Il Colore. Capitolo Introduzione

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1 Capitolo 3 Il Colore 3.1 Introduzione Il sole e le sorgenti artificiali emettono luce ossia radiazioni elettromagnetiche che delimitano una zona ristretta (λ= nm chiamata anche zona del visibile) dell intero spettro elettromagnetico. Il sistema visivo umano, percepisce come luce bianca, una miscela di tutti i colori (grossolanamente con la stessa quantità) dello spettro visibile proveniente dal sole durante il giorno (vedi fig. 3.1). In sostanza il concetto di colore bianco, con diverse sfumature, è una sensazione che abbiamo quando l occhio non è sensibilizzato da un colore dominante. Infatti un foglio di carta bianca è visto come tale, pur con diverse tonalità, sia se illuminato da una sorgente artificiale che dalla luce del sole. I colori sono le risposte soggettive legati ad aspetti psicologici e fisiologici del sistema visivo umano quando stimolato a radiazioni dello spettro con frequenze che si estendono da 450 Thz 1 per il rosso attraverso l arancio, il giallo, il verde, il blu, fino al violetto alla frequenza di 750 Thz. Il colore non è una caratteristica della luce stessa ma piuttosto una sensazione del nostro complesso sistema sensoriale elettrochimico basato sulla attività del cervello, occhi e nervo ottico. Infatti non si dovrebbe dire per esempio luce gialla ma la luce che è osservata è come gialla. Probabilmente il sistema visivo riesce a vedere come giallo anche quando si sommano radiazioni con frequenze leggermente diverse dal giallo. Anche per la luce bianca sono da considerare i fenomeni di riflessione e diffusione sulla in- 1 1 Terahertz = Hz Figura 3.1: Distribuzione dell energia solare confrontata con la luce di una lampada al tungsteno. 5

2 6 CAPITOLO 3. IL COLORE Figura 3.2: Curve di riflessione per pigmenti blu, rossi e verdi. Le curve sono tipiche, ma possono variare con sfumature di colori diversi. terazione luce e materia. Per esempio il vapore acqueo è osservato come bianco pur essendo trasparente. Questo è spiegato come segue: se le generalità delle particelle sospese sono molto piccole ma molto più grandi della lunghezza d onda della luce, quest ultima penetrerà in ciascuna particella trasparente e avranno luogo diversi fenomeni di riflessione e rifrazione fino a riemergere. All osservatore arriva la luce bianca poiché la luce emessa dalle particelle non presenta apprezzabili differenze tra qualsiasi delle frequenze che la compongono. Questo avviene anche per altre sostanze di colore bianco come lo zucchero, il sale, il talco, le nubi, la neve, dove ogni singolo granello ètrasparente. Una superficie riflettente che assorbe parzialmente o tutte le frequenze del visibile, rifletterà meno luce rispetto ad una superficie bianca e così apparirà all osservatore come un livello di grigio. Se rifletterà meno luce la tonalità di grigio diventeràsemprepiù scura fino ad arrivare al colore nero quando sarà assorbita completamente tutta l energia luminosa. Quando una superficie riflette una buona percentuale di luce (70-80%) quasi specularmente, apparirà all osservatore in modo lucente, come tipicamente si nota per le superfici metalliche. I metalli hanno la caratteristica di riflettere efficacemente la luce di qualunque frequenza poiché possiedono diversi elettroni liberi che la dissipano facilmente. La luce incidente non può entrare nella superficie metallica se non che per una frazione di una lunghezza d onda, e con un limitato o nullo assorbimento. Per avere un dipinto con un colore dominante è necessario che i pigmenti depositati su una superficie assorbano tutte le frequenze di luce ad eccezione della frequenza desiderata (colore). In altre parole, un fascio di luce, composto di una distribuzione non uniforme di energia luminosa dello spettro visibile, apparirà colorato. La figura 3.2 mostra la distribuzione delle frequenze tipiche per i colori percepiti come luce rossa, verde e blu che rappresentano i colori dominanti. Tali distribuzioni non sono le uniche a dare la sensazione del colore rosso, verde e blu La teoria della percezione del colore In antichità si pensava che la teoria del colore era basata sul flusso di particelle emesse dagli occhi. Solo negli ultimi secoli si è formulata la teoria moderna sul colore. In particolare si iniziava con Isaac Newton nel 1704 che presentava una serie di esperimenti sconcertanti sulla teoria del colore. Lavorando nella sua stanza di Cambridge, Newton scopriva che usando un prisma riusciva a separare la luce del sole in uno spettro di colori. Questo è possibile poiché la luce di differente lunghezza d onda è deviata di alcuni gradi quando passa attraverso un mezzo (aria) ad un altro mezzo (prima di vetro o cristallo). Newton osservava (come evidenziato in figura 3.3) che la luce emergente dal prisma proiettata su uno schermo bianco era composta di sette colori: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancione e rosso. Oggi è noto che possono essere rilevate centinaia di tinte in condizioni controllate. Newton

3 3.1. INTRODUZIONE 7 luce solare giallo rosso prisma ciano blu verde schermo Figura 3.3: Separazione delle componenti di colore dalla luce del sole a causa del diverso indice di rifrazione per le differenti lunghezze d onda. inoltre scopriva che aggiungendo un secondo prisma tale luce colorata si ricomponeva in un singolo fascio di luce solare bianca. Questo fenomeno della decomposizione e ricomposizione della luce solare, insieme all esistenza in natura di diversi altri colori, poneva un interrogativo fondamentale alla teoria del colore: che cosa è il colore e come questi si combinano per creare nuovi colori? Per esempio, il rosso ed il verde combinati producono il colore giallo, senza però che si abbia una spiegazione plausibile. In altri termini, il colore è una proprietà fisica della luce stessa oppure è il risultato derivato dal processo di percezione umano? A molti artisti era noto come combinare pigmenti di colore diverso per ottenere altri colori ma ignoravano il meccanismo fisico della generazione dei colori. Gli studi di Newton stimolarono molti ricercatori all idea di produrre i vari colori dello spettro visibile attraverso la sovrapposizione di tre particolari colori fondamentali. Questa teoria era sostenuta anche dall ipotesi che l occhio umano potesse essere sensibile a questi tre colori fondamentali o primari. Questa idea, la teoria della tricromia, è stata accreditata a Thomas Young [1] agli inizi dell ottocento. Egli asseriva che uno spettro ampio di colori può essere generato miscelando tre fasci di luce con lunghezze d onda distinte. Questa teoria era motivata da Young ammettendo che nella retina dell occhio vi siano tre tipi di recettori che diversamente stimolati (impressionati) determinano la percezione dei colori. Quando tre fasci di luce si miscelano producendo luce bianca si dice che costituiscono i colori primari (o fondamentali). La teoria non prevede l unicità dei colori fondamentali, infatti, Young non trovò mai tre lunghezze d onda distinte che perfettamente riproducevano, quando miscelati con percentuale diverse, qualunque colore. Successivamente il fisico e fisiologo Hermann L.F. von Helmholtz [2], completava questa teoria del colore, chiamata poi teoria di Young-Helmholtz, accettata ancora dai ricercatori della visione, affermando che l occhio umano ha tre tipi di recettori sensibili al colore. In particolare il colore rosso, verde e blu, e tutti i colori percepiti sono il risultato dell entità dello stimolo ricevuto da questi tre tipi di recettori. La teoria di Young-Helmholtz è risultata valida per la scienza del colore ma non è completamente adeguata per spiegare i meccanismi della percezione del colore specialmente quando si osservano scene naturali complesse. Una limitazione di tale teoria riguarda l incertezza dell esistenza dei tre colori fondamentali che se combinati opportunamente, possono generare tutti gli altri colori. Una eccellente ricaduta di tale teoria ha portato comunque allo sviluppo delle tecnologie di base di diversi dispositivi per il colore (stampanti, televisione, fotografia, ecc.). Un altra limitazione di tale teoria è la impossibilità aspiegareperché l apparenza di un colore è spesso influenzata dal contesto dei colori nelle vicinanze, fenomeno ben evidente ai pittori. Infine, questa teoria non spiega il fenomeno della costanza del colore che corrisponde all idea che

4 8 CAPITOLO 3. IL COLORE Figura 3.4: Esperimento di Land che riproduce immagini a colori con solo due filtri colorati ossia con due bande spettrali. i colori rimangono invariati mentre variano anche in modo sensibile le condizioni di illuminazione. Per esempio, oggetti osservati con occhiali verdi, mantengono i loro colori familiari pur avendo alterato attraverso gli occhiali le proporzioni delle lunghezze d onda dei tre colori primari. La teoria Retinex di Edwin Land, proposta nel 1958 [3], risolve tutte le limitazioni della teoria di Young-Helmholtz. Land, l inventore della Polaroid (sviluppo istantaneo della foto), ha dimostrato che la percezione finale del colore, in qualsiasi punto della scena, è dipendente dai colori percepiti in altre parti della scena e nel caso di scene complesse possiamo percepire colori che non possono essere riprodotti fedelmente attraverso la miscela (o sovrapposizione) dei tre colori primari. Land ha dimostrato che una miscela [3, 4], composta per esempio di luce bianca e rossa potrebbe indurre alla percezione di una scena colorata realistica. L esperimento realizzato è mostrato in figura 3.4, dove per una scena colorata sono prodotti due lucidi in bianconero con la caratteristica che per un lucido è usato il filtro rosso e l altro è esposto con il filtro verde. Successivamente i due lucidi in bianconero sono proiettati, una con il filtro rosso e l altra con luce bianca senza filtro, sovrapponendo le immagini sullo schermo. L osservatore vedrebbe sullo schermo una immagine colorata normale al contrario di quanto poteva aspettarsi, ossia una immagine dominata dal colore rosso come previsto dalla teoria di Young-Helmholtz. Dopo diversi esperimenti Land dimostrava che per produrre immagini a colori, in alternativa alla teoria di Young-Helmholtz del tristimolo, era possibile farlo utilizzando diverse coppie di filtri ossia una larga varietà di lunghezze d onda purchè significativamente differenti. In particolare era sufficiente generare immagini a colori utilizzando coppie di filtri corrispondenti a lunghezze d onda lunghe, medie e corte dello spettro visibile. I diversi modi con cui era possibile ottenere immagini a colori suggerivano a Land il fondamento

5 3.1. INTRODUZIONE 9 Figura 3.5: essenziale della sua teoria della visione del colore: il sistema visivo umano è capace di percepire il colore indipendentemente dalla lunghezza d onda. Questa conclusione, differisce radicalmente dalla teoria di Young-Helmholtz, basata sull ipotesi che il colore percepito è il risultato degli stimoli dei recettori ai tre colori primari con lunghezza d onda corrispondente al rosso, verde e blu. L evidenza fisiologica della teoria di Young fu dimostrata solo negli anni 60 confermando l esistenza di tre differenti recettori nel sistema visivo umano che presentano una maggiore sensibilità in tre separate regioni dello spettro visibile, normalmente indicati con rosso, verde e blu. Dopo una serie di esperimenti Land riusciva a spiegare perchè la percezione del colore, per una regione di una scena, non è solo dovuto agli effetti dell energia luminosa di tre lunghezze d onda dello spettro visibile, riflessa da tale regione. Per determinare esattamente il colore di una determinata regione della scena (per esempio mediante uno strumento chiamato fotometro 2 )è necessario misurare non il suo livello di luminosità (o intensità luminosa) ma una grandezza chiamata riflettanza. L intensità luminosa(chiamata anche brillanza) può essere definita come una misura assoluta della quantità di energia luminosa che una regione della scena emette. La riflettanza invece è definita come il grado che un materiale possiede nel riflettere la luce. Un materiale può avere una bassissima riflettanza, nel senso che esso assorbe una alta quantità diluce ma può essere illuminato in modo intenso per apparire molto brillante, viceversa, un materiale può presentare superfici con alta riflettanza ma apparire con un basso livello di brillanza. Noto il valore di riflettanza, il colore ad esso associato può essere determinato. La teoria rivoluzionaria di Land afferma che l occhio umano è capace di determinare il valore di riflettanza in corrispondenza di tre sensitività che sono le basi per associare un dato colore ad un oggetto. In sostanza, la stima della riflettanza è la caratteristica peculiare del sistema visivo umano. Questa capacità esiste a tre differenti lunghezze d onda e l occhio è in grado di confrontare valori di riflettanza in corrispondenza di queste tre differenti regioni dello spettro visibile. Il risultato delle terne di riflettanza determinano l informazione di colore. Questo contrasta con la teoria di Young che misura tre valori di brillanza della luce corrispondente ai tre colori fondamentalii (figura 3.6). La brillanza è variabile istante per istante sulla base della illuminazione della scena. L occhio misura l attuale qualità di riflettività di una superficie poiché risulta costante ed è intrinsecamente dipendente solo dal materiale di cui è composto l oggetto. La riflettanza è una grandezza utile per identificare anche la tipologia del materiale. La teoria di Land spiega anche perché i colori sono influenzati dai colori delle aree vicine: 2 Strumento atto a effettuare misure d intensitá luminosa. Si distinguono i fotometri ottici e quelli fotoelettrici. Nei primi la valutazione data direttamente dall occhio, mentre gli ultimi impiegano celle fotoelettriche sfruttando fenomeni di fotoemissione e fotoconduttivitá consentendo la misura di luminositá mediante un amperometro opportunamente tarato.

6 10 CAPITOLO 3. IL COLORE Figura 3.6: l ombreggiatura dei vari tipi di colore può influenzare l accuratezza con cui la riflettanza è calcolata con il variare dei valori di brillanza da punto a punto. Il metodo utilizzato dai nostri occhi per il calcolo della riflettanza non è perfetto come si evidenzierà nel seguito. Land suggerisce anche un modello per spiegare come il sistema visivo umano determina la misura di riflettanza per tutte le regioni della scena per associare un colore. Consideriamo la fig.3.7 rappresentata da due regioni con tonalità diverse. Se potessimo misurare con due fotometri il valore di riflettanza su due punti distinti delle due regioni non si riscontrerebbe nessuna differenza apprezzabile. Addirittura un punto nero del bordo della scenapotrebbe emettere più luce, rispetto ad un altro punto appartenente alle regioni più chiare,poiché può risultareper esempio più vicino alle sorgenti di luce. Se i due fotometri si avvicinano tra loro sempre di più edentrambisispostanonellevicinanze della zona di confine tra le due regioni bianche e nere, la differenza tra le misure rilevate risulterebbe Figura 3.7:

7 3.2. IL SISTEMA VISIVO UMANO 11 accentuata e costituirebbe una indicazione della riflettanza relativa alle due regioni. Nella fascia ristretta di confine tra le due regioni (bordo), l illuminazione è difficilmente modificabile in modo apprezzabile e pertanto la differenza tra le due misure dei fotometri è plausibile attribuirla ad un cambio della superficie stessa (materiale diverso, regioni con inclinazione diverse, ecc.). Tali considerazioni motivavano Land a proporre un sistema visivo umano capace di valutare la misura di riflettanza analizzando in ogni punto della scena come varia la luminosità di punti nelle varie regioni della scena. Land ipotizzava con buona probabilità che le interazioni cellulari responsabili di tale comportamento avvengononella retina ed attraverso il nervo ottico. Per questo motivo la teoria del colore di Land è detta anche teoria Retinex che coinvolge diverse componenti del sistema visivo umano. In conclusione, la teoria di base di Young-Helmholtz che prevede un sistema visivo con tre separati fotorecettori sensibili a tre lunghezze d onda dello spettro visibile fallisce nel discriminare tra luminosità e riflettanza. Conseguentemente non può spiegare come dimostrato negli esperimenti di Land che evidenziano la straordinaria abilità degli occhi a percepire il colore indipendentemente dalla lunghezza d onda. La teoria Retinex di Land invece può essere pensata come se vi fossero tre separate retine, ognuna sensibile a tre bande (lunghezza d onda lunga, media e corta) dello spettro in grado di tradurre l informazione di luminosità in tre separate immagini che rappresentano l informazione di riflettanza. Il cervello processa queste ultime immagini e dal loro confronto emerge il processo finale di percezione del colore, ossia gli oggetti della scena appaiono colorati in modo univoco. 3.2 Il sistema visivo umano Le grandezze radiometriche considerate, Irraggiamento, Emettanza, Riflettanza e Radianza, sono state associate ai concetti fisici della radiometria rimanendo nel contesto di energia luminosa. Il sistema visivo umano percepisce la luce in modo differente in relazione alla tipologia di sorgente: sole, lampada al mercurio, lampada al tungsteno, ecc. Ciò ha reso necessario l introduzione di grandezze fotometriche che legano i fenomeni fisici dell interazione luce-materia in relazione alla percezione e sensazione del sistema visivo umano. In particolare, in fotometria si utilizza la funzione di luminosità ricavata sperimentalmente per avere una stima quantitativa della sensibilità dell occhio alle varie lunghezze d onda. Il sistema visivo umano percepisce gli oggetti della scena sulla base: delle componenti spettrali del sistema di illuminazione; delle componenti spettrali riflesse dalla superficie degli oggetti; sulla base della sensibilità dei propri fotorecettori. Rimane ora il problema di utilizzare in modo ottimale le grandezze radiometriche e fotometriche per derivare i descrittori che sono alla base del sistema di percezione del colore e della luminosità degli oggetti. L energia luminosa o intensità luminosa non è sufficiente per descrivere in modo univoco, le differenze nella percezione. Normalmente due sorgenti di luce appaiono con differente luminosità se sono di differenti energia luminosa. Vi sono diverse situazioni in cui un oggetto appare di diversa luminosità pur essendo illuminato con uniforme intensità luminosa. Questo dimostra che l intensità luminosa non è una grandezza adeguata per spiegare i meccanismi della percezione. Il sistema visivo umano ha sviluppato recettori sensibili a radiazioni comprese nella regione dello spettro elettromagnetico con un intervallo di lunghezza d onda da 310 a 780nm. In alcuni soggetti si riscontra una sensibilità maggiore verso l ultravioletto (1050nm). La limitazione all ultravioletto

8 12 CAPITOLO 3. IL COLORE Colore λ, m v, Hz Violetto 3, 90 4, , 69 6, Blu 4, 55 4, 92 6, 59 6, 10 Verde 4, 92 5, 77 6, 10 5, 20 Giallo 5, 77 5, 97 5, 20 5, 03 Arancio 5, 97 6, 22 5, 03 4, 82 Rosso 6, 22 7, 80 4, 82 3, 84 Tabella 3.1: Lunghezze d onda dei colori percepiti dal sistema visivo umano. è comunque causato dalla presenza del cristallino che li assorbe. Questo intervallo dello spettro è anche chiamato la regione del visibile comprendendo tutte le lunghezze d onda normalmente associate per definire i colori che vanno dal blu fino al rosso (vedi tabella 3.1). In analogia all intensità luminosa, anche per il colore, la lunghezza d onda non può essere utilizzata come grandezza adeguata per discriminare il colore percepito. Infatti il colore porpora ottenuto come combinazione della stessa percentuale di colore rosso e blu, non potrebbe essere rappresentato poiché non esisterebbe una lunghezza d onda per descriverlo nello spettro elettromagnetico. Prima di analizzare alcuni fenomeni della visione naturale è conveniente descrivere brevemente la fisiologia dell occhio umano. Il sistema visivo umano può essere pensato costituito da una lente doppia convergente che forma una immagine reale nella zona sensibile alla luce (retina). Esso integra le seguenti componenti: sistema ottico, nervo ottico e corteccia cerebrale. Nell uomo il sistema ottico (l occhio) ha una struttura consistente ed elastica, ed è tenuta in posizione oltre che dai muscoli, da fasce, dai nervi e vasi che in esso penetrano. Nella parte anteriore verso l esterno presente la cornea, che è trasparente, nel cui centro sono visibili l iride, variamente colorata, e la pupilla, il foro attraverso cui passa la luce e vengono recepite le immagini. La pupilla si dilata o si restringe (2 8mm) a seconda della minore o maggiore intensità degli stimoli luminosi. La parte posteriore della struttura sferica èformata dalla sclera, ed è sede della componente convessa del sistema ottico. Da questa sede della sclera emerge il nervo ottico avvolto da materiale fibroso che impedisce la riflessione e rifrazione dei raggi luminosi. I raggi di luce incidente penetrano nell occhio dall interfaccia aria-cornea subendo la massima deviazione (indice di rifrazione della cornea n c =1,376). Nelle immersioni subacquee la vista diminuisce proprio perché i raggi di luce non vengono adeguatamente rifratti a causa dell indice di riflessione dell acqua (n a =1,33) molto vicino a quello della cornea. La luce superando la cornea entra in uno spazio cavo contenente l umor acqueo (n ua =1.336, un liquido incolore e trasparente), viene solo leggermente deviato nell interfaccia cornea-umor acqueo poiché quest ultimo ha un indice di rifrazione quasi identico a quello della cornea. L iride si trova anche immersa nel liquido acquoso ed espleta le funzioni di diaframma che controlla la quantità di luce che entra nell occhio attraverso la pupilla. I muscoli radiali oculare dell occhio consentono all iride di aprirsi in pessime condizioni di luce e di chiudersi in buone condizioni di luce. Adiacenti all iride verso l interno del bulbo è localizzata la lente cristallina di 9mm di diametro e 4mm di spessore, costituita da una massa fibrosa multistrato ( strati) e trasparente, avvolta da una membrana sottile ed elastica. Per semplificare si può considerare il sistema ottico come un unica lente avendo un centro ottico a 17, 1mm davanti la retina e posizionato subito dopo la lente cristallina. Dopo il cristallino si trova il corpo vitreo eilcorpo ciliare. Il corpo vitreo consiste in una massa trasparente e gelatinosa che riempie lo spazio esistente tra l interfaccia posteriore della lente cristallina e la membrana interna del globo oculare. Questa massa è denominata umor vitreo: liquido gelatinoso trasparente formata da sostanze amorfe, fibre e cellule, tenute assieme dalla membrana ialoidea. Nella zona più interna aderente alla sclera si trova una membrana fibrosa sottile chiamata

9 3.2. IL SISTEMA VISIVO UMANO 13 Figura 3.8: Curve di assorbimento spettrale dei bastoncelli (R) e dei tre tipi di coni per pigmenti con diverse lunghezze d onda. Si evidenziano i coni sensibili a lunghezze d onda corte (S-short), medie (M) e lunghe (L). Da [5]. coroide o coronide di natura vascolare e pigmentata con melanina. Uno strato sottile (0, 1:0, 5mm) di celle fotorecettori coprono una zona estesa della superficie interna della coroide che è denominata retina dal latino rete. La luce focalizzata è assorbita attraversoun processo elettrochimico in questa struttura multistrato. La retina, opposta alla cornea è la componente sensibile dell occhio, dove si forma l immagine, ed è collegata con il nervo ottico. La retina è considerata come una espansione del nervo ottico, che come una membrana, si applica sulla coroide fino all ora serrata. L area dove esce il nervo ottico dell occhio non contiene fotorecettori e pertanto, non è sensibile alla luce. La retina contiene due tipi di fotorecettori: coni e bastoncelli. Iconi, circa 6,5 milioni per ciascun occhio, hanno forma sottile e lunghezza limitata, sono meno sensibili alla luce e sono responsabili della visione diurna o fotopica. Ibastoncelli, più numerosi pari a circa milioni (per ciascun occhio) di forma sottile e allungata, sono i fotorecettori più sensibili e sono responsabili della visione notturna o scotopica. Nelle condizioni intermedie di visione fotopica e scotopica, entrambi i fotorecettori coni e bastoncelli sono stimolati per fornire la visione mesopica. I coni sono responsabili per la determinazione del colore. Solo recentemente è stato dimostrato che la retina presenta tre classi di coni con differenti caratteristiche di assorbimento spettrale. In figura 3.8 sono rappresentate le tre curve caratteristiche per ciascuna classe di cono. Esse rappresentano la misura di sensibilità della retina di un soggetto, responsabili rispettivamente della componente dominante con picco in corrispondenza del colore blu, della componente dominante in corrispondenza del colore rosso e del colore verde. L esistenza delle tre classi di coni costituisce l evidenza fisiologica come base della teoria tristimolo per spiegare la percezione della visione a colori in accordo al modello di Young. Il sistema ottico garantisce il processo di formazione dell immagine sulla retina. Il processo di percezione dell immagine (visione) è il risultato dell attività congiunta dell occhio e del cervello. Tale attività si sviluppa in frazioni di secondi e comprende: formazione dell immagine reale rimpicciolita e capovolta sulla retina in analogia a quanto avviene in uno strumento di acquisizione delle immagini (telecamera, macchina fotografica, ecc.); stimolazione dei fotorecettori localizzati sulla retina in relazione all energia luminosa della scena osservata;

10 14 CAPITOLO 3. IL COLORE trasmissione attraverso il nervo ottico degli impulsi prodotti dai fotorecettori al cervello; ricostruzione della scena 3D partendo dall immagine 2D prodotte capovolte sulla retina; interpretazione degli oggetti della scena. Due interessanti aspetti riguardano il modo con cui l informazione acquisita dai fotorecettori viene propagata al cervello, ed il modello computazionale utilizzato per realizzare in poco tempo (decimi di secondo) tutti i processi della visione e percezione sopra indicati. In precedenza, si è evidenziato l esistenza di due tipologie di fotorecettori: i coni per la luce diurna ed i bastoncelli per la luce notturna. Sappiamo inoltre che tali fotorecettori sono sensibili alle radiazioni elettromagnetiche del cosiddetto spettro visibile che è un delimitato intervallo dello spettro elettromagnetico (0.4 :0.7μm). Una caratteristica del sistema visivo è legata alla risoluzione spaziale dell immagine sulla retina. I coni, responsabili della percezione del colore, si trovano distribuiti più densamente (120 coni per grado di arco sotteso nel campo di vista) nella parte centrale della retina ed in particolare in una zona chiamata Fovea nella quale sono completamente assenti i bastoncelli. La luce proveniente dall esterno eccita entrambi i fotorecettori coni e bastoncelli generando una variazione di potenziale nella membrana di tali fotorecettori. Questo potenziale è trasmesso alle cellule neurali sottostanti contenuti sulla retina stessa. L attivazione di questi neuroni determinano la propagazione degli impulsi prodotti verso le fibre afferenti del sistema nervoso ottico. Il processo (di trasduzione) con cui avviene la conversione dell energia luminosa in una variazione di potenziale elettrico è stato approfondito per i fotorecettori bastoncelli. Tale processo si basa sulla scissione di un pigmento, la ropsina o porpora visiva, che si trova nella parte esterna dei bastoncelli. In sostanza per effetto della luce tale segmento è scisso in una parte proteica, (detta scatopsina) e in una parte non proteica (detta il retinene). Sono sufficienti poche quantità di energia radiante ai bastoncelli per generare un impulso nervoso. Si ipotizza che per i coni il meccanismo di traduzione sia equivalente. Per l uomo è nota l esistenza di tre tipi di coni che differiscono per la presenza di tre diversi pigmenti visivi. La codopsina presenta un massimo di assorbimento luminoso in corrispondenza della regione rossa dello spettro visibile. Gli altri pigmenti presentano il massimo assorbimento alla luce blu ed al verde (questo spiega l evidenza biologica della teoria del colore basata sui tre colori fondamentali rosso, verde e blu. La sensibilità dei bastoncelli è di tre ordini più grande rispetto a quello dei coni e questo spiega la loro maggiore sensibilità della visione scotopica rispetto a quella fotopica. Interessante è l architettura di elaborazione e di codifica dell informazione associata ai segnali nelle varie componenti del sistema visivo del cervello. I fotorecettori sono connessi tra loro attraverso cellule bipolari, le quali sono a loro volta collegate con le cellule gangliari da cui originano le fibre afferenti del nervo ottico la cui zona di uscita, chiamata pupilla ottica, è priva di fotorecettori. In questo schema si nota come insiemi di fotorecettori coni e bastoncelli sono connessi ad un unica cellula bipolare e come ciascuna di queste ultime si collega con una delle cellule gangliari. Si evidenzia come il segnale di diversi fotorecettori si propaga verso una singola fibra del nervo ottico. Dal punto di vista informatico, questo può esserevistocomeunaformadiottimizzazione naturale per ridurre l informazione ridondante acquisita dalla retina con 10 8 fotorecettori (una buona telecamera digitale ne ha 10 6 ) che viene trasmessa al cervello attraverso il nervo ottico che ha invece solo 10 6 fibre nervose (codifica dell informazione acquisita riducendola di due ordini). Questo significa che il sistema visivo umano codifica sulla retina l immagine, che prima di inviarla al cervello, elimina l informazione ridondante presente attraverso una pre-elaborazione che avviene mentre i segnali si propagano dai fotorecettori alle cellule bipolari e, successivamente, verso le cellule gangliari. La propagazione degli impulsi nervosi della retina al cervello attraverso il nervo ottico avviene mediante un attività neurale la cui struttura organizzativa cellulare osservata al microscopio (vedi figura 3.9) appare composta di 10 strati (vedi figura 3.10): 1. I pigmenti della retina depositati sulla coroide

11 3.2. IL SISTEMA VISIVO UMANO 15 Figura 3.9: Struttura stratificata della retina 2. I fotorecettori coni e bastoncelli 3. Membrana limitante esterna 4. Granuli esterni 5. Plessiforme esterno 6. Granuli interni 7. Plessiforme interno 8. Cellule nervose multipolari 9. Fibre nervose 10. Membrana limitante esterna Lo spessore medio della struttura multistrato della retina è di circa 100μm ed al microscopio appare costituita da due fogli di membrana sottilissima uno esterno monostratificato o pigmentato (lo strato 1) ed uno interno multistrato (9 strati) che forma lo strato nervoso della retina. La luce passa attraverso lo strato neurale per raggiungere lo strato dei fotorecettori (strato 2). Gli impulsi nervosi sono propagati nella direzione opposta, dallo strato 1 allo strato 10, ossia dai fotorecettori al nervo ottico. La distribuzione dei fotorecettori non è uniforme sulla retina. Questo implica che il potere risolutivo varia ed in particolare risulta massimo nella fovea e nella zona centrale della retina (sono localizzati complessivamente 6 milioni di coni in ciascun occhio). I bastoncelli sono distribuiti nella zona periferica della retina (120 milioni) in cui presenta la massima sensibilità ma un minore potere risolutivo. Si ricorda che i coni propagano impulsi nervosi che forniscono al cervello l informazione di colore mentre i bastoncelli forniscono la sensibilità luminosa. Si può osservare (vedi figura 3.11) che ciascuna retina è divisa in due parti nella zona centrale. Le fibre del nervo ottico provenienti dalla metà mediale della retina (campo nasale) si incrociano a livello del chiesma ottico e quelle che provengono dal campo temporale proseguono lateralmente. Le fibre del nervo ottico provenienti dalla metà sinistra di ciascuna retina trasmettono al cervello gli impulsi relativi alla metà di destra di ciascun campo visivo. Analogamente, le fibre del nervo ottico provenienti dalla metà destra di ciascuna retina trasmettono al cervello gli impulsi derivati dalla metà sinistra di ciascun campo visivo. Le fibre dei tratti ottici raggiungono i nuclei genicolati laterali che fanno parte dei nuclei del talamo dove si ha la giunzione sinaptica con neuroni che collegano le loro fibre alla corteccia cerebrale dei lobi occipitali dove è localizzata la zona visiva primaria. Altre fibre dei tratti ottici

12 16 CAPITOLO 3. IL COLORE Figura 3.10: a)struttura dell occhio; b) Organizzazione neurale della retina; c) Distribuzione dei coni e dei bastoncelli; d) Schema dei fotorecettori; e) Muscoli degli occhi. Figura 3.11: Ramificazione della struttura nervosa della retina alla corteccia visiva del cervello.

13 3.2. IL SISTEMA VISIVO UMANO 17 raggiungono i nuclei del centro riflesso che controlla l apertura della pupilla ed il processo di accomodazione del cristallino. La zona visiva primaria occupa la porzione estrema dei lobi occipitali. In questa zona si mantiene una rappresentazione topograficamente ordinata con molta informazione relativa alla geometria della scena osservata ed acquisita dalla retina. Una parte di questa zona chiamata Area di proiezione visiva ha una corrispondenza spaziale, uno a uno, con la retina. La stimolazione delle cellule nervose in quest ultima area, anche con debole attività elettriche causa al soggetto di vedere eventi visivi elementari come punti luminosi colorati o lampi di luce, in zone localizzate del campo visivo. Alcune lesioni nell area di proiezione visiva generano macchie scure puntiformi nel campo visivo in accordo alla corrispondenza tra retina e corteccia cerebrale, anche se risultano intatte altre strutture visive. Per esempio, i contorni di un oggetto percepito sono completati su queste macchie scure puntiformi. Nella zona circostante dell area di proiezione visiva è localizzata l area associativa o visuo-psiche. Stimoli elettrici nelle cellule dell area associativa generano complesse allucinazione visive create, per esempio le immagini di oggetti noti o eventi significativi, associati a sequenze di immagini). Lesioni locali in questa zona della corteccia occipitale provocano cecità o la cancellazione di tutte le esperienze visive. I disturbi significativi sono la limitazione alla percezione di strutture visive complesse e l inabilità a combinare impressioni individuali in oggetti completi, più complessi e riconoscendoli o rappresentandoli in modo pittorico. Per esempio, alcune persone con lesioni nell area associativa possono descrivere parti individuali di un oggetto riproducendolo accuratamente ma non sono in grado di riconoscere l oggetto complessivo. Altre persone non sono in grado di vedere più di un oggetto alla volta nel campo visivo. Un altra zona nella vicinanza dell area di proiezione visiva è l area associativa temporale che è connessa con l area visivo-psichica. Anche l area associativa temporale memorizza esperienze visive e contribuisce ai processi di integrazione di percezione e di riconoscimento. Persone con lesioni nelle regioni parieto-occipitali del cervello hanno dimostrato l evidenzia dell integrazione delle attività percettive e cognitive. Alcune persone hanno dimostrato difficoltà a compiere attività che coinvolgono un coordinamento spaziale, per esempio, disegnare una figura triangolare sotto un cerchio. Queste persone non apprezzano la differenza di disegnare una figura geometrica connessa alla posizione spaziale di un altra figura ma si limitano a disegnarle sequenzialmente. Le aree visivo-psichiche dei due emisferi sono responsabili della visione tridimensionale. Risulta importante la connessione fra le aree visivo-psichiche relative ai due emisferi per risolvere il problema della corrispondenza: abilità di percepire stimoli provenienti da zone dalla retina sinistra e destra che si assume corrispondano allo stesso oggetto del mondo tridimensionale. E straordinario osservare come nella pupilla ottica, la zona della retina riservata alla giunzione fisica con il nervo ottico, sia priva di fotorecettori. Purtuttavia, il cervello comunque riesce a costruire un immagine completa della scena, anche se questa zona senza fotorecettori avrebbe dovuto essere priva di informazione. Non solo, in diverse zone della retina non vi sono fotorecettori, a causa della presenza di diversi capillari sanguigni che pertanto pregiudicano un acquisizione della scena in modo corretto. Il nostro sistema visivo pertanto non é perfetto! In analogia ai circuiti di commutazione di un calcolatore elettronico si assume un identico ruolo ai neuroni che da un lato codificano e trasmettono l informazione proveniente dal nervo ottico sottoforma di impulsi nervosi, e dall altro lato la elaborano attraverso l attività di eccitarsi o meno mentre sono connesse con migliaia di neuroni vicini, con il corrispondente risultato di propagare o meno il segnale che rappresenta per la percezione visiva l intensità dello stimolo luminoso. La sede di commutazione ossia la sede per il trasferimento del messaggio informativo (segnale elettrochimico) tra neuroni è chiamata sinapsi. Il modello computazionale neurale si basa sulla modulazione delle giunzioni sinaptiche che determinano la possibilità di propagare il segnale rinforzandolo oppure ne impediscono la propagazione attenuandolo. I segnali che raggiungono il cervello provenienti dal nervo ottico, contengono l energia luminosa che interessando i neuroni dell area visiva che può essere integrata nello spazio e nel

14 18 CAPITOLO 3. IL COLORE tempo.in una stessa sede sinaptica possono arrivare segnali da diversi neuroni, oppure in tempi diversi tale segnale sono opportunamente pesati modulando adeguatamente il segnale sommato risultante che, solo se supera un certo valore di soglia attiva il neurone.il modello computazionale neurale si fonda proprio sulla tipologia di questa funzione di attivazione che nel modello neurale naturale viene caratterizzato attraverso il processo di apprendimento e di adattamento. La visione umana non è stata ancora completamente studiata per spiegare in modo robusto i meccanismi della visione e come modellare alcuni fenomeni della visione naturale. Per esempio non sono ancora noti completamente i meccanismi utilizzati dal cervello per la ricostruzione 3D e riconoscimento degli oggetti del mondo. Sono noti solo alcuni meccanismi elementari per esempio della visione stereo e dei modelli neurali per l estrazione di caratteristiche elementari degli oggetti osservati. Se volessimo accostare l occhio ad una macchina fotografica, considerate le sue caratteristiche tecniche, si può affermare che offre eccellenti prestazioni. Consideriamo inoltre che sebbene non dotato della componente equivalente all otturatore, gli oggetti in movimento osservati nella scena e proiettati sulla retina sono percepiti chiaramente senza problemi di sfocamento e privi di effetti tipici di immagine mossa. Sembra che il cervello estragga le informazioni di flusso ottico dalla sequenza di immagini attraverso la retina piuttosto che analizzare le immagini statiche come viene normalmente fatto con una macchina di visione artificiale. Nel capitolo dedicato al flusso ottico si approfondirà tale aspetto. 3.3 Fenomeni visivi: sensibilità al contrasto Una misura quantitativa della sensibilità al contrasto dell occhio umano è stimato sperimentalmente illuminando una regione con intensità di luce I+ΔI su uno sfondo illuminato con intensità di luce I. L incremento di intensità ΔI continua fino a quando inizia a distinguersi una differenza di luminosità tra lo sfondo con intensità luminosa I e la regione centrale illuminata con intensità I+ΔI. L esperimento è ripetuto per diversi valori di intensità luminosa I dello sfondo e sono valutati i rapporti ΔI/I, detti rapporti di Weber, che possono essere considerati come una funzione della intensità I la cui rappresentazione grafica è evidenziata in figura Da tale grafico si osserva che il rapporto di Weber rimane costante (circa 0.02) per un certo intervallo di intensità, aumentando progressivamente agli estremi di tale intervallo: verso i valori bassi e alti dell intensità luminosa. Questo esperimento evidenzia che il sistema visivo è sensibile alla variazione di intensitàlu- minosa (contrasto) piuttosto che al valore assoluto della intensità luminosa. La sensibilità al contrasto è dimostrata dipendere anche dalla luminosità degli oggetti circostanti. Infatti, con un ulteriore esperimento lo sfondo è illuminato con intensità I 0, una regione centrale con intensità I+ΔI. Analogamente agli esperimenti precedenti, sono calcolati i rapporti ΔI/I e rappresentati graficamente in funzione dell intensità dello sfondo I. Il nuovo grafico evidenzia che i rapporti di Weber rimangono costanti per intervalli più piccoli dell intensità luminosa. Inoltre si osserva che l inviluppo di tutte le curve ottenute corrisponde alla prima curva ottenuta. Si precisa inoltre che il differenziale del logaritmo dell intensità luminosaè uguale al rapporto di Weber: d[log(i)] = di/i Questa equazione indica che variazioni del logaritmo dell intensità luminosa corrispondono a variazioni appena percettibili dell intensità nell intervallo in cui il rapporto di Weber è costante. Questo spiega perché, in diversi contesti di elaborazione delle immagini, si utilizza il logaritmo dell intensità luminosa, per ciascun punto dell immagine, in alternativa al valore dell intensità luminosa. L evidenza fisiologica della sensibilità dell occhio alla variazione di luminosità e non al valore assoluto della luminosità, è evidenziato in figura 3.7. Se la zona centrale di confine dei due rettangoli è coperta opportunamente (per esempio con una matita) i due rettangoli, di diversa luminosità, sono percepiti con la stessa luminosità (o brillanza apparente) poichè il nostro sistema di visione è

15 3.4. FENOMENI VISIVI: CONTRASTO SIMULTANEO 19 I Δ I I I+ Δ I 2% I 0 I I 0 Δ I I I+ Δ I I I Figura 3.12: Misura di sensibilitá al contrasto. a) Misurazioni effettuate in assenza di sfondo. b) Misurazioni effettuate in presenza di sfondo. sensibile alla variazione di luminosità (o variazione di riflettanza) anziché al valore assoluto della luminosità. Questo fenomeno visivo risulta evidente anche per il colore. 3.4 Fenomeni visivi: contrasto simultaneo Questo fenomeno visivo mostra come la percezione degli oggetti, a colori oppure a livelli di grigio, è influenzata dall intensità e dal coloredegli oggetticircostanti. La sensibilità al contrastosimultaneo è evidenziata in figura 3.13 dove nelle prime due foto le regioni rettangolari centrali che hanno la stessa intensità luminosa appaiono all osservatore con luminosità diversa in quanto circondati da regioni che hanno diversa luminosità. Le altre due foto evidenziano invece che le due regioni rettangolari centrali appaiono all osservatore con la stessa luminosità anche se la loro intensità luminosa è realmente diversa. Anche per gli oggetti colorati si verifica lo stesso fenomeno, nel senso che il colore apparente di un oggetto risulta influenzato dalla stessa composizione spettrale della luce riflessa dagli oggetti circostanti. È noto che un foglio bianco su uno sfondo nero appare di colore giallo se nelle vicinanze è presente luce azzurra. Il fenomeno del contrasto simultaneo è spiegabile più in termini fisiologici che psicologici. 3.5 Fenomeni visivi: bande di Mach Questo fenomeno visivo risulta ben evidente in figura 3.14, dove è riportata una scala di valori di grigio rappresentate da barre verticali della stessa larghezza e caratterizzate per avere valori di grigio uniforme (intensità luminosa uniforme) in ogni barra. Le coppie di barre adiacenti, differiscono per un valore costante di luminosità (valore di grigio). Al nostro sistema visivo ciascuna barra verticale invece di apparire con luminosità uniforme, risulta a sinistra di ogni barra con una luminosità apparente minore, e leggermente più chiara alla destra. Questo fenomeno è chiamato effetto delle bande di Mach 3. Tale fenomeno si spiega con l ausilio dei campi recettivi, in cui una cellula ha un potenziale eccitatorio al suo centro ed inibitorio nel suo intorno. In figura 3.15, quattro campi recettivivi sono raffigurati (A,B,C e D). Se consideriamo le risposte dei campi A e B, si potrá osservare che entrambi hanno un segnale 3 Scoperte dal tedesco Ernst Mach.

16 20 CAPITOLO 3. IL COLORE Figura 3.13: Sensibilitá al contrasto simultaneo. Figura 3.14: Bande di Mach

17 3.6. FENOMENI VISIVI: DALTONISMO 21 Figura 3.15: Una spiegazione del fenomeno delle Bande di Mach basata sui campi recettivi. eccitatorio identico ma differente intorno inibitorio. Infatti, B ha un segnale inibitorio maggiore di A, per cui il suo livello di attivitá sará inferiore di A. Questo significa che la zona interessata da B ci apparirá piú scura rispetto a quella di A. Dall altra parte, i campi recettivi C e D hanno livelli eccitatori uguali ma differenti intorni inibitori. Il campo C ha un livello inibitorio inferiore rispetto a D, per cui il livello di C sará maggiore facendoci apparire la zona a destra della banda piú chiara. Ripetendo gli esperimenti si potrá osservare lo stesso fenomeno nelle zone di transizione di luminosità tra il nero ed il bianco come evidenziato in figura Questo fenomeno dipende dalla non uniforme sensibilità del nostro sistema visivo al variare dalle basse alle alte frequenze spaziali di luminosità. In particolare l occhio presenta un scarsa sensibilità alle alte e basse frequenze spaziali rispetto alle frequenze intermedie. Da ciò consegue che, nella progettazione dei dispositivi di visualizzazione grafico-pittorici si dovrà tenere conto della incapacità del sistema visivo umano a percepire in modo efficace le variazioni di luminosità in corrispondenza di alte frequenze spaziali. L effetto di Mach si presenta anche nelle scale di colore dove si verificano barre di colore più o meno intenso nelle zone di transizione. Questo fenomeno è di tipo soggettivo ed attribuibile all architettura neurale del sistema di percezione che dal punto di vista matematico si comporta come un operatore di differenziazione nelle regioni di discontinuità luminosa. 3.6 Fenomeni visivi: Daltonismo La teoria del colore analizzata nel corso non vale per una parte della popolazione umana, i daltonici, pari all otto per cento della popolazione maschile e l uno per cento della popolazione femminile. Vi sono vari livelli di daltonismo in relazione alla presenza adeguata o meno di coni fotorecettori solo di una determinata sensibilità cromatica. Per esempio alcune persone possiedono fotorecettori di una tipologia di coni oppure solo bastoncelli ed in questo caso si parla di visione monocromatica. Altre persone possono avere due tipologie di coni con la conseguente percezione parziale dei possibili colori osservabili da una persona normale (fenomeno del dicromatismo). Ènotochele persone affette da daltonismo non riconoscono correttamente le lampade colorate dei semafori stradali. 3.7 I colori della natura Prima di studiare il modello fisico matematico che riproduce i colori della natura è utile riepilogare alcuni concetti della interazione luce-materia che sono alla base della percezione del colore.

18 22 CAPITOLO 3. IL COLORE Colore Lunghezza d onda (nm) Frequenza (THz) 1 Nanometro (nm) = 10 9 metri 1 TeraHertz ( THz) = Hz Violetto Blu Verde Giallo Arancio Rosso Tabella 3.2: Tabella degli intervalli di lunghezza d onda e frequenza per alcuni colori. La definizione del colore dal punto di vista della fisica si basa sulla semplice associazione tra colore e lunghezza d onda λ (o frequenza ν) di un onda elettromagnetica, chiamata anche onda monocromatica (monos dal latino uno, e chromos che significa colore). La definizione del colore dal punto di vista dell uomo è solo soggettiva e la sensazione del colore è il risultato dei segnali trasmessi al cervello dopo la traduzione dell energia elettromagnetica (la luce) realizzata dai fotorecettori disposti sulla retina posta nel fondo dell occhio. Data la complessità biologica del sistema di traduzione, che converte la luce in sensazione di colore, si può facilmente intuire come la percezione del colore possa essere soggettiva, nel senso che spesso una persona associa per la stessa luce osservata colori anche diversi. I colori che la luce produce nell occhio dipendono dalla lunghezza d onda o frequenza dell onda elettromagnetica, che corrispondono alle seguenti regioni dello spettro come evidenziato nella tabella seguente (tabella 3.7). In termini di energia di fotoni l intera regione del visibile va da 1.6 ev (eletronvolt) fino a 3.2 ev. Il colore non è una proprietà intrinseca della luce ma piuttosto una sensazione, determinata dal sistema di visione (retina, nervo ottico, cervello), di alcune specie di esseri viventi. Si èa conoscenza infatti, che alcuni animali (gatto, cane, cavallo, ecc.) non vedono a colori. Per misurare la composizione cromatica della luce viene utilizzato uno spettroscopio, basato sul fenomeno della dispersione ottenuta quando la luce passa attraverso un prisma e viene deviata per rifrazione con angoli diversi in relazione alla sua composizione spettrale (alle diverse lunghezze d onda). Uno strumento può rilevare la presenza di luce gialla solo se la luce incidente ha la lunghezza d onda nell intervallo nm, mentre una persona può determinare la sensazione del colore giallo osservando il colore ottenuto dalla sovrapposizione di pennelli di luce rossa e verde. Si evidenzia come anche in assenza di luce monocromatica gialla si sia ottenuta la sensazione del colore giallo combinando insieme la luce rossa e verde. In generale il sistema visivo degli esseri viventi si è evoluto in milioni di anni attraverso un processo adattivo di interazione con gli altri esseri viventi e l ambiente. L ambiente ènormalmente illuminato dalla sorgente di luce primaria il sole e dalla luce prodotta artificialmente. La luce bianca del sole e quella generata da una lampada artificiale comprende tutte le frequenze dello spettro che vanno dal violetto al rosso (vedi figura 3.1). La luce è prodotta in seguito ad un adattamento (aggiustamento) degli elettroni più esterni degli atomi e molecole di una determinata sostanza. Per esempio, il caso di una lampada con filamento di tungsteno incandescente in cui la luce è generata per effetto di emissione di radiazioni termiche. La luce proveniente dal sole e quella emessa da una lampada viene percepita come colore bianco in quanto si compone di una miscela di frequenze ciascuna contribuendo con la stessa porzione di energia elettromagnetica. In sostanza non si riscontra una frequenza (colore) dominante dello spettro anche se si possono percepire diverse sfumature del bianco (da intenso o meno intenso). In natura comunque si riscontrano oggetti che ci appaiono colorati per effetto delle

19 3.7. I COLORI DELLA NATURA 23 proprie caratteristiche ottiche oppure a causa di fenomeni strettamente legati alle conseguenze dell interazione luce-materia. Analizziamo brevemente le diverse situazioni. In linea di principio possiamo affermare che un oggetto illuminato con luce bianca ci appare bianco (foglio di carta, nube, talco, zucchero, sale, neve, vapore acqueo, ecc.) perché riflette la luce specularmente oppure per effetto di diffusione. E noto infatti che tali sostanze, sono composte da grani trasparenti di piccole dimensioni. La ragione di apparire bianchi dipende dal fatto che le dimensioni dei grani risulta notevolmente più grande della lunghezza d onda della luce incidente (mediamente 590nm) che viene riflessa e rifratta da ciascun grano trasparente e riemerge verso l esterno senza una particolare frequenza dominante dallo spettro visibile, risultando pertanto di colore bianco all osservatore. Questo spiega perché appaiono con il colore bianco le sostanze sopra indicate. Se queste sostanze sono miscelate con altri grani trasparenti ma con indice di rifrazione diverso questo altera il processo di riflessione e rifrazione della luce che riemerge con diverse tonalità tra il bianco ed il bianco opaco. Se si vuole produrre un dipinto colorato è necessario impregnare i grani trasparenti con sostanze colorate che assorbono tutte le frequenze eccetto quella corrispondente al colore che si vuole ossia la banda che deve emergere. Per attenuare la percezione del bianco è sufficiente impregnare i grani con una sostanza tale che riduce l indice relativo di rifrazione n ti che riduce il processo di riflessione nei grani con la conseguente diminuzione dell intensità del colore bianco dell oggetto. Per effetto del fenomeno dell assorbimento (attenuazione uniforme di tutte le frequenze), un oggetto può riflettere meno luce ed apparire opaco, ovvero, con tonalità di grigio che in proporzione all entità dell assorbimento l oggetto può apparire nero. I metalli hanno la caratteristica di riflettere molta della luce incidente ed infatti appaiono all osservatore molto lucenti per effetto della quasi riflessione speculare. La luce incidente difficilmente penetra nel metallo se non per una piccolissima frazione della sua lunghezza d onda elarifrazioneè quasi zero. Il metallo può riflettere la luce in modo diffuso ed appare opaco di colore grigio, oppure riflette la luce specularmene come uno specchio. Generalmente i metalli riflettono quasi totalmente la luce incidente indipendentemente dalla lunghezza d onda ed appaiono per questo senza colore. Fanno eccezione per esempio, l oro ed il rame che quando illuminati con luce bianca tendono ad apparire giallo-rosso poiché riflettono in modo selettivo meglio la componente spettrale del visibile con maggiore lunghezza d onda, ovvero il rosso, che diventa la componente dominante. Vediamo ora come molti oggetti della natura appaiono colorati, soprattutto per il fenomeno della diffusione generato per la risonanza degli atomi. La risonanza degli elettroni avviene normalmente nell ultravioletto, la risonanza degli atomi costituenti le molecole del materiale, avviene nell infrarosso. L entità della risonanza (vibrazione degli atomi), ovvero l entità di energia elettromagnetica rimossa dalla luce incidente, aumenta come la sua frequenza si avvicina a quella corrispondente della frequenza naturale di risonanza dell atomo del materiale. Per gas a bassa densità dove l interazione degli atomi è trascurabile, l assorbimento è trascurabile, mentre l emissione dei energia (scattering) aumenta in modo incrementale quando la frequenza della luce incidente si avvicina a quella naturale di risonanza del gas. In particolare, per i gas, le cui molecole hanno uno spettro di emissione naturale nella regione dell ultravioletto, diffondono in modo particolare le onde elettromagnetiche del visibile che hanno una frequenza ν nelle vicinanze dello spettro di emissione del gas stesso. In altre parole, maggiore è la frequenza della regione visibile, più si avvicina alla frequenza di risonanza (ultravioletto) della molecola del gas e maggiore è la diffusione (scattering) risultante (aumenta lo stato di eccitazione atomica). La limpidezza del cielo ed il suo colore blu sono causati dal fenomeno della luce solare incidente (qualunque sia la direzione) con le molecole dell aria. In sostanza le componenti spettrali a bassa frequenza (verso il rosso) del visibile non sono deviate dalle molecole dell aria mentre le componenti intorno al blu (alte frequenze) sono fortemente diffuse raggiungendo l osservatore da tutte le direzioni (proprio per il fenomeno dello scattering) e fanno apparire il cielo di colore blu e brillante.

20 24 CAPITOLO 3. IL COLORE Per la stessa ragione, all alba oppure al tramonto, con il sole fortemente inclinato, la luce incidente percorre un cammino ottico più lungo attraversando uno spessore di aria prima di raggiungere la superficie terrestre, si verifica una forte attenuazione delle alte frequenze (blu e violetto), sempre a causa del fenomeno della diffusione. Le altre componenti dal giallo al rosso arrivano invece senza attenuazione dando origine ai classici scenari rossastri e brillanti dell alba e del tramonto. Le molecole di sostanze dense gassose, liquide e solide, sempre per il fenomeno della diffusione appaiono con il colore dominante bluastre se le strutture molecolari hanno dimensioni piccole rispetto alla lunghezza d onda della luce. Il fumo di una sigaretta è fatto da particelle di dimensioni più piccole della lunghezza d onda della luce, con il risultato che per effetto della diffusione appare blu quando osservato sullo sfondo nero. Contrariamente, quando il fumo è inalato contenendo vapore acqueo appare bianco. Quest ultima situazione si verifica perché le particelle sospese di vapore sono di dimensioni molto più grandi della lunghezza d onda della luce che viene riflessa e rifratta nelle diverse particelle di vapore ed emerge di colore bianco senza una componente spettrale dominante. Tale fenomeno era stato considerato inizialmente ed è esteso in tante situazioni simili come per le nubi, gas di scarico delle auto, ciminiere industriali, ecc.. L acqua appare di colore verde-blu tenue poiché assorbe la componente spettrale rossa della luce, ovvero le molecole H 2 O presentano una risonanza nell infrarosso e per la frequenza vicino al visibile. L assorbimento non è accentuato e questo spiega perché non si osserva una riflessione apprezzabile della componente rossa sulla superficie. Nelle profondità del mare per esempio tale componente rossa assorbita viene propagata in profondità fino a quando non è completamente assorbita verso i 30 metri di profondità (assorbimento selettivo). Questo assorbimento selettivo all infrarosso spiega perché alcuni animali appaiono di colore marrone. Molte altre sostanze appaiono colorate per effetto dell assorbimento di parte della luce incidente in alcune bande dello spettro visibile dai pigmenti delle molecole. Contrariamente a quanto avviene per alcuni atomi e molecole che hanno risonanza all ultravioletto ed all infrarosso, i pigmenti delle molecole di diverse sostanze hanno risonanza nel visibile. Molte sostanze di coloranti artificiali e naturali presentano una particolare struttura molecolare (carotene) con caratteristiche di risonanza ad alcune componenti del visibile ed appaiono con i colori della componente di risonanza. Per esempio le molecole di carotene variano dal giallo al rosso e si trovano nei pomodori, nelle carote, nelle foglie autunnali, nelle persone, ecc. I materiali trasparenti, ed in genere quelli senza colore, hanno le loro frequenze di risonanza esterna alla regione visibile dello spettro. In particolare il vetro presenta le frequenze naturali all ultravioletto del quale diventa opaco. Un pezzo di vetro non trattato con una risonanza nel blu, nel quale assorbe fortemente, quando posto davanti agli occhi e si osserva un pannello di luce bianca composta di rosso, verde e blu ci appare giallo poiché lacomponentebluè completamente assorbita dal vetro per effetto dell assorbimento al blu. Analogamente osservando dal vetro un maglione giallo, un foglio bianco, ed altre sostanze analoghe, apparirebbero gialle a causa dell assorbimento della componente blu. Possiamo in generale affermare che, un oggetto illuminato da luce bianca assorbe la componente spettrale che corrisponde alla frequenza naturale di risonanza riflettendo luce dominante nelle componenti spettrali rimanenti che non vengono alterate in modo significativo. Quanto evidenziato in figura 3.16 accade per esempio per una foglia verde e per una banana gialla. Con il fenomeno della diffusione si sono verificati sperimentalmente situazioni in cui gli atomi eccitati non ritornano allo stato iniziale dopo l emissione dell energia. L atomo si pone in uno stato provvisorio ed emette fotoni di bassa energia rispetto a quella incidente. Se tale processo di assorbimento ed emissione di energia, avviene in un tempo rapido, dell ordine di nanosecondi, prende il nome di fluorescenza; se invece ha una durata maggiore (in alcuni casi può durare secondi, minuti ed ore) il fenomeno è chiamato fosforescenza. Il fenomeno della fluorescenza viene utilizzato oggi per produrre effetti speciali di luce. Infatti, illuminando persone ed oggetti (vestiti, sostanze organiche, ecc.) con luce ultravioletto per effetto del fenomeno della fluorescenza le cose illuminate emettono nel visibile luce che rende brillante alcuni particolari degli oggetti illuminati. Sono molto utilizzati in luoghi pubblici come discoteche, musei, ecc..

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