Nota a Cassazione, Sez. IV Pen., 20 gennaio - 7 aprile 2011, n a cura di Giulio Perrotta
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1 Nota a Cassazione, Sez. IV Pen., 20 gennaio - 7 aprile 2011, n a cura di Giulio Perrotta Nella verifica dell'imputazione causale dell'evento, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pur riferito al passato e nella condotta omissiva, il giudice si deve interrogare in ordine all'evitàbilità dell'evento, per effetto delle condotte doverose mancate che, naturalisticamente costituiscono un nulla. La Sent. Cass., Sez. IV del 20 gennaio - 7 aprile 2011, n ha per oggetto l'assoluzione di un professionista sanitario dal delitto di omicidio colposo, per omessa diagnosi ed omessa prescrizione delle analisi cliniche dovute. Inoltre, il pregio della sentenza è quella di affrontare la tematica della causalità nella responsabilità medica e in particolare della causalità omissiva, con la specifica del giudizio che il giudice deve effettuare. E' una sentenza che assolve, nonostante riconosca la condotta colposa a carico dell'imputato, per il fatto che la condotta, anche se fosse stata posta in essere, non avrebbe (verosimilmente e probabilisticamente) portato alla non realizzazione dell'evento lesivo dell'infarto Miocardico Acuto con conseguente rottura della parete del Ventricolo Sinistro. Il Tribunale di primo grado, con sentenza del 22 dicembre 2008, condanna l'imputato, al delitto di omicidio colposo con pena detentiva della reclusione di 2 anni, avendo avuto riguardo alle attenuanti generiche. La Corte d'appello di Genova, con sentenza del 29 marzo 2010, ribalta la posizione della sentenza di primo grado, riformandola interamente, assolvendo l'imputato con formula "perchè il fatto non sussiste". Tate Corte territoriale riconosce e condivide, però, la valutazione del Tribunale circa l'ascrivibilità colposa della condotta dell'imputata, in ordine alla dimissione dal Pronto Soccorso del paziente affetto dalla tipica triade sintomatologica da infarto miocardico acuto (dolore toracico, formicolio al braccio sinistro e ipertensione arteriosa) e la posizione dell'imputato era resa attenutata dal fatto che l'esito del tracciato elettrocardiografico era negativo (per cui nulla di elettrodiagnostico strumentale poteva far presagire un Infarto Miocardico Acuto) ma aggravata dal fatto di non aver prescritto immediatamente gli esami enzimatici cardiaci di laboratorio, quali la CPK e la Troponina. Nonostante ciò, è stato ritenuto che, anche prescrivendo i sopracitati esami di laboratorio, non ci sarebbero stati comunque elementi sufficienti per dimostrare che l'evento ischemico-necrotico cardiaco si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore
2 o di minore entità. La Procura della Repubblica presso la Corte d'appello di Genova, ravvisando un'ipotesi di contraddittorietà della motivazione, propone ricorso per Cassazione, basandosi sul fatto che la precedente sentenza non ha affrontato l'animus della questione dibattuta. Il ricorso è però infondato. La Suprema Corte ha, infatti, evidenziato come le valutazioni espresse dai precedenti giudici, in ordine alla sussistenza del nesso di derivazione causale tra la condotta omissiva posta in essere in relazione ai dovuti accertamenti diagnostici e l'evento in concreto verificatosi, seppur ispirandosi a criteri di "probabilità logica", intesa come la "verifica aggiuntiva, sulla base dell'intera evidenza disponibile, dell'attendibilità dell'impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilità dell'accertamento giudiziale (Cass. Sez. Un., n )", abbiano in successiva sequenza effettuato divergenti apprezzamenti in relazione all'evento cardiologico acuto sofferto dal paziente e all'evolversi della condotta omissiva: a) nella sentenza di primo grado, si considera colpevole l'imputata, che omette di prescrivere analisi di laboratorio necessarie al fine di una diagnosi preventiva della patologia sofferta in ordine ai sintomi descritti, fidandosi ed affidandosi al solo esame strumentale elettrocardiografico, non prendendosi cura per quanto il paziente stava soffrendo; b) la sentenza d'appello ribalta tale descritta condizione, in quanto l'evento cardiologico acuto era in essere e la prescrizione dei suddetti test cardiologici non avrebbe modificato il modus operandi della patologia (seppur si riconosce una condotta omissiva). Prima di esaminare nel dettaglio l'impostazione della Suprema Corte, occorre a mio avviso, soffermarsi sull'escursus storico del nesso di causalità e sul dettaglio del nesso di causalità nei reati omissivi, altrimenti si rischia di non riuscire a focalizzare cosa voglia intendere la Cassazione quando parla di "giudizio predittivo". Andando con ordine e analizzando il dettato normativo, secondo quanto riportato dalla Dottrina e dalla Giurisprudenza, possiamo affermare che per comprendere cos'è il nesso o rapporto di causalità, occorre fare riferimento all'art. 40 comma 1 del codice penale: "nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione". Appare quindi lampante che è "nesso di causalità", il collegamento tra la condotta, sia essa commissiva che omissiva e l'evento naturalistico avvenuto. La Dottrina, per analizzare siffatto collegamento, ha posto in essere quattro principali teorie, antagoniste tra loro, dove spicca sicuramente per maggiore pregnanza quella della "condicio sine qua non" (anche detta "condizionalistica"): <<l'azione A è causa dell'evento B, quando senza l'azione A, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, l'evento B non si sarebbe verificato>>. Tale teoria muove
3 dalla premessa che ogni evento è la conseguenza di molti fattori causali, che sono tutti egualmente necessari affinché l'evento si verifichi: causa dell'evento è ogni azione che non può essere "eliminata mentalmente" sulla base di leggi scientifiche, senza che l'evento concreto venga meno (cd. procedimento dell'eliminazione mentale). Il giudice, per accertare la sussistenza del nesso causalità, dovrà effettuare un giudizio controfattuale: verificherà se, eliminando quel comportamento umano, l'evento concretamente realizzatosi si sarebbe verificato ugualmente (se la risposta è positiva, il nesso è escluso; se è negativo, il nesso è affermato). Tale teoria comporta però 2 inconvenienti, quali la impossibilità a trovare la risposta di come si sia prodotto l'evento e l'estensione all'infinito della responsabilità (per cui è colpevole anche chi vende l'arma con cui si è ucciso la vittima). Per ovviare a ciò, sono stati introdotti dei correttivi, sulla base di "leggi generali di copertura", cioè il giudice dovrà valutare se il fatto concreto, nella sua unicità e irripetibilità, possa essere considerato la manifestazione di una legge causale generale e ripetibile, in quanto suscettibile di nuove concrete manifestazioni analoghe a quella effettivamente realizzatasi nel caso specifico e del "criterio di sussunzione sotto leggi scientifiche", prima "universali" (per le quali non sono ammesse eccezioni, es. un colpo di fucile alla tempia porta all'emorragia celebrale), poi "statistico-probabilistiche" (per le quali sono ammesse eccezioni secondo la struttura delle probabilità percentuali, es. il rischio di insuccesso dell'intervento di resezione del linfoma LH in un paziente affetto da HIV conclamata è del 60%). La Giurisprudenza, in tema di leggi statistiche, ha parlato (storicamente) di: 1) sufficienza di un grado medio-basso di probabilità del nesso causale pari al 30% (Cass. Sez. IV, 12 luglio 1991); 2) richiesta di un alto grado di probabilità del nesso causale pari al 75% (Cass. 7 dicembre 1999); 3) richiesta del gradi di probabilità del nesso causa prossimale alla certezza e quindi prossimale al 100% (Cass. 28 settembre 2000); 4) le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute sul contrasto giurisprudenziale, con la Sent. Cass. Sez. Unite, n /2002 (Franzese), affermando la necessità della spiegazione dell'evento tramite le leggi scientifiche e massime d'esperienza, la richiesta di un livello d'attendibilità del nesso causale, tale da escludere "ogni ragionevole dubbio" e la netta distinzione tra la "probabilita' statistica", cioè la probabilità che ad un antecedente A possa seguire il risultato B e la "PROBABILITA' LOGICA", cioè il livello di attendibilità e plausibilità della spiegazione prospettata alla vicenda concreta. In altre parole, una volta verificato il coefficiente di probabilità della legge statistica, occorre escludere la presenza di possibili spiegazioni alternative che farebbero abbassare la probabilità logica della spiegazione causale (cd. criterio della "certezza processuale"): nel caso concreto, deve risultare giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata "condizione necessaria e sufficiente" dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o
4 probabilità logica. Se però nei reati commissivi il procedimento è dunque quello dell'"eliminazione mentale", il discorso cambia se si tratta di reato omissivo. Il rapporto di causalità tra omissione ed evento sussiste quando l'azione doverosa che è stata omessa, se fosse stata compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento, nel senso che, aggiungendola mentalmente (cd. procedimento controfattuale dell'aggiunzione mentale) l'evento non si sarebbe verificato. L'accertamento del rapporto di causalità tra omissione ed evento avviene utilizzando lo schema della condicio sine qua non: bisogna chiedersi cioè se, aggiungendo mentalmente l'azione doverosa che è stata omessa, ne sarebbe seguita una serie di modificazioni della realtà che avrebbero bloccato il processo causale sfociato nell'evento. Questo nel caso di reato omissivo proprio, cioè reato dove manca l'evento naturalistico. Nei reati omissivi impropri, invece, il giudice, deve porre mentalmente 2 condizioni ipotetiche (cd. procedimento controfattuale del giudizio doppiamente ipotetico): a) deve supporre un fatto non verificato (cioè la condotta che doveva avere l'agente); b) deve supporre le conseguenze che si sarebbero verificate se l'obbligo giuridico fosse stato eseguito. Ora, alla luce di quanto esposto circa il rapporto di causalità, appare facilmente comprensibile la posizione della Suprema Corte sulla sentenza in esame, quando afferma che "nella verifica dell'imputazione causale dell'evento occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l'agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Detta valutazione risulta di maggiore complessità in riferimento alla fattispecie omissiva, nella quale il giudice, al fine della evidenziata ricostruzione controfattuale del nesso causale, si interroga in ordine all'evitabilità dell'evento, per effetto delle condotte doverose mancate che, naturalisticamente, costituiscono un "nulla". Sulla scorta di tali considerazioni, la Suprema Corte ha negato la responsabilità dell imputato sulla base dell assunto per cui, nel caso di specie, l'evento dannoso di Infarto Miocardico Acuto con rottura della parete ventricolare sinistra non era collegabile causalmente alla condotta omissiva del professionista sanitario; seppur omissiva nelle prescrizioni di laboratorio e di condotta clinicosanitaria alternativamente lecita (quale poteva essere la disposizione di ricovero presso il Pronto Soccorso nelle dodici ore successive al tracciato elettrocardiologico effettuato), l'evento patologico cardiaco si sarebbe comunque manifestato e non c'erano margini di ragionevole dubbio per considerare la condotta omissiva, causa del suddetto drammatico evento. Inoltre, in considerazione di un aggravamento della preesistente patologia cardiaca, la Suprema Corte ha insisto sul fatto che non sussisteva un nesso causale sufficiente a spiegare tale tesi. A parere di chi scrive, nonostante debba essere rispettata formalmente e sostanzialmente la posizione della massima sentenza, credo sia opportuno criticare l'impostazione della ricostruzione giuridico-logica posta in essere dalla Corte d'appello e dalla Cassazione. Appurata la condotta
5 omissiva dell'imputata, il risultato processuale avrebbe dovuto portare ad una dichiarazione di colpevolezza e non di innocenza; l'imputata, tramite la sua condotta ha posto in essere sicuramente un aggravamento della condizione patologica del paziente, tramite il ritardo di diagnosi e la prova è senza dubbio data dall'esito negativo del tracciato elettrocardiografico. La condotta regolare sarebbe stata quella di trattenere il paziente per la notte, prescrivere gli esami di laboratorio ed effettuare il tracciato del ritmo cardiaco almeno ogni tre ore, in relazione ai sintomi sofferti e descritti in anamnesi. Simile condotta, riconosciuta da tutte le sentenze prese in esame come omissiva, è pertanto espressione di una "colpevolezza endo-giuridica". Dott. Giulio Perrotta
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