Note sulle funzioni di variabile complessa
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- Giorgio Morelli
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1 Note sulle funzioni di variabile complessa Carlo Sinestrari Dipartimento di Matematica, Università di Roma Tor Vergata Queste note contengono alcuni risultati sulle funzioni di variabile complessa esposti nel corso di Analisi II dell A.A. 010/11. Per motivi di tempo, ci si è limitati alla definizione di derivabilità in senso complesso, agli integrali complessi e al teorema dei residui. Altri importanti argomenti di base (es. la formula integrale di Cauchy, la sviluppabilità in serie di potenze e in serie di Laurent) non sono trattati. Una trattazione più ampia si può trovare, ad esempio, sul libro di Bertsch-Dal Passo-Giacomelli Analisi Matematica, McGraw-Hill. 1 Funzioni elementari nel campo complesso Supponiamo che lo studente sia familiare con le proprietà di base dei numeri complessi viste nel corso di Analisi I (definizione, rappresentazione nel piano complesso, coniugato, modulo, argomento, forma trigonometrica, radici n-sime). Consideriamo una funzione f di variabile complessa, cioè f : D C con D un sottoinsieme aperto di C (che può anche essere tutto C). La funzione f si può scrivere come f = u + iv, con u, v funzioni a valori reali. Anche alla variabile z = x + iy da cui dipende f si può associare la coppia di numeri reali (x, y). In questo modo si ha un interpretazione equivalente dalla funzione complessa f come una coppia di funzioni u(x, y) e v(x, y) a valori reali. Esempi (i) f(z) = z definita in D = C. Se z = x + iy allora f(z) = (x + iy) = x y + ixy. Quindi f = u + iv con u(x, y) = x y e v(x, y) = xy. (ii) f(z) = z definita in D = C. Se z = x + iy allora f(z) = x iy, quindi f = u + iv con u(x, y) = x e v(x, y) = y. (iii) f(z) = 1/z definita in C \ {0}. Ricordando che troviamo che f = u + iv con u(x, y) = 1 z = 1 x + iy = x iy x + y x y x, v(x, y) = + y x + y Ricordiamo la definizione di esponenziale nel campo complesso. Se z = x + iy, si definisce e z = e x (cos y + i sen y). 1
2 L esponenziale così definito continua a soddisfare la proprietà che e z 1+z = e z 1 e z. Inoltre e z 0 per ogni z C. L esponenziale complesso è una funzione periodica di periodo πi. Pertanto, a differenza del caso reale, il logaritmo complesso (funzione inversa dell esponenziale) non è univocamente definita. Indicando con Log il logaritmo complesso e con log quello reale, abbiamo Log z = log z + i arg z, z C \ {0}. dove arg z, come è noto, ha infiniti possibili valori che differiscono per multipli interi di π. Osserviamo in particolare che nel campo complesso esistono i logaritmi dei numeri reali negativi, ad esempio Log ( 1) = πi (oppure πi, 3πi, ecc.). Per fissare un valore univoco del logaritmo, generalmente si sceglie la determinazione dell argomento compresa in ( π, π]; in questo modo, tuttavia, la funzione è discontinua lungo il semiasse reale negativo. E possibile scegliere l argomento in modo da avere la discontinuità lungo un altra semiretta, ma non è possibile definire in modo continuo il logaritmo complesso su tutto C \ {0}. La definizione di e z suggerisce di definire il seno e il coseno complessi al modo seguente: sen z = eiz e iz i, cos z = eiz + e iz. Le funzioni così definite coincidono con quelle usuali se z = x è un numero reale. Continua a valere l identità sen z + cos z = 1, mentre non è più vero che sen z, cos z 1 ovunque. Derivabilità in senso complesso Per una funzione complessa si può definire la derivata come limite del rapporto incrementale, in modo analogo al caso reale. Va osservato che il rapporto incrementale è in questo caso un quoziente tra numeri complessi e che il limite si definisce allo stesso modo di un limite in R. Definizione.1 La funzione f si dice derivabile in senso complesso in un punto z 0 D se esiste finito il limite f(z) f(z 0 ) lim. z z 0 z z 0 Il risultato del limite, se esiste, si indica con f (z 0 ) oppure df dz (z 0) e si dice derivata di f in z 0. Se f è derivabile in tutti i punti di D si dice che f è una funzione olomorfa nel suo dominio. Si possono dimostrare regole sulla derivabilità della somma, prodotto e quoziente di funzioni derivabili come nel caso reale. Ne segue, ad esempio, che ogni funzione razionale (quoziente di polinomi) è olomorfa, perché si ottiene mediante tali operazioni a partire dalla funzione f(z) = z che chiaramente è derivabile. Una sorprendente proprietà delle funzioni complesse (che non avremo tempo di trattare nel corso, e che ci limitiamo ad accennare qui) è che, se una funzione è derivabile una volta in senso complesso nel suo dominio, allora lo è infinite volte, ed è anche sviluppabile in serie di potenze in un intorno di qualunque punto del dominio. Questa proprietà è in forte contrasto col caso reale, dove esistono funzioni derivabili una volta ma non due (es f(x) = x x ), o in generale k volte ma non k + 1, o anche infinite volte ma non sviluppabili in serie di potenze. E interessante studiare la relazione tra la derivabilità in senso complesso e la differenziabilità in senso reale delle componenti di f. Il teorema seguente descrive il legame tra le due proprietà. Teorema. Sia f = u + iv una funzione complessa e sia z 0 = x 0 + iy 0 un punto del suo dominio D. Allora sono equivalenti le due proprietà
3 (i) f è derivabile in senso complesso in z 0 (ii) le due funzioni u, v sono differenziabili in (x 0, y 0 ) e soddisfano le uguaglianze u x (x 0, y 0 ) = v y (x 0, y 0 ), u y (x 0, y 0 ) = v x (x 0, y 0 ) note come equazioni di Cauchy-Riemann. Inoltre, se valgono le proprietà (i) e (ii) la derivata di f è legata alle derivate parziali di u, v dalla relazione f (z 0 ) = u x (x 0, y 0 ) + iv x (x 0, y 0 ) = v y (x 0, y 0 ) iu x (x 0, y 0 ). Dimostrazione. Dire che f sia derivabile in z 0 equivale a dire che f(z) = f (z 0 )(z z 0 ) + o( z z 0 ). Denotiamo con α, β la parte reale e immaginaria di f (z 0 ), tali cioè che f (z 0 ) = α+iβ. Scrivendo f = u + iv, l uguaglianza asintotica appena scritta diventa u(x, y) + iv(x, y) u(x 0, y 0 ) iv(x 0, y 0 ) = (α + iβ)(x x 0 + i(y y 0 )) + o( (x, y) (x 0, y 0 ) ) = α(x x 0 ) + iβ(x x 0 ) + iα(y y 0 ) β(y y 0 ) + o( (x, y) (x 0, y 0 ) ) Separando parte reale e immaginaria, troviamo: { u(x, y) u(x0, y 0 ) = α(x x 0 ) β(y y 0 ) + o( (x, y) (x 0, y 0 ) ) v(x, y) v(x 0, y 0 ) = β(x x 0 ) + α(y y 0 ) + o( (x, y) (x 0, y 0 ) ). Ciò equivale a dire che u, v sono differenziabili in (x 0, y 0 ) con derivate date da u x (x 0, y 0 ) = α, u y (x 0, y 0 ) = β, v x (x 0, y 0 ) = β, v y (x 0, y 0 ) = α, cioè che soddisfano le equazioni di Cauchy-Riemann. Questo dimostra l equivalenza tra (i) e (ii) e anche il legame tra f (z 0 ) e le derivate di u, v scritto nell enunciato. Esempi (i) Se f(z) = z, abbiamo u(x, y) = x y e v(x, y) = xy. Quindi u x = x = v y e u y = y = v x, quindi valgono le equazioni di Cauchy-Riemann e la funzione è olomorfa su tutto C con derivata f (z) = x + iy = z. (ii) Se f(z) = z allora u x = 1 mentre v y = 1. La funzione di passaggio al coniugato non è quindi derivabile in senso complesso in nessun punto, pur essendo una funzione del tutto regolare (è lineare) se considerata come funzione di due variabili reali. (iii) Se f(z) = 1/z troviamo u x = y x (x + y ) = v y, u y = quindi la funzione è olomorfa nel suo dominio, con derivata xy (x + y ) = v x, f (z) = y x ixy (x + y ) = z z = 1 z 3
4 (iv) Se f(z) = e z è definita in D = C allora u x = e x cos y = v y e u y = e x sen y = v x. Quindi anche l esponenziale complesso è una funzione olomorfa, con derivata f (z) = e x cos y + ie x sen y = e z, analogamente al caso reale. Vale anche che la derivata di Log z è 1/z (al di fuori del semiasse reale negativo dove Log z è discontinua); in questo caso, invece che un calcolo diretto, conviene utilizzare la regola di derivazione di funzione inversa, come nel caso reale. (v) Utilizzando le regole di derivazione di funzione composta, si trova d dz sen z = (eiz ) (e iz ) i = ieiz + ie iz i Con un calcolo analogo, si verifica che (cos z) = sen z. = cos z. 3 Integrali curvilinei di funzioni complesse Data una funzione complessa f : D C, e una curva parametrica piana contenuta nel dominio D della funzione f, vogliamo definire l integrale di f lungo, che denoteremo con f(z) dz. Definiremo questo integrale interpretandolo come quello di una opportuna forma differenziale. Scrivendo f = u + iv e dz = dx + idy, troviamo formalmente: f(z)dz = (u + iv)(dx + idy) = (udx vdy) + i(vdx + udy). Le espressioni in parentesi sono forme differenziali reali su R. Possiamo quindi definire f(z)dz = (udx vdy) + i (vdx + udy), dove i due integrali a secondo membro si calcolano con le regole delle forme differenziali su R. Esempio Sia f(z) = 1/z e sia la cironferenza (t) = (cos t, sen t) con t [0, π]. Allora dz dx + idy = z x + iy = (x iy)(dx + idy) x + y ( ) ( x = x + y dx + y x + y dy + i y ) x + y dx + x x + y dy = π 0 ( cos t sen t + sen t cos t) dt + i π 0 ( sen t + cos t) dt = πi. Proposizione 3.1 (i) La forma differenziale f(z)dz è esatta se e solo se la funzione f(z) possiede una primitiva F (z). In questo caso F (z) è anche un potenziale della forma differenziale f(z)dz e pertanto, per ogni curva contenuta nel dominio di f, vale f(z)dz = F (z 1 ) F (z 0 ), dove z 0 e z 1 sono gli estremi di. (ii) La forma differenziale f(z)dz è chiusa se e solo se la funzione f(z) è olomorfa. Dimostrazione (i) Supponiamo che F sia una primitiva di f e scriviamo F = U +iv, f = u+iv. Allora, per il Teorema., deve valere U x = V y = u, U y = V x = v. 4
5 Pertanto f(z)dz = (u + iv)(dx + idy) = (u + iv)dx + ( v + iu)dy = (U x + iv x )dx + (U y + iv y )dy = (U + iv ) x dx + (U + iv ) y dy = F x dx + F y dy, cioè F è un potenziale di f(z)dz. (ii) La forma f(z)dz = (u + iv)(dx + idy) = (u + iv)dx + ( v + iu)dy è chiusa se ha rotore nullo, cioè se d d (u + iv) = ( v + iu). dy dx Separando parte reale e complessa, ciò equivale a u y = v x e v y = u x, cioè alle equazioni di Cauchy-Riemann. Alla luce della parte (i) appena dimostrata e dell esempio precedente dell integrale di 1/z, vediamo che non è possibile definire Log z su tutto C \ {0} in modo continuo: se fosse possibile, avremmo una primitiva di 1/z definita su tutto C \ {0} e l integrale di 1/z su una qualunque curva chiusa sarebbe nullo. Corollario 3. Se Ω è un aperto limitato regolare contenuto nel dominio di una funzione olomorfa f, allora l integrale di f sul bordo di Ω (orientato positivamente) è nullo. Dimostrazione. Segue dalla parte (ii) della proposizione precedente e dal teorema di Stokes. Un punto z 0 C si dice una singolarità isolata per una funzione f se f non è definita in C, ma è definita in tutti i punti z in un intorno di z 0, cioè per tutti i punti z tali che 0 < z z 0 < d per un d > 0. Nel seguito consideremo funzioni olomorfe f aventi solo singolarità isolate, cioè definite su tutto C eccetto un insieme (finito o infinito) di punti z 1, z, z 3,... ciascuno dei quali possiede un intorno che non contiene altre singolarità. Proposizione 3.3 Sia z i una singolarità isolata di una funzione olomorfa f. Siano 1 e circonferenze centrate in z i, percorse in senso antiorario, di raggio r 1 e r rispettivamente, con 0 < r 1 < r tali che tutte le altre singolarità di f abbiano una distanza da z 0 maggiore di r. Allora f(z)dz = 1 f(z)dz. Dimostrazione. Indicando con Ω la corona circolare delimitata da 1 e, abbiamo che Ω non contiene singolarità di f, per le ipotesi su r 1, r. Quindi possiamo applicare il corollario precedente. Il bordo di Ω orientato positivamente consiste nella circonferenza percorsa in senso antiorario e in quella 1 percorsa in senso orario. Ne segue che 0 = f(z) dz = Ω f(z)dz f(z)dz, 1 cioè gli integrali su 1 e sono uguali. Il risultato appena dimostrato consente di introdurre la seguente nozione: Definizione 3.4 Data una funzione f come sopra, chiamiamo residuo di f nel punto singolare z i il numero 1 f(z)dz, πi 5
6 dove è una cironferenza centrata in z i, percorsa in senso antiorario, di raggio sufficientemente piccolo da non racchiudere altre singolarità di f. Indichiamo il residuo col simbolo Res f(z 0 ). Il valore di tale integrale non dipende dalla scelta del raggio, come mostrato alla proposizione precedente. Esempio Se f(z) = 1/z, allora l unica singolarità di f è z = 0 e, come calcolato in precedenza, si ha Res f(0) = 1. Vogliamo ora studiare l integrale di f su una arbitraria curva chiusa non passante per i punti singolari di f. Supporremo che sia semplice (senza autointersezioni eccetto gli estremi); allora sarà il bordo di una regione limitata del piano complesso, che chiamiamo A. Diremo che un punto del piano complesso è racchiuso dalla curva se appartiene alla regione A. Diremo che è orientata positivamente se gira intorno ad A in senso antiorario. Con queste premesse, l integrale di f su è completamente descritto dal seguente risultato. Teorema 3.5 (dei residui) Sia f una funzione olomorfa definita su tutto C eccetto un insieme finito o infinito di singolarità isolate z 1, z,... e sia una curva chiusa semplice orientata positivamente non passante per le singolarità di f. Allora f(z) dz = πi (residuo di f in z i ) dove la somma a secondo membro è limitata ai soli punti singolari racchiusi da. Dimostrazione Per ciascuna delle singolarità z i racchiuse da, sia D i un cerchio di centro z i di raggio sufficientemente piccolo da non contenere altre singolarità e da non intersecare la curva. Denotiamo con A la regione del piano complesso delimitata da e con Ω la regione A privata dei cerchi D i. Applicando il Corollario 3. alla regione Ω, e ragionando in modo simile alla dimostrazione della Proposizione 3.3, si ottiene che l integrale su è uguale alla somma degli integrali sulle circonferenze che delimitano i cerchi D i, e questi integrali per definizione sono uguali (a meno del fattore πi) ai residui di f nelle rispettive singolarità. Un utile criterio per calcolare il residuo di una funzione è il seguente: Proposizione 3.6 Sia f(z) = g(z) h(z) con g, h olomorfe, e sia z 0 tale che g(z 0 ) 0, h(z 0 ) = 0, h (z 0 ) 0. Allora z 0 è una singolarità isolata per f e si ha Res f(z 0 ) = g(z 0) h (z 0 ). Dimostrazione Ci limitiamo a una motivazione intuitiva. Le ipotesi implicano che per z vicino a z 0, f(z) = g(z) h(z) g(z 0 ) h(z 0 ) + h (z 0 )(z z 0 ) = g(z 0) 1 h. (z 0 ) z z 0 Più precisamente, è possibile dimostrare che f(z) = g(z 0) 1 h + R(z) (z 0 ) z z 0 con R(z) funzione olomorfa definita e regolare anche in z 0. Pertanto, se è una circonferenza centrata in z 0, f(z)dz = g(z 0) dz h + R(z) dz = g(z 0) (z 0 ) z z 0 h (z 0 ) πi, 6
7 dove l integrale di 1/(z z 0 ) si ottiene con un calcolo diretto simile a quello fatto in precedenza per 1/z, mentre l integrale di R(z) è nullo per il Corollario 3.. Dividendo per πi si ottiene il residuo richiesto. Esempio Calcoliamo i residui di f(z) = 1 di 1, che sono z Le singolarità di f coincidono con le radici quarte z 1 = 1 + i, z = 1 + i, z 3 = 1 i, z 4 = 1 i. A ciascuno degli z j si può applicare il criterio della Proposizione 3.6, ottenendo Res f(z j ) = 1 4zj 3. Per evitare di calcolare direttamente z 3 j, si può utilizzare il fatto che ciascun z j soddisfa z 4 j = 1, e quindi, Res f(z j ) = 1 4z 3 j = z j 4z 4 j = z j 4. Applicazione: Gli integrali di funzioni complesse e il teorema dei residui possono spesso essere applicato al calcolo di integrali impropri reali. Ad esempio, mostriamo come è possibile calcolare l integrale dx 1 + x 4. Tale integrale si può calcolare nel modo noto trovando la primitiva della funzione 1/(1 + x 4 ). Si tratta tuttavia di un calcolo piuttosto lungo. Il procedimento che esponiamo qui è concettualmente più sofisticato ma porta al risultato con calcoli molto più rapidi. Consideriamo la funzione complessa f(z) = 1/(1 + z 4 ), che è il prolungamento sui complessi della funzione reale di cui vogliamo calcolare l integrale. E facile vedere, usando la definizione di integrale complesso, che se γ è un segmento sull asse reale che va dal punto (a, 0) al punto (b, 0), allora b f(z) dz = f(x) dx. γ (Questa è una proprietà generale che vale per tutte le funzioni ottenute estendendo ai complessi le funzioni di variabile reale.) Preso ora un qualunque R > 1, definiamo una curva chiusa R al modo seguente: R è il bordo del semicerchio di centro (0, 0) e raggio R contenuto nel semipiano superiore. Quindi R è composta da due tratti: il segmento di estremi [ R, R] sull asse reale e la semicirconferenza di raggio R, che indicheremo con γ R. Le singolarità di f sono state studiate nell esempio precedente: troviamo che quelle racchiuse da R sono z 1 e z. Applicando il teorema dei residui troviamo: R R dx 1 + x 4 + γ R a dz 1 + z 4 = πi ( Res f(z 1) + Res f(z )) = πi z 1 + z 4 = π. Osserviamo ora che il contributo dell integrale su γ R tende a zero per R +. Infatti γ R ha lunghezza πr, mentre f(z) su γ R ha modulo f(z) = 1/ 1 + z 4 1/R 4 ; pertanto l integrale è dell ordine di 1/R 3 e tende a zero per R +. Passando quindi al limite per R + nell uguaglianza precedente si trova: dx 1 + x 4 = π. 7
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