Una Giornata di studi in nome di Giorgio Buchner l'eu rethév di Pithecusa

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1 Per il decennale del Museo Archeologico di Villa Arbusto Una Giornata di studi in nome di Giorgio Buchner l'eu rethév di Pithecusa In occasione del decennale dell'apertura del Museo Archeologico Pithecusae (aprile ) si è svolta, a Lacco Ameno - Villa Arbusto, una giornata di studi nel nome di Giorgio Buchner, a cui è legata la scoperta di Pithecusa. Un evento che visse un lungo periodo di gestazione, se si pensa che il primo concreto avvio per la scelta di Villa Arbusto e per la sua acquisizione al patrimonio comunale risaliva già al dicembre 1977, quando si svolse a Lacco Ameno un convegno di studi riguardante.'ideologia funeraria nelle società antiche. Vi partecipò anche il dott. Giorgio Buchnner con una comunizazione su "Articolazione sociale, differenze di rituale e composizione dei corredi nella necropoli di Pithecusa", di cui riportiamo qualche parte. La mort, les morts dans les sociétés anciennes Congrès, Ischia 1977 Articolazione sociale, differenze di rituale e composizione dei corredi nella necropoli di Pithecusa di Giorgio Buchner A pochi passi dalla casa in cui si svolge questo Convegno dedicato all ideologia funeraria nel mondo antico, si estende la necropoli della prima colonia greca dell Italia meridionale. Non ho potuto perciò sottrarmi all invito di parlarne, rivoltomi dall amico Bruno d Agostino, anche se, sinceramente, avrei preferito non prendere la parola. Sebbene siano trascorsi ormai 25 anni da quando scoprii le prime tombe nella valle di San Montano e sebbene il loro numero sia ormai ragguardevole, manca tuttora quella elaborazione statistica della moltitudine di informazioni raccolte che sarebbe la base indispensabile per il discorso che avrei voluto fare oggi, elaborazione che presuppone il restauro di tutto il materiale finora scavato, purtroppo ancora ben lungi dall essere completato. Sono costretto a limitarmi perciò a brevi cenni non corro borati da cifre precise e ben poco potrò aggiungere a quanto ho già osservato in altre occasioni. La valle di San Montano è stata usata ininterrottamente per un millennio come luogo di sepoltura, dalla metà, almeno, dell VIII secolo a.c. al III secolo d.c. Le tombe che vi si affol lano e vi si sovrappongono permettono quindi di seguire il perdurare e il cambiare delle usanze funebri, dai primi tempi dell insediamento euboico fino all età romana inoltrata. Oggi intendo occuparmi tuttavia soltanto dei primi 175 anni circa della necropoli, dalle tombe più antiche fino a quelle caratterizzate dalla ceramica corinzia. Durante tutto questo periodo, al quale appartiene la maggioranza - più di quattro quinti - delle tombe finora scoperte, le usanze funebri non subiscono mutamenti tranne per un particolare di cui si dirà più tardi. La campagna di scavo dell anno 1977 che - completando un ampio taglio attraverso tutta la larghezza della valle - si è spinta per la prima volta fin sotto il piede dell acropoli di Monte di Vico, ha permesso di chiarire meglio la topografia dell impianto cimiteriale. Si è potuto accertare che le tombe più antiche, cioè quelle del terzo quarto dell VIII secolo, si trovano nel tratto della valle che è più lontano dall acro poli. In questo taglio trasversale, largo 15 e lungo ca. 70 m, la situazione si presenta nel modo seguente, a cominciare dal versante più distante dal piede di Monte di Vico : a un primo tratto, subito sotto la strada attuale che conduce alla spiaggia di San Montano, in cui le tombe a fossa sono rade e mancano tombe a cremazione a tumulo cosa facilmente comprensibile perché qui, in antico, il pendio era ancora piuttosto scosceso -, segue un tratto largo ca. 25 m fittamente coperto di 4 La Rassegna d Ischia 4/2009

2 tumuli a cremazione e sottostanti tombe a fossa in massima parte appartenenti al terzo quarto dell VIII secolo, e soltanto poche tombe dell ultimo quarto dell VIII e del VII secolo. Segue un ulteriore tratto largo ca. 15 m che soltanto inizialmente contiene qualche tomba della fine dell VIII secolo, mentre per il resto è coperto di tumuli del VII e inizio VI secolo con sottostanti tombe a fossa dello stesso periodo. Le tombe si arrestano al limite di una strada col fondo di terra battuta, larga ca. 4 m, che doveva condurre alla spiaggia. Tra questa strada e il piede di Monte di Vico si trova ancora uno spazio largo una quindicina di metri, privo di tombe e di qualsiasi altra traccia archeologica. Le tombe del terzo quarto dell VIII secolo iniziano quindi a una distanza di una quarantina di metri dal piede dell acropoli, e soltanto nel VII se colo la necropoli vi è stata ravvicinata di un altra quindicina di metri, una zona non ancora esplorata. Ricordiamo brevemente i diversi tipi di sepoltura che sono stati simultaneamente in uso a Pithecusa, per tutto il tempo che va dalla metà dell VIII all inizio del VI secolo. Il rito della cremazione era quello generalmente usato per gli adulti, uomini e donne, ma vi sono anche dei casi di fanciulli cremati. Le tombe a cremazione finora rin venute sono senza eccezione a tumulo, e senza urna cineraria. Si tratta di piccoli tumuli del diametro tra 1,5 e 4 m, alti in origine ca. 1,00-1,50 m i quali coprono una lente di terra nera di perimetro tondeggiante, contenente alla rinfusa i frammenti di ossa cremate, di vasi e di ornamenti personali bruciati e legno carbonizzato, cioè l insieme degli avanzi del rogo. I roghi stessi non erano mai accesi sul posto dove fu eretto il tumulo, ma su un ustrino comune che non è stato ancora tro vato. I resti furono portati poi sul posto della sepoltura definitiva e accumulati in un leggero incavo praticato sulla superficie pianeggiante del piano di calpestio, dunque non sotterrati, e ricoperti col tumulo la cui faccia esterna è costruita con pietre grezze ma connesse a regola d arte, mentre internamente è riempito di pietre e terra alla rinfusa. L inumazione in tombe a fossa con corredo è stata usata invece per infanti, bambini e fanciulli e soltanto molto raramente anche per adulti. In genere il morto veniva deposto in una cassa di legno sul coperchio della quale erano posate molto spesso alcune pietre più o meno grandi, mentre pietre di rincalzo si trovano incastrate tra la cassa e le pareti della fossa. I neonati venivano inumati ad enchytrismos, in anfore o più rara mente in pithoi. Anche feti immaturi erano sepolti nella necropoli in quelle semplici pentole da cucina i cui frammenti sono frequentissimi nei livelli di abitazione e che sono troppo piccole per aver potuto contenere un neonato maturo. Un gruppo distinto costituiscono le contemporanee sepolture ad inumazione senza corredo in fosse che sono in genere meno profonda mente scavate, più strette, senza cassa di legno e senza pietre. A diffe renza delle tombe a fossa con corredo, quelle senza corredo apparten gono per buona parte a individui adulti. Le tombe a cremazione a tumulo ammontano al 23,5 %, il totale di quelle ad inumazione al 76,5 %, ivi comprese anche le tombe senza corredo e quelle a enchytrismos. Queste ultime rappresentano il 32% di tutte le altre tombe ad inumazione e sono un indice della altissima mortalità perinatale. Ho già osservato in altra occasione come le piante della necropoli, che a prima vista sembrerebbero presentare una disposizione del tutto caotica delle tombe, a un esame meno superficiale rivelano invece una articolazione in appezzamenti familiari (family plots) entro i quali si osserva una stratigrafia orizzontale delle sepolture. Sono specialmente le tombe a cremazione, in genere riunite in agglomerali formati da tumuli agglutinati successivamente, che permettono di riconoscere questi appezzamenti, anche se, nei particolari, spesso non è agevole individuare la delimitazione precisa poiché non si tratta di riquadri rigidamente tracciati. Questi appezzamenti familiari sono stati in genere rispettati a lungo. Soltanto dalla seconda metà del V secolo in poi, quando ormai i tumuli antichi erano interamente scomparsi sotto terra, per il continuo apporto di terreno alluvionale dilavato dalle colline circostanti, si riprese a seppellire nuovamente nelle stesse aree senza tener più alcun conto delle sepolture sottostanti. Avevamo finora un unico caso in cui un appezza mento contenente tombe del terzo e dell ultimo quarto dell VIII secolo è stato riassegnato ad un altra famiglia nel periodo medio-protocorinzio e da questa usato fino all inizio del VI secolo. Ciò che restava fuori terra dei tumuli precedenti è stato demolito allora e i nuovi tumuli sono stati sovrapposti. Un secondo caso analogo è apparso nell ultima campagna di scavo del 1977, con un intervallo sorprendentemente breve tra la prima e la successiva occupazione della stessa area. Si tratta infatti di tumuli con materiale tardo-protocorinzio e corinzio-antico che sono stati rasi al suolo, asportando parzialmente anche le lenti di terra nera, per sovrapporvi altri tumuli contenenti ugualmente ceramica del periodo corinzio antico. (..) Per quanto riguarda ciò che si può desumere dalle tombe circa l articolazione sociale degli abitanti di Pithecusa nell VIII e VII secolo non posso aggiungere nulla alle cose già dette. Tutte le tombe finora scavate appartengono a famiglie di ceto medio. Tra i singoli appezzamenti familiari si osservano peraltro delle differenze che denotano gradi socio-economici diversi delle varie famiglie. Quelle di livello medio-alto sono caratterizzate da ornamenti personali, in prevalenza di argento, quelle di livello medio-basse possiedono invece ornamenti personali di bronzo. Dalle statistiche elaborate da David Ridgway risulta per tutta la seconda metà dell VIII secolo una percentuale alta di ornamenti personali di argento nelle tombe a cremazione, vale a dire di adulti, rispetto alle tombe ad inumazione, ovvero di bambini; e in genere una percentuale più alta di oggetti di argento nelle tombe del terzo quarto dell VIII secolo rispetto a quelle dell ultimo quarto del secolo. La maggiore ricchezza di argento nel periodo più antico viene confermata dalle tombe successivamente scavate che Ridgway non ha potuto ancora utilizzare. Nelle tombe del VII secolo, invece, l argento diventa molto raro. Ovviamente questi dati statistici rispecchiano la maggiore prosperità di Pithecusa nella fase iniziale della colonia, che corrisponde anche alla massima estensione topografica dell abitato e il suo successivo graduale impoverimento che diventa evidente dal principio del VII secolo in poi, ma forse ebbe inizio già nell ultimo quarto dell VIII secolo. Che ciò sia connesso con la fondazione e il progressivo sviluppo di Cuma, non pare dubbio. Un altra indicazione sulla struttura sociale forniscono le tombe ad inumazione senza corredo o con corredo poverissimo, che si trovano frammischiate, nello stesso appezzamento familiare, a quelle con corredo a volte in gruppi, a volte isolate. Che non si tratti di sepolture più recenti è dimostrato dal fatto che sono ugualmente sottoposte ai tumuli delle tombe a cremazione. Quasi sempre si tratta di fosse molto meno profondamente scavate rispetto al piano di campagna antico, che è indicato dal livello della base dei tumuli, spesso molto strette e corte, appena sufficienti a contenere il cadavere. Mentre avviene soltanto raramente che una fossa con corredo venga tagliata altro che marginalmente, e La Rassegna d Ischia 4/2009 5

3 senza danneggiare il suo contenuto, da una successiva fossa con corredo, si osserva abbastanza frequentemente che scheletri senza corredo sono stati tagliati senza alcun rispetto da forse con corredo. Si tratta evidentemente di individui di infimo rango sociale, di condizione sociale, che tuttavia venivano sepolti nello stesso appezzamento cimiteriale della famiglia alla quale appartenevano come schiavi. Non conosciamo da Pithecusa, fino ad oggi, le tombe appartenenti al ceto aristocratico, quelle tombe a cremazione che contengano le ossa cremate raccolte in un lebete di bronzo e che sono, invece, note da Cuma e da Eretria. Non mi resta che ripetere: tombe di questo tipo non potevano mancare a Pithecusa, perché non è immaginabile, nella seconda metà dell VIII secolo, una società greca, anche Gli scritti di Giorgio Buchner se coloniale, composta di soli individui di ceto medio, di commercianti e artigiani, contadini e marinai, senza uno strato sociale dominante aristocratico. Su questo assunto, se non erro, gli storici si trovano d accordo. (...) Nella maggioranza delle tombe a fossa con corredo il morto era deposto dentro una cassa di legno di cui talvolta si sono conservate le tracce. Sul coperchio della cassa venivano poste molto spesso alcune pietre, abbastanza grandi qualche volta, inoltre, tutta la parte inferiore della fossa riempita di pietre. Lo stesso rito, cioè cassa di legno con pietre poste sul coperchio, si ritrova tanto a Cuma, quanto a Eretria, nelle tombe ad inumazione dei bambini del sepolcreto presso la porta occidentale. Che le pietre poste sul coperchio della cassa abbiano avuto lo scopo di impedire un nefasto ritorno del morto tra i vivi, mi sembra tuttora la spiegazione più probabile. Ma anche qui si riscontra un certo numero di casi in cui questa usanza non viene osservata e mancano del tutto le pietre sulla cassa. In superficie le tombe a inumazione, comprese quelle ad enchytrismos, erano indicate con un segnacolo costituito da un mucchio di pietre o, in rari casi, anche con un vero e proprio tumulo costruito allo stesso modo di quelli delle tombe a cremazione. È da presumere che in origine tutte le tombe ad inumazione fossero contrassegnate in tal modo, anche se spesso i segnacoli non si sono conservati, specie quando vi furono sovrapposti dei tumuli a cremazione. Testimonianze di un culto dei morti dopo la sepoltura e di eventuali offerte fatte G. Buchner, La storia del nostro porto, in Ischia Nuova, anno II n. 5, 30 gennaio 1944 G. Buchner, A. Rittmann, Origine e passato dell Isola d Ischia, Macchiaroli, Napoli, G. Buchner e C. F. Russo, La coppa di Nestore e un iscrizione metrica da Pitecusa dell VIII s. av. Cr., Rend. Acc. Lincei ser. VIII vol. X, 1955, pp G. Buchner, Articolazione sociale, differenze di rituali e composizione dei corredi nella necropoli di Pithecusa, Atti Convegno Internazionale: Ideologia funeraria nel mondo antico, 6-10 dicembre 1977, pp Anche in G. Gnoli J. P. Vernant (ed.): La Mort, les Morts dans les sociètès anciennes, Cambridge 1982, G. Buchner, Base di donario con dedica ad Aristeo rinvenuta a Pithecusa (Ischia), RAAN, N. S. XXIV-XXV, , G. Buchner, C. Gialanella, Museo Archeologico di Pithecusa, Isola d Ischia, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, G. Buchner, Cuma nell VIII secolo a. C., osservata dalla prospettiva di Pithecusa, in I Campi Flegrei nell Archeologia e nella Storia. Convegno internazionale. Roma, 1976, Roma 1977, G. Buchner, D. Ridgway, Pithekoussai I La necropoli, tombe ( ), scavate da G. Buchner, con contributi di J. Close-Brooks, F. De Salvia, C. F. Russo, F. R. Serra, Ridgway ed altri; illustrazione grafica di F. Gehrke. G. Buchner, D. Ridgway, Pithekoussai, Giorgio Bretscneider, Roma, G. Buchner, Die Beziehungen zwischen of Pithekoussai auf der Insel Ischia und dem nordwestsemitischen Mittelmeerraum in der zweiten Hälfte des VIII Jh. V. Chr., Internationales Symposium Die phönizische Expansion in westlichen Mittelmeerraum, Koln, April G. Buchner, Eruzioni vulcaniche e fenomeni vulcanicotettonici di età preistorica e storica nell isola d Ischia, in AA. VV. Tremblements de terre, G. Buchner, FA, XXII, 1967, [1971], nr G. Buchner, Figürlich bemalte spätgeometrische Vasen aus Pithekoussai und Kyme, Römische Mitteilungen 60/61, , pp G. Buchner, Formazione e sviluppo dell isola d Ischia, in Rivista di Scienze naturali e Natura, 34, Milano 1943, pp G. Buchner, Gli scavi di Pithecusa, in Ricerche Contributi Memorie, 1. Atti relativi al periodo , a cura del Centro Studi su l isola d Ischia, Napoli 1971, G. Buchner, Il sole e il mare non bastano, intervento al Convegno turistico organizzato dall Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo delle isole di Ischia e Procida, 14 e 15 dicembre 1979, riportato in La Rassegna d Ischia, a. I n. 1/1980. G. Buchner, Intervento, in Greci e Italici in Magna Grecia, Atti Taranto I, 1061, 1962: G. Buchner, Intervento, in Metropoli e Colonie di Magna Grecia, Atti Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto III, 1963, 1964: G. Buchner, J. Boardman, Seals from Ischia and the Lyre- Player Group, in JdI, 1966, pp G. Buchner, La stratigrafia dei livelli a ceramica ed i 6 La Rassegna d Ischia 4/2009

4 sulla tomba non sono mai state osservate finora nella necropoli di Pithecusa. È da tener anche presente che per le tombe ad inumazione che sono state in seguito ricoperte da tombe a cremazione a tumulo, come avvenuto per la maggior parte di esse, la localizzazione precisa della tomba non era più individuabile per i parenti. I corredi funebri Passiamo ora alla constatazione dei corredi funebri, termine col quale comprendiamo per maggiore semplicità, l insieme degli oggetti che si trovano nella tomba. La presenza degli ornamenti personali, e particolarmente le fibule e fermatrecce, indicano che il morto è stato sepolto vestito con il suo abito da parata, sia quando è stato inumato che quando è stato cremato. Gli stessi tipi di fibule, nelle stesse dimensioni e nelle stesse posizioni sul corpo, si trovano usate per adulti, per fanciulli e bambini di tutte le età fino a infanti piccolissimi, anzi sono proprio questi ultimi che presentano talvolta un numero stragrande di fibule, per esempio la tomba 364 con undici e 355 con tredici fibule, ambedue di infanti di circa sei mesi, come risulta dall esame delle gemme di denti conservate, e la tomba 656 con ventidue fibule che ricoprivano interamente il torace di una bambina alta tra 60 e 80 cm al massimo. Si tratta in questi tre casi sempre di fibule di bronzo, quindi non di famiglie di ceto più elevato. Anche l uso degli amuleti esotici, frequenti nelle tombe di bambini del terzo e dell ultimo quarto dell VIII secolo, sembra dipendere più da preferenze individuali che da maggiore o minore ricchezza della famiglia. Il 36% delle tombe ad inumazione del terzo quarto e il 21% di quelle dell ultimo quarto dell VIII secolo contengono uno o più sigilli scarabei (Ridgway). Piuttosto rari sono gli strumenti da lavoro. Un caso singolare rappresenta una tomba ad inumazione dell ultimo quarto dell VIII secolo di un uomo dell età di circa venti anni (secondo l esame dei denti) che conteneva oltre a un coltello di ferro un ascia a cannone, tre scalpelli, due punteruoli, una lama e una lunga asta di ferro, probabilmente gli attrezzi di un carpentiere. Altre otto tombe della seconda metà dell VIII secolo contengono coltelli di ferro più o meno grandi. Per lo più si tratta di tombe maschili, ma un piccolo coltello, insieme a un ago da cucire di bronzo, era contenuto nella tomba di una giovanetta. Altre tombe contengono un ascia a cannone, una uno scalpello e quattro punteruoli di ferro. Otto tombe hanno fusaiole di impasto e una fusaiola di faïence di tipo egizio. Per quanto riguarda la ceramica contenuta nelle tombe, è da osser vare anzitutto che gli stessi tipi di vasi compaiono indifferentemente nelle tombe ad inumazione ciottoli con dipinti schematici antropomorfi della Grotta delle Felci, in Bullettino di Paletnologia Italiana, N. S IX, vol. 64, G. Buchner, L emporion di Pithecusa, in Napoli antica, Macchiaroli, Napoli, 1985, pp G. Buchner, Le Tombe di Pitecusa, Sadea, Milano G. Buchner, Mostra degli scavi di Pithecusa, in Incontro di studi sugli inizi della colonizzazione greca in Occidente, Napoli-Ischia 1968, Dialoghi di archeologia, Mondadori, Milano, III, 1-2, 1969, 1-234, G. Buchner, Nota preliminare sulle scoperte preistoriche dell isola d Ischia, Bullettino di Paletnologia Italiana, LVI, , G. Buchner, Nuovi aspetti e problemi posti dagli scavi di Pithecusa con particolari considerazioni sulle oreficerie di stile orientalizzante antico, in AA. VV., Contribution à l étude de la société et de la colonisation eubéennes, Cahiers du Centre J. Bérard, Napoli 1975, 59-86; anche in Italy before the Romans (a cura di D. e F.R. Ridgway): G. Buchner, Pithecusa: scavi e scoperte , le genti greche della Magna Grecia, Atti Taranto XI, 1971, Napoli 1972, G. Buchner, Pithekoussai, oldest greek colony in the west, in Expedition 8, 1966, pp G. Buchner, Pithekoussai: alcuni aspetti particolari, in Annuario della Scuola archeologica di Atene e delle missioni italiane in Oriente, vol. LIX, N.S., XLIII (1981). G. Buchner, Premessa in N. Di Sandro, Le anfore arcaiche dello Scarico Gosetti, Pithecusa, Cahiers du Centre Jean Bérard XII, Napoli 1986, pp G. Buchner, Recent Work at Pithekoussai (Ischia), , Arch. Rep, XVII, , G. Buchner, Relazioni commerciali di Pithecusa durante l VIII sec. a. C., Atti Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto, 1963, pp G. Buchner, Relazioni tra la necropoli greca di Pitecusa (Isola d Ischia) e la civiltà italica ed etrusca dell VIII secolo, in Atti del VI Congresso Internazionale delle Scienze Preistoriche e Protostoriche, Roma, sezioni V-VIII, G. Buchner, Scavi nella necropoli di Pithecusa , in Atti Società Magna Grecia, N.S. I, 1954, G. Buchner, Testimonianze epigrafiche semitiche dell VIII sec. a. C. a Pithekoussai, La Parola del Passato, XXXIII, 1978, G. Buchner, Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique,bibliothèque de l Institut Français de Naples, II s. vol. VII, Naples G. Buchner, Vita e dimora umana nelle isole flegree dall epoca preistorica ai tempi romani (Ischia, Procida, Vivara). Tesi di laurea: Università di Roma, 1938 (inedita). G. Buchner, voce Ischia in Enc. Arte Antica IV, 1961, pp ; ibid. Supplemento 1970, 1973, G. Buchner, Epigrafi da Ischia, 154 d. C., in La Parola del Passato, f. XXV-XXVII, dicembre 1952, p G. Buchner, Die Diplopoden-Chilopoden und Land-Isopodenforma der Insel Ischia und Capri und ihre tiergeographiscen Beziehung, Zool Jharb. Abt. Syst. 8, pp La Rassegna d Ischia 4/2009 7

5 e, bruciati, in quelle a cremazione. Una particolarità di queste ultime, la oinochoe integra e non bruciata che spesso si trova deposta negli avanzi del rogo, e che dev essere servita per un ultima libazione, è ormai ben nota e si trova riportata anche nei manuali, per cui non ce ne occuperemo ulteriormente. Piuttosto è da rilevare che, in tutti i periodi esaminati, si trova una certa percentuale di tombe a cremazione a tumulo prive di corredo, o che contengono soltanto l oinochoe non bruciata. In ambedue i riti si osserva una significativa differenza tra le tombe del terzo quarto dell VIII secolo (LG) e quelle di tutti i periodi successivi. Nelle prime mancano infatti i piccoli vasi chiusi, aryballoi e lekythoi, che sono invece così frequenti a cominciare dal protocorinzio antico e fino al corinzio medio. Soltanto in alcune tombe appartenenti alla fine del Tardogeometrico I compare qualche aryballos di un particolare tipo orientale, sicuramente non greco e presumibilmente proveniente dalla Siria settentrionale, che non si trova più nel periodo successivo. Non c è dubbio che tutti questi piccoli vasi chiusi provenienti da vari centri di fabbricazione comprese le lekythoi a corpo conico che talvolta impropriamente vengono chiamati oinochoai dagli studiosi siano degli unguentari che contenevano essenze oleose profumate, oppure, com è forse più probabile per le lekythoi a corpo conico che hanno dimensioni maggiori, dell olio d oliva. C è da chiedersi se questi unguentari fossero deposti nella tomba pieni e che quindi si pensasse che il contenuto poteva servire al defunto nella sua esistenza postmortale oppure se fossero deposti vuoti, dopo che il loro contenuto era servito per ungere e profumare la salma. La circostanza che questo tipo di vasi, a Pithecusa, è estremamente raro nei livelli di abitazione, mentre è comunissimo nelle tombe a partire dall ultimo quarto dell VlII secolo, indica che l usanza di profumarsi in vita fosse assai poco diffusa. La seconda possibilità ci sembra essere perciò più probabile. Che gli aryballoi e gli altri piccoli vasi chiusi fossero prevalentemente vasi di uso funerario non esclude tuttavia che contenuto e contenitori venissero talvolta usati dalle donne per profumarsi in vita, come insegnano la famosa lekythos di Tataie da Cuma e un frammento di aryballos globulare protocorinzio dall abitato pithecusano di Mazzola che conserva la terminazione di un graffito costituita dalle lettere..mi, recava anch esso un iscrizione di possessore con il nome in genitivo seguito dalla parola EMI (io sono di, io appartengo a). Moltissime tombe, da quelle più antiche a quelle dell inizio del VI secolo, contengono una oinochoe e un poterion - kotyle, skyphos, kantharos - talvolta anche in più esemplari. Ci doveva essere dunque una credenza diffusa e costante che il defunto avesse bisogno di bere nella sua esistenza postmortale. Non sappiamo se queste brocche erano vuote o piene di vino o acqua ; si può dire soltanto che spesso si trovano ancora ritte nella tomba, e quelle oblique o giacenti possono essere cadute in un secondo momento. Meno frequentemente si trovano anche piatti e scodelle che si possono interpretare come stoviglie per mangiare, ma non abbiamo mai osservato resti di cibi che fossero stati deposti nella tomba, come ossa di animali o fusci di uova. E da tener presente, peraltro, che vi è sempre anche una certa percentuale di tombe che non contengono l oinochoe e il poterion, o almeno uno dei due recipienti, come talvolta accade. Non da tutti era considerato dunque necessario fornire il morto dei vasi occorrenti per bere. ( ) Le tombe del ceto aristocratico medio, a Eretria come a Cuma, non contengono ceramica e, oltre al lebete in cui erano deposte le ossa cremate raccolte tra gli avanzi del rogo, presentano soltanto armi, quando si tratta di tombe maschili, e oggetti di ornamento personale. C'è tutta via una eccezione, la tomba 9 di Eretria, che, al disopra della lastra di calcare che ricopre la fossetta contenente l'urna oneraria, presenta una spessa lente di ceneri del diametro di ca. 1 m, con legno carbonizzato, armi di ferro, ancora frammenti di ossa bruciate e frammenti di vasi bruciati, tra cui una semplice oinochoe e un piccolo coccio bruciato è stato trovato nell'interno di ciascuno dei lebeti delle tombe 6 e 10, frammisto alle ossa bruciate selezionate. Quest'ultima circostanza può significare soltanto che ceramica era stata bruciata anche su quei roghi e qualche frammento vi è stato per sbaglio raccolto insieme alle ossa cremate. Si noti che la tomba 6 appartiene al personaggio più ragguardevole di tutto il sepolcreto, caratterizzato da quattro spade, una punta di lancia di bronzo e un sigillo montato in oro. Claude Bérard osserva quindi giustamente che non c'è dubbio che ceramica è stata bruciata anche sui roghi della classe aristocratica di Eretria. Soltanto che, aggiungiamo noi, in genere non si ritenne necessario raccoglierla e seppellirla nella tomba perché, una volta offerta e bruciata nel corso della cerimonia funebre, la ceramica aveva compiuto la sua funzione qualunque questa sia stata nella immaginazione degli offerenti e i suoi resti non avevano più importanza. La medesima noncuranza nei confronti della ceramica, dopo che questa era stata bruciata, si ritrova ugualmente nel ceto medio di Pithecusa: quando è stata bruciata insieme al morto, fu sepolta naturalmente insieme a tutti gli altri avanzi del rogo, ma quando è stata bruciata a parte, come abbiamo appena visto, non si ebbe cura di aggiungerla ai resti del rogo su cui era stato cremato il corpo, perché soltanto questi ultimi avevano valore. È un fatto, dall altra parte, che i nobili guerrieri di Eretria seppelliscono i loro bambini esattamente allo stesso modo come lo fanno i pithecusani di ceto medio, ad inumazione in cassa di legno, forniti di corredo di ceramica comprendente i vasi atti per bere oinochoe, tazze, poppatoio per i lattanti - e aryballoi unguentari; e ugualmente sono preoccupati di appesantire il coperchio della cassa di legno poggiandovi delle pietre. La perfetta analogia fra le tombe dei bambini dei guerrieri di Eretria e quelle dei bambini della gente di ceto più basso di Pithecusa è stata del resto messa subito bene in evidenza da Claude Bérard. La stessa tomba principesca cumana del fondo Artiàco si differenzia soltanto per l ostentato sfoggio della ricchezza del defunto. Anche qui, oltre alle armi e agli sfarzosi oggetti di ornamento personale di oro, troviamo utensili per bere, il lebete con sostegno, oinochoe, kotyle, l anfora attica SOS contenitore comune di vino o olio -, piatti su cui mangiare, soltanto che questi oggetti, come si addice a persona di rango principesco, sono di metallo, bronzo e argento, così come in tutti i tempi i principi mangiavano e bevevano da recipienti di metallo prezioso e gli altri da stoviglie di terracotta. In conclusione, a noi sembra che le tombe che abbiamo esaminato rispecchiano una sostanziale identità di usi e di credenze o di ideologia funeraria che dir si voglia, - diffusa in tutte le classi sociali delle genti di Eubea e delle sue colonie durante l VIII e VII secolo a. C., dai ceti medio-bassi fino a quelli di rango altissimo. Giorgio Buchner 8 La Rassegna d Ischia 4/2009

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