Il problema di questa città è il traffico

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1 Marco De Mitri Il problema di questa città è il traffico Perché siamo arrivati a questo? Come ne usciamo? 1

2 Con i preziosi ed esclusivi contributi di: Enrico Bonfatti, Andrea Bottazzi, Sabino Cannone, Cosimo Chiffi, Valeria Di Blasio, Gloria Gelmi, Ester Giusto, Daniele Invernizzi, Andrea Marella, Marco Menonna, Giampiero Mucciaccio, Luca Pascotto, Paolo Pinzuti, Corrado Poli, Raimondo Polidoro, Luca Santiccioli, Laura Tamburini, Daniel Tarozzi, Pasquale Vaira. Per contattare l autore: *** 2

3 Indice INTRODUZIONE 7 IL CONTESTO I PROBLEMI DEL MUOVERSI IN CITTÀ MA POSSIAMO DAVVERO FARE A MENO DELL AUTO? TRAFFICO E CITTÀ: UN NUOVO APPROCCIO TRAFFICO, INQUINAMENTO ED EFFETTO SERRA AUTOMOBILI E VELOCITÀ: UN MITO COSTRUITO A NOSTRO USO E CONSUMO 32 RENDERE SOSTENIBILE LA MOBILITÀ IL RITORNO DELLE BICICLETTE MUOVERSI IN BICI: DIFFICOLTÀ E PROSPETTIVE I CICLISTI FANNO DA SOLI: LA CAMPAGNA #SALVAICICLISTI IL BIKE SHARING: BICI E INNOVAZIONE AUTO, MOTO, BICI E BUS ELETTRICI: A CHE PUNTO SIAMO? L AUTO ELETTRICA: IL PRESENTE E LE PROSPETTIVE FUTURE IL RETROFIT ELETTRICO: STESSA AUTO, NUOVO MOTORE IL CAR SHARING: CONDIVIDERE L AUTO SENZA POSSEDERLA L INFOMOBILITÀ: MUOVERSI CON L AIUTO DELLA TECNOLOGIA IL MOBILITY MANAGER: CHI È COSTUI? LA CITTÀ VIVE : I TEMPI, GLI ORARI, LA LOGISTICA 75 RENDERE CONDIVISA LA MOBILITÀ IL TRASPORTO PUBBLICO OGGI: STATO ATTUALE E PROSPETTIVE I MIGLIORI SISTEMI DI TRASPORTO PUBBLICO PER LE NOSTRE CITTÀ IL TRASPORTO PUBBLICO FLESSIBILE COM È BELLO IL TRASPORTO PUBBLICO ALL ESTERO! USARE L AUTO IN GRUPPO: IL CAR-POOLING UN PO CAR POOLING, UN PO AUTOSTOP: ALLA SCOPERTA DI JUNGO! 101 3

4 23. IL PIEDIBUS: ACCOMPAGNARE I BAMBINI A SCUOLA IN SICUREZZA 104 RENDERE SICURA LA MOBILITÀ LA SICUREZZA STRADALE MIGLIORA, MA LE AVVENTURE QUOTIDIANE DEI PEDONI (ED I LORO RISCHI) MIGLIORIAMO LA SICUREZZA DI CHI CAMMINA PER LE STRADE "QUANDO UN UOMO CON LA BICICLETTA INCONTRA UN UOMO CON L'AUTOMOBILE..." LA SICUREZZA STRADALE LA PSICOLOGIA DEL TRAFFICO E DELLA SICUREZZA VIARIA SICUREZZA ED EDUCAZIONE STRADALE A SCUOLA EDUCAZIONE STRADALE: IL PROGETTO SICURAMENTE IL TEATRO PER L EDUCAZIONE STRADALE 140 RIFLESSIONI GESTIRE IL TRAFFICO CON LA PIANIFICAZIONE QUALI SONO LE VERE GRANDI OPERE? IL PROBLEMA DELLO STRETTO DI MESSINA È IL TRAFFICO O FORSE NO LA VAL DI SUSA ED IL TUNNEL FERROVIARIO LA CRISI, LE AZIONI, LE PROPOSTE I QUARTIERI SENZ AUTO ED IL MOVIMENTO CAR-FREE E QUINDI... COSA FARE? INFINE, UN RACCONTO 172 CONCLUSIONI 177 4

5 5 A Rossella

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7 Introduzione 7

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9 Signor Dante, noi abbiamo molto lavoro. Lei non è di Palermo. - No. - Qui abbiamo problemi molto grossi. - Lo so. C'è molto traffico. - (dal film Johnny Stecchino, 1991) Io sono un automobilista, e in quanto automobilista sono sempre, costantemente inc...to come una bestia (Gioele Dix) Dante, l inconsapevole sosia di Johnny Stecchino, era stato indotto a credere che il grande problema di Palermo fosse il traffico, con tutte le sue conseguenze e degenerazioni. Questa idea gli era stata indotta per distogliere la sua attenzione da ben più gravi problemi che purtroppo opprimono la splendida città siciliana (e non solo quella ). Tuttavia, la dirompente presenza degli ingorghi di auto nelle strade e l assordante valanga sonora dei clacson lo avevano facilmente convinto che, in effetti, il problema più grave fosse quello. In fondo, non era così lontano dalla realtà. E non solo nel caso di Palermo. Pensiamoci: se siamo in auto e cerchiamo di andare in un qualunque posto ci troviamo spesso bloccati nel traffico, ed arriviamo a destinazione in tempi biblici e con un non indifferente livello di stress, in tempo tuttavia per affrontare la splendida avventura della ricerca di un inesistente parcheggio! Se invece ci muoviamo in bicicletta la nostra impresa è molto più movimentata: si fa la corsa tra le auto e gli autobus nella nuvola dei gas di scarico, c è lo slalom tra le pericolosissime buche nelle strade, poi la giostra infernale delle rotonde e degli incroci dove non di rado rischiamo di incontrare il Creatore ed infine, al momento dell insperato arrivo a destinazione, girovaghiamo disorientati per assicurare la bici ad un palo libero (se esiste), sperando al ritorno di ritrovarla (possibilmente integra e con tutti i pezzi al loro posto). 9

10 Se ci muoviamo in autobus in teoria dovremmo essere più rilassati, visto che non dobbiamo fare altro che aspettare alla fermata, salire a bordo, metterci seduti e scendere a destinazione, senza avere problemi di parcheggio o di trovare il famoso palo per la bici. In effetti è proprio così, se non fosse per alcuni dettagli come le interminabili attese sotto il sole ardente o la pioggia battente in fermate prive di pensiline (magari con l autobus che ritarda perché incastrato tra le auto), le volte che l autobus ci passa davanti di un soffio (e l imperturbabile autista non apre le porte, neanche se il mezzo è fermo al semaforo), le volte che il posto a sedere è un ipotesi remota e quello in piedi un girone dantesco, le volte che c è sciopero, le volte che un imbecille parcheggia fuori posto il suo SUV bloccando la strada, eccetera. A questo punto potremmo andare a piedi e non dovremmo avere nessun problema, a parte i trascurabilissimi particolari della distanza da percorrere (che non sempre si può coprire in dieci minuti), degli incroci da attraversare (rischiando di andare all altro mondo insieme a quelli che vanno in bici), dello smog inalato in quantità termali ed infine del rischio di essere investiti da un auto, uno scooter o un autobus che sfrecciano nervosi in uno dei rari momenti in cui incontrano in città un tratto di strada libero. E non è finita. I bambini che vanno a scuola a piedi non riescono neanche a vedere cosa succede appena dietro il fuoristrada parcheggiato sulle strisce pedonali o davanti all incrocio. Gli anziani hanno i loro seri problemi a percorrere in 10 netti gli attraversamenti pedonali durante il tempo di verde che generosamente è loro concesso prima di lasciare campo libero agli emuli di Fernando Alonso e Valentino Rossi, che già rombano nervosi e adrenalinici dietro la linea del via, fissando la loro attenzione non certo su di loro che attraversano la strada (fateci caso!) ma sulla luce del semaforo, in attesa del verde liberatorio. Se poi pensiamo a come è difficile muoversi per chi ha perso in parte o del tutto l uso della vista, dell udito o delle gambe, beh lasciamo stare. Ecco perché il traffico è un problema di ognuno di noi, qualunque sia il mezzo di trasporto che usa (o che non usa). Ma muoverci è una delle cose più belle della nostra vita, perchè ci consente di andare là dove abbiamo bisogno o voglia di essere, per stare vicino ai nostri affetti, per sbrigare le nostre commissioni, per seguire i nostri studi o 10

11 fare il nostro lavoro, per poterci divertire, per conoscere altri posti ed altre persone. Per quale motivo dobbiamo stressarci nelle code o correre il rischio di farci male durante il semplice spostamento che facciamo per andare in un qualsiasi posto (o per tornare a casa)? Non ha assolutamente senso! Eppure, è esattamente quello che succede. Possiamo porre rimedio a tutto questo, e non occorrono né spese enormi, né tempi lunghi. Bastano investimenti contenuti ma mirati, e si possono realizzare innumerevoli miglioramenti per rendere rapido, gradevole e sicuro ogni spostamento che facciamo, sia esso in auto, in bici, in autobus o a piedi. E fare così contento il nostro amico Dante! Marco De Mitri 11

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13 Il contesto 13

14 Muoversi in modo sostenibile, efficiente, sicuro ed economico. Infinite pagine vengono scritte di continuo su questi argomenti (sui libri, sulle riviste e sul web), vista l'importanza e la vastità della materia. Anche in questo piccolo spazio approfondiremo alcuni aspetti relativi a questa materia, incontrando molti amici ed esperti con cui confrontarci e da cui imparare cose nuove. Parleremo di metodi e tecniche di mobilità sostenibile, in termini di misure organizzative, tecnologie innovative ed iniziative in grado di migliorare i trasporti e la mobilità. Viaggeremo in treno ed in autobus, per conoscere il mondo del trasporto pubblico, principale misura di facilitazione degli spostamenti delle persone e strumento al momento ancora poco sfruttato, nonostante le sue enormi potenzialità. Dedicheremo inoltre particolare attenzione al problema della sicurezza stradale, troppo spesso trascurata dai mezzi di informazione o affrontata in modo superficiale e poco obiettivo, ed impareremo quali sono le misure più efficaci per spostarci con tranquillità. Faremo infine alcune riflessioni relative alla necessità di investire il nostro (poco) denaro in opere più o meno imponenti e più o meno importanti, chiedendoci quali sono le infrastrutture che possono davvero dare risposta ai problemi di mobilità del nostro Paese. Ma prima di tutto questo, occorre capire perché ci troviamo in questa situazione. Come siamo arrivati a questo? 14

15 1. I problemi del muoversi in città colloquio con Valeria Di Blasio Il nostro stile di vita, frenetico o rilassato che sia, è strettamente legato a come ci muoviamo per svolgere le nostre attività: andare a lavorare, a scuola, a svolgere commissioni, o anche semplicemente uscire per divertirsi con amici. A noi italiani l auto piace molto e la usiamo tanto, spesso anche quando non ce n è un reale bisogno. L uso dell auto ha in effetti alcuni lati positivi (l autonomia in primis), che però, soprattutto negli spostamenti urbani, sono spesso superati da altri ed importanti elementi negativi, subiti in prima persona da chi guida (tempo perso in coda, difficoltà e costi di parcheggio, ecc.), per non parlare dei crescenti costi di gestione. Esistono però anche conseguenze negative subite dal resto dei cittadini, che magari si muovono senza usare l auto, o addirittura non si spostano affatto, per scelta o per necessità. Essi subiscono in pieno gli impatti dannosi del traffico automobilistico, pur senza avere il beneficio di effettuare alcuno spostamento in auto. Queste persone risentono cioè dei cosiddetti costi esterni, effetti negativi che sono generati solo da chi usa il sistema di trasporto automobilistico, ma sono paradossalmente subiti da tutti gli altri cittadini (anche da chi non possiede neppure l automobile). Siamo alla ricerca di un difficile equilibrio. Da un lato occorre garantire il diritto alla mobilità di ognuno di noi. Dall altro lato bisogna far sì che la nostra qualità della vita non sia danneggiata dagli impatti del traffico (specialmente per colori i quali non contribuiscono neanche generarlo). La ricerca di questo equilibrio però spesso si scontra con vincoli che appaiono insuperabili, anche se le cause sono ben conosciute. 15

16 Parliamo di questi problemi e delle possibili soluzioni con Valeria Di Blasio, urbanista ed esperta dell argomento. Che impatto ha sulla vita delle persone il traffico stradale? I danni generati dall attuale modello di mobilità, basato sull uso indiscriminato dell auto privata e sulla motorizzazione di massa, sono sotto gli occhi di tutti: le nostre città sono sempre più invivibili, e ad affermarlo non sono soltanto gli esperti, ma gli stessi cittadini italiani, che considerano la congestione del traffico come il principale problema che li affligge, seguito dall inquinamento dell aria e dalla difficoltà di trovare parcheggio. Se l auto una volta costituiva un simbolo di libertà, velocità e progresso, oggi non è più così. Il traffico è ormai parte integrante della vita urbana, condiziona le nostre abitudini, sottrae tempo alle relazioni sociali e agli affetti, causa stress, nuoce alla salute. Ogni giorno in media 10 persone muoiono in incidenti. L inquinamento prodotto dalle auto miete migliaia di vittime ogni anno nell indifferenza di molte amministrazioni locali, che per legge sono responsabili del controllo delle emissioni. In quasi tutte le grandi città infatti i limiti di PM10 imposti dalla direttiva sulla qualità dell aria non vengono rispettati e le polveri sottili provocano il 9%dei decessi tra le persone sopra i 30 anni. Oltre ai danni sociali ed ambientali bisogna ricordare infine i costi economici legati al possesso ed alla manutenzione dei veicoli privati: ogni famiglia italiana spende in media, per l auto, circa Euro l anno; inoltre, secondo una ricerca dell ACI, 40 miliardi di euro l anno è il valore economico complessivo del tempo perso nel traffico. Le alternative all uso dell auto, però, sono spesso poco appetibili. Il trasporto pubblico urbano e la mobilità in bicicletta spesso non hanno dagli amministratori l attenzione che meritano. Approfondiamo questi aspetti. In assenza di valide alternative l automobile resta il mezzo preferito dagli italiani, nonostante la grande maggioranza, ben l 86%, dichiari *** 16

17 (secondo una ricerca Isfort) che, a parità di tempi di percorrenza, sarebbe disposta ad utilizzare i mezzi pubblici. In realtà oggi la quota di spostamenti con mezzi pubblici è del tutto marginale (intorno al 13%), soprattutto a causa di scarso comfort di viaggio, coincidenze non ottimali e collegamenti saltuari e poco frequenti. A differenza di molte realtà europee, la situazione delle città italiane risente di un pesante deficit di trasporto collettivo, soprattutto su ferro (cioè tram e treni locali). Le misure adottate finora sia dallo Stato che dalle Regioni a favore del trasporto collettivo locale e regionale sono del tutto insufficienti a garantire un servizio adeguato, sia in qualità che in quantità. La bicicletta, che potrebbe rappresentare un vero e proprio mezzo di trasporto in città per le brevi distanze (il 44% degli spostamenti in auto è inferiore a 5 km), non riesce ad affermarsi in Italia soprattutto a causa della mancanza di condizioni di sicurezza sulle strade, mentre in altri Paesi europei come l Olanda la percentuale di spostamenti in bici arriva quasi al 30%. In questo contesto appare chiaro come la pianificazione urbanistica dovrebbe ricoprire un ruolo rilevante. Cosa si può dire a proposito dei programmi e dello sviluppo urbano che hanno caratterizzato le città in questi ultimi anni? Nell attuale situazione di crisi complessiva del sistema della mobilità non si può fare a meno di attribuire delle responsabilità alla cattiva pianificazione urbanistica, che non ha tenuto sufficientemente conto del legame stretto che sussiste tra territorio e trasporti. La motorizzazione di massa ha indotto la dispersione della densità insediativa con effetti nefasti sull ambiente e sul consumo di territorio, ed è venuto a mancare il presupposto fondamentale della città intesa come luogo privilegiato di relazioni e di scambio di beni e servizi. Purtroppo, da decenni in Italia si registra uno scollamento tra politiche del territorio, pianificazione urbana e politiche dei trasporti e delle infrastrutture. Negli anni Novanta attraverso i Piani Urbani del Traffico si è tentato di adottare provvedimenti di regolazione del traffico privato, di rilancio del trasporto collettivo, di innovazione tecnologica e di servizio. Il Piano Urbano della Mobilità, introdotto invece nel 2000, avrebbe dovuto permettere di fare un ulteriore passo 17

18 avanti. Tuttavia questo strumento, a parte alcune eccezioni, non è mai decollato, anche causa della mancata istituzione di un fondo statale per i finanziamenti. Nell ultimo periodo, inoltre, la domanda complessiva di mobilità è ulteriormente cresciuta in seguito ai fenomeni di espansione e "metropolizzazione" delle città, con conseguente allungamento delle distanze degli spostamenti casa-lavoro e con l aumento dei tempi di percorrenza. A seguito della particolare trasformazione che hanno seguito le nostre città le auto sono quindi diventate elementi fondamentali e per certi versi insostituibili. Si è creato un circolo vizioso generato dallo spostamento delle residenze dei cittadini verso le periferie, che ha generato da un lato un effetto discriminante (chi ha un reddito più basso è costretto ad allontanarsi dal centro) e dall altro la necessità dell uso dell auto per qualsiasi spostamento. Come si spiega la relazione tra questi fenomeni? A causa dell incremento del costo delle case, una quota significativa di cittadini dalle grandi aree urbane si è spostata nelle periferie, che sono esplose fino a saldarsi in alcuni punti con i comuni limitrofi, dove si sono trasferite migliaia di persone. Di contro, il trasporto ferroviario regionale non si è adeguato alla crescita della domanda, e ha visto moltiplicarsi i disagi per gli utenti. È proprio tra le fasce più deboli della popolazione, nelle periferie, che troviamo gli schiavi dell automobile, coloro cioè che, non trovando un adeguata offerta di servizi alternativi, devono necessariamente ricorrere quotidianamente all auto. I nuovi insediamenti residenziali ed i poli di consumo e di intrattenimento (i cosiddetti superluoghi ) sono progettati per essere raggiungibili quasi esclusivamente con il mezzo privato. Per definizione, la città è un sistema il cui buon funzionamento dipende dalla reciproca relazione tra le sue componenti fisiche e sociali; progettare parti di città significa anche progettare lo spazio della mobilità e garantire buone condizioni di accessibilità a tutti i cittadini (compresi quelli che non possiedono un automobile). La difficoltà di movimento e di accesso ai beni e ai servizi genera invece nuove forme di marginalità, iniquità e disagio sociale. 18

19 Come si esce da questa situazione? Sappiamo che l Unione Europea è molto attiva sul tema, ma questo non è sufficiente. Occorre lavorare sul potenziamento del trasporto pubblico, sul miglioramento della pianificazione, ecc. Cosa possiamo dire in proposito? Prima di tutto bisogna superare la separazione e tra infrastrutture, trasporti, ambiente, città e territorio, attraverso una progettazione integrata e multidisciplinare, avendo come obiettivo la qualità dell ambiente urbano. Dall Unione Europea provengono numerosi segnali in questo senso. La Strategia Tematica dell Ambiente Urbano evidenzia la necessità di una pianificazione che tenga conto di tutte le componenti del territorio; in particolare la mobilità sostenibile deve essere considerata una priorità per i singoli Stati e amministrazioni locali. Bisogna che si diffonda la consapevolezza che il cambiamento dell attuale sistema di mobilità è indispensabile e urgente per migliorare la qualità di vita nelle città. L urbanistica può svolgere in questo senso un ruolo importante: bisogna privilegiare un modello di città compatta, più efficiente dal punto di vista del tempo e dell energia risparmiati negli spostamenti e più sostenibile grazie al minor consumo di suolo. Lo sviluppo urbano deve avvenire attorno alle linee di forza del trasporto pubblico su ferro, favorendo processi di densificazione urbana nei nodi ad alta accessibilità. Bisogna ripensare e valorizzare lo spazio pubblico, anche con interventi che possono essere realizzati a costo zero, ad esempio incentivando gli spostamenti a piedi e in bicicletta (soprattutto per raggiungere i servizi pubblici come le scuole) e cercando di accrescere le condizioni di sicurezza sulle strade limitando la velocità dei veicoli, ad esempio con l introduzione delle Zone 30. Occorre inoltre rilanciare i Piani Urbani della Mobilità, non solo su scala comunale, ma anche provinciale e regionale, rendendoli indispensabili (ad esempio ai fini dell ottenimento dei finanziamenti), e vincolanti anche rispetto agli altri strumenti di pianificazione (Piani Territoriali Provinciali, Piani Urbanistici Comunali, Piani Energetici, Piani Per Il Miglioramento Della Qualità Dell Aria, etc.). 19

20 L approccio da seguire è quindi da studiare con cura. Quali sono i punti su cui occorre insistere? E quali sono invece le misure da evitare perché inefficaci? Le alternative all attuale modello di mobilità sono note e già largamente diffuse in altri Paesi; esse riguardano principalmente il potenziamento di tutte le forme del trasporto collettivo pubblico locale, la diffusione del trasporto condiviso (autobus a domanda, taxi collettivi, car e bike sharing, ecc.), la facilitazione degli spostamenti a piedi e in bicicletta, e la riorganizzazione del trasporto merci con l adozione di progetti di city logistics. È assolutamente necessario ribaltare l agenda nazionale ed europea della politica dei trasporti: non più solo grandi opere e collegamenti internazionali, ma più attenzione al trasporto pubblico locale. In Italia soprattutto servirebbe un investimento massiccio per un netto miglioramento dei servizi. Occorre un approccio di sistema per incidere efficacemente sulla disastrosa situazione attuale: non bastano i pochi esempi di buone pratiche che pur esistono, come lo stop episodico ai veicoli con bassi standard di emissioni inquinanti, o i provvedimenti di limitazione come le targhe alterne. Altra strada intrapresa da alcune amministrazioni riguarda l introduzione di ticket sull uso del motore privato in città o nelle vie più trafficate, come nel caso di Milano. Si tratta però di misure che vanno studiate con cura, analizzando sia l efficacia (sono strumenti che servono a raggiungere lo scopo?) che l equità (in che modo colpiscono le diverse fasce di reddito? Tali misure potrebbero essere inique perché si colpiscono i comportamenti a prescindere dal reddito di chi li mette in atto, quindi con un implicito vantaggio per i più ricchi). Che indirizzo si può dare ai soggetti responsabili della pianificazione e della programmazione urbana? Proviamo ad indicare quali sono le strade, le prospettive da seguire e le idee da applicare per invertire la rotta e portare le nostre città al livello già raggiunto da molte altre città in ambito europeo e mondiale. Per progettare un nuovo sistema di mobilità ed elaborare soluzioni all altezza dei problemi non si può che iniziare dalla conoscenza e consapevolezza dello stato di fatto, dalla trasparenza delle decisioni e 20

21 dalla chiarezza degli obiettivi. Sarebbe necessario che ciascuna amministrazione si dotasse di un Bilancio Ambientale e Sociale della Mobilità, che contenesse tutti i dati inerenti la situazione della mobilità e i danni da essa generati (inquinamento ambientale ed acustico, incidentalità, costi sanitari indotti, consumo di energia del settore, congestione, costi economici) per avere chiaro il quadro di partenza, visualizzare i problemi nel loro insieme (e nel moltiplicarsi degli effetti negativi) e poter pianificare e stabilire correttamente gli obiettivi da raggiungere. Inoltre, il ricorso a procedure strutturate di partecipazione è fondamentale per consentire ai cittadini di stabilire le priorità degli obiettivi e monitorare l attuazione e l efficacia delle misure adottate. Per affermare il diritto a una mobilità più sicura, equa e sostenibile serve una larga mobilitazione, e per creare la massa critica è necessaria una rivoluzione prima di tutto culturale : l automobile oggi non rappresenta semplicemente un mezzo di trasporto, ma fa parte dell immaginario collettivo e individuale. Per questo bisogna sviluppare, in alternativa, servizi di mobilità urbana innovativi che vadano oltre il tradizionale trasporto pubblico e che siano più personalizzati, flessibili, comodi, veloci. In futuro si andrà sempre più verso una mobilità come servizio, in sostituzione del regime di proprietà dell auto. Bisogna però che qualcuno inizi a far apparire queste soluzioni, per farle diventare conosciute e desiderabili, dal momento che la richiesta esiste, anche se oggi è ancora nascosta. *** 21

22 2. Ma possiamo davvero fare a meno dell auto? Come vado oggi in ufficio? Prendo la macchina o il treno? Bella domanda ma si tratta davvero di una scelta nel senso vero e proprio del termine (cioè di una alternativa tra tante), oppure abbiamo a che fare con una decisione obbligata (cioè una non scelta )? Molti di noi la vivono come esperienza personale: spesso è difficile scegliere come muoversi (in treno, auto, in bicicletta, ecc.), a causa delle condizioni esterne, che risultano decisive. Innanzitutto influisce la distanza tra la propria residenza ed il luogo di lavoro (o di studio), poi ci sono le infrastrutture (strade, ferrovie), i mezzi (auto, bicicletta) ed i servizi (treni, autobus) che si hanno a disposizione per effettuare lo spostamento. Chi ha la possibilità di scegliere davvero tra diverse alternative, trova alla fine trova la migliore soluzione per la propria specifica situazione. Questo, tuttavia, non vuol dire che il sistema della mobilità (nel suo complesso) funzioni nel modo più efficiente. Ad esempio, è frequente che sia chi si muove in auto che chi si muove in treno lamenti disagi e cattiva efficienza del sistema di trasporto che usa (strada o ferrovia), e soprattutto negli spostamenti verso le grandi città. Occorre quindi intervenire. Non si tratta solo di decidere se destinare le risorse economiche pubbliche per nuove strade o per nuove ferrovie. Il problema deriva anche dalla gestione del territorio a livello urbanistico ed economico. La causa, in particolare per le le grandi città ed il loro hinterland, deriva dalla persistenza di politiche ed interessi che, negli anni, hanno modificato le funzioni del territorio separandole fisicamente e distanziandole in misura notevole. Ampie zone delle città sono state trasformate in luoghi aventi solo funzione di lavoro (o di commercio), e parallelamente sono stati 22

23 raggruppati gli spazi di residenza e portati fuori dai centri vitali delle città stesse, fino a trasformare i piccoli paesi che circondano le grandi città (i quali, fino a pochi anni fa, erano ancora a misura d uomo) in appendici delle città stesse, aventi spesso connotazione di quartiere dormitorio. Questo, manco a dirlo, genera necessariamente spostamenti di distanza tale da poter essere coperti solo con la mobilità motorizzata (auto o mezzi pubblici). Nonostante i buoni propositi e la presa di coscienza degli enormi problemi generati dall uso intensivo delle auto, molte persone sono quindi materialmente impossibilitate a farne a meno. Vediamo in particolare il caso delle periferie delle aree metropolitane, in cui molti di noi vivono e, volenti o nolenti, non possono fare a meno dell auto. Numerose metropoli, in tutto il mondo, hanno vissuto negli anni uno sviluppo urbanistico apparentemente ordinato e regolare, che ha portato alla nascita di estese periferie nelle quali è possibile riconoscere alcuni tratti comuni. Come è possibile osservare anche in alcune grandi città italiane, molte periferie sono caratterizzate da diversi ambiti ben distinti. Ci sono innanzitutto le zone residenziali, costituite da palazzoni circondati da aree verdi (in genere poco fruibili) o, al contrario, da villette indipendenti e dotate ognuna di un proprio giardinetto (spesso usato solo come posto auto). In entrambi i casi però queste zone sono prive di molte delle funzioni tipiche delle necessità di tutti i giorni (es. piccoli esercizi alimentari, edicole, bar, farmacie, ecc.). Ci sono poi le aree commerciali, ben separate da quelle residenziali, nelle quali si concentrano esercizi di notevoli dimensioni (i cosiddetti megastore di varie catene commerciali), specializzati in differenti categorie merceologiche (abbigliamento, alimentari, elettronica, ecc.), e presi d assalto nelle giornate non lavorative, compresa la domenica! Infine gli uffici, a loro volta concentrati in palazzoni appositamente dedicati, che non ospitano altre attività e che vivono seguendo gli orari lavorativi. Si spengono, letteralmente, al termine dell orario di lavoro e nei giorni festivi. 23

24 Ed analoga tendenza stanno mostrando le scuole, con la concentrazione degli istituti in poli scolastici multifunzionali e la chiusura di quelli più piccoli. Le diverse funzioni (residenze, commercio, uffici, studio, persino i luoghi di svago come i cinema) vengono quindi fisicamente separate una dall altra e collocate in aree indipendenti e distanti: zone residenziali, zone commerciali, zone uffici, poli scolastici. Ad una prima impressione questo può sembrare un approccio che razionalizza l uso dello spazio e delle risorse. In realtà, la separazione fisica delle aree per funzioni obbliga a compiere spostamenti di media lunghezza anche per ogni piccola necessità quotidiane (come compare il pane), imponendo nei fatti un massiccio ed esclusivo ricorso all automobile. Queste zone sono peraltro spesso caratterizzate da grandi assi di scorrimento (anche a 2 e 3 corsie per senso di marcia), che di fatto impediscono anche l uso della bicicletta, persino nei pochi casi in cui la distanza potrebbe consentirlo. La risposta non può che essere quindi l uso massiccio dell auto, anche considerando il fatto che in tali zone il trasporto pubblico, se esiste, è caratterizzato solo da linee a bassa frequenza dirette unicamente al centro città. Questa condizione, derivante da decenni di scelte urbanistiche sbagliate, viene in alcuni casi definita di città diffusa (il cosiddetto sprawl urbano). È facile comprendere però che alla fine lo spazio utilizzato è ben maggiore a parità di residenti rispetto a quello tipico dei centri cittadini, dove però coesistono le varie funzioni (residenze, negozi, uffici, scuole, svago, ecc.) e dove è in effetti più facile rinunciare all auto per via delle distanze ridotte e delle strade percorribili anche a piedi o in bicicletta. In definitiva, si perviene ad una situazione caratterizzata da bassa densità abitativa ed alto consumo di suolo, contrariamente a quanto potrebbe apparire a seguito di una riflessione affrettata. 24

25 Dispersione (sprawl) suburbano Florida, USA L inutile consumo di suolo e la distanza tra le residenze e le zone di attività (uffici, negozi, ecc.) sono inoltre causa di barriere e difficoltà di relazione, che peggiorano enormemente la qualità della vita delle persone che abitano in queste aree. Sono infatti del tutto assenti centri naturali di aggregazione come piazze, circoli, ecc. Quindi, la causa dell uso intensivo delle auto è spesso da ricercare al di fuori delle preferenze personali, e può derivare, come nel caso delle periferie metropolitane, da situazioni che ne obbligano l uso, e che scaturiscono da scelte (o forse è meglio dire non scelte?) sbagliate rispetto alle esigenze ed ai bisogni veri delle persone (come quello di avere una adeguata qualità della vita). In questi casi quindi i responsabili dell overdose di automobili non sono certo i singoli cittadini, ma gli amministratori che hanno consentito ed inseguito la nascita e la diffusione di questo modo di gestire il territorio. 25

26 3. Traffico e città: un nuovo approccio Intervista a Corrado Poli 1 In tutta Europa, quanto nel resto del mondo, sono ormai da tempo chiari i problemi derivanti da un eccessivo uso dell auto privata nelle città (inquinamento, congestione, incidenti, ecc.) e la conseguente necessità di un cambiamento nel modo di muoverci. Sono ugualmente note da tempo anche le tante misure che si possono prendere per risolvere il problema. Eppure gli interventi messi in atto risultano spesso poco incisivi Allora dov è il problema? Chiaramente va ridotto il numero di vetture circolanti. Le auto non inquinano solo quando marciano, ma anche stando ferme: infatti occupano spazio, e si deve sempre pensare al loro smaltimento quando saranno vecchie. Ma anche il trasporto pubblico ha elevati impatti ambientali che non vanno sottovalutati. Io credo che sia necessario studiare politiche urbane basate sul contenimento della necessità di muoversi e non più sulla crescita indefinita di una mobilità esagerata, folle e sprecona. Viaggiare deve e può essere un piacere anche in auto eventualmente ma non possiamo identificare il progresso come lo spreco di costringere milioni di persone a spostarsi quotidianamente su percorsi sempre più lunghi. L idea di costringere la gente a muoversi continuamente è vecchia, soprattutto nell era delle telecomunicazioni. Viene tenuta in vita solo perché ci sono lobby che su questo auto private, ma anche infrastrutture di trasporto pubblico *** 1 Studioso e ricercatore sociale esperto in politiche urbane e ambientali, autore di numerosi saggi e monografie, tra cui il recente Mobility and Environment - Humanists versus Engineers in Urban Policy and Professional Education. 26

27 hanno creato un sistema economico difficile da sradicare e cambiare. Con la gradualità adeguata è però necessario affrontare i problemi in modo radicalmente nuovo. Proseguendo sulla strada attuale non si arriva da nessuna parte. La situazione di numerose città è problematica da molti punti di vista: il traffico e la congestione sono forse solo un sintomo di un problema più complesso, che ha tra i suoi effetti anche i danni all ambiente, lo spreco di risorse, ecc. Evidentemente non si tratta solo di una questione ingegneristica, ma che investe anche altri aspetti (sociali, culturali, ecc.). Approfondiamo questo punto. Gli esseri umani non sono molecole di fluido: si muovono nell una o nell altra direzione, con l uno o l altro mezzo, e infine nel momento in cui decidono perché fanno delle scelte. Occorre rendere disponibili quante più scelte possibili a una società che è sempre più variegata e non è più costituita da una massa con le stesse preferenze. Va da sé, quindi, che un esame dei comportamenti e delle preferenze dei cittadini consumatori di mobilità potrebbe facilitare l offerta di soluzioni alternative al movimento attuale e agli attuali piani del traffico. Per affrontare i temi ambientali, economici e sociali di questo difficile periodo si parla e si pensa in termini di sviluppo sostenibile, sottintendendo quindi (giustamente) che al momento questa sostenibilità non esiste. Ma al di là della questione sostenibilità, cosa possiamo dire riguardo al concetto di sviluppo ed alle teorie che vi ruotano intorno? La parola sostenibile non fa parte del mio vocabolario: è un concetto vuoto e abusato. Lo sviluppo non ha bisogno di aggettivi perché è buono di per sé. E se vogliamo sviluppo vero dobbiamo pensare a un progresso che risponda alle esigenze dei cittadini di oggi, non a quelli di ieri (i quali pensavano che la materialità della crescita fosse l unico obiettivo valido). Siamo un popolo ricco ed evoluto: i beni superiori che generano lo sviluppo futuro non possono che essere legati a una migliore qualità della vita, della salute e a un impegno morale nel rispetto della natura e dell ambiente. 27

28 Esistono comunque in giro per il mondo esempi innovativi e buone pratiche. Quali sono le esperienze più significative in merito? E cosa possiamo dire riguardo alle città italiane? Esistono numerosi esempi ormai di buone pratiche in tutto il mondo e anche in Italia. Ho visitato decine di centri europei e americani dove sono state introdotte interessanti tecnologie: ci sono le comunità de-motorizzate, esempi efficienti di trasporto pubblico, tecnologie per auto non inquinanti, ecc. Ma non mi sono mai entusiasmato troppo: non credo che il problema siano le singole tecniche applicate qua e là. Piuttosto va sviluppata una nuova tecnologia e vanno create le condizioni politiche e ideologiche perché venga concesso spazio a modelli di organizzazione urbana alternativa a prescindere dalla mobilità e dal trasporto. Si tratta di una cruciale questione democratica e politica: rispondere alla domanda crescente di tutela della salute e di potere vivere secondo modelli diversi da quelli standard da parte di una quota crescente delle popolazioni occidentali. Il mio auspicio è che oggi, più che di pianificazione, si debba parlare di innovazione e creatività. Le burocrazie e i governi dovrebbero riuscire a elaborare nuove idee e introdurre il mutamento. Nei paesi più competitivi questo già si fa. In Italia scontiamo un grave ritardo e continuiamo a credere che un ulteriore aumento dell offerta di trasporto sia la soluzione a tutte le disfunzioni urbane. Io non lo credo. *** 28

29 4. Traffico, inquinamento ed effetto serra Intervista a Daniel Tarozzi 2 Il settore dei trasporti e della mobilità è uno dei più importanti (insieme all energia, all industria, all agricoltura) nel contribuire alle emissioni di gas serra dovute alle attività umane, responsabili dei mutamenti climatici in atto. Quali sono gli scenari che si prospettano per il clima del pianeta? Non sono in grado di dipingere scenari futuri. Quello che è certo è che nel nostro presente i danni dovuti all inquinamento e alle emissioni sono evidenti. I problemi più grandi li vivono come al solito i paesi meno coperti dai mass media: le isole in mezzo all Oceano, i paesi africani, quelli asiatici. Si scherza sempre sul fatto che non esistono più le mezze stagioni, ma è anche vero che a Roma ormai assistiamo ad un fenomeno che richiama i monsoni indiani tra maggio e giugno Possiamo continuare a far finta di niente, ma il risveglio sarà poi più doloroso Inoltre, non dobbiamo mai dimenticare che il problema mobilità non ha solo risvolti ecologici o ambientali. Il vero dramma della mobilità basata sull automobile è la disgregazione sociale, la rabbia, la frustrazione, che questo sistema genera ogni giorno in milioni, forse miliardi di persone. Malattie, incidenti, omicidi, stress, infarti Si parla molto di Protocollo di Kyoto, strategia ed altre attività avviate in questi anni. Sono sufficienti le iniziative prese dagli organi di governo nazionali ed internazionali per far fronte ai cambiamenti climatici? *** 2 Direttore responsabile del progetto editoriale Il Cambiamento, importate testata nel panorama dell informazione indipendente. 29

30 Difficile valutare l efficacia di queste strategie in un Paese come l Italia che sta facendo poco o niente per cambiare le cose. In linea di massima credo che queste strategie siano necessarie, ma non sufficienti. Riflettiamo sul trasporto su strada, ed in particolare sul trasporto privato in auto. Ci sono diverse tecniche e metodologie che si possono utilizzare per ridurne gli effetti negativi (favorire il trasporto pubblico, la mobilità ciclabile, ecc.), ma si fa fatica a metterle in pratica. Si tratta forse di un problema culturale? Assolutamente sì. Tutti si lamentano ma nessuno è disposto a cambiare le proprie abitudini o a rinunciare alla presunta comodità dell automobile privata. Vorrei poi capire in cosa consista questa comodità. Nel girare anche un ora e mezzo per trovare un parcheggio? Nel pagare le multe sempre più salate per parcheggio in doppia fila? Nell accelerare e inchiodare a ogni semaforo? Io non uso più l auto da anni, ma ricordo ancora i pianti e lo sconforto di alcune nottate passate a cercare un posto Si vive meglio senz auto. Si risparmiano un sacco di soldi, che si possono reinvestire in taxi, car sharing, mezzi pubblici, bicicletta, motorino. Certo, ci vorrebbe una rete di mezzi pubblici molto più efficiente. Ma cominciamo ad abbandonare l auto. E poi potremo andare dai nostri politici e pretendere una mobilità diversa. Uno dei principali problemi legati alla mobilità è dato dal consumo di risorse energetiche, in primis di combustibili fossili. La questione della strategia energetica nazionale, soprattutto in questo periodo, è molto dibattuta. Quale dovrebbero essere le linee di intervento da seguire per garantire ad ognuno il soddisfacimento dei propri bisogni nel rispetto e nella salvaguardia dell ambiente (cioè della nostra qualità della vita)? Ridurre gli sprechi, ridurre i consumi e poi chiedersi quale energia utilizzare. Il dibattito sulle rinnovabili è un falso dibattito. Finché non si punta seriamente all efficienza e al risparmio energetico non c è energia alternativa che tenga. Paradossalmente, è molto più ecologica un auto a benzina che fa 100 chilometri con un litro che non un auto elettrica Tutti pensano che l auto elettrica sia la soluzione Ma non ci si rende conto che si sposta solo il problema, se l energia continua ad 30

31 essere prodotta con fonti fossili (e magari nucleare). E c è comunque da chiedersi se ci potranno mai essere abbastanza pannelli solari da poter far circolare centinaia di milioni di automobili Io credo che se si abita in città e non si hanno problemi motori l automobile secondo me va eliminata. Ma se si abita in campagna è ovvio che questo mezzo si rende necessario. Un auto poco inquinante è meglio di un auto più inquinante, ma non dimentichiamoci che ogni volta che cambiamo automobile, contribuiamo all inquinamento dovuto alla produzione della stessa oltre che allo smaltimento della precedente. Insomma, non ci sono soluzioni valide per tutti. Il mio invito è sempre lo stesso: riprendiamoci il senso delle cose, domandiamoci cosa si nasconda dietro ogni oggetto, dalla sua produzione, al suo smaltimento, e poi decidiamo quale sia la nostra soglia di compromesso. *** 31

32 5. Automobili e velocità: un mito costruito a nostro uso e consumo Provate a contare quanti spot sono dedicati alle auto durante ogni interruzione pubblicitaria in televisione! Farete una scoperta incredibile. La quantità di spot dedicata alle auto è enorme, ormai ne siamo totalmente assuefatti. E tutti, fateci caso, mostrano le auto che corrono libere lungo paesaggi da cartolina, e non immerse negli ingorghi urbani, come invece avviene ogni giorno. Avessi mai visto uno spot che invita ad andare in bicicletta o in autobus... Ovvio, è la regola del mercato: gli spazi pubblicitari sono venduti a chi fa il prezzo migliore, e difficilmente potrà esserlo un produttore di biciclette, rispetto ai grandi marchi automobilistici. Ma è giusto che sia così, al di là delle regole di mercato? La pubblicità delle auto può essere regolata? Ovvia naturalmente la posizione di chi ha un punto di vista prettamente economico e finanziario, che sottolinea l importanza della pubblicità e la sua influenza nel sostenere il sistema dell auto. D altra parte, c è chi, soprattutto tra i gruppi come Amici della Terra, evidenzia il mancato rispetto delle norme di legge europee sulla pubblicità delle auto e sull informazione al consumatore. Secondo essi, la violazione sistematica della direttiva 1999/94/CE 3 nega al consumatore il diritto a un immediato riconoscimento delle diseconomie d uso e ambientali associate al modello pubblicizzato. Altre associazioni fanno invece riferimento anche ad altre norme già esistenti in materia, come quelle sulla sicurezza previste dal Codice di autodisciplina pubblicitaria ed alcune delle segnalazioni 3 relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2. 32

33 (riguardanti spot che incentivavano comportamenti di guida pericolosi o scorretti) sono state effettivamente accolte. Ci sono inoltre le norme generali sulla pubblicità ingannevole, su cui dovrebbe vigilare l Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust). Anche su questo aspetto, in passato, sono state già avanzate segnalazioni per le pubblicità che associano alle automobili termini come verde, ecologico, rispettoso dell ambiente, che alludono a benefici ambientali che le automobili non possono generare. Resta invece da valutare se sia questo il caso anche degli spot che presentano le automobili in contesti che non sono quelli correnti d uso (deserti, laghi salati, strade di isolate, ecc.). In Francia questo genere di spot è stato vietato dall Autorità di regolazione professionale della pubblicità. Ci si chiede se non sia opportuno promuovere la creazione un fondo monetario, grazie ad una quota della spesa pubblicitaria del settore automobilistico, per la promozione della mobilità alternativa all automobile (a piedi, in bicicletta, con i mezzi pubblici) e per l informazione sui danni provocati dall automobile (ambientali, sanitari, sociali, economici). E che dire dei tanti messaggi pubblicitari che hanno slogan tipo ho davanti una strada e tanta voglia di possederla, che inneggiano al senso di potenza o alle emozioni di una guida spericolata? Per non parlare del mito della velocità, come ad esempio l idea, ricorrente, di innalzare il limite di velocità a 150 km/h in autostrada. Questa proposta, da più parti ed in più riprese rilanciata, trova molte più critiche che approvazioni. In effetti è sufficiente considerare che la maggior parte delle morti negli incidenti avviene per eccesso di velocità per comprendere come un innalzamento del limite non farebbe altro che innalzare anche il numero delle vittime. Ed in ogni caso, c è da chiedersi come sia possibile che vengano omologati veicoli che vanno a 300 all ora se i limiti autostradali sono di gran lunga inferiori. Insomma, ci sono molte osservazioni che si possono fare a questo proposito. Ad esempio, a cosa serve l Antitrust se poi sono i cittadini a dover fare le segnalazioni? Il mercato deve essere limitato o lasciato 33

34 libero? Il tutto è parte di un tema più generale, che investe la discussione in corso sul capitalismo e la mercificazione di consumi e stili di vita. In tutto questo il ruolo fondamentale della pubblicità tende a proporre stili di vita non sempre sostenibili a livello personale e collettivo. 34

35 Rendere sostenibile la mobilità 35

36 Cosa si intende esattamente quando si parla di mobilità sostenibile? Si tratta della necessità di realizzare un sistema di mobilità (urbana, ma non solo) che, pur consentendo ad ognuno di potersi muovere secondo le proprie esigenze ed i propri desideri, sia tale da rendere minimi problemi e disagi al resto dei cittadini (emissioni di sostanze inquinanti e di gas serra, rumore, congestione stradale, incidenti, problemi per la salute, consumo di suolo, ecc.). Per affrontare il problema esistono molte tecniche e diverse iniziative, alcune nate negli ultimi anni, altre invece sviluppatesi da più tempo. In questo capitolo impareremo a conoscere alcune tra le migliori iniziative messe in pratica, e scopriremo molti strumenti utili per muoverci meglio nelle nostre città (compresi alcuni forse già noti, ma frettolosamente accantonati). 36

37 6. Il ritorno delle biciclette Cresce in Italia il movimento nel mondo della mobilità ciclistica, e aumenta l interesse delle città italiane per la riscoperta di questo semplice ma efficientissimo mezzo di trasporto, anche grazie ad iniziative come le Critical Mass, movimenti come #salvaiciclisti o i sistemi di bike sharing in via di rapida diffusione. Vale la pena a questo punto riflettere su quanto scrive Lester Brown a proposito del ritorno delle biciclette, nel suo libro Piano B Sappiamo già che la bicicletta alleggerisce la congestione stradale, non provoca l inquinamento atmosferico, riduce l obesità, migliora la forma fisica, non produce emissioni di anidride carbonica e ha un prezzo davvero molto accessibile. Inoltre, le biciclette riducono il traffico e l occupazione di suolo, dato che nello spazio occupato da un auto possono essere parcheggiate fino a 20 biciclette. Brown osserva che molti governi hanno previsto una serie di incentivi per incoraggiare l uso di biciclette onde diminuire traffico e smog. Il paese che ne ha di più è la Cina (con oltre 430 milioni), ma in rapporto alla popolazione le percentuali di possesso sono più alte in Europa, ed in particolare in Olanda, in Danimarca ed in Germania (dove c è in pratica una bici per ogni abitante). Brown osserva poi che la bicicletta è un capolavoro di efficienza ingegneristica, dato che l utilizzo di 10 chilogrammi di metallo e gomma incrementa di tre volte la mobilità individuale. Inoltre, per percorrere 12 chilometri in bici si consuma una quantità di energia equivalente a quella fornita da una patata. Un autovettura, che necessita di almeno una tonnellata di materiale per trasportare una persona, è in confronto straordinariamente inefficiente. 4 Fonte: Piano B 4.0 è edito da Edizioni Ambiente. 37

38 Curiosamente, si osserva poi che in alcuni casi anche la sicurezza urbana ne trae vantaggio. Ad esempio, prosegue Brown, negli Stati Uniti, quasi il 75% dei dipartimenti di polizia dei centri con almeno 50 mila abitanti dispongono di pattuglie di sorveglianza in bicicletta, che ottengono ottimi risultati nella loro attività di prevenzione dei crimini. Brown ricorda inoltre come negli Stati Uniti anche i college e le università si stanno convertendo alla bici, soprattutto con nuovi sistemi di bike sharing gratuiti, nei quali gli studenti usano le tessere identificative universitarie anziché le carte di credito. In alcuni casi si è addirittura deciso che è più conveniente fornire una bici a ogni matricola, se questi accetta di lasciare a casa l auto. E non è solo il caso dei campus universitari: anche le consegne delle merci sono sempre più effettuate in bicicletta (almeno per il tratto finale): i servizi postali in bicicletta sono comuni nelle più grandi città del mondo perché consegnano i piccoli plichi in modo rapido ed economico, e questo diventa tanto più importante quanto più aumenta il commercio elettronico, in quanto per le aziende che vendono su internet è importante che le consegne siano rapide per avere più clienti. Aggiunge ancora Brown: la chiave per sviluppare il potenziale delle biciclette è la creazione di un sistema di trasporti compatibile con esse. Ciò significa sia la realizzazione di rastrelliere per il parcheggio sia la costruzione di piste ciclabili. I paesi leader nella progettazione di sistemi di trasporto ciclabile sono l Olanda, dove il 27% di tutti i tragitti viene percorso in bici, la Danimarca con il 18% e la Germania con il 10%. Al contrario, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono fermi entrambi all 1%. Uno studio di John Pucher e Ralph Buehler della Rutgers University analizza le ragioni di queste disparità. I due autori notano che l uso estensivo della bicicletta in Olanda, Danimarca e Germania è coadiuvato da ampi parcheggi, piena integrazione col trasporto pubblico, educazione al traffico e training degli automobilisti e dei ciclisti. Questi paesi scoraggiano l uso dell auto attraverso un sistema di tasse e restrizioni sulla proprietà e il parcheggio. È l implementazione 38

39 coordinata di queste politiche multifattoriali che spiega il successo di questi tre paesi nel promuovere la bicicletta. Ed è la carenza di queste politiche che spiega la marginalità della bicicletta in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ed, aggiungiamo noi, anche in Italia. Ed ecco infine alcuni dei punti chiave per favorire la mobilità ciclabile. Scrive Brown: In Olanda, è stato implementato un Bicycle Master Plan che, oltre a creare piste ciclabili e rastrelliere in tutte le città, concede ai ciclisti la precedenza sulle auto nelle strade e ai semafori. Alcuni segnali stradali permettono ai ciclisti di passare prima delle automobili. Nel 2007, Amsterdam è diventata la prima città occidentale industrializzata in cui il numero di spostamenti in bicicletta ha superato quelli in automobile. Occorre anche sottolineare che in Olanda (come peraltro anche in Giappone), è stato portato avanti uno sforzo di integrazione tra bicicletta e servizi ferroviari per pendolari, mettendo a disposizione parcheggi per bici alle stazioni e rendendo così più semplice ai ciclisti recarsi al lavoro con il treno. In Giappone alcune stazioni hanno addirittura investito in parcheggi multipiano verticali solo per biciclette, esattamente come si fa per le auto. I buoni esempi dunque non mancano. Perché non imitarli? 39

40 7. Muoversi in bici: difficoltà e prospettive Ogni giorno sulle strade italiano muore un ciclista, e circa 40 restano feriti. La percentuale di vittime in bicicletta (rispetto al totale dei morti per incidenti stradali) negli ultimi anni è in costante aumento. Il numero più alto di incidenti mortali si conta tra gli over 65, ma non mancano vittime anche tra i giovanissimi In effetti, non solo i cittadini, ma anche i Comuni dovrebbero intervenire con più convinzione e maggiori investimenti nel settore della mobilità ciclabile. Sappiamo bene infatti che in numerosi contesti urbani molti spostamenti, seppur fattibili a piedi o in bicicletta per via della breve distanza da percorrere, vengono effettuati con veicoli a motore privati (auto, scooter, ecc.). Occorre capire come si può intervenire con efficacia (e in un periodo di crisi esonomica e scarsità di risorse) per rendere le strade urbane più adatte agli spostamenti in bicicletta. Consideriamo infatti che, per le brevi distanze (fino a 5 km), la bicicletta è proprio il mezzo di trasporto più rapido e flessibile, in quanto con essa si può modificare il percorso a proprio piacimento, evitando per quanto possibile gli ingorghi del traffico e riducendo notevolmente il problema della ricerca di parcheggio. In questi ultimi anni, non solo nelle città piccole e pianeggianti, ma anche nei centri più grandi (meno adatti ad essere utilizzati dalle biciclette), sono stati creati spazi per la mobilità ciclabile. Piste e percorsi ciclabili, come anche interventi di limitazione alla circolazione delle automobili, favoriscono sicuramente la mobilità ciclistica, ma questo non basta: è fondamentale promuovere una nuova cultura di mobilità, che favorisca le possibili alternative all uso dell auto privata. 40

41 L Italia è dotata di 7mila km di piste ciclabili 5. Il dato risulta indicativo se paragonato a quello della Germania, che ne ha 35mila. Ad esempio, è importante che i Comuni istituiscano un apposito ufficio dedicato alla mobilità ciclabile, e che partecipino ad iniziative a livello nazionale per la promozione della mobilità lenta (come Bimbimbici, che coinvolge i ragazzi delle scuole in una pedalata cittadina, occasione di divertimento e di sensibilizzazione al tema dell uso della bicicletta per gli spostamenti quotidiani ed in particolare per quelli casa scuola). Non è da dimenticare inoltre il Bicibus, un iniziativa che coinvolge gruppi organizzati di bambini che raggiungono la scuola in bicicletta sotto la supervisione di adulti (genitori, nonni, volontari) che li seguono su un percorso predeterminato e protetto. Ma anche la tecnologia aiuta l evoluzione di questo mezzo di trasporto, che pure ha origini lontane. Anche in campo ciclistico la ricerca e l innovazione sulla mobilità elettrica stanno raggiungendo traguardi sempre più ambiziosi. Le biciclette elettriche, in via di diffusione sempre maggiore (anche grazie all aumento della rete di colonnine di ricarica nelle città e dei nuovi servizi di bike sharing), costituiscono una delle frontiere della ricerca tecnologica nel settore. Scrive Lester Brown su Piano B 4.0: Le vendite di biciclette elettriche, un genere relativamente nuovo di veicolo, sono decollate. Questi mezzi sono simili alle auto elettriche, ma la doppia propulsione in questo caso è rappresentata dalla forza muscolare e dalle batterie che possono essere ricaricate alla rete elettrica quando serve. (...) Contrariamente alle auto plug-in, le biciclette elettriche non usano direttamente alcun combustibile fossile. Se riusciremo ad attuare la transizione dall energia prodotta dalle centrali a carbone a quella 5 In tema di piste ciclabili è interessante l esperienza della piattaforma pisteciclabili.com. Chiunque, senza obbligo di registrarsi, può disegnare su una mappa i propri itinerari preferiti (condividendoli con i visitatori del sito), oppure cercare informazioni sugli itinerari già pubblicati. Ad oggi la community conta oltre utenti e sono stati mappati oltre km di itinerari. Ogni giorno nuove persone suggeriscono nuovi itinerari e arricchiscono quelli presenti con foto e video. 41

42 eolica, solare e geotermica, allora anche le bici elettriche saranno completamente indipendenti dai combustibili fossili. L integrazione di vie pedonali e piste ciclabili nei sistemi di trasporto urbano rende una città di gran lunga più vivibile rispetto a quella che conta soltanto sulla mobilità privata. Si riducono il rumore, l inquinamento, il traffico, la frustrazione, e il pianeta e i suoi abitanti ne guadagnano in salute. La tecnologia al momento maggiormente diffusa nel campo delle biciclette elettriche prevede l utilizzo di sistemi di pedalata assistita, costituiti da un pacco batterie che si ricarica direttamente dalla rete elettrica (anche grazie ad innovative pensiline dotate di pannelli solari fotovoltaici) e che aiuta i ciclisti nel movimento rendendo la pedalata meno faticosa. Ed ora si è raggiunto un nuovo traguardo: si è riusciti a trasferire la tecnologia ibrida dalle auto alle bici, con un sistema innovativo che riesce a riutilizzare in frenata l energia cinetica della bici per ricaricare la batteria. Non è ovviamente sufficiente l innovazione tecnologica per riuscire a rendere appetibile la mobilità ciclabile per tutti, in quanto occorrono anche adeguate infrastrutture (piste ciclabili, aree di sosta e parcheggio, colonnine di ricarica) ed un chiaro quadro normativolegislativo (con sconti, incentivi, detrazioni, ecc.) tale da invogliare l acquisto e l uso di questi mezzi estremamente efficienti nel traffico urbano. La strada è ancora lunga, ma i passi avanti che continuamente si susseguono sono molto incoraggianti. 42

43 8. I ciclisti fanno da soli: la campagna #salvaiciclisti Intervista a Paolo Pinzuti Grande successo e scalpore ha avuto la campagna di sensibilizzazione #salvaiciclisti, diretta a mettere in luce l importanza della mobilità in bicicletta nelle città. Muoversi in bici in sicurezza non è solo un diritto di ogni cittadino (che lo faccia per hobby o per precisa scelta di mobilità), ma costituisce anche uno dei pilastri su cui si fonda il miglioramento della qualità di vita delle città. Ne parliamo con Paolo Pinzuti, coordinatore della campagna #salvaiciclisti. Iniziamo dalla campagna #salvaiciclisti, e dall enorme successo che ha avuto. Come è nata questa iniziativa? #salvaiciclisti nasce come diretta evoluzione della campagna Cities fit for cyclists lanciata dal Times il 2 febbraio In Italia è arrivata una settimana dopo grazie a 38 bike blogger che hanno deciso di sottoporre all attenzione dei grandi media italiani la sconcertante realtà: il numero dei morti in bici in Italia è il doppio di quello registrato nel Regno Unito in 10 anni per l esattezza. La campagna si è evoluta fino a diventare un movimento che ha avuto il suo culmine il 28 aprile 2012, quando, in contemporanea con Londra, Parigi ed Edimburgo, Roma è stata invasa da 50 mila cittadini in bicicletta per chiedere alla politica città a misura di ciclista e di pedone e non più di automobile. Da quel momento sono nati numerosi *** 43

44 gruppi locali di #salvaiciclisti distribuiti su tutto il territorio nazionale, che svolgono iniziative di pressione sui propri amministratori affinché la ciclabilità diventi un tema di rilievo per chi progetta e gestisce le città italiane. Quali sono stati i successi e gli insuccessi della campagna durante i primi mesi? Il più grande successo della campagna è stato indubbiamente aver imposto un dibattito all interno dei media italiani riguardanti il tema della ciclabilità e della sicurezza di chi va in bicicletta. A parte questo, ci sono molti risultati che il movimento ha ottenuto. Tra gli altri, l approvazione del piano quadro della ciclabilità a Roma; l instaurazione di un tavolo permanente delle ciclabilità a Milano e, a Catania, la possibilità di circolare in bici nelle corsie preferenziali. Riguardo agli insuccessi, io credo che #salvaiciclisti sia stato una specie di miracolo, abbiamo superato le nostre stesse aspettative, non me la sento di dire che alcune cose avrebbero potuto andare meglio. Oltre alle azioni dimostrative avete fatto anche varie proposte a diversi soggetti istituzionali (in ambito politico, amministrativo, ecc.). Avete avuto risposte positive inaspettate, sulle quali in cuor vostro non ci speravate? E quali sono state invece le delusioni più cocenti? Non ci aspettavamo che le nostre proposte potessero arrivare in Parlamento dopo appena 10 giorni di campagna, è stata una grande sorpresa. In generale posso dire che la politica ci ha sempre ascoltato molto anche se è sul piano delle azioni concrete che ha lasciato ampiamente a desiderare. Però i nostri politici sanno che molte persone hanno l attenzione rivolta alle politiche della mobilità urbana. Li attendiamo al varco in occasione delle varie elezioni. C è stata una accesa polemica con la rivista Quattroruote in merito all obbligatorietà del casco per i ciclisti. Quale è la vostra posizione su questo punto? #salvaiciclisti è un movimento che si occupa di politiche della mobilità applicate alla sicurezza di chi decide di usare la bicicletta. 44

45 Quando si parla di sicurezza, bisogna sempre distinguere tra sicurezza attiva e sicurezza passiva. Agire sulla sicurezza attiva significa operare per ridurre la possibilità che si verifichi un incidente. Agire sulla sicurezza passiva significa concentrarsi sulla riduzione del danno una volta che l incidente si è già verificato. Il casco è uno strumento di sicurezza passiva. Il movimento #salvaiciclisti è ovviamente favorevole all utilizzo del casco, però pensiamo che concentrarsi sulla riduzione dei danni senza prima essere intervenuti per la riduzione degli incidenti sia un modo facile e populista per pulirsi la coscienza ribaltando la responsabilità sulle vittime. È per questo che siamo contrari all obbligo. Guardiamo all Europa ed ai nostri vicini. Quali sono i passi che dobbiamo fare per raggiungere i Paesi più virtuosi? E su cosa invece possiamo dire di essere, anche noi in Italia, tra i migliori? Quello che serve all Italia in questo momento è un cambiamento culturale: abbiamo bisogno che la politica intervenga promuovendo l uso della bicicletta nelle città e disincentivando l uso delle automobili. Il cambiamento non può avvenire da solo, ma deve essere stimolato attraverso opportune scelte amministrative e opportune campagne di comunicazione e di sensibilizzazione. Gli esempi su come fare stanno già tutti lì a portata di mano al di là delle Alpi. Basta copiare. Il grande vantaggio per l Italia da questo punto di vista è il clima: rispetto ai paesi del nord Europa abbiamo delle condizioni meteorologiche favorevolissime all uso della bicicletta. Tanto sole e poca pioggia o neve. È un peccato che invece di usare la bici molti preferiscano ancora trascorrere ore dentro a scatole di lamiera che sotto il sole diventano dei veri e propri forni. Sta cambiando davvero qualcosa? #salvaicicisti è un movimento che ha dimostrato che anche un tema apparentemente marginale come può essere considerato quello della ciclabilità in un paese afflitto da mille problemi può essere portato al centro del dibattito politico, a condizione che ci sia la voglia e la disponibilità ad impegnarsi da parte dei cittadini. La nostra classe 45

46 politica è schiava del consenso e in Italia per creare cambiamento occorre mostrare in che direzione va il consenso affinché i politici si interessino. Io mi auguro che #salvaiciclisti possa essere l inizio di un momento storico in cui gli Italiani riscoprano la voglia e il piacere di fare politica, di occuparsi della cosa pubblica in prima persona e di farlo tutti i giorni e non soltanto all interno del seggio elettorale. #salvaiciclisti sta dimostrando che il cambiamento basta volerlo, però bisogna volerlo sempre e con forza. *** 46

47 9. Il bike sharing: bici e innovazione Con il contributo di Marco Menonna Il bike sharing è uno dei principali strumenti a disposizione dei Comuni che intendono ridurre i problemi derivanti dalla congestione stradale ed il conseguente inquinamento. Consiste nella messa a disposizione dei cittadini di una flotta di biciclette pubbliche, dislocate in diverse aree della città, che i cittadini possono utilizzare per i propri spostamenti. Chi usa il bike sharing non è il proprietario della bici, ed ha il vantaggio che è qualcun altro a doversi preoccupare della custodia delle biciclette, della manutenzione, della pulizia e dell assistenza. I sistemi tradizionali sono di tipo meccanico: ogni utente può prendere solo una data bicicletta di una data ciclostazione (gli viene infatti consegnata una chiave per lo sblocco), ed ha il vincolo di riportarla nello stesso posto al termine dell utilizzo. Invece, nei sistemi di ultima generazione (utilizzati soprattutto nelle grandi città), gli utenti hanno una tessera elettronica, grazie alla quale possono prendere qualsiasi bicicletta e lasciarla al termine del proprio spostamento anche in una ciclostazione diversa da quella di partenza. In tal modo si usa la bici prendendola giusto il tempo che serve e lasciandola poi a disposizione degli altri utenti, facendo in modo che ogni bici, utilizzo dopo utilizzo, sia impiegata per gran parte della giornata. Il bike sharing è ormai conosciuto in tutte le principali città italiane, anche se in molte è ancora assente (e si stima che il 20% dei cittadini delle città senza il servizio lo utilizzerebb non appena venisse 47

48 introdotto). Nel 2008 è stato costituito il Club delle città per il Bike Sharing, che registra una crescita continua anno dopo anno. I prezzi sono davvero convenienti, soprattutto se lo spostamento è breve. In genere si paga una quota annule di pochi euro, e per quanto riguarda l utilizzo la corsa è gratis se si lascia la bici entro un certo periodo di tempo (es. 30 minuti, nella maggior parte delle città), consentendo quasi sempre di compiere il proprio spostamento senza pagare niente. Esistono comunque molte variazioni sul tema. In alcuni casi il bike sharing è abbinato agli spostamenti effettuati in treno. In altre esperienze esiste un servizio che copre diversi comuni confinanti. In altre città invece, magari quelle non perfettamente in piano e con molte strade in salita, il bike sharing offre biciclette a pedalata assistita. All estero esistono molte esperienze di grande successo, come ad esempio in Francia, dove Parigi e Lione hanno implementato sistemi con migliaia di biciclette sparse per la città a costi bassissimi, ottenendo una notevole riduzione degli spostamenti motorizzati. Anche altre importanti metropoli come Londra e Barcellona hanno fatto del bike sharing quasi un simbolo della città. La gestione informatizzata del bike sharing va poi a nozze con l uso dei social network (come Twitter, Facebook, ecc.), attraverso i quali gli utenti condividono informazioni relative al servizio di cui sono utilizzatori. Alla condivisione dei mezzi si aggiunge dunque quella delle informazioni sullo stato degli stessi, e questo porta ad un notevole potenziamento del servizio stesso, oltre che ad una positiva aggregazione di persone con un interesse comune. In altre parole, si favoriscono attivamente la socializzazione e lo spirito cooperativo. Riporto a questo proposito quanto dichiara Marco Menonna 6. #tobike è stata l hashtag (etichetta) con la quale alcuni utenti di Twitter hanno, a partire dal mese di giugno 2010, cominciato a marcare i messaggi sul nuovo sistema di bike sharing torinese Il percorso non è stato affatto facile. Nonostante tutto, pare che i torinesi apprezzino le *** 6 Piemontese, profondo conoscitore del panorama italiano ed internazionale del bike sharing e studioso delle sue potenzialità a livello sociale. 48

49 biciclette pubbliche, e l entusiasmo con il quale si sono abbonati al servizio lo dimostra: dopo circa un mese erano già un migliaio ad aver attivato l abbonamento annuale. Ma non solo: il servizio, per via della sua natura indissolubilmente legata alla condivisione, ha aiutato e sta tuttora aiutando i cittadini torinesi a riconoscersi in comunità di utenti. All interno delle comunità, che forse sarebbe più esatto chiamare di utilizzatori piuttosto che di utenti, il consumo collaborativo (così come descritto da Rachel Botsman e Roo Rogers nel loro libro What s Mine is Yours: The Rise of Collaborative Consumption ) trova il terreno ideale per diffondersi, autoalimentando un ciclo di fiducia e di condivisione. Nel cuore di una società tipicamente caratterizzata da un iperconsumo e da relazioni basate su contratti e possesso, stanno nascendo, grazie anche alla diffusione delle tecnologie informatiche, comunità informali di nuovi consumatori che basano le proprie relazioni sulla fiducia e sulla libertà di accesso organizzando la condivisione, lo scambio, il dono, l affitto e il baratto per ottenere gli stessi benefici della proprietà ma con una riduzione di costi e responsabilità personali e un impatto ambientale più basso. Dunque, La creazione di una comunità informale per un servizio di condivisione puro come il bike sharing è indispensabile perché il sistema stesso possa ben funzionare. Gli utenti lo sanno, e sono state molte le proposte che hanno tra gli obiettivi quello di aumentare l efficienza dei sistemi di bike sharing e dunque rispondere meglio anche ai bisogni di mobilità degli utenti stessi. Ad esempio, a Parigi si è diffusa l abitudine, poi ripresa anche in altre città europee, di girare al contrario i sellini delle biciclette che hanno ruote sgonfie o altri problemi che ne pregiudicano le possibilità di utilizzo. Un modo semplice ed intuitivo per trasferire l informazione ( bicicletta rotta ) a manutentori ed altri utenti del servizio. A Bruxelles gli utenti si sono organizzati ed hanno fatto nascere un sito internet che fornisce un quadro delle ciclostazioni che più spesso creano disagi e arrabbiature, perché non hanno stalli liberi da biciclette o, al contrario, non hanno biciclette prelevabili. Il sito, che si chiama 49

50 Where s my Villo? ed il cui slogan recita Bruxelles bike sharing should be better non si limita ad un analisi statistica, ma elenca anche tutti i punti sui quali il servizio di JCDecaux (la società che lo gestisce) è carente ed ha delle precise richieste verso il gestore proponendo delle soluzioni innovative per la rimovimentazione dei mezzi. Gli utenti cercano dunque non solo un dialogo con JCDecaux, ma anche di avere una voce in capitolo per le decisioni relative al servizio che vive grazie a loro. Ed il gestore non è totalmente insensibile a questo tipo di osservazioni. Tornano a Parigi, il Comune e JCDecaux hanno favorito la nascita di un comitato di venti rappresentanti di utenti, con i quali organizzano incontri periodici per discutere del servizio e di possibili innovazioni e miglioramenti. A Londra invece Transport for London, l ente responsabile dei trasporti pubblici londinesi, e dunque anche dell appalto per il bike sharing, ha tolto le restrizioni per l uso commerciale dei dati contenuti in London Datastore (archivio che fornisce a chiunque sia interessato delle informazioni pubbliche sotto forma di dati). Le informazioni rappresentano una ricchezza e non sono molte le istituzioni che decidono spontaneamente di regalarla. L accessibilità è alla base della filosofia open data, e Transport for London ha voluto sperimentarla con successo. La possibilità fornita a ciascun individuo di accedere ai dati consente da un lato l accrescimento di conoscenza ed intelligenza collettiva, e dall altro, più semplicemente, lo sviluppo di applicazioni mobili per servizi di bike sharing. Permettere che queste applicazioni siano vendibili su di un mercato il cui accesso è finalmente libero è uno stimolo per l abbassamento dei prezzi ed il miglioramento della qualità dei prodotti. L orizzontalità dei rapporti e l uso delle tecnologie informatiche sono principi necessari per la diffusione di una cultura fondata sullo sharing e sull accessibilità: ecco perché i messaggi che gli utenti torinesi marcano con #tobike e scrivono su Twitter non possono essere completamente ignorati. Dall altra parte dell oceano, i cittadini di Toronto hanno recentemente marcato le loro conversazioni con l hashtag opposta a quello di dei torinesi: #biketo. Ad alcuni è sembrato bizzarro, ma 50

51 molte sottoscrizioni al servizio sono giunte da AutoShare, la società che gestisce il car-sharing di Toronto. Le buone idee, in Italia come all estero, non mancano. Comprendere la logica dell accessibilità e dell orizzontalità dei rapporti che sta alla base di abitudini di consumo dettate dalla condivisone, piuttosto che dal possesso, è importante per chi vuol promuovere un sistema di bike sharing. Cogliere queste importanti innovazioni è forse ancor più utile di buone intenzioni e proclami dettati da una presunta coscienza ambientalista, perché accontentandosi dei pochi facili risultati che si hanno mettendo delle biciclette per strada, si rischia di perdere un treno importante, che potrebbe rivoluzionare una buona parte del paesaggio e della mobilità urbana. *** 51

52 10. Auto, moto, bici e bus elettrici: a che punto siamo? Intervista al team di ewheel.it La crisi economica degli ultimi anni e l aumento dei prezzi dei carburanti hanno fatto aumentare l interesse sui veicoli elettrici. Molti pensano a come convertire la propria auto in un veicolo elettrico o a quale modello di automobile elettrica (ibrida, pura, ecc.) sia migliore per le proprie esigenze. Apriamo una finestra sullo sullo stato dell arte della mobilità elettrica avvalendoci delle risposte del team di Ewheel.it. *** Molte volte negli ultimi anni è stato detto che la diffusione delle auto elettriche era sul punto di decollare, e non solo per i veicoli ibridi, ma anche per quelli con motore puramente elettrico. Quale è la situazione attuale? In effetti nella storia dell auto elettrica ci sono stati momenti favorevoli ad una sua affermazione sul mercato (come ad esempio nell 800), ma finora l ha sempre spuntata l auto con motore a scoppio. A parte qualche sparuto tentativo di riportare in auge l elettrica, non si è mosso quasi nulla fino agli anni 90 del secolo scorso. Nel 1996 comparve la prima generazione della EV1, coupè elettrica della General Motors. Dopo due evoluzioni e sette anni di esperienza, il progetto venne chiuso dalla GM (e le auto ritirate) perché dichiarato antieconomico. Dato però il successo che l auto aveva avuto tra il pubblico, una tale fine del progetto suscitò polemiche e discussioni 52

53 sulle reali cause che portarono la GM a terminare la produzione. Una delle ipotesi fatte è che le lobby dei petrolieri si siano opposte ad una tecnologia che avrebbe minato il loro business. Venendo ai giorni d oggi, ci sono da rilevare una serie di elementi che fanno pensare ad un imminente decollo delle auto elettriche (e forse dei veicoli elettrici in generale). Innanzitutto, sono massicci gli investimenti delle principali case automobilistiche del mercato europeo, tanto più in un momento di crisi generale nelle vendite del settore auto. Nell elettrica sono riposte le speranze di stimolare il mercato altrimenti stagnante. Dal lato delle infrastrutture, c è poi fermento nella ricerca e innovazione da parte di molti produttori per rendere la ricarica facile e veloce come un pieno di benzina. Inoltre, lo sviluppo nel campo delle batterie per dispositivi portatili di piccole dimensioni ha prodotto dei benefici anche nel campo delle batterie per auto, per cui è ragionevole aspettarsi di avere a breve batterie con buona autonomia, vita utile paragonabile a quella dell auto e sempre meno costose. Anche a livello italiano si registrano alcune iniziative per così dire istituzionali. Citiamo in particolare la possibilità di ricaricare i veicoli elettrici a casa propria con tariffa e contatore dedicati. In conclusione, le proiezioni più ottimistiche (ma a nostro giudizio poco realistiche) parlano di quote di mercato intorno al 20% entro il 2020, mentre quelle più pessimistiche stimano una penetrazione inferiore al 10% nel Quali sono i sistemi tecnologici ed i modelli di auto che si sono maggiormente diffusi in questi anni? E quali sono le novità nel settore scooter e motociclette? Per quanto riguarda le auto, una prima distinzione è quella tra auto cosiddette ibride, cioè per metà elettriche e per metà a benzina, e quelle completamente elettriche. Le auto ibride hanno due motori, uno elettrico e uno a scoppio. Nella maggior parte dei modelli di auto ibride, il motore elettrico viene utilizzato a basse velocità e per le fasi di partenza, perché a bassi regimi è più efficiente del motore a benzina. Quando invece si procede a velocità più sostenute e con una andatura più regolare, entra in funzione il motore a benzina. Nelle auto ibride attualmente in 53

54 commercio, l elettricità usata dal motore elettrico è prodotta dal motore a benzina e poi immagazzinata in batterie, per cui il rifornimento può essere fatto esclusivamente dal benzinaio. Le nuove ibride plug-in sono però dotate di presa per la ricarica come le elettriche pure. Le elettriche pure hanno invece solamente un motore elettrico, e a quello si affidano in qualsiasi regime di guida e a qualsiasi velocità. Possiamo dire che gli ibridi rappresentano il primo passo verso la transizione all auto elettrica, in attesa che si sviluppino le infrastrutture e le tecnologie necessarie ad una diffusione di massa di queste ultime: ai vantaggi della pure electric, le ibride associano la praticità di rifornimento e l autonomia tipiche delle auto a benzina. Le ibride in commercio sono auto di medie e grandi dimensioni, e possono annoverare tra le loro fila persino dei SUV (Tuareg della Volkswagen e Cayenne della Porsche). Le elettriche invece, complice anche la modesta autonomia, sono prevalentemente di dimensioni medio-piccole. Qualche produttore ha persino scommesso su un segmento di mercato ancora praticamente inesplorato, cioè quello delle vetture micro a due posti, studiate per superare in maniera intelligente e sostenibile il traffico urbano. E il caso ad esempio del Birò (Estrima), piuttosto che del Twizy della Renault o della stessa Smart. Anche il settore delle moto e degli scooter elettrici da alcuni segni incoraggianti. Il comparto degli scooter a nostro giudizio si presterebbe molto bene alla conversione elettrica, in quanto il tragitto medio giornaliero ha una lunghezza assolutamente compatibile con l autonomia delle batterie (60-80 km). Un capitolo a parte meritano le biciclette a pedalata assistita, impiegate anche in alcuni sistemi di bike sharing. Cosa si può dire riguardo a questo settore? Crediamo che le bici a pedalata assistita (cosiddette pedelec) siano una delle espressioni più evidenti di mobilità sostenibile, dove la sostenibilità è intesa a 360 gradi: riducendo lo sforzo fisico necessario, mettono la bicicletta a portata di anziani e ne ampliano l utilizzo anche a città con rilevanti saliscendi. E il caso di Genova, dove il servizio di 54

55 bike sharing è dotato di pedelec, per via della conformazione della città. Ma la bici elettrica, come da molti è chiamata, a nostro parere dovrebbe essere confrontata non con una bici, ma piuttosto con uno scooter 50 cc, se non altro nei tragitti urbani. Se è vero infatti che è più lenta (max 25 km/h per poter essere considerata alla stregua di una bici, per il codice della strada), ha numerosi altri vantaggi, primo tra tutti quello economico. Costa molto meno sia in fase di acquisto che soprattutto in fase di gestione: non si paga né bollo né assicurazione e si spende meno di 20 centesimi di euro per fare più di 100 km, alla faccia degli aumenti della benzina! Altri vantaggi: il rifornimento non è vincolato ai benzinai (dato che la batteria si sfila agilmente e si può ricaricare in qualsiasi presa elettrica, a casa, al lavoro, ), e anche se si dovesse restare a secco ci sono i pedali! Per incentivare l uso dei veicoli elettrici in ambito urbano appare molto importante l aspetto legato alla ricarica per chi non dispone di un box auto con presa elettrica domestica. In alcune città esistono diverse colonnine pubbliche. Quale è lo stato attuale delle stazioni di ricarica in termini di diffusione, modalità di utilizzo, compatibilità con i diversi veicoli e costi per l utenza? Purtroppo il panorama non è dei migliori. Sono prevalentemente pubbliche, ma il loro effettivo utilizzo è purtroppo ancora dubbio, un po perché molte non sono ancora attive, un po perché le auto elettriche in circolazione sono ancora effettivamente molto poche. Bisognerebbe favorire la diffusione delle colonnine di ricarica (rapida, possibilmente) anche in realtà private come parcheggi di supermercati e grandi aziende, in modo da facilitare la ricarica anche mentre si va a fare la spesa o si sta lavorando. Ma per fare questo c è ancora molto da fare, sia dal punto di vista tecnologico (ricarica rapida) che normativo, e le realtà virtuose scarseggiano. Al momento, in ogni caso, sembra impensabile poter possedere ed utilizzare un auto elettrica senza avere la possibilità di ricaricarla a casa. Sempre con riferimento alla questione ricarica, si parla spesso di utilizzare a tale scopo energia fotovoltaica, ad esempio sfruttando pannelli solari da installare su pensiline o parcheggi. Esistono sistemi di questo tipo 55

56 effettivamente in uso nelle nostre città? Che particolarità presentano dal punto di vista di funzionamento e dei costi? Abbinare energia elettrica da fonte rinnovabile alla ricarica di auto elettriche è sicuramente una buona cosa. Non dimentichiamo però che l energia elettrica è ancora prevalentemente prodotta da fonti fossili, il che significa che l auto elettrica di per sè non risolve al 100% i problemi ambientali ed energetici legati alla mobilità. Tutto dipende da come si produce l energia. Per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici su pensiline o parcheggi, c è da fare una distinzione sul piano del funzionamento: in alcuni casi la pensilina è scelta come struttura di sostegno per l installazione di pannelli fotovoltaici solo perché ben esposta e perché permette un integrazione architettonica dei moduli, ma nella pensilina non sono presenti prese per la ricarica. In altri casi invece il sistema è integrato e comprende anche la ricarica, ed è studiato per poter ricarica anche direttamente il veicolo elettrico, senza passare dalla rete elettrica. Purtroppo però, di sistemi come quest ultimo se ne vedono ancora pochi in Italia. Abbiamo dato uno sguardo al panorama italiano nel campo della mobilità elettrica. Cosa avviene invece in campo internazionale? Quali sono le esperienze più innovative in merito e le linee di ricerca su cui si lavora? A livello internazionale c è molto fermento su diversi fronti. Fioriscono nuovi modelli di auto elettriche di case automobilistiche più o meno conosciute e c è molta attenzione sulle prestazioni, non solo delle batterie ma anche del motore in termini di massima velocità raggiungibile. In Giappone è da rilevare il diffusissimo utilizzo di bici elettriche, con una multinazionale come la Panasonic che ha un catalogo invidiabile di mezzi, e anche negli Stati Uniti e in Europa le bici elettriche si stanno diffondendo sempre più. I sistemi di rifornimento (sia ricarica che sostituzione delle batterie) sono oggetto di ricerca anche universitaria. Su tutte, le ricerche sulla ricarica wireless del MIT e dell università di Stanford. *** 56

57 11. L auto elettrica: il presente e le prospettive future La mobilità elettrica costituisce uno dei punti di forza delle iniziative di mobilità sostenibile, grazie al fatto che offre la possibilità di muoversi senza produrre emissioni di sostanze inquinanti e di gas serra, e generando rumore scarso o del tutto assente. È tuttavia importante osservare che, per avere un ciclo di produzione e consumo dell elettricità utilizzata per i veicoli che sia effettivamente ad impatto zero, occorre che l elettricità stessa sia prodotta da fonti rinnovabili (mentre oggi l energia elettrica utilizzata in Italia è prodotta utilizzando soprattutto combustibili fossili). L uso di veicoli elettrici per gli spostamenti in ambito urbano consente in ogni caso di tenere lontane dalle città le emissioni eventualmente generate presso i siti di produzione dell elettricità stessa, a differenza dei veicoli tradizionali (le cui emissioni sono riversate direttamente nelle città). L uso di auto elettriche invece di auto a benzina non risolve il problema del traffico in termuni di congestione stradale, ma riduce i consumi di energia e le emissioni inquinanti e di gas serra. Le auto elettriche hanno ormai raggiunto prestazioni di tutto rispetto 7. Le auto possono essere ricaricate attraverso la rete domestica o dalle apposite colonnine impiegando la tecnologia alla base dei contatori elettronici dell energia elettrica in uso in Italia. Gli 7 Ecco ad esempio le prestazioni della Nissan Leaf, L'autonomia dichiarata è intorno ai 160 km. La ricarica dura circa 7 ore da una normale presa domestica, mentre avendo la possibilità di usufruire di una stazione di ricarica rapida, bastano 30 minuti per raggiungere l'80% della sua capacità totale. La velocità massima è autolimitata a 145 km/h e il passaggio da 0 a 100 km/h avviene in 11,9 secondi. 57

58 automobilisti possono informarsi in tempo reale (via internet) su quali sono i punti di ricarica liberi. In alcune sperimentazioni (Berlino) è stata inoltre realizzata un unità di bordo che, comunicando con la stazione di ricarica, contribuisce a ricaricare la batteria automaticamente ad un prezzo conveniente quando la rete non è sovraccarica (ad esempio negli orari di minore consumo energetico). In molti casi è possibile inoltre utilizzare esclusivamente elettricità prodotta da fonti rinnovabili. In diverse regioni italiane sono stati avviati progetti per nuove reti di ricarica per auto elettriche, con punti di ricarica sia su suolo pubblico che in ambito privato (come condomini, box e parcheggi aziendali). Diverse sono le linee di ricerca. Una di esse prevede ad esempio la sostituzione rapida delle batterie scariche nelle auto elettriche, offrendo una valida alternativa alla ricarica veloce (che stressa notevolmente le batterie, siano esse al Litio o al Ni-Mh). L utilizzo di questo sistema consentirebbe di effettuare la ricarica delle batterie nel periodo notturno ed in modalità lenta, sfruttando i punti di assistenza dislocati sul territorio per la ricarica veloce o la sostituzione delle batterie stesse. La sostituzione, in particolare, è una operazione che potrebbe essere eseguibile in appena 3 minuti. Un altro filone di ricerca riguarda la realizzazione di parcheggi con celle solari per ricaricare l auto nelle soste. L idea è convertire delle semplicissime pensiline in parcheggi auto-ricaricanti. Ad esempio, durante la giornata lavorativa, nelle 6-8 ore in cui l auto rimane ferma al parcheggio, la si potrebbe ricaricare a costo zero. Le spese di installazione, per quanto contenute, potrebbero comunque essere condivise dagli utenti o sovvenzionate dalle amministrazioni. In un anno ogni parcheggio potrebbe arrivare a generare fino a kwh, con valori di picco di 1,5 kw. Ma quali sono le criticità legate all uso di auto elettriche? Una delle più importanti riguarda il modo di produrre l elettricità utilizzata: se essa fosse generata da fonti fossili (carbone, petrolio, gas o combustibile nucleare), quali sarebbero i reali benefici nell uso dei veicoli elettrici? In effetti, la produzione da fonti fossili di elettricità da usare per il movimento dei veicoli provocherebbe più emissioni di 58

59 CO2 (anidride carbonica) rispetto a quelle generate dall uso dei tradizionali motori a benzina o gasolio. La vera mobilità pulita (a emissioni zero) con i veicoli elettrici si ottiene solo utilizzando energia prodotta da fonti rinnovabili. Per raggiungere questo obiettivo è necessario però un grande sforzo congiunto da parte dei governi nazionali, responsabili della pianificazione energetica e delle misure di tutela ambientale. Secondo alcune stime, il fabbisogno di elettricità necessario per soddisfare i consumi delle nuove auto elettriche sarà relativamente basso (es. con 30 milioni di veicoli elettrici o ibridi plug-in in circolazione nell Unione Europea, l aumento della domanda di elettricità sarebbe solo del 3% rispetto a quella attuale). Il problema sarà quello di gestire correttamente questa domanda aggiuntiva di elettricità, per evitare che il maggior fabbisogno possa provocare un aumento della produzione di elettricità da combustibili fossili. Una possibilità tecnologica potrebbe essere offerta dall installazione nelle nuove auto elettriche di contatori intelligenti, che siano in grado di mettere in carica le batterie dei veicoli solo in caso di eccedenza di energia nella rete. Questo accorgimento tecnico richiederà però un adeguata standardizzazione di tecnologie e processi, e l introduzione sul larga scala dello stesso in tutta Europa. Occorre peraltro ricordare che gli stati membri dell Unione Europea hanno l obiettivo di raggiungere nel settore dei trasporti la quota del 10% di energia prodotta da fonti rinnovabili (comprendendo in esse anche i biocarburanti, che tuttavia hanno altre controindicazioni, relative soprattutto al consumo di suolo e di risorse agricole a scopi non alimentari). In ogni caso il dibattito sull argomento è molto acceso. Alcuni studi prefigurano una prossima impennata nella diffusione delle auto elettriche, motivata da una serie di considerazioni. In primo luogo l introduzione, soprattutto nelle città, di limiti di emissione e circolazione sempre più stringenti. Poi, la diffusione di accordi industriali tra i produttori di automobili che, per abbattere i costi e coprire tutti i segmenti, condividono numerose componenti, motori inclusi. Si aggiunga il continuo miglioramento di batterie e tecnologie 59

60 correlate, che consente un aumento dell autonomia ed una progressiva riduzione di pesi, consumi e costi. Infine, l esperienza fin qui maturata grazie alla ricerca, allo sviluppo ed alla produzione di veicoli ibridi. Per quanto riguarda la rete elettrica, occorre osservare come le nuove auto elettriche potrebbero costituire un importante elemento del sistema energetico. Le auto possono essere viste proprio come una risorsa per l accumulo di energia elettrica, visto che verranno prevalentemente ricaricate nelle ore notturne (quando il carico sulla rete è basso) ed utilizzate di giorno (consumando l energia già immagazzinata, senza andare ad aumentare il carico elettrico diurno sulla rete). Si prefigura quindi un interessante elemento di ottimizzazione del carico e della capacità elettrica a livello di sistema nazionale, ma anche a livello di sottosistemi locali grazie allo sviluppo ed utilizzo delle reti intelligenti (Smart Grids), moderna ed innovativa tecnologia di distribuzione dell elettricità. Le posizioni rispetto a questi scenari sono numerose ed interessanti. Gli scettici evidenziano ad esempio il costo ancora alto dei veicoli a fronte del comfort (lontano da quello delle auto tradizionali), il probabile aumento di tassazione che interesserà l energia elettrica (per compensare i cali di introito fiscale sulla benzina) ed infine l insufficienza della rete elettrica in caso di massiccia diffusione dei veicoli elettrici. I favorevoli ricordano l effettiva utilità della diffusione delle auto elettriche come risposta al problema della crescente congestione stradale, osservando però come esse possano risultare utili solo in città, e peraltro in aggiunta a sostanziali interventi di gestione/inibizione del traffico privato e di potenziamento del trasporto pubblico. Si ritiene importante inoltre attuare una politica nazionale di sostegno economico al settore della mobilità elettrica, accompagnata da una adeguata politica energetica (che favorisca ad esempio le fonti rinnovabili), e tenendo presente che le prestazioni legate ad autonomia e comfort sono in continuo miglioramento. Sarebbe inoltre particolarmente utile, almeno in una fase iniziale, il coinvolgimento degli Enti Locali a livello di acquisizione di mezzi elettrici per il proprio parco vetture. 60

61 Numerosissimi servizi pubblici infatti sono caratterizzati da impiego dei mezzi continuativo e costante, le cui caratteristiche sono conosciute e facilmente programmabili e monitorabili (es. ore di utilizzo, km da percorrere giornalmente, punti di ricovero, programmi delle manutenzioni periodiche, ecc.). Sarebbe quindi opportuno che le amministrazioni imponessero l uso di veicoli elettrici per tutti i servizi da esse effettuati in ambito urbano a mezzo automobile (es. servizi postali, ispezioni periodiche della rete stradale, manutenzione, ecc.), in quanto si potrebbe creare un buon volano per l industria dei veicoli e delle infrastrutture di rete. Si spera che la volontà politica di supportare la diffusione di auto elettriche possa essere superiore alle pressioni che, inevitabilmente, arriveranno in senso contrario. 61

62 12. Il retrofit elettrico: stessa auto, nuovo motore intervista a Daniele Invernizzi Una delle prospettive più promettenti per la diffusione dei mezzi elettrici è data dal cosiddetto retrofit cioè dalla conversione delle auto tradizionali in auto elettriche, molto più economica rispetto all acquisto di una auto elettrica nuova. Tra i principali operatori in tema di retrofit c è Ecars-now!, della quale ci parla uno dei fondatori Daniele Invernizzi. *** Presentiamo ecars-now! Chi siete, cosa fate, e soprattutto perche? Ecarsnow è un associazione nata e ripresa da un iniziativa finlandese. L obiettivo comune è la mobilità elettrica, e nello specifico il retrofit elettrico, che è il passaggio più semplice per arrivare ad avere mezzi elettrici nelle nostre strade, alla portata di tutti. Il messaggio è chiaro: il retrofit analizza delle vetture che già esistono e non devono essere fabbricate appositamente, le modifica togliendo il vecchio motore termico in ragione di un moderno ed efficiente motore elettrico con tutta l elettronica di contorno ed, ovviamente, le batterie. Il retrofit reinventa le auto in chiave ecologica ed economica. Parliamo dell efficienza energetica e del risparmio economico che si può ottenere sostituendo i motori tradizionali con i motori elettrici. Una questione di importanza notevole, specie in tempi di crisi. 62

63 Il motore delle auto normali, anche le più moderne, si chiama termico e con la parola termico i tecnici hanno riassunto quello che rappresenta il motore a benzina: una caldaia, che ci fa anche muovere, ma che principalmente produce calore. In parole povere, ipotizzando di introdurre 100 unità di carburante, lui ci restituirà circa 20 unità di energia meccanica per muoverci, mentre il resto diventerà calore (assieme agli scarti, ovvero i fumi e le polveri sottili). Attualmente nel motore elettrico a fronte di 100 unità riceveremo circa 65 unità di energia meccanica, questo si traduce in circa 150 km percorsi con circa 1,90 euro di energia elettrica e quasi zero manutenzione, perché non ci sono cambi olio, filtri, candele, marmitte. John Ford, visionario creatore della nota casa automobilistica, era solito dire che più cose si muovono in un auto, più sarà facile che questa si guasti. Si dice che le auto elettriche consentano anche di ridurre l emissione di sostanze inquinanti e soprattutto dei gas serra, responsabili dei cambiamenti climatici in atto (ormai impossibili da contestare). E davvero così? Le auto elettriche sono ZEV: Zero Emission Vehicles, il che significa che non emettono nemmeno un grammo della famigerata anidride carbonica, la CO2, e nemmeno perdono olio (lo si trascura, ma un motore termico che gocciola olio inquina in maniera considerevole). C è un altro aspetto importante da ricordare in favore dell abbattimento di emissioni di CO2: il retrofit recupera auto per le quali l ambiente ha già pagato un prezzo, in termini di energia usata per fabbricarle e CO2 versata nell atmosfera durante la loro vecchia vita termica. L uso di motori elettrici ci consentirebbe di ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Producendo inoltre elettricità da fonti rinnovabili potremmo ridurre anche la dipendenza da altre fonti fossili (come gas e carbone). Approfondiamo questi aspetti legati alla strategia energetica nazionale. Se domani dovessimo tutti convertire le nostre auto e trasformarle in elettriche, le centrali energetiche potrebbero sopperire tranquillamente a questa richiesta, e comunque di norma la maggiore richiesta di energia per le ricariche avverrà di notte, quando i consumi 63

64 tradizionali sono più ridotti. Aggiungiamo a questo l energia risparmiata per la produzione, il trasporto e la commercializzazione dei combustibili fossili! La produzione da rinnovabili aumenta costantemente, e comunque non dimentichiamo che l auto elettrica non sposta il problema dell inquinamento dalle città alle centrali elettriche: la rete elettrica, in termini di energia prodotta, rende più di un motore termico, le emissioni sono molto più controllate e la produzione sempre più rinnovabile. Privati e aziende possono scegliere di acquistare energia verde, incentivandone sempre di più la produzione. Da non dimenticare infine che è già possibile generarsi da soli l energia, e in futuro sarà sempre più semplice ed economico. Da quanto abbiamo detto pare che la mobilità elettrica sia una vera e propria rivoluzione energetica, economica ed ambientale, e che peraltro sarebbe stata già pronta a manifestarsi da tempo. Perchè allora sta arrivando solo ora? E vero che c è chi ha avuto l interesse a contrastare lo sviluppo dei veicoli elettrici? L auto elettrica è nata assieme, se non prima, all auto termica. Come tutte le grandi rivoluzioni, quella della mobilità portava con se vantaggi e svantaggi. All inizio le batterie non erano vantaggiose, anche se il rendimento delle auto elettriche era notevole, la loro manutenzione più economica etc Investendo nell auto a benzina, poi, si sono creati interessi enormi: in primis il petrolio ma anche ricambi, manutenzione, fine vita etc Negli anni i motori elettrici si sono sviluppati molto più di quelli termici e sono stati inseriti con successo nell industria ed in altri settori, ma molto meno nei trasporti. Anche le batterie si sono sviluppate, diventando sempre migliori. I motori termici invece non sono cambiati molto, ed hanno avvelenato il mondo che conosciamo. Ma hanno arricchito e creato enormi interessi, superiori a quelli legati all ambiente o al risparmio dell utente finale: perché mai l industria avrebbe dovuto privarsene? Non si tratta di segreti industriali, complotti o piani segreti, ma principalmente di affari: ciò che è molto conveniente per l acquirente lo è poco per l industria. È una legge dell economia. 64

65 Negli ultimi anni però è cambiato il nostro modo di comunicare, di essere critici, di valutare e paragonare, è cambiata la sensibilità ambientale ed economica, per questo l auto elettrica sarà il nostro nuovo modo di muoverci, anche se si qualcuno farà di tutto perché questo avvenga il più tardi possibile. Ecco infine uno spazio a vostra disposizione: fate il vostro appello a chi volete (cittadini, potenziali collaboratori, istituzioni, ecc.). Alle istituzioni rivolgiamo un appello, che si unisce a quello di molte altre realtà: snellire le pratiche burocratiche per la reimmatricolazione dei veicoli elettrici, incentivandoli. Creare finanziamenti e incentivi mirati alla conversione trascina dietro di se una serie di vantaggi enormi che non possono più essere dimenticati in favore di altri interessi: il primo vantaggio è quello ambientale, che viaggia di pari passo con quello economico. Voglio utilizzare la frase ascoltata durante un workshop molto importante dal rappresentante di una importantissima casa automobilistica: se cento anni fa avessimo scelto l auto elettrica ed oggi qualcuno venisse a proporci di cambiarla con il miglior modello di auto a benzina che vi possa venire in mente, lo guarderemmo come un pazzo. Oggi invece ci sentiamo dei pazzi a guidare una caldaia. *** 65

66 13. Il Car Sharing: condividere l auto senza possederla Quanti di voi hanno mai sentito parlare dei servizi di Car Sharing? Siete a conoscenza di tutti i vantaggi che offre? Eccone alcuni: accesso libero alle zone a traffico limitato; parcheggio gratuito sulle strisce blu; accesso alle corsie preferenziali dei taxi e degli autobus; nessuna limitazione a causa di blocchi del traffico, targhe alterne e provvedimenti analoghi; veicoli sempre disponibili in aree di sosta riservata; prenotazione telefonica o via web; nessun costo aggiuntivo (anche il carburante è compreso nel prezzo del servizio); auto nuove e costantemente revisionate; interoperabilità totale con i servizi di car sharing di altre città. E potrei continuare ancora. Molti però non sono a conoscenza del servizio, che consente a chi fa un uso sporadico dell'auto (o magari ne ha due e una la usa poco) di liberarsene, risparmiando una gran quantità di denaro legata ai costi fissi (assicurazioni, tagliandi, ecc.) e risolvendo una volta per tutte il problema della mancanza del parcheggio. In Italia i servizi aderenti al circuito nazionale contano diverse migliaia di iscritti, per una media di oltre 30 utenti per ogni auto. Anche le aziende si rivolgono sempre più spesso ai servizi car sharing. Da una ricerca sul settore, realizzata dal circuito nazionale Iniziativa car sharing 8 (ICS), emerge infatti che ad essere abbonate al car sharing sono in prevalenza aziende private (92%) e che poco meno della metà di queste (il 40%) non ha un auto di proprietà. Si tratta nell assoluta maggioranza di aziende piccole, con meno di 15 dipendenti, e che sono situate nel 40% dei casi all interno di zone a traffico limitato (ZTL) o in aree che prevedono il pagamento della sosta

67 in strada. Per quanto riguarda invece le aziende della pubblica amministrazione, solo l 8% di esse ricorre al car sharing, ma la quota è in aumento. La continua evoluzione dei sistemi di car sharing porta con sé interessanti iniziative, come ad esempio la possibilità di integrare i servizi di car sharing con quelli di bike sharing. Questi sistemi ben si prestano infatti ad essere integrati nell ambito dell offerta di mobilità urbana delle città. Sono state avviate anche in Italia alcune valide esperienze di integrazione, che fanno leva su agevolazioni tariffarie e di servizio offerte a chi aderisce ad entrambe le iniziative. In Italia il settore è in crescita ininterrotta fin dall avvio delle prime esperienze, che risalgono al Secondo le indagini di soddisfazione dei clienti realizzate dal circuito nazionale Iniziativa Car Sharing (ICS), l utente che sceglie il car sharing ha generalmente problemi di parcheggio (perché non possiede un box per il ricovero dell auto o perché la sosta su strada è tariffata), e questo spiega il fatto che la scelta di rinunciare all auto di proprietà per passare al car sharing sia più spontanea e frequente nelle grandi città. Ma è importante capire anche cosa avviene negli altri Paesi. Le esperienze che giungono dall estero consentono di capire bene quali sono le potenzialità dei servizi di car sharing e le innovazioni allo studio in questo importante ed innovativo settore. Parigi costituisce uno dei migliori esempi in Europa per le iniziative di car sharing, grazie al progetto Autolib, con una flotta di centinaia di auto elettriche disponibili 24 ore su 24 in numerose stazioni di noleggio, distribuite nella capitale e nella sua periferia. Le vetture elettriche possono inoltre essere ricaricate gratuitamente grazie ad apposite colonne distribuite sia nelle zone centrali che in quelle periferiche. Anche in Gran Bretagna il car sharing è molto diffuso, grazie a tante iniziative ben studiate. Si passa dal coinvolgimento delle autorità locali (enti pubblici, università, ecc.) alla sperimentazione di vetture elettriche, al lancio di campagne promozionali per la rottamazione delle auto di proprietà. Non mancano le iniziative legate all utilizzo delle vetture di proprietà dei membri (ad esempio, Commonwheels ha messo a punto uno schema che include le auto di proprietà dei membri 67

68 in cambio di tempo gratuito di utilizzo) e, soprattutto, alla sperimentazione degli spostamenti di sola andata. In Gran Bretagna i car club sono in effetti dei catalizzatori che favoriscono cambiamenti di comportamento e la nascita di altre iniziative. Le autorità locali che hanno adottato i car club come parte integrante di una più ampia strategia dei trasporti sono state infatti in grado di inserire la progettazione dei car club stessi nei nuovi insediamenti abitativi, nelle nuove aree di parcheggio e nelle nuove infrastrutture di trasporto. Anche in in Canada e in Nord America il car sharing conta ottimi numeri, soprattutto grazie al successo di Communauto 9 e Zipcar 10. A Toronto le autorità cittadine hanno lavorato molto sul tema dei parcheggi: i gestori del car sharing hanno infatti tratto vantaggio dalle compensazioni garantite ai costruttori di nuovi condomini che destinavano dei posti auto al car sharing negli edifici di loro costruzione. Non mancano innovazioni come l utilizzo di cellulari di ultima generazione per l accesso alle vetture. E grazie al progresso tecnologico, i sistemi di car sharing sono in costante evoluzione, con innovazioni continue nel servizio e nell organizzazione che li rendono sempre più attrattivi. Uno dei più riusciti sistemi innovativi di car sharing è il progetto Car2go 11, diffuso in diverse città in Europa ed in Nord America. L idea di Car2go costituisce una innovazione del tradizionale servizio di carsharing: gli iscritti possono prenotare on-line un automobile, ritirarla nel punto della città più vicino e riportarla in un qualsiasi altro parcheggio pubblico presente nel territorio coperto dal servizio. Si supera quindi uno dei principali problemi del car-sharing, e cioè quello di essere vincolati a restituire l auto nello stesso punto in cui la si è presa. Inoltre, la grande flessibilità consente anche utilizzi di pochi minuti, come pure la possibilità di noleggiare l auto sul momento invece che prenotarla con anticipo. Come funziona il servizio? Sulla patente di guida del cliente viene applicato un sigillo elettronico che consente di aprire le Smart ed

69 accedere al servizio. Chiunque avesse bisogno di un auto può noleggiarla salendo direttamente a bordo di una delle vetture disponibili (accedendo a qualsiasi auto libera, grazie ad un lettore di smart card applicato dietro il parabrezza), oppure può prenotarla con il cellulare o su Internet. Il prezzo è di pochi centesimi di euro al minuto, comprensivi di carburante, bollo e assicurazione, e non ci sono limiti di tempo. Tutte le vetture sono collegate ad un centro operativo e geolocalizzabili in tempo reale. Nelle soste intermedie, ad esempio per fare acquisti, la vettura rimane a disposizione dell utente. Ed è sempre possibile trovare un auto libera entro un raggio di pochi minuti a piedi. Molti sono i vantaggi rispetto al car-sharing tradizionale: oltre al già ricordato punto di forza di fare spostamenti di sola andata (lasciando l auto in un punto diverso da quello di partenza), il progetto prevede anche l impiego di un addetto per il pieno: se l auto parcheggiata ha una quantità di carburante minima, la centrale operativa invia un addetto che si occuperà del pieno, del lavaggio e del ripristino di eventuali danni. Un ulteriore passo avanti è dato dai cosiddetti sistemi di car sharing peer-to-peer, che prevedono l uso di vetture di proprietà degli stessi utenti. In questo modo, chi non vuole rinunciare all auto di proprietà ha però la possibilità di monetizzare il tempo in cui non la usa, concedendone l uso agli altri utenti. Ricordiamo sempre che ogni auto è praticamente ferma 23 ore su 24 ogni giorno. Indipendentemente dal tipo di sistema (chiuso o aperto, tradizionale o peer-to peer, ecc.), quello che risalta è la progressiva diffusione dell idea che un auto la si può usare anche senza necessariamente possederla, cosa che nel nostro Paese, per molti anni, risultava semplicemente inconcepibile. La condivisione di un mezzo, e non il suo semplice, banale, costoso (e spesso inutile) possesso, è una delle soluzioni al problema della congestione stradale e dei costi ad essa correlati. 69

70 14. L infomobilità: muoversi con l aiuto della tecnologia Ognuno di noi, che si muova in auto, a piedi, o in qualsiasi altro modo, è ben felice di poter utilizzare informazioni precise e puntuali di supporto al suo spostamento. La possibilità di inviare, raccogliere e scambiare dati ed informazioni per chi si muove (ad esempio con l aiuto di un navigatore satellitare o con informazioni relative alle zone a traffico limitato) o per gestire servizi legati alla mobilità è attuabile per mezzo di una serie di strumenti e tecniche in rapida e continua diffusione. Conoscere in anticipo la situazione della viabilità permette ad esempio una migliore pianificazione dei propri spostamenti, riducendo sensibilmente il problema delle code e dei conseguenti disagi (stress, inquinamento, ecc.). Numerose città usano le tecnologie di infomobilità a questo scopo. Ma cos è l infomobilità? La parola infomobilità indica l insieme di procedure, sistemi e strumenti basati sui sistemi intelligenti di trasporto ( ITS ), che permettono di migliorare la mobilità di persone e merci grazie alla raccolta, elaborazione e distribuzione di informazioni 12. I progressi dei servizi di infomobilità seguono gli sviluppi della tecnologia dell informazione. Le applicazioni possono essere utilizzate sia dagli operatori della mobilità, sia dagli utenti dei servizi. I servizi di infomobilità costituiscono un supporto per la gestione dinamica del trasporto pubblico, del traffico stradale, delle flotte di veicoli, delle infrastrutture di trasporto, ecc. grazie alla disponibilità di informazioni in tempo reale. Sono stati sviluppati sistemi informativi 12 Definizione del gruppo Intelligent Energy della Commissione Europea 70

71 integrati dedicati al trasporto, dove tutti gli elementi sono reciprocamente interconnessi allo scopo di far funzionare la rete dei trasporti in modo più efficiente, diminuendo i tempi di percorrenza ed i consumi energetici. Ma quali sono i reali vantaggi offerti dai servizi di infomobilità? Ai viaggiatori si facilita la scelta tra diversi modi di trasporto, grazie ad un ampia gamma di informazioni preziose, in particolare sulla situazione in tempo reale (come ad esempio sui flussi di traffico o sui passaggi degli autobus). Di conseguenza, questi servizi permettono ai cittadini di pianificare i loro spostamenti da casa (prima di partire) e, in qualche caso, anche di modificarli durante il viaggio stesso. Agli Enti Locali si permette di gestire informazioni provenienti dal territorio per distribuirle ai cittadini tramite appositi servizi allo scopo di aumentare la sicurezza, razionalizzare gli spostamenti, e far funzionare meglio la città (ad esempio, in situazioni di emergenza). Agli operatori del trasporto si offre la possibilità di gestire più efficacemente le operazioni grazie alla disponibilità di un gran numero di informazioni. Analogamente, per i gestori di flotte è possibile avere costantemente sotto controllo, oltre ad informazioni di carattere generale, la localizzazione ed il percorso di mezzi e merci. In entrambi i casi si possono conseguire forti recuperi di efficienza e risparmi economici. La diffusione degli smarthpone ha poi consentito la nascita di numerose applicazioni di infomobilità, che ogni cittadino puà utilizzare per facilitare i propri spostamenti. Da quelle che informano sui passaggi in tempo reale degli autobus in ogni città, a quelle che consentono di seguire l andamento dei treni. Ed ancora: esistono applicazioni che aiutano a localizzare sulla mappa la dislocazione delle colonnine elettriche o delle ciclostazioni di bike sharing, ma anche navigatori evoluti che consentono di condividere informazioni in tempo reale tra gli automobilisti e di segnalare autovelox, indicenti e problemi vari (come Waze o icoyote). In definitiva, lo sviluppo tecnologico viene in aiuto dei cittadini in movimento con piccole ma significative facilitazioni agli spostamenti di ognuno. Almeno da questo punto di vista, si può stare sicuri che in futuro la situazione potrà solo migliorare. 71

72 15. Il Mobility Manager: chi è costui? Quella del mobility manager è una vera e propria figura professionale, che propone una serie di alternative all uso dell auto privata immediatamente disponibili ed a basso costo. Come previsto dalla legge 13, gli enti pubblici con più di 300 dipendenti per unità locale e le imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti, devono individuare un responsabile della mobilità del personale, definito, per l appunto, Mobility Manager. A distanza di diversi anni dall introduzione di questa figura nel quadro legislativo nazionale, esistono tuttavia ancora molte amministrazioni ed aziende che, pur soggette all obbligo di nomina, non hanno provveduto ad individuare il responsabile della mobilità dei loro dipendenti. D altra parte, ci sono interessanti esperienze relative alla nomina di mobility manager con riferimento ad un intero distretto industriale (superando quindi la semplice dimensione aziendale). La legge individua due possibili figure: il Mobility Manager di azienda ed il Mobility Manager di area. Il Mobility Manager di azienda ha l incarico di ottimizzare gli spostamenti sistematici dei dipendenti. Egli ha l obiettivo di ridurre l uso dell auto privata adottando, tra l altro, strumenti come il Piano spostamenti casa-lavoro (PSCL), con cui si favoriscono soluzioni di trasporto alternativo a ridotto impatto ambientale (car pooling, car sharing, bike sharing, trasporto a chiamata, navette dedicate, facilitazione degli spostamenti ciclabili, ecc.). 13 Cfr. Decreto interministeriale Mobilità sostenibile nelle aree urbane del 27/03/

73 Gli obiettivi riguardano in generale la riduzione del traffico veicolare privato e delle sue conseguenze nocive: consumo di energia; inquinamento atmosferico ed acustico; emissioni di gas serra; congestione ed incidentalità stradale. Dal 2000 la normativa nazionale ha introdotto il Mobility Manager di area, figura di supporto e coordinamento dei responsabili della mobilità aziendale, istituita presso l Ufficio Tecnico del Traffico dei Comuni di media e grande dimensione. Egli è adibito a mantenere i collegamenti con le strutture comunali e le aziende di trasporto locale, a promuovere le iniziative di mobilità di area, a monitorare gli effetti delle misure adottate e coordinare i piani spostamento casa-lavoro delle aziende. Ogni azienda deve comunicare la nomina del Mobility Manager aziendale al Mobility Manager di area del Comune. Sono molte le iniziative che possono essere adottate dai mobility manager per favorire un minor uso del mezzo privato a favore del trasporto pubblico. Un interessante iniziativa riguarda ad esempio l adozione del Ticket Mobilità. Si tratta di un voucher (analogo ai buoni pasto aziendali) che consente l acquisto di beni e servizi legati alla mobilità a basso impatto. I ticket, che possono avere valori differenziati, consentono ai dipendenti delle aziende aderenti di acquistare presso gli esercizi convenzionati beni (auto bifuel, impianti metano/gpl per auto, biciclette tradizionali ed a pedalata assistita) e servizi (es. titoli di viaggio per il trasporto pubblico o crediti per l uso del car-sharing). I dipendenti possono inoltre acquistare veicoli a trazione elettrica, carburante a basso impatto ambientale e ticket per la sosta di veicoli elettrici o ibridi. Questa iniziativa merita di avere larga diffusione. Si tratta di una forma di reddito a destinazione d uso vincolata: il dipendente riceve una parte del suo stipendio sotto forma di buoni per la mobilità, che può spendere in modo differente, ma sempre nell ambito di beni o servizi legati alla mobilità a basso impatto ambientale. Specie in tempi di crisi economica, favorire per i propri dipendenti l uso di forme di mobilità più sostenibili ed economiche dell auto privata può rivelarsi per le aziende una buona forma di sostegno ai lavoratori. 73

74 Altra interessante novità è la sperimentazione di Genova in tema di crediti di mobilità. Si tratta di un modello innovativo per razionalizzare e migliorare il traffico generato dalla distribuzione delle merci, garantendo al contempo le esigenze di rifornimento e consegna degli operatori economici della ZTL. Il sistema funziona attraverso lo scambio di una moneta virtuale (i crediti di mobilità, appunto) che vengono spesi in funzione sia del numero che dei mezzi utilizzati per il rifornimento e la consegna delle merci. Molte altre iniziative possono essere prese dai mobility manager per aiutarci a muoverci in modo più facile e più economico: occorre però spingere aziende ed Enti a fare la loro parte, avvalendosi di queste figure come previsto dalla legge e dalle normative. 74

75 16. La città vive : i tempi, gli orari, la logistica Esattamente come nel caso di mille altri sistemi (meccanici e non) con cui abbiamo a che fare in ogni momento della nostra giornata, anche nel caso della mobilità di una città si può parlare di sistema dinamico. Esistono infatti numerose componenti fisse (strade, edifici, ecc.) e molte altre mobili (veicoli, persone, ecc.) che interagiscono tra loro, influenzate da fattori esterni spesso ingovernabili (es. condizioni meteo). Il tutto fa sì che venga a costituirsi, appunto, un sistema dinamico. Perché tutto funzioni, e cioè perché le condizioni di circolazione e di sicurezza siano ottimali, è necessario che l interazione tra persone, veicoli e rete stradale sia tale da funzionare in modo efficiente. Quando questo non succede, iniziano i problemi: congestione stradale, tempi di percorrenza che saltano, scarsa sicurezza. Come migliorare questa situazione? Qui siamo nel campo della pianificazione urbana dei trasporti. Si tratta di intervenire in questo sistema, per quanto possibile e compatibilmente con i poteri a disposizione dei pianificatori comunali, per cercare di governare efficacemente la mobilità cittadina. Bisogna intervenire con regole e vincoli, ma lasciando tuttavia a chi si deve muovere un certo grado di libertà nel farlo con i modi ed i tempi che preferisce. A questo proposito, esistono un paio di strumenti molto efficaci ma purtroppo ancora poco usati, che possono consentire a chi ha in carico di gestire il sistema della mobilità di una città di evitare situazioni inaccettabili (come i fenomeni di congestione da traffico). Si tratta del 75

76 Piano dei Tempi e degli Orari e del Piano della Logistica Urbana. Vediamo di cosa si tratta. Con il Piano dei Tempi e degli Orari si calibrano gli orari relativi alle attività cittadine tenendo presente gli impatti che hanno sul traffico. Ingresso e uscita di uffici e scuole, orari di distribuzione delle merci, tanto per fare degli esempi, sono definiti congiuntamente allo scopo di ridurre i fenomeni locali di congestione che si generano in concomitanza delle ore di punta. Si tratta, in pratica, di uno strumento di indirizzo strategico, che consente il coordinamento dei tempi e degli orari della città al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Il Piano dei Tempi e degli Orari è promosso dalle amministrazioni locali per armonizzare gli orari e l accessibilità dei servizi e dei pubblici esercizi, semplificare i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione e migliorare il sistema della mobilità cittadina, partendo dagli spostamenti casa/lavoro e casa/scuola. Può essere applicato solo attraverso la concertazione e il confronto con le parti sociali imprese, rappresentanti dei lavoratori e dei consumatori, gestori di servizi pubblici, ecc. in modo da conciliare esigenze e interessi differenti. Piani di questo tipo possono ridurre efficacemente la congestione stradale, ma è necessaria la condivisione degli obiettivi e degli strumenti da parte di tutti i soggetti coinvolti (a partire, naturalmente, dall amministrazione comunale e dalle principali sedi scolastiche e lavorative dislocate sul territorio). L impostazione del progetto deve essere orientata in primo luogo sull organizzazione dei tempi della città, individuando i servizi pubblici la cui erogazione spesso non si concilia con gli orari di lavoro delle aziende. In secondo luogo occorre intervenire sul contesto aziendale, promuovendo delle tecniche di gestione flessibile dell orario di lavoro. Occorre in definitiva puntare a definire un possibile approccio all armonizzazione tra tempo lavorativo e tempo di vita, nella piena consapevolezza che tale aspetto è una questione che riguarda tutti i cittadini. La parte dedicata alla comunicazione ha poi un ruolo importante all interno del progetto, perché il coinvolgimento preliminare delle 76

77 parti sociali e dei cittadini, attraverso il dialogo, è fondamentale per la riuscita del piano, che non può essere imposto dall alto, ma deve essere necessariamente frutto di un processo partecipativo. Occorre sensibilizzare la cittadinanza rispetto ai benefici che possono derivare dall armonizzazione dei tempi sulla loro vita di tutti i giorni, ma anche far comprendere i vantaggi in termini produttivi che derivano dall applicazione di una maggiore flessibilità negli orari di lavoro. Ci sono buoni esempi in cui le amministrazioni hanno formulato un piano e stipulato accordi con il Provveditorato agli studi, con gli enti di gestione dei servizi pubblici e con le imprese. Hanno inoltre sviluppato progetti per l uso della bicicletta, incentivato la nascita di banche del tempo, modificato gli orari, ampliato la gamma dei servizi pubblici e favorito l uso di spazi scolastici in orari extra-curricolari. La crescente diffusione dei Mobility Manager all interno delle pubbliche amministrazioni e delle grandi imprese dimostra una crescente sensibilità rispetto a queste tematiche, ma c è ancora molta strada da fare, anche a causa della scarsità di fondi dedicati a questi progetti che costringono spesso le amministrazioni pubbliche a rinunciare a queste importanti misure. Ma come dicevamo, non è solo questione di organizzare tempi ed orari, ma anche di progettare le migliori tecniche per la distribuzione delle merci, attraverso l organizzazione, l uso e la condivisione di mezzi a basso impatto e la ricerca dell efficienza su carichi e percorsi. Partiamo dall inizio. Perché trasportiamo le merci, visto l enorme impatto ambientale che ne deriva? La risposta sembra banale e scontata: non tutto quello di cui ognuno di noi ha (realmente!) bisogno è disponibile a due passi da casa propria. In una certa misura, quindi, il trasporto delle merci è necessario ed inevitabile. Il problema è che esso genera enormi impatti ambientali e sociali (consumo di combustibili fossili, emissioni inquinanti e di gas serra, rumore, congestione). Come se ne esce? La domanda giusta da porsi non è perché trasportiamo le merci, ma in che modo trasportiamo le merci? Occorre insistere soprattutto sul miglioramento della distribuzione urbana delle merci (ambito in cui si concentra la maggior quantità di emissioni), con riferimento ai mezzi che lavorano in conto proprio, su 77

78 distanze brevi (in media 4-5 km) e quasi sempre con ritorni a vuoto. Si tratta quindi di approntare un Piano di Logistica Urbana. Questi piani, incentivano gli operatori ad utilizzare i propri mezzi in modo più efficiente o a sostituirli con altri meno inquinanti. Nei casi migliori si realizzano veri e propri Centri di Distribuzione Urbana, attraverso i quali la distribuzione delle merci viene affidata ad un unico operatore (generalmente pubblico). I risultati possono essere davvero notevoli, specie se alla riduzione dei viaggi ottenuta attraverso una programmazione delle consegne si accompagna l utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale. Ci sono inoltre progetti interessanti come quelli di Van Sharing, espressione con cui si intende la condivisione di una flotta di veicoli commerciali da utilizzare per il trasporto delle merci, in modo analogo ai già noti sistemi di car sharing. Per poter funzionare al meglio, un sistema di van sharing deve avvalersi di una piattaforma tecnologica e dell utilizzo di mezzi ecocompatibili, che possano inoltre servirsi, per la sosta nella ZTL, di aree prenotabili appositamente destinate al carico-scarico delle merci. Come nel caso del car sharing, è opportuno concedere agli utilizzatori del servizio una serie di agevolazioni per favorire l accessibilità alle zone centrali della città (sosta gratuita nelle zone blu e nei parcheggi comunali, libero accesso alla ZTL ed alle corsie e vie riservate, libera circolazione in caso di targhe alterne, ecc.), oltre che l utilizzo dei veicoli dello stesso servizio car sharing (se presente). Anche la struttura tariffaria dovrebbe essere analoga a quella del car sharing: una quota fissa annuale, un costo orario di utilizzo ed un costo chilometrico di utilizzo (con carburante compreso nel prezzo). Infine, ma non in ordine di importanza, non vanno dimenticati i progetti di consegna urbana delle merci effettuata su biciclette o bicicargo. In alcune città (Firenze e Milano su tutte) esistono opeatori che effettuano consegne di merci in bicicletta. Ovviamente si tratta di consegne di pacchi piccoli e poco ingombranti, ma la velocità e l agilità delle due ruote in ambito urbano consentono tempi di consegna molto inferiori rispetto agli spostamenti effettuati in furgone. 78

79 Rendere condivisa la mobilità 79

80 Cosa ci impedisce di usare il trasporto pubblico per i nostri spostamenti? È un problema di orari, percorsi, disponibilità delle corse? È un problema di pulizia, comfort, accessibilità? È un problema legato alla necessità di autonomia? O, semplicemente, non lo prendiamo neanche in considerazione come alternativa al mezzo privato? Sicuramente, molti di questi aspetti (orari, flessibilità, comfort) influiscono negativamente sulla scelta, eppure molto spesso l'alternativa del mezzo pubblico sarebbe più che preferibile a quella del mezzo privato. Ad esempio, perché costa poco e consente di andare in centro città senza avere problemi di accesso e di parcheggio. Negli ultimi anni il trasporto pubblico locale ha fatto grandi passi avanti in direzione dell'innovazione e della modernizzazione. Sistemi di bigliettazione elettronica, monitoraggio satellitare dei veicoli, utilizzo di carburanti a basso impatto, adozione di sistemi ibridi ed elettrici: sono solo alcune delle novità recenti che stanno portando il trasporto pubblico locale ad una nuova stagione di grande utilizzo. Ma non è tutto qui. Cerchiamo di capirne di più 80

81 17. Il trasporto pubblico oggi: stato attuale e prospettive Partiamo innanzitutto da una riflessione: quanto siamo soddisfatti del trasporto pubblico di oggi? Studi ed indagini ripetute ogni anno ci confermano che i risultati in termini di soddisfazione non sono buoni, ma allo stesso tempo si nota che, nonostante i tagli ai servizi effettuati negli ultimi anni per effetto della crisi economica, l uso del trasporto pubblico è aumentato! Occorre riflettere sulle cause di questa situazione, analizzando con attenzione il contesto. Ad esempio, occorre considerare che spesso la lentezza degli autobus è dovuta alla congestione stradale generata dalle auto, per cui è paradossale che chi non usa il mezzo pubblico perché pensa: con la macchina faccio prima, alla fine è lui stesso concausa della lentezza degli autobus. In realtà, la velocità dei mezzi pubblici si garantisce con corsie preferenziali e con sistemi di priorità semaforica, ed in questo è fondamentale che i Comuni facciano la loro parte. Vediamo alcuni numeri 14, a partire dal tempo e dalla spesa che sosteniamo: ognuno di noi perde mediamente in coda circa 227 ore ogni anno, mentre ogni famiglia sopporta una spesa per l automobile che varia tra e euro all anno. Le automobili sono veri e propri beni di consumo: il tasso di motorizzazione italiano è tra i più alti al mondo (oltre 600 auto ogni 1000 abitanti), ed il tempo di sostituzione delle automobili è sceso da circa 8-10 anni a circa 3-4 anni. Il trasporto pubblico in Italia invece è poco sviluppato rispetto al panorama europeo: la somma di tutte le metropolitane italiane ammonta a poco più di 160 km (Parigi e Madrid superano da sole i Fonte: indagine Altroconsumo 81

82 km, Londra supera i 400). Inoltre, solo il 12-13% degli spostamenti in città è effettuato con il trasporto pubblico (si arriva al 50% circa a Milano ed al 30% circa a Roma, ma si è lontani da Parigi, Madrid e Barcellona, che superano tutte il 60%). E, paradossalmente, il 30% di chi usa i mezzi pubblici, dichiara di usarli perché mancano i parcheggi per le auto. Nelle indagini emerge anche una bassa soddisfazione per chi usa i mezzi pubblici, che come si è visto deriva da diverse cause. Peraltro, non è difficile immaginare una situazione diversa e migliore: basta seguire gli esempi delle città più virtuose, che in Europa non mancano. Ad esempio, a Friburgo ( abitanti) sono in vigore da anni politiche di forte restrizione del centro al traffico privato. Il 90% dei residenti vive in zone a traffico ridotto; il 70% degli spostamenti avviene a piedi, in bici o con i mezzi pubblici, e ci sono 400 km di piste ciclabili ed oltre parcheggi per i ciclisti. A Malmoe ( abitanti), invece, esiste un quartiere dove circolano solo pedoni, bici ed autobus (che peraltro sono alimentati a biogas prodotto da rifiuti organici, quindi senza bruciare una sola goccia di combustibili fossili petrolio o metano), e solo il 35% delle famiglie possiede un auto (le altre ne fanno a meno o usano il car sharing). Anche in una metropoli come Parigi si è riusciti a ridurre il traffico del 20% in appena due anni, realizzando un sistema di trasporti integrato costituito da autobus, metro, treni, car sharing e bike sharing 15. Forse non tutti sanno che il trasporto pubblico locale (autobus, metropolitane e tram, ma anche i treni regionali usati dai pendolari) è finanziato per i 2/3 con risorse pubbliche (derivanti dallo Stato o dalle Regioni) e per il restante 1/3 dagli introiti derivanti da biglietti ed abbonamenti. In altre parole, i soldi che servono per far funzionare il trasporto pubblico (stipendi dei dipendenti, costo dei mezzi, carburante, ecc.) non sono raccolti tutti tramite i titoli di viaggio (pagati da chi usa i mezzi), ma sono per la maggior parte forniti dalle amministrazioni pubbliche, con una parte del denaro raccolto 15 Servizio con stazioni ed oltre bici, sempre disponibile. 82

83 attraverso le tasse, e quindi con denaro di tutti i cittadini, compresi quelli che non usano il sistema. Questo accade in quanto si ritiene, giustamente, che il trasporto pubblico è un servizio di tipo sociale, e quindi deve essere fornito ai cittadini (al pari di istruzione, sanità, sicurezza, ecc.) indipendentemente dalla sua pura e semplice remuneratività economica. Semplicemente, le persone devono essere messe in condizione di potersi muovere anche se non possono dotarsi di un automobile. Peraltro, anche chi non usa il servizio di trasporto pubblico (ma lo paga indirettamente con le proprie tasse) ne trae indirettamente beneficio grazie alla riduzione di inquinamento, rumore e congestione consentita da chi lo usa. D altra parte, occorre che il sistema sia sovvenzionato con convinzione da parte delle amministrazioni pubbliche, per consentire ai gestori di effettuare investimenti in mezzi e personale, e fornire un servizio migliore. I tagli agli enti pubblici che i governi fanno in tempi di crisi non dovrebbero quindi assolutamente colpire il settore del trasporto pubblico, che anzi dovrebbe essere maggiormente irrobustito proprio per aiutare chi non può permettersi la spesa per un mezzo privato. La strada verso il miglioramento della mobilità urbana quindi esiste ed è percorribile. Basta avere la volontà di seguirla. 83

84 18. I migliori sistemi di trasporto pubblico per le nostre città Intervista ad Andrea Bottazzi Negli ultimi anni il mondo del trasporto pubblico ha vissuto momenti di incertezza e disorientamento come non accadeva da anni. La crisi economica porta i governi, con poca lungimiranza, a tagliare i trasferimenti alle Regioni per il normale e legittimo sovvenzionamento del trasporto locale. Meno risorse al trasporto pubblico significa meno servizi per i cittadini, per un settore che è già normalmente sottodimensionato rispetto alle effettive necessità delle città e rispetto al potenziale che potrebbe esprimere se ben sostenuto. In tutto questo, comunque, prosegue l evoluzione di mezzi, infrastrutture e modelli organizzativi, consentendoci di individuare le strade migliori da percorrere non solo in un ottica di breve periodo (per uscire dalla crisi attuale), ma anche in una prospettiva di medio e lungo termine. Le esperienze e le migliori pratiche osservate in numerose città di tutto il mondo consentono ormai di poter definire con buona attendibilità un ventaglio di differenti soluzioni progettuali, adatte ai diversi tipi di città. Ne parliamo con Andrea Bottazzi 16. *** Analizziamo innanzitutto il momento attuale del sistema del trasporto pubblico in Italia: l adeguatezza delle risorse a disposizione, il quadro delle necessità, le urgenze da risolvere. 16 ingegnere di TPer (importante azienda di trasporto pubblico in Emilia-Romagna) ed esperto del tema. 84

85 Le risorse sono insufficienti, ma questo deriva dai soliti problemi: inefficienza delle aziende; tariffe inadeguate; mancanza di investimenti; mancanza di politiche per la mobilità.vediamoli in dettaglio. Per quanto riguarda le aziende, la situazione non è omogenea, ma a pelle di leopardo : mentre alcune regioni hanno costi medi comparabili con i costi europei, altre presentano situazioni non gestibili secondo una logica industriale. Lee riforme del settore su questo terreno non hanno di fatto provocato effetti omogenei. Peraltro, devono anche essere valutati gli effetti sociali di eventuali armonizzazioni, e deve inoltre diventare un imperativo il meccanismo delle aggregazioni, poiché è l unico che può dare dimensioni industrialmente efficienti e ridurre i costi integrando i processi secondari (amministrazione, logistica, gestione del personale, ecc.) In merito ai finanziamenti occorre dire che fondi regionali e tariffe definite in sede locale hanno portato il TPL a situazioni quasi ridicole, con mancato adeguamento delle tariffe anche per diversi anni. Non c è una tariffa che non venga adeguata ogni anno: autostrade, gas, energia elettrica, ecc. Perché solo le tariffe del TPL non vengono adeguate? È perché si spera sempre in provvedimenti governativi che ripianino i deficit all ultimo momento (per anni è stata una prassi). Questa situazione ridicola chiarisce come il settore non sia gestito in modo industriale neppure dai soci delle aziende locali, cioè gli enti locali stessi. Inoltre, la cronica mancanza di infrastrutture si somma negli ultimi anni e in modo ciclico al blocco delle risorse per il rinnovo delle flotte di veicoli. È certo che le aziende devono produrre denaro per investire, ma è anche certo che con le tariffe attuali gli investimenti devono essere in parte coperti da fondi pubblici vincolati al rinnovo delle flotte. Infine, salvo qualche esempio positivo, si nota ancora un effetto sistema molto limitato su priorità mezzi pubblici e su facilitazioni all esercizio del trasporto (ad esempio in termini di priorità semaforiche e corsie riservate). Questi interventi ovviamente avrebbero un effetto virtuoso sulla ripartizione modale del TPL, e di conseguenza anche in termini di riduzione della congestione e dell inquinamento. Nelle politiche di mobilità rientrano ovviamente 85

86 anche altre tecniche (parcheggi scambiatori, car sharing, ecc.), che devono confluire in un sistema integrato, senza restare nicchie per pochi utilizzatori. La crisi attuale impone di ridurre la portata temporale ed economica degli investimenti. Tuttavia, anche in situazioni di prosperità economica, è possibile che investimenti di portata ridotta e rapida realizzazione siano da preferire a progetti di opere che entrano in esercizio dopo molti anni e che hanno un tempo di rientro dell investimento ancora maggiore. Cosa si può dire a questo proposito? E possibile fare un confronto tra costi, tempi di realizzazione, rischi e benefici delle principali tipologie di intervento sul trasporto pubblico urbano? Quali sono le migliori strategie di sostenibilità di lungo periodo? La questione breve/lungo periodo per i trasporti è drammatica: si può perdere la possibilità di intervenire nel breve periodo in attesa del completamento degli interventi di lungo periodo, che però non arriva mai perché tali interventi sono molto costosi in termini infrastrutturali. In effetti, sistemi come il Bus Rapid Transit (BRT) hanno avuto un grande successo nel mondo (e, purtroppo, ancora non in Italia). Certo, la conformazione storica dei nostri centri urbani non aiuta; ma il problema vero è la volontà politica: nessuno vuole fare scelte che vadano contro alcune nicchie di consenso. Ed una nicchia che esiste purtroppo in tutte le città italiane è quella di coloro che vogliono ad ogni costo andare in centro in macchina, e queste persone che hanno purtroppo sempre molto peso politico e appartengono a classi agiate riescono ad essere importanti nella discussione politica di ognuna delle nostre città ed influenzarne le scelte anche a livello di mobilità. E questo nonostante sia stato da più parti osservato che chi va in centro in auto spesso non compra nulla, e che anzi nei centri europei pedonalizzati le attività commerciali ne hanno tratto importanti benefici in termini di aumento degli affari. Spesso si parla di progetti imponenti (come metropolitane, ad esempio) con riferimento a città di dimensione media e piccola, i cui problemi potrebbero essere affrontati più agevolmente con sistemi più leggeri e dalla realizzazione più rapida. Il successo della prima linea della tramvia realizzata a Firenze è molto indicativo in proposito. Si tratta in ogni caso di decidere come potenziare la semplice rete degli autobus con interventi più o meno 86

87 pesanti. Possiamo individuare un approccio che ci consenta di scegliere il miglior tipo di sistema (metropolitana, tram, filobus, people mover, ecc.) in base alle caratteristiche demografiche e territoriali della città? Il realtà, ogni sistema e adatto a servire una certa domanda di trasporto ed è caratterizzato da differenti costi e impatti sullo sviluppo urbanistico della città. Le metropolitane andrebbero progettate prima di realizzare l urbanizzazione, e costruite contestualmente ad essa. I sistemi più leggeri filobus e altro si possono contestualizzare ovunque, basta che ci sia una volontà politica vera. Il tram è un sistema intermedio a tutti gli effetti, sia come offerta di trasporto sia come impatti, e quindi deve essere valutato con attenzione. I Bus Rapid Transit sono paragonabili a tram senza le rotaie, anche se i tram (per definizione) sono veicoli a zero emissioni, e quindi hanno più pregio. Parliamo appunto del Bus Rapid Transit (BRT), un sistema di trasporto pubblico di superficie su gomma potenziato in termini di infrastrutture, mezzi e servizio rispetto al sistema tradizionale. All estero ci sono numerose esperienze di successo (come ad esempio nelle città di Curitiba o Bogotà, in Sud America). Quali sono i punti di forza di questi sistemi? Quali invece le difficoltà di realizzazione? Sarebbe immaginabile una soluzione di questo tipo per qualche città italiana? I punti di forza sono: la velocità di realizzazione, l adattabilità a sistemi viari ed urbani esistenti e la flessibilità di tracciato. Le difficoltà sono invece gli investimenti minori, ma comunque da realizzare (sede propria, nuovi mezzi dedicati, infrastrutture alle fermate) e la volontà politica vera di attuare progetti del genere. Sarebbe realizzabile praticamente in tutte le città con domanda di trasporto superiore ad una bus-via ed inferiore ad una metropolitana, adeguando i veicoli 1 (12m) o 2 (18m 20m) o 3 casse (24m), sempre su gomma, a seconda della domanda di trasporto da servire. Quali sono le tendenze del momento in termini di nuove soluzioni pulite per la trazione degli autobus (a livello di alimentazione, tecnologie, ecc.)? 87

88 Al momento lo standard Euro V per i veicoli a gasolio e l alimentazione a metano sono i sistemi più rispettosi dell ambiente per le motorizzazioni tradizionali. I filobus sono ZEV (veicoli a zero emissioni) se alimentati dalla linea elettrica, cosi come i veicoli elettrici a batteria (questi ultimi però non potranno mai essere una soluzione di rete, perché al massimo possono arrivare a 9,5 m di lunghezza, altrimenti si corre il rischio di trasportare più batterie che passeggeri ). Chiaramente dovrà essere prodotta sia per i filobus che per gli elettrici energia elettrica apposita per alimentarli. I veicoli ibridi riducono le emissioni nocive e l emissione di CO2, con prestazioni migliorative rispetto agli autobus con motorizzazioni tradizionali. Si rileva inoltre che in Italia non sono ancora sviluppate politiche statali sui biocarburanti di origine non vegetale. Le tue impressioni ed il tuo auspicio per il futuro. Credo che il TPL possa essere una risposta importante per la mobilità sostenibile del futuro. È necessario che da fenomeno importante ma non strategico venga considerato, qual è, un aspetto strategico dei tessuti urbani. Si pensi che un aumento della velocità commerciale lungo le linee porterebbe una grande riduzione di emissioni lungo le linee stesse. Le tecnologie basate sull idrogeno si sono dimostrate invece molto lontane dal lancio effettivo sul mercato. Sul mercato USA, le ripercussioni più evidenti della nuova politica ambientale hanno fatto riconsiderare l utilizzo del metano per grandi flotte, che peraltro esistevano già, e rimandato più in là lo sviluppo della trazione con alimentazione a idrogeno. Tutti i costruttori più importanti hanno annunciato la produzione in serie di autobus ibridi. Nell ambito dei risparmi energetici, infine, deve essere riconsiderato il ruolo del personale viaggiante (cioè dei conducenti), il cui stile di guida può incidere sino al 20% sui consumi del veicolo. *** 88

89 19. Il trasporto pubblico flessibile colloquio con Luca Santiccioli Il trasporto pubblico locale, nelle cosiddette aree a domanda debole (cioè con poche abitazioni, uffici, scuole, ecc.) è spesso assente o poco frequente, e quindi poco appetibile. Tuttavia, le innovazioni organizzative e tecnologiche degli ultimi anni consentono di ovviare a questo probema grazie a servizi di tipo flessibile, appositamente studiati per questi contesti. Il trasporto a chiamata funziona grazie ad una flotta di piccoli autobus, organizzati in modo da far effettuare spostamenti personalizzati a seconda dei desideri dei cittadini (con origine e destinazione scelte volta per volta), aggregando gli utenti e impostando i percorsi con una maggiore o minore flessibilità, in modo da soddisfare tutte le richieste. Il sistema di trasporto a chiamata è in grado di pianificare il percorso di ogni veicolo in base alle richieste. I modelli operativi utilizzati per gestire tali sistemi sono peraltro analoghi a quelli usati per il trasporto delle merci. In generale, si cerca di ridurre il più possibile i costi del servizio (che sono tanto più alti quanto maggiore è la flessibilità dei percorsi) e allo stesso tempo di massimizzare il livello del servizio offerto (che deve essere caratterizzato da tempi di spostamento ragionevoli). Per gestire tali sistemi si utilizzano specifici software per la pianificazione e la gestione del servizio, sistemi di navigazione satellitare, sistemi di telecomunicazione, sistemi informativi territoriali (GIS). Incontriamo a questo proposito Luca Santiccioli 17, che ci illustra caratteristiche, punti di forza e criticità del trasporto flessibile. 17 Ingegnere dei trasporti ed esperto di sistemi di trasporto a chiamata. 89

90 *** Quanto sono diffuse le modalità di trasporto pubblico flessibile in Italia? Le prime esperienze risalgono alla fine degli anni 90. In quest ultimo decennio, grazie alla diffusione delle tecnologie dedicate alla gestione dei DRTS (Demand Responsive Transport Systems) e al successo di alcuni servizi pilota, si è avuta un impennata nel numero delle applicazioni di trasporto flessibile, tanto che oggi si annoverano parecchie decine di servizi a chiamata attivi in gran parte delle regioni italiane. La flessibilità nel servizio di trasporto (come ad esempio nel caso del bus a chiamata) è un aspetto che comporta costi superiori a quelli del servizio tradizionale. Dal punto di vista dei cittadini, come viene valutata la maggior flessibilità in relazione al maggior costo? Si riescono a bilanciare costi e tariffe in modo da rendere il servizio effettivamente attrattivo? È doverosa una premessa: la maggiore flessibilità, e di conseguenza il maggior livello qualitativo del servizio, dovrebbero comportare un incremento tariffario. Purtroppo questo principio viene spesso disatteso dalle Aziende o dalle Pubbliche Amministrazioni che promuovono il servizio flessibile, le quali solitamente optano per il mantenimento del livello tariffario del TPL tradizionale; ciò avviene quasi sempre qualora il servizio flessibile sia sostitutivo di un servizio esistente, ma molto spesso pure se il servizio flessibile ha funzione integrativa. E anche laddove viene applicata una maggiorazione tariffaria, quasi mai la stessa è posta in relazione all eventuale aggravio di costo per l operatore di trasporto. Detto questo, nei casi in cui il servizio flessibile preveda una tariffa superiore a quella del TPL, il cittadino solitamente dimostra di apprezzare la maggior qualità del servizio e il suo elevato livello di personalizzazione, e quindi accetta di pagare di più. Anche dal punto di vista del gestore del servizio o dell Ente regolatore, l erogazione di servizi flessibili comporta costi aggiuntivi. Come si concilia questa situazione in un contesto di scarsità di risorse? 90

91 Da ormai diversi anni il principale ambito di applicazione dei servizi flessibili è la sostituzione di servizi esistenti. Ciò testimonia la volontà, da parte degli operatori di trasporto, di trovare nuove soluzioni capaci di migliorare il bilancio fra costi di esercizio e ricavi del TPL tradizionale, o in subordine, a parità di bilancio costi ricavi, di incrementare l attrattività del trasporto pubblico, quindi variare la ripartizione modale a favore del mezzo pubblico e conseguire in definitiva i benefici sociali e ambientali ad esso collegati. Sicuramente i servizi flessibili implicano un costo - quello del call/dispatch center - aggiuntivo rispetto ai servizi tradizionali; è però altrettanto vero che l ottimizzazione delle percorrenze e/o la drastica riduzione delle corse a vuoto, perseguibile mediante un buon sistema di gestione di servizi flessibili, consentono un contenimento dei costi relativi alla produzione del servizio. Ciò che determina se e quanto un servizio flessibile si traduca in un costo o un risparmio per l operatore di trasporto è ovviamente la struttura del contratto di servizio fra il gestore e la Pubblica Amministrazione competente. Questo approccio tipicamente aziendale al problema non deve far dimenticare alle Pubbliche Amministrazioni la valenza sociale dei servizi a chiamata: nella quasi totalità dei casi il servizio flessibile garantisce al TPL un incremento (spesso molto sensibile) di utenza. I servizi di trasporto pubblico flessibile possono avere differenti modalità di implementazione e di utilizzo. Si può fare una panoramica sui diversi modelli di servizio? Sotto la definizione di servizio bus a chiamata possono essere ricompresi servizi profondamente differenti per qualità e complessità. Il modello di servizio più semplice è la linea fissa a prenotazione: percorsi e orari sono predeterminati, ma le corse vengono effettuate solo qualora sia giunta alla centrale almeno una prenotazione. Si tratta di una soluzione sicuramente poco accattivante per l utenza, ma in realtà, se applicata in determinati contesti extraurbani a bassissima domanda, può garantire un servizio pubblico minimale laddove un servizio più strutturato non sarebbe economicamente sostenibile. Interessante evoluzione del precedente modello è la linea fissa con deviazioni: sulle corse fisse programmate lungo una direttrice di una 91

92 certa importanza (ad esempio il fondovalle di una zona montana) possono inserirsi alcune deviazioni a chiamata verso fermate della rete di servizio (ad esempio piccoli centri sulle alture) che non vengono serviti se non prenotati anticipatamente. Il modello many to one introduce la reale flessibilità spaziotemporale: in questo caso infatti si tratta di organizzare un servizio che in maniera intelligente prelevi l utenza prenotata presso le fermate sparse sulla rete di servizio e la conduca nei tempi prefissati alla destinazione del servizio, tipicamente rappresentata da un polo attrattore di mobilità (un ospedale, una scuola, un centro commerciale, ecc.). Il più alto grado di flessibilità per un servizio TPL è associato al modello many to many, in cui il programma di servizio non ha vincoli di percorso ed orario, ma è determinato unicamente sulla base delle richieste degli utenti, i quali possono prenotare una corsa fra due qualunque delle fermate contemplate dalla rete di servizio all ora più gradita. Ovviamente al crescere della complessità del modello di servizio diventa via via più indispensabile un adeguato supporto tecnologico per la programmazione e la gestione del servizio. In quali contesti territoriali le iniziative di trasporto flessibile hanno maggior valenza e possibilità di successo (piccoli comuni da abitanti, zone collinari, periferie suburbane, ecc.)? I servizi flessibili trovano il loro ideale ambito di applicazione in tutti i contesti territoriali caratterizzati da domanda debole. Pertanto possono costituire valide soluzioni di TPL per le Comunità Montane come per i piccoli Comuni di provincia, per le aree periferiche o le zone collinari delle grandi città come per i servizi urbani serali. Ferma restando la domanda debole, ciò che sancisce il successo di un servizio flessibile non è tanto il contesto quanto l accuratezza della progettazione, l efficacia del modello di servizio prescelto, l adeguatezza delle modalità di prenotazione, l attenzione dedicata alla formazione del personale di centrale e di bordo, la capillarità della comunicazione. 92

93 Infine, parliamo del taxi collettivo. In via teorica, consentirebbe una buona flessibilità ed un notevole abbattimento dei costi di utilizzo da parte degli utenti. Perché allora è così poco diffuso? È chiaro a tutti (tassisti compresi) che il taxi collettivo ha enormi potenzialità di incrementare considerevolmente il bacino di utenza del taxi. È però altrettanto chiaro che il servizio risulta attrattivo per il cittadino solo se questi ha la (ragionevole) certezza di risparmiare rispetto al servizio taxi tradizionale. Ciò si può garantire in 2 maniere. La prima è assicurare al cittadino tariffe scontate fisse, note a priori, a prescindere dal tempo impiegato e dal numero degli utenti presenti in vettura. Questa soluzione è solitamente osteggiata dai tassisti, che la ammettono solo in taluni casi limitati e circoscritti (ad esempio sulla direttrice aeroporto centro città), non certo per un applicazione estensiva al servizio taxi cittadino. La seconda è applicare alla tariffa tassametrica uno sconto per chi usa il taxi collettivo (la formula più condivisibile è quella delle percentuali di sconto crescenti all aumentare del numero dei passeggeri a bordo); in questo caso però il risparmio per il cittadino è garantito solo se il servizio è utilizzato da un numero sufficientemente grande di utenti da rendere molto probabile l abbinamento di 2 o più richieste in modo da formare un equipaggio. Ovviamente, per conseguire questa dimensione della domanda è indispensabile che i cittadini siano incentivati ad utilizzare il servizio, tipicamente mediante tariffe fortemente scontate; e qui ci si scontra nuovamente con l opposizione dei tassisti, poco propensi a rischiare minori incassi al fine di acquisire nuova utenza (o, per dirla in altre parole, poco allettati dalla prospettiva di guadagnare meno sulla singola corsa, anche se probabilmente guadagnerebbero di più sul maggior numero di corse effettuate). In assenza di una politica tariffaria davvero accattivante per i cittadini, al taxi collettivo manca quella spinta che ne potrebbe fare un sistema di trasporto capace di catturare quella fascia di potenziale utenza che si colloca a metà fra il TPL e l auto privata. *** 93

94 20. Com è bello il trasporto pubblico all estero! Quando siamo all estero, a meno di non recarci in luoghi sperduti e deserti, siamo sempre notevolmente affascinati dall efficienza dei trasporti pubblici delle città. Ci stupiamo di come sono puntuali i mezzi, di come sono chiare le indicazioni, di come sono puliti i veicoli e di come è facile accedere ai servizi. Certo, ci meravigliamo anche dei prezzi molto alti che si pagano (pensate alla metropolitana di Londra), ma in fin dei conti le tariffe pensate per i pendolari e per chi usa i servizi ogni giorno non sono poi così insostenibili. E poi consentono l uso congiunto anche di altre forme di trasporto alternative all automobile (car sharing e bike sharing in primis). Quindi? È solo una questione di tariffa e di prezzo? Sarebbe sufficiente (per modo di dire) aumentare in modo esorbitante le tariffe del trasporto pubblico per portarlo a livelli europei? Non si tratta solo di questo. È anche una questione di organizzazione delle città, in senso del tutto generale. Urbanistica, ingegneria del traffico, pianificazione territoriale, dislocazione delle attività produttive, ricreative, sanitarie, scolastiche, ecc. Tutto in una città è strettamente intrecciato, e di questo va tenuto conto quando occorre ragionare ed agire (e spendere del denaro) su come consentire ai cittadini di muoversi. Certo, le città europee non sono state progettate da zero sui tavoli delle università, ma sono il risultato di secoli di storia, fatta di tante diverse vicende e situazioni (conquiste, distruzioni, periodi di sviluppo o di declino, guerre, ecc.). Dunque, non possiamo pensare che 94

95 le città estere fosserò già di per sè adatte ad ospitare treni, tram e metropolitane. Eppure, a Parigi, Londra, Berlino o Madrid ci si muove senza auto molto più facilmente che a Roma o a Milano. Ma non è solo con le grandi metropoli europee che il confronto ci vede sconfitti. In Sudamerica, ad esempio, metropoli caotiche come Bogotà (capitale della Colombia) hanno migliorato enormemente il loro sistema di trasporto pubblico in pochi anni. Per non parlare della città di Curitiba, in Brasile, diventata ormai un punto di riferimento per tutto il mondo per il suo sistema di trasporto veloce su bus (il Bus Rapid Transit BRT), praticamente una metropolitana su gomma vera e propria, con mezzi ad alta capacità e linee lunghe e di frequenza pari a quella delle metropolitane sotterranee su ferro. E con fermate che sono quasi delle stazioni vere e proprie, con accessi controllati e presidiati, distanziate di diverse centinaia di metri una dall altra. Ed ancora, corsie ad uso esclusivo e sistemi di priorità semaforica 18. Si tratta di sistemi relativamente poco costosi. Non occorre scavare: si risparmiano quantità enormi di tempo, di denaro, e di una lunga lista di problemi legati alle interferenze nel sottosuolo (condutture, falde aquifere, reperti archeologici, ecc.). Certo, occorre avere viali larghi e diritti, cosa non sempre presente nelle nostre città, per quanto dicevamo sopra. Almeno a prima vista. In realtà, tutte le città dispongono di un nuon numero di viali di tipo radiale, che collegano le periferie al centro (o almeno alle sue immediate vicinanze). Attraverso essi si consentirebbe un accesso in prossimità del centro (se non proprio al suo interno) a grandi masse di persone provenienti dalle periferie collocate intorno alle città stesse. Ma non è questo il punto. Il problema fondamentale è che molte amministrazioni non hanno il coraggio di recuperare, tra le strade delle città, lo spazio che servirebbe per realizzare sistemi potenti di trasporto pubblico (come i BRT o i tram), in quanto questo spazio sarebbe sottratto alla circolazione stradale. 18 il semaforo diventa verde quando arriva l autobus, aumentando notevolmente la velocità di percorrenza. 95

96 E le proteste, veementi quanto ideologiche, sarebbero per loro insostenibili. Ma chi ha coraggio, ottiene risultati per i quali passa poi alla storia, come nel caso del sindaco di Curitiba (appunto), o di quello che qualche anno fa, a Seoul (capitale della Corea del Sud), ha eliminato una mega autostrada che attraversava la città per riportare alla luce il corso d acqua che correva originariamente lungo lo stesso percorso. Lungo i margini del fiume, ora liberato, si sono sviluppati fiorenti attività commerciali, turistiche e culturali, facendo dello stesso il fiore all occhiello della città, che ha ricevuto per questo riconoscimenti dal mondo intero (mentre a Milano, per dire, i navigli ricordano e sperano tempi migliori). Questa breve divagazione non è casuale. Cosa hanno in comune i sistemi innovativi di trasporto pubblico di superficie e la valorizzazione dei corpi d acqua nelle città? Hanno in comune il fatto di sottrarre spazio alle auto. Ma a pensarci bene, lo spazio non è delle auto. È semplicemente che, nel corso degli anni, si è deciso di destinare alle automobili gran parte (se non tutto) dello spazio disponibile nelle città, fino a comportare, in alcuni casi, scelte estreme come la chiusura dei corsi d acqua. È questo il vero tabù che deve essere superato dai cittadini (e quindi dai loro rappresentanti nelle istituzioni): la limitazione dello spazio cittadino concesso alle automobili. Ovviamente va fatta nel modo migliore, con una adeguata progettazione della circolazione, della sosta, ecc.; ma tutto parte da qui. Dopo di che possiamo parlare, e realizzare rapidamente, sistemi adeguati e moderni di trasporto pubblico di massa. E anche se il biglietto dovesse costare tanto, rispetto alle tariffe di oggi, dubito seriamente che i mezzi resterebbero vuoti. 96

97 21. Usare l auto in gruppo: il Car-Pooling Avete mai provato ad osservare le auto che ogni mattina congestionano le strade delle città nell ora di punta? È un esercizio molto interessante, potete farlo se siete fermi ad un semaforo a piedi o in bicicletta, o anche se siete al volante della vostra auto. Provate a contare quante sono le auto con almeno una persona a bordo oltre al conducente. Il risultato è sconvolgente: in città la maggior parte delle auto porta solo una persona (il conducente!), nonostante ogni automobile abbia spazio per trasportare 4-5 persone! Il numero di persone che mediamente sono a bordo di un auto in ambito urbano, definito coefficiente di occupazione, è pari a circa 1,2. Se siete in fila al semaforo, e beccate due volte il rosso perché davanti avete 10 auto, sappiate che si tratta in totale di appena 12 persone, che occupano ciascuna stando in auto uno spazio enormemente più grande di chi si muove a piedi, in bici, in scooter o in autobus. Si parla spesso degli strumenti alternativi all uso dell auto privata, che consentono di conseguire riduzioni a livello di spesa monetaria e di consumi di carburante. Ma anche chi non avesse a disposizione mezzi diversi dalla propria auto per muoversi potrebbe comunque organizzarsi per gestire al meglio la propria mobilità motorizzata. Il car-pooling riguarda proprio questo aspetto. Banalmente, si tratta della condivisione dell auto tra più persone. O, meglio, della condivisione del viaggio, utilizzando una sola auto (magari facendo a turno tra i proprietari) da parte di più persone che devono andare verso la stessa destinazione. Si tratta di una pratica che negli scorsi anni era forse più spontanea e più usata ora l individualismo esasperato e la percezione (errata) 97

98 di sostenere costi bassi per l uso dell auto hanno portato alla grottesca situazione che ogni mattina riscontriamo mentre siamo in coda al famoso semaforo (si va al lavoro tutti alla stessa ora, ma con una persona per ogni auto ). Dicevamo dei costi di utilizzo delle automobili. Si tratta di benzina, parcheggio, pedaggi urbani ed autostradali, manutenzione, ecc.. (e non parliamo dei costi fissi: assicurazione, rate di acquisto, ecc.). Non sarebbe forse più furbo dividere i costi di uso con 2 o 3 compagni di viaggio, se andiamo tutti nella stessa direzione e alla stessa ora? Ci sono diversi fattori che ostacolano o impediscono questo tipo di utilizzo dell auto. Fattori oggettivi, come differenza di orari, distanza tra i luoghi di partenza, esigenze dello spostamento. Ma anche fattori soggettivi, come la diffidenza reciproca (nel caso di sconosciuti) e la volontà di starsene per i fatti propri. Per facilitare il superamento della diffidenza legittima, naturalmente rispetto all idea di condividere il viaggio con uno sconosciuto, che però magari fa esattamente il nostro stesso spostamento, ci viene incontro una modalità innovativa di conoscenza ed aggregazione delle persone: si tratta delle piattaforme web per il carpooling. Ci si può mettere in contatto con altre persone anche non conoscendosi: ogni persona ha un proprio profilo personale sul web che consente di offrire informazioni importanti ai potenziali compagni di viaggio (es. fumatore o meno, amante della musica, ecc.), e soprattutto sul proprio comportamento in occasione dei precedenti viaggi, grazie ad un sistema di feedback (commenti sull esperienza avuta in occasione di spostamenti precedenti) rilasciati dagli altri compagni di viaggio. Si supera così il principale motivo di diffidenza, e si riesce a facilitare l incontro di più persone, che magari abitano vicino e fanno esattamente lo stesso spostamento ogni giorno, consentendo a tutti di ridurre i costi di utilizzo della propria automobile. Esistono numerose piattaforme web per il car-pooling. Molti sono i punti in comune a tutte, ma numerose sono anche le peculiarità associate al singolo servizio. Vediamo alcune caratteristiche di queste piattaforme. 98

99 Innanzitutto si tratta di siti web ad uso gratuito, la maggior parte dei quali offre un modo semplice per offrire e richiedere passaggi in auto, sia occasionali che per pendolari. È possibile inoltre accordarsi per andare insieme ad un evento, risparmiando, inquinando meno e socializzando. I siti si rivolgono sia ai pendolari (che percorrono regolarmente lo stesso tragitto), sia a chi viaggia per lavoro (es. agenti di commercio e liberi professionisti), sia a chi effettua viaggi saltuari (es. chi rientra a casa per le vacanze o il weekend). Un efficace sistema di feedback e l integrazione con Google Maps sono inoltre fattori importanti che facilitano la scelta dei compagni di viaggio. Non va trascurata inoltre la sicurezza grazie all obbligo di registrazione, al feedback e all indicazione del numero della targa. In alcuni casi ogni utente, dopo essersi registrato, ha la possibilità di caricare la propria foto e quella della sua automobile. Spesso inoltre è possibile richiedere un viaggio per sole donne. In alcuni casi è possibile utilizzare degli avatar, che descrivono gli utenti nel loro modo di vestire, nell acconciatura ecc. Questo aiuta ad avere un colpo d occhio migliore sulle tipologie di utenti nel momento in cui si consulta la mappa e si cerca un compagno di viaggio. Le varie piattaforme sono inoltre accompagnate da applicazioni per smartphone e da gruppi di utenti registrati sui principali social network. Alcuni siti offrono diversi livelli di servizio a seconda che gli utenti siano aziende o privati cittadini. Nel caso delle aziende, si possono anche definire delle destinazioni per gli eventi a cui partecipare (convention, corsi, missioni, ecc.), oppure per la promozione di eventi pubblici organizzati dall azienda ma aperti ai suoi utenti/consumatori. In altri siti, a differenza delle tradizionali piattaforme web per il car-pooling, autista e passeggero hanno motivazioni differenti per effettuare lo spostamento. In particolare, l autista può sfruttare il suo tempo e la sua auto come una vera e propria opportunità di guadagno, mettendosi a disposizione per accompagnare chiunque abbia bisogno di effettuare un trasferimento per medi e brevi tratti. Chi vuole richiedere un passaggio si registra in modo rapido e, dopo aver completato il profilo (che prevede anche l inserimento di indirizzo e 99

100 cellulare, in modo da dare maggiori garanzie sia al passeggero che all autista), definisce il percorso, che viene immediatamente visualizzato su Google Maps. Può inoltre indicare se trasporta un bagaglio o se ha altre particolari esigenze. Vengono così visualizzati i km da percorrere e la spesa consigliata per lo spostamento. Non riporto qui il lungo e mutevole elenco delle piattaforme web usate per il car pooling: come detto, ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le esigenze. Vi invito però a tenerle in considerazione ed a provare ad usarle, per cercare o offrire un passaggio in auto, superando la diffidenza di fare un viaggio con persone che (ancora) non si conoscono. La condivisione dei viaggi (e delle esperienze) è anche questo. 100

101 22. Un po car pooling, un po autostop: alla scoperta di Jungo! Colloquio con Gloria Gelmi Mai come di questi tempi ci rendiamo conto di quanto sia sconveniente affidare la nostra possibilità di muoverci alla disponibilità di combustibili fossili che non abbiamo (!) e che dobbiamo comprare da altri Paesi, spesso peraltro governati da gente ignobile e con cui non sarebbe opportuno neanche prendere un caffè. Al di là delle motivazioni di carattere politico ed ambientale che impongono una urgente rivoluzione nella strategia energetica nazionale, il perdurare della situazione esistente spinge molti a ridurre l uso dell auto semplicemente a causa del prezzo di benzina e gasolio. D altra parte, chi non può fare a meno di usarla avrebbe molto piacere nel tentare di contenerne i costi, magari attraverso una compartecipazione al viaggio (ed alle spese) effettuata da altre persone. In questo contesto si inserisce la proposta di Jungo, un sistema per la mobilità sostenibile altamente innovativo, che abbina la flessibilità dell autostop ai vantaggi del car pooling. Gloria Gelmi 19, ci illustra il suo funzionamento. Cosa è Jungo? Come funziona? In cosa si differenzia dai sistemi di carpooling tradizionali? Jungo è un modo nuovo di spostarsi, che sfrutta l enorme quantità di sedili vuoti in costante movimento sulle strade. Abbina la grande *** 19 Mobility manager di area della Provincia di Bergamo. 101

102 flessibilità dell autostop ai vantaggi che potrebbe offrire un carpooling organizzato: garanzie di sicurezza, tornaconto economico reciproco (con rimborso spese standardizzato per il guidatore), opportunità di socializzazione, riduzione del numero di veicoli in circolazione. E partito in Trentino, con un esperienza pilota prima al mondo, per iniziativa dell omonima associazione. Anche la Provincia di Bergamo l ha lanciato sul proprio territorio, e diverse altre amministrazioni sono intenzionate a seguirne l esempio. L idea di Jungo è semplice: se introduciamo dispositivi blindati di sicurezza reciproca, e l opportunità di un vantaggio economico anche per l automobilista, dare e ricevere passaggi diventa molto più facile e piacevole. Aumenta la propensione all imbarco e i tempi di attesa si riducono, si attirano nuovi partecipanti, si innesca un meccanismo virtuoso. Gli iscritti a Jungo possono chiedere un passaggio semplicemente mostrando la propria tessera (al posto del pollice usato per l autostop): gli automobilisti membri di Jungo o che comunque conoscono il sistema sanno che quel gesto identifica un autostoppista sicuro e pagante, con cui potrà essere piacevole (oltre che economicamente vantaggioso) condividere un tratto di strada. Si può jungare su qualsiasi strada e a qualsiasi ora, anche se ovviamente le probabilità di ottenere un passaggio sono direttamente proporzionali al traffico presente e alla conoscenza di Jungo in un certo territorio. Senza contare il vantaggio della sicurezza reciproca, mancante nell autostop. Come in tutti i progetti in cui si cerca di aggregare persone che non si conoscono, la questione della sicurezza e della fiducia reciproca è fondamentale. Quali sono gli strumenti che ha Jungo per facilitare la condivisione dei viaggi tra sconosciuti? Esibendo la propria card, lo jungonauta garantisce che non ha precedenti penali, non è stato escluso da Jungo (l esclusione per malcomportamento avviene a seguito di una complessa ed esclusiva procedura attivata dalle segnalazioni) ed infine che è tracciabile, al momento dell imbarco, con un SMS contenente il nome utente. Analogamente, è tracciabile il guidatore, anche se non iscritto a Jungo (tramite targa o patente). Le donne, se vogliono sentirsi ancora più 102

103 sicure, possono segnalare che la loro richiesta di imbarco è rivolta solo ad altre donne: basta esibire insieme alla card il nastrino rosa (recapitato con la card). L aspetto cooperativo ed il senso di comunità che sta dietro questa iniziativa appare un forte fattore di successo. Tuttavia, non è da dimenticare il risparmio/guadagno economico percepito da tutti i soggetti coinvolti (autisti e passeggeri). Che tariffe hanno e come sono regolati i pagamenti? E previsto per ogni passaggio offerto un rimborso spese di 10cent/km (5cent/Km per viaggi oltre i 20 Km) + 20cent di fisso, che lo jungonauta versa in contanti al guidatore. Sul sito è facilmente calcolabile il risparmio annuo ottenibile da chi offre e da chi riceve i passaggi. Un iscritto che imbarca regolarmente passeggeri Jungo, per percorrenze cumulate di km. annui, suddivisi in tratte, e che spenderebbe in benzina circa euro, può recuperare circa euro. Nell esperienza trentina si è visto però che spesso l automobilista rifiuta il compenso. L iscrizione a Jungo costa 15 euro all anno. In quali situazioni occorre intervenire secondo te con più urgenza per migliorare le condizioni della nostra mobilità? Chi ha la responsabilità di queste azioni? Siamo tutti responsabili, ogni volta che non ci domandiamo nemmeno se salire in auto sia evitabile. Ovviamente, però, politici e amministratori pubblici potrebbero avere gli strumenti per orientare i comportamenti dei cittadini, se lo volessero. Ma sarebbero provvedimenti considerati impopolari, e quindi temutissimi. Cito un proverbio cinese: Molte piccole cose, fatte da molta piccola gente, in molti piccoli luoghi, possono cambiare la faccia della terra. Invito a fare responsabilmente la propria parte senza delegare o attendere gli altri, ad agire coerentemente coi propri ideali senza timore di andare controcorrente e di apparire utopisti. Non importa se all inizio si è in pochi. Col tempo, gradualmente e impercettibilmente, ogni cultura dominante si modifica, e a volte arriva a sgretolarsi. *** 103

104 23. Il Piedibus: accompagnare i bambini a scuola in sicurezza Muoversi a piedi è spesso la soluzione migliore per gli spostamenti brevi per andare a scuola o in ufficio, o per fare piccole spese e commissioni. Per quanto possa sembrare banale, favorire gli spostamenti pedonali costituisce una delle principali misure di mobilità sostenibile. Non si tratta solo di usare di meno i mezzi motorizzati, con ovvi vantaggi in termini di risparmio di spesa, ma anche di star meglio in salute: infatti, fare una passeggiata di venti minuti al giorno contribuisce a migliorare l umore e aiuta a mantenere sano il cuore. Per gli spostamenti casa-scuola dei bambini occorre incentivare la diffusione del Piedibus. Vediamo di cosa si tratta. Il Piedibus 20 è un progetto nato in Danimarca diversi anni fa con lo scopo di promuovere l esercizio fisico nei bambini. È ormai diffuso nel Nord Europa e negli Stati Uniti, ed anche in Italia è in rapida crescita. Il progetto è nato con lo specifico scopo di combattere il crescente fenomeno dell obesità infantile, ma si è rivelato utile anche per promuovere la socializzazione e l autostima dei bambini e per ridurre il traffico veicolare nei pressi delle scuole. I bambini, anziché prendere l autobus o lo scuolabus, alla fermata del Piedibus (segnalata da un cartello apposito) si aggregano ad una comitiva guidata da alcuni addetti fino a scuola, e viceversa per il ritorno a casa. Il Piedibus è organizzato come un vero autobus, con linee, fermate, orari, e regolamento: trasporta i bambini in modo sicuro, ecologico e salutare. I bambini vengono accompagnati da due

105 responsabili adulti, un autista davanti ed un controllore che chiude la fila. L organizzazione dei Piedibus è curata da comuni, ASL, scuole o associazioni, ed è generalmente affidata a volontari (compresi i genitori o i nonni degli stessi alunni ed il personale comunale) che assicurano il servizio. Questo sistema consente di evitare il traffico cittadino mattutino che si crea attorno agli istituti scolastici, favorire la conoscenza del territorio da parte dei bambini e promuovere un comportamento salutare. Tali iniziative portano inoltre un notevole risparmio di tempo ai genitori, che possono lasciare i loro bambini alle fermate del Piedibus autorizzate e opportunamente presidiate nei punti più vicini a casa, contribuendo alla creazione di una zona veramente sicura per i bambini. Come si organizza un progetto di Piedibus? Occorre innanzitutto organizzare una serie di incontri che possano coinvolgere l amministrazione comunale, le forze dell ordine, le associazioni, gli insegnanti e le famiglie (genitori e bambini stessi). È poi di fondamentale importanza l analisi dei percorsi casa-scuola (da effettuarsi grazie all aiuto di un mobility manager), e l effettuazione di sopralluoghi che consentano di rilevare le criticità presentate dai percorsi stessi, in modo da poter individuare, con il contributo di insegnanti, genitori e forze dell ordine, le misure necessarie per metterli in sicurezza. Dopo aver individuato i tragitti del Piedibus, occorre evidenziarli attraverso la stampa (su asfalto e marciapiedi) di impronte colorate in modo diverso a seconda dei percorsi, che consentano ai bambini di individuare e seguire il percorso in modo facile e divertente. Inoltre, per rendere ancora più comprensibile al bambino il percorso da compiere ed i pericoli da evitare, occorre predisporre appropriati segnali in corrispondenza degli attraversamenti pedonali e delle svolte, riportanti anche suggerimenti per il comportamento da tenere. Durante le fasi di sperimentazione è opportuno che anche genitori ed insegnanti accompagnino i piccoli (oltre agli accompagnatori ufficiali ), magari con l aiuto di artisti e teatranti che facciano 105

106 percepire meglio ai bambini il divertimento che deriva dal camminare insieme. Per facilitare la riconoscibilità dei bambini è utile inoltre dotarli di giubbini ad alta visibilità. Risulta fondamentale, per la gestione dell organizzazione e dello svolgimento dell attività, anche il coinvolgimento attivo delle forze dell ordine ed il loro confronto con gli insegnanti e con le famiglie degli alunni: la loro conoscenza dell ambiente cittadino anche in funzione di necessità e problematiche quotidiane costituisce un valore aggiunto imprescindibile nella definizione di efficaci strategie per lo sviluppo (anche sociale) dei territori. E il miglioramento della sicurezza stradale, specie per i più giovani, rappresenta sicuramente una delle vie attraverso cui passa lo sviluppo di un territorio Le informazioni riporrtate sono tratte dal progetto realizzato in Puglia dallo studio ElaborAzioni ( 106

107 Rendere sicura la mobilità 107

108 Quanto è importante la sicurezza stradale? Perché non si riesce ad eliminare la piaga delle migliaia di persone che ogni anno restano vittime degli incidenti stradali? In Italia ogni giorno circa 10 persone muoiono a causa di incidenti stradali, e molte altre restano ferite (spesso con danni permanenti). Ed il maggior numero di incidenti si verifica nelle aree urbane, coinvolgendo soprattutto pedoni e ciclisti, in un contesto che non dovrebbe certo essere pericoloso. Gli sforzi per ridurre numero e gravità degli incidenti sono sempre maggiori (e cominciano, in effetti, a portare qualche beneficio), ma ancora siamo lontani dall aver risolto il problema. Anzi. Vediamo nelle prossime pagine come si può abbassare la soglia del pericolo nelle città e come è possibile aiutare tutti (compresi i più deboli) a muoversi evitando i pericoli della strada. 108

109 24. La sicurezza stradale migliora, ma Con il contributo di Andrea Marella Come procede l attività di potenziamento della sicurezza stradale in Italia? Sono realmente in diminuzione gli incidenti ed il numero di morti e feriti? Nel complesso, la situazione sta lentamente migliorando, ma non mancano aspetti contraddittori. Nel 2011 si sono registrati in Italia incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti (entro il 30 giorno) è stato di 3.860, quello dei feriti ammonta a Rispetto al 2010, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-2,7%) e dei feriti (-3,5%) e un calo più consistente del numero dei morti (-5,6%). Ciò significa che ogni giorno si sono verificati mediamente 563 incidenti stradali che hanno comportato lesioni alle persone (precisamente la morte di 10 persone ed il ferimento di altre 800). Negli ultimi anni il numero di incidenti, morti e feriti è calato sensibilmente, anche se l Italia non è riuscita a centrare l obiettivo europeo di dimezzamento del numero dei morti nel periodo (pur avvicinandosi molto). Nei grafici che riporto di seguito sono evidenziati gli andamenti dei principali indicatori degli incidenti stradali 22. *** 22 Mie elaborazioni sui dati ufficiali ACI-Istat 109

110 *** *** 110

111 *** *** 111

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