Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche

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1 Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche N Trasferimento ramo d azienda: opposizione dei lavoratori Eventuale nullità della cessione dei contratti di lavoro A cura di Paola Mauro Categoria: Previdenza e lavoro Sottocategoria: Vertenze Il meccanismo di traslazione automatica del rapporto di lavoro senza consenso del ceduto, previsto dall articolo 2112 cod. civ., presuppone la preesistenza del ramo d azienda oggetto di cessione anche dopo le modifiche introdotte dall articolo 32 del D.Lgs. n. 276 del Pertanto, se la struttura produttiva è identificata dalle parti come ramo d azienda solo in occasione del trasferimento, il lavoratore potrebbe rivendicare il diritto alla prosecuzione del rapporto con il cedente. È quanto emerge dalla sentenza 10 novembre 2016, n , della Sezione Lavoro della Cassazione, in tema di modificazioni soggettive del contratto di lavoro. PREMESSA In base all articolo 2112, comma 1, cod. civ., in caso di trasferimento d azienda o di una sua parte, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. La disposizione normativa descrive un meccanismo di traslazione automatica del rapporto di lavoro dal cedente al cessionario, in quanto contempla un ipotesi di modificazioni soggettiva del contratto di lavoro che prescinde dal consenso del lavoratore. 1

2 In altre parole Nelle fattispecie di trasferimento d azienda o di parte dell azienda, ex art cod. civ., il cessionario, senza la necessità del consenso del lavoratore (ceduto), succede nel rapporto di lavoro, che continua senza soluzione di continuità. Nella sentenza in esame tale fenomeno successorio viene in rilievo rispetto alla modifica che l articolo 32 del D.Lgs. n. 276/2003 ha apportato al comma 5 dell articolo 2112 cod. civ. sostituendo la previgente formulazione Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità - con una nuova in cui s identifica il ramo d azienda come parte dell'azienda intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento, con la conseguenza che, essendo sparito dal testo normativo il riferimento alla necessaria preesistenza del ramo d azienda rispetto al suo trasferimento, il legislatore, secondo parte della dottrina, avrebbe demandato alle parti del negozio traslativo la facoltà di identificare un determinato complesso di beni e attività come ramo d azienda. Ebbene, la giurisprudenza di legittimità è orientata a ritenere che, ai fini e per gli effetti dell articolo 2112 cod. civ., pur a seguito della modifica apportata dall articolo 32 del D.Lgs. n. 276/2003, continua a essere necessaria la preesistenza del ramo d azienda oggetto di cessione rispetto alla conclusione del negozio traslativo. CASSAZIONE, SENTENZA N /2016 In questo senso si esprime anche la recente sentenza n /16 della Sezione Lavoro della Cassazione, dalla quale emerge: che anche dopo le modifiche introdotte dall art. 32 del D.Lgs. n. 276/2003 il meccanismo di traslazione automatica del rapporto di lavoro senza consenso del ceduto, previsto dall articolo 2112 cod. civ., presuppone la preesistenza del ramo d azienda oggetto di cessione; per cui, se la struttura produttiva è identificata dalle parti come ramo d'azienda solo in occasione del trasferimento, il lavoratore ben può rivendicare il diritto alla prosecuzione del rapporto con il cedente. 2

3 IL CASO La Suprema Corte ha ritenuto viziata la sentenza di secondo grado che ha respinto l impugnazione proposta da alcuni lavoratori del settore creditizio, i cui uffici di appartenenza sono stati trasferiti ad altra società. La Corte d Appello di Napoli così come il Tribunale non ha aderito alla tesi dei lavoratori, secondo cui nella fattispecie era stato realizzato un trasferimento di ramo d azienda non genuino. In particolare, la Corte del merito ha ritenuto l operazione in linea con il novellato articolo 2112 cod. civ., comma 5, - come sostituito dal D.L. n. 276 del 2003, posto che, a differenza della precedente formulazione, non è più previsto il requisito della preesistenza del ramo d'azienda, ben potendo questo essere identificato come tale al momento del trasferimento. I lavoratori hanno presentato ricorso in Cassazione formulando due censure. I ricorrenti hanno dedotto: 1. la violazione e falsa applicazione dell'art cod. civ., anche in relazione alle Direttiva nn. 985/50/CE e 23/2001/CE, per aver la Corte d Appello ritenuto che a seguito della novella di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003 sia venuto meno il requisito della preesistenza del ramo d'azienda non potendosi esso identificare in una struttura creata ad hoc, identificata dalle parti come ramo d'azienda solo in occasione del trasferimento. 2. la violazione e falsa applicazione dell'art c.c. per aver la Corte d Appello desunto, in via del tutto astratta, gli elementi qualificanti l autonomia funzionale del ramo ceduto dalle clausole di cessione del contratto, senza tener conto che incombeva alla società l onere della prova della sussistenza dei detti elementi. RINVIO PER NUOVO ESAME Gli Ermellini hanno ritenuto fondata la prima censura (che ha assorbito la seconda) e, per l effetto, hanno rimesso la causa davanti ai giudici di secondo grado per nuovo esame. La decisione della Suprema Corte, come si vedrà in seguito, poggia sui numerosi arresti della giurisprudenza di legittimità sia in ordine alla questione dell autonomia funzionale del complesso di beni e attività oggetto di trasferimento sia in ordine a quella riguardante il requisito della preesistenza di tale complesso al negozio traslativo. 3

4 Con la sentenza in commento, in sostanza, i giudici di legittimità censurano la decisione della Corte d Appello nella parte in cui ha ritenuto la configurabilità di una cessione di ramo d azienda e, conseguentemente, la validità della cessione dei contratti di lavoro riferentisi ai ricorrenti. ORIENTAMENTO CONSOLIDATO La Sezione Lavoro della Cassazione, nella sentenza n del 10 novembre 2016, afferma che la giurisprudenza di legittimità è oramai orientata nel ritenere operante, anche a seguito della novella legislativa (D.Lgs. n. 276/03, art. 32), il principio per cui per "ramo d'azienda", ai sensi dell'art cod. civ., deve intendersi ogni entità economica organizzata la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, presupponendo ciò comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste), e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l'esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell'imprenditore e non dall'inerenza del rapporto ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità (Cfr., tra le altre, Cass. n. 8757/2014, Cass. n /2012). Del resto, afferma ancora la Suprema Corte, non può ammettersi un trasferimento di ramo d'azienda con riferimento alla sola decisione, assunta dal soggetto cedente, di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un unica funzione al momento del trasferimento. Ciò, infatti, contrasterebbe sia con le direttive comunitarie n. 1998/50 e n. 2001/23 che richiedono già prima di quest'atto "un entità economica che conservi la propria identità", ossia un assetto già formato, sia con gli articoli 4 e 36 della Costituzione che impediscono di rimettere discipline inderogabili di tutela dei lavoratori (C. Cost. n. 115 del 1994) a un mero atto di volontà del datore di lavoro, incontrollabile per l'assenza di riferimento oggettivi (Cfr. Cass. n. 8757/2014 e n /2012 già cit.). Né a diverse conclusioni, secondo la sentenza n /2016, può indurre la sentenza 6 marzo 2014 C-458/12 della Corte di Giustizia, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti d imprese, di stabilimenti o di parti d imprese o di stabilimenti. 4

5 La pronuncia della CGUE, a detta degli Ermellini, interviene su una questione pregiudiziale che muove dall'errato presupposto che la norma interna, quale quella dettata dall'art c.c., comma 5, consenta la successione del cessionario nei rapporti di lavoro del cedente, senza necessità del consenso dei lavoratori ceduti, anche qualora la parte di azienda oggetto del trasferimento non costituisca un'entità economica funzionalmente autonoma già preesistente al trasferimento, tanto da poter essere identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Inoltre, per la Suprema Corte, la sentenza dei giudici comunitari va letta, non nel senso che non occorre, ai fini di cui trattasi, il requisito della preesistenza, ma che è consentito agli stati membri prevedere una norma che estenda l obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori trasferiti anche in caso di non preesistenza del ramo d'azienda. D'altro canto la stessa Corte, nella citata sentenza, ribadisce che, ai fini dell'applicazione della richiamata direttiva 2001/23, l'entità economica in questione deve in particolare, anteriormente al trasferimento, godere di un'autonomia funzionale sufficiente. Nel caso di specie, pertanto, i giudici di legittimità hanno ritenuto non corretta in diritto la sentenza impugnata la quale ha ritenuto che ai sensi del novellato art c.c. le parti potessero al momento del trasferimento identificare il ramo d'azienda da cedere. Sulla controversia dovrà ora pronunciarsi un altra Sezione della Corte d Appello di Napoli. RIFERIMENTI NORMATIVI E GIURISPRUDEN- ZIALI - Codice civile, art. 2112; - D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32; - Direttive n. 985/50/CE e n. 23/2001/CE; - Cass. n. 8757/2014; - Cass. n /2012; - Corte di Giustizia UE sentenza 6 marzo 2014 causa C-458/12. - Riproduzione riservata - 5

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