Schema prove dell esistenza di Dio in Descartes Meditazioni (1642)

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1 Schema prove dell esistenza di Dio in Descartes Meditazioni (1642) In tutte e tre le prove delle Meditazioni Descartes parte dall idea di Dio: III Meditazione: 2 prove a posteriori che procedono dall effetto alla causa; V Meditazione: 1 prova a priori che procede dalla causa all effetto (elemento che si tratta di una prova a priori: assenza del principio di causalità). III MEDITAZIONE I PROVA La I prova della dimostrazione cartesiana dell esistenza di Dio della III Meditazione consiste nell applicazione del principio di causalità alla realtà obiettiva dell idea (unica strada che consente di dimostrare a posteriori ossia, appunto, mediante il principio di causalità l esistenza di un ente altro dall io e, quindi, in conclusione, di Dio). La prova si basa esclusivamente su due elementi: 1) principio di causalità (nella causa ci deve essere almeno tanta realtà quanta ce n è nell effetto = per realtà si intende perfezione) 2) idee Entrambi questi elementi, infatti, sono gli unici a sottrarsi al dubbio: a) Il principio di causalità si sottrae al dubbio perché autoevidente: esso ci è garantito dal lume naturale (N.B. problema del circolo vizioso) b) Le idee si sottraggono al dubbio perché avere idee significa pensare, il dubitare è una particolare forma di pensiero quindi negare di avere idee, cioè dubitare, significa per l appunto avere idee: le idee, quindi, si sottraggono al dubbio perché il dubbio è contraddittorio. - Tutte le idee sono uguali in relazione alla loro realtà formale di atti del pensiero (le idee nella loro realtà formale si distinguono solo numericamente);

2 - Tutte le idee differiscono in base al loro contenuto rappresentativo, cioè in relazione alla loro realtà obiettiva; - Il grado di realtà obiettiva dipende (e quindi cambia) dalla quantità, ovvero dal grado della realtà formale corrispettiva: l idea di sostanza finita (uomo) ha meno realtà obiettiva dell idea di sostanza infinita (Dio). - È manifesto per lume naturale che in una causa efficiente e totale ci deve essere almeno tanta realtà quanta ce n è nell effetto (da tale principio il principio di causalità - segue che non è possibile che qualcosa venga dal nulla e neppure che ciò che è più perfetto provenga da ciò che lo è di meno). - La causa può essere formale (la causa ha la stessa realtà dell effetto) o eminente (la causa ha maggiore realtà o perfezione del suo effetto); - Descartes applica dunque il principio di causalità alla realtà obiettiva delle idee. Ma alla realtà obiettiva di quale idea? - Descartes procede allora ad una ricognizione delle idee presenti nell io per vedere se c è almeno un idea la cui realtà obiettiva è tale da poter asserire che non è l io la causa di tale idea. - Le idee presenti nell io sono 4: l io, il corpo, l Angelo, Dio. - L io, in quanto sostanza pensante finita ha sufficiente realtà per poter essere la causa (formale): dell idea dell io: tale idea la può causare l io stesso in quanto ha esattamente la stessa realtà dell io; dell idea di corpo: tale idea ha meno perfezione dell idea dell io, dunque può essere causata dall io. dell idea di Angelo: tale idea è formata dall io mettendo insieme l idea di Dio e l idea dell io. - Tra tutte le idee che il soggetto pensante trova in se stesso, solo una ha maggiore realtà obiettiva di quella contenuta nell io. Tale idea è l idea di Dio: sola restat idea Dei: di essa l io non può essere la causa; non solo, ma la causa deve essere un ente che contenga almeno altrettanta realtà, ossia infinita; ma l ente dotato di realtà ifninita (l ente sommamente perfetto ed infinito) è Dio; dunque solo Dio può essere la causa di quell idea. Dunque, si

3 deve concludere che Dio esiste necessariamente. La causa dell idea di Dio è, cioè, Dio che esiste II PROVA Anche la seconda prova è a posteriori e si avvicina al modello delle prove a posteriori della tradizione scolastica, in particolare alla seconda via di Tommaso. Descartes, tuttavia, considererà la seconda prova come una sorta di continuazione/esplicazione della prima. La differenza, rispetto alla prima prova, sta in ciò: invece di ricercare la causa dell idea di Dio, Descartes cerca la causa dell ente che ha in sé l idea di Dio, cerca cioè la causa dell io. - Descartes si chiede: potrei esistere io stesso, che ho questa idea (l idea di Dio) la causa di me stesso? Se un tale ente non esistesse, da chi proverrei? 1. Tre sono le possibili risposte (tutte scartate da Descartes): - da me: se fossi io la causa di me stesso, non dubiterei e non mi mancherebbe alcunché. Mi sarei, infatti, dato tutte le perfezioni e così sarei Dio in persona. L io, quindi, non può essere causa di se stesso perché un ente che ha la forza di darsi l esistenza, ha anche la forza di darsi le restanti perfezioni (N.B. 1: Il presupposto dell argomento è che l esistenza sia una perfezione, anzi la somma perfezione; N.B. 2: Descartes prende in considerazione l ipotesi che l io non abbia avuto mai una causa (ossia che sia eterno): l ipotesi viene scartata in forza al concetto di creazione e conservazione secondo cui non solo Dio mi dà l essere, dunque l esistenza, ma lo conserva nel tempo: dottrina della creazione continua); 2. dai miei genitori: se non sono io la causa di me stesso, sono eterocausato, cioè causato da un altro ente: i miei genitori. Ma, anche in questo caso, questo ente dovrà a sua volta essere eterocausato e dal momento che non si può andare all infinito nella ricerca delle cause (pena la mancanza di una prima causa che conservi il mio essere in ogni momento), ci si dovrà arrestare ad una prima causa autocausantesi, e questa è Dio. 3. da qualunque altra causa meno perfetta di Dio (ossia da più cause parziali che prese singolarmente soo imperfette ma, prese nella loro totalità siano invece perfette): caratteristica della perfezione è l unità ed essa è una delle perfezioni principali che intendiamo in Dio e in lui solo.

4 Escluse tutte le possibilità prospettate all inizio della prova Descartes conclude che dal solo fatto che esisto e che ho in me l idea di Dio è dimostrato nel modo più evidente che Dio esiste. La III Meditazione si conclude con l affermazione della veracità di Dio e con una riflessione sull origine dell idea di Dio: a) L origine dell idea di Dio è innata (in quanto è posta in me da Dio); b) Se Dio è perfetto (giacché l inganno è imperfezione) allora non può ingannare, dunque Dio è verace. c) Poiché Dio esiste ed è verace, tutto ciò che è chiaro e distinto è vero. V MEDITAZIONE III PROVA Nella V Meditazione dopo aver dimostrato che l essenza delle cose materiali è l estensione Descartes propone una nuova prova dell esistenza di Dio. Questa prova è a priori, parte dunque dall analisi della definizione di Dio. - Partiamo dalla definizione di Dio che è quella di un ente perfettissimo. a) Tutto ciò che percepiamo chiaramente e distintamente è vero b) È chiaro e distinto che essendo Dio un ente perfettissimo, alla sua essenza compete l esistenza, cioè alla sua natura appartiene di esistere c) Dio esiste realmente Ora, la dimostrazione è tutta qui. Per comprenderla appieno, è necessario precisare alcune cose: 1) In tutte le cose che conosciamo è necessario distinguere l essenza dall esistenza; 2) Solo nel caso di Dio l essenza implica l esistenza; 3) L esistenza è una perfezione. Nella prova è sottinteso il fatto che esistere sia qualcosa di più perfetto che non esistere, dunque che l esistenza sia una perfezione, anzi l esistenza è la perfezione suprema, cioè realizza in realtà tutte le perfezioni, non è una perfezione come le altre; 4) Se Dio non avesse l esistenza sarebbe imperfetto (perché gli mancherebbe una perfezione, ossia l esistenza); 5) Dunque è necessario che Dio esista, altrimenti non sarebbe l ente perfettissimo (definizione di partenza). Dio esiste necessariamente (N.B. Descartes dice che ripugna (è contraddittorio) pensare Dio, l ente perfettissimo privo di una perfezione (l esistenza).

5 Nelle prime Obiezioni il teologo Caterus omologherà la prova della V meditazione a quella di Anselmo (per dimostrare che, siccome Tommaso ha provato l invalidità di quella di Anselmo, allora anche quella di Cartesio è invalida. La prova di Anselmo ha in comune con quella di Descartes il fatto che l esistenza di Dio è inferita dalla stessa definizione di Dio o, anche, dal fatto che negare l esistenza di Dio contraddice alla sua stessa definizione, e cioè: 1) Se Dio non esiste, non è l ente di cui non si può pensare il maggiore (Anselmo) 2) Se Dio non esiste, non è l ente perfettissimo (Descartes). Descartes risponderà a Caterus sottolineando che il suo argomento è totalmente diverso da quello di Anselmo: nel caso della prova di Descartes non si ha un passaggio dal pensiero all essere ma dall essenza all esistenza (si rimane all interno della dimensione dell essere: non c è un salto dal pensiero all essere). N.B. Nelle I Risposte Descartes fornirà una dimostrazione a priori leggermente diversa rispetto a quella della V Meditazione: Dio non è solo l ente perfettissimo, ma anche e soprattutto potentissimo, perché è causa di se stesso.

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