Il mondo in uno sguardo

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1 Giornalino Studentesco del Liceo Antonio Rosmini - Trento Il mondo in uno sguardo Anno scolastico Numero 2 La micidiale epoca Ai seu te pego possiamo darla per finita. Giuro che rischiavo una crisi nervosa se avessi sentito ancora biascicare parole a caso in un portoghese inventato. Shhhhhhhhhhh, non sentite il silenzio della primavera in arrivo? Coraggio gente. Per la gioia dei Maya siamo in pieno anno 2012 e marzo ha aperto i battenti. Le giornate uggiose spariscono, il caldo si fa sentire e gli UGG cedono lentamente il passo alle Victoria. Così il tempo passa senza far rumore ed in un flash vi ritrovate a fare i conti con una babele di riassunti, compiti, interrogazioni e simulazioni d esame. Mi ero ripromessa che quest anno sarebbe stato fuochi e faville: arduo studio ogni giorno, niente soldi sputtanati in giro e avrei cercato di guadagnare qualche monetina per non finire come sempre a chiedere l elemosina a mio fratello. Poca roba lo so, e mi sono subito accorta che le mie promesse sono come la dieta: va bene il primo giorno ma quello dopo vuoi immediatamente abbuffarti con un vaso da un kg di Nutella. E voi nel 2012 manterrete almeno una promessa? Se si, smetterete di aspettare, proiettare, pianificare e tutti gli altri -are, per vivere solo il momento, questo momento che passa, l'ora che è qui adesso e poi basta? Carpe diem urla il mondo. Casualmente, qualche anno fa, ho conosciuto un ragazzo, Alin. Alto, con una carnagione scura e gli occhi di un verde profondo; talmente é bello questo ragazzo che è un piacere stare lì ed osservarlo imbambolata. Alin è cresciuto in Pakistan ma, rimasto orfano quando era piccolo ha lasciato il suo paese e, viaggiando da solo e di nascosto nei camion merci, è arrivato fino a Padova. Alcuni sacerdoti lo hanno trovato per strada accovacciato come un cagnolino trascurato mentre cercava di vendere accendini ed ombrelli, in un paese dove il sole splende quasi tutto l anno. Molti passanti gli camminavano accanto come se fosse invisibile, quasi immateriale, tutt uno con il grigiore della strada, evitando di incrociare quei meravigliosi occhi dei quali mi sono innamorata. Il mondo ha continuato ad andare avanti e ora Alin è un uomo di ventisette anni, innamorato profondamente e appassionatamente della vita. Con altri ragazzi si sveglia la mattina presto e gira i quartieri di Padova distribuendo qualche panino oppure una coperta. Nel suo appartamento di due stanze ospita per alcuni giorni dei giovani immigrati o ragazzi abbandonati dalle famiglie. Alin sta cercando di laurearsi e contemporaneamente lavora per pagarsi gli studi ed avere dei soldi con i quali aiuta il popolo dimenticato delle strade. Gli ho chiesto qual è la forza che lo spinge ogni giorno ad alzarsi dal letto alle quattro del mattino e a sostenere tutto questo peso; con quale motivazione va avanti senza mai avere tentennamenti ed abbandonare ogni cosa. Mi ha risposto citando una frase di Gabriel Garcia Marquez: Si può essere innamorati di diverse persone per volta, e di tutte con lo stesso dolore, senza tradirne nessuna. Com è che si dice? Ah giusto; il cuore ha più stanze di un bordello. Jurgena Kamberaj You can take a picture of something you see In the future where will I be? You can climb a ladder up to the sun Or write a song nobody has sung Or do something that's never been done Are you lost or incomplete? Do you feel like a puzzle, you can't find your missing piece? Tell me how do you feel? Well I feel like they're talking in a language I don't speak And they're talking it to me Coldplay - Talk ALL INTERNO... PAG.2 Quando il Rosmini. PAG.4 Lessico familiare PAG.7 Saranno famosi Pag.10 Valori in corso Pag.12 Parole invisibili Pag.15 Terra madre Pag.16 Sana e robusta... Pag.17 Rubriche Foto di Erika Baldo Pag. 19 Lettere alla redazione Buona Lettura!

2 Pag. 2 Quando il Rosmini erano loro! Professione Reporter Carlo Martinelli è nato a Trento, dove vive, nel Nel 1977 si diploma all'istituto magistrale Rosmini. Poi è libraio e infine giornalista. Ha pubblicato Storie di pallone e bicicletta (Curcu & Genovese, 2003, finalista al premio letterario Peppino Prisco) e il libro di racconti Un orso sbrana Baricco (Curcu & Genovese, 2008). Con Roberto Festi è autore del volume L'immaginario della montagna nella grafica d'epoca (Priuli & Verlucca, 1996). Ha curato i testi del libro sui fratelli Pedrotti L in-canto della montagna (Priuli & Verlucca, 2007) e A Merano in attesa di Ezra Pound (Curcu & Genovese, 2002) di Luigi Serravalli. Altri suoi racconti, interventi critici e poesie sono sparsi in numerose pubblicazioni. E caporedattore all'ufficio stampa e coordinatore editoriale de Il Trentino, mensile della Provincia autonoma di Trento. Per vent anni ha lavorato nei quotidiani di Trento, Bolzano e Belluno (ovvero Trentino, Alto Adige e Corriere delle Alpi) del Gruppo Espresso: di questi giornali è ora editorialista e cura la pagina Libri. La Redazione gli ha rivolto alcune domande, a cui ha gentilmente risposto, come giornalista ma soprattutto come rosminiano. 1) Come ricorda i suoi anni al Rosmini? Che cosa l ha portata a scegliere l Istituto magistrale (così si chiamava allora la nostra scuola)? Che ricordo ha dei prof? Ottimi e affettuosi ricordi. La mia classe, la mitica sezione C, fu l ultima completamente maschile del Rosmini. Ne combinammo anche di discrete, erano anni socialmente irrequieti, diciamo così. Al punto che una volta organizzammo uno sciopero riuscito per un motivo non proprio nobile, a pensarci ora. Volevamo più crema nei krapfen delle macchinette che li distribuivano all interno della scuola. Ed ottimo anche il ricordo dei prof. Citarne qualcuno sarebbe fare torto ad altri. Mi hanno dato molto. Lo si capisce sempre dopo, e magari tardi. Ma è stato così. 2) Come e perché è maturata l idea di diventare giornalista? Per caso o per vocazione? Mi ritengo un uomo fortunato. Quando ero bambino, nel cortile di casa mia, con un amico giocavo a fare il giornale. Lo scrivevamo a mano e incollavamo le foto ritagliate dai giornali veri. A mia mamma dissi: da grande vorrei fare o il libraio o il giornalista. Sono riuscito a fare l uno (sono stato libraio per quattro anni, terminato il Rosmini) e l altro (sono giornalista dal 1982). Forse è stata vocazione, poi ci sono riuscito per caso. Il bello della vita, sempre ricca di imprevedibilità. 3) Come è cambiata la professione in questi anni con l avvento delle nuove tecnologie? Nessuna nostalgia per la macchina da scrivere e il block notes? E cambiata in modo totale. Io ho iniziato picchiando su una macchina da scrivere e gli articoli da Trento a Bolzano, dove si stampava il giornale, qualche volta andavano spediti con il treno e comunque venivano composti dai tipografi. Oggi con un tablet scrivi, alleghi foto e vai on line in pochi minuti. Però nessuna nostalgia, non avrebbe senso. Un fatto, un incontro, una persona che ha segnato la sua esperienza professionale. Quando sono arrivato a Stava, in valle di Fiemme, tra i primi, dopo il crollo dei bacini che causò centinaia di morti. Oppure la settimana passata a Mosca, all ospedale pediatrico, tra centinaia di bambini gravemente malati, per realizzare un documentario. Esperienze forti, a contatto con il dolore e la speranza. Ma anche cose più spensierate: il festival di Sanremo, le partite di calcio e di volley, gli incontri con gli scrittori. Quanto alle persone, per me è sempre bello quando mi si dice: grazie, lei ha riportato le cose esattamente come gliele ho raccontate. Questo mi basta. 5) Grazie ai nuovi social network e alle nuove tecnologie ognuno di noi ha la possibilità di diventare giornalista per 5 minuti e testimoniare in prima persona un fatto rilevante. Vi è il pericolo che il giornalista professionista perda sempre più il ruolo di testimone e arrivi quando la notizia è già sfiorita. Giornali in via di estinzione? Certamente giornali in via di cambiamento. A partire dal fatto che dovremo sempre più abituarci a leggerli sullo schermo anziché sfogliando e stropicciando carta. Quel che il giornalista deve conservare è la capacità di raccontare, di emozionare, di essere memoria, di fornire una chiave di lettura non ideologica che nasce dall esperienza e dalla passione. Questo fa la differenza. Se non accade allora è vero: siamo tutti giornalisti e dunque non lo è più nessuno Diventare giornalista oggi è ancora sinonimo di libertà di pensiero e di penna? (lo è mai stato?). Consigli per aspiranti giornalisti low cost. Voglio sperare che sia ancora così. Lo è stato, per fortuna, per molti. Quanto ai consigli, uno solo. Siate curiosi. E l unica regola che ho sempre avuto nel fare questo mestiere. Non mi ha mai deluso. La Redazione

3 Pag. 3 Il giorno 28 febbraio si è svolto presso il nostro Liceo l incontro A Trento con Chiara Lubich. Le parole dei luoghi con la partecipazione del giornalista Franco de Battaglia. Vogliamo qui ricordare la biografia e l opera di Chiara Lubich, alunna della nostra scuola. Chiara Lubich Chiara Lubich (Silvia) nacque a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli. Sua madre era una fervente cattolica; suo padre, per le sue idee socialiste, perse il lavoro di tipografo e tutta la famiglia fu costretta a vivere anni di estrema povertà. Si diploma maestra presso il nostro istituto nel Per mantenersi e pagarsi le spese universitarie (si iscrisse a filosofia a Venezia), insegnò alla scuola elementare del paesino di Castello di Ossana, in Val di Sole, nel 1938-'39. Il 4 dicembre 1943, prende i voti entrando nel Terz Ordine francescano attratta dalla figura di Chiara d Assisi. È l'atto di nascita dell'opera di Maria, movimento ecclesiale meglio conosciuto come dei Focolari. Durante la seconda guerra mondiale la sua casa fu distrutta dal violentissimo bombardamento che colpì duramente Trento il 13 maggio I suoi familiari sfollarono in montagna; in un primo momento Chiara li seguì, ma poi decise di tornare in città per seguire quella che sentiva come la sua vocazione: decise che vivere l'insegnamento del Vangelo sarebbe stata la più potente rivoluzione sociale attuabile. Chiara presto coinvolse un gruppo di amiche, che divenne il primo nucleo del movimento. Cominciarono a vivere insieme in un appartamento in Piazza dei Cappuccini (la casetta) e si dedicarono completamente ai poveri della città. Nel 1948 incontrò il Parlamento lo scrittore, giornalista e deputato Igino Giordani, da lei poi ribattezzato Foco, ritenuto cofondatore del movimento per il suo contributo all ideale dell Unità e dell ecumenismo. La presenza di Giordani dimostra che l'esperienza del movimento è praticabile non solo da consacrati, ma anche da persone sposate. Nel 1954 vi sarà un avvicinamento al movimento da parte di sacerdoti e religiosi e in questo avrà grande importanza Pasquale Foresi, primo focolarino sacerdote. Pochi anni dopo, nel 1962, papa Giovanni XXIII diede la prima approvazione al movimento; tuttavia gli statuti vennero approvati solo nel 1990 da papa Giovanni Paolo II. Contestualmente all'approvazione degli statuti, l'ordine otteneva dal papa il raro privilegio di poter essere perpetuato, in futuro, sempre da una donna. Nel 1964 fondò la cittadella di Loppiano nelle colline del Valdarno, presso Firenze, prima di una serie di cittadelle in vari paesi del mondo. Tali comunità vivono la spiritualità dell'unità in tutti i momenti della vita. Tra il 1994 e il 2004 si dedicò ad aprire nuove prospettive per il dialogo interreligioso rivolgendosi ai fedeli delle grandi religioni soprattutto orientali e attuando inoltre diverse diramazioni del movimento in ambito sociale. Chiara si spegne il 14 marzo del 2008 nella sua casa di Rocca di Papa dopo aver trascorso un lungo periodo di sofferenza e dopo essere riuscita a salutare i suoi primi compagni e i suoi stretti collaboratori. Al suo funerale, il 18 marzo, hanno partecipato migliaia di persone. Nella sua omelia, il cardinal Tarcisio Bertone l'ha indicata come uno degli "astri lucenti" del XX secolo, accanto a personalità come Madre Teresa di Calcutta. Giulia Petrone 5sC

4 Pag. 4 Lessico famili@re Il web è il Nuovo Mondo ( ma non era l America?) di oggi, virtuale ma non troppo. Da oltre dieci anni le persone si incontrano in Rete e, come i mercanti fenici che attraversavano i mari, hanno cominciato a dialogare e scrivere in una strana lingua. Uno slang fatto di inglese, informatichese, abbreviazioni, neologismi, acronimi, simpatiche faccine e icone animate. Con il tempo quello strano linguaggio è diventato di uso comune ed è entrato nei vocabolari. Ti mando una mail con l allegato. Lo zippo perché è pesante. Frasi come questa sono ormai parte della nostra vita e anche i duri e puri della lingua si sono arresi. Per i più disinvolti chattare, bloggare, downloadare sono verbi regolari della lingua italiana. Eppure il digital divide, il divario digitale tra chi ha accesso alle nuove tecnologie e chi ne è escluso, passa anche per la familiarità con questo lessico. Ecco un piccolo vocabolario dell era digitale, pronto all uso. A proposito, come diceva quel filosofo moderno famoso? Digito, ergo sum. Internet, internauta: Potevamo iniziare diversamente? Internet indica la ragnatela di reti locali (Rete di reti) collegate tra loro dal protocollo TCP/IP, quello che consente a milioni di computer con sistemi operativi e software diversi di dialogare tra loro nello stesso linguaggio informatico. Nel 1969 la Rete (ARPANET) fu creata per esigenze militari (!), poi ceduta nel 1983 al mondo accademico e agli istituti di ricerca. Negli anni successivi il boom commerciale ha reso la rete accessibile a tutti. In Italia la diffusione di massa è cominciata nel 1994/95. Praticamente tutti gli studenti di oggi sono quindi internati (cioè nati al tempo di Internet). Come gli antichi greci del mito veleggiavano alla ricerca del vello d oro (Giasone e gli argonauti) così i moderni eroi (internauti) percorrono le rotte del Web. Cliccare: verbo onomatopeico (come sussurrare, bisbigliare). Clic è il suono prodotto dal tasto del mouse e cliccare è diventato sinonimo di consultazione ipertestuale. Clicco dunque esploro, viaggio, gioco, studio, lavoro, conosco. Una volta si diceva sbagliando s impara, ora invece. Smanettare: una volta si diceva di chi andava in Vespa e voleva far bella figura con le ragazze dando gas alla moto. Ora indica chi si destreggia con più o meno abilità alla tastiera. Troll: Nella mitologia nordica i troll sono buffi personaggi che si divertono a fare dispetti. In internet i troll sono messaggi inviati in chat o nei forum di discussione per accendere gli animi e provocare risse telematiche. Per esempio provocare intenzionalmente le fan di Justin Bieber fingendosi un bimbominchia e scatenando una reazione ormonale tra le ragazzine. Oppure nel caso di Twilight quando i potteriani fanno notare la somiglianza tra Edward e la fatina luccicante Trilli. Nickname: è il soprannome, il nomignolo che ci identifica in una sessione di chat o in ambiente newsgroup per mantenere anonimato e fascino misterioso. I gestori di servizi o moderatori di discussione più seri chiedono, in fase di registrazione, che ci sia comunque l identificazione dell utente. Questo per non dimenticarci che ognuno è responsabile di quello che dice e che anche le parole virtuali possono essere pietre. Nerd: nel mondo reale il nerd è il secchione tendenzialmente asociale e tenebroso. Nel mondo del web è il digitomane che, alla tastiera del computer, sembra Mozart alla tastiera del pianoforte. Forte però è anche il rischio di dissociarsi dalla realtà e da se stessi. Hacker/cracker: semplificando, gli hacker dovrebbero essere i pirati buoni della rete, i cracker invece i predoni. I primi, contrari a qualsiasi forma di reticenza e controllo autoritario della rete; i secondi, invece, pronti a rubare dati e danneggiare sistemi per diffondere il panico. L hacker rappresenterebbe l evoluzione di quella che un tempo si chiamava controinformazione. Blog/bloggare/blogosfera: caro diario addio. Alzi la mano se c è ancora un adolescente che scrive il diario a penna. Largo ai blog, ovvero il diario digitale. La differenza è che il vecchio diario era un documento privato, intimo e segreto. Milioni di diari personali, dai più rozzi ai più raffinati si muovono nel web. E come se ognuno si creasse la propria stazione radio personale per raccontare e raccontarsi. Creare un blog è facile e non costa nulla, più difficile è avere qualcosa di interessante da raccontare. virtuale: secondo il dizionario, virtuale deriva dal latino virtus (valore, virtù). Ma oggi sentendo parlare di realtà virtuale nessuno penserebbe a questo. Gli universi paralleli (cyberspazio) che si aprono sul nostro computer rimandano piuttosto a videogiochi violenti che ben poco hanno di virtuoso. Ci si potrebbe chiedere perché la realtà simulata ha assunto questo nome. Una cosa è certa: toccare con mano, baciare qualcuno è molto meglio di una play.

5 Pag. 5 YouTube, youtubizzare: dal 2005, anno della sua invenzione, piccoli e grandi eventi, fatti e misfatti del pianeta terra e dei suoi abitanti confluiscono nel gigantesco tubo che ci permette di vedere ciò che altri media non hanno potuto o voluto proporci. Youtube è il programma di condivisione video per definizione, acquistato da Google per una somma astronomica. Ci ha permesso di vedere le fasi tragiche dell abbandono della Costa Concordia, le rivolte popolari represse in Libia, i movimenti di protesta in Cina ma anche il compleanno di zia Pina e le evoluzioni del nostro gatto in giardino. Purtroppo talvolta è utilizzato per diffondere immagini di bullismo, razzismo o violenza gratuita. mail storm: è la tempesta di mail che si abbatte su di noi quando ci colleghiamo alla rete dopo un certo tempo. Che stress!! Google/googlizzazione: il motore di ricerca più famoso del mondo, nato in uno scantinato dell università di Stanford il 4 settembre 1998 dalla mente di Larry Page e Sergev Brin. L etimologia viene associata ad un gioco di parole: goggles, binocolo, appunto perché il motore permette di esplorare la rete fino a "guardarla da vicino", to goggle, strabuzzare gli occhi, in senso di sorpresa per quanto si riesce a trovare. Conta milioni di contatti al giorno e forse è la realizzazione di quell idea di enciclopedia universale nata durante il secolo dei Lumi e vagheggiata dallo scrittore Louis Borges (La biblioteca di Babele). Che mondo sarebbe senza Google? wiki-pedia: la più nota enciclopedia online partecipata. Si basa sul principio collaborativo per cui tutti possono implementare i contenuti e arricchire le voci. Principio molto democratico ma che però non garantisce la qualità e attendibilità delle informazioni. Bella l etimologia che unisce la parola hawaiana wiki che significa veloce con il termine greco paideia che significa cultura (e molto concludiamo questo breviario minimo con il grafema più famoso del mondo, la chiocciolina che tutti conosciamo quando postiamo le nostre mail. In un universo fatto di nanosecondi, ubiquità e spigolose parole tecniche, la chiocciolina ci rimanda alle fiabe infantili, alla lentezza, alle sensazioni morbide e delicate. Si insinua nella nostra fretta quotidiana a ricordarci che non basta correre ma bisogna anche sapere dove andare. La redazione La striscia - a cura di Gianluca Giovannini 2uC

6 Pag. 6 Saranno famosi? Nella nostra scuola ci sono campioni in erba a pochi conosciuti. Iniziamo con queste prime interviste ad accendere i riflettori su studenti che hanno intrapreso percorsi impegnativi, ma interessanti. Caterina Andermarcher, 16 anni. Di carattere molto riservato e schivo, all apparenza sembrerebbe tutta casa e scuola visto anche gli ottimi risultati che consegue, ma si scopre solo a causa di qualche giorno di assenza dovuto alle trasferte, che fa parte della squadra nazionale dei pattinatori artistici su ghiaccio. Da più di 10 anni pratica questa attività e a quanto sembra ha davanti un futuro interessante visti i lusinghieri risultati raggiunti finora. Caterina, come ti è nato questo interesse? Un'estate le mie cugine mi proposero di provare a frequentare il corso di pattinaggio insieme con loro, già dalla prima lezione ho scoperto questa mia passione. Quanto tempo dedichi agli allenamenti? Mi alleno tutti i giorni per circa 2 3 ore tra ghiaccio e preparazione atletica. Mi alleno anche nei weekend 1 ora e mezza il sabato e la domenica faccio simulazione di gara con trucco e vestito. Come riesci a far conciliare tutti gli impegni? Con una vita frenetica e molti sacrifici. Spesso è difficile perché mi piacerebbe uscire di più e divertirmi, ma è anche vero che ci si abitua a questi ritmi e dopo alcuni anni ci si riesce ad organizzare bene. Segui una dieta particolare? Cerco di evitare i cibi grassi e solitamente mangio i carboidrati a pranzo e le proteine a cena. Non rinuncio però a qualche piccolo sfizio di tanto in tanto. In quale specialità spicchi? Nel pattinaggio artistico su ghiaccio singolo. Quali sono state le gare più emozionanti? Quando ho partecipato ai due Grand Prix Junior in Francia nel 2010 e nel 2011, e alle Olimpiadi giovanili europee nel 2011 nella Repubblica Ceca. Successi raggiunti? Sono arrivata al 2 posto ai Campionati italiani junior nel 2009 e al 3 posto sempre in questi campionati nel La soddisfazione più grande che hai avuto? "La mia più grande soddisfazione è stata partecipare ad uno spettacolo al PalaOnda di Torino, un paio di anni fa; è stato molto emozionante pattinare nello stadio delle Olimpiadi del 2006, con molti spettatori." Hai la possibilità di viaggiare? "Sì, grazie a questo sport sono s t a t a negli Stati Uniti, in Germania, in Austria, in Svizzera, in Polonia, nella Repubblica Ceca, in Slovenia, Francia, Olanda e in tante regioni d Italia". Ugo Buzzelli viene da Pescara dal 2009 si è trasferito qui a Trento, chiamato dalla Trentino Volley. Ha lasciato per questo la sua famiglia e vive con altri atleti chiamati dalla Società. Frequenta il nostro Istituto, precisamente la classe IVbc. A lui abbiamo chiesto qualche notizia riguardo a questa avventura. Ugo, come ti è venuta la passione per questo sport? Ho iniziato a giocare a pallavolo all età di 12 anni, prima praticavo il calcio quando un giorno mio padre, vedendo che mio fratello trovava piacevole e interessante l ambiente pallavolistico, mi chiese se volevo provare anch io questo nuovo sport. Per un anno praticai entrambi gli sport, fino a che non mi convinsi della pallavolo. Come sei arrivato a Trento, con quale criterio ti hanno scelto? Durante il primo anno delle superiori frequentavo il liceo

7 Pag. 7 scientifico di Pescara; giocavo a Chieti e ricevetti una chiamata dal Team manager della Trentino Volley che mi voleva vedere per far parte del loro vivaio nell anno seguente. Nelle vacanze pasquali dello stesso anno partecipai a un torneo nel quale giocai con la squadra trentina e ad agosto mi richiamarono dicendomi che per l anno successivo ero nei loro programmi e che mi avrebbero voluto nel settore giovanile. E stato facile per te e per i tuoi far questo passo? I miei erano molto contenti e fieri che io avessi ricevuto quest opportunità per crescere (naturalmente un po gli dispiaceva di non avermi più in casa), ma io inizialmente ero perplesso. Da una parte ero felicissimo e non vedevo l ora di partire, ma dall altra mi dispiaceva lasciare la mia città e soprattutto i miei amici sapendo che da quel momento in poi la mia vita sarebbe cambiata e temevo di perdere le mie amicizie. Tutt ora comunque durante le vacanze estive e le festività natalizie torno giù e sono contento di poter dire che la compagnia è rimasta ancora quella. Com è vivere senza genitori e senza fratelli? Vivere senza genitori presenta molti aspetti positivi, ma allo stesso tempo altrettanti negativi. Penso che non ci sia cosa più bella per un ragazzo di 15 anni che vivere lontano dai genitori. Purtroppo però tutta questa autonomia non è sempre a tuo vantaggio: quando ad esempio torni a casa tardi e stanco dopo gli allenamenti e devi ancora prepararti da mangiare, o quando c è un bollettino che la scuola ti chiede di pagare e devi prenderti la briga di trovare un buco nella giornata per andare alle Poste a pagarlo. Comunque è sempre vantaggioso perché impari a gestirti le giornate, a cucinare, a tenere abbastanza in ordine l appartamento, impari a fare le lavatrici, a stirare i panni, ma soprattutto a convivere con gente che non fa parte della tua famiglia e ha altre abitudini a volte opposte alle tue. Riesci a trovare il tempo anche per lo studio? Tutti i pomeriggi sono in parte compromessi dagli allenamenti e il fine settimana dalle partite di campionato (sono in palestra circa tre o quattro ore al giorno), ma almeno un paio d ore al giorno da dedicare allo studio o al riposo devo trovarle! E abbastanza impegnativo, ma è solo con l allenamento e la dedizione che si può puntare sempre più in alto. Lo sport comunque non dovrebbe interferire assolutamente con l andamento scolastico, anzi spesso è d aiuto a scaricarmi la testa dai pensieri che la scuola ti crea. Cosa hai intenzione di fare dopo questa esperienza? Alla fine di questa esperienza sarà la società a decidere del mio futuro. Vedrà quale sarà la squadra più adatta a ricevermi per iniziare una nuova avventura. Comunque per il momento punto a prendere il diploma in questa scuola e poi vedrò cosa il futuro mi riserverà. Cosa rimpiangi e cosa ti soddisfa di questa esperienza? Sono molto orgoglioso di questa esperienza perché giornalmente mi procura delle soddisfazioni che non avrei mai potuto ottenere se fossi rimasto a Pescara. Naturalmente all inizio è stato difficile soprattutto staccarsi dagli amici e ogni tanto ti chiedi se quello che stai facendo è l investimento giusto per la tua vita, ma ripensando a tutte le soddisfazioni e le esperienze fantastiche che quest avventura mi ha dato mi viene da dire che sono veramente contento di aver detto di sì in quella telefonata. Com è strutturato il rapporto tra atleta e società? Il rapporto tra un ragazzo comprato da fuori -per il settore giovanile -e la società è deciso da un contratto annuale ( durata dieci mesi cioè una stagione sportiva) che ogni anno la società può o meno rinnovare a seconda dei propri interessi. La Trentino Volley ci garantisce vitto e alloggio più una retribuzione mensile uguale per tutti i ragazzi; ci garantisce il trasporto urbano (attraverso abbonamento) e il trasporto per recarci alle palestre (attraverso un pullmino gestito dalla società). Ogni giorno la Trentino volley ci dà il massimo per far sì che il nostro trascorso qui sia il più piacevole possibile e a noi non rimane che dare il massimo a scuola e in palestra per rendere questo enorme favore e privilegio.

8 Pag. 8 Barbara Failo frequenta la 3bA, vive a Baselga del Bondone e da 2 anni si sposta quotidianamente per andare a Rovereto ad allenarsi come ballerina nella specialità danze latinoamericane. Anche lei gareggia a livello nazionale e nello scorso gennaio a Velletri col suo compagno di ballo si sono classificati al sesto posto su una settantina di coppie in gara. Barbara come mai ti devi sobbarcare ogni giorno un viaggio fino a Rovereto? E l unica scuola che prepara per gare agonistiche, è collegata a Verona, sede della scuola Garda Danze di cui faccio parte." Sappiamo che non è facile trovare anche nel ballo il partner giusto...tu come ci sei riuscita? Ho cercato per quasi 5 anni poi, tramite conoscenze, finalmente ne ho trovato uno. In seguito, su proposta del mio maestro, per poter gareggiare 2 categorie superiori ho cambiato ballerino e da 5 mesi mi alleno con l attuale. Anche tu devi allenarti diverse ore ogni giorno e in più hai i viaggi. Cosa pensano i tuoi di un impegno così totalizzante? Naturalmente mi appoggiano; mia madre in particolare mi incoraggia e quando può mi accompagna nelle trasferte. Pratico ogni giorno almeno 2 ore di allenamento, a parte il mercoledì che ne faccio 4 a Verona, e il sabato 5. Sia il mercoledì che il sabato facciamo dei cosiddetti collettivi, cioè simulazioni di gara. Com è il clima fra voi ballerini? Durante le gare logicamente c è una forte competizione fra le coppie; spesso, come nel mio caso, tra due della stessa scuola di danza, ma solo in pista, poiché a gare concluse si cerca di mantenere un clima amichevole. Sembra che l anno per te sia iniziato con buoni auspici. Senza dubbio! Abbiamo avuto molte soddisfazioni: su sette gare disputate abbiamo raccolto cinque vittorie! Con un impegno così vincolante non c è pericolo di isolarsi dal mondo reale? La mia vita sociale si focalizza soprattutto nella scuola di ballo, nella quale passo la maggior parte del mio tempo libero, ma essendo in tanti, siamo come una piccola società. Foto-grammi L insostenibile leggerezza di un click IPSE DIXIT ipse dixit: prof, la monaca di Monza oltre al ciuffo aveva i capelli lunghi sotto la cuffia? prof: uffa, non lo so, non ho mai visto una suora nuda!! (2uc) ipse dixit: alunna: Il mio ragazzo fa agraria a S. Michele. Prof: Bene, quelli che fanno agraria sono tipi solidi, con i piedi piantati per terra * ( 2uC) Erika Baldo

9 Caro diario ti scrivo: come immagini la tua vita tra più di trent'anni? Mi capita spesso di pensare, ultimamente, a ciò che potrebbe succedere nel futuro e a come potrebbe andare la mia vita. Mi pongo domande di continuo...dove finirò? Che lavoro farò? Con chi passerò la mia vita? Peccato però che non posso rispondere a nessuna di queste domande, l'unica cosa che posso fare, è immaginare come sarà. In quanto al lavoro, beh, non mi vedo seduta dietro ad una scrivania a compilare scartoffie davanti a un computer, vorrei Pensieri e parole poter fare qualcosa che mi permetta di muovermi, di viaggiare, di vedere cose nuove, come ad esempio l'antropologa, l'archeologa, o addirittura l'etologa. Mi vedo già nella mia casetta in riva a qualche lago o fiume circondata dal verde, con i miei cani che giocano nel prato. Mi accontenterei di una piccola casetta in legno, munita di pannelli solari e di un piccolo orto sul retro, vedo già le mensole del soggiorno graziosamente addobbate con oggetti e souvenir portati dai miei viaggi, in giro per il mondo. Oppure chissà, non avrò nemmeno una casa fissa, vivrò con un popolo di aborigeni, imparerò le loro tradizioni, la loro lingua, le loro usanze, camminerò scalza, girerò nuda e dormirò in una capanna fatta in legno e pelli. Mi piacerebbe vivere una vita spensierata, dove il denaro non ha alcun valore perché si vive di caccia e raccolta, vorrei vivere in un luogo in cui la gente non ha pregiudizi, dove nemmeno conosce il significato di molte parole che purtroppo segnano la nostra esistenza, Pag. 9 come la gelosia, l'avarizia, l'invidia, l'accidia e la superbia. Questo è ciò che più desidererei dal mio futuro, caro diario, sento di essere nata in una realtà a cui non appartengo. Credo sia sbagliato dare troppo significato agli oggetti ed affezionarsi ad essi, permettendo che la felicità dipenda da qualcosa di materiale, va contro i miei ideali. Vorrei vivere una vita fatta di emozioni, vorrei potermi sentire veramente libera e non più schiava di una società che mette degli argini al mio essere. La vita è come un fiume, deve poter scorrere, e gli unici posti in cui poter realizzare i miei sogni sono i luoghi più remoti di questa terra, luoghi ormai dimenticati dove vivono popoli che hanno voltato le spalle allo sviluppo e alla modernizzazione, per poter vivere in pace con se stessi. Alice Sartori 3sC Pubblichiamo questo tema, anche se ormai fuori tempo, perché ci ricorda che i desideri più belli sono quelli che cadono dal cielo. Un regalo che ti piacerebbe molto ricevere. Prova a descriverlo. In queste aride e gelide giornate di dicembre, il chiodo fisso persistente nella mente di tutte le persone non è il freddo, che presto aumenterà, facendoci sognare le calde e soleggiate giornate d estate; non è nemmeno l imminente arrivo delle vacanze invernali. Sì, forse pensieri a questo proposito sono impressi nell intelletto degli studenti che, come avvoltoi, aspettano famelici il loro arrivo. Ma le cose che più di tutto attendiamo con ansia sono: il profumo di arance e cannella che aleggia nella casa; le luci colorate che, dopo aver passato un intero anno rinchiuse in una scatola, nell angolo più remoto e polveroso della soffitta, riprendono il loro posto sui rami degli alberi rinsecchiti, sui lampioni delle strade, sui tetti e i balconi casalinghi Attendiamo con ansia ed aspettativa che gli alberi verdeggianti, colmi di bocce, festoni, luci ed angioletti facciano la loro apparizione infondendo nella casa, nelle vie, nelle città una lieta atmosfera di attesa di una notte magica e speciale: il Natale. Questa notte incantata coincide anche, per i bambini, con l arrivo di Babbo Natale, un ometto tondolotto, vestito in rosso e con una folta barba bianca che, a bordo di una slitta trainata da renne, sorvola il mondo per consegnare doni ai bambini buoni. Per i più grandicelli invece la notte di Natale è il momento in cui, dopo un estenuante corsa all ultimo acquisto, ci si scambia i regali con la speranza che ci piacciano. Per Natale il mio desiderio non è un nuovo cellulare, una televisione, dei vestiti, l I-Pad (anche se, sono ben accetti!) ma vorrei un oggetto senza il quale, per me, il Natale non sarebbe completo: la neve. Adoro quel manto candido ed immacolato che, come una soffice coperta, si posa sul paesaggio e lo fa diventare mistico, fantasioso, omogeneo ed etereo e infine cambia l aria colma di smog in una fresca e frizzante brezza. Fissare i fiocchi di neve che dal cielo si posano sulla terra innevata, mi attira ed ammalia e fa affiorare nel mio animo un immensa tranquillità interiore ed i ricordi di quel tempo passato che mi vede bambina a fabbricare, insieme alla mia amica, igloo e pupazzi di neve. Ora, soprattutto per i più grandi, la neve vuol dire soltanto passare intere giornate armati di spalaneve a pulire il piazzale da quel vapore acqueo condensato che sembra non finire mai. Nonostante anche a me tocchi questa routine, continuo ad amare il paesaggio innevato e i fiocchi di neve che dolcemente cadono dal cielo. Giulia Nardon 3sC

10 Pag. 10 Valori in corso Il laboratorio Maria Montessori Con queste testimonianze il nostro giornalino vuole porre in luce una delle realtà più significative della nostra scuola. Il laboratorio, intitolato alla grande pedagogista e medico italiana Maria Montessori ( ), è luogo di incontro di esperienze diverse (studenti, docenti, operatori) che cercano di realizzare concretamente quanto prevede la nostra Costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ( ). E compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e sociale del paese (Art. 3) Il LABORATORIO si propone di sviluppare/potenziare le abilità, le conoscenze, la crescita culturale e umana complessiva degli studenti che per motivi di ordine fisico, psichico, sociale o di altra natura, necessitano di un contesto educativo più attento a soddisfare i loro particolari e/o speciali bisogni educativi. Il LABORATORIO non è un corpo separato della scuola, dove soltanto gli studenti che esprimono un qualsiasi disagio si ritrovano insieme, per sviluppare una didattica speciale, ridimensionata rispetto a quella generale e quasi separata da quest ultima. È, invece, un luogo di apprendimento in cui gli alunni - ciascuno con le proprie potenzialità e i propri limiti -- interagiscono insieme ai docenti e agli assistenti educatori, secondo modalità più insolite, più fantasiose, più intrise di multimedialità e interdisciplinarità, più aperte a intrecciare insieme aspetti teorici e pratici. Testimonianze degli studenti Quelle che seguono sono testimonianze, offerte da alcuni studenti, per rendere partecipi i nuoviiscritti al Laboratorio Montessori alle dinamiche che accompagnano la didattica inclusiva: esse ci giungono da sei ragazze del triennio, le quali hanno preso e/o prendono parte alle attività del laboratorio stesso. ''Assegnare al Laboratorio una denominazione che contenga la parola 'abilità', al posto della parola 'disabilità', vuole rappresentare l'affermazione del principio di uguaglianza tra le persone nel nostro caso tra gli studenti le quali (persone), tutte, posseggono alcune abilità più sviluppate, rispetto ad altre che si collocano entro limiti cosiddetti normali o più ristretti. Con queste frasi, nel sito della nostra scuola, viene presentato il Laboratorio, il quale offre un'occasione straordinaria di ulteriore partecipazione alla vita scolastica per gli studenti disabili, i quali condividono con la generalità degli studenti una serie di attività teoriche e pratiche, in un contesto armonioso e stimolante e in un incontro umano più profondo. All'inizio dello svolgimento delle attività laboratoriali, l'approccio può essere condizionato dalla paura di non sapere come porsi con ragazzi meno fortunati di noi; ma, con un pizzico di entusiasmo e di fantasia, non ci sarà neppure il tempo per fermarsi a riflettere sulla prima sensazione di disagio, perché si è già immersi completamente nelle attività, sempre molto ricche, varie e didatticamente efficaci. Le materie specifiche del nostro indirizzo di studi dovrebbero aiutarci a sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti delle tematiche sociali e verso i problemi della disabilità in particolare e, al tempo stesso, una superiore capacità nel pianificare un intervento didattico-educativo. Ho compreso, personalmente, la sfida che è propria del Laboratorio Montessori : concretizzare, attraverso attività sia teoriche che pratiche, i concetti che noi apprendiamo durante le attività del mattino, con un approccio che coinvolga tutti: ciascuno, secondo le proprie abilità e capacità. Ciò ci aiuta a capire che si può conoscere e imparare in maniera alternativa e ci mostra, subito, quanto ognuno di noi abbia da dire, da condividere e da donare agli altri. Ci aiuta a capire che tutte le discipline (arte, musica, scienze, italiano, filosofia, fisica, matematica...) collaborano alla formazione, assumendo, talvolta, la forma del gioco e del divertimento. Con occhio superficiale, qualcuno potrebbe pensare ad attività semplici e poco elaborate. Ma non è così: anzi, è esattamente il contrario; anche perché ho capito quanto lavoro occorra per preparare una lezione che possa andar bene per tutti gli studenti (nel rispetto delle abilità di ciascuno), con un adeguato livello di approfondimento dell'argomento trattato. Il clima che si respira, durante le attività pomeridiane, è sereno e coinvolgente; ci si sente uniti, tanto che le paure, i timori e le titubanze iniziali spariscono presto, per farci scoprire che attorno a noi ci sono delle persone speciali e dentro di noi delle abilità che non sapevamo di possedere. Si entra con l'idea di dover fare qualco-

11 Pag. 11 sa per gli altri e si esce con la consapevolezza di esserci molto arricchiti nelle relazioni umane e anche nella cultura. Si vivono sensazioni ed emozioni, si coltivano idee e pensieri che, nella vita di tutti i giorni, non si sperimentano facilmente. Nessuno di noi è un diverso, per quanto nessuno di noi sia uguale a qualunque altra persona: è soprattutto questo che il Laboratorio Montessori ci aiuta a capire. Le diverse abilità o, meglio ancora, le molteplici abilità rappresentano una risorsa umana e culturale: ognuno di noi ha qualcosa da donare agli altri e da ricevere dagli altri. Cari ragazzi, vi porterò sempre nei miei ricordi, per tutto ciò che mi avete dato, e non mancherò di passare a salutarvi, per ricordare i bei momenti trascorsi insieme e per ricevere un incoraggiamento per il mio esame di quinta! Ciao!!! La vostra amica Serena (classe V ) Mi chiamo Silvia (classe V) e ho scelto di svolgere il mio approfondimento per l'esame di maturità sul tema della disabilità nella scuola superiore; affronterò, quindi, il tema della didattica inclusiva, della storia dell'integrazione scolastica e della psico-pedagogia relativa alla disabilità. Varie esperienze personali e lo stage svolto al Laboratorio Montessori, mi hanno avvicinata molto a queste delicate e importanti questioni, tanto che la mia speranza è quella di riuscire, un giorno, a lavorare in questo campo. Entrare in contatto con una realtà diversa dalla mia, parlare, lavorare, progettare, rapportarmi con ragazzi disabili della mia stessa età, inizialmente non è stato semplice. Nutriamo, spesso, idee preconcette e avvertiamo un senso di inadeguatezza; riteniamo di non avere le competenze giuste per affrontare un tirocinio di questo tipo. Già dalle prime lezioni, però, entrata in Aula Montessori, mi sono resa conto di quanto insensati fossero i miei timori. I miei compagni erano esattamente uguali a qualunque altro adolescente: con la stessa vivacità, la stessa voglia di imparare, gli stessi interessi (dalla moda, all'ultimo cellulare tecnologico, al cantante carino del momento...); ed è stato davvero bello capire quanto avessi torto e che il nostro era uno scambio reciproco, nel quale anch'io avevo molto da imparare. E' stata un'esperienza importante, che mi ha regalato dei momenti bellissimi ed intense emozioni. Ho capito che ogni disciplina può adattarsi ai bisogni educativi e didattici dello studente disabile; modificarsi, per rendersi più pratica e più comprensibile: la Fisica, la Matematica, l'inglese, la Filosofia, la Musica, la Storia dell'arte, la Religione possono essere apprese da ciascuno: con varie strategie didattiche, con creatività e con le giuste attenzioni e precauzioni. Noi studenti normodotati (questa non è una parola che mi piace molto) abbiamo affiancato il docente e abbiamo collaborato con il compagno disabile, per aiutarlo e per fargli comprendere nozioni e argomenti anche piuttosto articolati, come sono quelli inseriti nei programmi delle scuole superiori. Così facendo, noi stessi ci siamo misurati nella veste di docenti e di futuri educatori e abbiamo cercato di mettere in pratica i contenuti di Psicologia, Pedagogia e Sociologia appresi in questa scuola sin dal primo anno di studi. Il diritto allo studio degli studenti disabili, contenuto nella Carta dei Diritti dell'uomo e nella nostra Costituzione come organicamente statuito nella legge quadro 104 del 1992 e nella successiva legislazione statale e regionale che ne ha ampliato, modificato, esteso e specificato le norme necessita, per la sua piena realizzazione, dell'impegno concreto di noi tutti. Ogni studente disabile, o con bisogni educativi speciali, deve poter accedere al massimo grado di istruzione scolastica, sicuro che la scuola coi suoi programmi, la sua organizzazione, coi suoi docenti e studenti saprà garantire uno spazio adeguato alla libera espressione delle sue potenzialità, attitudini, abilità. Per tutti questi motivi ho deciso di scrivere la tesina sulla disabilità e sulle questioni didattico educative ad essa correlate; anche per dimostrare che è possibile abbattere, gradualmente, i numerosi pregiudizi e le tante paure (perlopiù, da noi stessi alimentati). Frequentare, anche per poche lezioni, il Laboratorio aiuta a capire che la realizzazione del diritto allo studio degli studenti disabili è possibile anche nelle scuole superiori. Colgo l'occasione per ringraziare i miei compagni per i piacevoli momenti trascorsi insieme, e le assistenti educatrici e gli insegnanti per i suggerimenti offerti al mio lavoro di approfondimento. Silvia classe V

12 Pag. 12 Il bidello Alfredo Parole invisibili Con queste note voglio ricordare Alfredo, il signore collaboratore scolastico presente al secondo piano della sede di via Malfatti e in pensione da pochi mesi. Lo faccio volentieri anche perché devo ammettere di aver parlato molto con lui, nonostante fosse non udente, probabilmente ho parlato molto di più con lui che con altri. Che cosa mi ricordo di lui e perché per un po di tempo ho coniato l espressione di essere entrati ora nell era post- Alfredo? Quello che posso ricordare di lui era la sua grande disponibilità e la sua capacità di capire quasi immediatamente che cosa di non detto traspariva dall espressione del volto dell interlocutore e, una volta che erano state individuate e formalizzate le esigenze dell organizzazione e del personale, il suo impegno a fare in modo che queste potessero essere soddisfatte. Lui, oltre ad avere bene presente e conoscere benissimo lo stato della struttura della scuola, sapeva anche la situazione aula per aula del secondo piano come di ogni armadio e scaffale. Aggiungo a questo la sua grande competenza nel lavoro di falegname acquisita dalla famiglia di origine e per questo mi sono rivolto a lui per molte piccole sistemazioni e riparazioni in Istituto che lui, nonostante i mezzi scarsi a disposizione riusciva a risolvere brillantemente. Ricordo come emblematico un episodio riferito a un armadio presente in Biblioteca l anno scorso; l armadio non riusciva più a contenere i dizionari e i lati si erano allargati impedendone la sistemazione interna. Nonostante il funzionario avesse preso nota del problema ma fosse in tutt altre faccende affaccendato, nonostante qualcun altro avesse preso le misure delle ante, dopo più di un mese l armadio rimaneva comunque lì con l impossibilità di inserire i dizionari; quando l ho saputo, ho pensato immediatamente a lui come alla persona giusta. Appena gli ho espresso il convincimento che solo lui poteva sistemare il problema e la mia fiducia in merito, in un attimo si è messo al lavoro e in una quarantina di minuti con i pochi mezzi a disposizione (ripeto pochi mezzi a disposizione), colla Vinavil, lama, seghetto e mani per prendere le misure velocemente come forse solo i falegnami di una volta sapevano fare, l armadio era nuovamente in grado di contenere e bene i dizionari che da tempo restavano appoggiati sui tavoloni della Biblioteca. Devo ammettere che vedendolo lavorare e vedendo soprattutto come la sua mente ragionasse sui problemi, analizzasse le varie ipotesi e poi decidesse come operare al meglio, ho sempre pensato che lui fosse stato in parte vittima del pregiudizio prima e delle poche possibilità sociali e familiari poi, tali da non permettergli di studiare e pervenire a livelli di competenza più consoni alle sue capacità. Su questa parte e sulle critiche alla normalità sociale e alle vere e reali possibilità e opportunità offerte senza pregiudizi, comunque latenti, e molto presenti preferisco qui non dilungarmi. Resta però il termine che ho coniato: era post-alfredo e vorrei cercare qui di delinearne le caratteristiche e il sentimento. Ora, nella comunicazione anche faccia a faccia spesso non ci si guarda, non dico negli occhi ma non ci si guarda nemmeno; servono ordini, informazioni, concetti elaborati per esprimere sfumature che non cambiano di fatto aspetti sostanziali del problema e che spesso si rivelano essere nuove forme di cautela, mancanza di fiducia oppure semplicemente nuove manifestazioni di un io debordante; ecco, con Alfredo questo sguardo non diretto non era possibile, lui leggeva benissimo il labiale (come del resto ha insegnato a me a perfezionare il linguaggio di base dei segni) ma dovevi guardarlo per permettergli di farlo e tuttavia, cosa fondamentale, non potevi fingere interesse o disinteresse, piacere o dispiacere, tensione o rilassamento perché era in grado di cogliere le sfumature dal modo in cui ti ponevi. Per questo ho chiesto a molti, come si sentissero nell era post-alfredo dove un po tutti avevamo di nuovo perso il confronto con questa capacità di guardare veramente l altro e di coglierne le sfumature. Roberto Gasperotti

13 Pag. 13 Clan-Destini Barbone, clochard, homeless, senzatetto: clandestini della società. Vivono ai margini, sopravvivono come destini nascosti (clam in latino significa nascosto) perché non visibili o perché non vogliamo vederli. Il termine vagabondo non è più adeguato per raccogliere questa umanità dispersa, poiché nella sua categoria ricadono persone che fanno del vagabondaggio uno stile di vita. Come gli Hobo che ripudiano la modernità e ricercano la semplicità attraverso l'avventura; come il ragazzo nel film "Into the Wild" di Sean Penn, o gli Shonner, artisti, letterati che offrono la loro saggezza ad ogni angolo della città; oppure come i punkabbestia. Ma ci sono anche loro, quelli che neanche un mese fa rischiavano la vita perché, come noi, un gelo così non lo avevano mai sentito: gli "scarti della società", eppure sono abituati agli sbalzi del tempo, a girare a piedi nudi sulla neve o tra l'umidità dell'asfalto. Da qualche mese svolgo volontariato con i senza dimora presso la Comunità Solidale che opera a Casa Briamasco a Trento, dove nel periodo tra l'inverno e la primavera vengono ospitati i barboni dall ora di cena fino alla mattina seguente, per trenta giorni, dopo di che viene data la possibilità ad altri. Spesso ci capita di giudicare i barboni, quelle volte che ci accorgiamo che esistono anche loro, come gente nullafacente e invece sotto quelle coperte rammendate che si trascinano sulle spalle si cela un passato di vedovanza, numerosi problemi economici, un disagio di natura fisica o addirittura mentale, un caso di malagiustizia,...che porta repentinamente all'uscio di casa, senza più un lavoro, una famiglia a cui appoggiarsi, con i "sogni nel cassetto" per il futuro ormai infranti perché un cassetto non l'hanno più, neanche la casa, e forse nemmeno il futuro. Quando sto con loro non è un interrogatorio ininterrotto, un domandare insistente senza ascoltare veramente, solo per poi descrivere a grandi linee l'esperienza sperando di ricevere un riconoscimento da amici e parenti. Quando sto con loro, io mi sento come se fossi accanto alla mia compagna di classe; non m'interessa cos'ha fatto, perché, chi era, perché è qui. Giochiamo a carte, cosa c'è che unisce di più un gruppo con numerose culture diverse se non un gioco con le carte? Il tempo trascorre veloce e la conoscenza è sempre più intensa. L'importante è cogliere ogni piccola sfumatura della voce o qualche sguardo che lascia intuire tante cose: all algerino manca la sua fidanzata, il rumeno vorrebbe un lavoro ma non ha il permesso di soggiorno, il tunisino invece vuole stracciarmi a carte. Non è gente povera, nemmeno gente disperata: sono persone ricche di storia, le quali hanno molto da insegnare a chi vuole confrontarsi apertamente con la vita. Non facciamo finta di niente quando in stazione il nostro sguardo cade su dei piedi blu dal freddo o su un viso solcato. Avviciniamoci. Distinguiamoci. Usciamo dagli schemi comuni. Alice Dalmonech, 5sC Patria mea totus hic mundus est La mia patria è tutto questo mondo (Seneca, Lettere morali a Lucilio, Libro III, XXVIII, 4). "Cum hac persuasione vivendum est: non sum uni angulo natus, patria mea totus hic mundus est". (=Bisogna vivere con questa convinzione: non sono nato per un solo angolino, la mia patria è tutto questo mondo). Nel febbraio 2011 la classe 4^bc, accompagnata dalla Dirigente e dalla Professoressa Reda, si è recata in Kenya per lo stage formativo. Da questa esperienza le studentesse si aspettavano molto ma quello che realmente hanno provato in quel luogo caldo e ricco di vita le ha sorprese di più di quanto esse si aspettassero. Qui di seguito sono riportati alcuni dei loro pensieri più intimi che le accompagneranno per anni, ricordando loro per sempre di essere parte di una realtà privilegiata rispetto a quella in cui vivono i piccoli bambini di Muyeye, che però, con un solo sguardo, ti trasmettono la loro voglia di vivere, di crescere e migliorare la loro parte di mondo. RIFLESSIONI Ciò che ho imparato durante la settimana di stage non si può studiare sui libri, bisogna viverlo sulla propria pelle, bisogna sentire quello che il Kenya, gli occhi profondi dei piccoli bambini della scuola di Muyeye, gli uomini e le donne al mercato, le mamme che vendono le borse, i guidatori di tuc-tuc, la loro cultura stessa ti trasmettono in prima persona. Non si può descrivere l'intensità di ciò che ha suscitato in me stare lì in mezzo a loro, le riflessioni che mi hanno portato a fare e soprattutto il cambiamento di comportamento nei confronti delle persone di colore, degli im-

14 Pag. 14 migrati. Non sono mai stata razzista, però sono sempre stata molto diffidente, solo ora mi rendo conto di quanto in realtà non sia stata altro che ridicola. Ora, ogni volta che incontro un ragazzo o una ragazza di colore scuro mi viene spontaneo fermarmi e cercare il dialogo, raccontare la mia esperienza. Non so cosa i bambini kenioti pensino di noi, chissà se si ricorderanno delle giornate passate assieme e delle nostre mani così candide rispetto alle loro così scure, del nostro stupore nell'entrare nelle classi o delle nostre scarpe così strambe ai loro occhi. Io certamente da questa esperienza ho portato via tanto, mi sento cresciuta e più parte del mondo, sono sicura di avere fatto del bene e sono altrettanto certa che loro lo hanno apprezzato. Spero davvero che questo progetto prosegua perché laggiù sono molte le cose da fare, le persone da aiutare, gli ospedali da costruire, il turismo sessuale da bloccare, i bambini da amare. Ciò che ricorderò sempre sono i visi di quei fanciulli così piccoli, i loro sorrisi così carichi di significato, la voglia di conoscerci, i loro buffi disegni e la continua ricerca di un contatto con noi. Giada P. 5BC FRAMMENTO DI ESPERIEN- ZA (giornata con la maestra d'asilo della Primary School.) La terza giornata di stage, mercoledì 16 febbraio 2011, si è svolta un po' diversamente rispetto al resto della settimana. I bambini della classe quarta erano impegnati nei loro test, e così siamo andate ad assistere a una "lezione" per i bimbi dell'asilo. La maestra era una giovane donna, sulla trentina, con grandi occhi scuri e un vestito rosa confetto. Aveva un viso e una voce molto dolce, i capelli raccolti all'indietro con delle treccine fitte fitte, e sorrideva in continuazione ai suoi allievi. Quando ci ha visto sulla soglia d'entrata della classe, ci ha subito fatto accomodare in due banchetti a misura di bimbo e ci ha invitato a seguire e a partecipare alla lezione. Sul soffitto erano stati appesi dei fili colorati con le lettere dell'alfabeto e i numeri, le pareti erano invece ricoperte di immagini raffiguranti piccoli oggetti di uso quotidiano, che venivano utilizzate per insegnare le prime parole ai bimbi più piccoli. La maestra cantava, ballava e saltava, e i bambini la imitavano. Tutti erano allegri e non ho notato nessuno che si rifiutava di partecipare al gioco. Le canzoni erano così belle che è stato spontaneo provare a cantare insieme a loro, tenendoli per mano. Finito di cantare, la maestra ha invitato i bambini ad abbandonare la classe e ad andare a giocare nel cortile, mentre lei si è accomodata su un banco assieme a noi. La cosa che mi ha colpito di più è stata la spontaneità con cui raccontava del suo lavoro e della sua famiglia, e la gioia che si riusciva a percepire dai suoi occhi. Non era difficile capire che il lavoro di maestra d'asilo era ciò che aveva sempre desiderato fare e che era orgogliosa di essere riuscita a coronare il suo sogno, che si sentiva fortunata ad essere sempre circondata da bambini e che non avrebbe voluto altro lavoro se non quello. Questa donna mi ha fatto riflettere profondamente. Nonostante il diverso stile di vita rispetto a noi italiani, lei era veramente felice e grata per quello che ogni giorno si presentava nella sua vita; quella cosa che non è poi così semplice per noi trovare, chiamata felicità.

15 Pag. 15 TERRA MADRE L aria del mattino è sempre la più fresca, la più pura. Verso le sette un raggio di sole entra dalla finestra, la notte precedente mi sono dimenticata di abbassare le tapparelle. La casa è avvolta dal silenzio, m alzo lentamente e infilo le ciabatte ai piedi. Mi do una lavata e poi vado in cucina. Mangio due fette di pane e marmellata di mango. Tempo dieci minuti, scendo le scale del palazzo, apro la porta e mi trovo davanti..l Habana. La mia Habana. Quella signora che indossa sempre abiti cuciti con fili di speranza e gioia, adornata da pietre di spensieratezza e progresso. Quella signora che ha circa tre milioni di amanti più tutti i turisti che l assalgono in ogni momento. Quella signora che, ogni volta in cui esci con lei, è come se fosse la prima, quella signora che ti resta nel cuore per tutta la vita. Percorro Calle Espada, in direzione del Musèo y bibliotèca de la Rivolucìon. Case molto vecchie, quasi attaccate l una all altra, ecco cosa vedo. Però, se si presta un minimo d attenzione, ci si accorge dei particolari che la trasformano solo in vintage, come dice un ragazzo irlandese che è qua per studiare. Passo velocemente in una via principale, alcune auto sono ferme al semaforo. Sembra di essere negli anni 50: nonostante il fatto che, ogni anno che passa, Cuba sia sempre più globalizzata, c è ancora quel po di magia che ti porta indietro, che ti distoglie da ogni pensiero negativo. All orizzonte si vede il mare, blu intenso e baciato dalla luce. Ogni casa o villino ha la porta aperta, qui si usa così. Tutti si fidano del prossimo. E di fondo, c è l idea che nessuno fra i tuoi vicini abbia di più e, a prescindere da questo, nemmeno se lo meriterebbero di venire derubati (data la fatica che hanno fatto.) Di fianco a me ora c è il Malècon, ossia un muretto che divide la città dal mare. Mi fermo a uno dei numerosi chioschi di gelati, biscotti e bibite. Prendo un pacchetto di Oreo (deliziosi biscottini al cioccolato) e un frappè al mango e papaya. Il profumo della frutta esotica fresca ti riempie il cuore di gioia. Non è paragonabile a nient altro. Il sapore s impossessa del tuo corpo e lo rende dolce e morbido. Proseguendo, mi guardo attorno, l Habana ti dà una serenità infinita. Bambini che giocano per strada, gente che balla ovunque. Mi perdo a cantare e a muovermi con Maria Josè e Diego, due amici che conosco da sempre, fin da quando a malapena sapevamo camminare e ci inventavamo mille storie e personaggi. Si aggiungono a me in questo lungo tragitto, passiamo vicino agli hotel più cari, quelli dove vanno i turisti Europei ed i cantanti famosi. L hotel Naciònal ha un giardino immenso con quattro piscine e due laghetti, fiori esotici viola, rossi e gialli di cui si sente il profumo anche dall altra parte della strada. Arriviamo nei quartieri dell Habana Vieja che è talmente bella, talmente unica che ti destabilizza, ti senti catapultato nel passato. Cinema e teatri degli anni 30, botteghe dove comprare prodotti tipici, fruttivendoli e pescivendoli all aria aperta. Odore di pesce fresco, di carne, di persone. Questa città è così, è un miscuglio di colori e di profumi, di persone e di fiori, di bambini che ballano e di adulti che suonano, di mare a volte blu a volte trasparente e di cielo sempre azzurrissimo, di amore e felicità incondizionata. Vicino al museo c e una libreria enorme, dedicata solo a volumi d arte e filosofia. Io, di solito, ci perdo delle ore. Il proprietario, Miguèl, all ora della merenda mi porta sempre una fetta di torta preparata da lui e una bevanda rinfrescante. Il profumo dei libri nuovi e di quelli di seconda mano ti travolge appena varchi l ingresso, non sai mai se partire dal reparto più recente, zeppo di copertine sgargianti e lucide, oppure da quello più antico, quello in cui devi fare piano a sfogliare le pagine per paura di sgretolarle. Entriamo al Musèo de la Rivoluciòn, ci facciamo un giro per tutti i piani nonostante li abbiamo visti mille e mille volte. Osserviamo tutto, ci perdiamo nei pensieri più strani davanti ad una foto in bianco e nero che ritrae una donna, con suo figlio in braccio ed una busta paga fra i denti. All ultimo piano troviamo i miei cugini: Luis e Adoni. M abbracciano forte e gli sorrido con felicità e dolcezza infinita. Questa è la mia gente, quella che balla e gioca per le strade, quella che ama l arte e la danza, quella che lotta per ogni ideale. Cuba è questa, un insieme di signore che si danno la mano: L Habana è la donna più bella, che ti lascia senza fiato; Guanaco è quella che si fa abbracciare dal mare ed è piccola piccola, eppure splendida splendida; Santa Lucìa è più contadina con alberi da frutto e campi; Sancti Spiritùs è festaiola, non conosce il significato della parola pigrizia; Varadero, invece è la più vacanziera ed internazionale. Io amo l Habana e amo Cuba, non mi sentirò mai Italiana come mi sento Cubana. Qui sono racchiusi i sorrisi più belli tra me e mio papà, qui posso rivivere appieno le storie della sua infanzia. Questo è il mio posto nel mondo. Quando sono all Habana, sono felice e sembra che nell universo non ci sia nulla più forte di me. Nonostante le cose più brutte che questo paese ha passato, resta allegro e spensierato. I Cubani amano la vita più d ogni altra cosa. Jovanotti è stato più volte a Cuba e se ne è innamorato. Ha lavorato con mio padre e l ho conosciuto anche io; quel giorno m ha detto: Non lasciare mai Cuba se puoi, perché ormai ce l hai nel sangue e andartene sarebbe un suicidio. Appena sarò in pensione, verrò qui a vivere! Adesso mi manca, mi manca da morire. Voglio tornarci al più presto, voglio farmi avvolgere fra le braccia di questa donna meravigliosa. Di notte l Habana diventa una luce intermittente e una canzone a tutto volume. Non esiste altro. Il mio amore più grande è Cuba. Per sempre. Victoria Hernandez 1EC

16 Pag. 16 Sana e robusta Costituzione Così scrive il medico per accertare lo stato di buona salute. Ma il nostro Paese, l Italia, talvolta appare convalescente e invecchiato. Perché non ricordarci e approfondire gli articoli principali della Costituzione, il certificato di buona salute di noi tutti? Chaima Draouil, l'autrice del commento al primo articolo della nostra costituzione, è una studentessa che frequenta la 4SE. E' tunisina, attenta alle dinamiche democratiche, sostenitrice convinta della partecipazione attiva alla vita democratica e per questo ha fatto parte della consulta giovani della circoscrizione Centro Storico-Piedicastello. Ha accettato di commentare la Costituzione Italiana con l'entusiasmo di chi guarda con attenzione alla Carta Fondamentale dei diritti. Nei mesi scorsi ha seguito con attenta trepidazione le vicende della rivoluzione democratica nel suo Paese ed ha votato in ambasciata per il nuovo governo tunisino con quella convinzione e quell'entusiasmo che non sempre sono presenti nei nostri giovani, cittadini italiani. La democrazia è un valore prezioso. Chaima lo sa e ha visto il suo popolo lottare con forza per garantire a se stesso un futuro di libertà. Il suo commento è asciutto ma sentito, diligente ma non scolastico. Da osservatrice attenta ed esigente. ARTICOLO 1 "L'Italia é una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." La prima parte dell articolo ci porta a soffermarci per capire meglio il significato di REPUBBLICA e di LAVORO. Con l'espressione Repubblica democratica fondata sul lavoro" la Costituzione ha inteso riconoscere il referendum istituzionale tenuto il 2 giugno 1946 con cui gli italiani hanno scelto la forma di governo tra monarchia e repubblica, votando a maggioranza per quest'ultima. Si parla di Repubblica democratica quando qualsiasi autorità governativa (sovranità) è attribuita originariamente (appartiene) al popolo. Il popolo è formato dai cittadini, termine che, a partire dalla Rivoluzione francese ha sostituito quello di sudditi, ovvero coloro che sono sottoposti al potere del re o dei nobili. La sovranità appartiene a tutto il popolo, sia alla maggioranza che governa, sia alle minoranze che debbono contribuire al bene comune avanzando proposte e controllando l operato della maggioranza. In un regime democratico la maggioranza ha il diritto di governare, ma ha anche il dovere di non impedire alla minoranza di diventare essa stessa maggioranza. Questa scelta fondamentale ha portato l'assemblea Costituente ad emanare l'art.139 in cui è previsto che la " forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale", quindi l'unico modo per modificare l'attuale ordinamento può solo consistere in un eventuale colpo di Stato. La sovranità appartiene al popolo e quest'ultimo la esercita in due modi: direttamente - cioè con la partecipazione in prima persona dei cittadini alle scelte politiche (es. Referendum Abrogativo come previsto dall art.75); indirettamente -democrazia rappresentativa-, cioè l elezione, da parte dei cittadini, dei propri rappresentanti (vedi articoli 48, 60, 61, 122, 128 sulle elezioni del Parlamento e dei Consigli regionali, provinciali e comunali). Il primo articolo afferma anche il diritto al lavoro per tutti. Il lavoro è visto come fondamento della vita democratica, come diritto che rende l uomo pienamente cittadino. Questo diritto si completa con il dovere di ognuno di contribuire attraverso il suo lavoro al bene comune (art. 4) Con l espressione "che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione" si intende che sia i cittadini che i pubblici poteri (compreso il legislatore) sono soggetti al rispetto della Costituzione, ai suoi principi e ai diritti inviolabili da essa sanciti. Chaima Draouil 4sE Dulcis in fundo.. Anche in questo numero proponiamo alcune tracce per validi segugi. Aspettiamo le vostre indagini!! 1)Supponete che della civiltà occidentale restino dopo 2000 anni solo questi reperti: una scarpa Nike (sinistra), un magazzino con un milione di copie di Harry Potter e i doni della morte, un DVD con la raccolta dei Simpson, una tessera bancomat della banca Sempercredit, una lattina di Coca Cola. Che cosa penseranno di noi i futuri archeologi? 2) Esiste l annuario, il mensile, il settimanale, il giornale, l orario. Prenditi il tempo, scegli 10 minuti della tua giornata e prova a scrivere un minutario. Banale? Niente affatto. Descrivi le cose (esteriori ed interiori) che accadono. Le sensazioni diventeranno più sottili ma per questo non meno interessanti. 3) Ancora attimi di trascurabile felicità, ma questa volta ci aiuta una poesia dialettale. «C'è un'ape che se posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.» (Trilussa, Felicità) Vuoi provare a fissare un momento di felicità con alcuni versi poetici?

17 Pag. 17 Basta poco di Antonio Galdo Il titolo del libro Basta poco - Pensieri forti e gesti semplici per una nuova ecologia della vita quotidiana ci porta a pensare ad un testo concreto ed essenziale, un libro lucido e chiaro. E l impressione che si ricava dalla lettura di queste pagine che appaiono particolarmente attuali nel tempo in cui viviamo. Basta veramente poco, ci ricorda l autore, per un cambiamento positivo delle nostre abitudini di consumo, di acquisto, di stile di vita che dipendono da tanti piccoli gesti quotidiani. Un richiamo forte e diretto ad una responsabilità individuale non più rinviabile. La crisi (non solo economica) che da qualche anno ha steso un velo di inquietudine e preoccupazione su tutto il pianeta può, e in alcuni casi lo è già diventata, essere occasione di ripensamento e stimolo per nuovi modelli di vita e di relazione con le cose e le persone. Non basta pensare che siano i governi, le istituzioni a proporre rimedi e soluzioni a problemi che spesso hanno contribuito a determinare. Tutto deve ritornare a noi e ripartire da noi. Questo momento storico può offrirci la possibilità di riprendere coscienza del nostro ruolo rispetto all ambiente, al tempo, lo Equi-libri: le nostre recensioni spazio, il cibo e l acqua, le nuove tecnologie: in altre parole rispetto al futuro. I consigli sono semplici e per la maggior parte di immediata fattibilità. Riparare le cose rotte, riciclare, regalare o rivendere gli oggetti che non ci servono più, muoversi a piedi o in bicicletta, autoprodurre, coltivare verdure nell orto o sul balcone e soprattutto informarsi. Per diventare consumatori consapevoli e critici è importante conoscere Man-tenere gli oggetti, la natura, i rapporti umani significa innanzitutto tenere per/in mano. la qualità e l origine delle merci, le aziende e le marche che le commercializzano, i principi fondamentali su cui si muove la grande distribuzione. E il consumatore informato che può fare la differenza, emancipandosi da comportamenti indotti a cui lo portano i modelli sociali, i messaggi mediatici, la pubblicità. Un testo ricco di storie e dati sui consumi e sugli sprechi alimentari ed energetici, sull importanza di riconciliarci con quelle buone pratiche di risparmio e utilizzo che possono attribuire nuovo valore alle cose e a noi stessi. Perché non ridare dignità a quel concetto di homo faber così dimenticato dietro ad un malinteso concetto di primato della Ragion pura rispetto alla ragion pratica? Man-tenere gli oggetti, la natura, i rapporti umani significa innanzitutto tenere per/in mano. Pagine quindi interessanti anche quando (o proprio per questo) la crudezza di ciò che ci dicono ci porta a guardare in faccia la realtà. Una lettura stimolante e provocatoria, mai pedante o apocalittica, che vuole suggerirci come a volte basta poco per regalarsi nuove opportunità, a livello individuale e a livello collettivo. Non è un caso che il titolo del libro non sia Basterebbe poco, rimandando le scelte a scenari utopistici condizionati da improbabili conversioni. Invece basta poco, davvero. Edoardo Covi Congratulazioni alla classe 1UD vincitrice del concorso Librando edizione 2011/12. Tema di quest anno il più classico dei classici: Pinocchio di Collodi. Bello il nuovo format del concorso. Buon divertimento a Movieland (che invidia!!!).

18 Pag. 18 Rubrica di Critica cinematografica Acab All cops are bastards Regia : Stefano Sollima Acab, un acronimo, un motto che, partito dal movimento Skinhead inglese degli anni 70, è diventato nel tempo un richiamo universale alla contestazione nelle città, nelle strade, negli stadi. Cobra, Negro e Mazinga sono tre celerini, così si sentono più che poliziotti. Sulla loro pelle hanno imparato ad essere bersaglio perché vivono immersi nella violenza, che diventa lo specchio deformante di una società esasperata, di un mondo che ha perso le regole che loro vogliono far rispettare, anche con l uso spregiudicato della forza. Nel momento forse più delicato delle loro esistenze, quando la vita privata arriva alla resa dei conti, incontrano il futuro in una giovane recluta, Adriano, appena aggregato al loro reparto. L educazione di Adriano alla legalità, all ordine, all applicazione anche violenta della legge è la lente per raccontare il controverso reparto mobile, con un inedito sguardo dall interno, sullo sfondo dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni, dal G8 di Genova fino alla tragica morte del tifoso della Lazio Gabriele Sandri. Il film fa condividere allo spettatore le motivazioni di alcuni gesti, bloccando la condivisione al momento delle soluzioni violente, ci fa chiedere dove è la linea che divide il giusto dallo sbagliato e il diritto dall abuso. Prova a leggere la realtà sotto la scorza e dietro la visiera dei poliziotti dentro gli stadi, lungo le strade e intorno alle piazze che ripuliscono la domenica dagli ultras e gli altri giorni dai clandestini, dagli sfrattati, dai delinquenti. ( Co)stretti tra le logiche dello stato, i poliziotti del Reparto Mobile assorbono dosi di rabbia e producono azioni di forza legalizzata contro la violenza cieca dei tifosi, dei sassi e delle lame. Sono uomini, mariti, padri inadeguati, che provano a dimenticare il privato dolente nella cosa pubblica, reprimendo duramente chi minaccia l ordine costituito. Sei anni dopo la tragica spedizione nella scuola Diaz di Genova cercano il riscatto nell azione e nell istruzione alla fratellanza di un giovane agente individualista e ribelle. Spina seguirà i colleghi anziani sul confine, decidendo per sé e per la divisa che indossa un domani meno drammatico. Il film rappresenta i poliziotti come una massa incandescente di energia umana, nella difficoltà di gestire, nel pubblico come nel privato, un rapporto non autoritario con l altro. Stefano Sollima, cameraman di news per CNN, NBC e CBS e documentarista da zone di guerra, autore per la tv di diversi episodi di La Squadra e della serie cult Romanzo criminale, questa volta compie un viaggio nel mondo chiuso e controverso nel reparto mobile, spesso guardato con distacco da tutto il resto della polizia e con sospetto e diffidenza dai cittadini. Non solo un film di denuncia sociale, ma, soprattutto, una storia di uomini, ripresa in presa diretta, con stile visivo asciutto, realistico, attento a ricercare nelle pieghe del racconto gli aspetti ALMANYA Un film di Samdereli Yasemin Turchia-Germania, anni 60 circa, una famiglia che giunge alla sua terza generazione; e poi: equilibrata leggerezza e al contempo profonda sensibilità, condita con un pizzico di ironia mescolata a qualche grammo di poesia. Ecco gli ingredienti di Almanya, una commedia che sfiora con tratto lieve il tema dell immigrazione, le difficoltà per un padre- di trovar lavoro nella propria terra (la Turchia) e di riuscire a mantenere la famiglia; il sogno tedesco, i disagi relativi all adattamento in un mondo nuovo e diverso da quello di origine, il senso di lontananza dalla propria famiglia e poi il umani, sentimentali, umoristici e grotteschi delle vicende e dei protagonisti, alternando momenti spettacolari e grandiosi ad altri più intimi e privati, senza alcuna retorica e demagogia. Ascoltando l irriverente Police on my back dei Clash, l energica All cops are bastards dei 4 Skins, l ipnotica Snow dei Chemical Brotherse specie Seven Nation Army dei Unite Stripes, il cui giro di basso introduttivo è diventato la base musicale dei cori dei tifosi negli stadi di tutto il mondo. Un film poliziesco, che è soprattutto un racconto di amicizia, fratellanza, ricerca, sicurezza, ordine, ambientato in un paese sempre più radicalizzato nelle sue posizioni, che compone certamente uno sfondo inquietante, da cui, però, è bene non distogliere lo sguardo. Anna Grazia Gentile ricongiungimento a moglie e figli, che nel frattempo vissuti in Turchia devono lasciare abitudini, amicizie, luoghi cari. E infine i passi dell integrazione, fino all ottenimento dell agognato foglio di carta della cittadinanza tedesca. Intanto si arriva alla terza generazione e sottilmente la nostalgia del patriarca, scorrendo negli anni attraverso canali sotterranei e silenziosi, riaffiora nella vecchiaia, e con essa la voglia di rivedere i luoghi del cuore e il sogno - infine realizzato di comprare una casa in Turchia: e sarà lì, nella terra natia, che fatalmente concluderà la sua esistenza. Una storia delicata che suscita il sorriso e pacatamente invita alla riflessione. Ausilia Puleo

19 Pag. 19 QUASI AMICI Un film di Olivier Nakache Credereste all improbabile amicizia tra un ex-carcerato e un ricco possidente costretto su una sedia a rotelle a causa di un incidente col parapendio? Pensereste ad un invenzione cinematografica, non perché vittime del pregiudizio ma per la singolarità della situazione. Eppure è una storia vera, che scardina i confini dell ovvio, mostrando quanto complessa e sfaccettata sia la realtà e, ancor più, quanto soggetto a mille variabili sia l animo umano, la sfera dei sentimenti e delle relazioni. Cari studenti, complimenti!! Quelli che si accostano, sono due mondi totalmente diversi ma disposti ad incontrarsi perché i venti della necessità di un lavoro e di un riscatto sociale, per Driss; di essere assistito senza pietismo per Philip li spingono nella stessa direzione. Nascerà un rapporto sincero, in cui ognuno ha da imparare dall altro, in cui ognuno uscirà cambiato o forse riscoprirà una parte di sé. Grande sensibilità della regia, in questa commedia divertente ma che tocca l animo di chi saprà ascoltare. Ausilia Puleo Caro Rosmaxi Lettere alla redazione Il vostro giornalino è una creatura meravigliosa e la sua scoperta un piacere autentico! Mi avete fatto ridere molto con la vostra ironia così intelligente e mai banale, e riflettere ancora di più su questioni dapprima ignorate. Il vostro Manuale di sopravvivenza ai tempi della crisi è stato fondamentale per capire che lo spread non è il sintomo di qualche strana malattia causata dalla crisi! Il vostro occhio acuto alle prese con l osservazione di questo mondo un po strampalato mi ha fatto ripensare a quella che ero quando anche io frequentavo il Rosmini e a quella che sono, ora che vivo a Milano e frequento il primo anno della laurea magistrale in Sociologia. La parola che forse anzi, il suono che forse meglio descrive i miei anni liceali è una Aaa acuta e protratta nel tempo, parte di un grido apocalittico e primordiale, intervallato da momenti di felicità interminabile, libertà incredibile e tristezze incomprensibili! Forse però è meglio che vi spiego Sentivo all epoca, che la mia esistenza oscillava su piatti di bilancia opposti. Essa odiava spesso quell abitudine appollaiata tra i banchi di scuola e le strade sempre uguali. La claustrofobia degli autobus mattutini e quella sveglia sempre troppo aggressiva. Essa ricercava spesso la sua unicità e il suo senso in un azione fuori luogo, trasgressiva, in un maglione orripilante che nessuno avrebbe mai comprato e che il coraggio di indossare ti faceva sentire unica! Poi, lampi di euforia e benessere evaporavano (in momenti di più felice razionalità) da quegli stessi banchi tanto brutti e non sopportati; dal gruppo classe che ora rappresentava non più uno sciame di api fastidioso, ma un insieme unito che dava vita ad una sensazione di appartenenza e coesione difficili ora da ritrovare. In quegli anni di lieve inquietudine schizofrenica ora so di aver imparato tutto ciò che oggi costituisce la mia strategia di combattimento vitale!! Immagino che ora siano due le domande che chi legge si starà ponendo: Ma cosa sta dicendo?!?!?!?! Dovrei aiutarla a trovare un aiuto psicologico?? La risposta alla seconda domanda è sì, ho bisogno di voi per capire delle cose. La risposta alla prima invece la chiarisco subito. Ciò che io definisco un combattimento vitale è un lavoro simile a quello che un alchimista compie sui metalli comuni. Egli li trasforma in oro. Io trasformo i miei sentimenti negativi in sfida da vincere, in cambiamento da effettuare, opportunità da cogliere! Ed è proprio quando sono molto arrabbiata o triste che mi vengono le idee migliori!! Ricordo che fu proprio il terrore di essere allontanata dalla mia classe, conseguenza inevitabile dopo una bocciatura, ad avermi fatto muovere per cambiare l andamento del mio percorso di studi. Ed è stato lì che per la prima volta ho capito che niente è impossibile, anche quando tutto sembra perso, quando sembra ormai troppo tardi. Ho iniziato a studiare come non avevo mai fatto prima e grazie ai miei titanici sforzi per recuperare voti orribili e al sostegno dei miei professori ho raggiunto l obiettivo. Grazie al Rosmini con i suoi pilastri valorosi e instancabili (mi riferisco ad alcuni professori indimenticabili) e alla magia che levitava nell aria in quegli anni, ho imparato che la rabbia bruta e istintiva è frustrante, parecchio stancante e sterile, mentre la lotta organizzata, costruttiva e vitale, chiamata sfida è molto meglio! Credo che ogni emozione parta dalla percezione che abbiamo delle nostre esperienze. In questo periodo storico, dominato da un incertezza patologica, da una mancanza di aspettative generalizzata e da un assopimento dei valori, l unica cosa che conta è la vitalità che solo noi giovani abbiamo. Dobbiamo avere la certezza che il futuro che vogliamo sia davvero nostro e non un prodotto preconfezionato spesso scadente - fabbricato da altri. Il conflitto che viviamo dentro di noi, lo dobbiamo trasformare in azione positiva e dinamica rivolta all esterno, alla società. Far sentire il nostro fermento e la nostra voglia di essere protagonisti. Dobbiamo essere convinti che il nostro pensare, il nostro agire e rispondere all interno della società non è privo di importanza. Come non è privo di importanza il benessere delle persone che ci circondano. Che società saremmo se tutti, ma proprio tutti, pensassimo solo al nostro tornaconto? Saremmo persone sole e nude in un mondo affamato e avido. Come il nostro comportamento è influenzato dalla miriade di piccoli eventi che l ambiente ci spinge a fronteggiare, così quest ultimo è influenzato dalle piccole azioni che ognuno di noi compie. E una relazione a doppio senso all interno della quale non dobbiamo sentirci apatici e impotenti. Se ci pensate bene, le ore trascorse con la vostra classe e gli insegnanti, la coesione che si crea nel gruppo, la fiducia o sfiducia nelle vostre capacità, il rispetto verso i prof. e la consapevolezza del nostro valore che ogni singola verifica, interrogazione, pagellina od opinione fanno emergere in noi, sono le basi da cui partiamo ogni volta che finisce una giornata di lezione. Se quel giorno funesto, prendo un votaccio all ultima verifica del quadrimestre, perché non ho aperto libro, certamente il mio umore e comportamento ne risentirà, facendomi di conseguenza ripensare alle richieste non molto modeste che volevo fare a Babbo Natale! E proprio questo quello che intendo quando scrivo che la relazione tra ambiente e comportamento è reciproca. Ripenso ai miei anni al liceo e mi rendo conto che sono stati ore di lezione alla scuola della vita, dove ho imparato ad arrabbiarmi in modo costruttivo, a convivere con una famiglia molto allargata, ad assegnare il giusto valore

20 Pag. 20 alle mie azioni, ad assaporare il dolce sapore della soddisfazione e a capire che, alla lunga, solo l onestà verso te stesso e il rispetto verso gli altri sono ciò che ti premia davvero. Questa lettera non voleva essere un sermone (anche se forse lo è diventato) di una che a 22 anni, crede di aver assorbito tutta l intelligenza del mondo (certo, mi sono laureata e questo aiuta molto l autostima!). Tutto ciò che ho scritto nasce dal desiderio di capire se sono l unica a pensare che ogni persona può diventare una pezzo di Storia. In fondo, anche Einstein, Martin L.King, Gandhi, Margherita Hack e Elvis Preasley erano solo piccoli umani e ora sono la Storia con la esse maiuscola. (certo, se ce ne fossero di meno di figure così, magari i libri di Storia sarebbero più fini!). Vorrei che mi diceste se ho ragione a pensare che dobbiamo liberarci da ogni forma FABRIZIO DE ANDRE' "E' una storia da dimenticare, è una storia da non raccontare, è una storia un po' complicata, è una storia sbagliata. Cominciò con la luna sul posto, e finì con un fiume d'inchiostro, è una storia un poco scontata, è una storia sbagliata. Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale, cos'altro vi serve da queste vite, ora che il cielo al centro le ha colpite, ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.."una storia sbagliata, 1980 Fabrizio De Andrè è nato a Genova il 18 febbraio 1940 ed è stato per circa quarant'anni uno dei più grandi cantautori italiani, anzi si può definire un poeta della canzone. I suoi testi non parlano solo di amori disperati, trovati e perduti ma anche di storie reali, di uomini persi, emarginati, ribelli, di prostitute e personaggi che appartenevano ad un mondo di cui nessuno sapeva occuparsi. Nelle sue canzoni risaltano la rabbia e i paradossi, il gusto della provocazione, di rompere gli schemi, di ribellione e anarchia. "Alla parata militare, sputò negli occhi a un innocente, e quando lui chiese "Perché" lui gli rispose "Questo è niente, e adesso è ora che io vada", e l'innocente lo seguì, senza le armi lo di catena, soprattutto mentale, e metterci nell ordine di idee che la società è nelle nostre mani. E non importa quanti ostacoli ci sono, non importa quanta gente vorrebbe offrirci gustosi sonniferi e farci dormire sulle nostre vite. Meglio! Più ce ne sono e meglio sarà! Vorrà dire che saremo più arrabbiati e combattivi, più istruiti e interessati (per distruggere il nemico bisogna conoscerlo!), sempre più autonomi e originali, meno conformisti e prevedibili. Più autentici e uniti. E la percezione di tutte le esperienze delle persone quella cosina che cambia il mondo (e fa abbassare lo spread!). Morale della favola, ditemelo voi in cosa bisogna credere, (ormai i miei amici a 30 anni sono troppo vecchi e disillusi)! Io credevo di non superare la quarta superiore e ora invece mi sento di aver superato me stessa, non volevo perdere la mia classe e ho lottato. Credevo che oltre alla musica, non avrei mai trovato niente di appassionante, e invece non vedo l ora di ritornare a studiare (tutto tranne diritto!) e non voglio smettere mai di farlo perché ho capito che un popolo di ignoranti è un popolo di conformisti, facili da plasmare e da distruggere. Ho capito, studiando e arrabbiandomi, che tutti i grandi della storia avevano solo 3 cosine in più delle persone comuni: credevano fermamente in un ideale. Sfidavano la vita con appassionata convinzione. Avevano influenzato gli altri. E voi, Per cosa siete disposti a lottare? NOTEbook: rubrica di cultura musicale Sara Jukic, ex incubo del Rosmini! seguì, sulla sua cattiva strada.." La cattiva strada,1975 I suoi testi sono scritti con la musica e non per la musica, infatti quest'ultima veicola le emozioni, aggiungendo senso al senso. De Andrè è morto a Milano l' 11 gennaio Erika Baldo Redazione: Jurgena Kamberaj 5sC Erika Baldo 5sC Prof. Edoardo Covi Hanno collaborato: Alice Nainer 3bF Veronica Veronesi 1uC Prof. Ausilia Puleo Prof. Silvia Peraro Prof. Nunzia Viglianisi Partecipate tutti a costruire il nostro giornalino: ilrosmaxi@gmail.com Trovi il Rosmaxi anche sul sito Il Rosmaxi è stato interamente impaginato e stampato in proprio.

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