale che rallenta, ad un ritmo che molti esperti considerano l orlo della recessione a causa del più pericoloso shock finanziario per le economie avanzate dagli anni Trenta. Troppo alti infatti sono i debiti che i vari Paesi hanno gli uni nei confronti degli altri, troppo alti sono i debiti che gravano sui bilanci degli Stati. Troppo alto è il livello crescente di povertà delle classi medie nei Paesi della cosiddetta economia avanzata, europea ed americana, quelle che secondo una consolidata teoria rappresentano il cuore della domanda di beni. Per rispondere al rallentamento economico, occorrerebbe maggiore coordinamento delle politiche dei singoli paesi. Le tipologie di intervento sono diverse da paese a paese. In parte ciò deriva da situazioni e realtà economiche diverse, ma è evidente anche la difficoltà dell Europa di affrontare unitariamente l attuale crisi; non appare il gioco di squadra, ma vi è la tendenza dei singoli paesi, specie i più forti, ad agire secondo quelli che sono i propri interessi immediati. Complessivamente pesa il limite della politica europea di esercitare la capacità 4

5 di imposizione e controllo attraverso i vincoli ai deficit di bilancio piuttosto che per la guida alla trasformazione dell economia europea come nella Strategia di Lisbona, Dall altro lato l Europa deve ripartire da una propria visione del proprio futuro, come era sembrata appunto la Strategia di Lisbona, capace di indirizzare gli interventi nazionali su obiettivi comuni. Finora è intervenuta consolidando il coordinamento delle politiche economiche a livello comunitario, e stabilendo alcuni punti necessari: garantire la coerenza dei conti pubblici con il Patto di stabilità, stabilendo specifiche sanzioni per chi viola gli impegni.; coordinare le politiche fiscali degli stati membri; prevedere un sistema di vigilanza preventiva sulle finanze pubbliche nel corso del quale sincronizzare le politiche economiche degli stati membri e la predisposizione di un meccanismo permanente di prevenzione della crisi economica; Dall analisi dei documenti complessiva esaminata si deduce che: - per favorire le precondizioni per una solida ripresa le principali economie mondiali dovranno abituarsi a crescere ad un tasso inferiore rispetto al ventennio precedente dato il ridimensionamento dell eccesso di finanza. - I vari Stati attraverso le politiche nazionali stanno applicando misure concrete al fine di avviare la crescita, ridurre il debito e avviare i consumi. Da questo punto di vista quello più indicativo è probabilmente il Piano Obama, pensato non solo quale intervento congiunturale di sostegno alla domanda, ma soprattutto di trasformazione dell economia americana per i nuovi scenari competitivi del 21.mo secolo. - Probabilmente ambizioni di questo genere pervadono anche il pacchetto cinese, fermo restando il dubbio sulla capacità del paese di rispondere alla crisi, come viene dichiarato, puntando a sviluppare la domanda interna, innescando meccanismi di redistribuzione del benessere e con la costruzione di un Welfare State paragonabile a quello dei paesi avanzati; anziché abbassando ulteriormente le condizioni salariali ed accettando le pressioni delle lobby interne che chiedono protezionismo. - Le politiche dei paesi europei, sembrano più vicine ad un insieme di misure temporanee che ad un intervento effettivamente organico, strutturale, basato sulla crescita, rispetto all approccio americano. La Germania rappresenta un esempio per l'intera Europa in fatto di riforme e 5

6 misure governative adottate in chiave anticrisi. Ha migliorato la sua competitività attuando delle riforme strutturali e per questo può rappresentare un modello delle iniziative utili a stimolare la ripresa economica su scala continentale. Nell ambito della ricerca ha invece analizzato in modo dettagliato le varie misure messe in campo dalle varie Province sul territorio di Arco Latino e dall analisi è emerso che si è agito su due assi di intervento più importanti: 1) le misure straordinarie di sostegno a favore di chi è stato colpito in modo penalizzante dalla crisi economica in atto, con particolare riguardo agli Enti Locali; 2) gli interventi finalizzati a sostenere il tessuto economico produttivo con particolare riguardo alle P.M.I. presenti sul territorio. La dimensione territoriale ricopre un ruolo strategico per la competitività del sistema e le Province, per il loro ruolo istituzionale e per quello che è possibile, stanno mettendo in campo un insieme di strumenti per fronteggiare la crisi, proprio partendo dal basso e stabilendo una dinamica più incisiva del rapporto valorizzazione del territorio e sviluppo economico. Le soluzioni che hanno scelto di adottare le Province di Al erano da un lato soggette ai vincoli provenienti dal rispetto del Patto di Stabilità (nelle forme e nei modi attualmente oggetto di dibattito politico), dall altro erano collegati al loro ruolo politico di interfaccia e le difficoltà scaturite dalla crisi in atto stanno evidenziando la necessità che le linee politiche e gli interventi da adottare devono rispondere ai bisogni di un tessuto socio-economico che partendo dalla dimensione territoriale promuovere l eccellenza dei tanti fattori che lo compongono Le Province infatti per il loro ruolo istituzionale e in qualità di enti intermedi di livello NUTS III, possono svolgere le Province sono le sole istituzioni con una conoscenza diretta dei problemi dell area vasta e in grado di attivare politiche di pianificazione, di sviluppo e di tutela del territorio. Le Province inoltre, possono svolgere una essenziale funzione strategica degli interessi dei soggetti del territorio nei confronti della Regione e dello Stato, anche se è un ruolo difficile da svolgere in un contesto caratterizzato da un operatività complessa in più settori e da una continua sovrapposizione di ruoli con altri livelli di governo quali quello del Comune e della Regione. Nell ultima parte dello studio sono state presentate infine delle buone prassi realizzate dalle Province di AL che potranno costituire un modello valido e significativo di intervento in questo momento economico e politico globale fortemente complesso. 6

7 1. LE ORIGINI DELLA CRISI Gli Stati Uniti, l'economia più grande del mondo, sono entrati in una grave crisi creditizia e ipotecaria che si è sviluppata a seguito della forte bolla speculativa immobiliare e del valore del dollaro molto basso rispetto all'euro e ad altre valute. Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi, il fenomeno è collassato tra il 2007 e il 2008 causando il fallimento di banche ed entità finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e della capacità di consumo e risparmio della popolazione. A settembre 2008, i problemi si sono aggravati con la bancarotta di diverse società legate al credito ed alla finanza immobiliare, come la banca di investimenti Lehman Brothers, le società di mutui Fannie Mae e Freddie Mac o la società di assicurazioni Aig. Il governo nordamericano è intervenuto iniettando liquidità per centinaia di miliardi di dollari con l'obiettivo di salvare alcune di queste società. nel frattempo gli indici borsistici delle borse americane, specchio della salute dell'economia usa, sono letteralmente colati a picco con perdite che dall'inizio dell'anno hanno superato il 40% del valore. A causa delle banche, il fenomeno si è espanso velocemente in diversi paesi europei, e le borse del vecchio continente hanno accumulato molteplici perdite nel corso dell'anno. alcuni paesi hanno sofferto gravi effetti: la Danimarca è entrata in recessione (sei mesi consecutivi di crescita economica negativa) nel primo trimestre del Nel secondo trimestre del 2008, l'insieme delle economie dell'eurozona si è contratto dello 0,2%, [ ancor peggio l' Islanda, la cui fragile economia è stata messa in crisi dal fallimento quasi contemporaneo delle tre maggiori banche del paese e da una massiccia svalutazione della corona islandese. Le banche e le istituzioni finanziarie che hanno investito sui mutui subprime, sono le società che maggiormente risentono della crisi. nel Regno Unito si è provveduto ad una parziale nazionalizzazione degli istituti in crisi mentre la banca franco-belga fortis, è stata salvata dal fallimento grazie all'intervento massiccio dei governi francese, belga e lussemburghese. Il 7 ottobre 2008, il vertice Ecofin, organismo del Consiglio Europeo composto dai ministri dell'economia e della finanza degli stati membri, per evitare il diffondersi della sfiducia tra i risparmiatori ha stabilito, che per un periodo iniziale di almeno un anno, ci fosse una protezione garantita di ciascun deposito bancario personale di almeno euro. 7

8 In Italia tale garanzia è stata elevata a euro. All'esplosione della crisi dei mutui subprime, ha fatto seguito la decisione di alcune banche di "congelare" le quote dei propri fondi di investimento, sospendendone la compravendita per impedirne un deprezzamento. In altri casi, i creditori hanno dichiarato le loro insolvenze e vi sono stati casi di fallimento, che hanno portato ad un calo dei titoli in borsa generalizzato nei vari settori. Questo è riconducibile al ruolo del sistema creditizio per l'intera economia, al fatto che in varie borse (come il ftse-mib) i titoli bancari sono quelli a massima capitalizzazione e più scambiati giornalmente, per cui un loro calo pesa molto sull'indice complessivo di borsa, al fatto che l'insolvenza del creditore si ripercuote su tutti i suoi debitori, con la difficoltà di rinnovare prestiti in scadenza a tassi agevolati e a concedere dilazioni di pagamento, a molte industrie che avevano un debito che è un multiplo del loro capitale sociale. Il calo di agosto 2007 delle borse americane, europee ed asiatiche ha indotto le banche centrali di tutto il mondo ad iniettare miliardi di liquidità per sostenere i corsi azionari della borsa. In un primo momento le banche centrali, in special modo la Fed, hanno agito come prestatori di ultima istanza, con interventi di aiuto mirati e in un secondo momento hanno abbassato notevolmente il costo del denaro in modo da assicurare sufficiente liquidità all'intero sistema. Questo insieme alle garanzie governative sui depositi ha evitato il fenomeno della "corsa agli sportelli" e quindi effetti ancora più devastanti sull'intera economia. nell'area euro si è verificato il più massiccio intervento nella storia della BCE, e si è parlato di un rischio di iperinflazione per i successivi mesi a causa della moneta immessa in circolazione. I prestiti della banca centrale in un momento di vendite generalizzate servivano agli investitori a contenere le perdite o a realizzare un guadagno, impegnando sovente direttamente le banche centrali a comprare ciò che nessuno attore del sistema economico intendeva più acquistare, e di cui il mercato tendeva a disfarsi( politica del quantitative easing). Il continuo rialzo dei tassi di interesse ha indotto l'insolvenza di circa 2 milioni di famiglie americane, ed è stato esteso alle famiglie l'istituto del fallimento, in precedenza concesso alle sole imprese. Senza dubbio il ruolo delle banche è stato centrale nell'estensione della crisi a livello globale. Nell'aprile 2009, il Fondo monetario internazionale ha stimato in miliardi 8

9 di dollari usa il totale delle perdite delle banche ed altre istituzioni finanziarie a livello mondiale. la cifra colossale, delle svalutazioni delle attività delle banche a causa della crisi, per rendere l'idea, corrisponde ad un reddito annuo di dollari per di lavoratori, oppure ad 1/3 dello stesso stipendio annuo per milioni di lavoratori o alla riduzione di 1/5 dello stesso stipendio per cinque anni. Una riduzione dei tassi di interesse avrebbe ridotto automaticamente la rata variabile dei mutui, riportandola ai livelli precedenti la crisi, e quindi sostenibili per i redditi americani. Oltre a ridurre la percentuale di insolvenze, un abbassamento del tasso di sconto avrebbe anche prodotto l'effetto opposto: quello di spingere alla concessione di nuovi mutui (e aggravare il numero di potenziali insolvenze in futuro). Gli indici delle borse asiatiche ed europee hanno fatto registrare una serie di record negativi. gli osservatori della crisi hanno evocato precise responsabilità. Molti hanno sottolineato le pratiche predatorie dei prestatori subprime e la mancanza di una effettiva supervisione da parte delle autorità governative. Altri hanno accusato i mediatori creditizi di aver indirizzato i debitori verso prestiti che non potevano soddisfare, i periti di aver gonfiato artificialmente le valutazioni degli immobili, e hanno tacciato gli investitori di Wall Street di aver scommesso sui titoli che incorporavano mutui subprime senza aver verificato l'effettiva solvibilità dei prestiti sottostanti. Molti rapporti sulla crisi evidenziano pure il ruolo della caduta dei prezzi degli immobili, iniziato nel mentre i prezzi degli immobili crescevano, dal 2000 al 2005, i debitori che avevano difficoltà nell'adempiere ai pagamenti potevano sempre vendere le loro case oppure accedere più facilmente a nuovi finanziamenti. ma, come i prezzi si sono raffreddati in molte parti della nazione americana, questa strategia non si è più resa disponibile per i mutuatari subprime. La federal reserve ha messo in campo una mossa strategica nella lotta a quello che sarà il potenziale nemico del domani, ovvero l'inflazione, creando il term deposit facility, un meccanismo con il quale si è in grado di prelevare denaro dal sistema bancario, altre obbligazioni sul debito e avere due ulteriori mesi di operatività. siamo, cioè, in caso la politica decida per una rafforzamento della politica monetaria. Attraverso questo, le banche potranno guadagnare interessi sui prestiti basati su maturities lunghe e si vedranno accordato un interesse anche sulle riserve overnight. insomma, le riserve bancarie; la liquidità degli istituti diviene un nuovo strumento per la fed al fine di supportare un'implementazione effettiva 9

10 della politica monetaria, ovviamente, le somme prestate alla banca centrale non possono essere ritirate dagli istituti se non sui tempi voluti dallo schema. Questo, inoltre, pone rimedio al problema delle riserve in eccesso, una sorta di bolla creata negli anni che ha portato a un esubero di credito verso il sistema bancario di 2,2 trilioni di dollari: come trasformare un problema, in una soluzione. Il 2009 è stato però anche l'anno in cui si è evitata la caduta in una nuova grande depressione, sebbene nel primo trimestre tutto andasse verso una vera e propria catastrofe economica. Nel giugno 2009 Barry Eichengreen dell'università di Berkeley in California aveva prodotto dei grafici, pubblicati anche su quotidiani europei, ove si mostrava che, per un periodo di tempo comparabile, l'ampiezza del crollo della produzione in Usa, Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna e Giappone superava l'implosione del La catastrofe è stata evitata perché c'è stato ciò che nel linguaggio corrente americano si chiama big government (governo di grande spesa) affiancato da una big (grande) bank (la federal reserve). Ambedue hanno speso a più non posso seguiti dai paesi europei e dal Giappone,. infine la crescita cinese ha fatto risalire i prezzi delle materie prime ed i connessi mercati finanziari. La continuazione della crisi nel 2010 deve essere studiata a partire da questi fatti. L'evidenza mostra che i meccanismi che hanno causato lo sfracello finanziario sono in piedi in forma accentuata. nessun effetto a catena avrebbe potuto spiegare l'entità delle perdite se queste fossero state originate solo dal mercato del subprime. La dimensione del collasso fu dovuto alla trasformazione di quel mercato nella punta dell'iceberg che caratterizza l'insieme del cosiddetto «money manager capitalism» (il capitalismo dei manager dei fondi di investimento/pensione ecc, il termine è di Hyman Minsky). L'essenza di questo tipo di capitalismo si coglie perfettamente guardando alle regole contabili che lo guidano, osservando che sono ancora operanti, solo vengono sospese di tanto in tanto secondo i vari casi. le regole di contabilità finanziaria fanno emergere i profitti delle banche e la stima del valore capitale delle stesse imprese produttive, da valori fittizi. Ciò avviene contabilizzando oggi le entrate future, non quelle già dovute, ma quelle ancora lontane nel tempo la cui esistenza è puramente ipotetica. il pagamento dei bonus, dei dividendi si effettuava e - con la ripresa di Wall Street e compagnia - si effettua tuttora, facendo i conti senza l'oste. e' evidente 10

11 che un sistema simile non può che portare ad un indebitamento endemico che in gergo si chiama leverage. Il meltdown bancario è stato evitato ma non è stato ridotto il rischio chiamato sistemico e ciò è connaturato al ruolo ormai subordinato assegnato all'investimento reale e quindi all'occupazione. Le regole finanziarie riflettono molto bene l'economia politica del capitalismo emerso negli anni ottanta negli Usa in conseguenza della stagnazione economica e del disorientamento degli anni settanta. fu un'operazione istituzionalmente diretta a privilegiare rendimenti finanziari e le valutazioni borsistiche. Negli anni novanta Washington trasferì tale preferenza sul piano internazionale. gli usa vollero ed ottennero che la valutazione delle imprese e delle attività riflettessero le condizioni di mercato così come emergevano dagli andamenti borsistici. Nel 2005 le regole afferenti alla finanza furono codificate nell'international accounting standards in cui nel trattamento del debito veniva omesso il costo dei prestiti ed il rischio di non pagamento, cioè il maggior fattore di rischio per le banche. Keynes osservò che la borsa svaluta e rivaluta molti tipi di investimento ogni istante. quindi, aggiunse, farvi dipendere l'investimento è come se «un agricoltore avendo controllato il barometro a colazione, decidesse di rimuovere il capitale della sua fattoria tra le 10 e le 11 del mattino e valutare se reimmetterlo o meno più tardi o una settimana dopo». Proprio così sono andate le cose e l'investimento effettivo e quindi l'occupazione reale, non la mezza occupazione di semi disoccupati, ed il salario sono stati i principali perdenti. Oggi per poter continuare come prima l'intera impalcatura economica abbisogna di ininterrotte erogazioni di soldi; infatti il programma di salvataggio tarp, varato dal Segretario al tesoro di Bush Hank Paulson, è stato prorogato per 2010 ed analogamente è successo in gran Bretagna. Si deve inoltre aggiungere che, avendo la crisi svuotato il credito alle famiglie, è scomparsa l'impulsione alla domanda di beni di consumo proveniente dal loro crescente indebitamento. l'investimento è pertanto destinato ad indebolirsi ulteriormente rispetto a considerazioni di ordine finanziario. Non è possibile ipotizzare la messa in cantiere di politiche keynesiane volte alla piena occupazione,semplicemente non vi sono le condizioni di classe e quindi economiche. non ne esistono le condizioni internazionali che invece si 11

12 caratterizzano per il permanere degli squilibri nelle bilance commerciali e dei pagamenti (cina-usa, cina-resto del mondo e Germania-Europa) senza adeguati processi compensatori. Pertanto la messa in cantiere di suddette politiche richiederebbe un complesso di strumenti ed istituzioni anche internazionali oggi inesistenti e molto simili a strutture di pianificazione soprattutto se vengono inserite considerazioni di ordine ambientale.. Da tutto l orrore che la crisi economica globale ha generato per cosi tanta gente è emersa una conseguenza importante: molta gente sta acquisendo una coscienza politica e sta cercando di informarsi per comprendere meglio il sistema economico-politico in cui vive. Allo scoppio della crisi, alcuni mesi fa, l accostamento che ha conquistato gli onori delle cronache fin da subito è stato quello con la crisi del 29: un parallelismo ovvio, se consideriamo tutti i punti che queste due crisi condividono: la violenza e il manifestarsi dell evento, l area da cui si è propagato (vale a dire i mercati borsistici e finanziari), l effetto a macchia d olio in grado di innescare reazioni a catena propagatisi ben oltre i confini del mercato nazionale d origine. Un paragone chiaramente molto efficace, ma anche piuttosto terrorizzante se consideriamo che la soluzione della crisi del 29 è arrivata soltanto con la seconda guerra mondiale: gli effetti del New Deal di Roosevelt si erano infatti rivelati soltanto palliativi, temporanei, incapaci di risollevare realmente un economia mantenuta attiva solo attraverso svariate forme di accanimento terapeutico di Stato. E sempre nell ottica di questo parallelismo le prime mosse annunciate di Obama sono state già etichettate come green new deal : anche in questo caso i parallelismi sono forti tra le ricette, con accentuate forme di interventismo statale volte a risollevare l economia in difficoltà. Nel 1929 gli stati uniti erano il principale creditore dell Europa, un Europa ancora fortemente indebolita dalla prima guerra mondiale e spesso (si pensi alla Germania): 1.completamente dipendente dai finanziamenti americani; specularmente, gli Stati Uniti, che ancora attuavano forme seppur evolute di protezionismo, erano dipendenti dai mercati europei in quanto principale mercato di output supplementare per i propri prodotti.; 2. gli Stati Uniti attuali sono invece un paese fortemente indebitato con paesi come la Cina, il Brasile o il Venezuela solo per fare alcuni esempi: è difficile dire come questo cambiamento dei ruoli influirà sull evolversi della crisi ma è sicuramente un elemento che non può esser 12

13 sottovalutato; 3. nel 1929 esistevano essenzialmente due blocchi di economie avanzate : gli Stati Uniti e la frammentaria Europa, con gli Stati Uniti nel ruolo della potenza ormai affermata e l Europa, come già accennato, intenta a risalire la china seguita alla grande guerra; 4.l Asia era un insieme di stati coloniali o semi coloniali, (con l eccezione della tigre giapponese), e buona parte del sudamerica costituiva un immensa riserva di materie prime per gli Stati Uniti; 5.il quadro che troviamo attualmente è invece un quadro multipolare in cui aldilà dei blocchi già consolidati, troviamo potenze in crescita, la Russia o il Brasile ad esempio, e superpotenze economiche emergenti che stanno rapidamente passando dal secondiario al terziario come l India e la Cina; 6.senza considerare l enorme rilevanza economica assunta dai paesi del medioriente e dei paesi sudamericani. Anche in questo caso impossibile, ancora più difficile prevedere come quest enorme numero di variabili economiche si interfacceranno tra loro: è comunque evidente che molto difficilmente si andrà seguire un canovaccio anche solo vagamente simile a quello sviluppatosi dopo la crisi del 29. Gli effetti della globalizzazione non possono in alcun modo essere sottovalutati, soprattutto se si mette in relazione il fenomeno globalizzazione con una circolazione pressoché istantanea di notizie, azioni e reazioni economiche, rese possibili dalle nuove tecnologie: anche in questo caso è possibile che questa differenza determini reazioni imprevedibili e che questa velocità porti la crisi a svilupparsi e forse esaurirsi in tempi molto più brevi. La frammentazione geografica ed economica ha un riscontro ovviamente anche in una maggior eterogeneità politica: dove ad esempio nel dopoguerra si era andati a convergere in gran parte degli Stati europei verso forme dittatoriali (un rischio per altro corso anche da molte nazioni che poi si sono assestate su forme democratiche) contrapposte in qualche modo alla democrazia americana. Il quadro politico attuale comprende un ventaglio di variazioni sul tema pressoché infinito: democrazie consolidate, regimi comunisti con meccanismi economici capitalistici, democrazie con le virgolette di stampo ottocentesco, dittature di fatto e anche di nome, stati di tipo teocratico, stati in balia di guerre civili tra clan e minoranza etniche e religiose. Un ulteriore elemento di complessità è la presenza di nuovi organismi sovranazionali, prima fra tutti l Europa, 13

14 1.2 Nuove regole per la globalizzazione economica: Il contributo di alcuni studiosi Non cambieremo mai le cose, combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruiamo un modello nuovo che renda il sistema attuale obsoleto. (Buckminster Fuller) Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. (Mohandas Gandhi) Ciascuno ha il diritto a uno standard di vita adeguato a garantire la salute e benessere per sé e la propria famiglia, il che comprende cibo, vestiario, alloggio e cure mediche... (art.25 delle dichiarazione universale dei diritti dell uomo ONU, 1948). 14

15 L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti, con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro in tutti i suoi aspetti, si trova ad un punto di svolta fondamentale: quello di far implementare un equa globalizzazione attraverso nuove regole che servono per migliorare appunto la governance della globalizzazione, che non è un fenomeno nuovo, come ha sottolineato un recente rapporto dell Unione Europea ma presenta aspetti differenti, rispetto al passato. Contro la crisi in corso, l ILO ha proposto che l annuale Conferenza Internazionale del Lavoro discuta di un Patto Globale del Lavoro volto a promuovere ripresa economica e la costruzione di un nuovo modello di globalizzazione giusta e più inclusiva incentrata sull Agenda del lavoro dignitoso. la più In questa occasione, l ILO ribadisce il suo appello a favore di un azione globale per il lavoro dignitoso e invita tutti i sostenitori di un modello per il futuro che sia incentrato sulla persona, equilibrato e sostenibile a mobilitarsi per il lavoro dignitoso. Il processo di globalizzazione economica si è basato finora su un modello volto solo al conseguimento del profitto, senza che siano calcolati i costi sociali e ambientali delle attività economiche. esso provoca crescenti livelli di ineguaglianza, sia tra diversi paesi sia all interno di ciascun paese, favorisce la concentrazione di risorse e potere nelle mani di pochi (con erosione di democrazia) e l esclusione di molti, incoraggia l uso insostenibile delle risorse, mina le basi della diversità biologica e culturale, ostacola la conservazione e lo sviluppo di sistemi di commercio sostenibili e appropriati al livello locale e indebolisce il negoziato internazionale in materia di ambiente e sviluppo. Le radici profonde dell'attuale crisi globale risiedano in un modello di globalizzazione che è venuto meno alle aspettative dei lavoratori di ogni parte del mondo, accrescendo il divario tra coloro che hanno goduto dei benefici della crescita economica, e coloro per i quali la globalizzazione neoliberista ha creato solamente dolore e miseria. (VEDI RAPPORTO NATO 2020) Occorre adeguare l economia alle esigenze del xxi secolo, in modo che sia flessibile, equa e sostenibile. oltre al denaro, alla crescita e ai profitti essa dovrà includere la considerazione dei problemi sociali e ambientali, nuove procedure devono consentire a tutti i cittadini di essere informati e poter influire sulle 15

16 decisioni. occorre che i governi si accordino su nuovi obiettivi di sviluppo, stabiliti in base ad un coerente insieme di principi sociali, economici ed ambientali concordati a livello internazionale. L approccio liberista della stessa taglia va bene per tutti deve essere sostituita dal riconoscimento dei benefici della diversità economica, si deve applicare la sussidiarietà economica, in modo che le decisioni siano prese al livello più appropriato, anche locale, e si preveda una maggior partecipazione dei cittadini In una società sostenibile il commercio internazionale e gli investimenti dipenderanno dai livelli di consumo di risorse, di internalizzazione dei costi ambientali nei prodotti e nei servizi e di distribuzione dei benefici che sapranno determinare. La globalizzazione economica tende a ridurre l autosufficienza e ad aumentare la dipendenza dall esterno. rimane poco spazio per la diversità, un solo modello viene ritenuto adatto a tutti e raccomandato da politici e dalle istituzioni finanziarie internazionali. questo approccio manca di flessibilità e ha dimostrato di essere particolarmente problematico per quei pvs che intendevano stimolare la crescita della loro industria appena nata, promuovere occupazione locale, proteggere culture locali e/o limitare l esportazione di risorse. esso ha incoraggiato invece pericolosi fenomeni di dipendenza, come dimostrato dalla crisi asiatica del 1997, che si è diffusa rapidamente da paese a paese. Insomma, le economie locali dovrebbero essere più autosufficienti in termini di reddito ed occupazione, ed avere la scelta di cosa e in quale misura commerciare. Questo tipo di processo decisionale deve essere accompagnato da un sistema politico altrettanto democratico e partecipativo a livello nazionale e internazionale. un altro aspetto importante della sussidiarietà economica è la restituzione ai governi della facoltà di decidere (in campo economico come in campo sociale e ambientale) cosa che attualmente, in molti pvs, non sempre avviene. Allo stesso tempo è assolutamente necessario accrescere l efficacia e la portata delle decisioni internazionali su un gamma di argomenti vitali per la sostenibilità e che non possono essere garantite dai singoli governi. essi sono ad esempio la lotta alla povertà, l equità, i livelli globali di uso delle risorse, la produzione e il consumo sostenibili e l inquinamento transfrontaliero. Appare ormai evidente che alti tassi di crescita economica non generano automaticamente benefici sociali e ambientali, anzi, è vero il contrario: la deregulation, accompagnata dall aumento di produzione e di consumi tende a far peggiorare gli standard ambientali e sociali e ad aumentare il consumo di 16

17 risorse e l inquinamento. inoltre la ricchezza generata tende ad essere distribuita in modo molto ineguale. Occorre, inoltre, distinguere tra consumi eccessivi nel nord e consumi troppo scarsi nel sud. le politiche delle istituzioni di Bretton Woods (banca mondiale e fondo monetario) e dell organizzazione mondiale del commercio spingono invece verso un incontrollato sfruttamento delle risorse destinate all esportazione. Ciò incoraggia l aumento dei consumi nel nord e il degrado ambientale tanto a sud quanto a nord. i governi debbono discutere la questione dell accesso e della distribuzione delle risorse e trovare soluzioni adeguate. Tuttavia, per molte persone che vivono nei paesi poveri, la possibilità di accedere alle risorse che garantirebbero loro cibo, vestiario e alloggio, si sta riducendo, e non è compensata da misure di sicurezza Le crisi finanziarie degli ultimi due anni indicano chiaramente che lo sviluppo sostenibile è impossibile in un clima di rialzi, crolli e instabilità economica. La liberalizzazione economica e i flussi di investimenti speculativi hanno determinato situazioni di aumento di povertà e di riduzione della capacità dei governi dei pvs di proteggere l ambiente e assicurare politiche di previdenza sociale e assistenza sanitaria. Le politiche di stabilità finanziaria sono una componente essenziale di un economia sostenibile controllare il flusso degli investimenti i governi devono essere in grado di controllare i flussi di investimenti, sia all interno dei propri paesi sia a livello mondiale, in modo di garantire che essi assicurino stabilità e siano diretti all economia reale e produttiva. il monitoraggio degli investimenti, l adozione, decisa democraticamente, di requisiti di prestazione, dovrebbe essere la norma per investimenti interni e provenienti dall estero. accordi internazionali in materia di investimenti dovrebbero tener conto dei nuovi obiettivi economici come sopra delineati e stabilire norme per il comportamento delle imprese transnazionali. Se gli obiettivi dell economia mondiale cambiassero anche il ruolo delle imprese verrebbe a cambiare, attraverso l adozione nazionale e internazionale di regole e incentivi, esse contribuirebbero al raggiungimento di obiettivi quali livelli ottimali di attività economica, elevati standard ambientali e sociali, riduzione di uso delle risorse e dell inquinamento,ecc.. Per realizzare questo cambiamento le imprese, soprattutto quelle transnazionali, debbono rispondere pienamente del proprio operato tanto ai governi eletti che alle comunità locali. ciò implica l apposizione di limiti alle fusioni e alle acquisizioni, per prevenire e smantellare i monopoli. occorrono anche norme obbligatorie per assicurare la trasparenza, la responsabilità e alti 17

18 standard in materia ambientale, sociale e di diritti umani. ciò va negoziato nell ambito delle nazioni unite e messo in vigore tramite le legislazioni nazionali. Un sistema economico sostenibile e democratico deve andare a beneficio di tutti coloro che vi partecipano. perché ciò avvenga è necessario che tutti gli interessati tra cui governi, parlamenti, cittadini e comunità locali e imprese abbiano pieno accesso all informazione anche in materia economica e possano partecipare al processo decisionale, in modo di concorrere alla formazione di politiche economiche sostenibili. governi e responsabilità. Le radici profonde dell'attuale crisi globale risiedano in un modello di che è venuto meno alle aspettative dei lavoratori di ogni parte del mondo, accrescendo il divario tra coloro che hanno goduto dei benefici della crescita economica, e coloro per i quali la globalizzazione neoliberista ha creato solamente dolore e miseria. La struttura deregolamentata del sistema finanziario, con la mancanza di equilibri nei rischi, l'insufficienza di informazioni sui rischi e l'espansione incontrollata del rapporto di indebitamento prodotta dal liberismo, hanno generato l'attuale crisi finanziaria, economica ed occupazionale. Gli interessi privati hanno guidato la liberalizzazione del capitale di mercato e la filosofia incentrata sulla deregolamentazione che si trovava alla sua radice. Il sistema finanziario è sempre più sconnesso dalle attività che producono benefici tangibili e reali, quali la produzione manifatturiera, e si è così trasformato in parassita dell'economia reale, come dimostrato dal recente crollo finanziario; La crescente flessibilità salariale e la deregolamentazione del mercato del lavoro, insieme all'erosione dei diritti umani e sindacali fondamentali, delle protezioni sociali e dei regimi di tassazione progressiva hanno aggravato le disuguaglianze che sono alla radice della crisi attuale; Una soluzione sostenibile alla crisi richiede la tutela e la creazione di occupazione sana e stabile, il riconoscimento e l'attuazione efficace di tutti i diritti fondamentali del lavoro e sindacali, come specificato nelle Convenzioni ILO e nelle interpretazioni ad esse correlate, e una maggiore regolamentazione del nostro sistema finanziario, costringendolo a rispondere del proprio operato di fronte ai lavoratori di ogni parte del mondo; Una soluzione efficace richiede anche nuove regole sul commercio, che mettano al primo posto un'occupazione di qualità e lo sviluppo, che siano pienamente trasparenti, e che prevedano la partecipazione dei lavoratori in ogni fase della loro elaborazione, con misure forti per ottenere un'efficace attuazione di tutte le Convenzioni ILO; 18

19 Le famiglie dei lavoratori nel sud e nel nord del mondo possono trarre beneficio solamente da un sistema di regolamentazione degli scambi commerciali che sia focalizzato sulla creazione di un'occupazione di qualità, con la promozione di un lavoro dignitoso, come mandato e requisito specifico per l'organizzazione Mondiale del Commercio e come obiettivo esplicito degli accordi in materia di scambi commerciali; Gli Stati e i Sindacati hanno un ruolo da svolgere per salvare i posti di lavoro e proteggere I più deboli tramite un insieme di misure; i paesi in via di sviluppo non hanno le risorse per adottare misure di stimolo alla crescita ed hanno bisogno dello spazio politico per affrontare l'impatto brutale della crisi, dal punto di vista economico e sociale. Possono essere costretti ad approvare misure mirate e temporanee utilizzando gli strumenti commerciali disponibili in base alle regole dell'omc, e deve essere consentito loro di continuare a far ciò. Tratto da un intervista a Fareed Zakaria (1) << Occorre considerare le condizioni che hanno determinato questo stato di cose e di crisi..negli ultimi vent'anni il mondo ha avuto stabilità politica, un basso tasso di inflazione e una massiccia espansione economica che ha coinvolto quasi 3 miliardi di persone. molti paesi del pianeta sono cresciuti a livelli inimmaginabili in precedenza (nel 2006 e 2007, sono stati 124 i paesi cresciuti a un ritmo superiore al 4% annuo). guerre, conflitti civili e terrorismo hanno causato meno traumi politici che nei decenni forse addirittura nei secoli passati.>> Nel ragionamento dello studioso indiano sembra emergere una sorta di elogio della fase monocentrica emersa dopo l'implosione del "blocco sovietico". In realtà dopo pochi anni si è assistito ad un aumento del disordine globale e all'inizio di quell'evoluzione verso il multipolarismo che potrà portare nei prossimi decenni all'emergere di una fase propriamente policentrica. L'attuale grave crisi ha la sua origine nell'incapacità "assoluta" del sistema economico-politico guidato dagli USA ridivenuto "mondiale" dopo il nel superare la cosiddetta stagflazione iniziata a metà degli anni settanta del secolo scorso. Questa ipotesi infatti, prima di tutto, parte dalla sola osservazione di quello che veniva chiamato in quell'epoca primo mondo (l'occidente a guida USA) e le politiche economiche che si sono susseguite da allora, pur attraverso molti "fallimenti", abbiano comunque rilanciato per un periodo relativamente lungo - lo sviluppo nelle aree centrali a guida americana; un rilancio determinato, oltre che dalla cosiddetta "ristrutturazione produttiva", soprattutto da alcune significative innovazioni di prodotto (come quelle relative all'informatica e alla robotica). 19

20 * Fareed Zakaria è un giornalista indiano che si è specializzato nei rapporti di politica ed economia internazionale.e stato redattore incaricato del giornale foreign affairs, il principale giornale di politica internazionale e di economia. dal mese di ottobre del 2000, è redattore di newsweek international, Esquire lo ha descritto come «il consigliere più influente di politica estera della sua generazione» e come «una delle 21 persone più importanti del ventunesimo secolo». <<in campo economico, prosperità e tasso di inflazione contenuti hanno dato luogo a due importanti fenomeni: crediti a basso costo e nuove ingenti concentrazioni di capitali. le economie emergenti dell'asia (e poi i paesi produttori di petrolio del medio oriente) hanno accumulato un'eccedenza di denaro senza precedenti. si aggiungano ancora due vecchi vizi del genere umano, l'avidità e la stupidità, e si comincerà a capire come si sia potuta verificare la crisi attuale. certo, il problema è che gli stati uniti e qualche altra economia occidentale consumavano troppo - molto di più di quel che producevano e compensavano la differenza indebitandosi. ma se l'america spendeva troppo, l'asia risparmiava troppo. tutti quei risparmi qualcosa come miliardi di dollari dovevano andare da qualche parte, e per vent'anni sono finiti soprattutto negli stati uniti, che erano considerati, con qualche ragione, il luogo migliore e più sicuro per investire. questo ha portato al credito facile e ai vari crac che si sono susseguiti negli stati uniti.>> <<l'attività economica e sociale è globale, ma il potere politico è locale. i problemi economici, sociali e politici spesso superano i confini, ma le soluzioni tendono a essere trovate dai governi nazionali, che salvaguardano gelosamente la loro sovranità. se non risolveremo questo problema di fondo, dovremo aspettarci altre crisi, di vario tipo. e dovremo aspettarci risposte limitate e inefficaci, che a lungo andare potrebbero indurre i paesi a muoversi in modo miope e nazionalistico, creando una maggiore instabilità globale e minando la pace e la prosperità.>> <<il vero problema che oggi abbiamo dinanzi non è la crisi del capitalismo, ma la crisi della globalizzazione. il nuovo mondo che sta nascendo non scomparirà. non ritorneremo a un sistema dominato da un piccolo gruppo di paesi raccolti attorno all'atlantico. i fenomeni responsabili dell'avvento dell'economia globale, e quindi della crescita del resto del mondo, hanno carattere strutturale e sono in atto da decenni.>> 20

21 Crisi economica , Roberto Franzè Admin In Ecolocity L autore analizza come lo sviluppo del capitalismo si è attuato in Italia e come la situazione si potrebbe evolvere secondo lo sviluppo simile ad altri paesi occidentali: Egli considera la fine della 2 guerra mondiale come un punto di inizio della storia moderna del nostro paese. In sintesi dal suo studio si evince che : la riduzione della forza lavoro in sistema capitalistico significa riduzione dei consumatori, questo significa che fasce di popolazione senza lavoro, rischiano di non avere più accesso ai beni di consumo.. da quello finora esposto si capisce che la globalizzazione, comporta uno spostamento di prodotti di consumo dai paesi poveri a quelli ricchi ed uno spostamento della ricchezza monetaria inverso; si importano nuovi consumatori (attraverso l'immigrazione); calcolando l'obsolescenza veloce delle merci di consumo, questo processo si ripete di continuo, fino a comportare che nei paesi sviluppati (a parità di consumi), le ricchezze in eccesso (risparmio accumulato negli anni dello sviluppo economico) tendono ad esaurirsi, e di conseguenza si assisterà ad un aumento del ricorso al debito pubblico e/o privato. non dimentichiamoci che anche il debito pubblico è comunque un debito privato dei singoli cittadini; 21

22 questo trasferimento di ricchezze, continua finché i sistemi non tendono ad equilibrarsi; il che significa che i paesi ricchi cederanno prima ricchezza in cambio di beni di consumo e poi dovranno competere con quelle economie, che hanno condizioni di lavoro e salari molto più bassi; se nelle economie dei paesi in via di sviluppo, le conquiste sociali saranno simili a quelle dei paesi sviluppati, la migliore condizione che si potrà avere, è che nei paesi sviluppati i lavoratori vedranno ridotta alla meta la loro capacità di acquisto ed i loro diritti, che saranno invece in aumento nei paesi in via di sviluppo; questo significa che a livello mondiale le economie occidentali devono prepararsi a diventare molto più povere di quanto sono adesso; poiché non possiamo impedire che le ricchezze a nostra disposizione si riducano, possiamo pero utilizzarle per costruire sistemi efficienti che ci costino meno e compensino la riduzione della nostra capacità di acquisto; occorrerà concentrarsi su quelle attività (beni culturali, paesaggi, storia) del quale abbiamo le materie prime e scambiare i nostri prodotti e servizi, con i paesi che hanno prodotti di altre materie prime (un modo di vivere più efficiente, sano ed ecologico); l'inserimento di stranieri più poveri, determina una nuova richiesta di beni, ma anche di posti di lavoro, se si prende anche in considerazione che molti stranieri inviano parte di quello che guadagnano verso le loro nazioni di origine, si può ritenere che questo apporto sia sostanzialmente irrilevante; mentre si innesca il fenomeno di lavoro nero a basso costo che tende ad abbassare anche gli stipendi dei lavoratori nazionali, riducendo la capacità dei lavoratori di consumare.;6) si cercano altri consumatori in altre nazioni (globalizzazione).; se nella globalizzazione, ci si rivolge a paesi avanzati con mercati già saturi, si avrà uno scambio di merci, ma la situazione generale non cambia.; allora si deve accedere a mercati non saturi dove esistono milioni di persone in uno stato di povertà; questi però non possono consumare, perché non hanno reddito; quindi li devi trasformare prima in lavoratori, affinché avendo reddito possano comprare le merci che l'impresa produce; 22

23 a questo punto le imprese multinazionali, dei paesi sviluppati, aprono loro sedi produttive nei paesi dove i mercati non sono saturi; in questo caso però il costo della mano d'opera in quei paesi è molto più basso dei paesi più sviluppati, e quindi le imprese producono, in quei paesi, merci ad un costo più basso di quello che hanno nei paesi sviluppati; in effetti, almeno inizialmente, le imprese non possono vendere nei paesi poveri i loro prodotti (più evoluti) costruiti nei paesi sviluppati, ma sono costretti a rivendergli i prodotti a basso costo costruiti in loco, quindi in questa fase, i problemi di sovrapproduzione nei paesi sviluppati rimangono, mentre nei paesi poveri inizia il processo di sviluppo; ha questo punto cominciamo a vedere come la globalizzazione, influisce negativamente sul capitalismo nei paesi sviluppati; in un mercato libero, non si può impedire che l'impresa (multinazionale) cerchi il massimo profitto, quindi l'impresa riporta i prodotti che produce (a basso costo) nei paesi poveri e li rivende nei mercati sviluppati a costi (almeno inizialmente) simili a quelli presenti in quel mercato; costituisce una fonte di arricchimento enorme per le aziende multinazionali, che possono produrre a 10 e rivendere a 100, cosa impossibile se si produce in paesi sviluppati; inizia quindi una fase di aumento dell'importazione nei paesi ricchi di prodotti costruiti nei paesi meno sviluppati, mentre le esportazioni dei paesi ricchi rimangono costanti (perché ancora non si è ancora creata nei paesi poveri una massa di consumatori benestanti, in grado di acquistare merce ad alto costo); nei paesi più avanzati a concorrenza di merci prodotte a basso costo importate dalle multinazionali, colpisce per prime le aziende in loco che costruiscono il tipo di prodotti importati, queste ultime per difendersi, iniziano anche loro ad importare semilavorati o prodotti finiti, che rivendono come se fossero i propri; a questo punto (nei paesi sviluppati) si riduce la forza lavoro nel settore della produzione (un problema ora dovuto alla globalizzazione, ma che si somma a quello creato già dalla tecnologia), a questo punto per evitare la riduzione dei lavoratori consumatori occorre mettere sfruttare il vantaggio tecnologico dei paesi più evoluti, per creare merci più competitive ed evolute; questo comporta che i paesi più avanti con ricerca, alta tecnologia ed alta qualità dei materiali, tendono a migrare le produzioni su prodotti più evoluti e rallentano il processo di deindustrializzazione, che comunque prosegue perché se anche la ricerca, lo sviluppo e la produzione vengono fatte nei propri paesi, gran parte della produzione di semi lavorati viene fatta nei paesi 23

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