EVENTUALITÀ DELL ACCERTAMENTO DEL PASSIVO

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1 ACCERTAMENTO DEL PASSIVO PROF. FABRZIO DI MARZIO

2 Indice 1 INTRODUZIONE EVENTUALITÀ DELL ACCERTAMENTO DEL PASSIVO L ART. 52 L.F. E IL PRINCIPIO DEL CONCORSO VERIFICA DEL PASSIVO E CREDITI PRIVILEGIATI, CHIROGRAFARI E PREDEDUCIBILI VERIFICA DEL PASSIVO E DIRITTI REALI O PERSONALI, MOBILIARI O IMMOBILIARI IL PROCEDIMENTO DI VERIFICA DEL PASSIVO APPROFONDIMENTO LA PROVA DEL CREDITO BANCARIO APPROFONDIMENTO L OBBLIGO DI INSINUAZIONE ANCHE PER I C.D. CREDITI FONDIARI BIBLIOGRAFIA di 22

3 1 Introduzione Con l espressione accertamento, o verifica del passivo si denota quell insieme di attività attraverso le quali si giunge ad accertare chi siano i creditori dell impresa fallita, per quali importi abbiano diritto a partecipare al concorso e quale collocazione (chirografaria o privilegiata) assista i loro crediti. Il decreto legislativo n. 5/06, emanato in attuazione della legge delega n. 80/2005, nel riformare integralmente la legge fallimentare, ha apportato rilevanti novità al procedimento di verifica del passivo, ulteriormente modificato dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 2007 ed entrato in vigore in data 1 gennaio 2008 (di seguito denominato correttivo). 3 di 22

4 2 Eventualità dell accertamento del passivo A seguito della riforma del 2006 la verifica dei crediti non è più una fase obbligatoria del procedimento fallimentare. L articolo 102 della legge fallimentare ha difatti disposto, nell ipotesi di previsione di insufficiente realizzo, che su proposta del curatore, sentito il fallito e previo parere del comitato dei creditori, il Tribunale possa disporre di non farsi luogo al procedimento di verifica, e possa quindi avviare immediatamente il fallimento alla chiusura. Le medesime disposizioni possono trovare applicazione anche successivamente alla chiusura della verifica del passivo. Questa possibilità non era invece ritenuta percorribile nella vigenza della vecchia legge fallimentare, proprio in virtù del fatto che nessuna norma consentiva di evitare la celebrazione della fase di verifica del passivo. 4 di 22

5 3 L art. 52 l.f. e il principio del concorso L art. 52 prevede l onere per qualunque creditore del soggetto fallito che voglia partecipare al concorso di far accertare il proprio credito nelle forme della verifica del passivo. L articolo 52, difatti, così recita: Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell art. 111 l.f., nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge. Nessun credito può, dunque, essere accertato nei confronti del fallimento in un normale giudizio ordinario di cognizione, ed i giudizi in corso nei confronti del soggetto fallito si interrompono: al riguardo vale evidenziare come il nuovo art. 43, comma terzo, l.f. (già in vigore dal 1 luglio 2006) nel disporre che l apertura del fallimento determina l interruzione del processo, ha superato il principio secondo il quale il fallimento determina l interruzione dei giudizi non automaticamente, ma solo se dichiarato in giudizio dal procuratore della parte fallita o notificato dallo stesso procuratore alle altre parti a norma dell articolo 300 c.p.c. in favore della diversa regola per la quale, come anche chiarito nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo, l apertura del fallimento determina l interruzione di diritto del processo, a prescindere dalla dichiarazione del difensore della parte che ha perduto la capacità di stare in giudizio. Il principio di cui all art. 52 l.f. non è, quindi, mutato rispetto al passato, ma è stato solo meglio specificato ed ampliato con riferimento a diritti diversi da quelli di credito. Il punto, per il suo rilievo, merita un pur rapido approfondimento. 5 di 22

6 4 Verifica del passivo e crediti privilegiati, chirografari e prededucibili L obbligo di far verificare il credito opera con riferimento ad ogni credito, sia chirografario sia munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell art. 111 primo comma, n. 1 (ossia se prededucibile). La norma, come detto, ribadisce il principio per il quale tutti i crediti, sia privilegiati che chirografari, devono essere assoggettati alla verifica in sede concorsuale: sotto questo profilo nulla è mutato rispetto al sistema antecedente al 1 luglio Esaminiamo ora i crediti prededucibili. In ordine alla nozione di credito prededucibile (altresì chiamati crediti o debiti - di massa) l art. 111 u.c. l.f. detta oggi la definizione di questa tipologia di pretese, recependo il risultato della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale: sono tali quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale. Sono, quindi, prededucibili, ad esempio, tutti i crediti dei professionisti che collaborano con la procedura (legali, periti); tutti i crediti sorti a seguito della utilizzazione di beni altrui fatta dal curatore dopo la dichiarazione di fallimento (es.: il curatore prende in locazione un immobile, e dunque sarà prededucibile il canone; il curatore non libera un immobile di terzi, e dunque sarà prededucibile l indennità di occupazione senza titolo); tutte le spese inerenti la conservazione e l amministrazione dei beni fallimentari (es.: gli oneri condominiali degli immobili di proprietà del fallimento per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento). Con riferimento a questa categoria di crediti ci si è posti, in passato, il problema se dovessero anch essi essere assoggettati a verifica tempestiva o tardiva analogamente agli altri crediti c.d. concorsuali (ossia sorti in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento). La rilevanza della questione investe, in particolare, il profilo dei rimedi avverso i provvedimenti del giudice delegato di rigetto o di accoglimento solo parziale delle istanze di pagamento dei crediti prededucibili. Alla luce della nuova legge, all art. 52, comma 2 si ritiene necessaria la verifica mediante presentazione da parte dei titolari di un credito prededucibile di avanzare una domanda di ammissione al passivo per vedere soddisfatta la loro pretesa. 6 di 22

7 La norma pone tuttavia solo una regola generale, che soffre ampie ed importanti eccezioni, ancora più generali, dalla stessa disposizione in qualche modo anticipate alla luce dell inciso finale salvo diverse disposizioni della legge. La regola generale rimanda, in realtà, essa stessa ad una eccezione altrettanto generale. L art. 111 bis l.f., difatti, dopo avere ribadito il principio già affermato dall art. 52 della necessità, anche per i crediti prededucibili, di essere accertati nelle forma della verifica del passivo prevede l esclusione dall obbligo di insinuazione di quelli non contestati per collocazione ed ammontare, anche se sorti durante l esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell art. 25; in questo ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all art In sintesi: non sono accertati mediante lo strumento della insinuazione tempestiva o tardiva: 1) qualunque credito prededucibile non contestato per ammontare o collocazione. In questo caso basterà il decreto di liquidazione del Giudice delegato per far sì che il credito venga successivamente ammesso al riparto; 2) il credito sorto a seguito di liquidazione del compenso da parte del Giudice delegato. In questo caso, se vi è contestazione lo strumento per accertare il credito non è l insinuazione al passivo bensì il reclamo ex art. 26 l.f. 7 di 22

8 5 Verifica del passivo e diritti reali o personali, mobiliari o immobiliari Ai sensi dell articolo 52 non solo ogni diritto di credito, ma anche ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare deve essere accertato nelle forma della verifica del passivo. Il principio che opportunamente la novella ha inteso realizzare è quello per il quale tutte le controversie afferenti beni di cui il curatore abbia acquisito la disponibilità in ordine ai quali terzi rivendichino diritti di qualsiasi sorta sono soggette alle forme ed al rito della verifica del passivo. La previgente legge fallimentare, al contrario, da un lato assoggettava alle regole di competenza e di rito della verifica del passivo solo le domande di rivendicazione aventi ad oggetto beni mobili (art. 103); dall altro, giusto il disposto dell art. 24 della legge fallimentare, escludeva dalla competenza del Tribunale fallimentare proprio le azioni reali immobiliari, lasciandole al tribunale nella cui circoscrizione si trovava l immobile ed assoggettandole alle regole del processo ordinario di cognizione. In altre parole, secondo la precedente legge fallimentare chi intendeva proporre, ad esempio, una azione di rivendicazione immobiliare doveva farlo introducendo un ordinario giudizio di cognizione davanti al Tribunale nel cui circondario si trovava l immobile, in virtù delle regole generali in ordine alla distribuzione della competenza territoriale poste dal codice di procedura civile. In base al principio introdotto dalla novella, invece, chi intenda proporre una domanda avente ad oggetto un bene immobile (rivendica, confessoria, restituzione, possessoria) dovrà avanzarla davanti al tribunale che ha dichiarato il fallimento e con le forme della insinuazione al passivo. Cosa accade invece nella ipotesi di titolare di un diritto reale di garanzia su un bene di proprietà del fallimento, ma non sia creditore del soggetto fallito (che è dunque terzo datore di ipoteca): esiste un obbligo di assoggettarsi al procedimento di verifica?. La Cassazione ha ritenuto sufficiente, nella vigenza della vecchia legge fallimentare, che il terzo intervenisse in sede di riparto senza necessità di insinuarsi preventivamente nel passivo proprio in ragione del fatto che non è creditore del fallimento (si tratta di Cass. n. 1875/1994). La nuova norma sembrerebbe, invece, estendere l obbligo di insinuazione anche a questa categoria di soggetti, dal momento che premesso che i diritti reali si distinguono in diritti reali di godimento e di garanzia - chi vanta una ipoteca su di un immobile è titolare di un diritto reale (sia pure di 8 di 22

9 garanzia) immobiliare (perché cade su di un immobile) e dunque rientrerebbe nell ambito di applicazione dell articolo di 22

10 6 Il procedimento di verifica del passivo Sul procedimento può esporsi sinteticamente quanto appresso. La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell udienza fissata per l esame dello stato passivo. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene (art. 93 l.f.). Il curatore esamina le domande di ammissione e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione. Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale. I creditori, i titolari di diritti sui beni ed il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi. All udienza fissata per l esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda. Il curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, comunica a ciascun creditore l esito della domanda e l avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo, affinché possa essere esaminato da tutti coloro che hanno presentato domanda ai sensi dell art. 93, informando il creditore del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda (art. 97 l.f.). Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione. Con l opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l opposizione è proposta nei confronti del curatore. Con l impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l impugnazione è 10 di 22

11 rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore. Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore (art. 98 l.f.). Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive. Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all art. 95. Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile (art. 101 l.f.). Sulla questione della non imputabilità del ritardo, in giurisprudenza merita di essere segnalata Cassazione, Sentenza n del 7/9/1979 per la quale : A norma dell'art 101, ultimo comma legge fallimentare, non e tenuto a sopportare le spese conseguenti alla tardiva presentazione della domanda di ammissione al passivo del fallimento, il creditore cui l'avviso previsto dall'art 92 della legge stessa non sia pervenuto o gli sia stato comunicato con un ritardo che non gli abbia consentito di provvedere all'insinuazione del credito prima dell'esaurimento delle operazioni dell'adunanza dei creditori, di cui al successivo art 96. Tuttavia, poiche la citata disposizione dell'art 101 legge fallimentare ha lo scopo di apprestare, in ordine alle spese, una giusta tutela soltanto al creditore effettivamente incolpevole, e consentito al curatore di dimostrare che il creditore, avendo avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell'avviso anzidetto, avrebbe potuto procedere tempestivamente all'insinuazione del credito per il quale abbia chiesto l'ammissione tardiva. Si veda anche Cass. Sez. 1, Sentenza n del 25/10/1999 rel Di Amato in motivazione ove si dice che l'eventuale omissione o irritualità dell'avviso (del curatore 11 di 22

12 n.d.r.) può essere invocata dal creditore per dimostrare, ai fini previsti dagli artt. 101, comma 4^, e 112 l. fall., che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile. 12 di 22

13 Approfondimento 1 La prova del credito bancario La particolare posizione assunta dal curatore soggetto terzo sia rispetto alla banca creditrice che all impresa fallita nell ambito della verifica del passivo si riflette anche su taluni profili attinenti alla tipologia di documenti da allegare alla domanda di ammissione al passivo per dare prova del credito bancario. In linea generale, la prova del credito bancario deve essere offerta allegando: a) copia del contratto di conto corrente, dal quale è possibile desumere sia l esistenza del contratto che le condizioni applicate (in particolare, la presenza di una pattuizione - necessariamente - scritta avente ad oggetto un saggio di interessi superiore a quello legale); b) tutti gli estratti conto, dai quali poter desumere l ammontare del credito mediante la ricostruzione ed il controllo, da parte del curatore, di tutte le poste attive e passive. Per quanto attiene la questione del c.d. anatocismo, va osservato come essa sia ormai in via di superamento in quanto riguarda i contratti stipulati in epoca anteriore al , perché per gli altri si applica la delibera Cicr del emanata in esecuzione dell articolo 25, comma 2, d. leg. 342/99, secondo cui i saldi debitori e creditori debbono prevedere la stessa periodicità nel conteggio degli interessi Per i contratti precedenti era intervenuto il legislatore operando una sorta di sanatoria retroattiva, poi dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale (sentenza n. 425/2000) e pertanto l eventuale capitalizzazione trimestrale deve ritenersi, conformemente ad una giurisprudenza della cassazione ormai consolidata, illegittima. Nella prassi, peraltro, l incidenza di tale fenomeno sulla debitoria complessiva è limitata a poche frazioni percentuali ed è frequente assistere ad ammissioni di crediti che lo stesso istituto insinuante si è autoridotto, d intesa con il curatore, del 5/10 % così evitando i tempi e soprattutto i costi di una perizia contabile. Tornando alla questione della documentazione da produrre a dimostrazione del credito, capita talvolta che vengano allegati documenti quali il c.d. saldaconto (ossia un documento certificato da un funzionario della banca attestante il saldo del conto) al quale deve negarsi qualsivoglia efficacia probatoria, essendo oggi inidoneo persino al conseguimento di un decreto ingiuntivo a seguito dell abrogazione dell art. 102 della legge bancaria del 1938, e dell introduzione dell art. 50 della nuova legge bancaria (t.u. 385/93) che esige, per il rilascio di una ingiunzione di pagamento, 13 di 22

14 l estratto conto; un altro documento talvolta esibito nella verifica del passivo è l estratto conto il quale, tuttavia, comprova l andamento del conto corrente, ma non la valida esistenza di un contratto bancario né le sue condizioni (ragione per la quale occorre produrre in giudizio anche il contratto bancario) e dunque deve essere ritenuto necessario ma non sufficiente ad offrire una prova completa del credito bancario. Più delicato è il discorso nell ipotesi di produzione di un estratto autentico dei libri contabili, in quanto l applicabilità nei confronti del curatore dell articolo 2710 c.c. è assai discussa. Sul tema, l orientamento prevalente della Corte di Cassazione è nel senso di ritenere non applicabile la norma attesa la posizione di terzietà assunta da curatore nella verifica del passivo, ma non mancano pronunce, anche della stessa corte, di segno contrario. 14 di 22

15 Approfondimento 2 L obbligo di insinuazione anche per i c.d. crediti fondiari Il d.lgs 169/2007 non ha modificato l articolo 52 commi primo e secondo; i principi appena richiamati erano stati introdotti dalla riforma del 2006 e continuano ad essere operanti. L articolo 4, comma 2, del citato decreto ha tuttavia aggiunto, all articolo 52, un terzo comma, secondo il quale le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all articolo 51. L articolo 51 della legge fallimentare, non modificato dal correttivo, pone uno dei principi fondamentali dell intero sistema del diritto fallimentare in forza del quale è fatto divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari su beni ricompresi nel fallimento, salvo diversa disposizione della legge. La ratio di questa norma è chiara: al fine di garantire la parità di trattamento dei creditori concorsuali, nel rispetto delle rispettive cause di prelazione è necessario che la liquidazione dei beni del soggetto fallito avvenga nell ambito della procedura fallimentare e ad opera degli organi del fallimento; ove fosse consentito ai creditori individuali di iniziare o proseguire una azione esecutiva individuale, costoro finirebbero per trovare una soddisfazione del proprio credito al di fuori del fallimento ed in una misura diversa da quella derivante dall applicazione della regola della proporzionalità tra i creditori di pari rango propria del fallimento, bensì in ragione della maggiore o minore celerità nel portare a compimento l esecuzione, dell essere o meno muniti di un titolo esecutivo e dell eventuale intervento di ulteriori creditori nell ambito della medesima procedura esecutiva. Vi sono, per espressa previsione di legge, talune eccezioni che consentono al creditore individuale iniziare o proseguire una azione esecutiva individuale su beni caduti nella disponibilità del fallimento. Una delle eccezioni al principio del divieto di azioni esecutive e cautelari individuali è quella relativa ai crediti derivanti dalla concessione di mutui fondiari, comunemente indicati come crediti fondiari. Il credito fondiario la cui nozione è dettata dall articolo 38 del D. Lgs. n. 385/93 - deriva da un prestito concesso da taluni istituti di credito appositamente autorizzati previa accensione di una garanzia ipotecaria immobiliare e con previsione di rimborso a rate. Per quanto di interesse in questa sede, le particolarità di questa figura negoziale sono essenzialmente due: 15 di 22

16 1) l ipoteca accesa a garanzia del credito si consolida (cioè diviene non opponibile al fallimento, ossia non revocabile) se iscritta almeno 10 giorni prima della dichiarazione di fallimento (articolo 39, comma 4, del D. Lgs. 385/93) mentre le ipoteche a garanzia dei crediti ordinari sono revocabili ai sensi dell art. 67 n. 3 e (più frequentemente, afferendo a crediti scaduti prima della dichiarazione di fallimento) n. 4, se iscritte rispettivamente nell anno o nei sei mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento; 2) ai sensi di quanto previsto dall art. 41 del T.U.B., che riproduce sostanzialmente il disposto del previgente art. 42 del RD 646/1905, ed il cui contenuto, pur giustificato da ragioni storiche risalenti, è ritenuto tuttora non incompatibile con i dettami della costituzione: cfr. Corte cost. 3 agosto 1976, n. 211, e 31 marzo 1988, n. 393) la dichiarazione di fallimento del soggetto proprietario del bene gravato da ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario non sospende il processo di esecuzione forzata per espropriazione dell immobile (o non ne impedisce l avvio): secondo il disposto dell art. 41 "l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento". Più in dettaglio, secondo la sequenza che più frequentemente si realizza nella pratica: a) il creditore fondiario inizia l esecuzione forzata dell immobile; b) sopravviene la dichiarazione di fallimento del debitore proprietario del bene immobile; c) se si trattasse di credito ipotecario non fondiario, il curatore fallimentare in applicazione dell art. 107 l.f. si sostituirebbe al creditore procedente e chiederebbe l attribuzione di tutto l attivo ricavato dalla vendita dell immobile, ovvero chiederebbe l estinzione della procedura onde procedere alla vendita in sede fallimentare; d) nel caso di credito fondiario, ex art. 41, comma 2 D.Lgs. 385/93 il curatore non può sostituirsi al creditore fondiario né far estinguere la procedura, ma può solo intervenire in essa. Il coordinamento tra le due normative quella dettata dalla legge fallimentare e quella prevista nel T.U.B. non era tuttavia agevole ed aveva dato luogo a dubbi e perplessità di non poco rilievo con riferimento, in particolare, a due questioni: se il creditore fondiario avesse l obbligo di insinuarsi nel passivo fallimentare; se il giudice dell esecuzione potesse procedere al riparto o dovesse, al contrario, realizzata la vendita del bene immobile, consegnare la somma ricavata al giudice delegato affinché quest ultimo procedesse alla distribuzione tra i creditori nel rispetto delle regole processuali e sostanziali di formazione dello stato passivo proprie dalla sede fallimentare. 16 di 22

17 Secondo la giurisprudenza più recente - non univoca, come si vedrà - il coordinamento tra le norme andava risolto nei termini che seguono: a) la tesi secondo la quale l art. 41 T.U.B doveva trovare applicazione limitatamente alla fase in senso stretto espropriativa (cioè fino alla vendita) dell'azione esecutiva individuale, mentre la consecutiva fase dell'accertamento del credito e della distribuzione del ricavato rimaneva attratta nella procedura concorsuale non trovava fondamento nel dettato testuale del combinato disposto degli artt. 51 e 52 l.f., giacché la riserva posta in apertura dell'art. 51 legittimava la speciale procedura individuale prevista dal T.U. bancario senza limitazione alcuna e nel suo complessivo sviluppo, fino alla distribuzione, come era confermato dal secondo comma dell'art. 52 che faceva salve, pure in ordine all'accertamento del credito, "diverse disposizioni di legge (il punto è pacifico in tutte le pronunce della Cassazione); b) la legge sul credito fondiario attribuiva all istituto di credito un privilegio di carattere meramente processuale, che riguardava la sola fase della liquidazione del bene e si sostanziava nella possibilità, per l'istituto creditore, non solo di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale, ma anche - e soprattutto - di conseguire il risultato concreto cui tale procedura tendeva, ossia l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore, entro i limiti del proprio credito, senza che per questo l'assegnazione ed il conseguente pagamento si dovessero ritenere indebiti, e senza che si dovesse postulare - il che avrebbe svuotato il privilegio di ogni significato - l'obbligo di rimettere immediatamente ed incondizionatamente al fallimento la somma così ricevuta (anche questo principio può ritenersi pacifico); c) proprio la natura di privilegio meramente processuale imponeva, tuttavia, che l accertamento in ordine alla sussistenza ed all ammontare del credito fondiario e al grado della prelazione ipotecaria dovesse essere condotto secondo le regole proprie della legge fallimentare, in tal modo salvaguardando eventuali crediti prededucibili o di rango poziore (anche questo punto può ritenersi pacifico);. Quanto alle regole deputate all accertamento dei crediti nei confronti dei creditori concorsuali, diverse erano le tesi prospettate. Secondo un primo orientamento era onere del curatore, al fine di soddisfare la esigenza di sottoporre anche il credito fondiario al concorso sostanziale affermata dal primo comma dell'art. 52 intervenire, in luogo e vece di tutti gli altri creditori ex art. 107, comma terzo, l.f., nella fase della distribuzione davanti al giudice della esecuzione immobiliare individuale. In quella sede il curatore poteva esercitare la facoltà di cui agli artt. 596 e 598 c.p.c., esigendo l'osservanza delle 17 di 22

18 disposizioni di cui agli artt e 2741 c.c. e dell'art. 54 l.f., promuovendo - se del caso - anche la controversia di cui all'art. 512 c.p.c. in ordine a sussistenza ed ammontare del credito fondiario e al grado della prelazione ipotecaria, in tal modo salvaguardando eventuali crediti prededucibili o di rango pozione (così Cass., 19 febbraio 1999, n. 1395; Cass. 9 ottobre 1998, n ; Cass. 15 giugno 1994, n. 5806). Secondo questo orientamento, inoltre, nell'ambito di tale contestazione non poteva invece rientrare la mancata insinuazione del credito fondiario al passivo del fallimento per la ragione che nel sistema degli artt. 51 e 52 l.f. era integralmente "fatta salva" la procedura esecutiva individuale come disciplinata dall'art. 42 T.U che prevede la prosecuzione della stessa procedura fino alla distribuzione del prezzo. Secondo altro orientamento, invece, lo strumento dell'intervento in sede di esecuzione individuale spiegato dal curatore non poteva considerarsi sufficiente in quanto tale era meramente eventuale e legato alla contingente conoscenza che il curatore medesimo avesse dell'esistenza di una tale procedura e rendeva privo di soluzione il problema che si poneva in caso d'incolpevole ritardo del curatore nell'intervenire in una procedura esecutiva individuale che avesse già superato lo stadio dell'approvazione del progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita. Ne discendeva che solo attraverso l'insinuazione al passivo del fallimento l'istituto di credito fondiario poteva rendere definitiva l'assegnazione delle somme, già provvisoriamente avvenuta in suo favore al termine della procedura esecutiva individuale, perché solo così poteva realizzarsi quella graduazione dei crediti che ne era il presupposto indispensabile. È quanto, del resto, unanimemente si riteneva dovesse accadere per il caso in cui la vendita fallimentare del bene ipotecato avesse preceduto nel tempo l'iniziativa individuale dell'istituto di credito fondiario, che restava in tal caso pur sempre tenuto a proporre domande di ammissione del proprio credito per consentire la verifica del privilegio che lo assisteva da parte degli organi della procedura. Inoltre per definire la graduazione dei crediti aventi diritto a partecipare al concorso, ivi compreso quello dell'istituto mutuante, non era affatto necessario che il curatore assumesse iniziative nel procedimento esecutivo individuale da detto istituto promosso e coltivato (salvo che al fine di far valere in quella sede le eventuali ragioni del debitore esecutato). Non poteva esser quella la sede in cui si attuava l'accertamento e la graduazione dei crediti concorrenti in deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare posto dall'art. 52 l. fall. E dunque, perché l'assegnazione conseguita dall'istituto fondiario all'esito del procedimento esecutivo individuale assumesse o meno (in tutto o in parte) carattere definitivo, era solo necessario che si compisse il normale procedimento di verifica dei crediti disciplinato da tale ultima norma e che ciascun credito fosse collocato nel rango che gli 18 di 22

19 competeva, secondo il piano di riparto elaborato in base alle regole della procedura concorsuale (così Cass /2004 edita in Fallimento 2005, 1143 nota PATTI; Cass. 15 gennaio 1998, n. 314; Cass. 23 novembre 1990, n ; Cass. 11 marzo 1987, n. 2532). In base a tale più recente orientamento, in altre parole, il creditore fondiario aveva diritto a proseguire l azione esecutiva sino ad ottenere l immediata assegnazione delle somme ricavate dalla vendita; per dare stabilità all assegnazione, tuttavia, era comunque obbligato ad insinuarsi nello stato passivo del fallimento onde sottostare alla verifica concorsuale del suo credito. Secondo la giurisprudenza, in ogni caso il potere degli istituti di credito fondiario, di proseguire l'esecuzione individuale sui beni ipotecati - iniziata a norma del r.d. n. 645 del anche dopo la dichiarazione di fallimento del mutuatario, non esclude che il giudice delegato al fallimento possa disporre la vendita coattiva dei beni perché le due procedure espropriative non sono incompatibili ed il loro concorso va risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita. (Così Cassazione civile, sez. I, 28 gennaio 1993, n. 1025). In questo contesto si inserisce il nuovo comma terzo dell articolo 52 della legge fallimentare, a norma del quale, come già ricordato, le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all articolo 51. Il contenuto della norma è, in sé, chiaro: anche i titolari di crediti nascenti da mutui fondiari hanno l obbligo di far accertare la propria pretesa in sede di verifica del passivo, senza che possa ritenersi vigente nei loro confronti alcuna esenzione. Meno chiare, invece, sono le conseguenze destinate a prodursi a seguito dell inserimento di questa norma nella legge fallimentare. Secondo una prima interpretazione se, oggi, il creditore fondiario è obbligato ad insinuarsi nel passivo fallimentare, ciò potrebbe comportare che in assenza di tale adempimento il giudice dell esecuzione non possa più procedere alla assegnazione in favore dell istituto erogante il mutuo fondiario di quanto ricavato della vendita del bene gravato da ipoteca, ma debba riversare tali somme nelle mani del curatore fallimentare in attesa che, davanti al giudice delegato, abbia luogo la verifica del credito fondiario. Questa tesi, tuttavia, non convince appieno, per ragioni di ordine formale e sostanziale. Non può sottacersi, sul piano formale, il fatto che il correttivo fallimentare non ha inciso né avrebbe potuto farlo, per assenza di delega sul punto sulla disciplina del credito fondiario posta dall art. 41 del T.U. bancario, nel senso che non contiene alcuna abrogazione espressa di disposizioni di quella legge, né introduce regole che diano luogo ad una abrogazione implicita per incompatibilità: di conseguenza, oggi come in passato, l istituto di credito erogante un mutuo 19 di 22

20 fondiario deve ritenersi titolare di un privilegio processuale in virtù del quale può procedere alla liquidazione del bene sul quale insiste l ipoteca ed ottenere l assegnazione del ricavato, senza che la concorrente dichiarazione di fallimento del debitore proprietario del bene possa costituire un impedimento al dispiegarsi del procedimento esecutivo sino all assegnazione di quanto incassato dalla procedura a seguito della vendita. Il tenore letterale dell art. 41 del T.U. bancario, d altra parte, è chiaro nel disporre che solo la parte eccedente del ricavato della vendita del bene rispetto al credito viene assegnata al curatore, e ciò significa che la restante parte deve invece essere immediatamente assegnata al creditore fondiario; la giurisprudenza, almeno quella di legittimità, non ha mai dubitato, come in precedenza ricordato, che detto privilegio si estendesse sino alla fase della distribuzione del ricavato, e non si arrestasse alla mera vendita del bene. Se, pertanto, dalla attuale vigenza dell art. 41 del T.U. bancario può trarsi motivo per affermare la persistenza in capo agli istituti di credito fondiario del diritto a proseguire nell espropriazione individuale sino alla assegnazione delle somme ricavate, all introduzione del terzo comma dell art. 52 della legge fallimentare può attribuirsi una portata diversa, ossia quella di avere recepito, tra i due orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione in ordine al coordinamento tra la normativa bancaria e fallimentare sopra indicati, quello di cui alla più recente sentenza n /2004 in virtù del quale il curatore non è onerato di intervenire nel procedimento esecutivo per far accertare sussistenza ed ammontare del credito fondiario e il grado della prelazione ipotecaria, al fine di salvaguardare eventuali crediti prededucibili o di rango poziore, ma grava sull istituto di credito, per rendere definitiva e non più contestabile l assegnazione intervenuta in suo favore in sede esecutiva, l obbligo di far esaminare il suo credito nella sede fallimentare nel contraddittorio di tutti i creditori. Secondo la tesi che si sostiene, il nuovo terzo comma dell articolo 52, nell estendere l obbligo di insinuazione anche ai crediti fondiari, ha riconosciuto un dovere di assoggettamento alla verifica del passivo già affermato dalla giurisprudenza. Non potrebbe, pertanto, più ritenersi sussistente in capo al curatore alcun obbligo di attivarsi per intervenire in sede esecutiva e porre tutte le questioni che avrebbe sollevato davanti al giudice delegato (ammontare e collocazione del credito, ed eventuale sussistenza di creditori di rango poziore) ma il curatore potrà attendere che l istituto di credito proponga domanda di accertamento del credito in sede fallimentare per sollevare eventuali rilievi. Ove detta domanda non venga avanzata, il curatore potrà proporre una azione ordinaria di cognizione al fine di vedersi restituire l intero importo oggetto di assegnazione, non già perché 20 di 22

21 assegnazione originariamente indebita, ma perché rimasta provvisoria non avendo il creditore provveduto a farla consolidare, per così dire, insinuando il proprio credito nel passivo fallimentare (2). 21 di 22

22 Bibliografia Si rinvia alla bibliografia generale e alle note. 22 di 22

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