Economia e gestione delle imprese/fontana-caroli CAPITOLO I/prima parte

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1 CAPITOLO I/prima parte L impresa è un sistema costituito da un insieme di elementi, risorse, attori legati tra di loro da relazioni orientate alla realizzazione di determinate attività. Esso tende alla stabilità. Fonda la sua esistenza e il suo processo evolutivo su due elementi: 1) Il patrimonio genetico; Formato dalla spinta imprenditoriale,le risorse disponibili, e le relazioni che l impresa crea nel suo ambiente. 2) Il progetto strategico;costituito dalla vision e missione dell impresa, strategia competitiva,modello di sviluppo e utilizzazione delle risorse. Le proprietà del sistema sono: 1)E complesso: cioè si scompone in vari sottosistemi. 2)E gerarchico:i sottosistemi sono connessi, e si scompongono fino ad arrivare alle unità elementari. 3)E parzialmente aperto. 4)E morfogenetico: il sistema trova al suo interno le condizioni e le risorse per evolversi. 5)E cognitivo 6)E autopoietico: cioè riesce a creare da se la propria realtà,raggiungendo una completa auto sufficienza. Gli obiettivi dell impresa dipendono dagli interessi personali dei suoi vari stakeholders, quei soggetti interni o esterni che interagiscono con il sistema impresa. Quindi l impresa che e strettamente legata ad i suoi attori raggiunge il suo fine a lungo termine attraverso: - il raggiungimento dell equilibrio economico - l aumento del patrimonio di risorse disponibili-rafforzamento delle capacità di utilizzazione delle risorse-. Nella economia contemporanea la singola impresa è sempre più spesso parte di un sistema costituito da molte unità produttive, con un unico obiettivo. Questo sistema che raggruppa piccole imprese di uno stesso ambiente geografico è denominato DISTRETTO INDUSTRIALE. Quando le relazioni assumono stabilità diventa un sistema di tipo reticolare. Il contesto ambientale in cui opera l impresa si distingue in: Ambiente esteso dato da tutte le entità che influenzano il sistema(le politiche di governo, evoluzione tecnologica, società e cultura). Le figure sono: acquirenti, fornitori, distributori, investitori, autorità pubbliche, forze sociali, organismi rilevanti. Ambiente competitivo quel insieme di forze che agisce sul comportamento strategico e operativo dell impresa. Ambiente competitivo di business insieme dei fattori competitivi più importanti per l impresa. L impresa percepisce l ambiente e può definire i suoi confini in modo in volontario o attuando specifiche strategia di informazione. Può avere una percezione sbagliata delle condizioni ambientali che nel medio lungo termine potranno essere causa di difficoltà o crisi dell impresa. Per l impresa l ambiente è rilevante per due ragioni: Per l insieme di attori e condizioni che la caratterizzano e che determinano le potenzialità dell impresa. Per l energie che fornisce all impresa sostenendo il proprio processo evolutivo. L AMBIENTE COMPETITIVO non significa l ambiente dove l impresa compete, ma il luogo dove operano gli attori e si manifestano le forze che direttamente interagiscono con l attività dell impresa contrastando a favorendo lo svolgersi di quest ultima. L impresa e gli attori dell ambiente interagiscono fra di loro in base a ripetitività e al grado di conflittualità. Queste relazioni sono influenzate delle cinque forze competitive(modello proposto da Porter) più altre due forze che completano la descrizione di codesto ambiente. 1

2 /seconda parte La prima forza è l intensità della concorrenza nel settore. Il primo aspetto che determina questa forza e il grado di concentrazione nel settore in cui opera l impresa che si suddivide in assoluto e relativo. Un indicatore molto diffuso pere calcolare in maniera relativa il grado di concentrazione è l indice di Hirschmann-Herfindal ottenuto dalla somma del quadrato delle quote di mercato delle singole imprese. Esso non fornisce un indicazione chiara sull intensità della competizione,ma può rappresentare uno strumento, una volta che si conosce la composizione del settore, per cercare forme di accordo che annullino i costi di azioni competitive per conquistare una quota di mercato maggiore. L intensità della c. nel settore e influenzato pure dal rapporto esistente tra la dimensione della domanda e la dimensione dell offerta. Bisogna considerare la differenza fra i rispettivi tassi di crescita. Quanto più basso è il tasso di crescita rispetto a quello di offerta,tanto più è elevata la concorrenza. Quando un settore è maturo ci deve essere una contrazione dell offerta ostacolata da barriere all uscita: ostacoli di natura strutturale che rallentano o addirittura impediscono l uscita delle impresa dal mercato, quali possono essere la non utilizzabilità degli impianti in altri processi produttivi per via di un forte specializzazione, l intervento di attori istituzionali, la resistenza al cambiamento. Quando si ha un aumento della leva operativa( ovvero i costi fissi rappresentano la componente principale dei costi totali) e si manifesta un eccesso di domanda, e quindi ciascuna impresa è spinta a ridurre il prezzo di vendita. Per evitare di perdere quote di mercato e quindi del proprio volume di vendita. L intensità della concorrenza è inversamente proporzionale al grado di differenziazione. Prodotti sono considerati concorrenti, quando sono simili e l imprese e come se fossero in concorrenza perfetta dove l impresa non ottiene nessun profitto. La possibilità di differenziare il prodotto permette all impresa di acquisire una posizione di dominio o addirittura di quasi monopolio. Differenziare incide sui costi dell impresa e quindi non sempre è una decisione positiva dal punto di vista della redditività. L intensità della concorrenza può essere valutata attraverso l osservazione dei comportamenti posti in essere dalle imprese(in special modo le leadership). Come la determinazione del prezzo(un continuo cambiamento del prezzo e sintomo di elevata concorrenza nel settore), l offerta di nuovi prodotti e sviluppo di quelli esistenti e servizi aggiuntivi, e comunicazione cioè lancio di nuove campagne pubblicitarie e promozioni sono tutti indicatori di forte concorrenza. La seconda forza è la minaccia di nuovi entranti. Un fattore che influenza la competitività di un settore è la spinta delle imprese al di fuori che vogliono entrare nel mercato. Gli incumbents (imprese presenti in un dato settore) modificano le proprie strategie verso il tentativo di controllare i rivali esterni, la percezione della minaccia di nuovi entranti viene ridotta naturalmente se la quota di domanda aumenta. Le barriere all entrata influenzano le imprese che vogliono entrare nel mercato. Esistono: barriere istituzionali, strutturali, e strategiche. Le prime sono determinate dal governo. Quelle di tipo strutturale derivano dagli elementi che caratterizzano il settore e l equilibrio esistente tra i diversi attori, hanno origine diversa: A] Le economie di scala, per il livello di dimensione. B] Le economie di esperienza, quando la produzione all interno del settore determina un costo di produzione molto più basso di quello a cui è in grado di operare un nuovo entrante. C] Le economie di scopo, alcune per il maggior tempo trascorso nel settore hanno vantaggi di costo. D] il livello elevato delle fonti di finanziamento, per una nuova attività. Le barriere strategiche derivano dal comportamento che gli incumbent attuano o minacciano di attuare con l obiettivo esplicito di scoraggiare l entrata di concorrenti potenziali. Le barriere strategiche per essere efficaci devono avere credibilità ed allo stesso tempo convenienti economicamente. 2

3 La concorrenza dei prodotti o dei servizi sostitutivi. I prodotti o i servizi sostitutivi, pur avendo caratteristiche diverse, assolvono ad un uso analogo dei prodotti nel settore in questione. Due prodotti sono elastici quando la loro elasticità incrociata è molto elevata. All aumentare del prezzo di uno aumenta la domanda dell altro bene e viceversa. Le imprese possono adottare delle misure per ridurre le pressione competitiva: un miglioramento del rapporto valore/prezzo, differenziazione del prodotto, rafforzamento della comunicazione, avvicinamento all acquirente finale e rafforzamento del sistema operativo. Altre due forza competitive sono: il potere contrattuale dei fornitori ed acquirenti. Quanto più i fornitori hanno il controllo sull impresa cliente tanto più influenzeranno il prezzo i tempi di pagamento della merce la dimensione degli ordini di lotti, assistenza al prodotto. Questo vale pure per l impresa cliente con un forte potere contrattuale. L intensità è il segno dell azione degli stakeholders. Quattro tipi di stakeholders hanno un ruolo importante sull andamento dell ambiente competitivo e non possono essere considerati come parte dell ambiente esteso: Le autorità pubbliche di regolamentazione esistenti nel settore dell impresa, le autorità amministrative che governano il territorio, i sindacati, gli organismi della società civile. L integrazione con imprese complementari rispetto alla domanda. Il successo dell offerta a volte è determinato da un integrazione con offerte di attività complementari, influenzando la posizione competitiva di queste imprese che cosi si differenziano da quelle che non hanno simili opportunità. Il concetto di raggruppamento strategico. E un gruppo di imprese all interno di un determinato settore, che adottano strategie simili, dispongono di stesse risorse,con analogie nella struttura organizzativa, assetto societario. I raggruppamenti strategici possono essere mappati a seconda della strategia che adottano le singole imprese. Le principali variabili sono: l ampiezza dell offerta, la tipologia di clienti serviti, l estensione geografica, il grado di integrazione verticale, posizionamento del prezzo, livello di innovazione. I raggruppamenti si formano nel tempo, poi possono essere ulteriormente distinti dalle strategie che adottano e dal modello organizzativo.miles e Snow propongono le seguenti categorie: I rules sutters, che formano la leadership;gli anticipatori, imprese che si evolvono seguendo l ambiente;i difensori che cercano di ridurre il più possibile i costi;i reattori, quelle molto flessibili;gli specialisti, imprese che basano il loro modello evolutivo su una particolare risorsa distintiva; I generalisti, imprese che non hanno risorse diverse e distintive rispetto agli altri. L ambiente competitivo specifico di business rappresenta quella area che riguarda specialmente il business dell impresa in considerazione. E delineato dalle stesse categorie di forze, soggetti utilizzate per distinguere l ambiente competitivo dell impresa. 3

4 CAPITOLO II/prima parte La risorsa costituisce una delle componenti fondamentali del sistema aziendale. Hamel sottolinea come l impresa non vada considerata come un insieme di attività coordinate per produrre un dato output, ma un portafoglio di competenze e di attività che creano valore. Le risorse possono essere definite come l insieme di fattori tangibili e intangibili che l impresa controlla e utilizza nei suoi processi operativi. Una risorsa è un entità che è dotata delle proprietà non solo per partecipare a determinate attività produttive, ma anche per auto-alimentare la generazione di altre risorse. Secondo la proprietà autopoietica dell impresa le risorse sono alla base del processo di creazione ed evoluzione dell impresa. Le risorse possono essere tangibili o intangibili. Le prime si possono quantificare nel patrimonio aziendale, pure alcune risorse intangibili(conoscenza tecnologica, marchio)possono essere presenti nel bilancio dell impresa. Tuttavia gran parte delle di esse possono essere determinate solo dall avviamento dell impresa. Le risorse umane presentano aspetti dell una e dell altra categoria di risorse, e quantitativamente sono rappresentate dall effettivo valore che apportano alle competenze dell impresa. Le risorse intangibili sono:la conoscenza, capacità innovativa, immagine e reputazione dell azienda, fedeltà dei clienti, relazioni con gli stakeholders esterni, e il grado di responsabilità sociale,il capitale organizzativo, ecc. Esse hanno il ruolo di aumentare il valore dei processi operativi attuati dalle imprese. L insieme delle risorse che spiegano un aumento del valore rispetto a quello del capitale finanziario(o netto) e definito capitale intellettuale, a sua volta diviso in capitale umano(insieme delle conoscenze delle persone) e capitale strutturale(insieme di clienti su cui può contare l impresa ed il capitale organizzativo, composto dalla capacità innovativa dell impresa e dal sistema di valori culturali ed etici). Le risorse intangibili sono sedimentabili all interno dell organizzazione, cioè il patrimonio di risorse intangibili può essere difficilmente sviluppato dall esterno, mentre può essere incrementato attraverso il processo autopoietico interno. Sono deperibili(possono diventare obsolete quando cambia l ambiente esterno);possono consumarsi durante il loro utilizzo(è il caso della professionalità delle risorse umane). Hanno un certo grado di flessibilità. Sono trasferibili all interno dell impresa che le possiede e utilizzabili in contesti competitivi diversi. Due risorse intangibili richiedono uno approfondimento la conoscenza e la fiducia. La conoscenza è l insieme degli schemi cognitivi diffusi all interno dell impresa che sono alla base dei comportamenti aziendali. La fiducia è rappresentata come l insieme di schemi cognitivi attraverso cui determinati soggetti danno una rappresentazione stabile ne l tempo dell impresa. Queste due risorse sono strettamente collegate fra di loro, Esse sono all origine del patrimonio delle risorse aziendali, ne esprimono anche il valore potenziale. Il valore del marchio per esempio, consiste nella fiducia che riesce a trasmettere all esterno circa la bontà del prodotto e dell impresa che lo possiede. La conoscenza è distinta in due livelli: 1] Superficiale. Consiste nell insieme di comportamenti prevedibili dell organizzazione, determinando risposte automatiche ai problemi che emergono all interno dell impresa. Essa ha due limiti non genera nuova conoscenza, e inadatta al verificarsi di situazioni diverse da quelle consuete. 2] La conoscenza profonda è alla base della capacità di apprendere dell impresa dallo scambio esterno e di elaborare nuovi schemi per fronteggiare situazioni diverse dal solito. La fiducia rappresenta un valore importante per l impresa, poiché riduce i costi di comunicazione del prodotto è aumenta la fedeltà del cliente, che matura ne tempo una certa considerazione dell impresa, attraverso le informazioni che riceve di un determinato prodotto. La risorsa fiducia si manifesta nel capitale di reputazione dell impresa formato da sei fattori:qualità dell ambienta lavorativo, qualità dell offerta, emozioni suscitate, vision, risultati economici e stabilità finanziaria, responsabilità sociale dell impresa. /seconda parte La capacità organizzativa è la capacita di coordinare ed integrare le risorse, condizione essenziale per lo sviluppo del sistema aziendale e ai fini dell acquisizione del vantaggio competitivo. La capacità di 4

5 coordinare e di utilizzare al meglio le risorse è più importante delle risorse stesse. A riguardo, Hamel a Prahalad descrivono diversi esempi di imprese che, pur con un patrimonio di risorse relativamente inferiore a quella dei principali concorrenti, riescono ad avere maggior successo. Organizzando le proprie risorse con altre esterne si possono creare addirittura nuove offerte(le vacanze-studio per i giovani) generando un nuovo business, ed un offerta migliore in quanto innovativa. Una competenza può essere intesa come l intelligenza che conduce alla realizzazione di operazioni finalizzate al raggiungimento di certi risultati più o meno complessi. Le risorse e competenze per generare un vantaggio competitivo devono avere tre proprietà: la scarsità ; la rilevanza; la proteggibilità. Le risorse devono essere scarse, poco diffuse nell imprese concorrenti. Alcuni autori ritengono che per generare un vantaggio competitivo una risorsa debba essere addirittura unica, ovvero in uso esclusivo dell impresa che la detiene, riteniamo che questa posizione sia accettabile solo in casi particolari; il concetto di scarsità non può essere limitato a una questione quantitativa, l impatto sul vantaggio competitivo non dipende dalla risorsa in se ma dalle competenze che da esse derivano. La rilevanza, rispetto ai fattori critici di successo. La proteggibilità. Per generare un vantaggio competitivo l impresa deve acquisire un controllo proprietario sulle risorse che escluda i concorrenti. Il concetto di competenza distintiva sta ad indicare le attività che un organizzazione è in grado di attuare in modo migliore rispetto ai concorrenti. Per far ciò bisogna integrare condizioni esterne, capacità organizzative, coordinare fattori tangibili, e intangibili in modo efficace ed efficiente. Il concetto di strategic assets è l insieme di risorse e competenze specifiche di una impresa, scarse e appropriabili, difficili da acquisire sul mercato ed imitare, che conferiscono un vantaggio competitivo e combinandosi con gli strategic industry factors(r&c che a livello settoriale spiegano il maggior successo potenziale rispetto ad altri settori o mercati) forniscono pure una rendita economica. Le core competencies sono le competenze fondamentali per l impresa su cui essa basa la propria posizione di vantaggio. Contribuiscono all efficienza con cui l impresa realizza la sua offerta. Rappresentano il fattore competitivo determinante per entrare in nuovi business. Sono difficilmente imitabili dai concorrenti. Le competenze distintive si legano ai prodotti o servizi finali, attraverso i core products cioè i prodotti di base che sono l elemento chiave in cui si esprimono le capacità distintive dell impresa e che caratterizza tutta la sua offerta. Il benchmarking è una procedura di monitoraggio attraverso la quale l impresa compara il proprio modo di realizzare le attività con quello delle imprese concorrenti che svolgono le attività comparative nel migliore dei modi. Individuati i differenziali di efficienza ed efficacia rispetto ad altre imprese, si procede all analisi delle motivazioni che spiegano questi differenziali. Con questa analisi comparativa l'impresa può migliorare la realizzazione di specifiche attività, avvicinandosi ai risultati dei cosiddetti best in class. Le competenze distintive hanno durata temporale.la durata è riferita alla natura distintiva, cioè agli aspetti che la rendono origine di vantaggio competitivo. La durata della distintività è condizionata dal grado di trasferibilità e replicabilità delle risorse chiave. Queste due condizioni sono tanto minori quanto più marcata è la natura intangibile della risorsa stessa. La trasferibilità è più marcata per un risorsa molto mobile, quindi facilmente acquisibile da altre imprese, si consideri poi la facilità con cui una risorsa o competenza distintiva di un impresa può essere replicata da altri soggetti. Le competenze sono assolutamente non imitabili quando sono basate su fattori unici in senso fisico. Si pensi ad una conoscenza tecnologica tutelata dal brevetto, o nel caso del marchio il cui valore in termini di reputazione è il risultato di un a complessa evoluzione attraversata dall impresa. Alcune propriètà delle r&c rendono difficili un imitazione: asset mass efficiency (indica che più si accumula una determinate risorsa più questa attrae nuovi flussi di quella stessa risorsa verso lo stesso centro di accumulazione) e l interconnectedness of asset stock( il possesso di un livello adeguato di una risorsa favorisce l attrazione di risorse complementari). Queste due si relazionano alla strategia di muoversi per primi. Tale decisone genera alcuni vantaggi competitivi: anticipa la discesa lungo la curva di esperienza permette di sviluppare la reputazione, permette di avvantaggiarsi di eventuali costi di conversione(switching cost)peri clienti. L impresa può cercare di allungare la durate delle r&c distintive cercando di rendere più complesse determinate routine organizzative, può contrastare i fattori di circolazione delle informazioni. Agendo 5

6 sulle casual ambiguity che rendono di difficile comprensione all esterno dell impresa le relazioni causa effetto tra certe azioni relative all utilizzo delle risorse. Le competenze chiave su cui si basa la strategia competitiva devono avere natura dinamica, per fronteggiare l inevitabile non di rado declino della natura distintiva di una risorsa. Le competenze dinamiche favoriscono il rapido cambiamento strategico e organizzativo per rispondere in maniera adeguata all evoluzione dell ambiente competitivo. Esse sono fondamentali in ambienti dove si manifestano condizioni di ipercompetizione., dove i fattori di vantaggio competitivo sono molto instabili e quindi temporanei. Vi sono diversi fattori che limitano le effettiva possibilità di utilizzare le competenze dinamiche. Bisogna considerare l effetto di path dipendency connaturato con l attuazione di qualsiasi strategia competitiva, cioè le strategie competitive si evolvono lungo un sentiero che è vincolante per l impresa limitando la dinamicità di quest ultima. Cambiamento e stabilità non sono necessariamente in contraddizione. Il punto di convergenza tra i due termini sta nell esistenza di fattori-perno attorno a cui l organizzazione mantiene una sua continuità anche quando è attraversata da profondi mutamenti. La conoscenza profonda costituisce uno di questi fattori-perno, in quanto determina la capacità dell impresa di ridisegnare le proprie strategie in relazione al cambiamento ambientale. Risorse e competenze distintive sono considerate il riferimento di base della strategia dell impresa, che le valorizza nel migliore dei modi. Questa valorizzazione ha una finalità duplice: verso l esterno, determinando una posizione di vantaggio competitivo per l impresa; verso l interno, favorendo il processo di auto-creazione delle risorse dell impresa. La funzione essenziale della strategia è l acquisizione e delle risorse e sviluppo delle competenze distintive. La strategia competitiva che ne deriva è volta ad utilizzare nel modo migliore le risorse e competenze distintive che ne derivano, e attraverso queste, a raggiungere una certa posizione di vantaggio. I contenuti della strategia intesa come valorizzazione e sfruttamento delle risorse disponibili si articolano su quattro aree: a) la focalizzazione delle r&c distintive per raggiungere i migliori risultati nelle attività che l impresa ritiene cruciali. b) Combinazione, utilizzazione di diverse r&c per accrescere il valore potenziale e l originalità dell offerta. c) il Leveraging fa leva sulle competenze distintive già sperimentate per operare con successo su nuovi mercati. Alla basse della diversificazione. d) La replicazione interna delle competenze distintive. Anche per quanto riguarda la strategia intesa come acquisizione di risorse e sviluppo delle competenze distintive, si definiscono quattro orientamenti di fondo: a) Accumulazione, capacita di accumulare e gestire le risorse nel tempo all interno dell impresa. b) L integrazione. c) Conservazione, che si applica come già visto nello sviluppo di fattori di ambiguità, la ricerca della protezione legale, la co-evoluzione di risorse complementari. Condizione fondamentale per l acquisizione del vantaggio competitivo è la capacità dell impresa di porre in essere una strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse diversa da quelle delle concorrenti. La teoria aziendalisitica individua due abilità per l acquisizione del vantaggio competitivo: resource picking e capability building. La prima consiste nel sapere individuare e acquisire meglio e più rapidamente dei concorrenti le risorse che hanno un potenziale valore. La seconda riguarda la capacità di sviluppare le competenze distintive sfruttano al meglio il potenziale delle risorse e innovare tali competenze quando al cambiamento dell ambiente. 6

7 CAPITOLO III/prima parte Uno dei principali filoni di ricerca che hanno affrontato il tema della formulazione delle strategie e l approccio normativo-proggetuale che si propone di fornire al soggetto strategico una metodologia per la formulazione delle strategie. IL soggetto strategico si identifica in un singolo individuo o un gruppo di alti dirigenti molto coeso che condivide lo stesso obiettivo e medesimi valori. La Scuola della pianificazione strategica propone un approccio fortemente deterministico e razionale, in cui l ambiente esteso viene preso come principale unità di analisi considerato sufficientemente prevedibile, la struttura del settore( numero di imprese, barriere all entrata e all uscita) determina la condotta dell impresa, in termini di scelte strategiche e organizzative. La SWOT Analisys, introdotta da Andrews e successivamente ripresa da Porter con il modello delle cinque forze competitive ed altri modelli di diversi autori sono tra i principali contributi riconducibili a tale filone. L eccessiva progettualità nella formazione delle strategie hanno evidenziato i limiti interpretativi dei contributi di questa Scuola. Secondo l approccio imprenditoriale di Normann la formulazione delle strategie non deriva da un analisi delle tendenze ambientali o da una razionale definizione delle possibili strategie, ma dalla vision dell impresa che sfrutta al massimo le opportunità strategiche offerte dall ambiente. La formulazione imprenditoriale è più soggettiva rispetto alla prima. L impresa cerca il programma strategico che fornisce il miglior vantaggio competitivo ex-post; cioè attraverso un processo sperimentale per tentativi ed errori, evolvendosi con l ambiente di riferimento. Un secondo filone di studi concettualizza la strategia come un processo decisionale complesso, articolato e frammentato. In tal senso, il soggetto decisore è visto come una coalizione che coinvolge i diversi livelli dell organizzazione. Qui il focus si sposta sul come si decide e non cosa si decide, il soggetto strategico cambia, diviene come delle coalizioni di natura personalistica/leaderistica, burocratica. La formulazione delle strategie dal punto di vista dell approccio basato sulle risorse e competenze può limitare lo sviluppo di azioni strategiche, creando un effetto di dipendenza dal sentiero di sviluppo adottato dall impresa a(path dipendency) nello sviluppo delle stesse basi per la competizione. Nello studio delle strategie, si è affermata negli ultimi anni una crescente attenzione per la conoscenza di base(knowledge based) dell impresa. Questo approccio identifica nella conoscenza la risorsa centrale per l impresa come vera e propria fonte primaria di vantaggio competitivo.. In quanto risorsa la conoscenza è scarsa difficile da trasferire, costosa da replicare ed è difficilmente appropriabile. Essa si distingue in tacita ed esplicita. La conoscenza esplicita è codificabile è trasmissibile in linguaggi formali e sistematici(documenti, programmi, presentazioni, specifiche tecniche, reports, ecc.). La conoscenza tacita è invece intuitiva e non verbalizzabile difficile da formalizzare e comunicare. Le diverse forme di conoscenza sono la socializzazione(può avvenire sia a livello individuale che organizzativo), esternalizzazione((sforzo di rendere esplicita la conoscenza tacita attraverso documenti ecc.), internalizzazione( della conoscenza esplicita), infine la combinazione( trasmissione della conoscenza a diversi livelli dell organizzazione o fra diversi individui ), che può essere agevolata tramite una infrastruttura di Informatiion Tecnology. 7

8 /seconda parte Il processo di formazione della strategia scaturisce dalla combinazione di strategia intenzionale e decisa, combinata con le strategie emergenti che scaturiscono dal sistema organizzativo. La strategia intenzionale può essere vista come l assunzione da parte del soggetto strategico di un disegno di sviluppo dell impresa, fondato su obiettivi generali. La strategia intenzionale non viene totalmente attuata nella strategia decisa. Alcune opzioni strategiche infatti possono essere rimosse a causa dei processi di negoziazione nella coalizione strategica, della valutazione dei rischi. La strategia decisa difficilmente viene realizzata a causa delle scarse capacità organizzative, nella sua trasformazione in azioni collettive per la variabilità dell ambiente esterno. Infine tale strategia può non produrre gli effetti desiderati(strategia non attuata). Nel contesto dello strategic menagment le competenze vengono spesso sviluppate nella prospettiva organizzativa piuttosto che in quella individuale. Lo sviluppo della conoscenza organizzativa si basa sul processo di trasformazione della conoscenza nelle due dimensioni:a9tacita-organizzativa,b) individuale-collettiva. La conoscenza si trasferisce tra individui e tra questi ultimi e l organizzazione e viceversa, nella forma tacita o esplicita, attivando un meccanismo circolare di creazione della nuova conoscenza. Poiché l apprendimento organizzativo fondato sull esperienza e sull attività di ricerca all interno della singola impresa è lento e parziale nasconio le alleanze strategiche con altre imprese Per difendere le competenze distintive ci sono alcuni strumenti: la protezione brevettale e organizzativa delle tecnologie, lo sviluppo della prospettiva del Knowledge management, cioè delle funzioni di acquisizione e uso delle conoscenze con la costituzione di ruoli dei processi di formazione delle competenze- come il knowledge manager, il director of organizational learning, il chief learning officer, il vicepresident of konwledge transfer. Alle categorie di Strategic Business Unit-SBU possono essere collegate le categorie delle competenze distintive che arricchiscono il potenziale degli strumenti di valutazione e formulazione delle strategie. Le due concezioni dell impresa come portafoglio di SBU(struttura strategica) e come portafoglio di competenze (architettura strategica) tendono a coesistere in relazione alla dinamicità del settore nel quale si collocano le SBU, delineando l assetto strategico complessivo. 8

9 CAPITOLO IV/prima parte Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l impresa ad occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato, in cui opera, con una redditività maggiore dei concorrenti. L impresa non dispone naturalmente di un vantaggio competitivo ma attraverso una specifica attuazione di strategie che la pone in condizione di superiorità rispetto agli altri competitors. Però occorre che tali attività generino condizioni a cui il mercato attribuisca un valore significativo. Quindi l impresa raggiunge una posizione di vantaggio competitivo quando raggiunge l eccellenza rispetto ai rivali in quegli ambiti a cui corrispondono i fattori critici di successo nel suo mercato. I fattori critici di successo sono quegli elementi dell offerta che il mercato valuta indispensabili o apprezza particolarmente. Dal punto di vista dell impresa sono quegli aspetti della propria organizzazione che li distinguono dai concorrenti. L origine del vantaggio competitivo sta nella capacità dell impresa di individuare e sfruttare opportunità innovative migliori dei concorrenti, e la capacita di attribuire ai clienti un valore superiore di quello fornito dai concorrenti. Le risorse e le condizioni interne all impresa sono le basi su cui si costruisce la strategia che conduce al vantaggio competitivo. La strategia volta a creare un vantaggio competitivo deve caratterizzata da quella che Porter chiama la strategic fit:il successo dell impresa non deriva tanto dall eccellenza con cui essa svolge singole attività, quanto, soprattutto, dalla coerenza complessiva con cui sono attuate tutte le attività volte alla realizzazione di una certa offerta. Lo strategic fit è basato sull individuazione di un idea forte di fondo e sull abilità di attuare questa idea con attività che si integrano l una con l altra, rafforzandosi. Il successo dell impresa è spiegato anche da due altri tipi di coerenza: A) la coerenza tra le attività e l assetto organizzativo dell impresa; B) la coerenza tra le attività e le condizioni ambientali. Il vantaggio competitivo può essere interpretato come la capacità dell impresa di acquisire una differenza positiva, riconosciuta dal mercato rispetto ai concorrenti. La distinzione dai concorrenti riguarda due piani diversi: a)l efficienza operativa. b)il posizionamento strategico. La prima distinzione comporta che l impresa svolga le stesse attività dei concorrenti, ma in maniera migliore più efficiente. L esempio più evidente riguarda il ciclo produttivo. Un innovazione tecnologica riesce a realizzare fasi della produzione a costi medi inferiori di quelli sostenuti per le stesse fasi dai concorrenti. L intensità della distinzione si riduce velocemente nel tempo, per via di una convergenza almeno tra i principali operatori verso la frontiera tecnologica. Facilitata dalla crescente diffusione tra le imprese delle best pratices e procedure di benchmarking; e la condivisione da parte delle imprese degli stessi fornitori Il vantaggio competitivo è il risultato dell individuazione di una posizione di mercato a cui i clienti attribuiscono un valore e che i concorrenti non possono raggiungere, quindi per differenziarsi ed avere una redditività maggiore bisogna acquisire una posizione in un area felice del mercato, sfruttando le risorse che permettono di stabilirsi in tale area in un modo migliore rispetto ai concorrenti. La difendibilità del posizionamento dipende dal modo più o meno complesso dell utilizzo delle risorse e competenze detenuto dall impresa. Il posizionamento di un impresa è poco attaccabile quando le sue risorse e competenze distintive sono difficili da imitare o acquisire dai concorrenti. Due fattori riducono la posizione di vantaggio acquisito dall impresa nel tempo: i cambiamenti (esogeni ed endogeni) dell ambiente rilevante, in special modo del mercato, che modificano i fattori critici di successo; l azione da parte dei concorrenti per appropriarsi delle fonti da cui deriva il vantaggio competitivo. La stabilità del vantaggio competitivo è direttamente legata alla durata delle risorse e competenze distintive. Ghemawat individua tre fonti poco imitabili che rendono la posizione di vantaggio molto duratura: a) La dimensione poiché permette all impresa di avvantaggiarsi delle economie di produzione( scala, scopo di esperienza) 9

10 b) L accesso preferenziale alle risorse critiche o al mercato, l impresa che ne detiene il controllo pone notevole attenzione a rafforzare le condizioni che ne sono alla base.. c) i limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti. Diversi fattori possono bloccare i concorrenti, impedendo loro di seguire la strada del leader del settore: la realizzazione di investimnenti fortemente idiosincratici, lentezza dell innovazione tecnologica, la vischiosità del loro sistema organizzativo. L impresa per difendere il suo vantaggio competitivo opera in modo che esso non sia percepito dai competitors. Una seconda opzione sono le barriere strategiche, nell attuare comportamenti che scoraggiano i rivali dal tentare di raggiungere la stessa posizione dell impresa, con azioni di moral suasion o azioni aggressiva che anticipano eventuali strategie competitive. Cercare di preservare le fonti di vantaggio competitivo da parte dell impresa può essere addirittura controproducente, poiché blocca l impresa su posizioni che diventano rapidamente obsolete. Il concetto di ipercompetizione può descrivere un ambiente dove l intensità del confronto competitivo tra gli operatori è molto elevata ed i fattori critici di successo del mercato si modificano velocemente. I vantaggi acquisiti tendono ad essere stabili. Con una continua innovazione delle fonti del vantaggio l impresa può ovviare al fenomeno dell obsolescenza che colpisce quest ultime. Lo strumento di analisi delle attività delle da cui l impresa crea valore per il mercato e raggiunge una posizione di vantaggio competitivo è l utilizzazione della catena di Porter, per l analisi delle relazioni si usa uno strumento concettualmente simile chiamato catena delle relazioni. La catena del valore scompone l impresa o la singola area di business nell insieme di attività e di sotto-attività attraverso cui l impresa crea valore per il mercato. Si distinguono in attività primarie e di supporto. Le prime sono quelle su cui si articola il processo di produzione e vendita in senso stretto. Le seconde sono trasversali al sistema aziendale e rendono possibile il miglior funzionamento delle attività primarie. Le attività primarie sono: a) Logistica in entrata; pianificazione e gestione delle consegne dei fornitori; gestione dei vettori di trasporto dei materiali in entrata; gestione dei magazzini materie prime e semilavorati, ecc. b)attività operative; predisposizione degli impianti, organizzazione del ciclo produttivo, trasformazione degli input, assemblaggio dei semilavorati, controllo qualità, movimentazione degli output verso i magazzini. c) Logistica in uscita; Gestione dei magazzini prodotti finiti, pianificazione delle consegne e distributori. d) Marketing e vendite; Gestione delle vendite, politiche di marketing e comunicazione. e) Servizi; Assistenza post vendita, analisi della soddisfazione dei clienti. Le attività secondarie sono: a) Approvvigionamenti. Analisi e selezione dei fornitori,, gestione degli acquisti finalizzati alla produzione e determinazione del prezzo. b) Sviluppo della tecnologia; c) Gestione delle risorse umane; Selezione del personale; retribuzione, relazioni sindacali. d) Attività infrastrutturali; Pianificazione strategica e di marketing, gestione finanziaria, rapporti istituzionali e affari legali. LA catena del valore dell impresa(a monte la catena dei fornitori a valle catena dei clienti)non deve essere considerata in maniera isolata, ma va integrata con le catene di valore degli altri business dell impresa generando un sistema del valore. Nella catena delle relazioni si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti all interno dell impresa e le relazioni che quest ultimi instaurano con gli attori esterni. E importante per l impresa riuscire a misurare le consistenza del suo vantaggio competitivo, poter valutare in termini quantitativi la validità della propria posizione nell ambiente rilevante, sul piano sia della situazione economica finanziaria che delle opportunità di sviluppo futuro. Dal punto di vista temporale è possibile compiere una misurazione delle condizioni ex ante; valutare cioè i fattori da cui dipende l acquisizione e il mantenimento di una posizione di vantaggio competitivo. Oppure una misurazione ex-post, attraverso il calcolo degli indicatori di bilancio che registrano i risultati economici dell impresa. ROI = Margine operativo netto/capitale investito nella gestione caratteristica La capacità degli investimenti nella gestione caratteristica di produrre reddito operativo 10

11 ROS = Margine operativo netto/fatturato Capacità delle vendite di generare margine operativo netto. Spiega in quale misura l impresa è in grado di trattenere reddito dalle vendite. Al denominatore può essere considerato il valore della produzione se l attività delle impresa comporti normalmente elevate variazioni di scorte e di lavori in corso. Tasso di rotazione del capitale = Fatturato/Capitale investito nella gestione caratteristica Spiega la quantità di capitale investito necessario per produrre un certo livello di vendite(roi 0 ROS x tasso di rotazione. ROE = Reddito netto/capitale netto Capacità del capitale netto investito di generare reddito. Valore aggiunto/attivo totale(capitale investito totale) Capacità del totale dell attivo dell impresa di generare valore aggiunto, ovvero il margine per remunerare i fattori della produzione(lavoro, capitale, capitale finanziario). Valore aggiunto/n. addetti Capacità del fattore lavoro di produrre valore aggiunto. Misura la produttività del lavoro Possiamo misurare la competitività attraverso la variazione percentuale in un certo arco temporale delle principali grandezze economiche, valore aggiunto, margine operativo lordo netto, con la misurazione expost del vantaggio competitivo del fatturato o il valore di produzione, ed infine vanno considerati gli indicatori che misurano l efficienza delle vendite e la soddisfazione del cliente. (vedi tabella 4.1) La misurazione ex-ante coglie in termini quantitativi la posizione dell impresa. Nella tabella 4.2 è indicata una rosa di indicatori utilizzabili per una valutazione ex-ante della posizione dell impresa. Il vantaggio competitivo inteso come capacità dell impresa di realizzare un profitto superiore ai concorrenti può derivare da due condizioni di fondo: vendere in prodotto analogo a quello dei concorrenti ad un prezzo più basso, offrire un prodotto o servizio con caratteristiche differenti a cui il consumatore attribuisce un valore maggiore. Da queste condizioni derivano le strategie competitive di vantaggio di costo e differenziazione. L impresa può attuare una delle due strategie a livello dell intero mercato o a un singolo segmento di mercato, in questo si individua una terza strategia competitiva: la focalizzazione. Le prime due strategie non si escludono a vicenda, anzi, il fatto per esempio che l impresa per differenziasi sostenga costi particolari non vuol dire che non debba puntare alla massima efficienza e cioè minimizzare il costo medio totale. Un maniera analoga il vantaggio di costo che implica la standardizzazione dell offerta non implica che essa sia indifferenziata. Due esempi chiari di questa convergenza sono il mobile Ikea e gli accessori Prada. Nel primo caso l idea chiave alla base del successo e il prezzo molto basso del prodotto attraverso un produzione su larga scala e annullando i costi di manodopera per il montaggio finale Ikea acquisisce un vantaggio assoluto di costi e con una gamma molto ampia e dal design particolare si differenzia. Per Prada il fattore chiave di successo e presentato dall unicità del design e materiali usati, che poi si sposano con un vantaggi o di costi acquisito grazie ad economie di scala poichè il suo mercato è globale e consente all impresa di realizzare grandi volumi di produzione. Un impresa che opera a un livello di costi unitari inferiore a quello dei rivali controlla la leva competitiva del prezzo. L impresa può abbassare il prezzo di vendita della propria offerta a un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo medio, risulta inferiore a quello dei concorrenti. L aumento della domanda si riflette nell incremento del livello di produzione dell impresa; aumenta i grado di sfruttamento delle economie di scale e l accumulo di esperienza, può favorire un maggiore controllo nella sua filiera di produzione, quindi rafforzare il proprio vantaggio di costo, mettendola nella condizione di ridurre nuovamente il prezzo di vendita e acquisire nuova domanda. In linea teorica il processo di acquisizione di quote di mercato dei rivali accade in maniera molto rapida; nella realtà molti fattori lo rallentano, l informazione di un prezzo più basso richiede un certo periodo di 11

12 tempo per essere percepita dalla domanda, l impresa leader può non disporre d dileguati impianti per un aumento della produzione( con una conseguente offerta poco elastica), inoltre un aumento di quest ultima genera diseconomie di scala per problemi di coordinamento. Bisogna pure considerare il grado d inerzia del consumatore, che può valutare la riduzione di prezzo non sufficiente a spingerlo a cambiare fornitore. Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l impresa leader mantiene un prezzo al livello medio degli altri competitors può comunque beneficiare di un reddito positivo perché i suoi costi sono più bassi della concorrenza. Il maggiore margine di reddito generato dalla leadership di costo si riflette nell aumento delle fonti finanziarie disponibili; il più alto livello delle fonti disponibili consente all impresa di effettuare investimenti volti a migliorare l efficienza o di differenziarsi. I definitiva, la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita dell impresa, e/o in un rafforzamento della propria posizione competitiva. La determinazione della strategia di vantaggio di costo si basa sull utilizzazione della catena del valore. Si comincerà a evidenziare le attività della catena del valore che sono cruciali dal punto di vista dei costi, e che hanno maggiore rilievo nella strategia in esame. La seconda fase dell analisi compara i costi sostenuti dall impresa con quelli che i concorrenti affrontano nelle attività corrispondenti. La terza fase rappresenta il passaggio logico tra la fase del processo e la fase relativa alla elaborazione della strategia qui sono determinati i costi delle singole attività della catena del valore. Quindi si procede a definire la strategia per raggiungere il vantaggio di costo. Nell ultima fase si attuano le azioni per mettere in pratica la strategia. Per le determinanti del livello di costo di una certa attività prendiamo in esame fattori come: a) Le economia di scala, diminuzione del costo medio all aumentare della produzione. b) Le economie di scopo, riduzione dei costi medi totali dovuta all aumentare dell estensione dell attività dell impresa. c) Le economie di apprendimento, riduzione dei costi unitari di produzione all aumentare della quantità prodotta dall impresa nel tempo. Lo svolgimento continuo di un attività determina la progressiva maturazione di esperienza che porta ad operare in maniera sempre più efficiente ed efficace. d) Il grado di utilizzazione delle capacità produttive, i costi fissi medi di un impianto si riducono all aumentare del volume di produzione. e) Tecnologia del processo salvo casi particolari, una stessa attività può essere realizzata con modalità diverse e utilizzando tecniche differenti che può portare ad una differenziale di costo rispetto ai concorrenti. f) Localizzazione delle attività produttive, ha un rilievo fondamentale sul costo di un impresa, la vicinanza delle attività produttive alle fonti di approvvigionamento degli input e ai mercati di sbocco. g)il potere contrattuale dei fornitori, influenza la redditività potenziale delle imprese. Una posizione forte dei fornitori si traduce in elevati costi per la fornitura. Nel caso di fornitori esteri, bisogna considerare l influenza che le possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo di acquisto. h) L ottimizzazione delle relazione con i distributori, concetto speculare a quello fatto per i fornitori. Un altro fattore per costruire un vantaggio di costo è controllare l efficienza complessiva della catena del valore. Il concetto di x-efficiency è l insieme di costi che l impresa sostiene nelle varie attività gestionali e che potrebbero essere eliminati senza alcun effetto negativo sull efficienza ed efficacia. Le strategie per acquisire il vantaggio di costo possono essere: Il massimo sfruttamento delle economie di produzione(di scala, scopo e di esperienza). L innovazione di processo o di prodotto, strada per ottenere un vantaggio di costo almeno a medio termine. L impresa difatti produce un prodotto che a parità di valore, ha un costo idi produzione inferiore. Riorganizzazione geografica dell attività produttiva, localizzazione degli stabilimenti in aree che offrono le migliori opportunità per ridurre i costi medi rispetto al settore. Riduzione delle x-efficiencies che si sviluppano nel sistema organizzativo aziendale, meccanismi incentivanti e/o disincentivanti che spingano i singoli a comportamenti virtuosi e li coinvolgano nel programma di riduzione delle inefficienze organizzative. L impresa può aver un vantaggio pure dalla riconfigurazione della catena del valore che può manifestarsi secondo quattro modalità: esternalizzazione(decentramento della produzione); reigegnerizzazione della 12

13 catena del valore(ridisegna il sistema produttivo); razionalizzazione della struttura produttiva (riduzione del numero di stabilimenti); modificazione nella filiera produttiva. La differenziazione consiste nel distinguere la propria offerta da quella dei concorrenti con modalità a cui i clienti riconoscono un valore, attraverso queste quattro condizioni: L unicità. Elementi che distinguono in maniera netta la propria offerta dai competitors e riguardano le componenti fisiche del prodotto, caratteristiche intangibili, elementi che non riguardano strettamente il prodotto. Il valore dei fattori di unicità. Quei fattori unici che creano effettivamente valore per il cliente, valore che si manifesta in due maniere: riduzione dei costi che egli sostiene per realizzare una certa attività, aumento delle prestazioni che egli ottiene da una certa attività. Questo è il punto di partenza della differenziazione, l analisi e comprensione dei bisogni del consumatore(delle sue preferenze). La percezione del valore di unicità da parte del cliente è la sostenibilità economica (una maggiore redditività). Se un cliente attribuisce un valore al prodotto, l impresa fissa il prezzo maggiore di quello degli altri operatori nella stessa area di business, senza risentire di una riduzione della domanda. Deve però stare attenta ha non collocarsi in aree con obiettivi diversi da quelli prefissati e con dinamiche competitive diverse che possono richiedere competenze a cui l impresa non è necessariamente dotata. Non bisogna confondere la differenziazione con la segmentazione. Il modo in cui l impresa determina l unicità della sua offerta rispetto a quella degli avversari, la seconda riguarda dove essa intende competere, valorizzando i suoi elementi d unicità. La differenziazione può essere attuata a tre livelli: 1) Componenti tangibili, attributi concreti del prodotto; 2) Componenti intangibili, tutti gli elementi che influenzano la percezione che il cliente ha del valore di un prodotto e del suo posizionamento rispetto a quelli concorrenti. 3) Componenti aggiuntive e relazionali, quegli elementi aggiuntivi che l impresa propone insieme al prodotto che aumentano il valore complessivo dell offerta. (Vedi tabella 4.10) Come per la determinazione del vantaggio di costo, gli interventi volti a differenziare l offerta vanno ideati e attuati con riferimento alle singole fasi della catena del valore agendo sui fattori di unicità più rilevanti e sulle attività della catena del valore dove l impresa ritiene di avere le potenzialità migliori per creare unicità cui i clienti attribuiscono valore. /seconda parte La strategia di focalizzazione è una terza strategia competitiva di base, rappresenta un attuazione di una delle due precedenti in un area relativamente piccola del mercato. La focalizzazione ha alcuni vantaggi importanti: a) consente all impresa di indirizzare tutti i propri sforzi economici e strategici in un contesto circoscritto b) favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze da parte dell impresa c) facilita la maturazione di esperienza produttiva e di mercato d) riduce la pressione competitiva proveniente dalle grandi imprese, che tendono ad avere minore attenzione verso le aree di business di piccola dimensione. La strategia di focalizzazione presenta alcuni rischi quali: a) investire e specializzarsi in un area del mercato economicamente non sostenibile. b) investire e specializzarsi in un area del mercato facilmente aggredibile. c) seguire il ciclo di vita dell area di mercato dove si è focalizzata l attività. La strategia verticale determina i confini verticali (a monte e a valle) dell attività svolta dall impresa, ovvero nella scelta della attività che l impresa intende svolgere direttamente al suo interno e di quelle che affida all esterno. L integrazione verticale di un impresa descrive attività verticalmente correlate ai fini della produzione di un determinato output. Volpato definisce la filiera produttiva l insieme di lavorazioni conseguenti che vengono effettuate per trasformare un certo insieme di materie prime in un prodotto finito e collocarlo sul mercato. Quanto è maggiore questo numero tanto più elevato il grado di integrazione dell impresa(schema in figura 4.12). Il processo di integrazione verticale può procedere verso monte o verso valle ; nel primo caso l impresa assume il controllo diretto delle attività di 13

14 produzione di input che in precedenza erano acquistati all esterno. Nel secondo caso, essa porta al suo interno le attività di produzione che utilizzano gli output in precedenza venduti a soggetti esterni che svolgevano direttamente quelle attività. Criterio fondamentale per determinare i confini verticali è quello del costo. L impresa tende a realizzare all interno quelle attività il cui costo è inferiore al prezzo da pagare se eventualmente fossero prese dall esterno. Per conoscere l attività da realizzare all interno si veda la relazione: Cp Ca P Ct Dove: Cp indica i costi interni di produzione dell attività. Ca indica i costi amministrativi derivanti dalla gestione dell attività all interno dell impresa. P è il prezzo da pagare per quello stesso output da acquistare sul mercato. Ct Indica l insieme dei costi che l impresa sostiene per l operazioni inerenti all acquisto dell output. In un mercato in concorrenza perfetta dove il prezzo di vendita è uguale al costo di produzione interno dell impresa, la scelta del grado d integrazione verticale è ricondotta al confronto tra i costi amministrativi ed i costi di transazione. Secondo la teoria di Coase l integrazione verticale è il frutto di un scelta aziendale volta a minimizzare i costi per un determinato input produttivo o per poter realizzare un certo output finale. Integrazione verticale e transazioni sul mercato non sono le uniche alternative possibili per ottenere un certo fattore di produzione, ma le due situazioni estreme. Una relazione intermedia è chiarita dalla teoria dell agenzia, spiega il rapporto fra due soggetti, l agent agisce nell interesse dell altra il principal, si evidenziano però problemi di asimmetria informativa che esistenti. I confini verticali dell impresa variano anche in relazione al ciclo di vita del settore. Nella fase di introduzione l impresa è fortemente integrata sia a monte che a valle. La fase di sviluppo è caratterizzata da un processo di progressiva de-integrazione, favorita in primo luogo dall entrate di numerosi nuovi operatori. Nella fase di maturità, da un lato c è l esigenza di minimizzare i costi totali,dalla altra parte l affermarsi di una strategia di nicchia o di grandi volumi spingono l impresa a concentrare i propri sforzi su poche attività. L integrazione verticale si riflette sia sui costi di produzione, sia sulle modalità di creazione di valore per il cliente, sia infine sul grado di controllo che l impresa ha delle dinamiche competitive di tipo verticale orizzontale. I vantaggi dell integrazione verticale sul piano dei costi si manifestano con l integrazione di attività di una filiera produttiva realizzate all interno dell impresa, l integrazione permette di controllare quelle attività che maggiormente risultano cruciali per la determinazione del valore finale del prodotto. L impresa può essere spinta a intervenire in attività della filiera a monte o a valle rispetto a quelle di origine, dall intento di controllare la concorrenza nel proprio mercato. L integrazione verticale può divenire la soluzione più conveniente quando il distributore ha elevato potere nel suo mercato, controllando eventuali comportamenti distortivi. Gli svantaggi dell integrazione verticale comprendono dal punto di vista dei costi transazionali, quei costi di amministrazione o di coordinamento delle attività realizzate all interno dell impresa. Questi costi sono chiamati da Milgrom e Roberts costi di influenza(influence costs). Si tratta dei costi sostenuti dalle diverse unità organizzative al fine di orientare a loro favore l allocazione delle risorse. Quanto più la struttura organizzativa è complessa e articolata tanto più i costi influenza sono elevati. Con le forme contrattuali di quasi-integrazione verticale l impresa può stabilire con il proprio fornitore o cliente una relazione di lunga durata attraverso un idoneo contratto. Nella relazione verticale verso valle, il franchising rappresenta una forma importante e diffusa di integrazione contrattuale. Sulla base di questo contratto un soggetto franchisor garantisce la fornitura dei propri prodotti o servizi a un altro franchisee che si impegna a distribuirli in esclusiva impegnandosi nei loro confronti a rispettare una certa politica di prezzo nel mercato. La strategia di diversificazione è l insieme di azioni a sviluppare la presenza competitiva in una molteplicità di settori non necessariamente correlati. Può essere attuata in maniere diverse: attraverso crescita interna, attraverso accordi e in particolare joint venture, attraverso fusioni e acquisizioni di imprese collocate nel settore verso cui si diversifica. La diversificazione si distingue in base al grado 14

15 d intensità: di tipo conglomerale (descrive l espansione dell impresa in settori sostanzialmente privi di alcun collegamento di mercato con quelli in cui essa è già insediata), e correlato (descrive l operare dell impresa in ambiti competitivi che, per quanto distinti, sono connessi). I fattori che determinano tale correlazione sono: utilizzazione delle stesse risorse tangibili o intangibili; condivisione di competenze organizzative; condivisione di approccio strategico; condivisione di attività e di procedure operative; La correlazione tra due settori diversificati può essere descritta attraverso tre criteri fondamentali: la sua intensità, la sua direzione, i fattori attraverso i quali si esprime la correlazione stessa. Le spinte che portano ad attuare da parte dell impresa strategie di diversificazione sono: 1) Scarse opportunità di crescere nel settore di provenienza. 2) Capacità e risorse in eccesso rispetto all attività nel proprio settore. 3) Riduzione del rischio(vedi formula pag. 170), l impresa che opre in entrambe aree riduce la variabilità totale dei rendimenti che essa può ottenere complessivamente nei due mercati e quindi il rischio 4) L aumento del potere di mercato dell impresa, permette all impresa di attuare tre politiche che hanno effetto sul controllo della concorrenza. La prima è il cosiddetto dumping prevede che l impresa utilizzi gli alti margini economici che ottiene in un settore dove gode di una posizione competitiva forte o per finanziare una politica di prezzo molto aggressiva in altri settori dove è più esposta alla concorrenza. Questa strategia diviene illecita se l impresa fissa un prezzo più basso dei propri costi di produzione(prezzo predatorio). Una seconda strategia è quella dell acquisto reciproco, l impresa opera in un settore dove i suoi clienti possono essere anche suoi fornitori in un altro settore dove essa è diversificata. La terza politica riguarda le interdipendenze con i concorrenti. 5) Riconversione industriale, l impresa di fronte a una crisi strutturale della sua presenza nel settore, decide di convertire la propria produzione su altri mercati, sostituendo questi ultimi con i primi. L internazionalizzazione dell impresa è il risultato di un preciso orientamento strategico che forma investimento di risorse e la coinvolge in una rete di relazioni con altri soggetti presenti nelle varie aree geografiche. Le forze interne che spingono all internazionalizzazione sono l acquisizione di vantaggi competitivi, sfruttamento delle aree geografiche, ricerca nelle aree di condizioni che possono tradursi in elementi di vantaggio competitivo per l impresa. I fattori esterni sono connessi all adeguamento o allo sfruttamento degli stimoli dall ambiente rilevante. Le leve competitive che un azienda può sfruttare sono: un asset intangibile per sviluppare maggiori conoscenze; strategia di comunicazione, di marketing, una immagine internazionale e una maggiore riconoscibilità della marca e del prodotto per il consumatore; un altro vantaggio competitivo consiste nell effetto made-in. Questo effetto si manifesta nella percezione del consumatore che attribuisce valore a prodotti realizzati in una determinata area geografica. Le fasi normali in cui si può dividere il processo d internazionalizzazione sono: a) entrata nel mercato estero, scelte che riguardano le modalità operative per entrare nella nuova area(esportazione, accordi, joint ventures, investimento commerciale e produttivo diretto, ecc.) b) assestamento, della presenza nel mercato estero, nella gestione dell impianto economico, strategico e organizzativo della nuova dimensione geografica delle attività. c) sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero, arricchimento di un sistema di relazioni con gli stakeholders locali. d) razionalizzazione della sua posizione produttiva e commerciale nelle diverse aree geografiche. La catena del valore di ogni area di business in cui l impresa è impegnata viene organizzata a livello globale, perseguendo un triplice obiettivo : ottimizzare la struttura dei costi di produzione; sfruttare i vantaggi competitivi offerti dalla presenza nelle diverse aree geografiche; beneficiare delle interdipendenze strategiche che si possono delineare tra le catene del valore, organizzate a livello mondiale, dei diversi business. 15

16 CAPITOLO V/prima parte La pianificazione è una procedura formale di una sequenza di azioni interdipendenti e di un insieme di risultati che queste devono raggiungere in un determinato arco temporale( si veda figura 5.1 pag. 187 ). La pianificazione strategica in quanto procedura formale e sistemica costituisce lo strumento per definire una strategia e per attuarla. Secondo Mintzberg però la pianificazione può costituire uno strumento utile per rappresentare la realtà, riducendone la complessità, ma non può determinare la realtà stessa. È la percezione che costituisce la fonte della decisione strategica, l essenza dell intuizione consiste nella capacità di organizzare in maniera rapida ed efficace il sapere. Rispetto alla decisione strategica la pianificazione interviene a tre livelli( vedi figura 5.2 pag. 191):il primo, che potremmo indicare preparatorio alla decisione strategica, il secondo, di esplicitazione, e il terzo di accompagnamento all attuazione. Evoluzione storica del modello di pianificazione in quattro fasi:1) l attività di budgeting, l attività di pianificazione del budget quindi alla previsione dei costi e dei ricavi a un anno. 2) La pianificazione di lungo termine, amplia l orizzonte temporale oltre l anno ed estende le previsioni ad altre variabili quantitative(es. quote di mercato da raggiungere,capacità produttiva,il numero dei dipendenti, ecc.). 3) Pianificazione strategica si passa a considerare anche l ambiente, l obiettivo di queste attività è il determinare le alternative strategiche che permettono il miglior posizionamento dell impresa in termini di rapporto rischi/rendimento in un determinato contesto ambientale. L idea di pianificazione ha dei limiti; un attore aziendale ritiene di poter determinare ex-ante il percorso strategico che l impresa pone in essere, ma deve saper tenere conto di repentini cambiamenti delle condizioni ambientali e competitive. 4) Management strategico la funzione fondamentale di questo approccio consiste nell attivare i meccanismi interni che rafforzano la relazione tra la determinazione dell orientamento strategico e la definizione delegazioni operative che conseguirne. La decisione strategica e quella operativa sono sostanzialmente connesse. La pianificazione d impresa indica un percorso di azioni che deve risultare ottimale rispetto a tre fattori: a) gli obiettivi dell impresa; b)le risorse disponibili; c)le condizioni ambientali. Il processo di pianificazione ha natura circolare e iterativa. Circolare nel senso che le fasi della pianificazione non procedono secondo una sequenza lineare, ma con numerosi meccanismi di retroazione. Iterativa nel senso che le decisioni, esplicitate nel piano sono progressivamente affinate nel tempo, in funzione anche del particolare modo in cui l impresa percorre effettivamente il sentiero in origine pianificato. La natura iterativa della pianificazione è determinata, poi, dalle relazioni che esistono tra le decisione pianificate, la azioni poste in essere, i risultati prodotti, e l esperienza maturata(figura5.3). La circolarità è limitata dal potere gerarchico che, in misura maggiore o minore, regola le relazioni tra i livelli organizzativi che partecipano alla pianificazione. Il limite alla natura iterativa della pianificazione e che si rischia di rendere il piano un documento formale mente completo e coerente, ma di fatto poco rilevante nell ordinare il procedere delle azioni aziendali. Il processo di pianificazione è articolato su due aspetti:a) il livello organizzativo responsabile; b) gli stadi del presso,ciascuno stadio è composto da fasi costituite da un insieme di attività. Secondo un modello di pianificazione proposto da Hax e Majiluf, i livelli organizzativi sono tre: a) direzione centrale; b)direzione di divisione c) direzione di funzione a livello centrale; Gli stadi del processo sono quattro: determinazione delle condizioni di fondo, formulazione dell orientamento strategico, indicazione del programma di azioni, predisposizione delle condizioni di implementazione e controllo del piano(fasi in tabella 5.4). Il piano è il risultato materiale del processo di pianificazione del processo di pianificazione. Gli elementi costitutivi sono rispettivamente: scenari, missione, obiettivi e target attesi, strategie, azioni, valutazione delle risorse. Gli attributi sono l orizzonte temporale, la ciclicità, il grado di complessità e il grado di flessibilità.l attributo fondamentale che distingue un piano è il suo orizzonte temporale. Varia da caso a caso, essendo legata alle caratteristiche del modello di direzione dell impresa e del settore in cui opera. Esso esplicita l orientamento strategico dell impresa fa riferimento a un periodo che raramente supera i cinque anni ed è inferiore ai tre anni. In passato, il limite superiore era maggiore di dieci anni, ma si è capito che gli ambienti competitivi sono troppo variabili e complessi per tali intervalli di tempo. Attributo 16

17 essenziale di un piano è la sua flessibilità, capacità ed efficace adeguamento di fronte al cambiamento delle condizioni interne o esterne. Le condizioni di fondo sono il frutto di decisioni assunte dal vertice aziendale, sono il risultato del particolare percorso evolutivo dell impresa. Le condizioni di fondo a livello corporate sono: La visione esprime ciò che l impresa si propone di divenire entro un determinato tempo futuro, il punto d arrivo verso cui l impresa tende e orienta tutte le sue attività. La missione deriva dalla visone dell impresa, esprime cosa l impresa vuole compiere per diventare ciò che ha stabilito. Il modello di crescita dell impresa a cui l impresa intende far riferimento(si vede figura 5.6). Il sistema di valori dell impresa o 2 principi guida che sono alla base delle scelte strategiche dei comportamenti del sistema aziendale( per approfondimenti si veda figura 5.7). La divisione è l unità organizzativa del sistema aziendale responsabile della gestione di una o più unità di business. Si usa il concetto di area strategica di affari (ASA), con dizione anglosassone strategic business unit(sbu). Una parte della dottrina aziendalistica distingue i due concetti. Considera le SBU come unità operative che gestiscono un particolare business appartenente a una più ampia area strategica di affari. Un ASA è descritta dall incrocio di tre variabili: la gamma di prodotti/servizi offerti dall impresa; b) l area di mercato a cui questa gamma è riferimento; c) gruppo di concorrenti con cui l impresa si confronta. L ASA delinea i confini di un business definito e distinto dal resto delle aree di business in cui l impresa è impegnata. Al suo interno sono esplicitati obiettivi e orientamenti strategici che riguardano specificatamente quel business e che la distinguono ma non la separano dal resto dell impresa. La visione e la missione a livello di area di business assumono lo stesso significato osservato con riferimento all impresa nel suo insieme. La visione è il ruolo che si vuole che il business giochi nel lungo termine. La missione descrive gli scopi che il business intende perseguire. È la strategia dell impresa nel suo insieme che determina l identità che ciascun business deve raggiungere nel tempo(visione) e che gli assegna la missione. Per quanto riguarda l area di business, è necessaria l analisi delle risorse e competenze interne disponibili. Per realizzare l analisi interna è utile servirsi della catena del valore e di quella delle relazioni riferite alla specifica area di business in questione ponendo particolare attenzione, alle connessioni hanno con quelle delle altre aree di business dell impresa. Le condizioni esterne sono descritte dai fattori che determinano l ambiente specifico del business. Questo ambiente e determinato dall azione esercitata dalle sette forze competitive( si veda figura 5.10). La direzione centrale delinea la strategia che orienta il comportamento di medio-lungo termine del sistema impresa nel suo insieme con il fine ultimo di creare valore; poiché il valore è prodotto direttamente dalla gestione delle unità di business. La direzione centrale determina l insieme di aree di business in cui estendere l impegno competitivo dell impresa. Questa scelta implica due attività conseguenti: A) la segmentazione dell attività dell impresa in aree di business; B) l analisi e la valutazione delle singole aree di business; La distinzione delle unità di business dell impresa è svolta con il metodo di Abell. Le tre dimensione di base sono: a) il gruppo di clienti cui il business fa riferimento b) la funzione d uso della linea di prodotto del business; c) la tecnologia utilizzata. Le due dimensioni aggiuntive sono : a) l area geografica; b) il grado di integrazione verticale dell attività svolta. I due criteri di valutazione della convenienza delle unità di business sono: a) le potenzialità economiche del business in sé; b) gli effetti strategici ed economici che derivano dall inserimento del business nel portafoglio dell impresa(valenza strategica). Per analizzare le potenzialità economiche di un singolo business una metodologia molto diffusa è la cosiddetta matrice grado di attrattività del business-capacità competitiva dell impresa. 17

18 Un secondo metodo utilizzabile per valutare le condizioni di un determinato business e il suo ruolo nel portafoglio dell impresa consiste nel confronto delle caratteristiche della gamma di prodotti o servizi offerti dall impresa rispetto a quella dei concorrenti nello stesso segmento o nello stesso raggruppamento strategico. La S.W.O.T. analysis descrive un business dell impresa in termini di punti di forza e di debolezza interni e di minacce e opportunità ambientali. I punti di forza e di debolezza sono valutati non tanto in senso assoluto, quanto soprattutto relativamente ai principali concorrenti nello stesso raggruppamento strategico. Le minacce e le opportunità ambientali vanno considerate nella prospettiva soggettiva dell impresa. L analisi della redditività di breve e medio termine del portafoglio può essere effettuata con una griglia che mette in relazione l andamento della quota di mercato con un indice di redditività. Una griglia di questo genere è stata proposta dalla marakon associates e diffusa in ambito accademico da Hax e Majiluf. L andamento della quota di mercato di una determinata unità di business è descritto dal rapporto q/q dove q è la variazione in un determinato periodo della quota di mercato dell impresa, e Q è la variazione nello stesso periodo dell intera domanda. La redditività può essere espressa con la differenza ROE-Ke, dove Ke rappresenta il rendimento atteso sul capitale proprio, oppure la differenza ROA-Ki, dove Ki rappresenta il rendimento atteso sul capitale investito(capitale proprio più capitale di terzi).laa matrice può essere arricchita se si ipotizza che il tasso di crescita del volume d affari dell impresa sia proporzionale al livello dell autofinanziamento, ovvero valga la relazione: q = ROE * x con x il tasso di ritenzione degli utili, compreso tra 0 e 1. Se si ipotizza che x=1, la diagonale a 45 gradi che parte dall origine permette di distinguere i business che generano cassa da quelli che la assorbono(figura 5.12 e 5.13). L equilibrio finanziario del portafoglio può essere descritto attraverso la cosiddetta matrice Boston Consulting group. I due parametri che definiscono la griglia sono: a) il tasso di crescita della domanda; B) la quota di mercato relativa a quella del principale concorrente. Il primo parametro può essere costituito dal tasso di crescita medio dei settori delle diverse aree di business, oppure dal tasso di crescita del PIL nell area geografica dove è collocato il mercato dell impresa. Per il secondo parametro, il valore di riferimento è l unità rappresentata dalla quota di mercato dell impresa nell unità di business quando è uguale a quella del principale concorrente. Si individuano quattro quadranti: i business dog caratterizzati da basso tasso di crescita della domanda e piccola quota di mercato; i question mark, con alto tasso di crescita e piccola quota di mercato; i business star con alto tasso di crescita della domanda e piccola quota di mercato; i business cash cow con basso tasso di crescita della domanda e alta quota di mercato. Si posso aggiungere altre due a queste; i dudes con bassa quota di mercato, gli old war horses dove l impresa ha un elevata quota di mercato. L individuazione e lo sfruttamento delle sinergie tra le unità di business è il contenuto delle cosiddette strategie orizzontali. Porter indica tre tipologie di interrelazioni tra le unità: a) le interrelazioni tangibili; b) le interrelazioni intangibili; c) le interrelazioni con i concorrenti. Le interrelazioni tangibili derivanti dalla connessione(potenziale) tra la catene del valore di unita di business diverse. In concreto sono prodotte dalla condivisione di determinate attività o asset aziendali, si manifestano principalmente nell ambito della funzione di approvvigionamento, della funzione produzione e della funzione marketing. Le interrelazioni di tipo intangibile riguardano la condivisione e lo scambio di conoscenza tra le aree di business diverse. Le interrelazioni con i concorrenti si manifestano tra le arre di business in cui l impresa si confronta con gli stessi rivali. L individuazione di quest ultime appare abbastanza agevole. Si considera l insieme di aree di business che costituiscono il portafoglio strategico dell impresa, e per ciascuno si elencano i rivali con cui l impresa si confronta(tabella 5.4). I criteri di allocazione delle risorse riguardano il modo in cui l impresa potrà accedere a determinate risorse. L assegnazione delle risorse è un problema che si risolve su due piani: quello della valutazione della convenienza gestionale e quello della determinazione di un equilibrio politico tra le parti coinvolte. La valutazione di convenienza fa riferimento a due criteri essenziali: uno economico, l altro strategico. Il criterio economico richiede l individuazione dei fattori che influenzano la creazione di valore nelle varie 18

19 aree di business, in particolare i flussi di cassa netti e il rischio. L allocazione delle risorse deve quindi, rispettare l equilibrio temporale tra gli impieghi e le fonti acquisite dall esterno. Il criterio strategico, si osserva che a ciascuna area di business sono assegnate le risorse necessarie affinché essa possa svolgere in maniera idonea il ruolo che le è assegnato nell ambito della strategia di portafoglio. La direzione di divisione ha il compito di consolidare i piani della singole aree di business. Gli obiettivi assegnati alle unità di business sono di carattere sia economico finanziario sia strategico(incremento della quota di mercato, il raggiungimento di determinati valori della produzione, innovazione del prodotto, ecc.)-per tracciare una strategia del business può essere utile identificare i nodi competitivi chiave: quegli aspetti specifici dell area di business su cui si gioca gran parte del successo o dell insuccesso di ciascun concorrente. La strategia di un area di business si manifesta in un insieme di programmi di azioni, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi assegnati al business. La strategia dell unità di business esprime i seguenti contenuti Strategia competitiva; strategia di mercato; strategia di produzione; strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse. Le direzioni funzionali sono le unità organizzative finalizzate allo svolgimento di attività trasversali alle diverse componenti del sistema impresa. Si possano distinguere due tipologie di direzione, quelle del primo tipo possono essere: approvvigionamenti, servizi logistici, gestione del patrimonio immobiliare, finanza risorse umane ricerca e sviluppo. Quelle del secondo tipo sono: Pianificazione, affari istituzionali e legali, comunicazione e relazione con il cliente, amministrazione e controllo. Per strategia funzionale si intende l insieme di scelte di medio-lungo termine che guidano l azione della varie funzioni che a livello centrale supportano lo svolgimento dei business dell azienda. Gli obiettivi della strategia funzionale sono garantire le migliori condizioni nel proprio ambito funzionale per supportare le funzioni di direzione centrale, l attuazione della strategia competitiva dell impresa. Le categorie di decisione tipica delle più diffuse direzioni funzionali sono: funzione finanziaria; strategia di finanziamento,(condizione dei debiti, relazioni con le banche, con il mercato), relazione con le banche politica del dividendo e scelta dell autofinanziamento, strategia dei rischi finanziari, di portafoglio, di investimento(decisioni di capital budgeting del vertice dell impresa), gestione del sistema pensionistico dell azienda, strategia di comunicazione finanziaria. Funzione amministrazione e controllo; Funzione risorsa umane. Funzione approvvigionamenti; politiche per la scelta dei fornitori, architettura del sistema di app.( concentrazione vs. diversificazione dei fornitori, politiche degli acquisti e delle scorte. Funzione di comunicazione e relazione con il cliente; strategia di comunicazione e di Costumer Relation Management. R&S; individuazione delle linee di ricerca( definizione della scala di priorità tra i progetti, allocazione delle risorse; scelta delle tecnologie di ricerca, politica di brevetti e gestione degli spill-overs, sviluppo del sistema di collaborazioni e alleanze sull attività di ricerca, strategia di acquisto o vendita della conoscenza, strategia di introduzione dell innovazione prodotta dalla ricerca. CAPITOLO VI/parte prima Il sistema organizzativo aziendale è la risultante dell interazione tra i seguenti elementi: * strategie e orientamenti di fondo; * strutture e ruoli; * risorse umane; * meccanismi operativi, * tecnologie. Per il suo ruolo di trasformazione della base di risorse critiche in vantaggi competitivi, costituisce esso stesso una fonte di vantaggio competitivo. Costituisce il terreno nel quale si sviluppano integrano e si rinnovano le routine organizzative che incorporano le competenze collettive. Tra le dimensioni del sistema organizzativo aziendale, la struttura organizzativa rappresenta l elemento che maggiormente si caratterizza per la valenza di vantaggio competitivo. La struttura organizzativa è l infrastruttura sulla 19

20 quale si fonda la capacità di evoluzione dell impresa. La progettazione organizzativa non si risolve nella scelta di un modello organizzativo di riferimento, ma si sviluppa attraverso continue modifiche in ragione delle dinamiche interne e delle influenze dell ambiente esterno( turbolenza ambientale). La progettazione organizzativa deriva dall analisi strategica condotta: a livelli corporate nell architettura delle unità di business. A livello di business, evidenziando per ciascuna SBU il quadro competitivo e il relativo posizionamento, con la definizione delle conseguenti risposte strategiche. La progettazione della struttura organizzativa è vista come l architettura organizzativa dell impresa, la struttura viene rappresentata nell organigramma, che evidenzia i livelli gerarchici su cui essa si articola e che esplicita i rapporti di dipendenza formale esistenti tra le posizioni organizzative. La scelta del modello di struttura organizzativa dipende da una serie di variabili interne ed esterne: La dimensione aziendale, la situazione prodotti-mercati(varietà dei prodotti o mercati del portafoglio), la tecnologia ossi il contenuto tecnologico dei vari prodotti, la struttura e la dinamica dell ambiente, le strategie adottate sia a livello si SBU(differenziazione, vantaggio di costo, focalizzazione), sia a livello di corporate(verticali e orizzontali). Le variabili per la struttura organizzativa sono: l efficienza, l elasticità operativa, elasticità strategica, elasticità strutturale. Il modello funzionale(forma ad U) prevede la ripartizione delle responsabilità organizzative di primo livello secondo le funzioni fondamentali dell impresa(figura 6.1a). La rigidità del modello funzionale può essere attenuta realizzando una ripartizione delle attività, con criteri diversi da quello funzionale(figura 6.1b). C è un ulteriore evoluzione con l istituzione di posizioni organizzative di tipo matriciale che esprimono dei ruoli integratori (per esempio Brand manager, Product manager, Area Manager). Il modello divisionale. Secondo tale modello, l organizzazione viene scomposta in Divisioni che si configurano come quasi-imprese, dotate di ampi margini di autonomia. Attraverso la costituzione di unità organizzative che si configurano come centri di profitto, la situazione divisionale consente di recuperare i vantaggi della piccola dimensione d impresa(flessibilità), mantenendo quelli tipici delle grandi imprese(economia di scala, economie di scope ecc.). tuttavia, l autonomia delle Divisioni può risultare eccessiva, alimentando tendenze opportunistiche e fenomeni di sub-ottimizzazione a livello divisionale(figura6.2). Questo modello dilatando i limiti dimensionali derivanti dalla crescente complessità di gestione, evitando l insorgere di diseconomie di scala che producono nel lungo periodo un andamento crescente della curva ci costo medio degli output; L elasticità strategica e dovuta all attuazione di strategie orizzontali tra le diverse divisioni. Il modello divisionale si è storicamente affermato come soluzione alternativa al modello funzionale, consentendo all impresa di far fronte efficacemente a situazioni ambientali caratterizzate da: crescita delle dimensioni aziendali; proliferazione di prodotti-servizi; sviluppo tecnologico; turbolenza ambientale; strategie di differenziazione. Le Divisioni possono assumere diverse configurazioni: 1) settore dell impresa senza alcuna autonomia giuridica(divisioni); 2) azienda con propria autonomia gestionale e giuridica che fa capo alle strutture direzionali di una holding capo-gruppo o di una finanziaria di gestione ; 3) finanziaria di gestione o capo-gruppo che gestisce segmenti di attività correlati o comunque omogenei, appartenente a sua volta, a una Holding a un ente gestione. Tra i modelli a holding( forma ad H) con legami deboli. Tra le forme di holding si distinguono due soluzioni, asseconda del ruolo svolto dalla Capo Gruppo(Corporate) che controlla le altre imprese autonome(società operative). La prima soluzione è rappresentata dalla finanziaria di gestione. In tale configurazione, ciascuna società controllata risulta strategicamente autonoma e gestisce un area di business omogenea che presenta delle interdipendenze intangibili con le SBU delle altre aziende del gruppo. La seconda soluzione è quella del capogruppocaposettore.; Essa viene solitamente preferita quando le interdipendenze da sfruttare dono di carattere tangibile od operativo. 20

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