2 - Le successioni per ricorrenza

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1 - Le successioni per ricorrenza Le successioni per ricorrenza sono un po come le serie numeriche delle successioni di numeri reali abbastanza particolari. A differenza delle successioni standard, come ad esempio a n = 1, b n n = n +n, n +3 c n = ( 1 + n) 1 n e chi più ne ha più ne metta, non hanno un espressione analitica esplicita ma, anzi, sono definite in modo implicito assegnando il valore iniziale ed una legge di costruzione dell (n + 1)-mo valore a partire dall n-mo (o a partire da quest ultimo e dall (n 1)-mo, (n )-mo, eccetera): a 1 = α, a n+1 = f(a n ) (a n+1 = f(a n, a n 1, a n,...)) L esempio più semplice di successione definita per ricorrenza è quello della successione a n dei numeri naturali: a 1 = 0, a n+1 = a n + 1. In questo caso (che è una rarità) possiamo passare dall espressione implicita della successione alla sua espressione esplicita : dato che a 1 = 0 e che a n+1 è a n + 1, abbiamo subito a = 1, a 3 =, a 4 = 3 e, in generale, a n = n 1 (come si verifica facilmente). La successione dei numeri naturali è però solo un caso particolare di successione per ricorrenza per la quale si sa scrivere esplicitamente la successione: data una funzione f(x) qualsiasi, in generale non sarà possibile passare dalla relazione a n+1 = f(a n ) alla relazione a n = g(n) per qualche funzione g. Che fare, allora? L esercizio-tipo sulle successioni per ricorrenza chiede il calcolo del limite della successione: come facciamo a sapere che tale limite esiste? Se prendiamo la successione per ricorrenza così definita: a 1 = 1, a n+1 = a n, è chiaro che il limite non esiste; si vede infatti facilmente che a n = ( 1) n (esercizio: per quali valori di a 1 esiste il limite di a n?). Ed anche sapendo che il limite esiste, quanto vale? A questa domanda nel caso in cui la funzione f sia continua sappiamo rispondere. Se a n converge ad L, evidentemente anche a n+1 converge ad L mentre f(a n ) converge, per continuità, a f(l). Passando al limite nella relazione a n+1 = f(a n ) otteniamo la cosiddetta relazione di chiusura: L = f(l). Pertanto, se la successione a n converge ad L, allora L = f(l); in altre parole, i possibili limiti della successione a n vanno cercati tra le soluzioni dell equazione L = f(l). Solo tra questi valori? Non 1

2 necessariamente: torniamo all esempio dei numeri naturali: a 1 = 0, a n+1 = a n + 1. In questo caso, f(x) = x + 1, e quindi l equazione L = f(l) = L + 1 non ha soluzioni; però la successione a n ammette limite: a n = n 1 diverge a +. E guarda caso se calcoliamo il limite di f(x) per x tendente a + troviamo proprio +. In altre parole, data la successione per ricorrenza definita da a n+1 = f(a n ), se lim f(x) = +, x + allora all insieme dei possibili limiti di a n dobbiamo aggiungere +, ed analogamente, se lim f(x) =, x all insieme dei possibili limiti di a n dobbiamo aggiungere. Ricapitolando: i possibili limiti della successione a n definita per ricorrenza dalla legge a n+1 = f(a n ) sono: tutte le soluzioni reali dell equazione L = f(l); + se f(x) diverge a + quando x tende a + ; se f(x) diverge a quando x tende a. Una volta identificati i possibili limiti, come facciamo a dire che a n ammette limite? L unico risultato teorico che viene in nostro aiuto è il seguente: se a n è una successione monotona, allora ammette limite (finito se la successione è limitata, infinito altrimenti). Per poter risolvere l esercizio dobbiamo quindi dimostrare che la successione a n è monotona (crescente o decrescente). È a questo punto che il valore iniziale a 1 = α dato alla successione entra in gioco, come si vede nel seguente esempio: a 1 = α, a n+1 = a n. Se calcoliamo i primi valori, troviamo a = α, a 3 = α 4, a 4 = α 8 e, in generale, a n = α n 1. Pertanto la successione è monotona decrescente (a zero) se 0 < α < 1, è costantemente uguale a 0 o ad 1 se α vale 0 od 1, ed è monotona crescente (e divergente) se α > 1. Potevamo distinguere i due casi interessanti (quelli nei quali la successione non è costante) semplicemente sfruttando la definizione di a n+1 in termini di a n (senza cioè calcolarla)? Proviamo a vedere se riusciamo a trovare delle condizioni su α tali che la successione sia monotona crescente, ovvero sia tale che a n+1 > a n. Stante la definizione di a n+1, si ha a n+1 > a n a n > a n a n < 0 o a n > 1. Pertanto, se per qualche valore di n si ha ad esempio a n > 1, allora a n+1 sarà maggiore di a n. Il che vuol dire che per dimostrare che a n è

3 monotona crescente, dobbiamo dimostrare che a n > 1. A questo punto entra in gioco il principio di induzione matematica: avremo a n > 1 per ogni n se riusciamo a dimostrare che: a 1 > 1, e che a n > 1 implica a n+1 > 1. La prima proprietà ci porta ad un ipotesi sul dato iniziale α: dal momento che a 1 = α, si avrà a 1 > 1 se e solo se α > 1. Per la seconda parte, essendo a n+1 = a n per definizione, è evidente che se a n > 1, allora a n+1 > 1. In definitiva, se partiamo da un dato iniziale α > 1, allora la successione a n si mantiene sopra 1 per tutti i valori di n e quindi è monotona (strettamente) crescente. A questo punto, essendo a n monotona crescente, avrà limite. I limiti possibili sono le soluzioni dell equazione L = L (ovvero L = 0 o L = 1), nonché +. Dal momento che a n > 1 per ogni n, ed è crescente, i due valori 0 ed 1 non sono ammissibili. Pertanto a n diverge a +. Fermiamoci un attimo. Tiriamo il fiato e ripensiamo a quello che abbiamo fatto. Per dimostrare che a n ammetteva limite (finito o meno) era necessaria la monotonia di a n. Abbiamo provato a vedere se la successione a n era monotona crescente, il che ci ha portato a risolvere la disequazione a n+1 > a n ; essendo a n+1 = f(a n ), ci siamo ritrovati a dover risolvere la disequazione f(x) > x. Come tutte le disequazioni, l insieme delle soluzioni era l unione di intervalli (limitati o meno). Nel nostro caso, la disequazione f(x) > x era verificata se e solo se x < 0 o se x > 1. Abbiamo quindi spostato la nostra attenzione dalla monotonia (a n+1 > a n ) all essere a n > 1 per ogni n. Invocando il principio di induzione, abbiamo verificato che tale proprietà era soddisfatta per ogni n se a 1 = α > 1. Una volta dimostrata la monotonia abbiamo usato nuovamente il fatto che a n > 1 per scartare due possibili valori per il limite di a n, dimostrando che divergeva. Ebbene, questa è la strategia da adottare per risolvere gli esercizi sulle equazioni per ricorrenza. Cosa bisogna saper fare? Serve saper risolvere equazioni (L = f(l)), calcolare limiti (a ± ), risolvere disequazioni (per la monotonia), applicare il principio di induzione (sempre per la monotonia e per scartare possibili limiti). Insomma, un sacco di roba... Con, in più, un dubbio: che tipo di monotonia cerchiamo di dimostrare? Crescente o decrescente? Cosa ci può aiutare? Innanzitutto il testo: se come è capitato si chiede di dimostrare che la successione è monotona crescente (o decrescente), sappiamo già cosa c è da fare. Se, invece, l esercizio è vago, un aiuto a capire quale tipo di monotonia serve dimostrare ce lo 3

4 4 può dare il calcolo dei primi elementi della successione. Calcolare a, a 3 e a 4 può dare un indicazione sul tipo di monotonia della successione ovvero che tipo di segno tra e mettere tra a n+1 ed a n per dimostrare la monotonia. Attenzione: verificare con conti espliciti che a 3 > a > a 1 non è sufficiente a dimostrare che la successione è monotona crescente: il calcolo esplicito dei primi elementi della successione serve solo a capire che tipo di monotonia può avere a n : la monotonia vera e propria va dimostrata. Scrivere frasi del tipo dato che a 3 > a > a 1, allora a n è monotona crescente è considerato un errore, ed il punteggio assegnato a quella parte di esercizio: 0 (no, non è il vettore nullo, è proprio zero ). Proviamo ora a mettere in pratica i consigli precedenti su un caso esplicito. Esercizio 1. Sia a n la successione definita dalla seguente legge: a 1 = α, a n+1 = a n 3. Studiare la successione al variare di α in R. Svolgimento. Alla successione a n associamo la funzione f(x) = x 3. Essendo f una funzione continua, consideriamo la relazione di chiusura: L = f(l) L = L 3 L = 3. Inoltre, essendo lim f(x) = ±, x ± i limiti possibili della successione a n sono 3, + e. Per dimostrare che a n ammette limite, è necessario studiarne la monotonia. Dal momento che abbiamo un dato iniziale variabile (dal quale non si possono ricavare indicazioni calcolando i primi valori della successione), studiamo la monotonia crescente. Si ha a n+1 a n a n 3 a n a n 3. In sostanza, se per qualche n si ha a n 3, allora si avrà a n+1 a n. Osserviamo che in questo caso si avrebbe a n+1 a n 3, e quindi a n+1 3, da cui si ricava a n+ a n+1, e così via. In altre parole, se esiste un indice n per il quale si ha a n 3, allora a n+1 a n 3 per ogni n n. Analogamente, se per qualche n si ha a n < 3, allora a n+1 < a n < 3, e quindi anche a n+ < a n+1 < a n < 3,, e così via. Ricapitolando, se a n è sopra 3 per qualche n, continua ad esserlo da quell indice in poi, crescendo. Se è sotto 3 per qualche n, continua ad esserlo da quell indice in poi, decrescendo. A questo punto è facile capire cosa succede al variare di α. Se α > 3, allora a 1 = α > 3 e

5 quindi tutti i valori di a n sono maggiori di 3 e la successione è monotona crescente. Se α < 3, allora a 1 = α < 3 e quindi tutti i valori di a n sono minori di 3 e la successione è monotona decrescente. Se caso fortunato! α = 3, allora a n = 3 per ogni n in N (come si verifica facilmente). Mettendo insieme tutti i risultati, otteniamo monotona crescente se α > 3, a n è costantemente uguale a 3 se α = 3, monotona decrescente se α < 3. Dato che a n è monotona per tutti i valori di α, allora avrà limite. Se α > 3, la successione non può tendere né a (dato che è maggiore di 3 per ogni n), né a 3 (dato che è maggiore di 3 per ogni n ed è strettamente crescente); pertanto, diverge a +. Se α < 3 possiamo scartare le possibilità 3 e + (con un ragionamento analogo), cosicché la successione diverge a. Se α = 3 la successione è costante e quindi converge a 3. In definitiva, + se α > 3, lim a n = 3 se α = 3, n + se α < 3. Esercizio (Altamente diseducativo). Sia a n la successione definita dalla seguente legge: a 1 = α, a n+1 = a n 3. Studiare la successione al variare di α in R. Svolgimento. Osserviamo innanzitutto che la successione particolare a n = 3 soddisfa l equazione per ricorrenza (ma non il dato iniziale a meno che α non sia 3). Affrontiamo poi l equazione per ricorrenza (che chiameremo omogenea ) a n+1 = a n. Si verifica abbastanza facilmente, sostituendo, che ã n = A n verifica tale equazione qualsiasi sia il valore della costante A in R. Infine, osserviamo che a n = a n + ã n = 3 + A n soddisfa la legge a n+1 = a n 3 qualsiasi sia A in R, e soddisfa anche il dato iniziale a 1 = α a patto di prendere A = α 3. In definitiva, a n = 3 + α 3 n è il valore esplicito della successione per ricorrenza definita sopra. Si lascia al lettore il compito di verificare che tale successione è effettivamente monotona crescente se e solo se α > 3. Domanda finale (leggermente meno diseducativa): il procedimento di trovare una soluzione dell equazione omogenea ed una soluzione particolare ricorda qualcosa? 5

6 6 Come al solito, finite le chiacchiere si passa agli esercizi Esercizio 3. Sia a n definita dalla legge a n+1 = log(1 + a n ), a 1 = 10. Sapendo che l unica radice reale dell equazione L = log(1 + L) è L = 0, e che 0 log(1 + x) x per ogni x 0, dimostrare che a n ammette limite e calcolarlo. Che succede se a 1 = 10 6? Esercizio 4. Sia a n definita dalla legge a n+1 = 3 a n, a 1 = α. Studiare il comportamento della successione per α = 0 e per α = 1. Esercizio 5. Sia a n definita dalla legge a n+1 = sen(a n ), a 1 = α. Studiare il comportamento della successione al variare di α [0, π], sapendo che l unica soluzione reale dell equazione L = sen(l) è L = 0. Esercizio 6. Sia a n definita dalla legge a n+1 = 1 ) (a n + 1an, a 1 = α. Studiare il comportamento della successione per α = e per α = 1. Esercizio 7. Sia a n definita dalla legge a n+1 = 1 a n + a n, a 1 = α. Studiare il comportamento della successione per α = 0, per α = 1 e per α =. Esercizio 8. Sia k > 0 e sia a n definita dalla legge a n+1 = 1 ) (a n + k, a 1 = α. Dimostrare che a n converge a k qualsiasi sia il valore iniziale α > 0. a n

7 7 Appendice: esempi di successioni per ricorrenza Esempio 1. Uno dei più famosi esempi di successione definita per ricorrenza è il seguente: F n+ = F n+1 + F n, F 1 = 1, F = 1. In questo caso abbiamo la successione 1, 1,, 3, 5, 8, 13, 1, 34, 55, 89, 144, 33,... detta successione di Fibonacci, dal nome del matematico pisano Leonardo Fibonacci ( ) che la introdusse nel suo Liber abaci. Cosa possiamo dire di tale successione? Innanzitutto che F n > 0 per ogni n in N, dato che i due valori iniziali sono positivi: essendo ogni valore successivo la somma dei due precedenti, F 3 è positivo, quindi F 4 è positivo, e così via. Dall essere F n > 0 per ogni n segue che F n è strettamente crescente; infatti F n+ = F n+1 + F n > F n+1. Essendo F n monotona crescente, ammette limite. Quali sono i limiti possibili per F n? La relazione di chiusura è L = L+L, da cui L = 0. A questo valore devono essere aggiunti sia + che, ma solo il caso + è accettabile (0 e non sono limiti possibili perché F n è strettamente positiva per ogni n). Dunque, la successione di Fibonacci diverge. Dovendo un altra volta! essere diseducativi, proviamo a supporre che F n = A n per qualche valore di A in R. Sostituendo nella relazione per ricorrenza, otteniamo A n+ = A n+1 + A n A = A + 1 A = 1 ± 5. Se definiamo ϕ = 1+ 5, allora i possibili valori di A sono ϕ e 1 ϕ (come si vede facilmente). In altre parole, sia ϕ n che (1 ϕ) n risolvono la relazione per ricorrenza (non assumono, però, i valori iniziali). La cosa interessante è che non solo ϕ n e (1 ϕ) n risolvono la relazione, ma anche ogni loro combinazione lineare: F n = α ϕ n + β (1 ϕ) n, è tale che F n+ = F n+1 + F n per ogni n in N, qualsiasi siano i valori di α e β. Se fissiamo n = 1 abbiamo mentre se scegliamo n = abbiamo 1 = F 1 = α ϕ + β (1 ϕ), 1 = F = α ϕ + β (1 ϕ). Risolvendo il sistema si trova α = 1 5 = β, cosicché [( F n = ϕn (1 ϕ) n = ) n ( 5 1 ) n ] 5.

8 8 Il numero ϕ, detto rapporto aureo, compare spesso in architettura ed in pittura: un quadro (un palazzo, una finestra) i cui lati siano in rapporto vicino al rapporto aureo è generalmente più gradevole alla vista di altri i cui lati siano lontani da ϕ (d altra parte, li abbiamo sempre visti in queste proporzioni...). Siccome si vede facilmente (esercizio!) che F n+1 lim = ϕ, n + F n allora si possono costruire rettangoli con lati in rapporto vicino al rapporto aureo prendendo come lunghezza dei lati due numeri consecutivi di Fibonacci: Esempio. Le successioni per ricorrenza possono essere definite non solo a valori reali, ma anche a valori complessi. L esempio più importante di successioni per ricorrenza a valori complessi è il seguente: dato un numero complesso ζ, definiamo z n nella maniera seguente Otteniamo così la successione z n+1 = z n + ζ, z 1 = 0. 0, ζ, ζ + ζ, (ζ + ζ) + ζ = ζ 4 + ζ 3 + ζ + ζ,... Se, ad esempio, ζ = 0, allora z n 0 per ogni n in N; se ζ = 1, allora z n assume i valori 0, 1,, 5, 6 (in questo caso si vede facilmente che z n diverge come successione di numeri reali). Se ζ = i, allora z n assume i valori 0, i, i 1, i, i 1, i (e quindi non converge a nessun numero complesso, pur essendo limitata). Se ζ = i, allora z n assume i valori 0, i, -3, 9 + i, i (in questo caso si può dimostrare che la successione diverge in modulo). Esistono, quindi, dei numeri complessi ζ per i quali la successione z n è convergente, altri per i quali diverge in modulo, altri ancora per i quali è limitata ma non convergente. Definiamo allora il seguente sottoinsieme dei numeri complessi: M = {ζ C : z n è limitata}. Ad esempio, 0 e i appartengono a M, mentre 1 e i non sono in M. Come è fatto M? Al solito, è meglio disegnarlo che descriverlo:

9 L insieme M, detto insieme di Mandelbrot, è un esempio di insieme frattale. 9

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