Questo grande discorso si trova nella seconda parte del vangelo di Giovanni che è così composto:
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- Cecilia Cattaneo
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1 Lectio Gv 15, maggio 2015 Il Vangelo di Giovanni è certamente il più ricco e difficile dei quattro dal punto di vista del linguaggio utilizzato, l ultimo ad essere stato messo per iscritto, a Efeso (Turchia) verso la fine del I secolo, probabilmente da Giovanni figlio di Zebedeo, apostolo, con il contributo di discepoli della sua comunità. La pericope che commentiamo stasera fa parte del discorso che Gesù ha pronunciato durante l ultima cena, di cui abbiamo sentito già alcuni versetti (la vite e i tralci Gv 15,1-8) domenica 3 maggio. 26/4 Buon Pastore; 19/5 Ascensione 1 Questo grande discorso si trova nella seconda parte del vangelo di Giovanni che è così composto: Libro dei segni: dopo prologo, (nb cacciata tempio cap. 2,13-22; Lazzaro cap. 11) fino al cap 12 compreso: unzione a Betania e annuncio della venuta dell ORA. Si tratta di una sezione nella quale Gesù compie il suo ministero pubblico e si mostra con segni e parole al suo popolo come Rivelatore del Padre, ma viene rifiutato. Libro della gloria: a quelli che lo accettano Gesù mostra la sua gloria ritornando al Padre nell ORA della crocifissione, resurrezione e ascensione. Pienamente glorificato egli dona lo Spirito di vita. I parte Ultima cena (Capp ) con il lungo discorso di addio in cui è compreso il brano di stasera; II parte racconto della Passione (Capp ); III parte Gesù risorto (20,1-31); Epilogo (cap 21). Il fatto che il libro della gloria si apra con la cena e la lavanda dei piedi ci fa intuire come si tratti di una gloria assai diversa dalla terrena. Subito dopo il racconto della cena, che occupa appena 30 versetti, inizia, il grande discorso di Gesù, che si estende per ben quattro capitoli (da 13,31 a 17,26), ossia la metà del libro della gloria: ne emerge subito l importanza. Non si tratta infatti di un discorso come gli altri di Gesù: qui Egli non solo spiega il senso di ciò che sta per accadergli, ma parla ai suoi a coloro per i quali è disposto a dare la vita (15,11) e lascia, a loro e a noi, il suo testamento, destinato ad essere letto dopo che lui sarà asceso al cielo. E ancora non è tutto: diversamente dai testamenti terreni, che sono scritti da quanti sono morti e non possono più parlare, questo discorso viene trasformato, alla luce della risurrezione e con l invio dello spirito Santo, in un discorso vivo, trasmesso dal vivente a tutti coloro che incontrano il suo Vangelo. L analisi scientifica ed esegetica non è perciò la più adatta a
2 comprenderlo davvero: questo assoluto capolavoro della letteratura religiosa di ogni tempo va piuttosto meditato, pregato, lasciato posare nelle profondità del nostro intimo. Per questo vi propongo un esercizio di preghiera, da fare insieme al termine della mia breve analisi: ci soffermeremo per alcuni minuti in meditazione, rileggendo il brano, e poi anziché porre domande, mi piacerebbe che chi se la sente esprimesse la propria preghiera, delle invocazioni al Signore che sgorghino dalla Sua parola. La struttura del discorso di Gesù 1 2 Certamente il discorso non è stato pronunciato da Gesù in un unico momento, ma nella sua forma attuale è frutto di un lavoro redazionale: ci sono duplicati e ripetizioni (cfr. la prima conclusione di 14,30-31), e differenti prospettive teologiche che si intrecciano. Sono state fatte diverse ipotesi sui motivi di questa composizione, dalle più radicali alle più tradizionaliste: secondo alcuni è l evangelista che mette insieme diversi interventi di Gesù; secondo altri uno dei redattori del I secolo, che dovendo riunire pergamene tra loro divise lo ha fatto in modo non consequenziale. Quello che interessa noi, tuttavia, è la necessità di confrontarci con quello che la tradizione ci ha trasmesso, e coglierne i maggiori frutti possibili per la nostra vita di fede. C è infatti una considerazione importante da fare: la ricerca esegetica, puntigliosa e complessa, tenta di ricostruire le origini dei racconti biblici, per arrivare all intenzione dell autore originario, per comprendere ciò che lui voleva trasmettere. Ma noi, ora, abbiamo tra le mani le sacre Scritture così come si sono fissate in un processo prolungato, passando attraverso vicende complesse e venendo riconosciute, in questa forma, dalle chiese primitive. E del 200 d.c. il primo canone (elenco dei libri ispirati, riconosciuto da tutti) che fissa quali scritti possono essere accolti come autorevoli e quali invece sono privi di valore normativo. Oggi noi abbiamo questi testi, e lo sforzo per ricostruirne l origine non deve essere disgiunto dalla ricerca per comprendere che cosa dicono, così come sono, alla nostra fede oggi. Il discorso risulta ora così composto: I. Sezione 13,31-14,31 (fino alla prima conclusione: alzatevi, andiamo via di qui ) II. Sezione 15,1-16,33: la prima parte è costituita dalla parabola sulla vite e dalla sua spiegazione, su cui rifletteremo stasera. 1 Cfr. R.E. BROWN, Giovanni, Cittadella, Assisi , 695 ss..
3 III. Sezione 17,1-26: la grande, bellissima preghiera sacerdotale. Nella seconda sezione i versetti 1-17 (domenica scorsa e questa) sono riconosciuti come un unità, non si può quindi adeguatamente commentare il Vangelo di stasera senza tener conto della parabola della vite e dei tralci che lo precede: Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli In questa seconda parte, che è un commento alla prima, Gesù ci mostra ora il modo in cui il discepolo porta frutto, qual è il senso della sua proposta. Noi consideriamo il portar frutto come un fare frutti nel senso di opere, cose buone e da questo giudichiamo i fratelli. Ma qui la prospettiva è più radicale. [9] Come kathòs non solo os aoristo azione passata con effetto nel presente il Padre ha amato égàpesen me, così anch'io ho amato égàpesa aoristo voi. 3 Gesù qui si pone e ci pone in un dinamismo meraviglioso, quello dell amore che si comunica. Il tema dell amore è sviluppato in questi versetti con la massima intensità, sono i versetti in cui, in tutto il Vangelo, si parla con più forza di dioamore, con toni molto vicini a quello della 1 Gv in cui ci viene detto che chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. Ricordiamo che, in apertura del libro della gloria (13,1), si afferma (prima dell ultima cena) che Gesù, dopo aver amato i suoi, li amò fino alla fine, fino all ora, fino al dono totale di sé. Così l amore non viene comunicato come avviene in un rapporto affettivo, amore di volontà, ma si mostra essere amore esistenziale, vitale, carnale, come amore di colui che genera verso colui che è generato (Padre-io-voi ) amore fatto di carne e sangue, amore INCARNATO. Lo dice in tanti modi, Gesù, ce lo ha detto con la parabola della vite, ora ci parla del Padre e di sé, cerca le parole, parole che acquisteranno senso solo nei fatti. Per capirlo pensiamo ai nostri cari, ai nostri cari più cari, a coloro per i quali saremmo disposti a spenderci fino a morire, e proviamo a pensare se queste persone lo sanno davvero fino in fondo noi possiamo ripeterlo loro all infinito, ma quanto spesso ci è capitato di aver bisogno di vederlo, un tale amore, per capirlo appieno Rimanete nel mio amore.
4 Ci implora, Gesù: rimanete immersi nel mio amore, rimanete in Dio che è l amore ma come fare? [10] Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato perfetto, azione compiuta i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Osservando i comandamenti. I SUOI comandamenti. Chi ama obbedisce, nel senso di ob-audisce, presta ascolto, si fida di colui che ama, riconoscendo nel comando il proprio bene. Ma c è un altro particolare importante: Gesù sottolinea che osservare i comandamenti significa permanere nell amore. Questo vuol dire che l amore non condizionato ai comandi, ossia non devo obbedire perché Lui mi ami, ma lui già mi ama, per primo e gratuitamente. Se io obbedisco, non mi allontano da questo amore. E nelle mie mani la possibilità di conservare o disperdere questo dono. 4 [11] Vi ho detto queste cose tauta perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. La prima domanda che dobbiamo porci è: quali cose? Non solo questi due versetti, ma il mashal (la parabola) che li precede (della vite e dei tralci), ed anche tutto il discorso fatto fino a quel momento, a partire dal gesto della lavanda dei piedi in cui Gesù comanda: Lavatevi i piedi l un l altro. La parabola della vite ci colloca in un contesto eucaristico, il vino/sangue versato, la lavanda dei piedi/dono e servizio. Queste sono le cose che ci vengono mostrate e che prendono voce nel comandamento, che ha un solo scopo: la nostra gioia, la gioia piena. Ma qual è questo comandamento? A cosa dobbiamo obbedire, cosa ci chiede il Signore? [12] Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come kathòs io vi ho amati. Siamo ancora dentro il dinamismo dell amore che si comunica. Gesù, che ci ha amato e ci ama, ci chiede non di riamarlo, ma di amarci. Quel COME è una parola di una densità assoluta. Il greco non è un come esemplare. Non dice: guardate me, e imitatemi. Chi ne sarebbe capace? È un COME FONTALE. Dice amatevi dal momento che io vi amo, dal momento che siete uniti a me e in voi scorre la mia stessa vita, il mio stesso amore. Amatevi perché vi siete lasciati amare da me, vi siete lasciati contagiare dall amore. Amatevi perché traboccate dell amore accolto, traboccate di Dio. [13] Nessuno ha un amore più grande di questo: dare thé porre-presente la vita per i
5 propri amici. [14] Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Proviamo ad analizzare ancora questa logica: 1. Gesù è l amore fatto carne, perché dà la vita per gli amici. 2. Noi siamo suoi amici. 3. Lo mostriamo perché ascoltiamo il suo comandamento. 4. Il suo comandamento è di amarci perchè lui ci ama. 5. Noi siamo chiamati a dare la vita per i nostri amici. [15] Non vi chiamo più servi doulous, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone kyrios; ma vi ho chiamati aoristo amici, perché tutto ciò che ho udito ékousa aoristo dal Padre l'ho fatto conoscere egnorisa aoristo a voi. Amici: simili a lui, con il suo stesso amore in noi, cristificati siamo amati, quindi siamo capaci di amare. Siamo riempiti di amore, quindi amiamo. E quindi non siamo più semplicemente servi: sì, dobbiamo servire Dio, ma nell intimità dell amore. Come un genitore che serve i figli piccoli, ma non ritiene di esserne servo, lo vive come atto di amore siamo intimi di Dio. E Gesù ci rende amici con la sua vita e con la sua Parola efficace: non vi chiamo servi, ma vi chiamo amici : una parola che trasforma la nostra vita. Non solo la parola, però: qui Gesù utilizza un verbo che biblicamente è ricchissimo. Si tratta del conoscere. Dice di averci fatto conoscere, ma in senso biblico la conoscenza vera non è qualcosa che riguarda solo l intelligenza, così come si può conoscere una teoria. La conoscenza abbraccia tutta la persona, nella sua spiritualità e corporeità. Così ecco che torniamo ancora al significato eucaristico di questi versetti: Giovanni non racconta nel suo Vangelo l istituzione dell eucaristia, ma vi allude continuamente, e lo fa anche qui quando afferma che dato che ha fatto conoscere loro (donandosi nel pane spezzato e nel vino versato) l amore che è il Padre, allora loro non sono e non possono più essere semplici servi, ossia osservanti delle norme religiose, ma sono intimi con Lui, capaci di sapere quello che fa il Signore e comprenderlo, per poi farlo proprio. 5 [16] Non voi avete scelto exelexasthe passivo me, ma io ho scelto exelexamen attivo voi e vi ho costituiti tithenai aoristo perché andiate presente e portiate presente frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Il verbo centrale di questo versetto è quel vi ho costituiti tithenai, che è il medesimo verbo usato al versetto 13 per il dare la vita. In greco la connessione tra l incarico a noi discepoli e l esempio d amore di Gesù risulta del tutto evidente. Con
6 questa Parola il Signore ha chiamato per nome gli apostoli, li ha scelti, e chiama per nome ciascuno di noi e ci costituisce amici, perché andiamo e portiamo frutto, perché contagiamo il mondo con Dio-amore, perché tale frutto rimanga. L ultima parte del versetto merita che ci soffermiamo un attimo. Troppo spesso viene presa come una garanzia che, se chiediamo nel nome di Gesù, il Padre ci concederà le cose che chiediamo, una guarigione, il sostegno, un lavoro per comprenderne il senso profondo dobbiamo in primo luogo collegarle a quanto precede: vi ho costituiti perché portiate frutto e quindi perché quel che chiederete nel mio nome Ciò che il Padre concede sembra legato al portare frutto: se portiamo frutto significa che rimaniamo nell amore del Figlio, se rimaniamo nell amore siamo dentro un dialogo che rende possibile chiedere al Padre. Ma chiedere cosa? Ancora una volta ci aiutano i passaggi della scrittura: Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono! (Lc 11,9-13) Noi ricordiamo sempre una sola parte di queste parole di Gesù. Ma l unica garanzia è che il Padre dona lo Spirito a quanti glielo chiedono. E il dono dello Spirito è indispensabile, guida e sostegno anche per la nostra preghiera di domanda: Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; 27 e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio. (Rm 8,26-27). 6 [17] Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. Letteralmente è queste cose. Ciò che è interessante, però, è che il comando non è conclusivo, non si riferisce a quanto abbiamo sentito finora, ma apre a quanto seguirà: ancora una volta, perché non lo fraintendiamo intendendo la sua chiamata come semplice appello a FARE, ci dice AMATEVI, AMATEVI, AMATEVI
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