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1 Tribunale amministrativo regionale Lombardia Milano Sez. II 7 settembre 2010 n Pres. Arosio Est. Cattaneo B. C. e G. S. (avv. Colombo) Comune Besozzo (avv. Bonomi, Vitella). [2964/264] Edilizia e urbanistica - Concessione edilizia e licenza di abitabilità (ora permesso di costruire) - Modifiche e restauri - Ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione - Necessità di sagoma - Contrasto tra norma nazionale e norma regionale - Questione di costituzionalità della norma regionale - Ammissibilità. Gli artt. art. 27, c. 1, lett. d) ultimo periodo, l. rg. Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dalla l. rg. n. 7 del nella parte in cui esclude l applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione - e 103, l. rg. Lombardia n. 12/ nella parte in cui prevede che, a seguito dell entrata in vigore della l. n. 12 del 2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall art. 3, d.p.r. n. 380/ si pongono in aperto contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale dettato dall art. 3, d.p.r. n. 380 del 2001 in materia di governo del territorio e viola, dunque, l art. 117, c. 3, Cost.. Va quindi rimessa alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell art 27 c. 1 lett. d) nella parte in cui non richiede il mantenimento della sagoma nel caso di ristrutturazione edilizia attuata mediante demolizione e ricostruzione. FATTO 1. Con provvedimento prot. n del 22 gennaio 2008, il Comune di Besozzo ha annullato in autotutela la dichiarazione di inizio attività n. 24/07, presentata dai sig.ri Cristina Budel e Saverio Gallo in data avente ad oggetto la riqualificazione e ristrutturazione di un edificio condonato - per le seguenti ragioni: - l intervento edilizio contrasta con l art. 143 delle n.t.a. poiché, non rispettando la sagoma originaria, non è riconducibile alla nozione di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, dovendosi interpretare l art. 27 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 in modo conforme all art. 3 del d.p.r. n. 380/2001; - l art. 143 delle n.t.a. consente la realizzazione di ampliamenti di edifici ricadenti in zona Ambito di paesaggio Snl nella sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell entrata in vigore del p.r.g.: l intervento in questione, avendo ad oggetto lavori di ampliamento di un edificio condonato in data 21 novembre 2006 e non rientra, dunque, nell ambito di applicazione di tale norma, stante l irretroattività degli effetti del condono. 2. Avverso questa determinazione insorgono i ricorrenti, articolando le seguenti doglianze: I. nullità del provvedimento di annullamento della d.i.a. per mancanza dei connotati essenziali del provvedimento; in ogni caso, violazione dell art. 19 della l. n. 241/1990, dell art. 42 della l. n. 12/2 005 e degli artt. 22 e 23 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per ingiustizia manifesta; II. violazione e falsa applicazione dell art. 21 nonies della l. n. 241/1990; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di m otivazione, travisamento dei fatti e delle norme tecniche applicabili al caso di specie; III. violazione e falsa applicazione dell art. 143 delle n.t.a.; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; illogicità manifesta: l art. 143 delle n.t.a. fa riferimento all esistenza dell immobile e non alla sua legittima esistenza. Ad avviso dei ricorrenti, inoltre, l unica definizione valida ed efficace di ristrutturazione edilizia vigente in Lombardia è quella dettata dall art. 27, c.1, lett. d), della l. reg. Lombardia n. 12/2005, ai sensi del quale la ristrutturazione mediante demolizione e contestuale ricostruzione deve rispettare solo il parametro della volumetria preesistente e non anche quello della sagoma. 3. I ricorrenti chiedono la condanna dell amministrazione al risarcimento dei danni subiti a causa della inibizione della esecuzione delle opere oggetto della d.i.a. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 1

2 4. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, depositato il , i ricorrenti impugnano l ordinanza n. 37 del , prot. n con cui il Comune di Besozzo ha ordinato loro l immediata sospensione dei lavori rilevati all esito del sopralluogo eseguito il ed il verbale di sopralluogo datato Queste le censure dedotte: I. violazione del principio di nominatività dei provvedimenti amministrativi; eccesso di potere per illogicità manifesta; eccesso di potere per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo: né l art. 21 quater della l. n. 241/1990, né l art. 37 del d.p.r. n. 380/ affermano i ricorrenti - consentono una sospensione sine die dei lavori; II. violazione dell art. 21 quater della l. n. 241/1990, la quale impone l indicazione di un termine di cessazione degli effetti; III. violazione e falsa applicazione dell art. 27 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per illogicità manifesta; eccesso di potere per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, avendo il Comune atteso quasi cinque mesi prima di assumere il provvedimento; IV. illegittimità derivata per i vizi dedotti con riferimento al provvedimento impugnato con il ricorso principale. 5. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato il 17 luglio 2008, i ricorrenti impugnano l ordinanza n. 73 del 10 luglio 2008 con cui il Comune di Besozzo ha ordinato loro il ripristino dello stato dei luoghi, articolando le seguenti doglianze: I. violazione dell art. 1 della l. n. 689/1981; violazione del principio di nominatività dei provvedimenti amministrativi; violazione del principio di legalità dei provvedimenti sanzionatori; violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 37 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza dei presupposti, per illogicità, per ingiustizia manifesta, per contraddittorietà estrinseca e perplessità ; II. violazione e falsa applicazione dell art. 27 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per illogicità manifesta; eccesso di potere per violazio ne del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; III. illegittimità derivata dai vizi che inficiano l atto di annullamento in autotutela impugnato con il ricorso principale. 6. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 19 marzo 2009, i ricorrenti impugnano il provvedimento prot. n. 668 del 16 gennaio 2009 con cui il Comune di Besozzo ha negato loro il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria ave nte ad oggetto la realizzazione di un box, per i seguenti motivi: I. violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 7, 10 e 10 bis della l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria; per difetto assoluto di motivazione; per violazione de i principi del giusto procedimento; per ingiustizia manifesta; per sviamento dalla causa tipica; II. violazione e falsa applicazione dell art. 3 della l. n. 241/1990 e degli artt. 139, 140 e 143 delle n.t.a.; eccesso di potere per travisamento dei fatti; per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; illogicità manifesta, essendo il box interrato; III. violazione e falsa applicazione dell art. 3 della l. n. 241/1990 e dell art. 66 della l. Regione Lombardia n. 12/2005; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; illogicità e contraddittorietà manifesta; IV. illegittimità derivata dai vizi che inficiano il provvedimento impugnato con il ricorso principale. 7. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 4 agosto 2009, i ricorrenti impugnano, infine, il provvedimento n del 25 maggio 2009 con cui il Comune di Besozzo ha reiterato l ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 73 del 10 luglio 2008, per i seguenti motivi: I. violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31, 36 e 37 del d.p.r. n. 380/2001; violazione e falsa applicazione dell art. 3 del l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione e per carenza di istruttoria; foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 2

3 II. illegittimità derivata dai vizi lamentati con riferimento al provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria prot. n. 668 del 16 gennaio 2009; III. illegittimità derivata dai vizi lamentati con riferimento al provvedimento impugnato con il ricorso principale. I ricorrenti ripropongono la domanda di risarcimento dei danni subiti in ragione della inibizione della esecuzione delle opere oggetto della d.i.a presentata il 15 febbraio L amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio e, oltre a contestare la fondatezza delle censure dedotte, chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale dell art. 22, della l. Regione Lombardia n. 17/ ai sensi del quale nella disposizione di cui all art. 27, c. 1, lett. d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma - per violazione degli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione. 9. All udienza del 9 giugno 2010 il ricorso è stato ritenuto per la decisione. DIRITTO 1. Con provvedimento prot. n del 22 gennaio 2008, il Comune di Besozzo ha annullato in autotutela la dichiarazione di inizio attività n. 24/07, pres entata dai sig.ri Cristina Budel e Saverio Gallo in data avente ad oggetto la realizzazione di lavori di riqualificazione e ristrutturazione di un edificio condonato - per due autonome ragioni: - l intervento edilizio si pone in contrasto con l art. 143 delle n.t.a. poiché, non rispettando la sagoma originaria, non è riconducibile alla nozione di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, dovendosi interpretare l art. 27 della l. Regione Lombardia n. 12/2005 in modo conforme all art. 3 del d.p.r. n. 380/2001; - l intervento in questione, avente ad oggetto opere di ristrutturazione, mutamento di destinazione d uso nonché ampliamento di un edificio condonato in data 21 novembre 2006, non rientra nell ambito di applicazione dell art. 143 delle n.t.a. - norma che consente la realizzazione di ampliamenti di edifici ricadenti in zona Ambito di paesaggio Sn1 nella sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell entrata in vigore del p.r.g. del stante l irretroattività degli effetti del condono. 2. Con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti lamentano la nullità del provvedimento, ai sensi dell art. 21 septies della l. n. 241/1990, in quanto privo di oggetto: mancherebbe, a loro avviso, il provvedimento amministrativo oggetto di autotutela, avendo la dichiarazione di inizio attività natura di atto privato. La censura è infondata. Già prima dell entrata in vigore della legge n. 80/2005, la giurisprudenza affermava la sussistenza, in capo alla p.a., di un potere residuale di intervento in autotutela sulla dichiarazione di inizio attività, successivamente alla scadenza del termine previsto dalla legge per l esercizio del potere inibitorio (Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2002, n. 4453). Con la legge n. 80/2005, il legislatore ha recepito questo orientamento giurisprudenziale ed ha modificato l art. 19 della l. n. 241/ norma che detta una disciplina generale della dichiarazione di inizio attività applicabile anche alla d.i.a. edilizia - facendo espressamente salvo il potere dell amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nessun dubbio sussiste, dunque, sulla possibilità per l amministrazione di esercitare il potere di autotutela sulla d.i.a., e ciò a prescindere dalla soluzione della questione di quale sia la natura giuridica che ad essa si intenda attribuire. Il Collegio ritiene, comunque, che il riferimento all autotutela possa spiegarsi anche restando entro i confini della linea interpretativa secondo cui la d.i.a. è un atto del privato: il potere di autotutela sulla d.i.a. è, difatti, da intendersi come un potere sui generis che della consueta autotutela decisoria condivide soltanto i presupposti ed il procedimento - d ovendo essere esercitato entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico - e che da essa si differenzia poiché non implica un attività di secondo grado insistente su un procedente provvedimento amministrativo. Il richiamo, ad opera dell art. 19 della l. n. 241/1990, agli artt. 21 quinquies e21nonies va, quindi, riferito alla possibilità di adottare non già atti di autotutela in senso proprio, ma foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 3

4 di esercitare i poteri di inibizione dell attività e di rimozione dei suoi effetti, nell osservanza dei presupposti sostanziali e procedimentali previsti dal tali norme (Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 717/2009). 3. Con il secondo motivo di ricorso viene affermata l illegittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della d.i.a. per violazione dell art. 21 nonies della l. n. 241/1990 in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, sussisterebbe una posizione di interesse qualificato in capo ai ric orrenti, legata al decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. del 15 febbraio 2007, nel quale l amministrazione può esercitare il potere inibitorio, ai sensi dell art. 42, c. 9 della l. Regione Lombardia n. 12/2005. Ad avviso dei ricorrenti, il provvedimento impugnato non sarebbe, inoltre, supportato da un reale e concreto interesse pubblico, differente dal mero ripristino della legalità violata. Sussisterebbe, poi, un vizio da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: nel provvedimento il Comune sostiene che alla data del 22 gennaio 2008 non sarebbero iniziati i lavori oggetto della d.i.a., quando, invece, i sig.ri Budel e Gallo avevano comunicato l inizio dei lavori in data 7 dicembre 2007 e, nella perizia asseverata, redatta su loro incarico, il perito attesta che i lavori erano in corso già a gennaio Il motivo è infondato. Il decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di inizio attività costituisce il presupposto per l esercizio del potere di autotutela: prima di tale termine all amministrazione compete, difatti, il differente potere di verificare la sussistenza dei requisiti e presupposti normativi per l esercizio dell attività oggetto di denuncia e, se del caso, di inibire l intervento edilizio. Pur se, con il perfezionarsi della d.i.a., si consolida in capo al privato una posizione di affidamento meritevole di protezione, tuttavia, tale affidamento non è certamente così forte da escludere qualsiasi potere di intervento da parte della p.a., anche perché altrimenti per effetto della d.i.a., si andrebbe a consolidare una posizione più stabile rispetto a quella che deriva dal provvedimento autorizzatorio (il quale, ricorrendo le condizioni di legge, può essere appunto rimosso in via di autotutela) (Cons. Stato, sent. n. 717/2009). Non può, quindi, ritenersi che il decorso del termine di trenta giorni ingeneri un affidamento che prevalga, per ciò solo, su ogni interesse pubblico alla rimozione del titolo abilitativo perché, se così fosse, verrebbe negata in radice ogni possibilità per l amministrazione di intervenire in autotutela. È, pertanto, legittima la valutazione compiuta dal Comune di Besozzo che ha escluso la sussistenza in capo agli istanti di una posizio ne di affidamento in considerazione del decorso di un breve lasso di tempo tra la pronuncia di questo Tar del 4 dicembre 2007, n di annullamento del provvedimento del 27 marzo 2007, con cui il Comune aveva inibito la realizzazione dell attività edilizia oggetto della d.i.a. (prima di tale momento, difatti, non poteva sussistere in capo ai ricorrenti alcuna posizione di affidamento circa la legittimità dell attività edilizia ma semmai la sola aspettativa di un esito positivo della controversia)-el esercizio del potere di autotutela, con l adozione, in data 22 gennaio 2008, del provvedimento impugnato. Altresì corretta è stata la considerazione dell amministrazione che ha escluso la sussistenza di una posizione di affidamento anche perché non era ancora stata posta in essere alcuna attività edificatoria. Non può, difatti, ritenersi che il provvedimento sia viziato da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: quanto asserito nella perizia - redatta su incarico dei sig.ri Budel e Gallo, doc. n. 22 dei ricorrenti - in ordine all impianto di una baracca, alla sistemazione strada di accesso, alla rea lizzazione di opere di recinzione, allo spianamento del terreno ed allo sbancamento parziale, previa demolizione di un banco di roccia, non contraddice affatto quanto affermato dalla p.a. circa l assenza di attività edificatoria. La realizzazione di mere operazioni di sbancamento non è, invero, sufficiente a configurare l inizio di una vera e propria attività edificatoria (cfr. la giurisprudenza in tema di decadenza del permesso di costruire: Tar Lombardia Milano, sez. II, 8 marzo 2007, n. 372; Tar Lazio, Roma, sez. II, 11 maggio 2006, n. 3480; Cons. Stato, sez. IV, 3 ottobre 2000, n. 5242). foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 4

5 Il provvedimento motiva adeguatamente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico all annullamento della d.i.a., identificato nella necessità di tutelare l ordinato assetto urbanistico dell area interessata dall intervento edilizio, così come predeterminata dalle n.t.a. del p.r.g. vigente, soprattutto in considerazione della elevata naturalità della zona ; il provvedimento chiarisce, inoltre, come l amministrazione comunale intenda preservare tale ambito di paesaggio, consistente in aree non urbanizzate, destinate ad uso agricolo, escluso dalla edificazione per scopi agricoli ed al mantenimento delle attività extra-agicole esistenti. In ordine a questi profili di interesse paesaggistico, posti alla base del provvedimento di autotutela, alcuna censura è mossa dai ricorrenti. Né può trovare accoglimento la generica contestazione secondo cui la violazione delle norme che disciplinano l attività urbanistica può portare all esercizio del potere di vigilanza ai sensi dell art. 27 del d.p.r. n. 380/2001 ma non all adozione di un provvedimento di secondo grado: l esercizio del potere di autotutela rientra, difatti, nella discrezionalità dell amministrazione ed è insinda cabile laddove, come accade nel caso di specie, è supportato da una adeguata valutazione dell interesse pubblico ad esso sotteso. 4. Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano, in primo luogo, l erroneità della interpretazione dell art. 143 delle n.t.a. accolta dall amministrazione comunale, secondo cui la norma consente unicamente la realizzazione di ampliamenti di edifici legittimamente esistenti alla data di entrata in vigore del p.r.g e dunque non di un immobile - quale quello dei sig. ri Gallo e Budel - condonato nel 2006, stante l irretroattività degli effetti del condono. La censura è fondata. L art. 143 delle n.t.a. consente, per le zone poste in Ambito di Paesaggio Sn1, l adeguamento degli edifici esistenti che, alla data di entr ata in vigore del p.r.g. 1999, risultano adibiti ad usi extra-agricoli e degli edifici assoggettabili a cambio di destinazione d uso ai sensi dell art. 4, l. Regione Lombardia 15 gennaio 2001, n. 1. L immobile in questione era esistente alla data in cui la variante generale al p.r.g. è stata approvata (6 aprile 2004). I ricorrenti hanno, difatti, prodotto una carta tecnica regionale del 1994, una aerofotogrammetria del 1997 e le ortofoto estratte dal sistema cartografico regionale del 1998 e del 2003 nell e quali risulta indicato il fabbricato in questione. Attesa l esistenza dell edificio alla data di approvazione della variante, l intervento di adeguamento era, dunque, da ritenersi ammissibile. Il Collegio non condivide, invero, l interpretazione data dalla p.a. all art. 143 delle n.t.a.: escludendo la realizzabilità di interventi di ampliamento su edifici, esistenti alla data di approvazione della variante al p.r.g. e successivamente oggetto di provvedimenti di sanatoria, l amministrazione dà una lettura della norma in contrasto con la sua lettera, chiedendo il ricorrere di un requisito, quello della legittimità dell esistenza, che non è previsto. La disposizione, nel consentire la realizzazione di interventi di ampliamento, opera una distinzione tra edifi ci esistenti alla data di approvazione della variante al p.r.g. ed edifici realizzati successivamente a tale data, ma non contiene alcuna previsione che consenta di espungere dai primi gli edifici abusivi successivamente condonati. Il riferimento alla esistenza dell immobile non può, quindi, essere inteso nel senso della legittima esistenza. 5. Sempre con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti censurano il motivo di annullamento della d.i.a. legato alla non qualificabilità dell intervento quale ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, poiché non rispetta la sagoma originaria, e lamentano l illegittimità dell interpretazione dell art. 27, c.1, lett. d) della l. reg. Lombardia n. 12/2005, accolta dall amministrazione comunale. Ad avviso dei ricorrenti l art. 103 della l. reg. n. 12/2005 ha disapplicato l art. 3 del d.p.r. n. 380/2001 e, quindi, l unica definizione di ristrutturazione vigente in Lombardia è quella data dall art. 27, c.1, lett. d) ai sensi della quale nell ambito de gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruforo amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 5

6 zione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l adeguamento alla normativa antisismica. Poiché, in forza di questa previsione, l unico parametro che deve essere rispettato è quello della volumetria preesistente, ed essendo, dunque, irrilevante, il mantenimento della sagoma preesistente, - sostengono i ricorrenti - l intervento oggetto della d.i.a. dovrebbe qualificarsi quale ristrutturazione edilizia e sarebbe pienamente rispettoso dell art. 143 delle n.t.a. 6. Nelle more del giudizio, il legislatore regionale ha emanato l art. 22 della l. reg. n. 7/2010, norma di interpretazione autentica dell articolo 27, comma 1, lett. d), della l. reg. Lombardia n. 12/2005 ai sensi della quale nella disposizione di cui all art. 27, c. 1, lett. d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma. 7. Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalità di quest ultima disposizione, prospettata dalla difesa dell amministrazione resistente, sia rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi e nei limiti di seguito specificati. 8. Per quanto attiene profilo della rilevanza si osserva quanto segue. Il Collegio ha accolto il motivo di ricorso con cui è stata lamentata l illegittimità della ragione di annullamento della d.i.a. legata alla interpretazione dell art. 143 delle n.t.a. L accoglimento di tale censura non comporta, tuttavia, l annullamento del provvedimento impugnato: in presenza di un provvedimento fondato su più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l accertamento della illegittimità di tutti i motivi può portare alla sua caducazione. A ciò consegue la necessità di affrontare l esame della censura - rivolta avverso il motivo di annullamento della d.i.a. legato alla qualificazione dell intervento edilizio non quale ristrut turazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione bensì quale nuova costruzione, attese le differenze nella sagoma rispetto all edificio originario - con cui i ricorrenti contestano la legittimità dell interpretazione dell art. 27, c.1, lett. d), della l. reg. Lombardia n. 12/2005 accolta dall amministrazione comunale e la necessità che, nella ristrutturazione edilizia, sia rispettato il vincolo della sagoma dell edificio preesistente. Risulta pertanto decisiva, ai fini della definizione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti (con i quali viene lamentata l illegittimità dei provvedimenti successivamente adottati dall amministrazione comunale derivata dalla illegittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della d.i.a.), la verifica della compatibilità con la Costituzione dell art. 27, c. 1, lett. d) della l. reg. Lombardia n. 12/2005 e della norma interpretativa dettata dal legislatore regionale con l art. 22 della l. reg. n. 7/2010, ai sensi della quale nella disposizione di cui all art. 27, c. 1, lett. d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma. Quest ultima disposizione, pur se sopravvenuta, trova, invero, applicazione nel presente giudizio, essendo indubbia la sua valenza interpretativa, e dunque, la sua efficacia retroattiva. 9. Per quanto concerne, invece, la non manifesta infondatezza, si osserva quanto segue. 9.1 Come è noto, l edilizia, pur se non prevista esplicitamente, rientra nell ambito della materia «governo del territorio», che l art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni (cfr. ex multis, Corte Cost., 25 settembre 2003, n. 303 e 19 dicembre 2003, n. 362). La Corte Costituzionale ha, difatti, affermato che la materia dei titoli abilitativi ad edificare appartiene storicamente all urbanistica che, in base all art. 117 Cost., nel testo previgente, formava oggetto di competenza concorrente. La paro la urbanistica non compare nel nuovo testo dell art. 117, ma ciò non autorizza a ritenere che la relativa materia non sia più ricompresa nell elenco del terzo comma: essa fa parte del governo del territorio. Se si considera che altre materie o funzioni di competenza concorrente, quali porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia, sono specificamente individuati nello stesso terzo comma dell art. 117 Cost. e non rientra no quindi nel governo del territorio, appare del tutto implausibile che dalla competenza statale di principio su questa materia siano stati estromessi aspetti così rilevanti, foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 6

7 quali quelli connessi all urbanistica, e che il governo del territorio sia stato ridotto a poco più di un guscio vuoto (cfr. Corte Cost., 25 settembre 2003, n. 303). Le Regioni esercitano, pertanto, in materia edilizia, una potestà legislativa concorrente, nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale. In linea con tali dettami, la legge regionale lombarda n. 12/2005 precisa, all art. 1, c. 1, che la presente legge, in attuazione di quanto previsto dall articolo 117, terzo comma, della Costituzione detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalità di esercizio delle competenze spettanti alla Regione e agli enti locali, nel rispetto dei principi fondamentali dell ordinamento statale e comunitario, nonché delle peculiarità storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia. 9.2 Ad avviso del Collegio, l art. 3 del d.p.r. n. 380/2001, recante la definizione degli interventi edilizi, costituisce un principio fondamentale della legislazione statale, non derogabile dal legislatore regionale. Depongono in tal senso elementi di carattere letterale e sistematico, quale la rubrica della norma Definizioni degli interventi edilizi e la collocazione nel titolo I della parte I, recante Disposizioni generali. La natura di principio fondamentale dell art. 3 del d.p.r. n. 380/2001, è, inoltre, desumibile dal complessivo impianto del testo unico dell edilizia e dal rilievo centrale che in esso assumono le definizioni degli interventi edilizi. La disciplina applicabile agli interventi edilizi è, difatti, legata alla loro qualificazione: si pensi, ad esempio, alla tipologia di titolo abilitativo - se permesso di costruire o denuncia di inizio attività - cui l intervento è assoggettato, all onerosità o meno dell intervento o alla differente disciplina sanzionatoria. In considerazione di tale valenza trasversale, le definizioni delle tipologie di intervento edilizio sono, quindi, indubbia espressione di un principio fondamentale. Il carattere di principio fondamentale dell art. 3 del d.p.r. n. 380/2001, legato ad una esigenza di uniformità delle nozioni, è dimostrato, infine, dalla prevalenza delle definizioni in essa previste sulle eventuali diverse disposizioni contenute negli strumenti urbanistici generali e nei regolamenti edilizi (art. 3, c. 2, d.p.r. n. 380/2001). 9.3 L art. 3, c. 1, lett. d) del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 definisce, quali interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organis mo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell edificio, l eliminazione, la modifica e l inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell ambito degli i nterventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l adeguamento alla normativa antisis mica. La prima formulazione della norma ricomprendeva tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristich e dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l adeguamento alla normativa antisismica. L art. 1 del d.lgs. n. 27 dicembre 2002, n. 301 ha modificato l art. 3 del d.p.r. n. 380/2001 eliminando la locuzione fedele ricostruzione di un fa bbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente e l ha sostituita con l espressione ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente (art. 1, lett. a). In mancanza dei requisiti previsti dall art. 3 del d.p.r. n. 380/2001, l intervento non può essere qualificato quale ristrutturazione edilizia, bensì quale nuova edificazione. La lettera e) dell art. 3, comma 1, ricomprende infatti tra gli interventi di nuova costruzione quelli di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Due sono, dunque, le ipotesi di ristrutturazione previste dall art. 3 del d.p.r. n. 380/2001: quella contemplata dalla prima parte della norma (c.d. intervento conservativo), che può comportare anche l inserimento di nuovi volumi o modifiche della sagoma (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2007, n. 5214; Cass. pen, 17 febbraio 2010, n ) e quella foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 7

8 (c.d. intervento ricostr uttivo) attuata mediante demolizione e ricostruzione, vincolata al rispetto di volume e sagoma dell edificio preesistente. Quanto al titolo abilitativo necessario per realizzare ristrutturazioni edilizie, l art. 10 del d.p.r. n. 380/2001 subordina a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione c.d. pesante, quelli cioè che portano alla realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e consistente in un aumento delle unità immobiliari, in modifiche del volume, dei prospet ti, della sagoma o delle superfici oppure, per gli immobili nella zona A, con mutamenti di destinazione d uso (in alternativa, però, l intervento può essere anche effettuato con denuncia di inizio attività sulla base del combinato disposto artt. 3, 10 e 22, comma 3, lett. a) del d.p.r. n. 380/2001). In tutti le altre ipotesi di ristrutturazione, c.d. leggere - quelle cioè di portata minore - è sufficiente la previa presentazione della dichiarazione di inizio attività. La ristrutturazione attuata mediante demolizione e ricostruzione è, quindi, soggetta alla sola dichiarazione di inizio attività solo se porta alla realizzazione di un organismo che abbia la stessa volumetria e la stessa sagoma di quello preesistente. 9.4 La giurisprudenza accoglie un interpreta zione restrittiva del concetto di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, sempre volta a cogliere gli elementi che differenziano tale tipologia di intervento da quello di nuova costruzione. Ad un primo orientamento che escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di ristrutturazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1996, n. 144), è seguito l orientamento, trasfuso nel Testo Unico dell edilizia, che ha compreso la fattispecie nella categoria della ristrutturazione purché fedele, in quanto modalità estrema di conservazione dell edificio preesistente nella sua consistenza strutturale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 agosto 2000, n. 4397). Per la giurisprudenza pressoché unanime, anche escludendo il superato criterio d ella fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma e volumi; diversamente opinando, sarebbe, difatti, sufficiente la preesistenza di un edificio per definir e ristrutturazione qualsiasi nuova realizzazione eseguita in luogo o sul luogo di quella preesistente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1177/2008; sez. V, n. 476/04; n. 5310/03; n, 4593/03; 18 marzo 2008, n. 1177; 8 ottobre 2007, n. 5214; 16 marzo 2007, n ; 22 maggio 2006, n. 3006; Cass., sez. III, 26 ottobre 2007, 18 marzo 2004). Il legame con l edificio preesistente, quanto a sagoma - intendendosi con tale concetto la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti (cfr. Cass. sez. III, 23 aprile 2004, n ) - e a volumetria, costituisce, quindi, per unanime giuris prudenza, il criterio distintivo degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente dalle nuove costruzioni. Le identità di volume e sagoma del nuovo edificio rispetto a quello originario giustificano, inoltre, il differente regime cui sono so ggetti gli interventi di ristrutturazione edilizia rispetto alle nuove costruzioni: ove la ristrutturazione mantenga inalterati i parametri urbanistici ed edilizi preesistenti, l intervento non è, difatti, subordinato al rispetto dei vincoli posti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti, giacché la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 1996, n. 1359; Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 1998, n. 369; Cass. civ., sez. II, 1 2 giugno 2001, n. 7909; Tar Calabria, Reggio Calabria, 24 gennaio 2001, n. 36; Puglia, Bari, sez. III, 22 luglio 2004 n. 3210). 9.5 Delineato, così, il quadro della normativa statale, si passa all esame della disciplina dettata, per la Regione Lombardia, dal legislatore regionale. L art. 27 della l. reg. Lombardia n. 12/2005, al comma 1 lett. d) prevede che nell ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l adeguamento alla normativa antisismica. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 8

9 A differenza dell art. 3, d.p.r. n. 380/2001, che, come si è visto, pone un vincolo di identità di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente, la norma regionale non menziona il limite della sagoma. L art. 103 della l. reg. Lombardia n. 12/2005, prevede, inoltre, che, a seguito dell entrata in vigore della legge 12/2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra l altro, dall art. 3 del d.p.r. n. 380/2001, con ciò escludendo implicitamente il carattere di principio fondamentale della norma recante le definizioni degli interventi edilizi. 9.6 Il Tar Lombardia ha ritenuto di poter accedere ad una lettura conforme alla Costituzione di queste disposizioni, nonostante l art. 27, c. 1, lett. d), della l. reg. Lombardia n. 12/2005 non contenesse alcun riferimento al limite della sagoma dell edificio. Dapprima il Tar Lombardia, Brescia, con la sentenza 13 maggio 2008, n. 504, ha affermato che il concetto di ristrutturazione previa demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell edificio preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, sì che è poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intento. Ha ritenuto incongruo che l esigenza del limite di sagoma possa venire accantonata senz altro dalle legislazione regionale e, quindi, seguendo il costante insegnamento della Corte costituzionale per cui sin quando è possibile una legge ordinaria va interpretata in modo conforme a Costituzione ha concluso che il limite della sagoma, attinente ad un principio, nella norma lombarda che non lo prevede espressamente, vada ricavato per via di interpretazione logica e sistematica. Successivamente, anche questo Tar ha sostenuto che l art. 27 c. 1 l. d) della L.R. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 dovesse interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell edificio preesistente, in quanto tale requisito, previsto dall art. 3 comma 1 lettera d) del D.P.R. 380/01, costituisce espressione di un principio generale che orienta anche l interpretazione della legislazione regionale (Tar Lombardia Milano, sez. II, 16 gennaio 2009, n. 153). 9.7 Una tale soluzione dell antinomia tra le previsioni dell art. 27, c. 11, lett. d), della l. reg. Lombardia n. 12/2005 ed il principio fondamentale dettato dall art. 3 del d.p.r. n. 380/2001 non può però più essere accolta. Con l art. 22 della l. reg. n. 7 del 5 febbraio 2010, il legislatore regionale ha, difatti, adottato una norma di interpretazione autentica, specificando che nella disposizione di cui all art. 27, c. 1, lett. d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma. Ad avviso del Collegio, il combinato disposto degli artt. 27, c. 1, lett. d) ultimo periodo, della l. reg. Lombardia n. 12/2005, come interpretato dalla l. reg. n. 7/ nella parte in cui esclude l applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione - e 103 della l. reg. Lombardia n. 12/ nella parte in cui prevede che, a seguito dell entrata in vigore della legg e 12/2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall art. 3, d.p.r. n. 380/ si pone in aperto contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale dettato dall art. 3 del d.p.r. n. 380/2001 in materia di governo del territorio e viola, dunque, l art. 117, c. 3 della Costituzione. 10. In conclusione, il ricorso principale è parzialmente fondato, secondo quanto sopra esposto. L accoglimento della censura formulata con il terzo motivo di ricorso, indicata al punto n. 4, non comporta, comunque, l annullamento del provvedimento impugnato, giacché, in presenza di un provvedimento fondato su più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l accertamento della illegittimità di tutti i motivi può portare alla sua caducazione. 11. Nella restante parte, il giudizio deve essere sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte Costituzionale, essendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 27, c. 1, lett. d) e 103 della l. reg. Lombardia n. 12/2005 e dell art. 22 della l. reg. Lombardia n. 7 del 5 febbraio 2010, in relazione all art. 117, c.3 della Costituzione, per le ragioni che si sono sopra esplicitate. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 9

10 12. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, sezione seconda, decidendo in parte, accoglie parzi almente il ricorso principale, nei sensi di cui in motivazione. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 27, c. 1, lett. d) e 103 l. reg. Lombardia n. 12/2005 e dell art. 22, l. reg. Lombardia n. 7 del 5 febbraio 2010, in relazione all art. 117, c. 3 della Costituzione. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ordina che, a cura della Segreteria d ella sezione, la presente sentenza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta Regionale della Lombardia e comunicata al Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 10

11 Tribunale amministrativo regionale Lombardia Brescia Sez. I *14 settembre 2010 n Pres. Petruzzelli Est. Pedron A. C. V. (avv. Messi) Comune di Rogno (avv. Zanardini). [2964/828] Edilizia e urbanistica - Piani regolatori generali - Formazione e approvazione - Istanza di mutamento di destinazione d uso da residenza a centro socio- Culturale (luogo di culto) - Diniego emesso in sede di approvazione del Piano di Governo del Territorio - È illegittimo ove contrasti con la situazione attuale dei luoghi che permette tale soluzione urbanistica. [2964/828] Edilizia e urbanistica - Piani regolatori generali - Formazione e approvazione - Edificio residenziale collocato in area a prevalente destinazione produttiva - Possibilità di ospitare attrezzature ad uso collettivo (anche religiose) - Costituisce l evoluzione della destinazione residenziale verso una funzione sociale - Ragioni ostative - Non sussistono. [2964/828] Edilizia e urbanistica - Piani regolatori generali - Formazione e approvazione - Istanza di mutamento di destinazione d uso da residenza a centro socio- Culturale (luogo di culto) - Art. 70 comma 2, L. rg. Lombardia n. 12 del Non abilita i Comuni a statuire sulla qualificazione delle confessioni religiose in luogo dello Stato - Competenza degli Enti locali - È di natura urbanistico- Edilizia. L. rg. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12, art. 70 comma 2 La deliberazione di approvazione del P.G.T. che nega la modifica della destinazione d uso di un edificio da residenza a centro socio-culturale - richiesta da privati al fine di poter adibire il fabbricato a luogo di culto - differisce irragionevolmente una soluzione urbanistica già possibile sulla base della situazione attuale dei luoghi, in presenza di un area già idonea ad ospitare attrezzature di uso collettivo da inserire nel piano dei servizi di cui all art. 9, l. rg. n. 12 del Ove un edificio non sia intrinsecamente legato a un contesto di elevato valore naturalistico - trovandosi in un appendice in gran parte circondata dalle aree produttive - ed il collegamento con l attività agricola produttiva sia venuto meno da tempo (come dimostra l attuale destinazione residenziale) non vi sono ragioni insuperabili che impediscano l evoluzione della destinazione residenziale verso una funzione sociale, anche di tipo religioso. L art. 70 comma 2, l. rg. n. 12 del 2005 non autorizza i Comuni a decidere sulla qualificazione delle confessioni religiose in luogo dello Stato, ma riserva alle amministrazioni locali una competenza urbanistico-edilizia, diretta ad accertare che la confessione religiosa per la quale è richiesta la realizzazione di un luogo di culto abbia sul territorio «una presenza diffusa, organizzata e stabile», e a regolare i vari problemi edilizi, igienico-sanitari e di sicurezza collegati al notevole afflusso di persone. Omissis 11. Il primo motivo di ricorso cerca di dimostrare che l area all interno della quale si trova l edificio della ricorrente è idonea a ospitare attrezzature di uso collettivo da inserire nel piano dei servizi di cui all art. 9 della LR 12/2005. Il PGT avrebbe quindi irragionevolmente differito una soluzione urbanistica già possibile sulla base della situazione attuale dei luoghi. 12. La tesi appare condivisibile. Come si è visto sopra al punto 4 l edificio della ricorrente non è intrinsecamente legato a un contesto di elevato valore naturalistico, piuttosto si trova in un appendice in gran parte circondata dalle aree produttive. Il collegamento dell edificio con l attività agricola produttiva è venuto meno da tempo, come dimostra la stessa destinazione residenziale. Non vi sono quindi ragioni insuperabili che impediscano l evoluzione della destinazione residenziale verso una funzione sociale, anche di tipo religioso. Nessun danno verrebbe inferto all ambiente naturale, dal momento che l edificio rimarrebbe nella consistenza a ttuale e non sarebbero necessarie modifiche alla viabilità. Anche il peso urbanistico causato dal numero dei frequentatori (indubbiamente molto superiore a quello derivante da un semplice uso residenziale) potrebbe essere diluito grazie alla vicinanza dell e aree produttive e in particolare dei piani attuativi dotati di parcheggi a uso pubblico. D altra parte le stesse controdeduzioni del Comune (v. sopra al punto 5) trascurano l aspetto ambientale e focalizzano invece l attenzione sulla necessità della convenzione di cui all art. 70 comma 2 della LR 12/2005. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 11

12 13. Alla suddetta convenzione è dedicato il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che una lettura costituzionalmente orientata dell art. 70 comma 2 della LR 12/2005 non consentirebbe ai co muni di subordinare la realizzazione di luoghi di culto per le confessioni religiose diverse dalla cattolica a una convenzione intesa come atto di riconoscimento da parte dell autorità amministrativa locale. 14. La tesi può essere condivisa, ma sono necessarie alcune precisazioni. Indubbiamente l art. 70 comma 2 della LR 12/2005 non autorizza i comuni a decidere sulla qualificazione delle confessioni religiose. La norma precisa che tale qualificazione avviene in base a criteri desumibili dall ordinamento : dunque le amministrazioni locali devono non solo rispettare eventuali atti formali di riconoscimento di una determinata confessione ma anche conformarsi ai principi generali dello Stato in materia di religioni. L ambito di competenza riservato ai comuni è invece quello propriamente urbanistico-edilizio e consiste in un duplice potere: (a) accertare che la confessione religiosa per la quale è richiesta la realizzazione di un luogo di culto abbia sul territorio una presenza diffusa, organizzata e stabile ; (b) regolare attraverso la convenzione la durata minima della destinazione dell edificio a finalità religiose (e anche i profili economici nel caso in cui siano concessi contributi: v. art. 71 comma 3 della LR 12/2005) nonché i vari problemi edilizi, igi enico-sanitari e di sicurezza collegati al notevole afflusso di persone. In particolare la convenzione può definire il numero di soggetti ammessi contemporaneamente nei locali, le vie di accesso e di uscita, le caratteristiche dei locali, i servizi tecnolo gici necessari, i piani di sicurezza, la dotazione di parcheggi, e questioni simili, in modo che il luogo di culto sia idoneo sotto il profilo strutturale e si inserisca in modo armonioso nel contesto abitato. 15. Sulla base di questa impostazione è evid ente che in sede di elaborazione degli strumenti urbanistici i comuni, qualora ricevano richieste di localizzazione di luoghi di culto, possono legittimamente porsi soltanto il problema dell effettiva esigenza di queste infrastrutture in relazione al numero di soggetti interessati (anche su scala sovracomunale se per le ridotte distanze o per altri motivi risulti verosimile che il bacino potenziale è più ampio del territorio comunale: v. art. 72 comma 3 della LR 12/2005). Una volta accertata l esigenza di u n luogo di culto la localizzazione deve essere necessariamente conforme alla proposta presentata, qualora i promotori del progetto abbiano la disponibilità degli immobili, in quanto una diversa soluzione, coinvolgendo diritti di terzi, equivarrebbe di fatto a un diniego arbitrario. Un diniego legittimo deve basarsi invece sull inidoneità del sito proposto, secondo le normali valutazioni urbanistiche. In questa fase la convenzione con i promotori del progetto non è necessaria, almeno in via generale, in quanto riguarda, come si è visto sopra al punto 14, le concrete modalità di realizzazione o sistemazione dell edificio. Niente impedisce naturalmente che già nel corso della stesura degli strumenti urbanistici si raggiungano intese per rimuovere eventuali ostacoli o per creare le condizioni per l inserimento del luogo di culto nella programmazione urbanistica. Peraltro nel caso in esame il Comune non ha rappresentato questo tipo di problemi, e dunque la reiezione dell osservazione della ricorrente appare ingiustificata. 16. Con il terzo motivo si lamenta l irragionevolezza della scheda n. 169 nella parte in cui limita gli interventi edilizi ammissibili alla sola manutenzione ordinaria. 17. La tesi appare condivisibile per derivazione rispetto alle consideraz ioni svolte sopra ai punti In effetti, se la scelta del Comune di mantenere la sola destinazione residenziale non appare legittima, parimenti non possono essere considerate legittime le disposizioni accessorie che non contemplano gli interventi edilizi necessari per il cambio di destinazione d uso. 18. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell art. 10-bis della legge 241/1990, in quanto il provvedimento di diniego del 18 aprile 2008 non è stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi. 19. L argomento è formale e non appare utile a individuare un autonomo vizio del provvedimento. Quando si accerta una violazione delle garanzie procedurali è sempre necessario, per il principio codificato dall art. 21-octies comma 2 secondo periodo della legge 241/1990, effettuare la prova di resistenza per stabilire se l amministrazione sia stata privata di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. Non sarebbe infatti né utile né economico annullare un provvedimento che può essere adottato di nuovo foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 12

13 con lo stesso contenuto. Nel caso in esame le questioni rilevanti, per quanto riguarda il diniego del 18 aprile 2008, sono di stretto diritto e dunque non sembra che l assenza di dialogo preventivo tra il Comune e la ricorrente abbia condotto a un fraintendimento della situazione di fatto. 20. Il quinto motivo di ricorso muove dalla premessa che un luogo di culto è un opera di urbanizzazione secondaria (v. art. 71 comma 2 del la LR 12/2005) per sostenere che in quanto tale potrebbe essere insediato ovunque sul territorio comunale, anche in un edificio residenziale esistente grazie alla liberalizzazione dei cambi di destinazione d uso (v. art. 51 della LR 12/2005). Del resto il Comune nelle controdeduzioni all osservazione della ricorrente non aveva evidenziato obiezioni sotto questo profilo. 21. La tesi non appare condivisibile. Questi argomenti potrebbero essere utili alla ricorrente per dimostrare l illegittimità della scelta fatta dal Comune in sede di pianificazione urbanistica, quando è stata respinta la richiesta di localizzazione di un luogo di culto, ma non sono sufficienti a ottenere l annullamento del provvedimento del 18 aprile 2008, con il quale il Comune si è in sostanza rifiutato di accettare il fatto compiuto del cambio di destinazione d uso. Come si è visto sopra al punto 8, solo una parte della motivazione del diniego (ossia il richiamo all art. 36 del DPR 380/2001 e alla scheda n. 169) fa riferimento alla conformità urbanistica, mentre un altra parte riguarda direttamente i presupposti del cambio di destinazione d uso. Poiché quest ultimo segmento della motivazione è astrattamente idoneo a sostenere da solo il provvedimento impugnato, è necessario esaminare le ce nsure che si riferiscono specificamente al cambio di destinazione d uso finalizzato alla realizzazione di un luogo di culto. 22. Si tratta delle censure contenute nel sesto e nel settimo motivo di ricorso, che richiedono una valutazione congiunta. Gli ar gomenti proposti non sono condivisibili per le ragioni esposte qui di seguito: (a) innanzitutto non sono ravvisabili profili di illegittimità costituzionale nell art. 52 comma 3-bis della LR 12/2005, che impone l obbligo del permesso di costruire solo per i cambi di destinazione d uso relativi ad alcuni edifici particolari (luoghi di culto, centri sociali). La norma vuole evitare che attraverso la liberalizzazione dei cambi di destinazione d uso stabilita dall art. 51 della LR 12/2005 siano realizzate inno vazioni di grande impatto sul tessuto urbano senza un preventivo esame da parte dell amministrazione. L obiettivo è ragionevole, e non appare discriminatorio proprio per l indubbia rilevanza sociale di questo tipo di edifici, che rende preferibile il controllo preventivo all eventuale remissione in pristino; (b) è corretto quanto afferma la ricorrente circa la prevalenza delle qualificazioni del DPR 380/2001 (disciplina nazionale omogenea con riflessi penali) quando si tratta di applicare le misure repressive degli abusi edilizi. Il fatto che l art. 52 comma 3-bis della LR 12/2005 richieda il permesso di costruire anche per i cambi di destinazione d uso senza opere non consente di equiparare l abuso della ricorrente a quelli disciplinati dagli art. 31 e 33 del DPR 380/2001 (nuova costruzione, variazioni essenziali, ristrutturazione pesante). A proposito della ristrutturazione pesante si osserva che in base all art. 10 comma 1 lett. c) del DPR 380/2001 può essere considerato tale solo il cambio di destinazione d uso negli immobili compresi nelle zone omogenee A; (c) la repressione del cambio di destinazione d uso operato dalla ricorrente non deve quindi partire dal dato formale (necessità del permesso di costruire) ma da quello sostanziale (si tratta di un intervento senza opere); (d) anche con questa precisazione non è però possibile arrivare alla sanatoria disciplinata dall art. 53 comma 2 della LR 12/2005. Questa norma stabilisce che il cambio di destinazione d uso senza opere si può sanare con il pagament o di una sanzione amministrativa pecuniaria anche quando risulti in contrasto con le previsioni urbanistiche comunali. Il confronto con l art. 52 comma 2 della LR 12/2005 chiarisce tuttavia che la sanatoria non è possibile quando manchi la conformità alla normativa igienico-sanitaria, il che è in effetti ragionevole se si considera il livello sovraordinato degli interessi pubblici collegati a quest ultima (in particolare l interesse alla salute e alla sicurezza collettiva); (e) nel caso dei luoghi di culto, come si è visto sopra al punto 14, le questioni igienico-sanitarie sono una parte rilevante del contenuto della convenzione prevista dall art. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 13

14 70 comma 2 della LR 12/2005. Un cambio di destinazione d uso senza opere relativo a un luogo di culto non è quindi sanabile con il meccanismo ordinario dell art. 53 comma 2 della LR 12/2005 proprio perché, mancando la convenzione, manca la regolamentazione che è considerata indispensabile per l introduzione di un uso non solo diverso da quello precedente ma del tutto particolare e in grado di incidere in modo significativo sul contesto sociale; (f) la convenzione potrebbe essere stipulata anche a posteriori con effetto sanante, ma appare comunque legittima la decisione del Comune di bloccare immediatamente gli effetti del cambio di destinazione d uso per il tempo necessario a valutare la situazione e in attesa della presentazione di una richiesta di permesso di costruire da parte della ricorrente. 23. Con l ottavo motivo di ricorso si sostiene che il diniego di sanatoria del cambio di destinazione d uso sarebbe illegittimo in via derivata rispetto al PGT. 24. La tesi non appare condivisibile. Con la presente sentenza viene dichiarata l illegittimità della previsione del PGT che non consente la localizzazione di un luogo di culto nell edificio della ricorrente, ma questo non implica che il cambio di destinazione d uso sia automaticamente possibile. Come si è visto sopra ai punti 14 e 22 l ammissibilità di questa innovazione è subordinata al rilascio del permesso di costruire e alla stipula di una convenzione che deve stabilire le modalità e le condizioni della nuova utilizzazione dell edificio. Fino a quel momento il diniego di sanatoria è legittimo. 25. In conclusione deve essere accolto il ricorso introduttivo, c on il conseguente annullamento della previsione del PGT che esclude la possibilità di trasformare l edificio della ricorrente in un luogo di culto, mentre devono essere respinti i motivi aggiunti rivolti contro il provvedimento di diniego del 18 aprile La complessità di alcune questioni consente l integrale compensazione delle spese tra le parti. Omissis foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 14

15 Tribunale amministrativo regionale Liguria Sez. I *2 settembre 2010 n Pres. Balba Est. Balba P.K. (avv. Buscaglia) Comune di Ortovero (avv. Vallerga). [2964/1380] Edilizia e urbanistica - Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi comunali - Condono edilizio - Presupposti - Permanenza opera. Non ha senso logico chiedere il condono e condonare un opera che o non è stata ancora realizzata o, se realizzata, sia già stata demolita (quale che ne sia la causa e il soggetto che abbia provveduto alla demolizione) alla data di presentazione dell istanza e alla data di verifica dell autorità competente ai fini del rilascio del richiesto condono; al riguardo, l oggettiva permanenza dell opera alle date predette del resto, oltre che dalla logica, è presupposta anche dalla norma di cui all art. 32 comma 25, del d.l. n. 269 del REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 858 del 2008, proposto dalla sig.ra Katia Peirano, rappresentata e difesa dall avv. Giacomo Buscaglia, con domicilio eletto presso Simona Silva in Genova, via XX Settembre, 20/22; contro Comune di Ortovero, rappresentato e difeso dall avv. Mauro Vallerga, con domicilio eletto presso Mauro Vallerga in Genova, via Dante 2/52; per l annullamento previa sospensione dell efficacia, di provvedimento di diniego condono edilizio. Visti, il ricorso con i relativi allegati e l atto di costituzione in giudizio del comune intimato; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell udienza pubblica del giorno 6 maggio 2010 il presidente Balba e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato il 24/09/2008 e depositato il 15/10 successivo la sig.ra Katia Peirano impugnava il diniego di condono edilizio reso con atto del Responsabile del Servizio Edilizia Privata, il quale, conformandosi al parere della commissione edilizia comunale, ha negato il richiesto condono (di prefabbricato, costituito da struttura portante e rivestimento in legno, con copertura in legno con manto in tegole marsigliesi ad uso abitazione ) in quanto le opere relative alla destinazione d uso residenziale del fabbricato alla data del 12/09/2003 (verbale di accertamento) risultavano rimosse dalla stessa ricorrente e non erano pertanto cond onabili (la permanenza delle opere abusive sino al perfezionamento della procedura di condono, si precisa, essendo presupposto indispensabile per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria). A sostegno del ricorso deduceva eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti (primo motivo) e violazione dell art.33 del D.L. 269/2003, assumendo, da un lato, che le opere da lei rimosse sono solo quelle contestate in sede penali --- (vale a dire, pavimentazione interna - esterna, installazione cucina con acces sori funzionanti, impiantistica elettrica e gas per riscaldamento e uso domestico, gazebo esterno, posizionamento su tutta l area di ghiaia, installazione e funzionamento di impianto televisivo e antenna parabolica) --- e non altre, e comunque non l intero immobile oggetto di condono ancora interamente esistente ; dall altro, che la permanenza delle opere non sarebbe presupposto necessario al condono, la norma di legge richiamata prescrivendo esclusivamente l ultimazione delle opere entro il 31 marzo e no n anche la loro successiva permanenza in essere. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 15

16 Resisteva al ricorso il comune intimato, che ne contestava la fondatezza e ne chiedeva il rigetto con ogni effetto di legge anche in ordine alle spese. Assegnato all udienza pubblica odierna e ivi chiamato il ricorso passava in decisione. DIRITTO Il ricorso, che contesta un diniego di condono di opere medio tempore demolite dalla ricorrente, non è fondato e deve essere respinto perché, come si assume correttamente nel diniego opposto e diversamente dalla tesi svolta dalla stessa ricorrente, presupposto necessario al condono (sul piano logico ancora prima che su quello giuridico) è la oggettiva esistenza, alla data in cui si chiede e si definisce la relativa istanza, l opera o le opere che ne costituiscono oggetto. Non ha senso logico in primo luogo chiedere il condono e condonare un opera che o non è stata ancora realizzata o, se realizzata, sia già stata demolita (quale che ne sia la causa e il soggetto che abbia provveduto alla demol izione) alla data di presentazione dell istanza e alla data di verifica dell autorità competente ai fini del rilascio del richiesto condono. L oggettiva permanenza dell opera alle date predette del resto, oltre che dalla logica, è presupposta anche dalla norma di legge (art.32, comma 25, del DL 269/2003) che nel secondo motivo (non correttamente rubricato come illegittimit à per violazione dell art.33 DL 269/2003 ) la ricorrente predica violata, norma che, rendendo condonabili - (secondo le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n.47/1985 e successive modifiche e integrazioni, come ulteriormente modificate dall art.39 della legge n.724/1994 nonché dallo stesso art.32) - le opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, inequivocabilmente presuppone, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, non soltanto l ultimazione dell opera alla data indicata, ma anche la sua attuale permanenza, anche perché solo dell opera ultimata alla data prevista e ancora in essere è possibile verificarne gli ampliamenti volumetrici dalla norma stessa indicati come limite oltre il quale l opera medesima non risulta condonabile. Non ha dunque fondamento la dedotta violazione dell art.33 ( recte, 32 comma 25) del D.L. n.269/2003. Né sussiste eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti di cui al primo motivo perché la ricorrente aveva chiesto il condono di prefabbricato... ad uso abitativo ; e abitativo certamente non può più essere considerato, ai fini del divisato condono, un immobile che, già dotato, come si legge nell esposizione in fatto del ricorso, 1) di pavimen tazione esterna in mattonelle autobloccanti, 2) pavimanetazione interna con piastrelle in simil cotto, 3) installazione cucina con accessori funzionanti, 4) realizzazione impiantistica elettrica e gas per riscaldamento e uso domestico, 5) realizzazione ga zebo esterno non terminato e infisso alla casa prefabbricata, 6) posizionamento su tutta l area di ghiaia, installazione e funzionamento di impianto televisivo e antenna parabolica, delle opere or ora elencate sia stato privato (ancorché successivamente alla presentazione dell istanza) dalla stessa ricorrente, che le ha demolite perché in procedimento penale a suo carico le erano contestate come abusive. Il che è sufficiente per disattendere anche il secondo motivo, non ravvisandosi alcuna erronea valutazione dei fatti, perché la ricorrente aveva rimosso (e ai fini della decisione del ricorso odierno non rileva la ragione che a tanto abbia potuto indurla) proprio tutte quelle opere necessarie per condonare il fabbricato ad uso abitativo. E perciò ininfluente il rilievo secondo cui l immobile oggetto del condono è ancora interamente esistente ; lo sarà verosimilmente, ma in esso non vi sono più, perché demolite dalla ricorrente, quelle opere che nel loro insieme potevano consentirne il condono ad uso abitativo, come appunto richiesto nella relativa istanza. La ritenuta infondatezza dei due motivi in cui il ricorso si articola ne comporta la reiezione. Le spese seguono la soccombenza nella liquidazione che se ne fa in dispositivo. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 16

17 P.Q.M. Il Tribunale Amminis trativo Regionale della Liguria, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso sopra indicato, lo respinge. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore del comune resistente, liquidandole nella somma complessiva di E 3.000,00 (tremila euro). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2010 con l intervento dei Signori: Santo Balba, Presidente, Estensore Luca Morbelli, Consigliere Angelo Vitali, Primo Referendario foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 17

18 Tribunale amministrativo regionale Liguria Sez. II *16 settembre 2010 n Pres. Pupilella Est. Prosperi R.L. (in proprio) C.m.V. e altro (n.c.). [6972/144] Pubblica amministrazione (P.A.) - Accesso ai documenti amministrativi - Documento amministrativo (nozione) - Fondi pubblici - Recupero immobile - Diritto - Sussiste - Fattispecie. Sussiste il diritto di accesso ad atti relativi all erogazione di fondi pubblici versati per il recupero di un bene oggetto di lite, del quale il ricorrente, aspirante all accesso, vanti la proprietà tramite l esibizione di un atto pubblico. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 471 del 2010, proposto da: Luciano Rolleri, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso se medesimo in Castiglione Chiavarese, Fraz. Casali, via Sopra Statale 3b; contro Comunita Montana Val Petronio ; nei confronti di Angelo Gandolfo; per l annullamento del diniego esplicito prot. 461 del opposto dalla Comunità Montana Val Petronio all istanza di accesso formulata dal ricorrente con note , e finalizzate ad o ttenere copia integrale della pratica di istanza di concessione di contributo a fondo perduto avanzata da Gandolfo Angelo per il ripristino di un canale irriguo e per l accertamento del diritto a prendere visione ed estrarre copia dei predetti documenti con conseguente condanna dell Amministrazione intimata all esibizione ed al rilascio di copia; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2010 il dott. Raffaele Prosperi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato il 26 ed il 29 maggio 2010 Luciano Rolleri esponeva di essere proprietario di un terreno in Comune di Castiglione Chiavarese del tutto abbandonato nel tempo e del quale aveva avviato nel 1999 opera di bonifica; all interno della proprietà era situato un vecchio canale in muratura da riattare, terminante al mulino dell attuale controinteressato Angelo Gandolfo, cui adduceva l acqua necessaria. Sul canale era insorta controversia giudiziaria tra il ricorrente ed il Gandolfo davanti al Tribunale di Chiavari e successivamente il Rolleri aveva presentato istanza alla Comunità Montana Val Petronio per l accesso ai d ocumenti relativi ad un contributo pubblico chiesto dal Gandolfo per lavori al canale e ciò anche per la parte in proprietà del ricorrente; era seguito un complesso carteggio tra interessati e P.A., la quale ultima con la nota aveva definitivamente negato accesso e rilascio di copie. Il Rollero deduceva in diritto che il diniego si fondava su una motivazione stereotipata, la quale richiamava un non meglio identificato giusto punto di equilibrio tra il principio di trasparenza e buona amministrazion e e quella del diritto di riservatezza, rilevava che la documentazione in oggetto non rientrava tra le categorie di atti non ostensibili, né poteva essere ritenuta coperta da riservatezza, visto che trattava della spendita di fondi pubblici. Inoltre era ben chiaro l interesse del ricorrente, visto che le opere da finanziare avrebbero riguardato anche i mappali foglio 11 NCTU di Castiglione Chiavarese, ossia i terreni di sua proprietà, per i quali vi era causa davanti al giudice civile. Il Rolleri concludeva come in atti, con vittoria di spese. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 18

19 Le parti intimate non si sono costituite in giudizio. Alla odierna camera di consiglio la causa è passata in decisione. DIRITTO Oggetto del ricorso è il diniego di accesso alla documentazione relativa al procedimento di concessione di pubblici contributi a favore dell attuale controinteressato Angelo Gandolfo da parte della Comunità Montana Val Petronio per finanziare opere di recupero di un canale irriguo nel Comune di Castiglione Chiavarese. Il ricorrente Luciano Rolleri sostiene di avere pieno diritto alla visione ed estrazione di copia dell intero carteggio, in virtù dei titoli di proprietà vantati su parte del canale e dei quali il medesimo ha forn ito formale prova a questo Tribunale, poiché i suoi diritti sono attualmente in contestazione davanti al giudice civile: secondo il ricorrente il contributo in questione riguarderebbe non solamente il tratto di canale di proprietà del Gandolfo utilizzato per alimentare un mulino, ma il tratto del ricorrente, utile a fini irrigui. Il ricorso è fondato. In primo luogo appare del tutto condivisibile l assunto del Rolleri secondo cui la motivazione del diniego sulla base degli elementi esposti dal Gandolfo nel procedimento, mancato accesso come giusto punto di equilibrio tra il principio di trasparenza e buona amministrazione e quella del diritto di riservatezza, è del tutto stereotipata e comunque assolutamente oscura, tanto da non potersi individuare se la r agione posta a fondamento del diniego riguardi l appartenenza degli atti a categorie non ostensibili, oppure alla prevalenza di non meglio identificati diritti alla riservatezza del controinteressato. In secondo luogo, ancor più pregnanti sono i profili di censura inerenti la funzione specifica del contenuto dei documenti in questione. Si tratta infatti pacificamente di atti relativi all erogazione di fondi pubblici versati per il recupero di un bene oggetto di lite, del quale il ricorrente ha vantato in questa sede la proprietà tramite l esibizione di un atto pubblico, rammentando l azione intrapresa davanti al Tribunale di Chiavari e rilevando la necessità che documenti esistenti sulla questione oppure formati in vista della dimostrazione sullo stato del c anale possano essere da lui visionati al fine di un eventuale uso per la sua difesa in giudizio. Dunque si deve concludere che la pretesa del Rolleri è connessa alla tutela dei propri interessi giuridici ai sensi dell art. 24 Cost. e non si comprende come a fronte di tale posizione possano sussistere superiori esigenze di riservatezza, soprattutto ove queste siano collegate alla spendita di denaro pubblico e quindi ad un attività governata da necessaria trasparenza - art. 1 L. 241/90. Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento del diniego impugnato e l ordine di esibizione alla Comunità Montana di tutti i documenti richiesti dal ricorrente, ivi compreso il rilascio delle rispettive copie. Spese come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sez.2^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per gli effetti, annulla il provvedimento impugnato e ordina alla Comunità Montana Val Petronio di permettere a Luciano Rolleri la visione di tutti gli atti da lui richiesti con le note , e con la connessa estrazione di copie. Condanna le parti intimate al pagamento delle spese di giudizio liquidandole in complessivi E ,00 (duemila/00) oltre a i.v.a. e c.p.a. da dividersi in parti eguali tra P.A. e controinteressato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2010 con l intervento dei Magistrati: Roberto Pupilella, Presidente Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore Paolo Peruggia, Consigliere foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 19

20 Tribunale amministrativo regionale Liguria Sez. II *30 settembre 2010 n Pres. Di Sciascio Est. Bianchi C.C. (avv. Acquarone, Piscitelli) Comune di Andora (avv. Gaggero, Quaglia). [3936/240] Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria ed amministrativa - Riparto - Diritto di superficie - Alienazione - Procedura - Impugnativa dei proprietari - Giurisdizione ordinaria. In caso di impugnazione di provvedimento con il quale è stata disposta l alienazione del diritto di superficie e l edificazione di un area a giardino insistente sulla soletta di una autorimessa interrata, nonché del relativo bando d asta, il ricorso proposto dagli asseriti proprietari di alcuni immobili facenti parte dell area e che non intendono partecipare alla gara, rientra nella sfera di cognizione del giudice ordinario in quanto il petitum sostanziale del giudizio è costituito da una domanda di tutela del diritto di proprietà dei ricorrenti. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1250 del 2009, proposto da: Condominio Complesso Albamare - Condominio Box via Caboto, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Acquarone, Luigi Piscitelli, con domicilio eletto presso Luigi Piscitelli in Genova, corso Saffi 7/2; Alberto Peila, Giorgio Francesco Ambrogio, Fiorenzo Bo, Nunzio Santoro, Giovanni Fara, Iva Bellone, Elide Degiovanni, Vincenzo Ricci, Aldo Pietro Goggi, Luciana Borgogno, Mario Gerac i, Claudio Camerano, rappresentati e difesi dall avv. Giuseppe Acquarone, con domicilio eletto presso Luigi Piscitelli in Genova, corso Saffi 7/2; contro Comune di Andora, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Gaggero, M. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso Mario Alberto Quaglia in Genova, via Roma 3/9; per l annullamento previa sospensione dell efficacia, PROVVEDIMENTO CON IL QUALE E STATA DISPOSTA L ALIENAZIONE DEL DIRITTO DI SUPERFICIE E L EDIFICAZIONE DI UN AREA A GIARDINO INSISTENTE SULLA SOLETTA DI UNA AUTORIMESSA INTERRATA, NONCHE BANDO D ASTA. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l atto di costituzione in giudizio del Comune di Andora; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 il dott. Antonio Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO I ricorrenti sono tutti proprietari di unità immobiliari e di box all interno di una autorimessa interrata, facenti parte del complesso condominiale denominato Albamare, situato nella Via Caboto di Andora. Sulla soletta di copertura dell autorimessa interrata, costituita in condominio fra i diversi proprietari delle singole unità box, insite da anni un giardino pensile, originariamente realizzato dal costruttore del complesso edilizio. La superficie del giardino fu ceduta al Comune con atto di donazione unilaterale del 16 aprile 1985, dal sig. Angelo Rista e dalla società Albamare sas di Rista Angelo & C., proprietari e costruttori dell intero complesso immobiliare. Più esattamente, oggetto della donazione al Comune di Andora era il diritto perpetuo di superficie del giardino pensile che insisteva sul manto di copertura dell autorimessa sottostante. foro amministrativo T.A.R. n addenda online Giuffrè Editore P. 20

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