Il Grand Tour da Montaigne a Heine
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- Emanuele Carli
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1 Il Grand Tour da Montaigne a Heine Grand Tour è locuzione francese codificatasi in ambito linguistico inglese; venne usata per la prima volta nel 1636 per il viaggio in Francia di Lord Granborne. La si trova quindi sotto la penna di Richard Lassels nel Voyage of Italy: or a Compleat Journey Through Italy (1670), e da allora sino alla fine del Settecento designò il viaggio di formazione intrapreso dal fior fiore dell aristocrazia e dell intellighenzia europea segnatamente inglese, francese e tedesca attraverso la Francia e, soprattutto, l Italia. Il Grand Tour ha una sua precisa periodizzazione, una sua non meno precisa topografia e altrettanto codificate scansioni temporali. L Italia era stata a lungo, su tutto l arco del Medioevo, meta di ferventi pellegrinaggi. Cristiani di tutta Europa (i «romei») confluivano a per visitare i luoghi sacri. Schiere di scolari varcavano le Alpi per studiare negli atenei di, di o Pavia. Una prima cesura è segnata, nell inverno , dal viaggio di Martin Lutero, col quale cambia improvvisamente segno, rivelandosi non già culla della cristianità ma centro dell apostasia. Con le sue Novantacinque tesi rese pubbliche a Wittenberg il 31 ottobre 1517 affisse sulla porta della chiesa del castello (Schloßkirche), secondo la tradizione il monaco tedesco innescò una svolta epocale nella storia dell Europa moderna che ebbe conseguenze decisive anche per la storia del viaggio in Italia. Ben presto, non saranno più motivazioni eminentemente religiose o accademiche a spingere gli europei a percorrere la penisola. Di lì a qualche anno, nel 1559, il trattato di Cateau- Cambrésis concluso tra la Francia e la Spagna segnerà per quasi due secoli e mezzo la fine di una lunga e tormentata èra di spedizioni militari: i conflitti fra le grandi potenze europee si dislocano a nord delle Alpi e l Italia può diventare lo spazio privilegiato di viaggi di formazione, pur subendo ancora, sporadicamente, disastrosi saccheggi (come quello perpetrato dalle truppe imperiali ai danni di Mantova, nel 1630, durante la guerra del Monferrato). Nello stesso torno d anni, con lo sviluppo delle più importanti università europee in particolare nei paesi di religione riformata l Italia perde il monopolio del sapere universitario. I santuari della cattolicità restano tappe ineludibili del viaggio, ma vengono guardati con un altro occhio, critico se non scientifico (proto-etnologico); e accanto alle basiliche di Sant Antonio a e di San Pietro a, o accanto alla Santa Casa di Loreto, si stagliano con sempre maggior nitidezza altre mirabilia: l arena di Verona, le rovine di antica, ma anche la Villa d Este di Tivoli, gli edifici palladiani di Vicenza e di, i grandi palazzi fiorentini e romani, le collezioni d arte e le biblioteche che sin dal Cinquecento aprivano le loro porte a personalità di rango. Per un élite aristocratica di colti, se non per umili masse di pellegrini cattolici, il viaggio in Italia diventa laico ed erudito. Con alcune variazioni di percorso a seconda della provenienza dei viaggiatori, dalla Germania o dalla Francia, si codifica una nuova mappa che contempla alcune tappe obbligate. L Italia del Grand Tour si configura come una piramide rovesciata che culmina a, e la cui spina dorsale è costituita dalla direttrice --. Arrivando da ovest, i francesi e gli inglesi generalmente raggiungono passando da Genova, Livorno e Pisa, oppure da e, e si fermano a alla fine del periplo. I tedeschi invece, entrando in Italia più a est (dal Brennero), iniziano l itinerario con la visita di Verona, e (e spesso anche di Mantova). La via del ritorno conduce da nuovamente a, dove pertanto la stragrande maggioranza dei viaggiatori soggiorna due volte. Da si può risalire verso, oppure (con tappe a Terni, Spoleto e Foligno) biforcare verso Loreto e risalire lo stivale lungo la costa adriatica, fermandosi ad Ancona, Urbino, Rimini, San Marino,. Mancano si sarà notato località a sud di : fino alla seconda metà del Settecento l Italia finisce con l antica Partenope, e «tutto il resto è Africa», come dirà ancora nel 1806 Augustin-François Creuzé de Lesser nel suo Voyage en Italie et en Sicile en 1801 et Centro e fulcro è, «unica città comune e universale» (Montaigne), «capitale del mondo» (Goethe), ma anche città d oltretomba (Chateaubriand), e quindi scenario privilegiato di rêveries sia classiche che romantiche. Per quanto riguarda il calendario dei viaggi, si arriva in Italia a settembre, a ad ottobre, a a novembre; il primo soggiorno romano si protrae, con escursioni ai colli e nell Agro romano, fino a Pasqua; si prosegue poi per, dove ci si sofferma fino a giugno (per ascendere il Vesuvio e visitare, a partire da metà Settecento, Pompei ed Ercolano); dopo il secondo soggiorno romano, si risale la penisola durante
2 Il Grand Tour da Montaigne a Heine 717 [Monaco di Baviera] Innsbruck Bressanone Bolzano Trento Verona Vicenza Torino Pavia Piacenza Lucca Pisa Urbino Siena Foligno Ancona Loreto Spoleto Narni Ostia Tivoli Figura 1. Michel Eyquem de Montaigne (22 giugno novembre 1581). l autunno e si arriva a nel febbraio successivo, prima di tornare a nord. Sono ovviamente possibili tabelle di marcia più serrate, in modo da ridurre il viaggio all arco (minimo) di un anno. Se il terminus post quem coincide col trattato di Cateau- Cambrésis, il terminus ad quem è costituito dalla campagna d Italia avviata da Napoleone nel , che segna come ben intuirono Stendhal nella Chartreuse de Parme e Ippolito Nievo nelle Confessioni d un italiano la fine dell ancien régime nell Italia centro-settentrionale: il Grand Tour finisce con il tramonto improvviso della forma di vita aristocratica che ne aveva legittimato l eccentrico ma pianificato svagamento, nonché con la dispersione di ciò che Goethe chiamò il «corpo artistico» (Kunstkörper) dell Italia. Allo scadere della rapinosa epopea napoleonica, vennero alla luce alcune tra le maggiori testimonianze di quell irripetibile stagione, prima fra tutte la Italienische Reise di Goethe ( ), come a fissare nella memoria europea un patrimonio perduto per sempre. Perché partire? Molti si mettono in viaggio per completare la propria formazione. Ma c è chi parte per scappare. Il signore di Montaigne, Michel Eyquem, autore degli Essais, lasciò il suo castello presso Bordeaux il 22 giugno 1580, seguendo un tortuoso itinerario che lo condusse a traversare la Francia settentrionale e la Germania meridionale prima di sconfinare in Italia (fig. 1). La Francia era dilaniata dalle guerre di religione, e al desiderio di conoscere altri paesi si mischiava, come annota il segretario redattore della prima parte del diario, «un po di passione del disprezzo del proprio paese, che aveva in odio e in uggia per altre considerazioni». Anche Goethe scappa oltralpe, abbandonando segretamente, il 3 settembre 1786, i bagni termali di Karlsbad, in Boemia: non per fuggire da guerre civili, ma cercando un esito all impasse nel-
3 718 L età di [Ginevra] Vicenza Verona Genova Nizza Lucca Pisa Livorno Siena Figura 2. John Milton (maggio agosto 1639). la quale sentiva di essersi ingolfato con l aver intrapreso, al servizio del duca di Sachsen-Weimar, una febbrile attività amministrativa che intralciava lo sviluppo della sua opera letteraria. In questi due casi, altamente significativi, il viaggio in Italia scaturisce da una forte sensazione di disagio, che si esprime letteralmente e metaforicamente in patologie mediche: Montaigne è tormentato dal mal della pietra e si fermerà in svariati luoghi di cura, primi fra tutti i Bagni di Lucca, inventariandone meticolosamente le proprietà terapeutiche. Goethe confessa di aver sofferto per anni di una strana malattia che gli impediva, pena orrendi dolori, di «guardare un qualsivoglia autore latino, di considerare qualsiasi cosa rinnovasse in [lui] l immagine dell Italia». Già gli inglesi di età elisabettiana consideravano il viaggio in Italia come una medicina per guarire la malinconia: un viaggio, dunque, taumaturgico e terapeutico. Come viaggiare? Il poeta inglese John Milton, che intraprende il Grand Tour fra il maggio del 1638 e l agosto dell anno successivo (fig. 2), sottolinea con fierezza la peculiarità della sua iniziativa, esibendo la propria qualità e la propria fede: Milton infatti non era un nobile (costituisce quindi l esempio, assai raro in quei tempi, di un viaggiatore borghese), né era cattolico bensí protestante (come Goethe, del resto). La baldanza con la quale manifestò le proprie convinzioni, anche in ambienti ecclesiastici, non mancò di impensierire i suoi amici italiani, tra i quali, a, Jacopo Gaddi, Carlo Dati e Antonio Francini, e a Giovan Battista Manso, già amico e poi biografo di Torquato Tasso. A, o meglio ad Arcetri, nella tarda estate del 1638, Milton rende visita a Galileo, da anni agli arresti domiciliari, come ricorderà nel suo Paradise Lost (I, ) e soprattutto nell Areopagitica: «È là che trovai e visitai il celebre Galileo, invecchiato, prigionie-
4 Il Grand Tour da Montaigne a Heine 719 Innsbruck [Monaco di Baviera] Graz [Vienna] Torino Novara Alessandria Savona Vado Spotorno Noli Finale Lago Maggiore Genova Portofino Portovenere Parma Livorno Rovereto Verona Modena Lucca Pisa Vicenza Mantova Siena Trento Cesena San Marino Foligno Rimini Macerata Tolentino Spoleto Fano Senigallia Ancona Loreto Figura 3. Charles-Louis de Montesquieu (agosto luglio 1729). Dall Italia si dirige verso l Inghilterra, dove soggiorna tutto il ro dell Inquisizione, perché in astronomia pensava diversamente dai suoi censori francescani e domenicani». Ricordo che suona come un monito ai compatrioti, affinché salvaguardino la libertà: di fatto, il viaggio in Italia consente a Milton di definirsi come inglese e come esponente di una «nazione filosofica». Montaigne, che viaggia a cavallo accompagnato da una dozzina di persone (il fratello, il cognato, due amici e vari domestici), cerca invece di conservare l incognito in modo da non «rendersi rimarchevole per qualche atteggiamento nemico del gusto di coloro che lo vedevano». Vuole insomma passare inosservato, ma per meglio osservare e agevolare il contatto con la gente: con artigiani, gentiluomini, eruditi italiani, polacchi, francesi, con medici e poeti (si sa che rese visita a Torquato Tasso prigioniero a, ma non se ne trova menzione nel Journal de voyage, bensì nell Apologie de Raymond Sébond). Soprattutto, Montaigne vuole «provare del tutto la diversità dei costumi e dei modi», adattandosi di volta in volta alla cucina del luogo e agli usi domestici. Così anche Goethe, che viaggia sotto il falso nome di Filippo Miller, spacciandosi per pittore e vivendo come un italiano. Durante la visita del santuario di Santa Rosalia sul monte Pellegrino, presso Palermo, un monaco lo prenderà per un genovese. L amico Johann Gottfried Herder si stizzirà di questo mimetismo, temendo che nascondesse un vero e proprio mutamento identitario. E infatti nel corso dei due anni vissuti in Italia Goethe rinacque italiano, malgrado avesse inizialmente sentenziato che gli abitanti della penisola «stanno troppo discosti da noi»: «uomini di natura che sotto lo splendore e la dignità della religione e delle arti non sono affatto diversi da come sarebbero nelle caverne e nelle foreste». Giunto a, forse alludendo agli ozi trascorsi a Capua da An-
5 720 L età di [Lione] Torino Siena Gaeta Figura 4. François-René de Chateaubriand (maggio gennaio 1804). nibale, confessa di essersi dimenticato di se stesso, e di riconoscersi a malapena: gli sembra «di essere un uomo completamente diverso». Nel giro di qualche mese, Goethe s è completamente assimilato. A non frequenta soltanto gli esponenti della colonia tedesca, ma anche scrittori e intellettuali italiani, come Vincenzo Monti. Il 4 gennaio 1787 viene ammesso nell Accademia degli Arcadi col nome di Megalio Melpomenio. A incontra il giurista Gaetano Filangieri, il quale gli consiglia di leggere gli scritti di Giambattista Vico. Come e cosa guardare? Ne L Italie en 1818, Stendhal propone di distinguere coloro che s interessano ai costumi (mœurs), ovvero ai «pregiudizi» e alle «diverse maniere di cercare la felicità di un popolo», da coloro che vedono soltanto i muri (murs). Acutamente il romanziere francese individua così i due tipi fondamentali di viaggiatori in Italia, due tipi che sembrano coesistere piuttosto che avvicendarsi nel corso dei secoli: da un lato gli esponenti del viaggio scientifico, i quali palesano un attenzione antropologica per la popolazione (atteggiamento che si accentua durante l illuminismo); dall altro gli esponenti del viaggio di formazione culturale ed estetica, per i quali la penisola è prevalentemente un museo a cielo aperto. Stendhal non assegna all osservazione del paesaggio una valenza differenziale, e i testi gli danno ragione, benché la sensibilità per la natura si fosse acuita, estetizzandosi, nel corso del Settecento. Fra i primi Stendhal colloca soltanto Charles de Brosses, ma avrebbe potuto aggiungere alla lista per lo meno Montaigne e Montesquieu. In effetti, pur ammirando la facciata della Certosa di Pavia, i parchi di Pratolino e della villa di Castello, o i paesaggi dell Umbria, Montaigne osserva con insaziabile curiosità costumi e istituzioni politiche, considerando l Italia alla stregua di un libro di storia e di un laboratorio po-
6 Il Grand Tour da Montaigne a Heine 721 litico. Fedele al compianto amico Étienne de La Boétie, per il quale i veneziani incarnavano «l ideale delle libertà politiche», Montaigne vuole vedere a tutti i costi. E, al ritorno, conferma l ipotesi dell amico: «aveva ragione». Similmente Montesquieu concepisce il suo iter come un viaggio di studio sul campo: giunge a da Graz, nell Impero asburgico, il 14 settembre del 1728, e da lì deviando verso occidente attraversa l Italia settentrionale fino a Torino, quindi si ricongiunge con la via maestra dei viaggiatori francesi transitando da Genova (da dove fa una puntata in feluca a Savona, Vado, Spotorno, Noli e Finale), per proseguire alla volta di Livorno e (fig. 3). Come ebbe a dire d Alembert nell Éloge de M. le Président de Montesquieu pubblicato nell Encyclopédie, l autore dell Esprit des Lois intraprese i suoi viaggi con l intenzione di nutrire le proprie opere di storico e teorico delle istituzioni: «Il suo obiettivo era di esaminare dappertutto il fisico e il morale, di studiare le Leggi e la costituzione di ogni paese, di visitare i Sapienti, gli Scrittori, gli Artisti celebri». E infatti gli appunti italiani di Montesquieu pullulano di meticolose e penetranti notazioni di sociologia, di topografia e di geografia, di geologia, di climatologia e di idrometria, di diritto costituzionale e di storia politica. A osserva che gli stranieri non sono ammessi nei «cazins» nei quali i veneziani incontrano le loro dame; sempre a discetta sui modesti emolumenti riservati al doge e sulla limitatezza dei suoi poteri. A Torino si stupisce, viceversa, dell ampiezza delle prerogative che il sovrano s è arrogate a danno della nobiltà, nonché dei suoi interventi sul mercato agricolo, a profitto dei propri interessi economici e imprenditoriali. A Genova constata che «tutti i nobili sono dei veri mercadans» gelosi delle loro immense ricchezze, tant è vero che negli sfarzosi palazzi sovente alloggia «una sola serva che fila». Come a Montaigne e a Milton, preme a Montesquieu incontrare studiosi e filosofi: Antonio Conti a, Bernardo Lama a Torino, Ludovico Antonio Muratori a Modena, Scipione Maffei a Verona. Gli preme anche ricorda ancora d Alembert studiare i capolavori della pittura italiana, allo stesso modo in cui studiava la natura. Ammira sì la «grande maniera» del Giudizio universale di Michelangelo e la «fusione dei colori» nel Correggio, ma il pittore che più gli è congeniale è Giulio no: negli affreschi del Palazzo Te a Mantova, «tutto è così ben ordinato che non c è nulla di confuso. L occhio vede tutto e tutto d un colpo». Esattamente come nei libri di Montesquieu. Del secondo tipo di viaggiatori Stendhal si limita a tracciare l identikit, senza far nomi. Avrebbe potuto citare i grandi viaggiatori inglesi fra Sei e Settecento: John Evelyn, Richard Lassels o Joseph Addison. Non c è dubbio tuttavia che intendesse celiare Chateaubriand, il cui Itinéraire de Paris à Jérusalem (1811) abbondava in descrizioni di rovine greche. Stendhal aveva certo presenti anche le lettere scritte a Louis de Fontanes e a Joseph Joubert da e durante la missione diplomatica del (fig. 4), uscite sul «Mercure de France» nel 1806 e destinate a essere raccolte in volume soltanto nel 1827, nell ambito dell edizione delle Œuvres complètes: testi nei quali Chateaubriand, indulgendo a una bozzettistica neoclassica di maniera, compone preziosi idilli e landscapes che sembrano (per prendere a prestito un celebre motto di Cézanne) «rifare Poussin sulla natura». L altro bersaglio era probabilmente Goethe, di cui Stendhal conosceva il Viaggio in Italia, ma di seconda mano: giudizio che appare peraltro, alla luce di quanto sinora esposto, alquanto parziale. Coglie tuttavia l altra dimensione della Italienische Reise, quella per cui il libro goethiano divenne il breviario della Italiensehnsucht tedesca. Infatti, se Goethe dedica alle mœurs degli italiani (e segnatamente dei romani) celebri pagine, è attraverso la rabdomantica lettura dei muri, ma anche delle pietre e della flora, che rieduca progressivamente il proprio sguardo per affondarlo nell essere, seguendo un itinerario che dal fisico conduce al metafisico: dal singolo fenomeno alla legge, dal presente contingente all origine. Genio tutto occhi, e memore dell insegnamento di Winckelmann, Goethe concepisce il viaggio in Italia come un «alta scuola» della vista: in Italia tutto è da vedere perché vi si vede il tutto, in una sorta di panopticum che minaccia di stordire il malcapitato viaggiatore. Di fronte al sovraccarico di stimoli esterni, bisogna disimparare tutto per poi riapprendere tutto, operando una vera e propria conversione epistemologica. Solo a questo patto si può sostenere la luce che irradia dalle tele di Tiziano, e la visione gigantesca di Michelangelo. Grazie alle nuove potenzialità acquisite dalla vista, il poeta può puntare uno sguardo ai raggi X sulla Città Eterna, per «sviscerare l antica dalla nuova»: «voglio vedere la immutabile, non la che trapassa con ogni secolo». Ad aiutarlo saranno le letture dei classici latini e greci, rinnovate sul posto. Goethe sembra, in questo, reiterare un luogo comune della letteratura di viaggio in Italia, attestato da Richard Lassels e Joseph Addison. Ma contrariamente ai suoi predecessori, il poeta tedesco non rilegge Tacito in loco per capirlo, bensì per ri-conoscerlo, come attraverso un anamnesi platonica: «inizia una nuova vita quando si vede con gli occhi il tutto che in parte si conosce nel più profondo intimo». Il contenuto di verità, anzi l intero patrimonio di senso della tradizione classica, risulta così restaurato e presentificato. Grazie a questa operazione gnoseologica, Goethe guarisce dalla «malattia» di cui soffriva in Germania e riesce al contempo a sanare nella ricostruzione retrospettiva della scrittura la frattura della civiltà europea diagnosticata da Friedrich Schiller nel saggio Über naive und sentimentalische Dichtung (Sulla poesia ingenua e sentimentale, 1795). Un operazione che culmina in Sicilia, dove Goethe scopre la natura intatta dei poemi omerici, ovvero la Natura. Esaminando campioni mineralogici presso il monte Pellegrino, e trascurando i ragguagli storici della guida che lo accompagna, il poeta tedesco riesce a «farsi un idea delle vette eternamente classiche dell antichità della terra». «Non esiste miglior commento all Odissea»: in presenza degli arcaici paesaggi siciliani, e anzi avendone presente per sempre nell ani-
7 [Monaco di Baviera] Innsbruck [Coira] Brennero Vipiteno Spluga Bolzano Como Torbole Malcesine Verona Trento Rovereto Vicenza Parma Modena Cento Foligno Perugia Assisi Spoleto Terni Civita Castellana Velletri Gaeta Capua Salerno Paestum Messina Segesta Palermo Alcamo Taormina Castelvetrano Catania Sciacca Caltanissetta Agrigento Figura 5. Johann Wolfgang Goethe (3 settembre giugno 1788).
8 [Zurigo] Graz [Vienna] Trieste Piacenza Parma Modena Siena Forlì Rimini Fano Sinigallia Ancona Loreto Macerata Foligno Spoleto Terni Messina Palermo Catania Agrigento Licata Gela Ragusa Siracusa Figura 6. Johann Gottfried Seume (6 dicembre agosto 1802).
9 724 L età di [Vienna] Bolzano Trento Torino Pavia Genova Brescia Verona Mantova Parma Modena Vicenza Cento Livorno Pisa Loreto Bastia CORSICA Figura 7. Gotthold Ephraim Lessing (aprile-dicembre 1775). ma ogni singolo rilievo, la parola di Omero gli diventa «una parola viva». Non sfuggirà il singolare paradosso della posizione di Goethe nell ambito della letteratura di viaggio in Italia: è tra i primi, dopo Johann Hermann von Riedesel (1766) e Patrick Brydone (1770), ad avventurarsi oltre Paestum e lo stretto di Messina, ma la sua Sicilia è quella di Ulisse (fig. 5). Novello Ulisse, in un giardino nei pressi della rada di Palermo si sente trasportato sull isola dei Feaci. Per assistere alla scoperta della Sicilia e dell Italia reale bisogna aprire lo Spaziergang nach Syrakus im Jahre 1802 (1803) dell illuminista plebeo Johann Gottfried Seume, primo viaggio risolutamente rivolto all osservazione, spesso disincantata, della società civile e del territorio, e in questo senso come ebbe a dire una studiosa vero e proprio «controviaggio» in Italia (fig. 6). Come rendere testimonianza del Grand Tour? Scrivendo testi sperimentali, che segnano spesso una svolta nell opera di ciascun autore, perché elaborano un nuovo modo, intentato, di fare letteratura di viaggio (non a caso resteranno a lungo inediti i diari di viaggio di Montaigne e di Montesquieu). Montaigne scrive il suo Journal allo stesso modo in cui viaggia: moltiplicando le digressioni, tornando sui propri passi e completando o correggendo, a distanza di pagine, notazioni incomplete o rivelatesi errate. Ma forse era il viaggio stesso a ricalcare il ritmo della scrittura saggistica già sperimentata nella prima edizione degli Essais (1580): il segretario di Montaigne, che redige la prima parte del diario, racconta che «quando ci si lamentava con lui che guidasse la truppa per vie e contrade diverse, ritornando spesso in prossimità del luogo da cui era partito (ciò che faceva ora avendo notizia di qualche cosa degna d esser vista, ora cambiando parere a seconda delle occasioni), rispondeva che, in quanto a lui, non andava in altro luogo se non in quello in cui si trovava, e che non poteva fallire né torcere il cammino, non avendo altro progetto se non quello di andare a zonzo attraverso luoghi sconosciuti». Si-
10 Il Grand Tour da Montaigne a Heine 725 [Monaco di Baviera] Innsbruck Bergamo Pavia Marengo Genova Bolzano Trento Brescia Verona Livorno Pietrasanta Lucca Figura 8. Heinrich Heine (luglio-dicembre 1828). milmente, nel diario di Montesquieu frequenti sono i ripensamenti e le aggiunte inserite fuori contesto: nel capitolo su Pisa, lo scrittore certo giocando sull iperetimologia riferisce di aver assistito in quel di Savona alla fabbricazione del sapone (savon); un appunto stravagante su Genova è intercalato nel capitolo su. Ma l adeguazione della scrittura all esperienza del viaggio investe la lingua stessa. Goethe osserva che di fronte alla straripante ricchezza delle impressioni bisognerebbe scrivere «con mille stili» (ossia con mille penne). Ad altri non basta una sola lingua. Montaigne, che dal soggiorno romano in poi si fa carico in prima persona della stesura del diario, adotta improvvisamente l italiano durante il primo soggiorno ai Bagni di Villa presso Lucca, nel maggio del 1581; tornerà al francese solo nel novembre dello stesso anno, varcando il Moncenisio. Lo stesso metodo che orienta il viaggio il saggiare e il saggiarsi regge l uso della lingua straniera: «Assaggiamo di parlar un poco questa altra lingua massime essendo in queste contrade dove mi pare sentire il più perfetto favellare della Toscana». Anche Montesquieu, in misura minore e saltuaria, oscilla tra il francese e l italiano, ad esempio nelle pagine dedicate alla gestione della spesa pubblica a Lucca, citando le sue fonti direttamente in italiano, senza tradurle, e usando poi l italiano al posto del francese: «Habbiamo visto due gallerie di quadri. La [sic] del signor Alessandro Bonvisi, nobile famiglia di questa città». Un altro esempio viene dal diario di viaggio di Gotthold Ephraim Lessing da Vienna a (aprile-dicembre 1775; fig. 7), nel quale costante è l andirivieni fra il tedesco e un italiano impiegato per lo più per l innesto di citazioni e di frammenti di parlato. La fine del Settecento registra dunque il momento di massima simbiosi tra l intellighenzia europea d Antico Regime e l Italia intesa e presa nella sua complessa realtà politica, sociale, economica, culturale, linguistica. Nell Ottocento dopo Napoleone e dopo il Congresso di Vienna l Italia non sarà più il locus amoenus nel cui alveo un ceto vario ma ristretto di nobili e di ricchi borghesi percorreva le tappe di un itinerario iniziatico, obbedendo a una spinta interiore: al richiamo dell arte, dell archeologia, della musica, della natura. Il viaggio moderno, organizzato o meno, si qualifica ormai come viaggio d evasione, di vacanza, orientato verso mete circoscritte e avulse da un più ampio contesto culturale. Nell estate del 1828 Heinrich Heine si fermerà come Montaigne ai Bagni di Lucca, dopo avere attraversato la pianura padana in una diligenza «accuratamente chiusa da ogni parte» per riparare i viaggiatori dal polverone delle strade lombarde, negando così al poeta la vista del paesaggio italiano evocato dall incantatorio Lied di Mignon nel Wilhelm Meister di Goethe: «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?» Il Giro di Heine toccherà quindi,,, e, ma di queste tappe il diario nulla dice (fig. 8). Finisce così, sardonicamente, la tradizione del Grand Tour, prima di essere volgarizzata e commercializzata, ormai nel Novecento, dai tour operator di mezzo pianeta. edoardo costadura
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