Indicazioni classiche all intervento laparoscopico (vedi tabella 1) sono prevalentemente le patologie benigne, addominali e pelviche.
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- Agnese Sarti
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1 INTRODUZIONE La chirurgia miniinvasiva nasce dalla necessità di ridurre il danno tissutale nell esecuzione di interventi chirurgici mediante vie di accesso minime. In questo settore della moderna chirurgia rientrano la chirurgia laparoscopica, quella toracoscopica e la chirurgia videoendoscopica del tratto digerente (transanale, transesofagea, transgastrica). La chirurgia laparoscopica moderna esordisce come metodica operativa nel 1987 in Francia, con l esecuzione della prima colecistectomia da parte di P. Mouret. Subito sono apparse chiare le sue potenzialità in campo diagnostico e terapeutico, con una rapida diffusione della metodica in tutta la comunità scientifica. L uso di una microcamera, introdotta in cavità addominale attraverso una piccola incisione, consente un accurata esplorazione degli organi addominali con definizione superiore rispetto all analoga valutazione effettuata in corso di interventi a cielo aperto. Si riduce, inoltre, il trauma a carico della parete addominale, dei visceri e delle strutture vascolari, evitando complicanze nel decorso postoperatorio. Nel tempo, d altra parte, si sono evidenziati alcuni limiti connessi con la metodica, quali la necessità di operare sotto una visione bidimensionale del campo operatorio e la mancanza della sensazione tattile, essendo ogni gesto del chirurgo mediato da strumenti. E, inoltre, una pratica soggetta a curva di apprendimento, che espone il medico a possibili errori fino al conseguimento della sufficiente manualità necessaria all esecuzione corretta del gesto operatorio. 1
2 Indicazioni classiche all intervento laparoscopico (vedi tabella 1) sono prevalentemente le patologie benigne, addominali e pelviche. La tecnica prevede in primo luogo la formazione di uno pneumoperitoneo mediante insufflazione di CO 2 attraverso un ago di Veress introdotto in addome per via transcutanea. Questa metodica, tuttavia, non è scevra di rischi, essendo eseguita alla cieca; sono state descritte, infatti, lesioni di visceri addominali e di vasi. E stata introdotta, pertanto, una procedura differente per la formazione dello pneumoperitoneo, la cosiddetta open laparoscopy ; si accede alla cavità peritoneale attraverso un incisione addominale di circa 1,5 cm e si posiziona un trocar a punta smussa (trocar di Hasson), attraverso il quale viene poi insufflata la CO 2. Questa è una tecnica priva dei rischi inerenti l ago di Veress ed il primo trocar; l inserimento di questi era responsabile di almeno il 90-95% delle complicanze legate alla tecnica laparoscopica in generale. Raggiunta una pressione intraaddominale di mmhg, si procede all introduzione dell ottica e degli strumenti in cavità peritoneale attraverso introduttori (trocar) di diametro variabile, generalmente compreso tra 5 e 33 mm, opportunamente distribuiti sul campo operatorio in posizione diversa in dipendenza dal tipo di intervento da effettuare. L ottica, munita di microcamera e sorgente luminosa, proietta sul monitor l immagine del campo operatorio, guidando i gesti del chirurgo che manovra gli strumenti. Sono di seguito analizzati aspetti generali dell intervento laparoscopico e peculiarità dell uso della metodica in campo oncologico. 2
3 TABELLA 1: INDICAZIONI AL TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO. ESOFAGO: STOMACO: Resezione di diverticoli. Stadiazione per carcinoma. Vagotomie. Gastroresezioni. Gastroentero-anastomosi. Raffie di perforazioni. ILEO-COLON: Resezioni ileali per tumori benigni. Resezioni di colon per papillomi villosi. MILZA: FEGATO: Splenectomie per trombocitopenie o anemie emolitiche. Biopsie per stadiazione di linfomi. Diagnosi e valutazione di traumi. Terapia di cisti sierose e da Echinococco periferiche. Resezione di piccoli tumori periferici. Biopsie per stadiazione di tumori primitivi e metastatici. PANCREAS E VIE BILIARI: Resezione di tumori endocrini. Derivazione di pseudocisti. Derivazioni palliative per itteri ostruttivi da tumore. Biopsie per stadiazione e resecabilità di tumori maligni. RENE: Nefrectomia per patologia benigna. APP. GENITALE: Legatura delle vene spermatiche per varicocele. Diagnosi e terapia del testicolo ritenuto in addome. Resezione di cisti ovariche. Endometriosi. Diagnosi e terapia di gravidanze extrauterine. Isterectomia. 4
4 CAPITOLO 1: Effetti dell intervento laparoscopico Effetti sulla funzione di organi e sistemi. Un fondamentale vantaggio della chirurgia laparoscopica è quello di limitare l aggressione chirurgica, non solo in termini puramente estetici, per le ridotte dimensioni degli accessi alla cavità peritoneale, ma anche per una minore compromissione dello stato generale del paziente, come è dimostrato dalla riduzione notevole dei tempi di degenza, da una più bassa incidenza di complicanze postoperatorie e, non ultima, da una marcata riduzione del dolore nell immediato periodo postoperatorio 1. A fronte di questi vantaggi occorre considerare aspetti potenzialmente lesivi della metodica, legati alla necessità della formazione di uno pneumoperitoneo per procedere all intervento. L aumento della pressione addominale, infatti, modifica i caratteri del circolo addominale, con un ovvia ripercussione sulla funzione di organi vitali come il cuore, per il ridotto ritorno venoso nella vena cava inferiore, responsabile di una riduzione netta della gittata cardiaca, ed il fegato, per alterazioni del circolo portale. 5
5 Funzione epatica. La pressione di insufflazione della CO 2 impiegata comunemente per la formazione dello pneumoperitoneo è di mmhg, significativamente più alta della pressione venosa rilevabile nel distretto portale, generalmente di 7-10 mmhg. E, quindi, lecito aspettarsi una riduzione del flusso portale, con variabili effetti sulla capacità funzionale epatica. Morino e coll. 2 hanno recentemente analizzato alcuni indici di danno epatocellulare in pazienti sottoposti ad intervento laparoscopico per litiasi della colecisti e per patologia non epatobiliare, riscontrando in tutti i pazienti un significativo innalzamento dei livelli sierici di AST ed ALT, proporzionale alla durata ed alla pressione dello pneumoperitoneo. Valori meno alti sono stati riscontrati nel gruppo sottoposto ad una pressione intraaddominale minore (10 mmhg vs. 14 mmhg). L incremento degli enzimi epatici è rilevabile anche dopo interventi eseguiti per patologia non epatobiliare, ciò a conferma del ruolo di primaria importanza svolto dallo pneumoperitoneo nell induzione del danno epatico. Ulteriori studi sono necessari per stabilire le proporzioni reali del problema, che pone, comunque, delle limitazioni all uso di questa procedura in epatopatici, che presentino di base una riduzione critica della funzione epatocellulare, soprattutto per interventi di lunga durata. 6
6 Funzione renale. L intervento laparoscopico è generalmente associato ad una contrazione della diuresi, verosimilmente legata ad un alterazione del circolo renale, quale effetto della insufflazione di gas nella cavità peritoneale, con alterazioni della pressione e della temperatura intraaddominale. Soggetti con normale funzione renale sopportano bene tale condizione, ma c è da aspettarsi un effetto potenzialmente lesivo in quei pazienti che abbiano una funzionalità renale già significativamente ridotta. In procedure laparoscopiche di lunga durata (> 90 min), l insufflazione di gas riscaldato a 37 C ha dimostrato di migliorare la diuresi dei pazienti in maniera significativa rispetto all uso di CO 2 a temperatura ambiente, probabilmente per un effetto di vasodilatazione a carico dei vasi renali 3 ; questo approccio può essere utile in pazienti con funzionalità renale al limite della normalità. Quale modello di soggetti con insufficienza renale cronica, nella valutazione dei cambiamenti indotti dallo pneumoperitoneo a breve e lungo termine, Cisek e coll. hanno utilizzato maiali sottoposti ad ablazione di parte del parenchima renale con riduzione al 22% della funzionalità dell organo 4. L esposizione a 6h di pneumoperitoneo a 20 mmhg ha prodotto negli animali esaminati un peggioramento drammatico dei parametri di funzione renale (filtrazione glomerulare, etc.), con insufficienza renale refrattaria all infusione di liquidi. Tali alterazioni si sono risolte in una settimana di osservazione con il ritorno alle condizioni di partenza. 7
7 Non sembra, pertanto, che lo pneumoperitoneo induca cambiamenti a lungo termine nella funzione renale, mentre sono dimostrate alterazioni acute di questa, come, peraltro, già noto dall esperienza clinica 3. Probabilmente sono in gioco fattori di regolazione complessi e non ancora ben noti, piuttosto che semplici effetti meccanici. 8
8 1.2. Effetti oncologici generali. Visti gli ottimi risultati ottenuti nella patologia non neoplastica, una serie di studi sono stati condotti per determinare quali fossero gli effetti dell intervento in campo oncologico 5,6. Risultati incoraggianti 7,8 sono giunti dalla valutazione della crescita tumorale in modelli sperimentali di cancro in roditori sottoposti ad intervento laparotomico, laparoscopico (CO 2 pneumoperitoneo) oppure alla sola anestesia (gruppo di controllo). Allendorf e coll. 8 hanno osservato che la crescita di cellule di carcinoma mammario murino (MMC), iniettate sottocute nel dorso di ratti al termine di un intervento chirurgico, è differente in dipendenza dalla tecnica operatoria impiegata. A 12 giorni dall intervento la dimensione del tumore sviluppatosi dalle cellule trapiantate nel gruppo di roditori esposto al solo pneumoperitoneo è apparsa significativamente minore di quella riscontrata nel gruppo laparotomizzato; in entrambi i casi la dimensione delle masse neoplastiche si è rivelata maggiore di quella ottenuta nel gruppo di controllo. In un ulteriore studio si è osservata una variabile espressione di PCNA (Proliferating Cell Nuclear Antigen), significativamente più bassa nelle cellule tumorali trapiantate in topi sottoposti al solo pneumoperitoneo con un pattern analogo a quello della crescita tumorale sopra descritto 7. Questi dati sono stati confermati in diversi modelli sperimentali, con l uso di differenti linee cellulari neoplastiche trapiantate sottocute negli animali da esperimento al momento dell intervento, aumentando così l attendibilità dei risultati sopra esposti. 9
9 Le difficoltà che la cellula neoplastica trapiantata incontra nell attecchimento e nella crescita sembrerebbero legate alla conservazione delle capacità difensive da parte dell ospite murino, con particolare riferimento alla immunità cellulo-mediata, che è meglio conservata dopo l intervento laparoscopico (vedi par. 1.3.). Questa possibilità è indicata dal fatto che topi atimici ( nudi ) presentano un identico pattern di recettività verso l inoculo tumorale indipendentemente dalla procedura chirurgica attuata 7 ; l assenza di cellule T, pertanto, annulla l effetto positivo della laparoscopia sulla riduzione della crescita tumorale. Probabilmente è correlato con alterazioni del sistema immunitario anche il diverso effetto ottenuto dall esposizione a gas differenti in corso di pneumoperitoneo. Su modelli animali si è, infatti, dimostrato che la crescita di tumori trapiantati in ospiti sottoposti a pneumoperitoneo è più spiccata nei topi esposti a CO 2 che non in quelli che avevano subito un pneumoperitoneo con He, pur mantenendosi, in entrambi i casi, in ambito significativamente più basso rispetto alle esperienze laparotomiche 9. 10
10 1.3. Effetti sulla funzione immunitaria. La risposta immunitaria è un insieme complesso di funzioni che difendono l organismo da insulti di qualsivoglia natura, compreso lo sviluppo di cloni neoplastici in qualsiasi distretto corporeo. Per le sue caratteristiche di complessità, l immunità risponde in maniera diversificata alla pluralità di aggressioni cui è sottoposto l organismo stesso, variando i termini della risposta in relazione a numerosi fattori, molti dei quali ancora non ben noti. Lo stress chirurgico si è dimostrato essere uno dei possibili regolatori della risposta immunitaria, modulandola, però, in senso negativo, con una riduzione dell espressione dei meccanismi di difesa umorale e cellulare. Evidenze di questa condizione si sono riscontrate in diversi studi, dai quali è emersa una correlazione diretta tra l entità del trauma chirurgico ed il grado di compromissione della risposta immune 10,11,12,13, che è, in definitiva, responsabile delle complicanze settiche degli interventi e dell eventuale disseminazione di neoplasie nel periodo postoperatorio. Alla luce di queste acquisizioni, la chirurgia laparoscopica è apparsa come uno strumento di notevole utilità per ridurre lo stress chirurgico ed i suoi effetti negativi sulle difese immunitarie. La chirurgia miniinvasiva, infatti, sfrutta un accesso chirurgico estremamente limitato, con un minimo danno tissutale; ciò si traduce in una risposta da stress ridotta e, quindi, in una minore alterazione dei meccanismi di base dell immunità, come dimostrato da vari Autori 14. Si sono effettuati numerosi confronti tra procedure chirurgiche laparoscopiche versus le metodiche di intervento standard, con risultati molto interessanti riguardo il problema in esame. 11
11 Ad esempio, nell intervento di colecistectomia laparoscopica in pazienti con litiasi sintomatica della colecisti, non complicata da episodi di pancreatite o di colecistite acuta, lo studio di numerosi parametri della funzione immunitaria ha rivelato, al confronto con l intervento laparotomico, una significativa differenza tra le due metodiche, con aspetti più soddisfacenti per la prima 14,15,16,17. Nei pazienti sottoposti a colecistectomia convenzionale, infatti, si riscontra già in I giornata e per le prime 72 ore un aumento significativo dei livelli ematici di interleuchina-6, tipica espressione di una condizione di stress 18, mentre con skin-test è evidenziata una riduzione della immunità cellulomediata, appare, inoltre, evidente una ridotta espressione degli antigeni HLA-DR sulle APC. Tutti i parametri analizzati rientrano nei limiti della norma solo dopo 6-7 giorni dall intervento 14,16. I livelli ematici di interleuchina-6 e l espressione degli antigeni HLA-DR sulle APC sono indici molto utili per una valutazione globale dello stato immunitario 19,20,21,22. E di particolare interesse, a tale proposito, la determinazione dell espressione, sulla membrana dei monociti, dell HLA-DR, antigene del complesso maggiore di istocompatibilità di classe II, necessario per l attivazione dei linfociti T. La ridotta espressione di tale molecola sulle cellule presentanti l antigene (APC) comporta una minore efficacia dei processi di difesa cellulo-mediati dell organismo anche contro eventuali cloni neoplastici. Le variazioni sopra riportate non appaiono dopo l intervento di colecistectomia laparoscopica nei pazienti esaminati in diversi studi. 12
12 In modelli sperimentali (suini) si sono ottenuti risultati di analogo significato in interventi di fundoplicatio sec. Nissen, in cui è stata valutata la clearance peritoneale di batteri introdotti in addome nel corso della sperimentazione 23, quale indice della validità dei meccanismi immunologici di difesa. In questa esperienza le difese immunitarie peritoneali sono apparse meno compromesse negli animali sottoposti al trattamento laparoscopico al confronto con quelli operati per via laparotomica. Analoghi risultati si sono ottenuti valutando la competenza immunitaria in roditori, sottoposti anch essi allo stesso tipo di intervento 24. La conservazione di un efficiente risposta immunitaria è obiettivo fondamentale nel trattamento chirurgico delle lesioni neoplastiche, in cui la compromissione delle difese immunologiche espone il paziente ad un maggiore rischio di diffusione della malattia, localmente ed a distanza 25. In quest ottica appare ancora più evidente l interesse suscitato dalla possibilità di una larga applicazione della chirurgia laparoscopica anche in campo oncologico. Risultati contrastanti si sono ottenuti nel confronto tra la chirurgia resettiva del colon tradizionale e quella laparoscopica in ratti, in cui Kuntz & coll. 26 hanno riscontrato parametri immunologici più favorevoli dopo il trattamento laparoscopico, mentre Bessler 27 e Douglas 28 hanno rilevato una migliore risposta immunitaria in seguito all intervento tradizionale. Complesso è, inoltre, il significato degli studi effettuati su pazienti sottoposti a resezione intestinale confrontando la tecnica laparotomica e quella laparoscopica. Harmon & coll. 29 hanno rilevato livelli di Il-6 inferiori nei pazienti trattati con intervento resettivo in laparoscopia per patologie diverse, benigne e 13
13 maligne, del colon, mentre Fukushima & coll. 30 hanno riportato in pazienti operati per carcinoma del colon-retto livelli della stessa citochina inferiori nel gruppo sottoposto all intervento laparotomico. In entrambi gli studi, peraltro, i pazienti operati per via laparoscopica hanno mostrato una precoce ripresa della motilità intestinale ed una più breve degenza ospedaliera, confermando la superiorità della metodica miniinvasiva rispetto a quella tradizionale in relazione a questi fattori. Altrettanto interessante è il riscontro, in pazienti sottoposti ad intervento laparoscopico per ernia inguinale, di parametri immunitari non differenti significativamente da quelli osservati in pazienti trattati con interventi tradizionali 31. Probabilmente ciò è dovuto alle ridotte dimensioni della ferita chirurgica nell intervento a cielo aperto, paragonabili a quelle conseguenti all accesso laparoscopico. Diverse variabili devono, quindi, essere considerate nella valutazione del ruolo svolto dalla chirurgia laparoscopica ed ulteriori studi sono richiesti a conferma di un vantaggio reale di questa tecnica rispetto alle procedure chirurgiche classiche. 14
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