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1 MATRICI Si chiama matrice di m righe ed n colonne una tabella costituita da m n numeri (detti elementi), disposti in m righe orizzontali ed in n colonne verticali, racchiusi tra due parentesi tonde. (1) a 11 a a 1n a 21 a a 2n a m1 a m2... a mn Gli elementi di una matrice si indicano con una stessa lettera del alfabeto munita di due indici ad esempio a ij, il primo dei quali indica la riga, il secondo la colonna a cui l elemento appartiene. Ad esempio, l elemento a 32 si trova all incrocio della terza riga con la seconda colonna. Se m n la matrice si dice rettangolare di dimensione m n ; se m = n la matrice si dice quadrata di ordine n. In matrici quadrate, gli elementi a 11, a 22,..., a nn costituiscono la diagonale principale, mentre gli elementi a n1, a (n 1)2,..., a 1n costituiscono la diagonale secondaria. Una matrice quadrata si dice simmetrica se la tabella è simmetrica rispetto alla diagonale principale; si dice diagonale se tutti i suoi elementi sono nulli, ad eccezione al più di quelli appartenenti alla diagonale principale. Ogni matrice diagonale è simmetrica. Ad esempio, la matrice 1

2 B = è quadrata di ordine 3, gli elementi 1,2,0 costituiscono la diagonale principale, gli elementi 1,2,1 costituiscono la diagonale secondaria; la matrice B è simmetrica, ma non diagonale. Assegnata una matrice quadrata A, si chiama trasposta di A, la matrice A T ottenuta scambiando in A, le righe con le colonne, così, ad esempio, posto A = risulta A T = Ovviamente ogni matrice simmetrica coincide con la propria trasposta. Una matrice 1 n ha la forma ( a 11 a a 1n ) e prende il nome di vettore riga. Una matrice m 1 ha la forma a 11 a a m1 e prende il nome di vettore colonna. Nel seguito indicheremo brevemente con (a ij ) la matrice (1), il cui elemento di posto i, j è (a ij ). 2

3 Operazioni con le matrici. Addizione. Assegnate due matrici A = (a ij ) e B = (b ij ), entrambe della stessa dimensione m n si definisce somma di A e B e si indica con C = A+B, la matrice m n il cui elemento c ij, di posto i, j, è dato da c ij = a ij +b ij (cioè l operazione di addizione è eseguita elemento per elemento). Alcune proprietà dell addizione. Proprietà commutativa: (a ij ) + (b ij ) = (b ij ) + (a ij ) Proprietà associativa: ((a ij ) + (b ij )) + (c ij ) = (a ij ) + ((b ij ) + (c ij )) Esistenza dell elemento neutro 0 dell addizione (matrice nulla, i cui elementi sono tutti nulli) tale che (a ij ) + 0 = (a ij ), per ogni matrice (a ij ). Esistenza dell elemento opposto: ogni matrice (a ij ) ammette una matrice opposta che si indica con ( a ij ) tale che (a ij ) + ( a ij ) = 0. Ad esempio, la matrice A = e la matrice A = sono una l opposta dell altra Moltiplicazione di una matrice per uno scalare. Se A = (a ij ) è una matrice m n, e λ IR il prodotto di λ per A, indicato con λa, è la matrice m n il cui elemento di posto i, j è λ a ij. Esempio: A = λ = 3 λa = Moltiplicazione righe per colonne tra matrici. Assegnata una matrice A = (a ij ) di dimensione m n e una matrice B = (b ij ), di dimensione n p si definisce prodotto di A e B e si indica 3

4 con C = A B, la matrice m p il cui elemento c ij, di posto i, j, è ottenuto addizionando i prodotti degli elementi della i-esima riga di A per gli elemeti della j-esima colonna di B. Si osservi che per poter moltiplicare righe per colonne la matrice A per la matrice B, occorre che il numero di colonne della matrice A coincida con il numero di righe della matrice B. Il risultato è una matrice C che ha lo stesso numero di righe della prima e lo stesso numero di colonne della seconda. Esempio: = in quanto c 11 = = 6 c 12 = = 27 c 21 = = 6 c 22 = = 19 Sistemi lineari ed equazioni matriciali. Particolare rilievo ha la moltiplicazione di una matrice per un vettore colonna, in quanto permette di ridurre un sistema lineare ad una equazione in forma matriciale. Un sistema lineare di tipo generale costituito da m equazioni in n incognite è della forma a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b a m1 x 1 + a m2 x a mn x n = b m Il sistema si dice lineare, poichè ciascuna equazione é di primo grado (ogni suo termine ha grado 1). I numeri reali a ij si chiamano coefficienti del 4

5 sistema, mentre i numeri reali b 1, b 2,..., b m sono detti termini noti. Un sistema lineare si dice omogeneo se i termini noti sono tutti nulli. In un sistema lineare omogeneo ogni termine di ogni equazione è di primo grado. Assegnato il sistema lineare di m equazioni in n incognite sopra descritto e posto A = a 11 a a 1n a 21 a a 2n , X = x 1 x 2..., B = b 1 b 2... a m1 a m2... a mn x n b m utilizzando il prodotto matriciale righe per colonne è immediato verificare che tale sistema è equivalente all equazione matriciale A X = B. Alcune proprietà della moltiplicazione. Proprietà associativa: ((a ij ) (b ij )) (c ij ) = (a ij ) ((b ij ) (c ij )) Proprietà distributive della moltiplicazione rispetto all addizione: (a ij ) ((b ij ) + (c ij )) = (a ij ) (b ij ) + (a ij ) (c ij ) λ ((b ij ) + (c ij )) = λ (b ij ) + λ (c ij ) La matrice nulla 0 è l elemento annullatore della moltiplicazione: 0 (a ij ) = 0, λ 0 = 0 Elemento neutro della moltiplicazione: per ogni n IN, n > 1 la matrice diagonale di ordine n i cui elementi non nulli sono uguali ad uno si chiama matrice identica I ed è tale che (a ij ) I = (a ij ), per ogni matrice (a ij ) di dimensione m n. I =

6 Si osservi che non sussiste la nota legge di annullamento del prodotto, infatti esistono matrici non nulle il cui prodotto è nullo. Posto A = B = si verifica facilmente che A B = 0. L equazione matriciale A X = B, A 0 può non avere alcuna soluzione. È noto infatti che l equazione A X = B con A = B = 1 1 equivalente al sistema x + 2y = 1 2x + 4y = 1 è impossibile. Da quanto osservato è evidente che le operazioni di addizione e moltiplicazione (in particolare quest ultima) conferiscono una struttura algebrica poco operativa, in ogni caso ben lontana dalla struttura algebrica dei numeri reali. È però sufficiente limitarsi a considerare un opportuno sottoinsieme di tutte le matrici per ottenere una struttura in cui siano valide le regole dell algebra elementare (ad eccezione della proprietà commutativa). Al fine di individuare tale sottoinsieme è necessario introdurre il concetto di determinante di una matrice. 6

7 DETERMINANTE DI UNA MATRICE QUADRATA Fissata una matrice quadrata A = (a 11 ) di ordine 1, si definisce determinante di A il valore a 11 e si scrive deta = a 11. Se A = a 11 a 12 a 21 a 22 è una matrice quadrata di ordine 2, si definisce determinante di A il numero deta = a 11 a 22 a 12 a 21 Il determinante della matrice A si indica anche con il simbolo a 11 a 12 a 21 a 22 Esempio A = deta = = 1. Assegnata una matrice quadrata A = (a ij ) di ordine n, n 2 e fissati due indici i, j, si indichi con A ij la sottomatrice ottenuta da A eliminando la riga i-esima e la colonna j-esima. Si definisce minore complementare dell elemento a ij il determinante deta ij complemento algebrico dell elemento a ij il numero m ij = ( 1) i+j deta ij determinante di A la somma dei prodotti degli elementi di una sua riga (o colonna) per i rispettivi complementi algebrici (regola 7

8 di Laplace). Quando si usa la regola di Laplace per il calcolo di un determinante si suol dire che il determinante si sviluppa secondo gli elementi di una riga o colonna. Ad esempio, considerata la matrice del terzo ordine A = sviluppando il determinante secondo gli elementi della prima riga si ha m 11 = ( 1) = = 16 m 12 = ( 1) = (0 3) = 3 m 13 = ( 1) = 0 2 = 2 det A = a 11 m 11 + a 12 m 12 + a 13 m 13 = ( 2) = 22 Si dimostra che il valore del determinante non dipende dalla riga o dalla colonna scelta per lo sviluppo. Si osservi che il teorema di Laplace riconduce il calcolo di un determinante di ordine n al calcolo di n determinanti di ordine n 1 e ognuno di questi al calcolo di (n-1) determinanti di ordine n 2 e così via; in conclusione, applicando ripetutamente la regola di Laplace, il calcolo di un determinante di ordine n è ricondotto al calcolo di determinanti di ordine due anche se numerosi. I principali CAS (Computer Algebra Systems) contengono programmi che permettono un veloce calcolo matriciale. 8

9 Il determinante di una matrice quadrata di ordine tre può essere calcolato applicando la seguente regola di Sarrus: si formi la tabella a 11 a 12 a 13 a 11 a 12 a 21 a 22 a 23 a 21 a 22 a 31 a 32 a 33 a 31 a 32 che si ottiene aggiungendo alla matrice le prime due colonne. La differenza tra la somma dei prodotti dei tre elementi della diagonale principale e delle sue parallele e la somma dei prodotti dei tre elementi della diagonale secondaria e delle sue parallele dà il determinante considerato. Esempio Il determinante secondo la regola di Sarrus della matrice A = si ottiene scrivendo la tabella ed è dato da det A = = 22. 9

10 Principali proprietà dei determinanti. Se det A = 0, la matrice A si dice singolare. La matrice identica ha determinante unitario, mentre la matrice nulla ha determinante nullo. Se in un determinante tutti gli elementi di una riga o colonna sono nulli, il determinante ha valore nullo. Il valore di un determinante non si altera se si scambiano le righe con le colonne (det A = det A T ). Il valore di un determinante si muta nell opposto scambiando tra loro due righe o due colonne. Il valore di un determinante è zero se contiene due righe o colonne uguali. Se tutti gli elementi di una riga o colonna sono moltiplicati per uno scalare k, anche det A è moltiplicato per lo scalare k. Il valore di un determinante è zero se contiene due righe o colonne proporzionali. Se A è una matrice di ordine n, allora det(k A) = k n det A Se gli elementi di una riga (o colonna) sono combinazione lineare degli elementi delle rimanenti righe o colonne, il determinante ha valore nullo. 10

11 Il determinante di un prodotto è uguale al prodotto dei determinanti det(a B) = det A det B cioè il prodotto di due matrici è singolare se e solo se almeno uno dei due fattori è singolare. Il determinante di una matrice quadrata è un numero reale associato alla matrice che dipende non solo dal valore degli elementi costituenti la matrice, ma anche dalla loro posizione. Ad esempio le matrici A = , B = hanno gli stessi elementi ma det A = 1 e det B = 0. Notiamo infine che a tutt oggi non è risultato significativo associare un determinante ad una matrice rettangolare. Le matrici quadrate di ordine n non singolari. Matrice inversa. Ogni matrice non singolare A di ordine n ammette una ed una sola matrice non singolare A 1 di ordine n, detta matrice inversa di A, tale che. La matrice inversa è così definita: A A 1 = A 1 A = I A 1 = 1 det A M T ove M è la matrice formata dai complementi algebrici degli elementi di A. Per le proprietà del determinante si ha det A det A 1 = det(a A 1 ) = det I = 1 11

12 quindi det A 1 = 1 det A. Esempio Assegnata A = si ha det A = = 7 0, M = , M T = e quindi A 1 = 1/7 3/7 2/7 1/7 Si verifichi che A A 1 = A 1 A = I e che det A 1 = 1 det A. L algebra elementare delle matrici. Da quanto sopra, segue che le operazioni di addizione e moltiplicazione conferiscono all insieme delle matrici quadrate non singolari con l aggiunta della matrice nulla la stessa struttura algebrica dei numeri reali (ad eccezione della proprietà commutativa della moltiplicazione). Sussistono così tutte le proprietà fondamentali dell algebra elementare. In particolare valgono: Legge di annullamento del prodotto: det(a B) = 0 se e solo se almeno uno dei due fattori A o B è singolare. 12

13 L equazione matriciale A X = B con A matrice quadrata non singolare ammette una ed una sola soluzione: A X = B A 1 A X = A 1 B I X = A 1 B X = A 1 B. Rango di una matrice. Abbiamo già osservato che non si definisce il determinante di matrici rettangolari m n con m n. Si introduce però un operatore più generale, chiamato rango della matrice, che ad ogni matrice, quadrata o rettangolare, associa un numero intero non negativo strettamente legato alla natura della matrice stessa. Da ogni matrice A si possono estrarre sottomatrici quadrate; se A è quadrata la sottomatrice quadrata di ordine massimo che si può estrarre coincide con A stessa. I determinanti delle sottomatrici quadrate si chiamano minori estratti dalla matrice. Si chiama ordine del minore l ordine della relativa sottomatrice quadrata. Si chiama rango (o caratteristica) della matrice A, rg A, l ordine massimo dei minori non nulli che si possono estrarre da A. Precisamente, assegnata una matrice A di dimensione m n, si dice che rg A = k, con k min{m, n} se dalla matrice A si può estrarre almeno un minore non nullo di ordine k, tutti i minori di ordine maggiore di k che si possono estrarre dalla matrice A sono nulli. Esempio 13

14 Ogni matrice quadrata A può avere al massimo rango pari al suo ordine. Sia A di ordine n. Si ha: rga = n det A 0. La matrice A = può avere al massimo rango 3 pari alla sua dimensione minore. Poichè la terza riga si ottiene sommando alla prima riga la seconda moltiplicata per 2, applicando le proprietà dei determinanti, è facile verificare che i minori di ordine 3 sono tutti nulli e perciò rga 2. Poichè tra i minori di ordine 2 ve ne sono alcuni non nulli (ne basta uno!!!), quale ad esempio = 2 segue che rga = 2. Vettori linearmente indipendenti. Assegnati n vettori v 1, v 2,..., v n, si chiama combinazione lineare di v 1, v 2,..., v n ogni vettore della forma a 1 v 1 + a 2 v a n v n ove a 1, a 2,..., a n sono numeri reali, detti coefficienti della combinazione. I vettori v 1, v 2,..., v n, si dicono linearmente indipendenti se l unica loro combinazione lineare uguale al vettore nullo è quella a coefficienti tutti nulli, cioè a 1 v 1 + a 2 v a n v n = 0 a 1 = a 2 =... = a n = 0. Vettori che non sono linearmente indipendenti si dicono lineramente dipendenti. 14

15 Si provano le seguenti caratterizzazioni sulla dipendenza lineare di n vettori: I vettori v 1, v 2,..., v n, sono linearmente dipendenti se e solo se uno almeno di essi è combinazione lineare dei rimanenti. Siano v 1, v 2,..., v n, n vettori colonna di dimensione n 1. Essi sono linearmente dipendenti se e solo se la matrice di ordine n che li ammette come vettori colonna ha determinante uguale a zero. Il rango di una matrice è una misura del numero di vettori riga (o colonna) che sono linearmente indipendenti. Si prova infatti: Il rango di una matrice A è uguale al massimo numero di vettori riga (o colonna) di A che siano linearmente indipendenti. In particolare, gli n vettori colonna [gli m vettori riga] di una matrice A di dimensione m n, sono linearmente indipendenti se e solo se rga = n [rga = m]. 15

16 Sistemi lineari. Assegnato un sistema lineare di m equazioni in n incognite a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b a m1 x 1 + a m2 x a mn x n = b m in questo capitolo affrontiamo il problema della sua risoluzione. Iniziamo con delle notazioni: la matrice A = a 11 a a 1n a 21 a a 2n , a m1 a m2... a mn è detta matrice dei coefficienti o anche matrice incompleta per distinguerla dalla matrice completa C di dimensione m (n+1) ottenuta dalla matrice A aggiungendo come (n+1)-esima colonna il vettore colonna dei termini noti: a 11 a a 1n b 1 a C = 21 a a 2n b a m1 a m2... a mn b m Posto X = x 1 x 2..., B = b 1 b 2... x n b m il sistema assegnato è equivalente all equazione matriciale A X = B. Iniziamo con il considerare sistemi lineari con numero di equazioni uguale al numero delle incognite (m = n). La matrice A è una matrice quadrata: se A è non singolare (deta 0) A ammette la matrice inversa e l equazione 16

17 matriciale A X = B ammette una e una sola soluzione: A X = B A 1 A X = A 1 B I X = A 1 B X = A 1 B. Un altro metodo di risoluzione dei sistemi lineari di n equazioni in n incognite (m = n) è proposto dal seguente Teorema di Cramer sola soluzione data da Se deta 0 il sistema lineare ammette una ed una dove x 1 = detb 1 deta, x 2 = detb 2 deta,..., x n = detb n deta B 1 = b 1 a a 1n b 2 a a 2n ,..., B n = a 11 a b 1 a 21 a b b n a n2... a nn a m1 a m2... b n cioè B i, i = 1,..., n si ottiene dalla matrice A sostituendo la i-esima colonna con il vettore colonna dei termini noti. Il Teorema di Cramer per la risoluzione di un sistema lineare di n equazioni in n incognite è significativo da un punto di vista teorico in quanto fornisce una condizione sufficiente (deta 0) affinchè il sistema ammetta una e una sola soluzione, ma è poco operativo quando il numero delle equazioni (e delle incognite) è grande. Un altro metodo di frequente uso è il metodo di eliminazione di Gauss che consiste nel trasformare il sistema assegnato in un altro di forma triangolare ad esso equivalente, cioè avente le stesse soluzioni. Al momento sappiamo risolvere solo equazioni matriciali in cui A è quadrata non singolare. 17

18 Esempio Risolvere il sistema lineare 2x + + z = 0 2y + = 2 2x + y + = 3 equivalente all equazione lineare non omogenea A X = B ove A = B = 2 3 Sviluppiamo il deta secondo gli elementi della seconda riga: deta = 2 ( 1) = 2 ( 2) = Calcoliamo A 1 : m 11 = ( 1) = 0 m 12 = ( 1) = 0 m 13 = ( 1) = +4 m 21 = ( 1) 2+1 m 22 = ( 1) = ( 1) = 1 = 2 18

19 m 23 = ( 1) = 2 m 31 = ( 1) = 2 m 32 = ( 1) = 0 m 33 = ( 1) = M = M T = /4 1/2 A 1 = M T /4 = 0 1/ /2 1 Verificare che A A 1 = I. Le soluzioni del sistema sono date da A 1 B: 0 1/4 1/2 0 1/ / = 1/2 + 3/ = Risolviamo lo stesso sistema applicando il Teorema di Cramer: 19

20 detb 1 = det detb 2 = det detb 3 = det = ( 1) = = = ( 1) = = ( 1)1+1 = 2( 6 + 2) = quindi: x = detb 1 deta = 4/4 = 1, y = detb 2 deta = 4/4 = 1, z = detb 3 deta = 8/4 = 2 Riprendiamo ora in considerazione un sistema lineare di tipo generale di m equazioni in n incognite. Il seguente teorema caratterizza i sistemi lineari che ammettono soluzioni: Teorema di Rouché - Capelli Condizione necessaria e sufficiente affinchè un sistema lineare di m equazioni in n incognite abbia soluzioni è che le matrici completa ed incompleta del sistema abbiano lo stesso rango. Se il sistema ha soluzioni, sia k il rango delle due matrici. Se k = n il sistema ammette una e una sola soluzione che si determina con il Teorema di Cramer. Se k < n il sistema ammette n k soluzioni, cioè l insieme delle soluzioni è in corrispondenza biunivoca con IR n k. Sistemi lineari omogenei Un sistema lineare si dice omogeneo se e solo se il vettore colonna B dei termini noti è il vettore nullo (tutti gli elementi sono nulli). In questo caso le matrici completa e incompleta hanno sempre lo stesso rango (differiscono per una colonna di zero!)e quindi i sistemi lineari omogenei hanno sempre soluzione. In particolare essi hanno sempre la soluzione identicamente nulla. 20

21 Nel loro studio è sufficiente considerare solo la matrice incompleta A. Se rga = numero delle incognite, il sistema ammette una e una sola soluzione: la soluzione identicamente nulla (soluzione banale). Se k = rga < numero delle incognite = n, il sistema ammette n k soluzioni, che naturalmente comprendono la soluzione identicamente nulla. 21

22 Trasformazioni geometriche Una trasformazione geometrica T (X), X vettore colonna, è una corrispondenza biunivoca che associa ad ogni punto X dello spazio un punto T (X) dello spazio stesso conservando qualche proprietà geometrica. Le posizioni dei punti sono modificate in quanto essi subiscono un movimento, mentre il sistema di riferimento resta fisso. X è detto punto unito o punto fisso della trasformazione T se T (X) = X ovvero se esso è invariante rispetto alla trasformazione. Tra le principali trasformazioni geometriche consideriamo le affinità T (X) = A X + X 0 ove X, X 0 sono vettori colonna, A è una matrice quadrata non singolare (deta 0) e A X indica il prodotto riga per colonna. Si può dimostrare che un affinità gode delle seguenti proprietà: trasforma rette in rette; a rette parallele corrispondono rette parallele; a rette incidenti corrispondono rette incidenti; conserva il rapporto fra segmenti paralleli (in particolare al punto medio di un segmento corrisponde il punto medio del segmento omologo); In generale un affinità non conserva la forma delle figure. L immagine di un rettangolo è in generale un parallelogramma, così come l immagine di una circonferenza può essere un ellisse. Una affinità che lascia fissa l origine (cioè ammette l origine come punto fisso) si chiama applicazione lineare ed é caratterizzata da X 0 = 0. Quindi T è un applicazione lineare se T (X) = A X. Proprietà di un applicazione lineare: T (X 1 + X 2 ) = T (X 1 ) + T (X 2 ) T (kx) = kt (X). Dal punto di vista geometrico si dice che un applicazione lineare soddisfa il principio di sovrapposizione nel senso che il risultato corrispondente alla somma di due dati è la somma dei due risultati che si sarebbero ottenuti 22

23 separatamente. Affinità di particolare importanza sono le isometrie. Le isometrie sono affinità che conservano le distanze tra punti, la forma e la grandezza delle figure. Indicato con X 1, X 2, due punti dello spazio (vettori colonna) e con d(x 1, X 2 ) la distanza tra X 1 e X 2, l affinità T è una isometria se d(t (X 1 ), T (X 2 )) = d(x 1, X 2 ). Le isometrie si possono classificare in: traslazioni, simmetrie assiali, simmetrie centrali, rotazioni. Traslazioni Un isometria è una traslazione quando A = I, matrice identica. Quindi una traslazione è T (X) = X + X 0. Una traslazione è quindi una trasformazione affine dello spazio che sposta tutti i punti di una distanza fissa nella stessa direzione. La si può anche interpretare come addizione di un vettore costante X 0 ad ogni punto, o come spostamento dell origine del sistema di coordinate. x = x + x 0 Nel piano si può rappresentare come y = y + y 0 ove X = x, X 0 = x 0, T (X) = y y 0 x Ovviamente, una traslazione non è un applicazione lineare. Simmetrie assiali y. Nel piano due punti X e X si dicono simmetrici rispetto a una retta r (cui non appartengono) quando r è l asse del segmento [X, X ]. Il punto X è il simmetrico di X rispetto ad r e viceversa. La trasformazione che associa ad ogni punto X che non appartiene ad r il punto X suo simmetrico, ed ammette tutti i punti di r come punti fissi, é detta simmetria assiale di asse r nel piano. Se la retta r passa per l origine, la simmetria assiale è un applicazione lineare. In particolare, se r è l asse x, si ha x = x T (X) = A X, y = y A =

24 Se r è l asse y, si ha T (X) = A X, x = x y = y A = Simmetrie centrali Nel piano due punti X e X si dicono simmetrici rispetto a un punto C (cui non appartengono) quando C è il punto medio (o centro) del segmento [X, X ]. X si dice il simmetrico di X rispetto ad C e viceversa. La trasformazione che associa ad ogni punto X il punto X suo simmetrico, e viceversa, si dice simmetria centrale di centro C. L unico punto fisso di tale isometria è il centro C di simmetria. Una simmetria centrale è quindi un applicazione lineare solo se il centro di simmetria coincide con l origine, C O. In questo caso si ha T (X) = A X, x = x y = y A = Rotazioni Una rotazione è una trasformazione del piano o dello spazio che sposta gli oggetti in modo rigido e che lascia fisso almeno un punto (l origine dello spazio). I punti che restano fissi nella trasformazione formano un sottospazio: quando questo insieme è un punto (l origine) o una retta, si chiamano rispettivamente il centro e l asse della rotazione. Una rotazione di centro l origine è determinata dal verso di rotazione e dall angolo θ, ampiezza della rotazione. La rotazione antioraria di centro l origine e di angolo θ è l applicazione lineare T (X) = A X, x = x cos θ y sin θ y = x sin θ + y cos θ A = cos θ sin θ sin θ cos θ 24

25 mentre la rotazione oraria di centro l origine e di angolo θ è l applicazione lineare T (X) = A X, x = x cos θ + y sin θ y = x sin θ + y cos θ A = cos θ sin θ sin θ cos θ Autovalori ed autovettori di una matrice Sia A = (a ij ) una matrice quadrata di ordine n e sia x 1 x v = 2... x n un vettore colonna. L applicazione lineare Av = w trasforma il vettore v in un nuovo vettore w. Nelle applicazioni geometriche, ma anche in molte altre applicazioni, sorge spesso il problema di determinare se esiste un vettore v non nullo v 0 che dalla trasformazione Av = w sia trasformato in se stesso o in un multiplo di se stesso (un multiplo di v è kv, k numero reale). Si tratta cioè di studiare l equazione Av = kv. Indicata con I la matrice identica di ordine n, si ha Av = kv Av kv = 0 Av kiv = 0 (A ki)v = 0 L equazione matriciale Av = kv è equivalente all equazione (A ki)v = 0 e quindi ad un sistema lineare omogeneo con parametro k, matrice dei coefficienti (A ki), incognita v. Soluzioni non nulle v 0 del sistema esisteranno se det(a ki) = 0. 25

26 Si chiama autovalore di A ogni soluzione k dell equazione det(a ki) = 0. In generale il determinante a primo membro dell equazione è un polinomio di grado n in k, detto polinomio caratteristico della matrice A. Se la matrice A è simmetrica, il polinomio caretteristico ammette radici reali. Se k IR è un autovalore della matrice A, il sistema omogeneo (A ki)v = 0 ha almeno una soluzione v 0 in base al Teorema di Rouché - Capelli. Una tale soluzione v si chiama autovettore di A corrispondente all autovalore k. È facile verificare che se v è un autovettore di A allora anche ogni suo multiplo av, a IR \ {0} è autovettore di A (A ki)av = a(a ki)v = a 0 = 0 Vale il seguente Teorema Se A è una matrice simmetrica, k 1, k 2 IR sono due autovalori di A e v 1, v 2 due corrispondenti autovettori, allora k 1 k 2 = v 1, v 2 sono fra loro perpendicolari. Esempi Determinare gli autovalori e gli autovettori della matrice A = Trovare gli autovettori di A significa determinare, se esistono, soluzioni non nulle del sistema lineare omogeneo con parametro k (A ki)v = 0 3 k k x 1 x 2 = 0 0 (3 k)x 1 2x 2 = 0 2x 1 ( 2 k)x 2 = 0 26

27 Soluzioni non nulle del sistema esistono se e solo se det 3 k 2 = (3 k)( 2 k) + 4 = k 2 k 2 = k k 2 k 2 = 0 è l equazione caratteristica della matrice A. soluzioni sono k 1 = 1, k 2 = 2, autovalori della matrice A. Per k = 1 nel sistema omogeneo si ha 4x 1 2x 2 = 0 2x 1 x 2 = 0 Le sue Soluzioni del sistema sono tutti i vettori {(x 1, 2x 1 ) : x 1 IR}, autovettori della matrice A corrispondenti all autovalore k = 1. Analogamente, per k = 2 nel sistema omogeneo si ha x 1 2x 2 = 0 2x 1 4x 2 = 0 Soluzioni del sistema sono tutti i vettori {(2x 2, x 2 ) : x 2 IR}, autovettori della matrice A corrispondenti all autovalore k = 2. Applicazioni Consideriamo due popolazioni p 1 (t), p 2 (t) che coabitano nello stesso habitat. L evoluzione del numero degli individui può dipendere, oltre che dal naturale sviluppo di ognuna delle popolazioni, anche dall interazione con l altra popolazione. Il più semplice modello matematico che studia l interazione tra popolazioni è p 1 = ap 1 + bp 2 p 2 = cp 1 + dp 2 Si tratta di un sistema di equazioni differenziali lineare omogeneo del primo ordine a coefficienti costanti. Una soluzione del sistema è una coppia di funzioni p 1 (t), p 2 (t) derivabili che soddisfa le due equazioni. La matrice 27

28 a c b d è la matrice dei coefficienti. Ricordando il modello di Malthus è naturale ricercare le soluzioni del sistema nella forma p 1 (t) = Ae kt, p 2 (t) = Be kt ove k, A, B sono da determinare. Tali funzioni sono soluzioni se e solo se soddisfano il sistema di equazioni differenziali Ake kt = aae kt + bbe kt cioè Bke kt = cae kt + dbe kt (a k)a + bb = 0 ca + (d k)b = 0 Quest ultimo è un sistema lineare omogeneo nella variabile (A, B) con parametro k. Si tratta di un tipico problema di autovalori. Poichè si cercano soluzioni (A, B) non nulle, il determinante dei coefficienti deve annullarsi, cioè (a k)(d k) bc = 0. k 2 (a + d)k + (ad bc) = 0 è l equazione caratteristica della matrice a c b d e le sue radici k 1, k 2 sono gli autovalori della matrice (ci limitiamo a considerare il caso > 0, e quindi k 1, k 2 numeri reali). Qualunque coppia (A, B) appropriata è un autovettore. Le funzioni p 1 (t) = Ae k 1t, p 2 (t) = Be k 1t con (A, B) autovettore relativo all autovalore k 1 e p 1 (t) = Ce k 2t, p 2 (t) = De k 2t 28

29 con (C, D) autovettore relativo all autovalore k 2 sono soluzioni del sistema di equazioni differenziali. Si prova che tutte le soluzioni del sistema ( > 0) sono del tipo p 1 (t) = c 1 e k 1t + c 2 e k 2t, p 2 (t) = c 3 e k 1t + c 4 e k 2t al variare dei parametri c i IR, i = 1,..., 4. 29

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