Gli allevamenti. Bovini
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- Sofia Gagliardi
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1 Gli allevamenti (Foto Diateca Agricoltura ) 66 L Emilia-Romagna è tradizionalmente una delle regioni più importanti nell ambito della zootecnia italiana. Al momento, il quadro nazionale dei dati definitivi del censimento 2000 non è ancora completo, ma possiamo fare riferimento ai risultati delle ultime indagini strutturali, che assegnano alla regione un peso attorno al 20 per cento per suini e avicoli e al 10 per cento per i bovini. Per quanto riguarda invece gli ovini ed i caprini, i capi allevati in Emilia- Romagna non raggiungono l 1 per cento del dato nazionale. Nel corso degli anni Novanta, con la sola eccezione degli avicoli, la zootecnia regionale ha subìto un sensibile ridimensionamento. Forti cali si registrano infatti per i bovini (621 mila capi, -28,7% sul 90), per i suini ( mila capi, -18,1%) e per altre specie di minore importanza: ovini ( capi, -16,1%), caprini ( capi, -31,5%), equini ( capi, - 5,9%) e conigli (945 mila capi, -22%). Con un patrimonio di oltre 29 milioni di capi, risultano invece in aumento (+11,2%) gli avicoli. Come curiosità, si può rilevare che gli struzzi allevati in regione sono circa e che i bufalini, praticamente assenti al censimento del 1990, sfiorano ora le unità e risultano l unica specie per la quale si registra un aumento anche del numero di aziende interessate. Per tutte le altre tipologie di allevamento, il numero di aziende fa segnare drastiche riduzioni, superiori al 50 per cento per bovini e suini e nell ordine del per cento per ovini, caprini ed avicoli, con il conseguente forte aumento delle dimensioni medie degli allevamenti. I cambiamenti che nell ultimo decennio hanno interessato la zoo- tecnia emiliano-romagnola sono indubbiamente da mettere in relazione con le più recenti politiche di settore, con l incremento dei costi di produzione e con le difficoltà determinate da ricorrenti crisi di mercato. Ma sono anche il punto di arrivo di tendenze di fondo in atto da vari decenni. La tabella 1 sintetizza, per le tre specie principali, le tappe della riorganizzazione e specializzazione del settore, per molti versi assai più intense di quelle che hanno riguardato le produzioni vegetali. Bovini Delle oltre 157 mila aziende con bovini presenti al censimento del 1961 ne resta ora meno di un decimo, appena ; nello stesso periodo i capi allevati sono passati da quasi 1,6 milioni ai 621 mila attuali, con un calo del 60 per cento.
2 La dimensione media degli allevamenti si è quindi più che quintuplicata fino ai 52 capi del 2000, come effetto della progressiva scomparsa delle stalle più piccole e della concentrazione dei capi in un numero limitato di allevamenti di grandi dimensioni. E così, se quarant anni fa due aziende della regione su tre allevavano bovini, ora il rapporto è di circa una su dieci. La distribuzione di aziende e capi in base alla classe di dimensione degli allevamenti (grafico 1) evidenzia però una realtà assai più articolata di quella che può emergere dalla semplice media dei capi per azienda, e riserva anche alcune sorprese. Delle aziende con bovini, ben 2.400, e cioè una su cinque, ha in stalla non più di 5 capi, ma questi piccoli allevamenti, che sembrano destinati a scomparire in un prossimo futuro, detengono nel complesso solo l 1 per cento del patrimonio bovino della regione. Sono invece poco più di le aziende con oltre 100 capi ciascuna, nelle quali si concentra circa il 57 per cento dei capi bovini allevati in regione; un altro 32 per cento appartiene agli allevamenti compresi fra i 30 ed i 100 capi. Suini Mentre nel caso dei bovini la riduzione dei capi allevati è stata costante, anche se con diversa intensità tra un censimento e l altro, per i suini l andamento negli ultimi quarant anni è risultato discontinuo. Il patrimonio suino dell Emilia-Romagna è infatti più che raddoppiato tra il 1961 ed il 1970 e si è ulteriormente incrementato nel decennio successivo (fino ai quasi 2,3 milioni di capi del 1982). È poi iniziato un trend negativo, che lo ha ridimensionato ai circa 1,9 milioni di capi del 1990 e, quindi, al milione e mezzo di capi del 2000, riportandolo così sostanzialmente agli stessi livelli del Le aziende che praticano questo allevamento hanno nel frattempo subìto una caduta verticale, passando dalle 83 mila del 1961 alle attuali. A chiudere sono stati sia i Graf. 1 Emilia-Romagna: distribuzione delle AZIENDE E DEI CAPI BOVINI 500 capi e oltre fino a 5 capi micro-allevamenti di uno o due capi per il consumo familiare, sia allevamenti di dimensioni maggiori ma comunque non idonei a reggere le condizioni del mercato e a sostenere gli oneri connessi all adeguamento richiesto dalle normative in materia di tutela ambientale. Al riguardo, va sottolineato che la Regione Emilia-Romagna ha da tempo definito ed applicato politiche rigorose per limitare l impatto ambientale dell attività zootecnica. Per i suini, ancor più che per i bovini, il numero medio di capi per azienda, in crescita esponenziale dai Tab. 1 - Emilia-Romagna: aziende e capi di bestiame dal 1961 al 2000 per i principali allevamenti. ALLEVAMENTI AZIENDE Bovini Suini Avicoli CAPI DI BESTIAME Bovini Suini Avicoli NUMERO MEDIO DI CAPI Bovini Suini Avicoli Dato non disponibile Fonte: Istat, dati dei censimenti generali dell agricoltura dal 1961 al
3 68 9 del 1961 ai 345 attuali, rischia di dare indicazioni fuorvianti, essendo la risultante di una situazione quanto mai eterogenea (grafico 2). Infatti, se escludessimo le aziende che, per autoconsumo o piccole produzioni locali, allevano non più di 9 capi (e sono ancora il 70% del totale, ma con solo lo 0,5% dei capi), il numero di veri allevamenti si ridurrebbe a 1.300, con una media di circa capi. Anche gli allevamenti da 10 a capi incidono in misura modesta sul patrimonio complessivo: meno del 16 per cento. In definitiva, la suinicoltura regionale si concentra per circa l 84 per cento in soli 379 allevamenti con almeno mille capi ciascuno; di questi allevamenti, i 24 che hanno oltre capi rappresentano, da soli, oltre un quinto del patrimonio complessivo. Poco meno di un decimo dei suini allevati in regione appartiene ad allevamenti privi di terreno agrario e generalmente di grandi dimensioni: la media risulta infatti di capi per azienda. Avicoli Con un andamento opposto a quello appena visto per i suini, nel caso degli avicoli il censimento del 1982 ha fatto registrare il livello più basso (meno di 15 milioni di capi), cui è seguito un rapidissimo aumento fino ai 26 milioni di capi del 1990 e, anche se con un ritmo meno sostenuto, ai 29 milioni del È necessario chiarire che le modalità di rilevazione del censimento presentano forse un certo grado di incongruenza, non distinguendo a priori tra i pollai per l autoconsumo familiare e gli allevamenti veri e propri. Viceversa, nel caso delle produzioni vegetali, gli orti familiari sono rilevati con una voce a parte rispetto alle coltivazioni ortive. Le oltre aziende con avicoli che compaiono nella tabella 1 (e, di conseguenza, il numero medio di capi), che potrebbero far pensare ad una diffusione degli allevamenti avicoli assai più ampia rispetto a bovini e suini, è in realtà un effetto ottico, frutto Tab. 2 - Emilia-Romagna: capi di bestiame per zona altimetrica nel 2000 e variazioni rispetto al ZONE ALTIMETRICHE BOVINI SUINI AVICOLI Montagna ,6-27,0 183,2 Collina ,7-15,3 2,9 Pianura ,2-18,2 2,8 Emilia-Romagna ,7-18,1 11,2 Fonte: elaborazioni su dati Istat, censimenti generali dell agricoltura 2000 e 1990 dell incongruenza di cui si è detto. Ma è sufficiente disaggregare i dati sulle aziende ed i capi per classe di dimensione degli allevamenti (grafico 3, pag. 70) per ricomporre un quadro più realistico. La quasi totalità (97,6%) delle aziende ha meno di 100 capi e non sarebbe ovviamente corretto definirle allevamenti. I veri allevamenti sono quindi appena un migliaio, con una media di capi ciascuno. È anche interessante osservare che in tutte le classi dimensionali fino ai capi troviamo quote trascurabili del patrimonio avicolo regionale, il che sta ad indicare che si tratta di tipologie di allevamento ancora troppo piccole per remunerare adeguatamente i costi di produzione. Un terzo dei capi allevati in regione appartiene infatti alle aziende che possiedono tra i 10 ed i 100 mila capi, ma il nucleo fondamentale del VARIAZIONI % 2000/1990 Bovini Suini Avicoli settore avicolo emiliano-romagnolo è costituito da una sessantina di allevamenti appena, ciascuno con almeno 100 mila capi, che detengono circa il 62 per cento del patrimonio complessivo. Gli allevamenti completamente privi di terreno agrario sono meno di 40 ma possiedono circa 2,4 milioni di capi, con una dimensione media che sfiora i 65 mila capi per azienda. La zootecnia nelle tre zone altimetriche Abbiamo visto in precedenza (vedi l articolo Agricoltura e territorio ) che la riduzione complessiva delle aziende e delle superfici agricole durante gli anni Novanta è stata più forte nell area appenninica rispetto alla pianura. Per quanto riguarda l allevamento bovino, in- Tab. 3 - Emilia-Romagna: capi di bestiame per provincia (2000). Valori assoluti e incidenza percentuale sul totale regionale. PROVINCE BOVINI SUINI AVICOLI INCIDENZA % Bovini Suini Avicoli Piacenza ,7 8,0 1,2 Parma ,3 11,6 1,6 Reggio Emilia ,9 26,5 2,0 Modena ,6 31,7 3,8 Bologna ,7 4,1 6,5 Ferrara ,2 1,9 7,4 Ravenna ,6 5,3 11,6 Forlì-Cesena ,4 9,9 62,1 Rimini ,6 1,0 3,8 Emilia-Romagna ,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, censimento generale dell agricoltura 2000
4 vece, la tendenza è opposta: anche in montagna ed in collina i capi allevati diminuiscono sensibilmente (rispettivamente del 20,6 e del 24,7%), ma in misura comunque inferiore alla pianura, che fa segnare un -32,2 per cento (tabella 2). Si può quindi ipotizzare che le aziende di pianura, disponendo di una più ampia gamma di produzioni potenzialmente praticabili, abbiano più massicciamente e rapidamente abbandonato un settore che, nell ultimo decennio, ha attraversato non poche difficoltà. In pianura continua comunque a concentrarsi una quota rilevante dei capi allevati in regione: il 57,6 per cento, contro il 28,2 per cento della collina e il 14,2 per cento della montagna. Fra una zona altimetrica e l altra sussistono significative differenze nelle caratteristiche strutturali degli allevamenti, le cui dimensioni medie passano da meno di 28 capi per azienda in montagna a 46 in collina, fino a quasi 73 in pianura, con la media regionale che si attesta, come si è visto, attorno ai 52 capi. L allevamento suino interessa prevalentemente l area di pianura, dove si concentrano quasi i tre quarti dell intero patrimonio regionale e dove la dimensione media degli allevamenti è più elevata (451 capi per azienda). Anche nell area collinare, però, l allevamento suino riveste una certa importanza con il 22% dei capi allevati in regione, mentre il ruolo della montagna è marginale: meno del 6 per cento del patrimonio regionale (e in calo a ritmi più intensi che nel resto della regione), con una dimensione media degli allevamenti che non raggiunge i 114 capi ad azienda. Pure per gli avicoli, il predominio della pianura è netto (64,6% dei capi complessivi), ma con quote significative anche per la collina (23,5%) e la montagna (11,9%). In quest ultima area l incremento dei capi allevati (+183,2% tra il 1990 e il 2000) è stato particolarmente intenso, ma è attribuibile unicamente all area montana di Forlì-Cesena il cui patrimonio si è quasi quadruplicato mentre per l insieme del rimanente territorio montano l allevamento avicolo risulta in sensibile calo. Graf. 2 Emilia-Romagna: distribuzione delle AZIENDE E DEI CAPI SUINI capi e oltre fino a 9 capi La specializzazione territoriale La tabella 3 riassume, per le tre tipologie di allevamento più importanti, la situazione nelle nove province ed il contributo di ciascuna di esse alla zootecnia regionale. Per i bovini la graduatoria vede al primo posto Reggio Emilia, subito seguita da Parma e, a maggiore distanza, da Modena e Piacenza. Queste quattro province rappresentano, nel complesso, circa l 84 per cento dell intero patrimonio bovino regionale. Tra le altre province, si segnala la particolarità di Ferrara, che ha il minor numero di allevamenti bovini, ma con una media di capi (101 ad azienda) doppia rispetto a quella regionale. Passando agli allevamenti suini, come province nettamente più importanti si confermano Modena e Reggio Emilia che, assieme, allevano circa il 60 per cento dei capi della regione. Le due province maggiormente specializzate per questa produzione hanno anche le dimensioni medie più elevate (1.016 capi per azienda nel Modenese e 867 nel Reggiano) e fanno registrare riduzioni sul 1990 nell ordine del per cento, quindi più contenute rispetto alla media regionale. Al terzo posto troviamo la provincia di Parma, in forte flessione (- 32%) nell ultimo decennio. Tra le altre province, solo Piacenza e Forlì- Cesena superano i 100 mila capi. Ferrara, pur non raggiungendo i 30 mila capi, è l unica provincia in cui si registra un aumento, per quanto modesto (+3%). La provincia di Forlì-Cesena conferma ed anzi rafforza il proprio predominio nel settore degli avicoli, con oltre il 62 per cento dei capi allevati in regione, +19,1 per cento rispetto al 1990; in questa area si concentra la gran parte circa l 80 per cento degli allevamenti più grandi, con oltre 100 mila capi ciascuno. A notevole distanza troviamo Ravenna, che però nell ultimo decennio ha fatto registrare il maggiore incremento (+31,6%). 69
5 70 Graf. 3 Emilia-Romagna: distribuzione delle AZIENDE E DEI CAPI AVICOLI Nessuna delle altre province raggiunge quote del patrimonio avicolo regionale superiori all 8 per cento, e con andamenti assai eterogenei: i capi allevati risultano in forte calo nelle tre province occidentali, da Piacenza a Reggio Emilia, e anche nel Bolognese, stazionari a Rimini ed in aumento a Modena e Ferrara. La densità del bestiame capi e oltre fino a 99 capi Le specializzazioni di area, come abbiamo già visto per le coltivazioni, posso risultare più chiaramente leggibili ricorrendo alla rappresentazione cartografica di specifici indicatori su base comunale. Anche per la zootecnia, sul sito regionale sono disponibili alcune mappe che evidenziano la densità dei vari allevamenti, calcolata come rapporto tra il numero di capi e gli ettari di SAU (e, per i bovini, anche gli ettari a foraggere). Ma il carico di bestiame sulla superficie coltivata può essere impiegato anche come indicatore della sostenibilità della zootecnia, tanto più che tra i più recenti orientamenti delle politiche agricole a livello europeo, nazionale e regionale assumono una particolare rilevanza gli interventi finalizzati a contenere l impatto ambientale delle attività agricole e zootecniche. Il Piano di sviluppo rurale della Regione Emilia-Romagna, ad esempio, subordina il riconoscimento di alcuni specifici incentivi destinati alle aziende agricole al rispetto di precisi vincoli, espressi come rapporto tra il numero di capi allevati e la SAU o la superficie foraggera dell azienda. Ovviamente, i valori rappresentati nelle mappe scaturiscono da medie comunali, mentre a livello delle singole aziende si possono raggiungere livelli molto più elevati. Una rapida sintesi a scala regionale e provinciale evidenzia che il numero medio di capi bovini per ettaro di SAU in Emilia-Romagna è pari a 0,6, con differenze contenute tra le zone altimetriche: 0,5 capi per ettaro in pianura, 0,6 in collina e 0,7 in montagna. Molto più ampie le oscillazioni tra una provincia e l altra, con valori superiori alla media regionale nelle quattro province occidentali: 0,7 capi per ettaro a Piacenza, 0,8 a Modena, 1,2 a Parma e 1,5 a Reggio Emilia. In tutte le altre province il carico di bestiame per unità di superficie è compreso tra 0,2 e 0,1 capi. Nelle due province più importanti per questo tipo di allevamento, Reggio Emilia e Parma, vi sono comunque parecchi comuni in cui il rapporto bovini/ettari di SAU si avvicina o supera i due capi. Per l insieme della regione, il numero medio di capi suini per ettaro di SAU è pari a 1,4: un valore che, in base alle ultime indagini strutturali, colloca l Emilia-Romagna ad un livello che è più del doppio della media nazionale, ma meno della metà di quello della Lombardia. La specializzazione territoriale di questo allevamento risulta ancor più spiccata di quella appena vista per i bovini, in quanto tra i diversi ambiti territoriali si riscontrano differenze particolarmente marcate. In pianura il rapporto tra numero di capi e ettari di SAU (1,6) è più del doppio di quello della montagna (0,7), mentre la collina si colloca ad un livello intermedio (1,3 capi ad ettaro). Tra le nove province emergono nettamente Reggio Emilia e Modena, rispettivamente con una media di 3,8 e 3,6 capi per ettaro; in una decina di comuni si supera addirittura il valore di 8 capi. In altre tre province (Piacenza, Parma e Forlì-Cesena) il dato oscilla tra 1,0 e 1,6 mentre tutte le altre restano ampiamente al di sotto della media regionale. Per gli avicoli che, come si è visto, sono fortemente concentrati in pochissimi allevamenti di enormi dimensioni ed hanno quindi una distribuzione puntiforme il dato medio può appiattire la reale situazione del territorio. Tuttavia, anche in questo caso le differenze risultano nette: a fronte della media regionale di 26 capi per ettaro, i valori provinciali sono compresi in un intervallo amplissimo, che va da meno di 3 capi per ettaro di SAU a Piacenza fino a più di 185 a Forlì-Cesena. Densità superiori alla media regionale si registrano anche per Rimini (38 capi/ettaro) e Ravenna (29).
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