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1 GLI SCRITTI GIOVANILI La religione popolare. Il giovane Hegel, nei primi scritti, ínfluenzato dalla lettura di Kant. dagli studi di teologia e dagli echi della rivoluzione francese concentra il suo interesse sul problema religioso. Egli considera la religione come espressione della maturità morale e civile del popolo che la professa. In questa chiave l'antica religione greca appare come autentica religione popolare perché esalta le aspirazioni alla libertà politica, le virtù civili, i doveri morali. Al contrario la religione cristiana, nata in un'epoca di decadenza, educa all'obbedienza, alla passività, e viene considerata come appoggio spirituale all'affermarsi del dispotismo in campo politico. Il cristianesimo e l amore. Successivamente la prospettiva di Hegel si modifica. Il cristianesimo viene visto come religione dell'amore che ha cercato di conciliare gli elementi drammatici della religione ebraica che considera Dio come signore e il popolo ebraico come servo (tra Dio e il popolo c è scissione, separazione). La figura di Gesù viene esaltata come artefice, attraverso l amore, della riconciliazione tra Dio e gli uomini e degli uomini tra di loro. Il concetto di destino. La religione cristiana, anche se fondata sull'amore e quindi rivalutata, è comunque un dato, un fatto, un finito e come ogni finito è destinata ad essere superata da una totalità più vasta, in questo caso dallo sviluppo della storia. Il concetto di destino (che contiene in germe l'idea di contraddizione e di dialettica che Hegel svilupperà in seguito) stabilisce un rapporto di contrapposizione tra ogni «qualcosa» considerata nella sua individualità e questo «qualcosa» inserito in un insieme, in una totalità: avere un destino significa essere compreso in un disegno più ampio. Il destino del cristianesimo è di essere superato. NASCITA DEL SISTEMA Finito e infinito coincidono. Hegel ritiene che solo l'intero, la totalità costituisce la verità. Ogni finito pertanto si identifica con l'infinito che dà senso e significato a ogni particolare e l'infinito si presenta come finito perché in esso è la sua realizzazione e la sua essenza. La realtà è una struttura globale (unione di finito e infinito) che non ha nulla fuori di sé e che coincide dunque con il tutto cioè con l assoluto. Compito della ragione è quello di giungere ad una conoscenza non frammentaria della realtà, ad una comprensione di essa nella sua interezza (usa spesso Hegel la metafora del circolo che indica un desiderio di comprensione del reale completo, che non lascia sfuggire niente). Solo la ragione è in grado di sviluppare questa comprensione completa del reale. L'intelletto che separa ed isola i vari aspetti della vita rimane ancorato al finito e non può elevarsi all'assoluto. LE CRITICHE ALLE FILOSOFIE PRECEDENTI Hegel critica le filosofie precedenti relativamente alla concezione del rapporto tra finito e infinito nel modo seguente: 1

2 1. L illuminismo esaltando l'intelletto che divide e separa gli aspetti del reale ha introdotto tra l uomo e la totalità limiti e separazioni che non possono mai essere colmati. 2. Kant ha scisso l'uomo tra essere e dover essere, tra realtà fenomenica e realtà noumenica, impedendo al soggetto di superare il finito e di cogliere la realtà ultima. 3. I romantici hanno certamente avvertito l'esigenza di concepire la realtà come assoluta, totale. Questa totalità è però raggiungibile solo attraverso atteggiamenti (arte, fede o sentimento) non razionali e quindi non filosofici. 4. Fichte ha considerato l'uomo tutto teso verso l infinito che comunque non riesce mai a cogliere nella sua interezza. Hegel parla a questo proposito di «cattivo infinito» in quanto non essendo mai raggiungibile riproduce la scissione tra essere e dover essere. 5. Schelling ha teorizzato l'assoluto ma esso si presenta come principio confuso e indistinto, unione indifferenziata tra natura. e spirito, «notte in cui tutte le vacche sono nere». Tale assoluto è inoltre conoscibile solo con strumenti non filosofici: l'arte. La dialettica. La realtà (unione di finito e infinito) non è statica, ma movimento, processo, sviluppo. Hegel scopre che tale movimento non è caotico e disordinato, ma ha delle regole immanenti per cui ogni dato è destinato, nel suo svilupparsi, a produrre il proprio superamento o negazione per essere poi compreso in una sintesi finale. Tale sintesi finale, in realtà, si rivela essere il dato iniziale arricchito dalla negazione. Questo movimento o dialettica è chiave di interpretazione di tutta la realtà, sia naturale che storica, ma cosa importantissima, anche del pensiero. La conoscenza della totalità è possibile quindi solo attraverso la dialettica che è legge di sviluppo della realtà e insieme il metodo della conoscenza. Diversamente dalla dialettica di Platone e di Aristotele, quella hegeliana non è conoscenza di forme concettuali statiche, ma movimento scandito da tre momenti: tesi, antitesi e sintesi. La tesi è il momento intellettuale astratto o, meglio, il punto di vista dell'intelletto che distingue e separa e corrisponde al semplice porsi delle «cose». L antitesi (costituisce l`elemento fondamentale della dialettica) è il momento negativo razionale. Nell'antitesi ogni determinazione finita prodotta dall'intelletto viene superata e si presentano tutte le contraddizioni che non comparivano nella tesi: il semplice porsi delle cose produce la sua negazione. Per negazione si intende non solo l'annullamento della tesi ma lo sviluppo di un opposto che in quanto tale fa nascere una contrapposizione, un movimento che porta alla sintesi. La sintesi rappresenta il momento positivo razionale che non si ferma di fronte ai due finiti (tesi e antitesi) ma li unisce in unità superiore, negando la negazione stessa. La sintesi, poi, diventa tesi di una nuova antitesi. Tutta la filosofia hegeliana è articolata secondo questa scansione dialettica: 1. Tesi l idea in sé - che viene studiata nella logica. 2. Antitesi - l'idea fuori di sé - che viene studiata nella filosofia della natura. 3. Sintesi - l'idea che ritorna a sé - che viene studiata nella filosofia dello spirito. Lo Spirito è l idea che, dopo essersi negata e alienata nella natura, finalmente si ritrova e si riconosce. Identità di reale e razionale. Lo sviluppo della realtà è dialettico (non c è disordine o caos, ma movimento di tesi, antitesi e sintesi) così come dialettico è lo sviluppo del pensiero: reale e razionale si identificano. La ragione è in grado di comprendere, senza rimandare ad altre manifestazioni di pensiero (sentimento, arte, religione), lo sviluppo del reale. Questo, a sua volta, non deriva da un «dover essere ideale» né tende verso mete che lo integrano o lo completano ma è tutto ciò che deve essere, ed è appunto razionalità completa. La filosofia che è attività razionale per eccellenza, pertanto, non deve cambiare o trasformare il mondo ma comprenderlo. Essa è infatti simile alla nottola di Minerva (uccello notturno caro alla dea) che si alza in volo quando ormai il giorno è finito e tutto è ormai compiuto, per conoscere ed esprimere in concetti ciò che si è già realizzato. 2

3 LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO La prima grande opera della filosofia hegeliana è la Fenomenologia dello spirito del In essa Hegel ripercorre le tappe, chiamate anche «figure» attraverso cui la coscienza individuale giunge alla comprensione razionale dell assoluto. Per raggiungere questa meta la coscienza umana intraprende un lungo viaggio, insieme logico e cronologico, che partendo dalle forme più elementari del nostro conoscere raggiunge la completezza della ragione. Questo processo è strutturato secondo la seguente scansione dialettica: Coscienza (tesi), Autocoscienza (antitesi), Ragione (sintesi). Dialettica servo padrone. La figura più importante analizzata dalla Fenomenologia si trova nella sezione dedicata all'autocoscienza ed è il rapporto padrone servo che caratterizza la società del mondo antico. Hegel evidenzia la contrapposizione tra due autocoscienze: quella del servo e quella del padrone. Sia l'uno che l altro sono diventati tali attraverso uno scontro che vede il padrone essere tale perché dopo aver rischiato la propria vita nella lotta per l affermazione di se stesso, è riuscito a imporsi. Il servo, per paura, si sottomette e diventa schiavo del padrone. Se il servo si riconosce come assolutamente dipendente dal padrone, il padrone stesso non può non riconoscersi se non in relazione al servo dal cui lavoro dipende la sua esistenza. Attraverso il lavoro pertanto il servo acquista consapevolezza della propria identità e del proprio valore, emancipandosi, mentre il padrone dipendendo dal lavoro del servo, perde sempre più la sua autonomia. La contrapposizione così si ribalta: il servo diventa padrone del suo padrone e il padrone servo del suo servo. Grande è l'influenza esercitata da questa figura dialettica sulla riflessione di Marx sia a proposito del lavoro che della lotta di classe. La coscienza infelice. Altra figura importante dell`autocoscienza è la coscienza infelice che secondo Hegel è tipica dell'anima cristiana medievale. Questa vive una esperienza spirituale lacerante e dolorosa in quanto avverte se stessa mutevole e finita rispetto a Dio immutabile e perfetto e tende, attraverso l`ascesi, a identificarsi con Dio. Proprio questa tensione porta l'autocoscienza alla consapevolezza di avere in se stessa ciò che prima cercava in Dio, e quindi essa si innalza su un piano più alto, quello della ragione e abbandonando la ricerca mistica e religiosa si realizza come conoscenza scientifica. La trattazione successiva della Fenomenologia affronta i terni che saranno poi ripresi da Hegel nella parte del suo sistema filosofico dedicata alla filosofia dello spirito. Questi temi vengono presentati secondo la seguente scansione dialettica: Spirito (tesi), Religione (antitesi), Sapere assoluto (sintesi). LA LOGICA La logica è «la scienza dell'idea pura, cioè dell idea nell elemento astratto del pensiero» essa è lo studio dei concetti originari che costituiscono la struttura della realtà. La logica propone la deduzione dialettica delle categorie. Queste non sono, come per Kant concetti a priori del1'intelletto, ma hanno un carattere di realtà cioè sono contemporaneamente forme del pensiero e dell essere. La logica è quindi anche un'ontologia. Hegel divide la logica in tre parti che corrispondono ai tre momenti dello sviluppo dell'idea: 3

4 1. Tesi: logica dell essere (prende in esame i concetti più astratti, ad esempio il concetto di puro essere). 2. Antitesi: logica dell'essenza (prende in esame concetti più concreti: l essenza si manifesta nel1 esistenza). ` 3. Sintesi: logica del concetto (prende in esame la realtà come sviluppo vivente di se stesso: «il concetto è il principio di ogni vita ed è quindi l'assolutamente concreto»). LA FILOSOFIA DELLA NATURA La filosofia della natura è la seconda parte del sistema filosofico di Hegel. Oggetto di studio è la natura che costituisce il momento in cui l'idea nega se stessa: l'idea quando si aliena da se stessa e si dispiega nell'esteriorità produce la natura. La natura è «l idea nella forma dell'essere altro», essa è quindi alienazione e apparenza. La filosofia della natura è stata giustamente considerata la parte più debole della filosofia di Hegel, perché appunto è trattazione di ciò che esiste come negazione e apparenza. Hegel d'altra parte non ha interesse nei confronti della scienza moderna. La trattazione della natura (che viene sempre inquadrata in ambito idealistico) è tuttavia necessaria per la funzione che esercita nel quadro del sistema hegeliano che è appunto quella di passaggio necessario tra la logica e la filosofia dello spirito. La deduzione della natura si attua attraverso tre gradi: 1. Tesi: meccanica, 2. Antitesi: fisica, 3. Sintesi: organica. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO La filosofia dello spirito riguarda l'ultima fase dello sviluppo dell idea, che dopo essersi alienata nella natura rientra in se stessa per prendere coscienza della propria razionalità. Lo spirito è l'assoluto e l essenza dello spirito è la libertà. Questo ritorno dell`idea a se stessa avviene attraverso tre momenti legati tra loro da un rapporto dialettico pertanto la filosofia dello spirito si divide in: 1. Tesi: spirito soggettivo, 2. Antitesi: spirito oggettivo, 3. Sintesi: spirito assoluto. l. Lo spirito soggettivo rappresenta il superamento dell alienazione della natura e il manifestarsi della vita spirituale nell interiorità del soggetto. Lo spirito soggettivo si divide in: 1. Tesi: antropologia (che studia 1'uomo ancora condizionato dalla natura con sensazioni, passioni, abitudini); 2. Antitesi: fenomenologia (che studia l'emergere della coscienza e il suo esprimersi nell autocoscienza e nella ragione); 3. Sintesi: psicologia (che studia l attività teoretica e pratica dell uomo e la sua espressione nella libertà). Con la libertà si evidenzia la vera natura dello spirito che si manifesta ulteriormente nell organizzazione degli individui in società. Siamo ormai di fronte allo spirito oggettivo. 2. Lo spirito oggettivo rappresenta la piena realizzazione della libertà del singolo che è possibile solo grazie all inserimento dell individuo nelle strutture giuridiche, sociali e politiche. Lo spirito oggettivo è articolato in tre momenti dialettici: 1. Tesi: diritto, 2. Antitesi: moralità, 3. Sintesi: eticità. 4

5 Il diritto fa sì che le libertà dei singoli individui si armonizzino nel riconoscimento dei reciproci limiti. Il diritto si esprime con leggi che il singolo avverte come limiti imposti dall estemo (importante per Hegel è il riconoscimento del diritto alla proprietà/ privata) ed è fondamentale affinché nella libertà di tutti viva la libertà dello Spirito. La moralità è la sfera in cui il limite che l individuo pone ai propri intenti o fini è interno e risponde al dovere e ai suoi imperativi. Questa concezione della morale corrisponde a quella kantiana, ma a differenza di Kant per Hegel anche il momento morale deve essere superato in una sintesi superiore che è l'eticità. L'eticità è il momento in cui l'individuo realizza completamente la propria libertà. Egli supera così la scissione tra diritto e moralità e partecipa alla vita delle istituzioni in cui è inserito. L'eticità si divide in tre fasi dialettiche: 1. Tesi: famiglia, 2. Antitesi: società, 3. Sintesi: Stato. La famiglia è l istituzione dove l`individuo vive attraverso il vincolo naturale del matrimonio nobilitato dall amore una prima forma di eticità. Nella famiglia l individuo annulla l'egoismo personale e si riconosce in una entità oggettivamente valida. La società è la negazione o superamento dei legami familiare ed è la sede dove i rapporti tra gli individui vengono stabiliti sulla base di interessi economici fondati sul lavoro e sulla produzione. Lo Stato rappresenta la piena realizzazione dello spirito, sintesi che insieme realizza e supera i momenti precedenti: è «l'idea che si manifesta nel mondo. Lo Stato non è fondato sul contratto (come sostenevano le teorie giusnaturalistiche), non è semplice somma di volontà particolari, ma è sostanza etica, espressione dello spirito di un popolo, alla cui volontà universale devono aderire le volontà dei singoli che soltanto in esso trovano la loro realizzazione. Concezioni politiche. Lo Stato è autonomo, ricava il proprio potere da se stesso e non dal popolo. Lo Stato non è sottoposto a norme morali, la sua unica preoccupazione è la sua stessa esistenza. La storia attraverso la guerra seleziona i popoli e gli Stati. Lo Stato che prevale dimostra la propria superiorità su quello che soccombe e le guerre diventano il motore della storia poiché la rendono dinamica e ne evidenziano lo sviluppo. La storia umana è sempre guidata dallo spirito. Gli individui cosmico-storici, come per esempio Giulio Cesare o Napoleone sono interpreti della volontà dello spirito, sorta di superuomini che mentre inseguono le proprie ambizioni, in realtà realizzano il progetto universale dello spirito. Lo Stato è un elemento fondamentale nello sviluppo della storia. Inizialmente, nell antico Oriente, lo Stato ha assunto la forma del dispotismo poi, in Grecia e a Roma ha assunto forme di libertà. Ma la più completa e libera realizzazione dello Stato è costituita secondo Hegel dallo Stato prussiano che viene visto come la sintesi più alta dello sviluppo storico dello spirito e quindi non suscettibile di superamento o di ulteriore sviluppo. Questa concezione è destinata ad aprire un grosso problema all'interno del sistema hegeliano, infatti l idea che ci possa essere una tappa finale nello svolgimento della storia (Stato prussiano) contraddice e in un certo senso blocca la concezione dialettica del divenire umano, inteso come incessante superamento di ogni realizzazione. Su questi argomenti si svilupperà il dibattito tra i discepoli di Hegel. 3. Lo spirito assoluto analizza le fasi attraverso le quali lo spirito, dopo essersi manifestato nella soggettività individuale e nella oggettività storica dello Stato, giunge alla piena coscienza di sé, e conosce se 5

6 stesso. Le forme culturali attraverso le quali lo spirito acquisisce sempre maggiore consapevolezza di se stesso sono tre: l. Tesi: arte, 2. Antitesi: religione, 3. Sintesi: filosofia. L'arte è manifestazione dello spirito in forme sensibili attraverso colori, suoni, parole; è unità di soggettività e realtà in modo intuitivo. Hegel distingue tre forme di arte: l. arte simbolica, tipica dell'antico mondo orientale (caratterizzata dallo squilibrio tra l'ideale e forma sensibile), 2. arte classica, tipica del mondo greco-romano (caratterizzata dall'equilibrio tra soggettività e realtà), 3. arte romantica, tipica del mondo cristiano germanico (caratterizzata da un eccesso di soggettività, l ispirazione dell'artista va oltre l'oggetto che si vuole rappresentare). L eccesso di soggettività dell'alte romantica induce Hegel a teorizzare la morte dell'arte, considerata inadeguata ad esprimere la profonda spiritualità del mondo moderno. La religione è la manifestazione dello spirito nella forma della rappresentazione. Hegel studia le diverse manifestazioni religiose che partono dalle forme più rozze ed elementari del feticismo e del panteismo (Dio è immerso nella natura) fino al cristianesimo in cui il divino è rappresentato da concetti. Il Dio cristiano è realtà spirituale e dunque la verità più alta cui lo spirito può giungere. Ma nella religione Dio è un dato in cui credere e di cui non si sa spiegare l'origine. Perciò la verità nella religione è conosciuta in una forma ancora inadeguata, che Hegel chiama rappresentazione. Pertanto la religione deve essere superata dalla filosofia, che ha lo stesso contenuto della religione, ma conosce questo contenuto attraverso il concetto razionale, superando ogni rappresentazione. La filosofia è pensiero speculativo per eccellenza, spirito che conosce se stesso. Nella filosofia l'idea raggiunge l assoluta consapevolezza di se stessa e il processo dialettico trova la sua sintesi conclusiva. Identità di storia e filosofia. La storia della filosofia non è un susseguirsi disordinato di sistemi filosofici, ma coincide con lo sviluppo stesso del reale. Storia e filosofia coincidono: la prima è lo sviluppo dello spirito nelle sue determinazioni finite, la seconda è la comprensione razionale di questo sviluppo. La filosofia, dice Hegel, «è il proprio tempo appreso con il pensiero». PREGI E DIFETTI DEL PENSIERO HEGELIANO Pregio indiscutibile di Hegel è l'aver rivendicato alla filosofia la totalità del suo oggetto, la concretezza dell essere nella complessità delle sue manifestazioni e della sua storia, reagendo contro l astrattismo. Tutta la realtà, tutta la storia, sono manifestazioni dell assoluto, hanno carattere razionale: il che implica una condanna dell'interpretazione manichea o fatalistica, da una parte, e di quella illuministica, dall'altra. È l intuizione cristiana della concretezza e del valore della storia che sta alla base dell'aspetto di verità dell'idealismo hegeliano. Esso però, per le premesse idealistiche da cui muove, ne fornisce poi un'interpretazione panteistica nella quale tali valori vengono compromessi irrimediabilmente. 6

7 Fra le premesse del sistema hegeliano, una delle più discutibili è la negazione del principio d identità, negazione preordinata alla costruzione del sistema stesso e perciò affetta da tale parzialità che non sarebbe necessario un esame indipendente delle susseguenti utilizzazioni. «Quando Hegel nega il principio di identità, lo fa in funzione e quindi a conclusione di una costruzione metafisica panteistica già accettata nel suo complesso essenziale; e però la sua negazione non può essere chiamata a giudicare, un'affermazione che apre, per così dire, il libro della metafisica; ne deve anzi venire giudicata». 1 L origine di tale errore va anche ricercata nel concetto hegeliano del divenire: il divenire non consiste nella sintesi di essere e di non essere, ma consiste di atto e potenza, entrambi modi dell'essere. Errato è pure il concetto dell'essere, identificato con il potenziale, a sua volta identificato con il non essere, il nulla: «Il puro essere [...] è il nulla». L essere potrebbe venire concepito a questo modo, quando lo si considerasse così indeterminato da svuotarlo di qualsiasi perfezione; in realtà però l'essere è la radice di ogni perfezione, inclusa quella del divenire e del pensiero, che non sono che modi dell'essere. Anche l identificazione della realtà con il pensiero e la conclusione conseguente che il pensiero pone la realtà meritano una critica. Il pensiero non pone, non crea la realtà, ma la attesta, ne è il testimone. L'interiorità idealistica, nel «risolvere» la realtà nel pensiero, la divinizza e finisce con il «dissolvere» ogni reale nel soggetto pensante, portando alle estreme conseguenze l apriorismo razionalistico i cui fondamenti erano stati posti da Cartesio. Esagerata è la ricerca della sistematicità: l'esistenza concreta non si assoggetta al sistema. Eccessivo è anche l'ottimismo che considera il male semplice propedeutica al bene e pretende di elevare l'uomo al «sapere assoluto», senza tener conto dei limiti evidenti delle capacità umane. Assurda è, infine, la pretesa di costruire un sistema chiuso mediante il metodo dialettico. Tale metodo infatti esclude la possibilità sia di un punto di partenza che di un punto di arrivo, perché entrambi devono sottostare alla legge triadica della tesi, antitesi e sintesi. 1 A. MASNOVO, La filosofia verso la religione, Milano 1960, pp

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