DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL INFORMAZIONE E SCIENZE MATEMATICHE

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1 DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL INFORMAZIONE E SCIENZE MATEMATICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE OTTIMIZZAZIONE DEL CONSUMO E APPROPRIATEZZA DELL USO DELLA RISORSA SANGUE ATTRAVERSO UN MODELLO PREDITTIVO PER IL WELL TRANSFUSED PATIENT Relatore: Prof. Gabriele Cevenini Tesi di Laurea di: Giuseppe Lupo Correlatore: Dott.ssa Felicetta Simeone Anno Accademico: 2012/2013

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3 Indice Capitolo 1. Introduzione al problema trasfusionale L importanza di una corretta gestione di emocomponenti Procedura per la sicurezza trasfusionale Obiettivo well transfused patient Capitolo 2. Pianificazione Trasfusionale: prima definizione di un modello predittivo in cardiochirurgia L idea, il team work e il processo di acquisizione dei dati Patient set e acquisizione delle variabili Costruzione del modello Capitolo 3. Tuning phase e analisi retrospettiva Comparazione modello-realtà e decorso clinico dei pazienti trasfusi Calibrazione del modello Capitolo 4. Validazione prospettica del modello... Errore. Il segnalibro non è definito. 4.1 Validazione real-time... Errore. Il segnalibro non è definito. 4.2 Studio clinico dei casi critici e introduzione del safety leeway. Errore. Il segnalibro non è definito. Capitolo 5. L applicazione del modello nell U.O. di CardiochirurgiaErrore. Il segnalibro non è definito. 5.1 L implementazione del modello su Digistat... Errore. Il segnalibro non è definito. 5.2 La modificazione delle procedure trasfusionali... Errore. Il segnalibro non è definito. 5.3 L impatto del modello sulle performance degli operatori coinvolti, in un ottica di TQM. Errore. Il segnalibro non è definito. 5.4 Analisi cliniche delle complicanze postoperatorie: i risultati ottenuti.... Errore. Il segnalibro non è definito. 5.5 Valutazione cost-effectiveness di EmoTx.... Errore. Il segnalibro non è definito. Capitolo 6. Ulteriori sviluppi... Errore. Il segnalibro non è definito. 6.1 Il miglioramento continuo del modello... Errore. Il segnalibro non è definito. 6.2 L estensione del modello in ambito interaziendale e in ottica esterna... Errore. Il segnalibro non è definito. 6.3 L estensione del modello ad altre componenti ematiche.. Errore. Il segnalibro non è definito. 6.4 Conclusioni... Errore. Il segnalibro non è definito.

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5 Sintesi I processi di gestione delle attività chirurgiche coinvolgono aspetti di grande interesse trattati negli studi applicati alla gestione dei sistemi sanitari. È dimostrato come una miglior pianificazione e gestione delle attività chirurgiche, e delle risorse direttamente e indirettamente coinvolte, comporta un utilizzo più efficiente delle risorse, mantenendo un buon livello di qualità delle cure e dei trattamenti sanitari, con una conseguente riduzione dei tempi di degenza dei pazienti e, dunque, una migliore performance complessiva del presidio ospedaliero stesso. In ambito chirurgico riveste un ruolo fondamentale il Processo Clinico di Trasfusione (CTP), ossia la trasfusione delle corrette unità di emocomponenti per la corretta tipologia di paziente, nei tempi appropriati, con condizioni ottimali e in conformità alle linee guida previste. Il presente lavoro di tesi si concentra in particolare sull ottimizzazione del consumo di globuli rossi e sulla valutazione dell appropriatezza delle quantità trasfusionali necessarie attraverso l analisi delle caratteristiche cliniche di 3315 pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico nell Unità Operativa Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Il percorso ha comportato il progetto di un modello di regressione lineare con variabili predittive dummy, la sua successiva calibrazione e validazione attraverso una fase di affiancamento alle procedure in uso, ed infine la sua adozione definitiva a partire dal 1 giugno 2013 nell Unità Operativa oggetto dello studio stesso. Parallelamente è stato valutato il decorso clinico dei pazienti trasfusi, cercando di individuare criticità e opportunità di miglioramento del modello stesso. Tale analisi ha portato alla definizione di un safety leeway da adottare nella pratica clinica. Successivamente sono state valutate le performance del modello (in termini di radice quadrata dell errore quadratico medio) implementato sulla base dei dati ottenuti nel primo semestre di operatività, individuando gli impatti apportati dal modello stesso. Inoltre, è stata effettuata una accurata valutazione della riduzione del rapporto costo/beneficio, susseguente all introduzione del modello, prestando attenzione all analisi degli outcome clinici e dei tempi di degenza. Infine viene proposto un primo percorso di miglioramento del modello nonché l estensione dello stesso, e delle conseguenti pratiche trasfusionali, sia ad ulteriori componenti ematiche sia a ulteriori contesti interaziendali.

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7 Capitolo 1. Introduzione al problema trasfusionale 1.1 L importanza di una corretta gestione di emocomponenti Gli elevati costi dell assistenza sanitaria fanno sì che il settore dei servizi sanitari, nelle sue declinazioni nazionali, regionali e locali, sia in continuo cambiamento per poter ottenere un organizzazione sempre più efficiente delle attività ospedaliere, dovendo operare con risorse limitate e al fine di fornire ai pazienti le migliori cure possibili. L importanza dei processi di gestione delle attività chirurgiche é uno dei temi più trattati negli studi applicati alla gestione dei sistemi sanitari. I reparti di chirurgia, infatti, giocano un ruolo cruciale all interno di un presidio ospedaliero e sono proprio le attività chirurgiche che costituiscono il centro degli sforzi impiegati nella gestione di un ospedale. Questo perché la chirurgia rappresenta un costo importante nel budget complessivo di un ospedale, dovuto al coinvolgimento diretto di risorse costose per le attività chirurgiche, ma anche all impatto che la gestione delle sale operatorie ha sulla richiesta di altri servizi ospedalieri e sull impiego di una moltitudine di risorse indirettamente associate 1. Quindi una miglior pianificazione e gestione delle attività chirurgiche e delle risorse direttamente e indirettamente coinvolte può comportare un utilizzo più efficiente delle risorse, mantenendo un buon livello di qualità delle cure e dei trattamenti sanitari, con una conseguente riduzione dei tempi di degenza dei pazienti e, dunque, una migliore performance complessiva del presidio ospedaliero stesso. In ambito chirurgico riveste un ruolo fondamentale il Processo Clinico di Trasfusione (CTP), ossia la trasfusione delle corrette unità di sangue per la corretta tipologia di paziente, nel momento giusto, con condizioni ottimali e in conformità alle linee guida previste 2. Tale processo implica una catena di eventi integrati tra loro che inizia decidendo quando un paziente necessita realmente di sangue, e termina con una valutazione che definisce gli esiti clinici della trasfusione. L obiettivo primario del processo è quello di ottenere un utilizzo ottimale del sangue, ovvero sicuro ed efficiente sotto il profilo clinico, che rifletta queste tre caratteristiche: Sicurezza: nessuna reazione avversa né forme di infezione. 1 GÖRLINGER K, TRANSFUS MED HEMOTHER 2012;39: PIRIE E, SCOTTISH NAT BLOOD TRANSF SERVICE 2010,1-64

8 Efficacia clinica: in grado di apportare vantaggi ai pazienti. Efficienza: nessuna trasfusione inutile; l esecuzione della trasfusione deve essere eseguita solo nel momento in cui il paziente ne ha realmente bisogno. Non sempre questi tre aspetti sono facili da valutare, anzi, le trasfusioni di sangue sono state oggetto di svariate cause legali ed indagini, ed è per questo che gli ospedali devono essere sempre in grado di dimostrare che i loro processi sono sicuri, efficaci ed efficienti dal punto di vista clinico. Gli eventi avversi sono infatti in grado di generare rischi di natura medico-legale, pubblicità negativa e danni di immagine e reputazione per gli ospedali e, talvolta, per l intero sistema sanitario; ne deriva che la sicurezza dei trattamenti ospedalieri e l efficacia dell assistenza medica rappresentano fattori chiave per i sistemi di assistenza sanitaria. Il sangue costituisce circa il 5-7% del volume corporeo e nel nostro corpo ne circolano, in media 4/5 litri. È un tessuto umano che rappresenta una risorsa tanto preziosa quanto scarsa. Sono numerosi i paesi che hanno problemi a far coincidere il volume delle donazioni con quello, superiore, delle richieste di sangue. L approvvigionamento di sangue nell Unione Europea dipende sostanzialmente dal supporto dei donatori volontari. Attualmente, il costante invecchiamento della popolazione di molti paesi UE, unitamente agli effetti delle nuove misure di precauzione adottate per tutelare i pazienti che ricevono il sangue, hanno accresciuto i problemi già esistenti nel garantire forniture di sangue sufficienti. In Italia i donatori sfiorano quota un milione e settecentomila, rappresentando il 2.9% della popolazione totale con il 4.5% della popolazione tra i 18 e i 65 anni. L'indice di donazione (numero di donazioni/anno) per il sangue intero in Italia è di 1.6 anche se gli uomini possono donare fino a 4 volte e le donne fino a 2. Il nostro paese risulta al di sotto della media europea. L'indice nazionale di produzione dei globuli rossi per residenti all anno risulta pari a 41.5, in linea con gli indici produttivi dei Paesi europei ad elevato sviluppo socioeconomico. Tale indice, tuttavia, presenta una variabilità fra Regioni molto elevata, con un range da 24.7/1.000 abitanti/anno della Campania a 58.7 dell Emilia Romagna. In linea generale tutte le Regioni del centro-sud presentano un indice al di sotto della media nazionale, mentre le regioni del centro-nord, ad eccezione della Provincia di Trento, si collocano al di sopra della media nazionale. L'autosufficienza nazionale di componenti labili del sangue è stata garantita fin dal

9 2003 attraverso trasferimenti pianificati tra le regioni. Pianificare e trasferire ha però un suo costo, costo che sale vertiginosamente quando il sangue è raro: a differenza di quanto si possa pensare sulla superficie dei globuli rossi sono presenti più di 700 diversi antigeni e dunque la preparazione di una trasfusione potrebbe non essere così semplice. I servizi trasfusionali promuovono le donazioni come un contributo essenziale per l assistenza dei pazienti; pertanto, sia gli ospedali che le organizzazioni preposte alla raccolta del sangue hanno l obbligo di dimostrare ai donatori che ogni donazione di tessuto umano viene utilizzata in modo oculato ed efficace, e che il sangue è sicuro, disponibile e viene utilizzato solo quando realmente necessario. Ulteriore aspetto di rilevanza deriva dalla conformità alle normative UE che attribuiscono una responsabilità legale alle amministrazioni ospedaliere, alle quali è demandato il compito di introdurre un sistema di controllo della qualità sugli elementi cardine della catena trasfusionale; le banche del sangue dell ospedale devono presentare un modulo di conformità annuale e, in base agli esiti di tale relazione, possono essere soggetti a ispezioni. La notifica degli eventi avversi costituisce un requisito legale nell area UE, unitamente all obbligo di garantire la tracciabilità di ogni singolo emoderivato durante il ciclo che va dalla donazione alla somministrazione al paziente ricevente. Inoltre le istituzioni che desiderano ottenere l accreditamento da parte degli organismi preposti devono essere in grado di dimostrare concretamente di avere implementato un sistema di gestione della qualità. Ulteriore aspetto da sottolineare è quello clinico: nessuna trasfusione deve essere inutile; come vedremo più avanti, sia una ipotrasfusione che una ipertrasfusione, possono generare complicanze cliniche evitabili, molto spesso non trascurabili, e che provocano un allungamento dei tempi di degenza dei pazienti nei presidi ospedalieri e dunque dei costi ulteriori che potrebbero essere minimizzati se non addirittura eliminati. Da questo si evince come il tema delle trasfusioni sia di enorme interesse per le istituzioni che, perseguendo il miglioramento continuo delle performance delle aziende sanitarie in generale, pongono l accento sempre di più sulla minimizzazione dei costi di degenza ospedalieri. La terapia trasfusionale sul paziente rappresenta solamente la fase finale della catena trasfusionale che ha origine a partire dalla fase di approvvigionamento della risorsa sangue con la selezione dei donatori fino alla valutazione degli

10 outcome dei pazienti. Se per la parte relativa agli approvvigionamenti della risorsa sangue sono stati fatti notevoli passi in avanti negli ultimi decenni, ciò non si può dire per la parte a valle di tale catena. È proprio su questi processi che le attività di ricerca si indirizzano, perseguendo in maniera sempre più significativa l ottimizzazione del consumo di emocomponenti. L obiettivo di questa tesi è quello di valutare la bontà dell implementazione di un modello di predizione delle sacche trasfusionali di emazie necessarie ai pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico presso il reparto di Cardiochirurgia del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e di proporne miglioramenti ed estensioni, sia nello stesso contesto ospedaliero che ad altre realtà similari. 1.2 Procedura per la sicurezza trasfusionale La sicurezza della terapia trasfusionale deriva dalla gestione di un iter complesso che include tutte le attività che vanno dalla selezione del donatore all infusione degli emocomponenti nel paziente ricevente, la cosiddetta transfusional chain o catena trasfusionale (Fig. 1). Test per markers malattie infettive Decisione trasfusionale e ordine emocomponenti Emissione e prelievo prodotto Raccolta e preparazione del prodotto Selezione donatori Stoccaggio e gestione delle scorte Crossmatching e test di compatibilità Somministrazione del prodotto Monitoraggio e valutazione del paziente TRANSUSIONAL CHAIN PRODOTTO PAZIENTE Fig. 1. Descrizione della catena trasfusionale.

11 La sicurezza, di conseguenza, può essere definita come la risultante di un percorso articolato dipendente dal governo di strumenti di gestione del rischio adottati in ogni singola fase. Tali percorsi si sviluppano all interno del Servizio Trasfusionale che si pone, pertanto, come garante della sicurezza dei prodotti trasfusi ( bloody safety ); la rimanente parte del processo rappresenta, invece, la risultante di processi che si sviluppano presso le unità operative richiedenti emocomponenti da trasfondere. Da notare come la sicurezza degli emocomponenti si attesta oggi su valori prossimi al 100%, grazie al contributo efficiente dei Servizi Trasfusionali garantita da: l implementazione dei test di biologia molecolare nella prevenzione delle malattie trasmissibili (HIV, HCV, HBV); l adozione sistematica delle procedure di buona prassi ( good manufacturing practices ) delle attività trasfusionali; l informatizzazione diffusa in grado di creare barriere rispetto alla generazione di errori; l impianto normativo dettagliato e minuzioso che contribuisce ad uniformare le attività dei Servizi Trasfusionali sul territorio nazionale limitando la variabilità dei comportamenti. Dal lato della sicurezza trasfusionale globale i margini di sicurezza della trasfusione gestiti presso le unità operative mostrano invece un elevata incidenza di errori di processo, che si renderebbero responsabili di oltre il 60% degli eventi avversi da terapia trasfusionale. Anche uno studio 3 effettuato nello Stato di New York dimostra come la maggior parte degli errori derivano da azioni umane e, quindi, possono essere prevenute, e come la maggior parte di essi si verificano al di fuori della banca del sangue, il che suggerisce che bisogna concentrare gli sforzi nelle attività di gestione delle procedure operative all interno dei comparti ospedalieri. Con l entrata in vigore della Direttiva 2002/98/EC, l introduzione di sistemi di emovigilanza è diventata una priorità per tutti i Paesi della Comunità europea. Tale 3 LINDEN JV, TRANSFUSION 2000; 40:

12 prescrizione comunitaria trova nella normativa di recepimento espressa nel Decreto Legislativo 9 novembre 2007, n. 207, il suo fondamento giuridico. In Italia la rilevazione e la notifica alle autorità competenti delle reazioni avverse e degli incidenti associati alla donazione e alla trasfusione di sangue e emocomponenti sono divenute obbligatorie dal L incidenza delle reazioni avverse del donatore e del paziente in corso di trasfusione sono valutate con l obiettivo di migliorare le procedure di selezione, di raccolta della donazione e la sicurezza dei prodotti trasfusionali. I Servizi Trasfusionali notificano le reazioni avverse e gli incidenti e trasmettono i relativi rapporti annuali alle Strutture Regionali di Coordinamento per le attività trasfusionali. I rapporti regionali sono notificati al Centro Nazionale Sangue attraverso il Sistema informativo dei Servizi TRAsfusionali (SISTRA) (Fig. 2). Unità di Raccolta (UdR) Rapporto annuale ST Servizi Trasfusionali (ST) Strutture Regionali di Coordinamento per le atività trasfusionali (SRC) Rapporto annuale nazionale Centro Nazionale del Sangue (CNS) Notifica di emovigilanza Rapporto annuale regionale SISTRA Figura 2. Descrizione strutturale del SISTRA. Attraverso il SISTRA vengono gestite tutte le informazioni relative alle attività trasfusionali svolte sul territorio nazionale, ossia la sorveglianza epidemiologica dei donatori, le reazioni indesiderate gravi dei donatori, gli effetti indesiderati gravi sui riceventi e gli errori trasfusionali nonché gli incidenti gravi. Secondo l ultimo rapporto dell Istituto Superiore di Sanità le notifiche validate di effetti indesiderati legati alla trasfusione di sangue intero e emocomponenti sono aumentate negli ultimi anni (Fig. 3), con manifestazioni allergiche (39%) e le reazioni febbrili non emolitiche (35.6%) che per il 2011 hanno rappresentato il

13 74,6% degli effetti indesiderati segnalati 4. Tra gli altri effetti, quelli più frequenti sono: la dispnea associata alla trasfusione (5%), l ipotensione (2.2%), il sovraccarico circolatorio (TACO) (2.6%), l ipertensione (1.2%) e l anafilassi (1.5%). Gli effetti indesiderati presenti nella categoria altro (12%) sono descritti con sintomi specifici quali brividi, nausea e vomito, dolori lombari e addominali (Fig. 4) Notifiche validate di segnalazioni di effetti indesiderati nei riceventi Figura 3. Descrizione empirica degli effetti indesiderati per il triennio Ipotensione Alloimmunizza Sovraccarico zione circolatorio (TACO) Dispnea associata alla trasfusione Altro Anafilassi Ipertensione TRALI Manifestazioni allergiche Reazioni febbrili non emolitiche Figura 4. Descrizione percentuali degli eventi avversi trasfusionali per il triennio FACCO G, PICCININI V, ISTISAN 2013, RAPPORTO 13/21

14 Quindi nonostante le maggiori attenzioni da parte delle istituzioni in materia di procedura trasfusionale, i dati mostrano come gli effetti indesiderati aumentino. D altra parte è forse la stessa maggiore attenzione e la maggiore sensibilità su tale argomento che porta gli organi preposti a segnalare con frequenza superiore gli eventi avversi che si verificano, affinché, attraverso le informazioni fornite da questo sistema di emovigilanza, si passano facilitare l analisi del rischio sulla donazione, trasfusione e sicurezza intrinseca dei prodotti trasfusionali, nonché l assunzione di azioni correttive e preventive e nuove politiche di carattere produttivo e assistenziale. I fulcri della prevenzione degli errori, in tutte le fasi del processo trasfusionale, dalla richiesta al prelievo dei campioni per le indagini trasfusionali, alla trasfusione, sono costituiti da: l adozione di precise procedure di identificazione del paziente, dei campioni di sangue e delle unità trasfusionali; la determinazione dei gruppo sanguigno su due distinti campioni, prelevati in momenti diversi e con risultati concordanti; la tracciabilità di tutti gli eventi e degli operatori coinvolti e della documentazione utilizzata in tutto in percorso. L intero processo può essere suddiviso ed analizzato in sei macro processi, ognuno dei quali deve essere scrupolosamente definito (Fig. 5): 1. Valutazione paziente e decisione sull opportunità di eseguire una trasfusione 2. Ordine dell emoderivato 6. Monitoraggio paziente PAZIENTE 3. Test pre-trasfusionali 5. Somministrazione dell emoderivato 4. Consegna dell emoderivato Figura 5. Descrizione del processo trasfusionale.

15 1. Il medico che ha in cura il paziente procede alla determinazione delle condizioni cliniche, valutando la necessità di eseguire una trasfusione ed il tempo a disposizione, unitamente al tipo ed al numero di unità dell emoderivato. Successivamente medico e infermiere dialogano con il paziente per l ottenimento del consenso informato e procedono alla registrazione scritta delle indicazioni specifiche per la trasfusione e degli esiti della discussione con il paziente 5. Il tempo disponibile per la procedura trasfusionale consente di identificare le diverse tipologie di richieste di emocomponenti, in ordine decrescente di rischio clinico: urgentissima, urgente, ordinaria, pre-operatoria e pianificata, come segue: i. Nella richiesta urgentissima o emergenza trasfusionale il differimento della trasfusione può mettere in pericolo la vita del paziente stesso: non si seguono le normali procedure che prevedono di effettuare i test pre-trasfusionali di compatibilità ma si assegnano emazie di gruppo 0 Rh neg, garantendo la compatibilità per quanto attiene il sistema AB0, ma solo in parte per il sistema Rh e per gli altri sistemi gruppo ematici. Tali rischi devono essere bilanciati con quelli derivante al paziente dal ritardo nella somministrazione della terapia trasfusionale. Il tempo medio necessario per l evasione della richiesta è di dieci minuti. ii. La richiesta urgente o urgenza trasfusionale necessita di un trattamento trasfusionale tempestivo in tempi che consentano la selezione dell emocomponente e l effettuazione e validazione dei test di compatibilità pre-trasfusionali. I tempi di evasione di questa tipologia si aggirano sui sessanta minuti. iii. Nella richiesta ordinaria è richiesto un trattamento trasfusionale entro ore e quindi il tempo a disposizione è sufficiente per eseguire i test pre-trasfusionali. iv. La richiesta operatoria è una tipologia di richiesta che viene redatta il giorno stesso dell intervento chirurgico programmato e/o 5 DECRETO MINISTERIALE 3 MARZO 2005, ART. 9.

16 nell immediato postoperatorio. L assegnazione avviene previa la verifica di gruppo sul campione di sangue che l accompagna. Tra le diverse tipologie di richiesta trasfusionale, questa, costituisce il principale strumento di programmazione, consentendo un ottimale gestione delle scorte visto che il giorno precedente l intervento viene definita la pianificazione di supporto trasfusionale per intervento chirurgico. v. La richiesta pianificata va selezionata quando per uno stesso paziente si richiede sangue con richiesta urgente od ordinaria e, contestualmente, si intende associarne un altra o più in date successive a quella della richiesta urgente od ordinaria, realizzando in tal modo un piano trasfusionale. In ogni caso, nella richiesta, la corretta compilazione dei campi previsti, da parte del medico di reparto o in collaborazione con l infermiere, è una misura fondamentale per la sicurezza dei pazienti. L omissione di notizie cliniche, comprese quelle anamnestiche, può avere rilevanza in tema di rischio clinico. Solo il caso particolare della richiesta urgentissima può costituire eccezione, in cui gli unici dati indispensabili sono quelli che identificano il paziente, la priorità della richiesta (urgentissima) e la tipologia e il numero dell emocomponente richiesto. Tale richiesta contiene un talloncino a fondo pagina staccabile per consentire al vettore di ritirare gli emocomponenti. 2. La richiesta deve sempre essere accompagnata da un campione di sangue, ad eccezione di una richiesta urgentissima o di una richiesta di trasfusione per i neonati. Richiesta e campione vengono inviati al Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale (SIMT) dell azienda ospedaliera. Il campione serve per effettuare i test pre-trasfusionali per la determinazione del gruppo AB0 e RhD del paziente ed effettuare i test di compatibilità (crossmatch). L effettuazione dei test immunoematologici devono essere eseguiti su due campioni raccolti in momenti diversi: il primo campione, finalizzato alla 1 a determinazione di gruppo, è associato ad una richiesta di prestazione diagnostica; il secondo campione, finalizzato alla verifica di gruppo, è associato ad una richiesta di sangue e consente di assegnarlo. L infermiere

17 accerta che il paziente abbia firmato il consenso, non debba assentarsi per eventuali accertamenti strumentali, abbia terminato da almeno due ore il pasto e pianifica il prelievo del campione per assicurarne l invio al SIMT in tempi brevi, comunque non oltre le 4 ore dalla raccolta, e che preceda un eventuale infusione di plasmaexpander che potrebbero interferire con le analisi. Effettuato il prelievo lo contrassegna al letto del paziente ed in seguito chiama il vettore interno consegnandogli la copia della richiesta trasfusionale destinata al SIMT e la provetta ad essa collegata. Il vettore recapita al SIMT la provetta e la richiesta che firma per avvenuta consegna. Il tecnico del SIMT accetta la richiesta ed il campione di sangue che l accompagna. 3. L infermiere per effettuare il ritiro chiama il vettore che si recherà in reparto per ritirare il talloncino. Il tecnico del SIMT, a seguito della presentazione del talloncino, verifica la corrispondenza della richiesta, effettua l ispezione fisica dell unità accertando l assenza di anomalie visibili e registra data e ora della consegna. Il vettore, firmata la distinta per consegna, si reca in reparto e recapita all infermiere di reparto il materiale, che ne assicura la corretta conservazione fino al momento della trasfusione. 4. La somministrazione della terapia trasfusionale si tratta di un atto terapeutico medico, pertanto, tanto la trasfusione quanto le relative operazioni connesse, devono essere effettuate dal medico, o almeno in sua presenza, e sotto la sua responsabilità. Il medico e l infermiere verificano i dettagli del paziente e della prescrizione scritta, assicurandosi che i dati d identificazione del paziente riportati sul braccialetto e che i gruppi AB0 e RhD sull etichetta di identificazione coincidano con quelli riportati sulla sacca dell emoderivato. Inoltre procedono alla determinazione dei parametri di base del paziente e all ispezione dello stato di conservazione dell unità da trasfondere, verificando l assenza di anomalie (coaguli, alterazione del colore, segni di emolisi). Se non si riscontrano incongruenze e/o anomalie, l infermiere, in presenza del medico, avvia la trasfusione in base alla portata di flusso prevista, registrandone l ora di inizio. 5. A fine somministrazione l infermiere, registrati gli esiti della trasfusione, procede al monitoraggio del paziente, osservandone le condizioni e i

18 parametri vitali. Nel caso di reazioni avverse il medico tratta la reazione trasfusionale e l infermiere notifica l effetto indesiderato, comunicandolo appena possibile al SIMT. Per il successo clinico è indispensabile attenersi a ogni singola fase del processo di trasfusione. Dimostrare con prove tangibili che le operazioni sono svolte nel modo corretto garantisce ai pazienti e alla comunità che il trattamento è sicuro, efficace ed efficiente, e allo stesso tempo incoraggia il personale clinico coinvolto ad aggiornarsi alle ultime evidenze disponibili al fine di apportare miglioramenti in termini qualitativi. 1.3 Obiettivo well transfused patient Il tema delle trasfusioni è in continua evoluzione nonostante siano pubblicate svariate linee guida che dettano procedure trasfusionali e modalità di conservazione del sangue 6. Negli ultimi venti anni soprattutto il comparto della cardiochirurgia ha mutato notevolmente modalità di gestione, tecniche e procedure in ambito trasfusionale. Le ragioni possono essere ricercate sia nella maggiore complessità del paziente, che è sempre più anziano e con la presenza di un numero più elevato di patologie, sia nelle operazioni stesse che, anche grazie alle nuove tecnologie, non si limitano più a semplici operazioni coronariche. Infine, i pazienti arrivano in sala operatoria con complesse terapie combinate, agenti tanto sui fattori della coagulazione quanto sulla funzione piastrinica. Tale maggiore complessità di gestione trasfusionale ha suscitato sempre più interesse nelle istituzioni che hanno provveduto a definire precise linee guida e protocolli; tuttora però non si è arrivati ad una omogeneità di risultati, in cui le variazioni nei volumi di utilizzo di sangue sono da imputarsi in parte alle differenze demografiche, o alle specifiche patologie che colpiscono le varie popolazioni. Tuttavia, numerosi studi hanno evidenziato come, almeno nel caso delle trasfusioni perioperatorie, i fattori di cui sopra non siano sufficienti a spiegare queste variazioni. La ridotta richiesta di sangue da parte di alcuni team chirurgici può rappresentare la conseguenza di un attenzione spinta verso il dettaglio nella 6 KOZEK-LANGENECKER SA ET AL, EUR J ANAESTH 2013, 30(6):

19 gestione dei pazienti, che influenza positivamente le esigenze trasfusionali. Ad esempio, in uno studio condotto in Europa, i pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico che hanno ricevuto una trasfusione di una o più sacche di globuli rossi sfiorano il 50% anche se alcune aziende ospedaliere la praticavano nell 8% dei casi, altre nel 90% 7. Naturalmente, questo riflette anche probabilmente le possibili differenze nella gestione clinica dei pazienti prima, durante e dopo l intervento cardiaco: il livello di emodiluizione durante bypass cardiopolmonare (CPB), il protocollo trasfusionale applicato, ad esempio il valore soglia di emoglobina (Hb), la frequenza e la gravità del sanguinamento postoperatorio, i diversi protocolli terapeutici applicati in caso di sanguinamento, nonché la corretta gestione delle procedure intraoperatorie dato che tra il 15% e il 20% dei pazienti necessita di una trasfusione in più dell 80% dei casi durante l operazione 8. In linea generale, il fatto che nella realtà europea ci siano queste differenze impressionanti per quanto riguarda la politica trasfusionale, riflette una inadeguata comprensione degli effetti trasfusionali sul risultato postoperatorio. Sebbene la trasfusione di sangue è una terapia essenziale durante le procedure chirurgiche, una migliore quantificazione e limitazione della necessità trasfusionali possono migliorare i risultati clinici. Questo perché ad ogni trasfusione è associato un rischio: uno studio condotto negli Stati Uniti ne mostra l incidenza 9. Le cause principali di mortalità associata a trasfusione può essere correlata a una delle seguenti cause (in ordine di frequenza decrescente): sovraccarico di liquidi (denominato anche sovraccarico circolatorio associato a trasfusione o TACO), reazioni allergiche, o TRALI. Sebbene l'esatta incidenza di sovraccarico circolatorio relativi alla trasfusione è sconosciuto recenti stime parlano di 1:5000 ed è più probabile che si verifichi nei pazienti più anziani con una storia di insufficienza cardiaca congenita. La TRALI, invece, si genera a causa di particolari anticorpi del donatore che reagiscono con le cellule del ricevente causando l aumento della permeabilità della microcircolazione polmonare. Con ventilazione e supporto emodinamico, la maggior parte dei pazienti guarisce entro ore, e vi è associato un tasso di mortalità di 1.5 morti per milione di unità trasfuse, anche se il tasso di mortalità 7 RANUCCI M., EUR J ANAESTH 2007, 24: FERRARIS V.A., SPIESS B.D., ANN THORAC SURG 2007; 83: DESPOTIS G., RENNA M., EUR J OF ANAESTH 2007; 24: 15 36

20 può raggiungere i 500 morti per milione di unità come emerso dallo studio di Silliman 10. La trasfusione di sangue contaminato da batteri è una causa molto rara di reazioni trasfusionali febbrili con circa 1:2000 unità contaminati da batteri. Il rischio di sepsi è molto maggiore per le piastrine che per i globuli rossi con un tasso di mortalità del 26 %. E 'stato stimato che la trasfusione si sangue contaminato da batteri genera 20 decessi per milione di unità trasfuse. Le reazioni emolitiche trasfusionali sono rare con un range da uno ogni a unità. Tuttavia, le trasfusioni AB0 incompatibili sono fatali nel 10% dei casi. Pertanto, ogni trasfusione dovrebbe essere l'atto finale di un processo decisionale complesso che coinvolge un attenta valutazione dei rischi e dei benefici di questa terapia, dove le aziende sanitarie con un tasso di pazienti trasfusi elevato dovrebbero affrontare il problema, cercando di valutare quali cambiamenti possano essere apportati nella pratica quotidiana per limitare le trasfusioni 11. Per quanto riguarda i benefici delle trasfusioni di sangue, non sono facili da individuare ma sicuramente possiamo menzionare la funzione ossiforica, ossia una maggiore capacità di trasportare ossigeno, una migliore emostasi, ossia una migliore capacità coagulativa, una funzione emodinamica, ripristinando una corretta volemia. Tuttavia le trasfusioni di sangue sono state sempre più riconosciute non solo responsabili di un aumento dei fattori di rischio per esiti avversi dopo intervento cardiochirurgico, ma è stato visto che trasfusioni inutili sono associate ad un aumento delle patologie, le quali comportano ulteriori costi indiretti di ospedalizzazione. Un ulteriore studio effettuato ad Eindhoven ha rivelato la correlazione tra il numero di trasfusioni di sacche di globuli rossi (PRBC) rispetto alla mortalità a breve e lungo termine, mostrando come nei pazienti trattati con tre o più unità di PRBC le aspettative di vita calino sensibilmente ed inoltre come coloro che non hanno ricevuto PRBC hanno allungato le proprie aspettative di vita 12. Sebbene i prodotti sanguigni venivano trasfusi per aumentare l'emoglobina, migliorando così l'ossigenazione dei tessuti, si è evidenziato come la trasfusione di emoderivati può essere dannosa, aumentando il rischio di infezione 10 SILLIMAN C.C.,TRANSFUSION 1997; 37: MC LELLAN SA, BR J ANAESTH OCT;89(4): VAN STATEN A.H, INTERACT CARDIOVASC THORAC SURG 2010, 10:37-42.

21 postoperatoria, infarto o ischemia cerebrale, insufficienza renale, ed in alcuni casi addirittura la morte. Bisognava quindi indirizzarsi verso quello che era il pensiero degli anestesisti americani: le trasfusioni di globuli rossi non dovrebbero essere dettate esclusivamente dal trigger dell emoglobina, ma invece dovrebbero essere basate sul rischio del possibile sviluppo di complicanze causate dall inadeguata ossigenazione del paziente 13. Da qui l idea di definire il concetto di well transfused patient : il paziente deve ricevere un numero di PRBC non più basandosi solo sul livello di emoglobina presente nel sangue bensì bisogna individuare nuovi fattori che concorrono alla giusta determinazione di esse, al fine di non avere né ipotrasfusioni né ipertrasfusioni e quindi migliori outcome dei pazienti. 13 STEHLING LC, ANESTHESIOLOGY 1996, 84:

22

23 Capitolo 2. Pianificazione Trasfusionale: prima definizione di un modello predittivo in cardiochirurgia 2.1 L idea, il team work e il processo di acquisizione dei dati Come visto nel capitolo precedente, la pianificazione trasfusionale può risultare un fattore cruciale per l ottimizzazione della somministrazione di emocomponenti. Pianificare una trasfusione, applicando i principi alla base della formulazione delle ultime linee guida trasfusionali europee, consente di facilitare il processo decisionale dei medici e allo stesso tempo ottenere una migliore gestione delle procedure trasfusionali e migliori risultati sul paziente ( patient blood management ). Tale gestione del paziente si basa sulla puntuale applicazione dei concetti medici e chirurgici volti a mantenere la concentrazione ottimale di emoglobina nel paziente, ad ottimizzare l'emostasi, a ridurre al minimo le perdite di sangue, e di ridurre o addirittura evitare le trasfusioni di sangue e dei successivi eventi avversi relativi alle trasfusioni, visto che diversi studi hanno associato le trasfusioni di sangue allogenico ad un aumento delle patologie e della mortalità nella cardiochirurgia. Pertanto, prevedere e limitare la necessità di trasfusioni sono sicuramente obiettivi clinici di enorme rilievo. Sono state proposte diverse strategie per ridurre le trasfusioni di sangue in chirurgia cardiaca. Alcune di queste sono finalizzate ad aumentare la concentrazione di emoglobina preoperatoria, alcune sono basate sulla donazione autologa preoperatoria, alcune cercano di limitare il grado di emodiluizione intraoperatoria durante il bypass cardiopolmonare (CPB), mentre altre sono basate sul recupero intraoperatorio o postoperatorio del sangue. Oltre a queste strategie non farmacologiche, vari farmaci sono stati impiegati nel tentativo di controllare il sanguinamento postoperatorio. Tuttavia, l utilizzo di un farmaco ha sempre associato dei potenziali rischi e controindicazioni.

24 L aspetto più interessante sul quale si stanno concentrando gli sforzi su tale tema è lo sviluppo di modelli per la previsione del tasso di trasfusioni di sangue in cardiochirurgia. Recentemente sono stati proposti molti modelli per scopi predittivi, in una vasta gamma di applicazioni mediche, la maggior parte dei quali basati sostanzialmente su due tipi di approcci. Il primo approccio è basato sulla stima della probabilità di rischio degli eventi avversi, attraverso sofisticati metodi matematici e statistici, come la regressione logistica, la regola di Bayes e le reti neurali artificiali. Nonostante la loro grande precisione, questi modelli non sono ampiamente utilizzati perché sono difficili da progettare e utilizzare per via dei complessi calcoli, che spesso richiedono un software dedicato e un livello di conoscenze informatiche e statistiche non comune in ambito medico, oltre ad essere difficili da incorporare nella pratica clinica. Il secondo approccio utilizza i sistemi a punteggio, i cosiddetti modelli a score, in cui le variabili predittive sono di solito selezionate e quantificate soggettivamente attraverso il parere di esperti nella particolare materia clinica o oggettivamente utilizzando metodi statistici 14. Nonostante la loro precisione inferiore, i modelli a score sono di solito preferiti rispetti ai modelli probabilistici da parte dei medici e degli operatori sanitari perché permettono il calcolo immediato dei punteggi individuali del paziente come una semplice somma dei valori interi associati fattori di rischio binari, senza la necessità di un sistema di elaborazione dati. È stato anche dimostrato 15 che nella maggior parte dei casi, in cui è disponibile una notevole quantità di informazioni cliniche, la loro accuratezza predittiva è simile a quella dei modelli di probabilità. La complessità computazionale di tali modelli deve essere sempre valutata attentamente, bilanciandola con le sue performance predittive. Modelli troppo semplici possono portare a stime fuorvianti, risultando inutili, controproducenti o addirittura pericolosi se applicati a determinati contesti. Qualsiasi modello predittivo applicato in ambito clinico, anche se sofisticato e preciso nella particolare condizione locale in cui è stato progettato, perde molto del suo potere predittivo se esportato in uno scenario clinico completamente diverso. Modelli a score personalizzati ad un particolare contesto clinico, in genere 14 MAEGELE M ET AL. TRANSFUS MED HEMOTHER 2012;39: BARBINI P, CEVENINI G, BIO MED CENTRAL 2010, 10:45

25 forniscono prestazioni migliori rispetto anche ai modelli probabilistici esportati da un altra realtà. Questo rafforza il successo clinico e l'efficacia dei sistemi a score, in cui la progettazione e la personalizzazione alle condizioni locali e/o alla particolare istituzione sono molto più semplici da realizzare. Nel capitolo seguente si analizza il modello a score predittivo quantitativo di pianificazione trasfusionale proposto e implementato nel Reparto di Cardiochirurgia del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena 16. Nella realtà senese i primi passi verso una migliore gestione della risorsa sangue si mossero già nel a metà degli anni duemila con l istituzione del Comitato per il Buon Uso del Sangue (COBUS), volto a determinare gli standard e le procedure per l utilizzazione del sangue, definire i controlli di sicurezza e di verifica ed effettuare la valutazione della pratica trasfusionale nei singoli reparti 17. Inoltre iniziò a coinvolgere le unità operative di diagnosi e cura sui programmi di risparmio del sangue, contribuendo al perseguimento dell autosufficienza degli emocomponenti e plasma derivati e nel contempo favorire l informatizzazione del sistema di donazione-trasfusione ospedaliero. L unità operativa con la quale il COBUS ha iniziato a collaborare per l instaurazione di una politica di pianificazione trasfusionale è stata l Unità Operativa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica. La scelta su questa Unità Operativa fu dettato dal fatto che essa era, e continua ad essere, l Unità Operativa con i volumi di trasferimento di componente ematico più elevati, sia in termini di richieste effettuate al Centro di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, sia per via delle quantità superiori di sacche ematiche per ciascuna richiesta rispetto a tutte le altre Unità Operative. Basti pensare che nella pratica clinica fino a poco tempo fa venivano preservate dieci sacche per il paziente che andava a sottoporsi ad intervento cardiochirurgico, indipendentemente dal suo status clinico. Tale pratica di assegnazione comportava possibili disagi e difficoltà operative nella corretta assegnazione e gestione delle varie richieste da parte degli operatori del Centro Emotrasfusionale, soprattutto per particolari categorie di pazienti. 16 SIMEONE F, CEVENINI G, BIO MED CENTRAL 2011, 11: LEGGE 21 OTTOBRE 2005, N. 219.

26 Bisognava quindi perseguire sì l efficacia, ma al contempo intraprendere la strada verso una sempre più elevata efficienza, sia dal punto di vista clinico quanto dal punto di vista organizzativo - gestionale. Per la costruzione effettiva del modello si rendeva necessaria la collaborazione con il Dipartimento di Chirurgia e Bioingegneria, che andava a tradurre quantitativamente gli aspetti clinici provenienti dall Unità Operativa Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica e clinico - organizzativi del Centro di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale. Quindi, sotto la propulsione del COBUS, si è instaurato un gruppo di lavoro (Fig.6) che persegue continuamente il miglioramento della pianificazione trasfusionale e nel quale si è inserita la mia figura di studente tesista e che ha dato i suoi primi frutti con il Modello EmoTx. Unità Operativa Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica COBUS A.O.U.S. Pianificazione Trasfusionale Dipartimento di Biotecnologie Mediche Centro di Immunoematologi a e Medicina Trasfusionale Fig. 6 : Team work EmoTx I dati sono stati ottenuti dal database dell'unità operativa, recuperando le informazioni di base demografiche e cliniche raccolte prospetticamente dai coordinatori clinici e inseriti nel database di produzione dell Azienda Ospedaliera Universitaria Senese da parte del personale qualificato preposto per la gestione dei dati. Il sistema informativo in possesso dell Unità Complessa di Terapia Intensiva Cardiochirurgica è il DigiStat, integrato sia con l applicativo Aurora che

27 gestisce i ricoveri sia con il sistema TD Sinergy sul quale fluiscono i dati del laboratorio di analisi ospedaliero. Così il DigiStat acquisisce automaticamente i dati anagrafici e quelli di laboratorio dei pazienti ricoverati in TIC, inoltre, memorizza sul proprio database anche i parametri vitali registrati real-time al letto del paziente, nonché tutti i dati delle prescrizioni e delle effettuazioni delle terapie da parte degli operatori sanitari preposti a queste funzioni. Il sistema TMM che gestisce i dati del Centro Emotrasfusionale, invece, non è integrato con gli altri sistemi informatici, quindi, per l importazione dei dati in locale, essi si acquisiscono da due database scollegati tra loro, il DigiStat e il sistema TMM. Il Digistat subisce un processo di backup notturno, quando l attività interattiva è nettamente inferiore e per il suo trasferimento in locale viene utilizzato Filezilla Client, un semplice e intuitivo software libero che permette il trasferimento di dati su FTP (File Transfer Protocol) e, successivamente, per l importazione dei dati sul database locale DigiWork viene utilizzato uno dei DBMS più diffusi in commercio, ossia Microsoft SQL Server. Si importa il database del DigiStat nel database locale DigiWork che è arricchito con i dati relativi alle trasfusioni esportati dal sistema TMM. A questo punto il database DigiWork contiene tutti i dati necessari all elaborazione del modello.

28 Di seguito (Fig.7) il processo di acquisizione dei dati tramite modello Data Flow (DFD): Fig. 7 Modello DFD per l acquisizione dei dati dei pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico. Personale accettazione DB Aurora DB TD Sinergy Personale laboratorio Inserimento dati tramite Aurora Inserimento esami di laboratorio tramite TD Sinergy Personale Cardiochirurgia Inserimento dati e gestione RealTime dei pazienti tramite DigiStat Personale Centro Emotrasfusionale Inserimento dati trasfusioni tramite TMM Backup notturno DB DigiStat DB MMT BKP DIGISTAT Importa dati Digistat tramite Microsoft SQL Server DB Locale DIGI_WORK Importa Trasfusioni dei pazienti del reparto di Cardiochirurgia tramite Microsoft SQL Server

29 2.2 Patient set e acquisizione delle variabili La costruzione del modello non poteva che avere origine dalla raccolta dei dati dei pazienti per poi procedere ad uno studio osservazionale. I dati di 3315 pazienti relativi all intervallo temporale di riferimento dal gennaio 2000 al dicembre 2007 sono stati inseriti in un database e analizzati. Tra di essi figurano unicamente i pazienti che erano stati sottoposti a bypass aortocoronorico (CABG) isolato, interventi di singola valvola o procedure combinate sia programmati che di emergenza/urgenza presso l Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Nel cluster così composto non figurano coloro che presentavano almeno uno dei seguenti criteri di esclusione: età inferiore ai 18 anni, intervento senza bypass cardiopolmonare (CPB), trapianto di cuore o trapianto combinato cuore-polmoni e intervento di dissezione aortica. Nella tabella seguente (Tab.1) si esamina la composizione del campione in esame: Tab. 1 Descrizione statistica dei pazienti trasfusi in relazione al tipo di intervento (3315 pazienti). Tipo di intervento Numerosità e Numerosità e frequenza Valor medio ± chirurgico frequenza dei pazienti dei pazienti trasfusi SD (*) di PRBC CABG 1756 (53.0%) 1092 (62.3%) 2.0 ± 2.7 Valvolare 1006 (30.3%) 667 (67.3%) 2.6 ± 3.2 Altre procedure 553 (16.7%) 439 (79.4%) 3.9 ± 3.5 (*) SD = deviazione standard. I pazienti erano stati assegnati in modo casuale a due gruppi di uguali dimensioni: un training set utilizzato per progettare il modello e un test set utilizzato per verificare le prestazioni del modello con i nuovi dati. Lo studio è stato intrapreso dopo l'approvazione del Comitato Etico (Comitato etico locale e Comitato Etico per la Sperimentazione clinica dei Medicinali) dell Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. A causa della natura retrospettiva dello studio, si è rinunciato alla necessità di ottenere il consenso informato.

30 Su questi pazienti sono state adottate una serie di strategie di gestione delle componenti ematiche, come ad esempio: Ottimizzazione preoperatoria dell emoglobina; Emodiluizione isovolemica intraoperatoria; Autotrasfusione; Tolleranza all anemia (Hb < 7 g/dl); Ultrafiltrazione durante CPB per importante anemia emodiluizionale o diagnosi di insufficienza renale; Monitoraggio della coagulazione attraverso tromboelastografo o ACT; Farmacoterapia mirata (agenti antifibrinolitici). Tali pazienti erano stati operati sotto un moderato regime di ipotermia (34 C) e gestione α - stat acido base. L aggiunta di sacche trasfusionali veniva considerata (sebbene non sempre effettuata) se il calcolo dell ematocrito era al di sotto del 25%. L anticoagulazione veniva garantita dalla somministrazione di eparina per raggiungere e mantenere il target dell active clotting time (ACT) a 480 secondi. Tale dose di eparina veniva compensata con un adeguata dose di solfato di protamina alla fine del CPB. Durante le operazioni con circuiti convenzionali a CPB aperto, il sangue è stato raccolto dal campo operatorio, ripulito e reinfuso nel paziente. Dopo l'operazione e durante il primo periodo di degenza in terapia intensiva il sangue mediastinico raccolto in una sacca non veniva reinfuso. Anche se non vi era nessun criterio rigido del valore di emoglobina stabilito per la trasfusione, essa non veniva presa in considerazione fino a quando il valore di emoglobina risultava inferiore a 7 g/dl, a meno che non vi era un evidente perdita di sangue in corso o il paziente era clinicamente considerato a rischio di scarsa ossigenazione. Quest'ultima considerazione va a includere i pazienti con segni di scarsa perfusione tissutale (livello di lattato < 2 mmol/l, saturazione venosa mista di ossigeno < 65%, diuresi < 0,5 ml/kg/h), significativa instabilità emodinamica e disfunzione d'organo multipla.

31 Sono stati effettuati già in passato numerosi studi finalizzati ad individuare un set di variabili preoperatorie relazionate con le necessità di trasfusioni di sangue nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca (TRACK) 18. In questo studio, dai dati dei pazienti, in base a considerazioni di carattere clinico e derivate dalle evidenze disponibili, sono state definite una serie di variabili preoperatorie e intraoperatorie considerate statisticamente indipendenti per la pianificazione delle quantità trasfusionali nella maggior parte delle procedure di chirurgia cardiaca, come elencato di seguito (Tab.2) 19. Tab. 2 Descrizione statistica delle variabili preoperatorie e intraoperatorie analizzate sull'intero campione in esame (3315 pazienti). Variabili Frequenza numerica e percentuale Sesso (femminile) 1093 (33.0%) Età > 70 anni 1549 (46.7%) Superficie corporea > 1.8 m (40.1%) Intervento Chirurgico diverso da CABG 1559 (47.0%) Precedenti interventi cardiovascolari 147 (4.4%) Emergenza 67 (2.0%) Urgenza 287 (8.7%) Dialisi preoperatoria 21 (0.6%) Ipertensione arteriosa 2227 (67.2%) Diabete sotto regime terapeutico 780 (23.5%) Angina instabile 695 (21.0%) Endocardite attiva 16 (0.5%) Infarto miocardico < 7 gg 98 (3.0%) Shock cardiogenico 32 (1.0%) Broncopneumopatia cronica ostruttiva 228 (6.9%) Precedenti eventi cerebrovascolari 165 (5.0%) Ematocrito all ammissione 40% 1973 (59.5%) Terapia Antipiastrinica 1469 (44.3) Terapia Dicumarolica 136 (4.1%) Terapia Eparinica 1225 (37.0%) 18 RANUCCI M, VOX SANGUINIS 2009, 96: SCOLLETTA S, BARBINI E. BIO MED CENTRAL, 2007, 7:36.

32 Contropulsatore aortico 83 (2.5%) Creatinina > 1.2 mg/dl 599 (18.1%) Tempo di CEC > 130 minuti 1351 (40.8%) ACT >90 minuti 1445 (43.6%) Ematocrito minimo durante CPB 20% 533 (16.1%) Temperatura minima 32 C 1639 (49.4%) Inoltre, al fine di una corretta interpretazione clinica delle prestazioni del modello, sono state individuate ed analizzate un insieme di variabili postoperatorie (Tab.3). Il decorso postoperatorio veniva definito complicato se il paziente sviluppava almeno una delle seguenti complicanze cliniche: Complicanze cardiovascolari: infarto miocardico (documentato da elettrocardiografia e criteri enzimatici); bassa gittata cardiaca (ha richiesto il supporto inotropo per più di 24 ore, con contropulsatore aortico o altro dispositivo di assistenza ventricolare); aritmie gravi. Complicanze respiratorie: supporto ventilatorio prolungato (ventilazione meccanica per più di 24 ore); reintubazione, tracheotomia, o evidenza clinica di embolia polmonare, edema o sindrome da distress respiratorio. Complicanze neurologiche: lesione cerebrale focale confermata dai risultati clinici e/o tomografia computerizzata; encefalopatia diffusa con oltre 24 ore di stato mentale alterato, o l inspiegato mancato risveglio entro le 24 ore dall operazione. Complicazioni renali: insufficienza renale acuta che necessita dializzazione. Complicanze infettive: pneumonia, mediastinite, infezione della ferita, setticemia comprovata da riscontri clinici, shock settico. Complicanze emorragiche: riapertura per sanguinamento.

33 Tab. 3 Descrizione statistica delle variabili postoperatorie del'intero campione in esame (3315 pazienti). Variabili Frequenza numerica e percentuale Morbilità 1273 (38.4%) Riapertura per sanguinamento 190 (5.7%) Disfunzione acuta 516 (15.6%) Bassa gittata cardiaca 442 (13.3%) Aritmia cardiaca 294 (8.9%) Coma 35 (1.1%) Stroke 33 (1.0%) Insufficienza renale acuta 71 (2.1%) Sepsi 26 (0.8%) Pneumonia 51 (1.5%) Morte (in ospedale) 58 (1.7%) Ventilazione meccanica < 1 gg 422 (12.7%) Terapia intensiva > 5 gg 391 (11.8%) 2.3 Costruzione del modello Per la stima del numero appropriato delle sacche trasfusionali da trasfondere al paziente è stato progettato un modello a regressione lineare 20. Questo tipo di modello è abbastanza flessibile e le variabili di riferimento possono essere utilizzate come variabili indipendenti (regressori) senza troppe difficoltà 21. Il modo più semplice e più comune per creare variabili che rappresentino categorie è conosciuto come dummy variable analysis 22. Questa tecnica ha permesso di suddividere i pazienti in sottogruppi e incorporare una notevole quantità di informazioni in una singola equazione. Per progettare un modello di regressione lineare a variabili dummy, è necessario creare una serie di variabili binarie che identificano un'osservazione appartenente 20 ALLEN MP, NEW YORK: PLENUM PRESS, MOSKOWITZ DM, ANNTHORAC SURG 2004, 77: PARK HM, INDIANA UNIVERSITY AT BLOOMINGTON, 2005.

34 ad una categoria o un gruppo specifico. Se un'osservazione viene classificata come appartenente ad una particolare categoria, allora la variabile dummy che rappresenta quella categoria viene codificata con un 1. Altrimenti, l'osservazione è codificato con uno zero. Se un modello contiene solo variabili dummy, il percorso equivale ad un analisi della varianza. Questo perché in una regressione con solo variabili dummy esse rappresentano una singola variabile qualitativa. Il modello proposto per la valutazione del numero di sacche trasfusionali contiene solo regressori dummy rappresentanti le diverse categorie di variabili. Per fare questo, tutte le variabili indipendenti continue sono state dicotomizzate e quindi rese binarie, attraverso la scelta di opportuni punti di cut-off relazionati alle patologie del reparto di terapia intensiva descritte in precedenza, così che il regressore veniva posto a zero se il corrispondente fattore di rischio era assente ed 1 se era presente. Poiché i pazienti con fattori di rischio bassi avevano ricevuto un certo numero di sacche di globuli rossi non significativamente diverso da 0, è stata utilizzata una regressione senza intercetta, assumendo in tal modo che l uscita del modello risultasse pari a zero quando tutte le variabili dummy erano pari a zero. Successivamente è stata effettuata una procedura sequenziale per la selezione del sottoinsieme ottimo di regressori dummy. Sebbene questi metodi stepwise di scelta del sottoinsieme ottimo possono generare un overfit dei dati, essi vengono solitamente impiegati per ridurre il numero di variabili significative del modello, incrementando in tal modo la generalizzazione di esso, cioè la capacità del modello di mantenere le performance anche sui dati non utilizzati per la progettazione del modello. La regressione graduale è tipica dei processi di costruzione dei modelli automatizzati, che avviene attraverso l aggiunta o la rimozione di variabili, basate esclusivamente sulle statistiche di Fischer-Snedecor (di seguito denominata statistica F) dei loro coefficienti stimati. Ad ogni passo vengono effettuati i seguenti calcoli: per ogni variabile attualmente nel modello, si calcola la statistica F per il coefficiente stimato e si definisce questo valore come la sua statistica F-toremove ; per ogni variabile non nel modello, si calcola la statistica F che il suo coefficiente avrebbe se essa fosse la prossima variabile ad essere aggiunta nel modello, e si definisce questo valore come la sua statistica F-to-enter.

35 A questo punto entra a far parte del modello la variabile con la massima statistica F-to-enter o viene rimossa la variabile con il più basso valore F-to-remove, in accordo con i parametri predefiniti. Per il presente studio i livelli di probabilità per la F-to-enter e per la F-to-remove sono stati settati a 0.05 e a 0.10 rispettivamente. Il processo è terminato quando nessuna variabile soddisfava i criteri per l'inserimento o la rimozione. I risultati ottenuti vengono descritti nella seguente tabella (Tab.4). Tab. 4 Descrizione dei coefficienti delle variabili dummy Variabili Dummy Dj 1 Hct ammissione 40% CBP time > 130 minuti Minimo Hct CPB 20% Procedura diversa da CABG Età > 70 anni Shock cardiogenico Dialisi cronica Ipertensione arteriosa Urgenza Emergenza Coefficienti k j Una volta che è stato ottenuto il modello di regressione, i coefficienti sono stati arrotondati alla mezza unità più vicina, in modo che ogni regressore dummy con valore pari a 1 semplicemente corrispondeva ad un numero intero o mezz intero di sacche trasfusionali, di seguito denominate PRBC ( packs of red blood cells ), come mostrato di seguito nella tabella (Tab.5).

36 Tab. 5 Descrizione del valore arrotondato delle variabili dummy. Variabili Dummy Dj Coefficienti PRBC k j stimate 1 Hct ammissione 40% CBP time > 130 minuti Minimo Hct CPB 20% Procedura diversa da CABG Età > 70 anni Shock cardiogenico Dialisi cronica Ipertensione arteriosa Urgenza Emergenza Quindi il valore stimato totale delle sacche trasfusionali da trasfondere nel paziente può essere calcolato come segue: Naturalmente, ai fini applicativi, il valore dato dalla somma dei coefficienti arrotondati, per i quali la corrispondente variabile dummy era posta ad 1, è stato poi arrotondato all intero superiore, il cui totale corrisponde al valore finale di sacche previste per la trasfusione.

37 Capitolo 3. Tuning phase e analisi retrospettiva 3.1 Comparazione modello-realtà e decorso clinico dei pazienti trasfusi Nel presente capitolo si va ad analizzare l aderenza del modello ai dati, ossia quanto il modello è stato capace di spiegare bene le varie situazioni in ingresso che gli venivano presentate. Data l elevata complessità ed eterogeneità delle situazioni cliniche dei pazienti cardiochirurgici, e la conseguente scelta di un modello che escludeva la possibilità di generare un overfitting dei dati, non ci si aspettava di ottenere errori di stima prossimi allo zero. Tale percorso ha portato a prendere come valore di riferimento la radice dell'errore quadratico medio (RMSE) che rappresenta la differenza media tra i valori di PRBC predetti dal modello e quelli effettivamente trasfusi sui pazienti, ossia una semplice deviazione standard sulle differenze tra i valori predetti e quelli osservati. Queste differenze sono chiamate residui se il calcolo viene effettuato sui dati utilizzati per la definizione del modello mentre vengono denominate errori di predizione se calcolati sui dati di test. Il calcolo di questo indice statistico sui dati di training ha prodotto il seguente risultato: Dove con si indica il quantitativo di PRBC stimato dal modello, e si osserva un valore molto vicino a quello che si ottiene con i dati di test: Dato che non sono state individuate significative differenze tra il training set e il test set per tutte le variabili dummy selezionate del modello (test esatto di Fischer

38 con p > 0,05), è stato calcolato e preso a riferimento l RMSE complessivo sui dati sia di training che di testing: Essendo che le sacche trasfusionali venivano assegnate molto spesso non tenendo conto delle particolari condizioni preoperatorie o intraoperatorie del paziente ma soggettivamente dai diversi operatori sanitari coinvolti, si è analizzato in dettaglio il decorso clinico di tutti i pazienti, porgendo l attenzione ai casi in cui la differenza assoluta tra il numero di confezioni trasfuse e il numero stimato dal modello era maggiore del valore ottenuto dell RMSE. In particolare, i risultati ottenuti dal modello sono stati discriminati in tre categorie: I. Gruppo I, denominato less transfused patient, comprendente i pazienti per i quali la differenza tra il valore stimato dal modello e le sacche effettivamente trasfuse era inferiore a meno due, ossia coloro che avevano ricevuto un numero sostanzialmente ridotto rispetto a quello stimato dal modello. II. Gruppo II, denominato well transfused patient, comprendente i pazienti per i quali la differenza, in termini assoluti, tra il numero di PRBC trasfusi e il valore stimato dal modello non era superiore alle due sacche. III. Gruppo III, denominato over transfused patient, comprendente i pazienti per i quali la differenza tra il numero di sacche effettivamente trasfuse e il valore stimato dal modello era superiore alle due unità. Attraverso il test del χ² (p =0.648) non sono state individuate significative differenze nella frequenza dei gruppi I, II e III tra gli insiemi di training e di testing, quindi tutti i pazienti (sia quelli appartenenti al training set sia quelli appartenenti al test set) sono stati raggruppati per le prossime ulteriori considerazioni. Prendendo in esame l intero campione di dati (training e test sets), sono stati identificati 303 pazienti appartenenti al gruppo I (151 nel training set e 152 nel test set), 2574 appartenenti al gruppo II (1278 e 1296 rispettivamente) e 438

39 appartenenti al gruppo III (228 e 210 rispettivamente), come mostrato nel seguente grafico (Fig. 8). 13% 9% 78% Gruppo I, "less trasfused patient" Gruppo II, "well trasfused patient" Gruppo III, "over trasfused patient" Fig. 8 Composizione dei tre gruppi di pazienti in relazione al RMSE. È importante sottolineare come il criterio di suddivisione dei tre gruppi basato sull RMSE che identifica il gruppo II come quello dei pazienti ben trasfusi, sia stato positivamente consistente rispetto all errore clinicamente accettabile del modello, dato che la percentuale degli altri due gruppi (poco e molto trasfusi) era del 22%. Di seguito in tabella il valor medio e la deviazione standard di PRBC trasfusi relativamente ai tre gruppi in analisi (Tab.6). Tab. 6 Descrizione del valor medio di PRBC trasfusi nei tre gruppi. Tipo di paziente trasfuso Valor medio ± SD di PRBC Gruppo I 0.53 ± 0.94 Gruppo II 1.7 ± 1.7 Gruppo III 8.3 ± 4.7 Questa suddivisione ha permesso di effettuare delle valutazioni sulla frequenza delle complicanze nei tre gruppi. Effettuando un confronto statistico sulla percentuale delle patologie occorse nelle tre tipologie di pazienti attraverso il test del χ² e il test esatto di Fisher sono venute fuori significative differenze; in particolare il gruppo I ha mostrato una percentuale di morbilità nettamente inferiore a quella del gruppo III e abbastanza superiore a quella del gruppo II.

40 Anche valutando la distribuzione empirica dei tre gruppi di pazienti evidenzia percentuali significativamente differenti (Fig. 9). 90,0% 85,8% 80,0% 70,0% 60,0% 50,0% 40,0% 30,0% 20,0% 10,0% 0,0% 60,9% 22,6% < >5 Fig. 9 Distribuzione empirica della percentuale di patologie rispetto alla differenza tra trasfusioni effettive e numero di PRBC stimate dal modello. Come era prevedibile il grafico mostra come sia le ipotrasfusioni, ma soprattutto le ipertrasfusioni, discriminate in base alla differenza di PRBC effettivamente trasfuse e PRBC stimate dal modello, abbiano generato un aumento significativo delle patologie nei pazienti così trasfusi, rispetto a coloro i quali avevano ricevuto una trasfusione in linea con quelle che potevano essere predette dal modello, ossia i normotrasfusi. Il gruppo dei well transfused patient, infatti, ha mostrato la percentuale minima di patologie in relazione alla differenza tra quanto trasfuso e quanto stimato, con una percentuale che si assesta al 24%. Diversa la situazione per gli altri due gruppi, dove, man mano che lo scarto tra quanto trasfuso e quanto previsto aumenta, le patologie aumentano in maniera esponenziale. Se per il gruppo I, ossia quello degli ipotrasfusi, la percentuale supera di poco il 40%, il gruppo III ha un valore percentuale di gran lunga superiore, registrando il 66,4%. Un incidenza particolarmente elevata si registra per coloro i quali la differenza calcolata come descritto precedentemente è superiore alle 5 unità in senso positivo, con il picco massimo dell 85,8% (Fig. 10).

41 70% 60% 66% 50% 40% 30% 41% "less transfused patient" "well transfused patient" "over transfused patient" 20% 10% 20% 0% Fig. 10 Distribuzione empirica delle patologie in relazione al gruppo di appartenenza. Inoltre, un ulteriore osservazione è stata effettuata sul numero medio di patologie occorse ai pazienti presi in esame, in relazione al tipo di trattamento trasfusionale ricevuto ( less, well oppure over ). Se per i pazienti well transfused è stata registrata mediamente all incirca una patologia ogni due pazienti, ciò non si può dire per gli altri due gruppi. I pazienti appartenenti al gruppo I hanno fatto registrare un numero medio di patologie di circa una ogni paziente. Completamente diverso il discorso per i pazienti appartenenti al gruppo III, per i quali in numero medio di patologie associate a ciascun paziente è superiore alle due unità. Il quadro completo è mostrato nel grafico seguente (Fig. 11).

42 3,00 2,50 2,60 2,00 1,50 "less transfused patient" "well transfused patient" "over transfused patient" 1,00 0,50 0,00 1,01 0,55 Fig. 11 Valori medi del numero di patologie riscontrate nei tre gruppi di pazienti. In aggiunta, considerando solo i pazienti che sono stati colpiti da almeno una patologia, il valor medio delle patologie per i pazienti ipertrasfusi sfiora le 4 unità (Fig. 12), e ciò conferma come un eccessivo apporto volumetrico di componente ematica è strettamente relazionato con in incremento vertiginoso della morbilità post-operatoria. 4,00 3,50 3,91 3,00 2,50 2,00 2,46 2,27 "less transfused patient" "well transfused patient" "over transfused patient" 1,50 1,00 0,50 0,00 Fig. 12 Descrizione del valor medio di morbilità per i pazienti con almeno una patologia.

43 Altra osservazione è venuta fuori dal test di Mann - Whitney che ha evidenziato come vi erano differenze statisticamente significative tra i pazienti normali e coloro che avevano riscontrato almeno una patologia in relazione al numero di confezioni di emazie effettivamente trasfuse. Infatti, in media, il numero di confezioni trasfuse nei pazienti con morbilità era più del doppio rispetto a quello dei pazienti normali, come definito nella seguente tabella (Tab. 7). Tab. 7 Descrizione del valor medio di PRBC trasfusi nei pazienti con e senza morbilità. Tipo di paziente trasfuso Numerosità e percentuale Valor medio ± SD di PRBC Paziente normale 2281( 68.8%) 1.7 ± 2.01 Paziente patologico 1034 (32.2%) 3.7 ± 4.29 Il modello a variabili dummy, invece, aveva stimato per i pazienti con morbilità un numero significativamente inferiore di PRBC, con un valor medio di 2.7 e una deviazione standard di ± 1.6. Per questi pazienti patologici il test di Wilcoxon ha dimostrato differenze significative tra i valori stimati dal modello e il numero effettivo di confezioni trasfuse. Nella tabella seguente (Tab. 8) viene riassunta la descrizione statistica di tutti i predittori dicotomici (caratteristiche preoperatorie e intraoperatorie) inclusi nel modello e alcune variabili postoperatorie essenziali per i tre gruppi di analisi. L'associazione tra ogni variabile predittiva o postoperatoria è stata studiata analizzando la corrispondente tavola di contingenza. Il test chi-quadro per l'indipendenza ha mostrato differenze statisticamente significative in tutte le circostanze, ad eccezione dell urgenza.

44 Tab. 8 Descrizione statistica di tutte i predittori inclusi nel modello e delle variabili postoperatorie principali per i tre gruppi di pazienti. Variabili Frequenza e Frequenza e Frequenza percentuale nel gruppo I percentuale nel gruppo II percentuale gruppo III Predittori preoperativi e intraoperativi inclusi nel modello Età > 70 anni 212 (70.0%) 1146 (44.5%) 241 (55.0%) Htc ammissione 257 (84.4%) 1450 (56.3%) 266 (60.7%) Intervento diverso da 230 (75.9%) 1098 (42.7%) 231 (52.7%) CABG CBP time > 130 min. 222 (73.3%) 929 (36.1%) 200 (45.7%) Minimo Htc CPB 20% 108 (35.6%) 333 (12.9%) 92 (21.0%) Urgenza 22 (7.3%) 220 (8.5%) 4 (10.3%) Emergenza 19 (6.3%) 37 (1.4%) 10 (2.3%) Dialisi preoperatoria 7 (2.3%) 8 (0.3%) 6 (1.4%) Ipertensione arteriosa 243 (80.2%) 1701 (66.1%) 28 (64.6%) Shock cardiogenico 9 (29.0%) 17 (54.8%) 5 (16.1%) Variabili postoperatorie Morbilità 150 (49.5%) 812 (31.5%) 311 (71.0%) Riapertura per 14 (4.6%) 57 (2.2%) 118 (26.9%) sanguinamento Disfunzione acuta 58 (19.1%) 280 (10.1%) 178 (40.6%) Bassa gittata cardiaca 54 (17.8%) 239 (9.3%) 149 (34.0%) Aritmia cardiaca 37 (12.2%) 193 (7.5%) 64 (14.6%) Coma 2 (0.7%) 15 (0.6%) 18 (4.1%) Stroke 3 (1.0%) 19 (0.7%) 11 (2.5%) Insufficienza renale acuta 4 (1.3%) 26 (1.0%) 41 (9.4%) Sepsi 2 (0.7%) 7 (0.3%) 17 (3.8%) Pneumonia 3 (1.0%) 17 (0.7%) 31 (7.8%) Morte (in ospedale) 4 (1.3%) 26 (1.0%) 28 (6.4%) Ventilazione mecc. >24h 50 (16.5%) 206 (8.0%) 166 (37.9%) Terapia intensiva > 5 gg 30 (5.2%) 135 (9.9%) 128 (29.2%) e nel Concentrando la nostra attenzione sui problemi post-operatori, si è potuto constatare ancora una volta una forte associazione tra le variabili postoperatorie

45 analizzate e i tre gruppi in esame. In breve, questo studio sottolinea la necessità di standardizzazione nelle pratiche trasfusionali e suggerisce un modello molto semplice trasfusione che può facilitare l'ottimizzazione della somministrazione di emoderivati e quindi portare ad aumentare la percentuale dei well transfused patient, riducendo le complicanze postoperatorie che ne derivano sia da una ipotrasfusione ma soprattutto da una ipertrasfusione, evitando le trasfusioni non appropriate e promuovendo così una migliore strategia di conservazione della risorsa sangue. In ogni caso, il modello è un aiuto per il processo decisionale clinico, fornendo informazioni quantitative e di supporto per i teams di medici, che possono trovarsi nella situazione di dover riconsiderare le decisioni prese, se radicalmente divergenti dal modello di previsione. Tuttavia, l'attuale modello non predice eventi avversi imprevedibili durante l'intervento chirurgico e quindi non può prevedere l'effettiva necessità di trasfusioni nei pazienti che incorrono in tali problemi. Nonostante ciò, può essere di utile ausilio per pianificare le necessità trasfusionali a priori in molte situazioni, consentendo una riduzione dei costi sanitari. 3.2 Calibrazione del modello In parallelo alla valutazione retrospettiva è stata posta l attenzione sul processo di calibrazione del modello. A tal fine sono stati raccolti i dati dei pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico dal gennaio 2008 al dicembre 2011 in maniera tale da poter ottenere ulteriori indicazioni per il miglioramento delle performance predittive del modello. Tale processo di calibrazione viene descritto nella figura che segue (Fig. 13).

46 Selezione e costruzione del modello Dati storici Possibili modifiche al modello o ai suoi parametri Input umano Modello EmoTx Feedback sulle performance Predizione di PRBC Calcolo errore di predizione PRBC effettiv i Fig.13 : Struttura del sistema di predizione per la valutazione delle performance. Sebbene i primi risultati ottenuti attraverso la validazione retrospettiva dei dati ( ) aveva dato segnali incoraggianti dal punto di vista della predizione si è proceduto ad aggiustare alcuni valori di cut-off che, in base a nuove considerazioni di carattere clinico, potevano comportare un miglioramento delle prestazioni del modello. In aggiunta, i nuovi casi clinici introdotti hanno fatto emergere la necessità di far entrare nel modello ulteriori variabili mai considerate prima d ora e l uscita di altre, considerate poco significative con l avvento delle nuove procedure di gestione del paziente sottoposto a intervento cardiochirurgico. Di seguito vengono elencate le modifiche apportate al modello: Il valore soglia relativo al parametro ematocrito (indica la percentuale del volume sanguigno occupata dai globuli rossi) all ammissione è stato abbassato al 35%. Il suo valore normale si situa tra il 40,7% e il 50,3% per il sesso maschile, mentre normalmente per il sesso femminile è più basso, con valori che vanno dal 36,1% al 44,3%. Questo significa che nella quasi totalità dei pazienti di sesso femminile la variabile dummy associata a tale parametro (Htc all ammissione inferiore al 40%) assumeva un valore unitario. Quindi, sempre in ottica di un miglioramento dell appropriatezza

47 trasfusionale, il parametro è stato rivisto al ribasso, cercando sempre più di limitare le esigenze trasfusionali. Il tempo di circolazione extracorporea previsto ha anche esso avuto una rivisitazione. La circolazione extracorporea (CEC) è un dispositivo biomedicale che garantisce la sopravvivenza dei pazienti chirurgici sostituendo temporaneamente le funzioni cardio-polmonari. Avendo riscontrato una necessità trasfusionale maggiore dopo le due ore di applicazione del dispositivo al paziente si è ritenuto opportuno fissare tale valore di cut-off a 120 minuti. In ambito sanitario l urgenza e emergenza indicano due situazioni differenti: nel caso in cui vi sia in gioco la sopravvivenza del paziente, ossia se sono compromessi i parametri vitali, e se occorrono interventi immediati per garantirla, si parla di emergenza; quando, invece, occorre un intervento pronto, ma non immediato (dilazionabile nel tempo) si parla di urgenza. La distinzione, dunque, risiede nei tempi di intervento necessari (ore, per quanto riguarda l'urgenza, minuti, per quanto riguarda l'emergenza). In seguito alle valutazioni riscontrare con i dati a disposizione si è ritenuto opportuno accorpare queste due variabili in una sola di esse, dato che molto spesso una corretta distinzione tra le due situazioni dipendeva da considerazioni soggettive e che tendenzialmente si sbilanciavano dal lato delle emergenze, sovrastimando le necessità trasfusionali. Quindi non più due variabili ma una sola che va a inglobare la casistica delle emergenze in quella delle urgenze, in ottica di effettuare richieste trasfusionali sempre meno onerose. Ripetuto il processo di selezione delle variabili dummy, ne sono state inglobate tre che prima erano state escluse: IAPB preoperatorio, Diabete seguito con regime terapeutico e livello di creatinina superiore a 1,2 mg/dl; una, invece, è stata portata fuori dal modello: livello minimo di ematocrito durante CPB, poiché costituisce una variabile non disponibile al momento della pianificazione delle richieste trasfusionali. L arrotondamento delle sacche trasfusionali si è ritenuto opportuno effettuarlo sull uscita del modello e non più sui coefficienti delle singole variabili dummy.

48 Le variabili dummy selezionate con i relativi valori dei coefficienti sono mostrati nella seguente tabella (Tab.9). Tab. 9 Descrizione delle variabili dummy selezionate e i relativi coefficienti. Variabili Dummy Dj 1 Hct ammissione 35% Tempo di CEC > 120 minuti Diabete Procedura diversa da CABG Età > 70 anni Shock cardiogenico Dialisi cronica Ipertensione arteriosa Urgenza e/o emergenza IABP preoperatorio Creatinina 1.2 mg/dl Coefficienti k j La formula per il calcolo avrà quindi una variabile dummy in aggiunta: ed il valore finale da associare alla richiesta trasfusionale è data dall approssimazione dell uscita del modello all intero più vicino:

49 Capitolo 4. Validazione prospettica del modello 4.1 Validazione real-time È oramai chiaro che in molte situazioni l analisi predittiva può aiutare i processi aziendali a individuare la cosa giusta da fare. Naturalmente, buone previsioni sono solo un lato della medaglia. Se non è possibile integrare facilmente i modelli predittivi nei processi aziendali, i ritorni registrati saranno solo una frazione di quelli che potrebbero essere ottenuti. Proprio per questo, occorre considerare che il cambiamento che si viene a creare con l introduzione di un modello predittivo in un azienda, può minacciarne l equilibrio esistente, ed è per questa ragione che il cambiamento deve essere gestito, ossia prevederne gli effetti, capire le reazioni degli individui coinvolti, e soprattutto ottenere l appoggio e il consenso delle persone, che spesso sono restie a cambiare. Kurt Lewin 23 afferma che l organizzazione può essere considerata come un insieme di forze favorevoli e forze contrarie al cambiamento (si parla di driving and restraining forces ). Solo se le forze favorevoli sono maggiori di quelle opponenti il cambiamento, quest ultimo potrà essere implementato con maggiore facilità. Continuando a fare riferimento a quanto detto da Lewin nei suoi studi sul cambiamento, anche per l introduzione del modello nelle pratiche cliniche dell Unità Operativa Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica sono state definite tre distinte fasi per l introduzione del modello predittivo: 1. Unfreezing ; 2. Changing ; 3. Refreezing. In questo capitolo andremo a discutere di come è avvenuta la fase di unfreezing. Come dice la parola stessa, è la fase di scongelamento, ossia la fase in cui ci si prepara al cambiamento. È forse la fase più importante tra le tre, dato che è proprio in questo momento in cui si fa capire agli operatori coinvolti l importanza dei cambiamenti in corso. Nel contesto di riferimento di questo studio, ciò è avvenuto attraverso una fase di validazione real-time dei risultati del modello, 23 LEWIN K, HARPER&ROW, 1951.

50 mediante un periodo di affiancamento del modello stesso alle procedure di assegnazione degli emocomponenti da parte dell operatore sanitario preposto. Il medico chirurgo continuava a richiedere, secondo la prassi corrente, le dieci sacche di componente ematico. A questo punto è stata resa necessaria la collaborazione con gli anestesisti di reparto. Tale figura sanitaria, in preanestesia, avendo ben noto il quadro clinico del paziente, andava a valutare il numero di emocomponenti previste dal modello, verificando la corrispondenza tra quanto previsto e quanto realmente trasfuso alla dimissione del paziente (Fig. 14). Anamnesi e dati clinici paziente Modello EmoTx Richiesta di 10 PRBC Predizione di PRBC Calcolo errore di predizione PRBC effettivi Validazione alla dimissione Fig.14 : Struttura del sistema di validazione del modello alla dimissione. Questo ha avuto una duplice valenza: in primis ottenere ulteriori conferme sulla bontà di predizione del modello e allo stesso tempo preparare gli operatori sanitari alla fase operativa di implementazione del modello. Inoltre, si è potuto enfatizzare maggiormente il tema trasfusionale, non solo sugli operatori anestesisti e chirurghi, che hanno potuto verificare quantitativamente le performance predittive, ma richiamando l attenzione anche degli altri operatori sanitari coinvolti. Questa fase è durata ben nove mesi, dal gennaio 2012 al settembre dello stesso anno, ed ha compreso i pazienti sottoposti a varie tipologie di intervento cardiochirurgico, sia gli interventi con i quali è stato effettuato il training del modello, ossia CABG (bypass aorto-coronarico), patologie valvolari e interventi combinati, inglobando anche gli interventi per aneurismi aortici e di dissezione

51 aortica. Non sono stati presi in considerazione i trapianti di cuore e polmone, gli interventi con ECMO (circolazione extracorporea con ossigenazione a membrana) e con impianto di Jarvik. Dei 240 pazienti presi in considerazione, 207 sono stati inclusi nella validazione effettiva, 33 esclusi secondo i criteri di esclusione visti prima. Su questo campione così composto sono state trasfuse mediamente 1.6 sacche, e quasi la metà di essi (49.8%) non sono stati trasfusi. Il valore di RMSE è in linea con quello riscontrato sul campione precedente e d è pari a 2.2. Nel grafico seguente (Fig. 15) viene mostrata la numerosità dei pazienti trasfusi in relazione al numero di PRBC ricevuti >7 Fig. 15 Numerosità dei pazienti trasfusi in relazione al numero di PRBC ricevuti. Si osserva come il modello abbia predetto correttamente (PRBC stimate PRBC reali = 0) con una percentuale elevata (18.8%) i valori di PRBC da trasfondere, ossia su 39 pazienti dei 207 in esame. Il 77.3% dei casi è rientrato nel range dei well transfused patient, perfettamente in linea con la validazione retrospettiva fatta in precedenza. Nel 17.4% dei casi il modello ha sovrastimato le unità di emocomponente necessario, cluster definito come less transfused patient. Solo in pochi casi (11 sui 207, il 5.3%) il modello ha sottostimato in maniera significativa il numero di sacche che poi dovevano essere effettivamente trasfuse. In 4 (1.9%) i casi potenzialmente critici, in cui il modello ha sottostimato il fabbisogno di emazie con uno scarto superiore alle 4 unità.

52 30,0% 25,0% 20,0% 15,0% 10,0% 5,0% 0,0% >4 Fig. 16 Descrizione dei pazienti in relazione allo scarto tra PRBC reali e stimate. Ancora una volta si erano mostrate le bontà predittive del modello, che andava a definire una percentuale elevata di well transfused patient (Fig. 16). Nonostante questo, bisognava analizzare e capire i casi in cui era avvenuto uno scostamento consistente tra quanto previsto e quanto realmente trasfuso, cercando di apportare eventuali modificazioni al modello o definendo dei criteri per la non applicabilità del modello a possibili outliers, in modo tale da poter essere utilizzato nella pratica clinica con un livello di efficienza e sicurezza trasfusionale sempre maggiore. 4.2 Studio clinico dei casi critici e introduzione del safety leeway Prima di passare alla successiva fase operativa, bisognava dapprima analizzare le criticità per poi attuare eventuali ed opportune misure di sicurezza. I pochi casi critici emersi da questa validazione non sono imputabili direttamente al fallimento predittivo del modello. Nelle situazioni in cui sarebbero necessitate un numero di PRBC superiore a 3 rispetto a quanto previsto, hanno giocato un ruolo importante dei fattori che non possono essere inglobati nel modello per via della scarsa significatività. Analizziamo i due casi in cui si potevano avere le maggiori criticità in termini di differenza di numerosità di emocomponenti richiesti e quelli resi effettivamente

53 necessari. Le caratteristiche salienti dei due casi clinici sono evidenziate in tabella (Tab. 10). Tab. 10 Descrizione dei casi critici. ID paziente Tipo di intervento PRBC PRBC Reali -Stimate cardiochirurgico stimate trasfuse 1) Valvolare + Aorta Asc ) Valvolare + Aorta Asc In primo luogo bisogna dire che in entrambi i casi si andavano a gestire pazienti con patologia di aorta ascendente. Tale tipologia di paziente non era stata presa in considerazione per la costruzione del modello, ossia il modello non era stato allenato con i dati clinici di pazienti con tale patologia, e quindi ci si poteva aspettare una discrepanza, seppur non così elevata, tra PRBC stimate e reali. Inoltre, in entrambi i casi, sono occorse delle complicanze intraoperatorie che hanno reso necessario la trasfusione di un elevato quantitativo di emazie. Nel primo caso il paziente ha sviluppato nel periodo postoperatorio immediato un tamponamento cardiaco, patologia caratterizzata dall accumulo di liquido all interno del sacco pericardico, per cui la conseguente decompressione con revisione chirurgica ha portato all evacuazione di sangue in quantità di 1325ml. Nel secondo caso, invece, il paziente è incorso in una complicanza intraoperatoria abbastanza particolare: dissezione dell aorta. La dilatazione aortica (ETEE) è dovuta allo scollamento della tonaca intima del vaso e alla formazione di una via di flusso sanguigno fra questa e le altre tonache di rivestimento del vaso. Per porre al minimo i casi in cui il modello sottostimava le necessità trasfusionali si decise di introdurre un safety leeway, ossia un buffer inteso come margine di sicurezza che generava sì una richiesta meno onerosa rispetto alla prassi corrente ma al tempo stesso garantiva la possibilità di far fronte a eventuali imprevisti intraoperatori, non valutabili a priori dal quadro clinico del paziente sul quale sarà effettuato l intervento cardiochirurgico. Il valore di questo buffer è stato fissato a 3 unità di emocomponenti.

54 Le future richieste quindi dovevano assumere il seguente valore: Una richiesta di questo tipo, non generava alcun errore in difetto nel 97.1% dei casi, tenendo conto anche dei casi particolari che il modello non poteva prevedere. Senza prendere in considerazioni i suddetti casi critici tale valore non generava alcun errore in difetto, per cui si garantiva agli operatori sanitari di lavorare in piena sicurezza. Inoltre, le richieste trasfusionali nel contesto cardiochirurgico rappresentano una buona fetta percentuale tra tutte le richieste che pervengono al SIMT e sicuramente esse sono quelle con il quantitativo più elevato in termini di emazie. Le 10 unità che venivano normalmente prenotate per ciascun intervento cardiochirurgico potevano generare delle difficoltà nel reperimento della risorsa necessaria. Come descritto nei capitoli precedenti, le componenti ematiche sono delle risorse limitate, e quindi si capì come, riuscire a limitare in termini quantitativi le richieste, poteva comportare da un lato il miglioramento dell allocazione della risorsa stessa, ma anche far diminuire i costi relativi al reperimento immediato per l espletamento della richiesta nei tempi e nelle unità necessarie. Da questo punto di vista si evidenziò come, nel periodo della verifica in simulazione si potevano ottenere importanti riduzioni nei quantitativi di richieste di emocomponenti. Se per i 207 pazienti presi in esame si erano avute richieste per 2070 unità di PRBC, con il modello tali richieste si sarebbero quasi dimezzate. Infatti, le unità richieste previste dal modello, considerando anche il safety leeway, sarebbero state 1159, ossia 911 in meno rispetto a quanto avvenuto, generando quindi una riduzione superiore al 44%.

55 100% 90% 80% 70% % 50% 40% Richieste superflue Richieste previste 30% 20% % 0% PRBC richiesti Fig. 17 Descrizione delle richieste evitabili con EmoTx. Anche da questo punto di vista si mostrarono come potevano essere ottenuti dei miglioramenti sostanziali, questa volta non più direttamente connessi con l outcome del paziente, ma in ottica di una più ampia visione di successo aziendale globale (Fig. 17).

56 Capitolo 5. L applicazione del modello nell U.O. di Cardiochirurgia 5.1 L implementazione del modello su Digistat In questo capitolo si va a descrivere il processo che ha portato all implementazione e utilizzazione finale del modello EmoTx nell Unità Operativa Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Terminata la fase di verifica in simulazione del modello, e constatata l approvazione di tutta l equipe medica del reparto, sono state messe in piedi una serie di azioni per portare all immediata adozione del modello nella pratica clinica. Il punto di riferimento per tutti gli operatori sanitari della Terapia Intensiva in questione, ma anche di tutte le altre Terapie Intensive del Policlinico, è l applicativo DigiStat. La suite DigiStat, di proprietà della United Medical Software s.r.l., è un sistema software modulare per la Terapia Intensiva è realizzata per automatizzare le procedure gestionali e cliniche dei pazienti, che sono particolarmente complesse ed impegnative nei reparti di terapia intensiva. Il sistema, progettato tenendo presenti sia le esigenze del medico che quelle dell infermiere, comprende strumenti che rispondono ai bisogni specifici di ciascun operatore sanitario, ed ha lo scopo di accrescere significativamente il livello di sicurezza del paziente e di rendere più semplici e veloci le attività del reparto. L accesso alle informazioni così come la registrazione dei parametri vitali del paziente e i dati fisiologici avviene in tempo reale: essi sono acquisiti e trascritti automaticamente sulla base di protocolli standard (stime e trattamenti standard, punteggi, necessità di documentazione, laboratori, farmaci) e ciò va a favorire sia l accuratezza delle procedure terapeutiche e diagnostiche che determinano un miglioramento nei risultati, sia il tempo utilizzato per compilare la documentazione che va così a ridursi significativamente. I vari moduli software di cui è composto il sistema hanno quindi lo scopo di accrescere la produttività dello staff, di controllare i costi e di favorire una migliore qualità assistenziale e di cura al paziente, visto che viene automatizzata la creazione della documentazione medica del paziente, permettendo a medici e infermieri di gestire con più facilità i

57 numerosi e differenti dati generati dalle tante procedure del reparto, e così lo staff medico ha modo di dedicare più risorse alla cura dei pazienti, anziché alle procedure burocratiche. Il punto di partenza di integrazione del modello EmoTx nella Terapia Intensiva di riferimento, non poteva che essere la sua implementazione nel DigiStat, dato che, non solo è il punto di riferimento per tutti gli operatori sanitari, ma racchiude anche tutta l informazione necessaria per poter discriminare le diverse variabili dummy selezionate dal modello. Bisognava creare un interfaccia semplice che permettesse di tirar fuori la stima di PRBC da parte degli operatori sanitari preposti, anche senza sapere nulla di quello che ci stava dietro, ma semplicemente selezionando le caratteristiche cliniche del paziente valutate in base ai dati a disposizione sul software di reparto. La facilità di configurazione e di programmazione del DigiStat ha permesso la realizzazione di una nuova form, creando un interfaccia semplicissima, dove per ogni possibile variabile selezionata dal modello è presente una casella di spunta. La selezione delle caselle di spunta, in base alla presenza o meno di una o più caratteristiche relative al paziente che eseguirà l intervento cardiochirurgico, determina in automatico il calcolo del numero delle sacche trasfusionali più appropriate al caso clinico in esame, alle quali verranno aggiunte le tre unità di sicurezza per l espletamento finale della richiesta. Creata questa form (Fig. 18), nel contempo è stato definito il nuovo processo di generazione delle richieste trasfusionali per la Cardiochirurgia, e quindi il modello è stato avviato alla susseguente fase operativa: dal 1 giugno 2013 tutte le richieste trasfusionali vengono gestite con il modello EmoTx, come vedremo nel prossimo paragrafo.

58 Figura 18 Form per il calcolo di PRBC nel DigiStat. 5.2 La modificazione delle procedure trasfusionali Con l introduzione del modello nel reparto di Cardiochirurgia, le procedure trasfusionali hanno subito un cambiamento sostanziale, in linea sia con l ottimizzazione del processo assistenziale del paziente candidato ad intervento cardiochirurgico che nell ambito della riorganizzazione dei centri SIMT della Regione Toscana. Il modello EmoTx, quindi, ha richiesto una nuova procedura operativa che aveva due obiettivi principali: l ottimizzazione della terapia trasfusionale, portandola al setting ottimale in termini di miglioramento dell outcome del paziente cardiochirurgico; la gestione della risorsa sangue, per una migliore organizzazione e reperimento delle componenti ematiche.

59 Fino all introduzione nella pratica clinica del modello EmoTx le richieste al SIMT erano standardizzate dal punto di vista delle quantità. Il medico chirurgo, presa visione della lista operatoria elaborata per il giorno successivo, ordinava per ciascun paziente 10 unità di emazie, indipendentemente dalle caratteristiche cliniche proprie del paziente. Tale richiesta, così come avviene tuttora, veniva inoltrata al responsabile di corsia, attraverso l apposito modulo presente nei documenti dell Azienda Ospedaliera (codice PO.11.DS), entro le ore 18:00 del giorno precedente l intervento. Nel caso di una richiesta urgente il chirurgo in servizio effettuava la stessa richiesta, ordinando gli emocomponenti in maniera più celere possibile. Il fatto stesso di dover ricorrere al modello per il calcolo del numero appropriato di sacche trasfusionali, ha richiesto una ridefinizione dei compiti e delle modalità di lavoro di buona parte dello staff di reparto. Dal break point del 1 giugno 2013 la procedura di assegnazione dei PRBC inizia con la richiesta da parte dell'anestesista di Terapia Intensiva della lista operatoria del giorno successivo (o del lunedì) elaborata dal responsabile di corsia. L anestesista, preso visione dei pazienti sottoponenti a intervento cardiochirurgico, esegue su di essi un accurata valutazione anestesiologica e successivamente provvede a compilare direttamente sul DigiStat le forms Anagrafica e Rischio. Nella form Anagrafica vengono riportati i dati principali del paziente, compreso il gruppo ed eventuali note utili agli operatori. Nella form Rischio invece l anestesista riporta le considerazioni salienti riguardanti il rischio clinico cui il paziente è esposto, sia prettamente cardiovascolari (IMA, ipertensione, NYHA) sia fattori extra cardiovascolari, L inserimento dei dati, attraverso l indiretta selezione delle variabili dummy poste al valore unitario, permette al modello predittivo di stimare il numero di sacche previste per l intervento. Ciò offre la possibilità di avere contabilizzate il numero di unità di PRBC in accordo al modello direttamente sul display del Digistat. Contemporaneamente viene indicato anche il numero di sacche da richiedere al SIMT, pari al valore stimato dal modello maggiorato di 3 unità. È importante sottolineare come, attraverso la presenza di codici di controllo creati ad hoc, la non consistenza o l omissione di alcuni dati nei campi previsti, non permetta la chiusura e la stampa della scheda di compilazione per l effettuazione

60 della richiesta trasfusionale, la quale verrà anche inserita in cartella clinica come documentazione. La stampa delle unità totali da richiedere viene riportato al responsabile di corsia, il quale comunica al SIMT il numero di sacche da preparare e riservare per lo specifico intervento. Per questa comunicazione, come avveniva anche in precedenza, si utilizza il modulo presente nei documenti aziendali identificato con la dizione Pianificazione di Supporto Trasfusionale per intervento Chirurgico (codice PO.11DS, allegato 3) che va inviato al SIMT entro le ore 18:00 del giorno precedente l intervento. Valutazione anestesiologica Compilazione forms "Anagrafica" e "Rischi" Richiesta al responsabile di corsia come da EmoTx Responsabile di corsia Accettazione richiesta anestesista Invio richiesta al SIMT Accettazione o diniego della richiesta Espletamento della richiesta Anestesista SIMT Fig. 19 Nuova procedura trasfusionale in CCH. Inoltre, al fine di registrare in modo corretto il consumo di emocomponenti effettivamente trasfusi per monitorare l'impatto della terapia trasfusionale erogata, che sarà comunicata al SIMT, l anestesista riporta nella cartella informatizzata del paziente gli emocomponenti trasfusi sia in sala operatoria, sul form Intervento, sia in Terapia Intensiva, sul form Degenza TI del Digistat (Fig. 19). Invece, per la quantificazione delle eventuali emotrasfusioni durante la degenza in corsia occorre riferirsi al resoconto mensile dei prodotti erogati dal SIMT alla Cardiochirurgia, e viene effettuato dal personale del Dipartimento di Biotecnologie Mediche operante nel contesto cardiochirurgico.

61 5.3 L impatto del modello sulle performance degli operatori coinvolti, in un ottica di TQM. Come visto in precedenza, numerosi studi effettuati nei paesi europei hanno evidenziato come, sebbene i maggiori fruitori di trasfusioni siano i pazienti sottoposti a chirurgia e trattamenti per patologie maligne, una notevole quantità di trasfusioni viene destinata a pazienti che non rientrano in nessuna categoria semplice, appartenenti alle fasce di età più anziane, o per i quali sussistono condizioni patologiche particolari, spesso caratterizzati da diagnosi multiple, precedenti interventi ed episodi di ospedalizzazione pregressi. In tutte le situazioni, per il processo decisionale trasfusionale gli operatori sanitari coinvolti vanno a focalizzare l attenzione su numerosi aspetti chiave: Quali sono i miglioramenti clinici che ci si prefigge di ottenere sul paziente? Si possono ottenere gli stessi risultati senza trasfusione? Si può minimizzare la perdita di sangue per eliminare la necessità di eseguire una trasfusione? Sono necessari altri trattamenti da eseguire sul paziente prima di ricorrere alla trasfusione (come soluzioni sostitutive intravenose, fluidi, ossigeno, inotropi)? Quali sono le indicazioni cliniche o di laboratorio per eseguire la trasfusione al paziente nelle condizioni correnti? Il bilancio rischi-benefici della trasfusione è positivo per questo specifico tipo di paziente? Il processo decisionale viene reso relativamente fluido e veloce quando il paziente in esame è soggetto a gravi fenomeni emorragici che costituiscono un pericolo per la sua vita, con sanguinamenti, trombocitopenia, o con gravi sintomi anemici debilitanti associati a terapie chemioterapiche anticancro. Le indicazioni relative alle decisioni possono essere chiare anche con patologie specifiche, come talassemia o malattie mielodisplasiche (Fig. 20).

62 In altri casi le decisioni possono essere più difficili, come per esempio nel caso di pazienti anziani che hanno concentrazioni di emoglobina di 8 gr/dl, senza alcun sintomo di anemia, caratterizzati da condizioni emodinamiche stabili e che non presentano alcun sanguinamento. Fig. 20 Descrizione dei fattori che portano il medico a optare per una trasfusione di globuli rossi. In cardiochirurgia la reale sfida nel prendere una decisione urgente sull opportunità o meno di eseguire una trasfusione, consiste nella capacità di valutare caso per caso i potenziali benefici per i singoli pazienti, ed in tal senso il modello EmoTx è risultato un consistente supporto al processo decisionale per tutti gli operatori coinvolti. EmoTx 57,8% 42,2% Pazienti trasfusi Pazienti non trasfusi Senza EmoTx 66,6% 33,4% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fig. 21 Descrizione percentuale dei pazienti trasfusi e non trasfusi con e senza EmoTx.

63 Infatti, il venire a conoscenza delle quantità trasfusionali previste dal modello (Fig. 21), ha fornito importanti indicazioni per il personale sanitario, soprattutto nei casi in cui il modello prevedeva una sola sacca o addirittura la non necessità trasfusionale, influenzando di volta in volta le varie decisioni cliniche. Confrontare le proprie conoscenze con le indicazioni fornite dal modello porta a considerare in maniera diversa il proprio lavoro, stimolando tutto il personale al continuo miglioramento su obiettivi comuni. In questo, sulla base di numerosi studi 24 in materia, sono stati definiti specifici indicatori 25 e sulla base di essi è stato valutato come il modello ha influenzato le prestazioni e il modus operandi del personale sanitario predisposto al processo decisionale, confrontando gli indicatori prima e dopo l introduzione di EmoTx in cardiochirurgia: 1) Reserve to Transfusion ratio, ossia l indice delle unità assegnate in relazione al numero di PRBC effettivamente trasfusi, nel periodo di riferimento: à un indice superiore a 4, considerando l utilizzazione del safety leeway, definisce un significativo utilizzo di emocomponenti (Fig. 22). 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 4,02 3,35 Graf. 6 Senza EmoTx EmoTx 0 Fig. 22"Reserve to Transfusion index" 24 VIBHUTE M, J POSTGRAD MED 2000, 46(1): MEAD JH, AMERICAN SOCIETY OF CLINICAL PATHOLOGISTS. 1980;74:223-7.

64 La messa in opera del modello ha ridotto sensibilmente questo indice, portandolo dal valore fuori norma (4.02) a 3.35, anche se, con ulteriori miglioramenti nell identificazione delle caratteristiche cliniche del paziente si può scendere anche al di sotto di 3. Questo indice è molto importante perché esprime l efficienza del processo di valutazione preoperatoria, il quale impatta sia sulla gestione clinica del paziente (data dall aver a disposizione le unità riservate nel momento della decisione trasfusionale), ma anche sull efficienza di gestione dell emoteca del SIMT, soprattutto per i pazienti con particolari antigeni o per coloro che sono immunizzati, anche se l effettivo cross-match di assegnazione delle emazie per i pazienti non rientranti in questo pool avviene solo con la decisione trasfusionale affermativa. 2) Transfusion Probability Index, ossia il valore percentuale del numero di pazienti trasfusi in relazione al numero di richieste effettuate: un valore superiore a 30 definisce un significativo utilizzo di emocomponenti. 70,00% 66,6% 65,00% 60,00% 57,8% 55,00% Senza EmoTx EmoTx 50,00% 45,00% 40,00% Fig. 23 "Tranfusion Probability Index".

65 Questo indicatore mostra come sia avvenuto un decremento del 8.8% dei pazienti che hanno subito una trasfusione. Anche esso può essere visto come un notevole successo del modello (Fig. 23), per tutte le ragioni spiegate precedentemente che vedono associare alla terapia trasfusionale inutile un aumento del rischio, sia esso puramente clinico, infettivo o da incompatibilità. Il valore percentuale di soglia del 30% è definito per tutti i tipi di intervento, quindi tenendo sempre presente che in questo studio si fa riferimento ai pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico, un valore al di sotto del 50% può essere sinonimo di un utilizzo estremamente appropriato della terapia trasfusionale. 3) Transfusion Index, ossia il numero di sacche di emazie trasfuse in relazione al numero totale di pazienti trasfusi: un valore superiore a 3 esprime un significativo utilizzo di emocomponenti. 4) Global Transfusion Index, ossia il numero medio di PRBC trasfusi sulla totalità dei pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico:

66 4 3,5 3,74 4 3, ,5 2 Senza EmoTx EmoTx 2,5 2 2,49 1,73 Senza EmoTx EmoTx 1,5 1,5 1 Fig. 24 "Tranfusion Index". 1 Fig. 25 "Global Tranfusion Index". Questi due indicatori esprimono in maniera differente entrambi il valore medio trasfusionale: il primo valuta quante sacche mediamente vengono trasfuse ad un paziente sottoposto a tale terapia; il secondo definisce il valor medio delle sacche trasfusionali trasfuse ai pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico. Nel primo caso (Fig. 24) il valore ottimale andrebbe ricercato nell intorno superiore di 2, visto che trasfondere una sacca molto spesso non ha senso, anzi aumenta solamente il rischio trasfusionale ed infatti, solo in poche occasioni i trasfusionisti optano per una sacca solamente (10.2%) mostrando un maggiore propensione o alla non trasfusione (42.2%) o alla trasfusione di almeno due sacche (19.5%), coerentemente con le ultime evidenze disponibili. Il valor medio è comunque calato sensibilmente, passando da 3.74 a 3.00, evidenziando come mediamente il numero di trasfusioni massive si sia ridotto con l introduzione del modello nella pratica clinica. Il secondo valore (Fig. 25) riguarda il valor medio delle unità trasfuse nella globalità dei pazienti, ossia considerando anche coloro che non sono stati trasfusi. L aver ridotto, presumibilmente grazie al modello, la quantità di PRBC mediamente utilizzata nei pazienti cardiochirurgici di 0.76 sacche rappresenta un risultato di grande rilievo, sia dal punto di vista strettamente clinico così come dal punto di vista economico, come vedremo più avanti.

67 5) RMSE, ovvero la radice quadrata dell errore quadratico medio, come definito in precedenza: 3,5 3 2,5 2 1,5 1 2,98 2,32 Senza EmoTx EmoTx Anche la valutazione dell errore che si commette mediamente è cambiata positivamente (Fig. 26), a dimostrazione di come tutti gli operatori abbiano cambiato il proprio percorso decisionale trasfusionale, attenendosi sempre più a quelle che erano 0,5 le indicazioni fornite dal modello. 0 Fig. 26 "Root Mean Square Error". Al fine di ottimizzare le risorse, migliorare la qualità degli emocomponenti prodotti, rispondere meglio a tutte le richieste di una medicina moderna e tecnicamente avanzata ponendo inoltre costante attenzione al contenimento dei costi, è stata prevista una valutazione semestrale di questi indicatori. Questo monitoraggio sarà effettuato da un componente del Dipartimento di Biotecnologie Mediche che provvederà a comunicare a tutti gli operatori sanitari le performance raggiunte, e al contempo proporrà nuovi benchmark che determineranno obiettivi sempre più stringenti, in ottica di un miglioramento continuo di tutto il processo trasfusionale di reparto e a tutti i livelli aziendali. 5.4 Analisi cliniche delle complicanze postoperatorie: i risultati ottenuti. Dal punto di vista maggiormente qualitativo, oltre a valutare l ottimizzazione del consumo come si è visto nel paragrafo precedente, in questo studio ci si sofferma molto anche sull aspetto dell appropriatezza dell uso degli emocomponenti e delle emazie in particolare.

68 Le ultime linee guida in tema di emorragia perioperatoria, la quale nella quasi totalità degli interventi cardiochirurgici (e nei CAGB in particolare) determina il ricorso alla trasfusione, focalizzano la loro attenzione non solo sul controllo dei parametri coagulativi (attraverso i point-of-care ) ma soprattutto sul miglioramento degli algoritmi trasfusionali, prevedendo tre step a cui far riferimento in tutte le situazioni: 1. Valutazione preoperatoria; 2. Correzione dell anemia preoperatoria; 3. Azioni procoagulanti mirate. La correzione dell anemia preoperatoria, valutata attraverso il monitoraggio della perfusione tissutale (lattati, CO, saturazione venosa), può avvenire, nei casi appropriati, attraverso la somministrazione dell eritropoietina (EPO), l utilizzo di cristalloidi isotonici secondo i protocolli, mantenendo una corretta volemia. Le azioni procoagulanti avvengono nella maggior parte dei casi con l utilizzo del fibrinogeno (25-50 mg/kg), se vi è emorragia diffusa si valuta la somministrazione del fattore XIII concentrato (FXIII) e nei casi estremi il fattore settimo attivato (FVIIa). Risultati molto positivi si stanno riscontrando anche attraverso l utilizzo dell acido tranexamico usato come inibitore del sistema della fibrinolisi. L aspetto più importante e che si collega al modello EmoTx riguarda la corretta valutazione preoperatoria. Infatti l eccessivo sanguinamento e quindi il conseguente ricorso alla trasfusione, con tutte le complicanze che si possono associare, non costano meno dei farmaci utilizzati per scongiurarle. Una corretta valutazione delle caratteristiche cliniche del paziente, infatti, anche nello studio in esame, si evidenzia come, attraverso gli impatti diretti (migliore stima delle necessità trasfusionali) e indiretti (atteggiamento più performante e appropriato degli operatori sanitari) del modello, si siano ottenuti benefici tangibili in termini di complicanze occorse nel postoperatorio.

69 30,0% 28,1% 25,0% 25,0% 20,0% 15,0% 10,0% 5,0% 0,0% 19,0% 14,1% 9,0% 6,3% 4,3% 3,3% 3,1% 1,0% 0,8% 0,8% Riap.Sang. Disf. Polm. Bassa Port. Aritmia Coma Stroke Senza EmoTx EmoTx Fig. 27 Descrizione del valore percentuale di patologie occorse senza e con EmoTx. 30,0% 28,1% 25,0% 24,2% 20,0% 15,0% 10,0% 16,2% 14,8% 7,1% Senza EmoTx EmoTx 5,0% 0,0% 3,3% 4,8% 1,9% 2,3% 0,8% 1,6% 0,0% Sepsi Polmonite RIA VMoltre24h DegSup5gg Decesso Fig. 28 Descrizione del valore percentuale di patologie occorse senza e con EmoTx. Questi dati (Fig. 27 e Fig. 28) mostrano come il modello abbia portato un notevole miglioramento sugli outcome dei pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico. In tutte le possibili situazioni di effetti indesiderati, si registra un sostanziale

70 decremento delle complicanze occorse, solo per le riaperture per sanguinamento si è registrato un lieve aumento (+2%). Le disfunzioni polmonari hanno subito un calo del 3.1% (passando dal 28.1% al 25%), così come la bassa portata è passata da un valore percentuale di 19% al 14.1% (-4.9%). Un importante decremento si è registrato per le aritmie (-5.9%) passando dal 9% al 3.1%. La situazione è rimasta pressoché invariate per gli eventi di coma (-0.2%) mentre gli eventi di stroke sono diminuiti passando dal 3.3% a 0.8%. Calo registrato anche per gli eventi septici (-2.5%) passando dal 3.3% allo 0.8%, in linea con le considerazioni fatti in precedenza sul calo percentuale dei pazienti trasfusi, dimostrando come l invasività dell evento trasfusionale sia strettamente collegato agli eventi infettivi. Le complicanze polmonari si sono del tutto azzerate, passando dal 1.9% allo 0%. Gli eventi di insufficienza renale acuta sono anch essi risultati inferiori, facendo registrare un calo del 2.5%. Altra complicanza messa in relazione con gli eventi trasfusionali che ha subito un miglioramento grazie all introduzione del modello è derivata dal numero di pazienti che, dopo l intervento, hanno avuto necessità di ventilazione meccanica superiore alle 24 ore. Si è passati dal 28.1% al 24.2% (-3.9%), ed inoltre è stato valutato anche la durata media dei pazienti sottoposti a tale terapia, che è risultata essere dimezzata (Fig. 29) , ,85 Senza EmoTx EmoTx Fig. 29 Durata media di ventilazione meccanica in ore.

71 Ciò è da considerarsi importante visto che l utilizzo della ventilazione meccanica, oltre ai numerosi benefici per i quali è adoperata come terapia, è relazionata con lo sviluppo di nuove patologie che possono compromettere il quadro clinico del paziente. La ventilazione artificiale è invasiva, costosa e gravata da una varietà di possibili complicanze tra cui la polmonite legata a ventilatore (VAP). La polmonite associata alla ventilazione artificiale può essere considerata un tipo di polmonite ospedaliera o nosocomiale correlata all intubazione endotracheale necessaria per la ventilazione invasiva e con un costo per ogni caso di VAP che si stima sui Anche dal punto di vista della degenza le cose si presentano nettamente migliori con l introduzione del modello: la percentuale di coloro che hanno necessitato di una degenza superiore ai 5 giorni è passata dal 16.2% al 14.8%, con un calo percentuale dell 1.4%. Anche la durata media dei giorni di degenza risulta essere in netta flessione: , ,11 4,17 Senza EmoTx EmoTx ,65 Senza EmoTx EmoTx Fig. 30 Degenza media dei pazienti. 0 Fig. 31 Degenza media dei pazienti trasfusi. Come si può osservare dai grafici precedenti (Fig. 30 e Fig. 31), il livello di prestazione assistenziale in termini di degenza è migliorato riducendosi di quasi un giorno (0.94 giorni ossia 22 ore e 34 minuti) per i pazienti nel complesso, per coloro che hanno ricevuto la teriapia trasfusionale si osserva una riduzione di 26 RELLO et al, 2002

72 quasi 2 giorni (1 giorno, 17 ore e 46 minuti). Questo va ad avallare la tesi di come la terapia trasfusionale debba essere utilizzata nei casi maggiormente appropriati, e solo nel caso in cui vi sia un effettiva necessità, debba avvenire la somministrazione di una quantità idonea di emocomponente, il che porta il paziente ad avere un decorso clinico più breve e con minori possibilità di contrarre complicanze rispetto ad una terapia trasfusionale che veda un ricorso meno stringente della valutazione preoperatoria. Per coloro che non hanno ricevuto trasfusioni (Fig. 32), l utilizzo nel processo decisionale del modello non ha variato sensibilmente il valore di degenza media, che è sceso da 2.8 a 2.6 giorni. 3 2,5 2,8 2,6 2 1,5 Senza EmoTx EmoTx 1 0,5 0 Fig. 32 Degenza media dei pazienti non trasfusi. Ciò dimostra come il modello non vada ad influenzare negativamente il percorso assistenziale dei pazienti, sottostimandone le necessità trasfusionali e quindi recare possibilità di ipotrasfusioni, ma assolve al proprio obiettivo: ottimizzare l uso delle emazie per coloro che ne hanno realmente bisogno (appropriatezza). Ultima, ma non per importanza, è la complicanza per la quale non si potrà ricorrere a nessun altro processo assistenziale: il decesso. L indice di mortalità con il modello è passato da una percentuale di decessi del 7.1% ad un valore percentuale di 1.6%. La cessazione delle funzionalità vitali può rappresentare il fallimento del processo assistenziale sanitario e molto spesso rappresenta l evento per il quale si possono

73 generare contenziosi di carattere legale, per cui avere una forte riduzione di tale complicanza può comportare enormi vantaggi per le aziende sanitarie. In generale, il modello EmoTx ha prodotto dei risultati notevoli in termini di outcome dei pazienti, sotto tutti i punti di vista; tali miglioramenti oltre che produrre un decorso clinico più favorevole ai pazienti cardiochirurgici ha una ripercussione anche dal punto di vista economico, come vedremo nel prossimo paragrafo. 5.5 Valutazione cost-effectiveness di EmoTx. Il modello implementato, oltre a essere valutabile secondo criteri puramente clinici, può essere osservato da un punto di vista strettamente economico, definendo tutte le situazioni cost-effective. Questa cost-effectiveness analysis viene condotta prendendo in considerazioni le due situazioni diametralmente opposte: l assenza totale del modello nelle pratiche cliniche in confronto all attuazione del modello stesso. Tale valutazione economica è importante perché le aziende sanitarie si trovano in continuo momento a dover assicurare un corretto servizio sanitario con risorse (personale, attrezzature, strutture, tempo, conoscenze) sempre più limitate, per cui è necessario fare delle scelte riguardo la loro allocazione, implicando un analisi strutturata e sistematica delle alternative. Senza un analisi sistematica, infatti, è difficile identificare chiaramente le alternative verso cui indirizzare le strategie di assistenza sanitaria. Per valutazione economica quindi si intende la considerazione delle risorse impiegate e dei risultati prodotti da un attività o da un progetto, con la conseguente scelta delle alternative. L analisi costo efficacia è una tecnica di analisi completa che permette di confrontare programmi ed interventi sanitari alternativi, che producono conseguenze diverse. Fra i metodi di valutazione economica la CEA è quello che viene maggiormente impiegato nel settore sanitario in quanto prende in considerazione costi e conseguenze dirette, che sono in genere quelli di più facile rilevazione nel contesto operativo delle attività sanitarie primarie 27. Il primo esempio di applicazione della CEA è stato registrato a partire da una pubblicazione riguardante le implicazioni della profilassi antibiotica sull utilizzo 27 LEVAGGI, CAPRI, 2003

74 delle risorse per pazienti sottoposte a parto cesareo. In questo studio si effettua una valutazione dei benefici che ne derivano dal seguire un programma terapeutico trasfusionale con il modello EmoTx rispetto alla situazione in cui il modello non era presente, analizzando quindi in maniera prospettica i possibili vantaggi economici ottenuti e ottenibili dal protocollo EmoTx. In primo luogo si possono valutare i costi medi di degenza, confrontando le due situazioni. Dai dati forniti dalla direzione dell UOC di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiotoracica, il costo medio giornaliero di degenza di un paziente afferente a tale unità si attesta sul valore di 1347 così composti: 245 per i farmaci e i beni di consumo, 59 per le attrezzature, 137 per le prestazioni richieste, 816 per il personale e 90 di costi strutturali. Per le degenze, facendo riferimento alla totalità dei pazienti (trasfusi e non), si sono registrati queste due situazioni in presenza e assenza del modello: Tab. 11 Descrizione dei costi di degenza per paziente. Degenza Costo Medio di Media Degenza Senza EmoTx 5.11 giorni/pz /pz EmoTx 4.17 giorni/pz /pz Passando al confronto tra le due situazioni si può ricavare il risparmio medio per ogni paziente:

75 Oltre a questo non costo c è da considerare il risparmio dal punto di vista delle sacche di emazie, che, come visto nel presente capitolo, hanno subito un calo nell utilizzazione, passando da un valor medio procapite di 2.49 a un valore di Sapendo che il costo regionale stimato per una unità di emocomponente si aggira intorno ai 230, si può effettuare la seguente considerazione: Tab. 12 Descrizione di costo di PRBC per paziente. PRBC Medio Costo Medio di PRBC Senza EmoTx 2.49 PRBC/pz /pz EmoTx 1.73 PRBC/pz /pz Passando al confronto tra le due situazioni si può ricavare il risparmio medio per ogni paziente: Questo valore va ad aggiungersi ai benefici intrinseci dell ottimizzazione ematica, ossia minori problematiche di reperimento della risorsa, nonché maggiore efficienza nella gestione della banca del sangue. Considerando che mediamente in un anno i pazienti che afferiscono alla Terapia Intensiva Cardiotoracica sono 350, si può derivare il risparmio complessivo che annualmente il modello è in grado di generare attraverso l ausilio che presta agli operatori clinici nel processo decisionale trasfusionale e che si ripercuote con gli effetti sopra descritti:

76 Ovviamente questo valore deve essere rivisto annualmente, dato che le evidenze cambiano (la scienza è in continua e perenne evoluzione), il modello è per certi versi dinamico (si persegue il miglioramento continuo del modello), le caratteristiche patologiche dei pazienti cambiano nel corso dei decenni. In questa sezione non si sono affrontati i costi generati dal modello semplicemente perché il modello è stato frutto di un team multidisciplinare che ha messo a disposizione le proprie competenze per l ottenimento dell obiettivo trasfusionale. È bene tenere presente però che affinché i frutti di questo lavoro siano continuativi sarà buona norma riservare una parte delle risorse risparmiate in formazione del personale, accrescendone il livello culturale e aggiornandolo alle ultime evidenze disponibili, e a tutti i livelli aziendali.

77 Capitolo 6. Ulteriori sviluppi 6.1 Il miglioramento continuo del modello I risultati incoraggianti ottenuti dal modello non devono però distogliere l attenzione da quello che dovrebbe essere l obiettivo costante di qualsiasi azienda che voglia progredire: il miglioramento continuo. Applicando questo concetto all azienda sanitaria e nel nostro caso al modello trasfusionale, il concetto dovrà essere sempre lo stesso: guardare al passato, acquisire nuova informazione ed infine integrare le nuove conoscenze all interno del modello stesso, cercando prestazioni sempre più elevate, in accordo con le risorse disponibili e con l avvento di nuovi strumenti (sia farmacologici che di screening). A tal proposito, nel presente capitolo, si vogliono gettare le basi per possibili studi e applicazioni future, alcune delle quali hanno già preso il via concretamente e altre delle quali potranno essere oggetto di discussione nei prossimi mesi, proporzionalmente ai risultati ottenuti e alla visibilità che sarà raggiunta dal modello stesso, e unitamente ai vari studi di fattibilità che saranno effettuati nei vari ambiti. In primo luogo, rimanendo sempre nel contesto cardiochirurgico e al comparto ematico dei globuli rossi, il modello deve essere rivisto periodicamente, dato che le condizioni patologiche dei pazienti che afferiscono alla Terapia Intensiva Cardiotoracica si presentano con caratteristiche differenti con il passare degli anni. Inoltre, l avanzare della tecnologia, con l introduzione di nuovi strumenti diagnostici e l utilizzo di nuovi farmaci che sino a pochi mesi fa erano solo in via di sperimentazione, hanno comportato e comporteranno l adozione di nuove linee guida alle quali bisognerà attenersi in maniera sempre più rigorosa. Rivedendo il modello sulla base delle evidenze attualmente disponibili si può effettuare una rivisitazione dello stesso; se tutte le variabili incluse nel modello le hanno determinato una capacità predittiva contestualmente accettabile, per una di esse si può fare qualche osservazione, e la variabile a cui si fa riferimento è quella che è discriminata dal tipo di intervento cardiochirurgico sostenuto dal paziente.

78 Nel modello attuale, infatti, una variabile dummy è associata al tipo di intervento effettuato, ed assume valore nullo solo nel caso degli interventi di origine coronarica. Questa variabile può essere rivista, in considerazione del fatto che il modo di gestire anche i pazienti con patologie differenti, ossia valvolare in primis ma anche interventi combinati o di carattere vascolare dilatativo, è diventato pressoché analogo a quello dei pazienti con intervento coronarico. Infatti, in questi ultimi anni, il trattamento chirurgico della patologia valvolare ha conosciuto importanti progressi, che consentono oggi di evitare in molti casi l apertura mediana dello sterno e di ridurre notevolmente l incisione toracica. La tecnica mini-invasiva prevede l esecuzione dell intervento valvolare attraverso due incisioni lunghe non più di 7 cm, rispettivamente all inguine e al torace destro. All ottimo esito chirurgico si sommano un eccellente risultato estetico e un importante vantaggio funzionale, dovuto al fatto che la gabbia toracica rimane intatta, senza lesioni ossee. Tuttavia, benché evoluto, l intervento di chirurgia valvolare esige l utilizzo della macchina cuore-polmone e rimane un opzione non proponibile per pazienti con un quadro clinico precario, caratterizzato da diverse malattie concomitanti. Cardiologi e cardiochirurghi stanno dunque cercando nuove strade per rendere compatibile l intervento con il paziente ad alto rischio. Una di queste strade è la tecnica trans-apicale, che sta conducendo a risultati brillanti. La tecnica prevede l introduzione attraverso l apice del muscolo cardiaco di una protesi biologica montata su catetere, che viene fatta avanzare fino alla valvola ammalata e lì fatta espandere, in modo che si sovrapponga ad essa e la sostituisca. Grazie a questa tecnica, la sostituzione della valvola aortica avviene in un tempo estremamente breve e senza che si debba ricorrere alla circolazione extra-corporea: il peso dell intervento, e di conseguenza il rischio, ne risultano fortemente ridotti. Inoltre, nel corso degli ultimi anni si è assistito a una rinascita della chirurgia conservativa delle valvole cardiache che ha interessato prevalentemente la valvola mitrale. Questo rinnovato interesse è stato determinato da una serie di fattori che hanno interessato tre aspetti principali: le variazioni che si sono verificate nella epidemiologia delle valvulopatie, i grandi progressi che si sono compiuti nel campo delle tecniche diagnostiche e lo sviluppo di nuove tecniche e di nuovi materiali adottati nelle procedure chirurgiche. Per quanto riguarda le variazioni nella prevalenza del tipo di patologia causa delle valvulopatie, è da

79 rilevare che nel mondo occidentale, grazie alla diagnosi precoce e alla profilassi antibatterica con terapia antibiotica, si è a mano a mano ridotta la prevalenza delle lesioni valvolari di origine reumatica determinata dalla infezione da streptococco beta-emolitico, causa di profonde alterazioni della struttura valvolare con restringimento del lume valvolare, o stenosi, associato a cicatrizzazioni, retrazione e calcificazione dei lembi. Per contro, è aumentata la prevalenza delle valvulopatie di origine degenerativa: questa interessa la struttura fibro-elastica dei tessuti valvolari, provocando lesioni caratterizzate da una generalizzata perdita di compattezza dei tessuti stessi cui consegue un allargamento dei lembi valvolari, l allungamento fino alla rottura delle corde tendinee, la dilatazione dell anello valvolare con conseguente insufficienza della valvola stessa. Queste lesioni, pur provocando importanti conseguenze a carico della morfologia e della funzionalità delle valvole, non ne alterano profondamente la struttura altrettanto della malattia reumatica, consentendo quindi lo sviluppo e la realizzazione di tecniche conservative. Il secondo fattore che ha reso possibile l evoluzione delle tecniche chirurgiche di riparazione delle valvulopatie è legato ai grandi progressi che si sono verificati nel campo della diagnostica cardiologica, in particolare l ecocardiografia. L esame ecocardiografico, con la sua capacità di visualizzare dettagliatamente in tempo reale le strutture cardiache in movimento in modalità tridimensionale e le caratteristiche del flusso sanguigno, ha permesso di comprendere con maggiore precisione il complesso meccanismo della funzione delle valvole cardiache sia in situazioni normali, sia nelle diverse forme patologiche. Una particolare tecnica ecocardiografica che ha rappresentato un importante fattore che ha consentito lo sviluppo e la diffusione della chirurgia conservativa delle valvole cardiache, è l ecocardiografia transesofagea. Questa tecnica consiste nell esecuzione dell esame ecocardiografico per mezzo di una sonda inserita nell esofago del paziente. Essa consente di ottenere immagini delle strutture cardiache più precise rispetto alla tecnica tradizionale in cui la sonda è appoggiata sul torace del paziente, poiché la posizione della sonda nell esofago è in stretta vicinanza della parete posteriore del cuore. Inoltre, nell esecuzione della chirurgia conservativa delle valvole cardiache, l ecocardiografia transesofagea presenta il fondamentale vantaggio di poter essere utilizzata in sala operatoria durante l intervento, ciò che consente quindi di valutare e verificare in tempo reale il

80 risultato della riparazione e, ove necessario, indurre a procedere immediatamente ad una eventuale revisione della riparazione effettuata fino a ottenere il risultato che ci si era prefisso. Il terzo aspetto responsabile della rinascita dell interesse per gli interventi conservativi sulle valvole cardiache e, in particolare per la riparazione della insufficienza della valvola mitrale, riguarda lo sviluppo di nuove tecniche e di nuovi materiali adottati nelle procedure chirurgiche. Alla luce di queste considerazioni ho rivisto il modello, eliminando la variabile discriminatoria dell intervento e valutando come esso poteva rispondere alle effettive esigenze attuali di bisogni emodinamici (ovvero prendendo come riferimento gli ultimi interventi validati dall entrata in funzione del modello stesso). I risultati ottenuti vengono presentati di seguito. 35,0% 30,0% 25,0% 20,0% 15,0% 10,0% 5,0% 0,0% 28,9% 25,0% 23,4% 20,3% 17,2% 18,8% 13,3% 10,2% 7,8% 7,8% 4,7% 5,5% 3,9% 3,1% 0,0% 1,6% 2,3% 2,3% 3,1% 0,8% EmoTx EVOtx Fig. 33 Descrizione dei pazienti in relazione allo scarto tra PRBC reali e stimate, con EmoTx e con il modello evoluto. In questo grafico (Fig. 33) è possibile osservare come con il modello evoluto vi sia la possibilità di abbassare drasticamente il livello degli ipotrasfusi a favore di coloro che risultano idoneamente sottoposti a tale terapia, mentre per gli ipertrasfusi le percentuali rimangono pressoché invariate.

81 L obiettivo del well transfused patient proposto al inizio di questa tesi risulta ancor di più raggiungibile con le future modifiche apportabili, come si può osservare dai grafici proposti in basso (Fig. 34 e Fig. 35). EmoTx 6,3% 21,9% 71,9% "less transfused patient" "well transfused patient" "over transfused patient" Fig. 34. Descrizione dei pazienti in base alla differenza tra PRBC reali e stimate con EmoTx. EVOtx 7,8% 5,5% 86,7% "less transfused patient" "well transfused patient" "over transfused patient" Fig. 35. Descrizione dei pazienti in base alla differenza tra PRBC reali e stimate con EVOtx. Quindi, in base alle considerazioni fatte in precedenza, con il modello così evoluto sarà possibile condurre verso la categoria dei pazienti appropriatamente gestiti con tale terapia un 14.8% in più di essi, riducendo gli ipotrasfusi e mantenendo pressoché invariati gli ipertrasfusi. Dal punto di vista dell errore la situazione è ancora più incoraggiante: In precedenza il valore si assestava a 2.32.

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