la borghese rivoluzionaria l automobile, passando sono stati un per il cambiamento decennio rivoluzionario

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1 Fiat 125, la borghese rivoluzionaria di Alessandro Sannia G li anni Sessanta anche quelli migliori, Rileggendo oggi la storia l automobile, passando sono stati un sono invece la risposta di quarant anni fa è più per il cambiamento decennio rivoluzionario delle aziende a delle facile rendersi conto lento ma inarrestabile sotto molti punti di esigenze che già si dei sottili legami che delle abitudini e della vista. Se nella politica, stanno manifestando. univano la moda con società. nella società e nel costume i cambiamenti più significativi si sono visti sul finire di quel periodo, bisogna però ammettere che il 68 è stato solo il culmine di un processo che, più o meno coscientemente era già cominciato da tempo. L automobile, come ogni prodotto industriale di largo consumo, deve necessariamente seguire le tendenze del mercato. E il mercato è fatto dai gusti delle persone. Certo, esistono anche oggetti geniali e straordinari che sono capaci di guidare il mercato essi stessi, come la 500 o la Mini, ma sono casi eccezionali che hanno saputo creare il bisogno prima che si manifestasse: è il sogno di ogni ufficio marketing, ma capita di rado. Gli altri prodotti,

2 quattro ruote storiche Del ruolo interclassista assunto dalla 500 si è detto e scritto tantissimo: l auto per i giovani, l auto economica per tutte le tasche, l auto dell emancipazione femminile, l auto snob per quarant anni fa, occorre innanzi tutto una premessa sulla 1500: la prima serie, nata nel 1961 era identica alla 1300, solo con un motore più grande; quasi subito, fu modificato lo stampo del tetto La 125 fu costruita in poco più di seicentomila esemplari ed è chi disprezzava l ostentazione delle macchine di lusso. Molto meno si è ragionato, invece, sul cambiamento di gusti della media borghesia. Eppure, accostando oggi una 1500 ad una 125 sembra difficile credere che siano passati solo sei anni dal debutto dell una a quello dell altra. Non sono solo le forme a sembrare distanti anni luce, ma sopratutto lo spirito. Non quei poco più di cento c.c. di differenza e forse neppure in modo da alzarlo di qualche centimetro in corrispondenza dei posti posteriori, così da migliorare l abitabilità. La macchina piaceva, ma era abbastanza chiaro che la clientela disposta a preferirla ad un Alfa-Romeo o ad una Lancia lo faceva probabilmente per ragioni di costo, ma avrebbe voluto comunque qualcosa in più. Fu accontentata con la 1500 C del 1964, che migliorava il motore, aveva un po di dettagli rimasta in produzione fino al 1972, per lasciare poi il posto alla 132, che meccanicamente ne era l erede ma che non riuscì mai ad eguagliarla tirando fuori un carattere altrettanto forte. i quindici cavalli. Quello che estetici diversi dalla 1300, davvero rende la 125 un essere di un altra specie sono i due assi a camme in testa; un tocco di classe per una berlina che, prima, era esclusivo appannaggio delle Alfa-Romeo. Ma come è arrivata la Fiat a sovvertire le regole consolidate in un modo così sfacciato? Perchè la sua berlina di gamma medio-alta rinunciava a tutta la rassicurante tranquillità della 1500 per montare gomme larghe e mettersi a competere con la Giulia? La prima risposta ma soprattutto era il frutto degli investimenti - tutt altro che modesti - necessari per aumentare il passo di otto centimetri e mezzo. Per convincere la Fiat a spendere una quantità di denaro non indifferente per modificare gli stampi dei lamierati di pavimento, fiancate, tetto e portiere per far stare più comode le gambe dei passeggeri seduti dietro, ci dovevano essere dei motivi più che validi. E la spiegazione è che visti alla Fiat, con la Produzione arroccata a difendere concetti di ottimizzazione e semplicità e la Direzione Tecnica intenta ad assediarla con spinte innovative e ambiziose. Il contrasto era diventato così forte che alla fine non fu possibile trovare un indirizzo comune e furono sviluppati due motori diversi: da una parte il 124A della berlina, derivato dal vecchio e robusto 103 della 1100; dall altra il istintiva potrebbe essere: perchè la clientela diventava ogni gior- erano stati inventati il bikini e no più esigente. Se pure la con- la minigonna. Da un punto di correnza straniera fosse allora vista industriale certamente il decisamente contenuta, i tempi ragionamento è più complicato, in cui Valletta diceva con sicu- ma in fin dei conti anche l automobile fa parte del grande carosello delle mode. Per capire meglio quello che accadde alla Fiat proprio rezza si vende perchè è Fiat stavano cominciando a tramontate. La 1300 durò poco. Già nel 1966 fu sostituita dalla 124. Fu uno dei parti più travagliati mai

3 nuovissimo 124 delle non si trattava tanto Sport: un potente di capacità tecniche, bialbero destinato a fare che indubbiamente storia. c erano, quanto di Anche nel progettare cambiare visione e la macchina c era modo di concepire stata una profonda un automobile. evoluzione concettuale. Il risultato è ancor oggi In termini di ergonomia sotto gli occhi di tutti, i passi avanti della con la sua eleganza 124 erano incredibili: aggressiva e la sua più comoda, più meccanica raffinata. confortevole, più sicura Quello che però ha e contemporaneamente dell incredibile sono i più compatta e più tempi in cui la 125 fu razionale della realizzata. Allo stesso modo, nella produzione c era statoun approccio nuovo e i costi La 125 si rivolgeva a quella borghesia benestante sempre La decisione di sostituire la destinata a diventare obsoleta nel 10 erano stati contenuti sensibilmente. La 125 doveva nascere da tutto questo come risposta per quella clientela che, sempre di più, voleva distinguersi in quello che oggi chiamiamo segmento C. Si trattava di un tipo di acquirente ormai smaliziato che non si accontentava più di meno provinciale e sempre più moderna, pur senza lasciarsi travolgere dagli eccessi libertari di quegli anni. Sapeva coniugare splendidamente una sobria eleganza con il giusto tocco di aggressività. La sua meccanica all avanguardia consentiva prestazioni che per l epoca erano di preciso momento in cui il pubblico avesse visto la con un nuovo modello più grande e più comodo fu presa con convinzione dall ing. Gaudenzio Bono all inizio del Senza lasciare alternativa ai suoi collaboratori, chiese che la nuova vettura venisse presentata al successivo Salone dell Automobile misurare il valore di una macchina in centimetri e prim ordine. di Torino, che in quegli anni si teneva fra la fine che tanto meno si lasciava di ottobre e l inizio di attrarre dall opulenza novembre. Sembrava delle cromature ormai una sfida impossibile, fuori moda. Non più ma Dante Giacosa la gomme a fascia bianca, affrontò con ottimismo ma pneumatici larghi e determinazione. che dessero sicurezza e tenuta di strada. Non più cilindrata fine a se stessa, ma ripresa e potenza. Per la Fiat Progettare una vettura completamente nuova era evidentemente un progetto irrealizzabile ed anche molto anti-

4 quattro ruote storiche economico, prevedendo un volume di vendite non enorme a causa dell alta fascia di prezzo in cui sarebbe stata collocata. Fu dunque deciso di mettere mano alla maggior parte possibile di componenti esistenti e di modificarli al meglio. Il pianale della 1500 costituiva ancora una base valida e fu dunque mantenuto. Per la carrozzeria si partì da quella della 124, ma era indispensabile cambiare completamente l estetica, per non rischiare di penalizzare il modello di lusso facendolo assomigliare a quello più economico. Mancando del tutto il tempo di fare il consueto sviluppo del design presso il Centro Stile, passando attraverso le maquette in scala e poi i modelli in gesso in dimensioni al vero, si partì dalla scocca di una 124, intervenendo direttamente sulla lamiera con le opportune modifiche. Alla fine, fu mantenuto invariato tutto quello che non si vedeva, mentre i lamierati esterni erano stati completamente ridisegnati per darle un aspetto simile, ma chiaramente riconoscibile. Oltre allo schema della distribuzione, c era anche la grande novità del comando a cinghia dentata, che finalmente dimostrava di aver raggiunto una maturità sufficiente da non destare più preoccupazioni per la durata. 11

5 12 Trattandosi di un modello più ricercato, gli stilisti si erano concessi qualche vezzo estetico in più, indulgendo verso linee molto squadrate ed un poco meno pulite di quelle della 124. Tutto, però, era un richiamo alla modernità: i doppi fari anteriori quadrati erano una novità assoluta; le maniglie delle porte incassate mostravano una particolare attenzione alla sicurezza. L interno era più comodo e ancora meglio organizzato di quello della 124, tanto che la lunghezza manteneva gli otto centimetri di vantaggio derivanti dal passo, ma in larghezza l esterno della vettura misurava un centimetro in meno. Non avendo tempo per le prove al banco e quelle su strada, la meccanica doveva necessariamente essere un evoluzione della 124. L ing. Aurelio Lampredi, celebre creatore dei motori Fiat di quei tempi, ritenne di poter sviluppare il tipo 125 a partire dal bialbero della 124 Sport, che era un 1.400, aumentandone la cilindrata fino a senza compromettere l affidabilità. In questo modo, poteva ottenere una potenza di ben novanta cavalli. Il desiderio di portare su una berlina di serie un motore così moderno e raffinato ebbe dunque modo di concretizzarsi. Oltre allo schema della distribuzione, fino a quel momento riservato solo a particolari modelli sportivi, c era anche la grande novità del comando a cinghia dentata, che finalmente dimostrava di aver raggiunto una maturità sufficiente da non destare più preoccupazioni per la durata. La scadenza dell autunno si dimostrò impossibile da rispettare, ma già nel maggio del 1967 i giornalisti potevano provare la neonata 125. Dall idea di Bono alla produzione in serie erano passati appena quindici mesi. Quindici mesi soltanto per disegnare tutti i pezzi, costruire i prototipi, completare le prove, progettare e costruire le attrezzature di produzione e le linee di montaggio: un record ineguagliabile ancora oggi, con i computer invece che i tecnigrafi. Quando la 125 arrivò nei concessionari, fu subito chiaro a tutti che si trattava di qualcosa di molto diverso da come venivano intese le berline Fiat nel passato; e per qualche mese fu prudentemente lasciata in alternativa la vecchia A costruirle entrambe non c erano grandi problemi, visto che quest ultima veniva prodotta a Mirafiori, mentre con la 125 nasceva il nuovo stabilimento di Rivalta Carrozzeria, a una trentina di chilometri da Torino, ai piedi delle montagne. Se la decisione di costruire una nuova e moderna fabbrica di carrozzeria poteva avere tutta una serie di vantaggi industriali, essa contribuì però anche all ulteriore deterioramento del clima sociale nel capoluogo piemontese, che vide un accelerazione dell immigrazione dal sud

6 quattro ruote storiche a cui le infrastrutture non erano assolutamente pronte. Anziché portare lavoro in meridione, come si sarebbe poi cercato di fare con la Sicilfiat di Termini Imerese e, dall altra parte, con l Alfasud di Pomigliano d Arco, la Fiat aveva costretto le maestranze a spostarsi per trovare un impiego. Disagio, servizi insufficienti, scarsità di abitazioni esasperarono ancor più gli animi, finché il contrasto fra classe operaia e grande industria non esplose con violenza incontenibile nel cosiddetto Autunno caldo del La 125, invece, guardava altrove. Si rivolgeva a quella borghesia benestante sempre meno provinciale e sempre più moderna, pur senza lasciarsi travolgere dagli eccessi libertari di quegli anni. Sapeva coniugare splendidamente una sobria eleganza con il giusto tocco di aggressività. La sua meccanica all avanguardia consentiva prestazioni che per l epoca erano di prim ordine: una velocità massima di 160 chilometri orari sfruttabile in piena sicurezza grazie a sospensioni che, pur conservando il ponte rigido al retrotreno, avevano uno schema molto efficiente, con due biellette longitudinali che facevano da puntoni di reazione. I freni erano a disco su tutte e quattro le ruote, con servofreno a depressione e limitatore di frenata al retrotreno montati di serie. Per una volta, la Fiat sembrava avere messo un po da parte la prudenza che quasi sempre ne aveva storicamente condizionato le scelte commerciali e se qualcuno poteva aver temuto di aver preso una strada sbagliata, il mercato confermò ben presto che la 125 era davvero la macchina giusta per il suo tempo. Certo, non di può pensare a successi di vendita come quelli delle utilitarie, ma rapportata agli standard del suo segmento, ottenne davvero dei buoni risultati. L impressione che la Casa ricevette dal mercato fu talmente positiva che si pensò di poter spingere la 125 ancora oltre. Con meno fretta di quella avuta per la sua realizzazione, 13

7 fu avviato lo studio di una versione migliorata, che vide la luce dopo un altro anno e mezzo. Il debutto della 125 Special, questo il nome scelto per distinguere la seconda serie dalla prima, fu fissato in occasione del Salone dell Automobile di Torino dell autunno Gli interventi furono pochi, ma tutti ben indirizzati. Il motore, adeguatamente sviluppato, dimostrò che con una nuova fasatura degli assi a camme, collettori di aspirazione e scarico ridisegnati e un nuovo carburatore doppio corpo poteva raggiungere la rispettabile soglia dei cento cavalli. La maggior potenza consentì di portare la velocità massima a 170 chilometri orari; per migliorare il comportamento della vettura fu anche sostituito il cambio a quattro marce originario della 124 con un nuovo cinque marce, che veniva montato 14 come optional anche sulle 124 Sport. La meccanica fu ancora migliorata in alcuni dettagli, il più noto dei quali fu l impiego di pneumatici da 170 o addirittura da 175 con i cerchi in lega, al più in alto. All interno, invece, per cui così pochi esemplari di posto dei precedenti 155; proprio ci fu un attenta cura di tutti una vettura tanto interessante per questo, la 125 Special fu i dettagli, così da innalzare sono giunti fino a noi: la soprannominata gommone. Fra gli accessori figuravano non solamente gli splendidi cerchi in lega leggera dal disegno assai simile a quelli della Dino, ma pure il condizionatore d aria. All esterno le differenze fra la prima e la seconda serie erano minime: giusto un sottile profilo cromato attorno ai passaruota e le maniglie delle porte spostate sensibilmente il livello delle finiture; l intervento più evidente fu sul rivestimento dei sedili, in cui veniva introdotta la striscia centrale di velluto, molto più raffinata della versione precedente realizzata interamente in finta pelle. Una modifica al processo costruttivo, infine, mette in luce la più grande debolezza della 125, la causa ruggine.un solo anno e mezzo era bastato alla Fiat per iniziare a rendersi conto della facilità con cui la nuova generazione di vetture subiva la corrosione da agenti atmosferici. Per correre ai ripari, fu pesantemente rinforzata la quantità di vernice antirombo applicata al sottoscocca ma, evidentemente, fu solo un palliativo efficace nel

8 quattro ruote storiche acquistava dalla General Motors. Pensato soprattutto per i mercati mitteleuropei, in Italia riscosse scarsissimo successo. La 125 fu costruita in poco più di seicentomila esemplari ed è rimasta in produzione fino al 1972, per lasciare poi il posto alla 132, che meccanicamente ne era l erede ma che non riuscì mai ad eguagliarla tirando fuori un carattere altrettanto forte. Con uno spirito decisamente diverso e solo in virtù delle dimensioni generose e dell ottima abitabilità, al 125 fu anche uno dei grandi cavalli di battaglia per lo sviluppo internazionale della Fiat a cavallo fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Se fra le storie più famose c è l accordo con l Unione Sovietica che portò alla realizzazione del grande stabilimento di Togliattigrad dove veniva costruita la Lada 1200, versione locale della 124, la 125 ebbe i suoi meriti altrove. La FSO di Varsavia la costruì e la vendette 15 con il marchio Polski-Fiat a partire dal 1967, mantenendo però i vecchi motori 1300 e breve periodo. La stragrande maggioranza delle 125 costruite è andata demolita quando ormai la ruggine le stava divorando. L ultima generazione, che mantenne il nome di 125 Special, apparve al Salone dell Automobile di Torino del Le modifiche erano minime e solo estetiche. All esterno si riconosceva per una nuova griglia anteriore divisa orizzontalmente in due, per i fari posteriori più grandi e per i paraurti che, al posto dei rostri ormai passati di moda, erano protetti da una striscia di gomma nera per tutta la loro lunghezza. All interno cambiava il cruscotto, che sfoggiava un rivestimento in legno nella fascia centrale. L unica novità dal punto di vista meccanico era la disponibilità, come optional, di un cambio automatico a tre rapporti che la Fiat, avendo ben poca esperienza nel settore, 1500, nonché diversi pezzi della meccanica e persino degli interni delle stesse vetture. E una storia molto diversa, ma quasi un milione e mezzo di 125 P costruite fino ai primi anni Novanta non ne fanno certo un modello di secondo piano. Qualcosa di simile accadde anche in Argentina, dove la Fiat- Condord realizzava non solo la 125 berlina ma pure un pratico pick-up è una splendida coupè disegnata da Vignale.

9 fiat 125 (1967/68) fiat 125 special (1968/72) 16 MOTORE: Tipo 125 A. 000 Sistemazione anteriore Numero cilindri e disposizione 4 in linea Cilindrata cc Alesaggio x corsa mm. mm. 80 x 80 Rapporto di compressione 8,8:1 Potenza max 90 CV DIN a 5600 giri/min. Coppia max 13 mkg. DIN a 3500 giri/min. Distribuzione valvole, inclinate trasversalmente, e due assi a camme in testa, cinghia Accensione spinterogeno Ratfreddamento acqua, pompa, elettroventilatore con termostato (circuito: 7,5 litri) Alimentazione pompa, carburatore d. c. Weber 34 DCHE 2 o Solex C 34 PAIA/9 (serbatoio: 45 litri) Lubrificazione forzata (coppa: 4,3 chili) TRASMISSIONE: Tipo albero sdoppiato Frizione monodisco (comando idraulico) Cambio 4 marce + RM (tutte sincronizzate) Comando a leva centrale Riduzione finale coppia conica ipoide (Rapp. 10/41) SOSPENSIONI: Anteriore ruote indipendenti, bracci trasversali inferiori, molloni elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice trasversale, puntoni per bracci inferiori Posteriore assale rigido, balestre (bilama), 2 puntoni longitudinali, ammortizzatori telescopici RUOTE: Disco Pneumatici 175 S-13 FRENI: A pedale idraulico (servofreno, imitatore al retrotreno) a disco sulle quattro ruote A mano meccanico sulle ruote posteriori STERZO: Vite e rullo Diametro di sterzata m. 10,80 IMPIANTO ELETTRICO: Tensione 12 V - Alternatore 770 W. - Batteria 48 Ah. STRUTTURA: Carrozzeria autoportante MOTORE: Tipo 125 B. 000 Sistemazione anteriore Numero cilindri e disposizione 4 in linea Cilindrata cc Alesaggio x corsa mm. mm. 80 x 80 Rapporto di compressione 8,8:1 Potenza max 100 CV DIN a 6200 giri/min. Coppia max 13 mkg. DIN a 3500 giri/min. Distribuzione valvole, inclinate trasversalmente, e due assi a camme in testa, cinghia Accensione spinterogeno Ratfreddamento acqua, pompa, elettroventilatore con termostato (circuito: 7,5 litri) Alimentazione pompa, carburatore d. c. Weber 34 DCHE 2 o Solex C 34 PAIA/9 (serbatoio: 50 litri) Lubrificazione forzata (coppa: 4,3 chili) TRASMISSIONE: Tipo albero sdoppiato Frizione monodisco (comando idraulico) Cambio 5 marce + RM (tutte sincronizzate) Comando a leva centrale Riduzione finale coppia conica ipoide (Rapp. 10/41) SOSPENSIONI: Anteriore ruote indipendenti, bracci trasversali inferiori, molloni elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice trasversale, puntoni per bracci inferiori Posteriore assale rigido, balestre (bilama), 2 puntoni longitudinali, ammortizzatori telescopici RUOTE: Disco Pneumatici 175 S-13 FRENI: A pedale idraulico (servofreno, imitatore al retrotreno) a disco sulle quattro ruote A mano meccanico sulle ruote posteriori STERZO: Vite e rullo Diametro di sterzata m. 10,80 IMPIANTO ELETTRICO: Tensione 12 V - Alternatore 770 W. - Batteria 48 Ah. STRUTTURA: Carrozzeria autoportante DIMENSIONI: Passo m. 2,505 Carreggiate ant. m. 1,313; post. m. 1,291 Lunghezza m. 4,223 Larghezza m. 1,611 Altezze massima m. 1,440; minima da terra cm. 14,5 PESI: A vuoto kg A pieno carico kg DIMENSIONI: Passo m. 2,505 Carreggiate ant. m. 1,313; post. m. 1,291 Lunghezza m. 4,223 Larghezza m. 1,611 Altezze massima m. 1,440; minima da terra cm. 14,5 PESI: A vuoto kg A pieno carico kg. 1450