LE ESEQUIE CRISTIANE: CRITICITÀ E POTENZIALITÀ PASTORALI, ALLA LUCE DEL NUOVO ORDO

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1 LE ESEQUIE CRISTIANE: CRITICITÀ E POTENZIALITÀ PASTORALI, ALLA LUCE DEL NUOVO ORDO Per molti pastori in cura d anime, la celebrazione dei funerali sta diventando un momento, oltre che delicato, sempre più complicato da gestire per una serie di motivi: da una parte, soprattutto nelle parrocchie più popolose, in cui i funerali sono numerosi, la difficoltà di conciliare le esigenze di attenzione e cura pastorale richiesta da questi momenti, con la molteplicità degli impegni pastorali a cui un pastore è chiamato a rispondere; se, infatti, la frequenza dei funerali comporta nelle grandi comunità cristiane, anche per il prete, il rischio della routine, nelle persone in lutto, al contrario, quella morte e quel funerale lasciano una traccia unica. dall altra parte la necessità, di fronte a talune richieste e aspettative, da parte di parenti ed amici, di ribadire con maggiore chiarezza il significato della liturgia cristiana dei funerali come celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore (Premesse al RE 1) nella quale i cristiani affermano senza reticenze la loro speranza nella vita eterna (Premesse RE 2) e non semplicemente il ricordo del defunto. Forse, per questo, tenendo conto di queste difficoltà, qualcuno si aspettava che il Nuovo rito delle esequie, semplificasse tappe e soglie dell accompagnamento rituale. In realtà esso ha, non solo confermato, ma addirittura rafforzato l impianto di fondo di una presenza orante distribuita nei diversi momenti della morte e del lutto. Del resto, sia dal Convegno di Verona sia dagli Orientamenti della Conferenza episcopale italiana sull educare alla vita buona del Vangelo, è giunto l invito ad annunciare il Vangelo nei «luoghi effettivi della vita». Il momento della morte e del lutto è certamente uno di tali luoghi decisivi. A fronte di un calo nella richiesta di altri sacramenti, non si vede ancora una riduzione nella diffusa richiesta di funerali rivolta alla Chiesa cattolica. Forse non siamo lontani dalla realtà, se diciamo che quella di celebrazioni funebri resta la richiesta più alta in percentuale rispetto a quella avanzata per altri servizi religiosi. Numerose famiglie, ben più di quante frequentano la comunità eucaristica domenicale, si rivolgono alla chiesa per chiedere la celebrazione delle esequie o un rito di commemorazione (settimo, trigesimo, anniversario). Nessun'altra celebrazione liturgica, quindi, tocca tante persone, più o meno credenti, più o meno praticanti, quanto la celebrazione delle Esequie, e in una circostanza che rende tutti più disponibili alla ricezione del messaggio cristiano. 1

2 Le motivazioni possono non essere esplicitamente di fede. Ma è un fatto che la morte sempre interroga e inquieta. Anche in un tempo di secolarizzazione avanzata, la perdita di una persona cara è un'esperienza drammatica ma anche ricca di tracce di trascendenza. Si è consapevoli che il proprio congiunto è morto, eppure si continua ad avvertire, misteriosamente, la sua presenza. Si continua ad amare la persona defunta, si continua a sentirsi amati da lei. Il lutto non è solo una «pietra d'inciampo», uno scandalo che mette in discussione il senso religioso della vita. È anche un cammino privilegiato per la riscoperta della fede, un terreno adatto per l'annuncio del vangelo. I riti delle esequie sono una scuola di fede per i cristiani e un'occasione di evangelizzazione per chi si accosta alla chiesa solo in quell'occasione. La celebrazione della speranza cristiana «richiede quindi una particolare attenzione nella scelta dei testi più adatti, nell'omelia e nelle monizioni, nei canti da eseguire e nella cura dei gesti da parte dei ministri» (Presentazione RE 6). L indole pasquale della morte cristiana L obiettivo della riforma del rito, lo scrivevano già i padri conciliari in SC 81, è di esprimere in modo chiaro l'indole pasquale della morte cristiana. La morte come pasqua, cioè come passaggio. Un passaggio non solo relativo al defunto ma anche alla comunità: tutti passano da una situazione a un'altra, anche se non nello stesso senso, e tutti in conseguenza della morte del defunto. Questo passaggio può essere visto verso una fine, la chiusura di un tempo, di una relazione con gli altri e con il mondo, oppure verso un nuovo inizio di tempo, un diverso modo di essere, di relazionarsi, di vivere. Le esequie laiche si collocano nel primo tipo. In esse gesti e parole ruotano attorno al far permanere il ricordo del defunto nelle persone che hanno avuto relazione con lui; il defunto non ha più un'esistenza individuale autonoma; come tale egli ha finito di esistere. Le esequie cristiane hanno lo stesso punto di partenza ma approdano non alla fine del defunto, ma a una sua nuova vita e a una nuova relazione «con i suoi». Il modo cristiano di guardare la morte non può prescindere dall'evento della pasqua che stabilisce una relazione indistruttibile con Cristo, una relazione che perdura oltre la morte, perché «sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore» (Rm 14,8). Oggi la morte rischia di essere banalizzata e in ogni caso non è più un passaggio, ma una ineludibile scadenza che si perde nel nulla che la segue. Ma proprio per questo la Chiesa non può rinunciare a proclamare e celebrare il messaggio cristiano sulla morte. Proprio perché la morte e i morti sono considerati quali elementi di disturbo nella civiltà moderna, la Chiesa è chiamata a proclamare l'evento pasquale del Signore, morto e risorto. 2

3 Questo necessariamente deve essere il senso dei messaggi (siano essi testi, gesti o canti) che possono trovar posto nelle esequie cristiane. Di conseguenza è necessario vigilare sui testi che, parenti e amici, chiedono di poter leggere a ricordo del defunto, e delle preghiere dei fedeli; nell omelia in particolare, va evitata la forma e lo stile di un elogio funebre (RE 70), che non significa, comunque, non tener conto della persona. Si tratta di comporre armoniosamente la tensione tra il primo posto da riservare a Dio e l'attenzione per il defunto, nell'unicità della sua persona. Riti e parole devono essere «di sollievo al cristiano che crede, senza urtare l'uomo che piange» (Premesse n. 17). Caratteristiche della seconda edizione italiana del Rito delle esequie Il testo liturgico che la Chiesa Italiana ha messo nelle nostre mani, più che un nuovo rito è una nuova traduzione, pienamente conforme all editio tipica che fa da testo base per tutta la Chiesa, con in più alcuni adattamenti rituali che si sono resi necessari in seguito all esperienza maturata in questi quarant anni e alle mutate situazioni di vita. Nella sua struttura generale, il rituale italiano è composto da quelle che per comodità chiameremo "quattro sezioni": 1. Esequie degli adulti; 2. Esequie dei bambini; 3. Esequie in caso di cremazione; 4. Testi e melodie. Da un confronto con l edizione del 1974 emerge subito che in questa seconda edizione italiana non è stato inserito il terzo tipo delle esequie che prevede la celebrazione esequiale nella casa del defunto. L'eliminazione è dovuta probabilmente ali'estraneità di tale tipologia celebrativa alla consuetudine della nazione italiana, e per evitare il rischio di favorire la privatizzazione di un momento celebrativo che di per sé coinvolge e vede partecipe tutta la comunità cristiana. Nella "Presentazione" redatta dalla Commissione Episcopale per la Liturgia ed approvata dai Vescovi italiani si mettono in rilievo quelle che sono le novità introdotte dal Rituale (n. 3). Esso offre una più ampia e articolata proposta rituale a partire dal primo incontro con la famiglia, appresa la notizia della morte, fino alla tumulazione del feretro; presenta una traduzione rinnovata dei testi di preghiera, delle letture bibliche e dei salmi secondo la nuova versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana; integra i testi delle monizioni e delle preghiere presenti nella prima edizione con nuove proposte, attente alle diverse situazioni (visita alla famiglia, veglia, chiusura del feretro, preghiera dei fedeli, ultimo commiato); risponde con apposite indicazioni a nuove situazioni pastorali, in particolare per quanto concerne la questione della cremazione dei corpi; provvede a suggerire nuove melodie per alcune parti della celebrazione. 3

4 * La seconda edizione italiana del Rito delle esequie si può utilizzare dal momento della sua pubblicazione e diventerà obbligatoria dal 2 novembre Adattamenti Tra gli Adattamenti che la Conferenza episcopale ha ritenuto opportuno apporre al Rito delle esequie, a livello rituale va segnalato l'inserimento di un capitolo dedicato alla Visita alla famiglia del defunto, per evidenziare l'importanza di questo primo contatto con i familiari del defunto. Si tratta di un paragrafo non presente nell edizione latina del 1969 e nemmeno in quella italiana del Il primo incontro con la famiglia è un momento particolarmente significativo e carico di emozione. Diventa infatti per il parroco un momento di condivisione del dolore, di ascolto dei familiari colpiti dal lutto, di conoscenza di alcuni aspetti della vita della persona defunta in vista di un corretto e personalizzato ricordo durante la celebrazione delle esequie. In alcuni casi può essere anche un momento per preparare o indicare il senso dei vari riti esequiali. In questo capitolo sono proposte brevi letture bibliche e invocazioni ispirate alla Sacra Scrittura che possono essere utilizzate anche solo in parte a seconda delle situazioni. Un secondo elemento significativo è il paragrafo relativo al momento della Chiusura della bara. Esso, mentre riprende, amplifica e sostituisce la «Preghiera per la deposizione del corpo del defunto nel feretro» presente nell'edizione del 1974, rileva che «la chiusura della bara, quando il volto del defunto scompare per sempre dalla vista dei familiari, costituisce, dal punto di vista umano, un momento delicato e molto doloroso. Esso deve essere vissuto alla luce della parola di Dio e della speranza cristiana» (RE 42). Nella celebrazione delle Esequie nella Messa o nella Liturgia della Parola, arricchimento significativo è una più varia proposta di esortazioni per introdurre il rito dell ultima raccomandazione e commiato. Ora vengono offerte dodici proposte di esortazione che possono essere lette o adattate. Infine, di fronte alla prassi oggi generalizzata, specialmente nei grandi centri urbani, che al rito dell'ultima raccomandazione e commiato l'assemblea si scioglie e non segue un accompagnamento del feretro al luogo della sepoltura, il rituale ha inserito al termine della liturgia esequiale in chiesa, la possibilità di impartire la benedizione ed eventualmente il congedo, conferendo così una particolare organicità ai riti di conclusione: «Il rito dell ultima raccomandazione e del commiato si conclude sempre con la benedizione. Se il sacerdote (o il diacono) accompagna processionalmente il feretro al cimitero non congeda l assemblea, ma aggiunge: Benediciamo il Signore» (RE 151). 4

5 Melodie per il rito delle esequie La nuova edizione del RE sottolinea anche l importanza del ministero del canto e della musica. A differenza, infatti, dell'edizione del 1974 che non offriva alcuna proposta di melodie, qui si riserva tutto un settore del rituale all argomento. La raccolta di antifone, salmi e responsori, riportata in partitura nella parte finale del rituale (che contiene anche, in allegato, un CD con la registrazione integrale dei brani), unita alla sezione presente nel Repertorio Nazionale di canti (dal n. 314 al 343), mette a disposizione delle comunità un bagaglio molto ricco di materiali a cui poter attingere. Data l importanza del canto nella celebrazione liturgica, anche in occasione delle esequie è importante la presenza di un gruppo di persone che sostenga e animi il canto dell assemblea. In alcune parrocchie sono nati i cosiddetti cori dei funerali, formati per lo più da persone anziane, che comunque svolgono un servizio prezioso e puntuale. Sono realtà da incoraggiare e da incentivare, come segno della presenza attiva di tutta la chiesa, anche per non dover arrivare, come in qualche caso si è prospettato, che il servizio del canto e della musica (la presenza di un organista) progressivamente venga appaltato dalle agenzie delle pompe funebri. La dimensione comunitaria del morire cristiano Quando, in occasione dell ultima assemblea diocesana del clero il Vicario Generale è intervenuto relativamente alla problematica della dispersione delle ceneri, la reazione di molti dei presenti ha fatto percepire che, forse, nella sensibilità comune, anche di noi preti, la celebrazione delle esequie consiste fondamentalmente nella messa, e che il resto può essere considerato secondario, per cui non vale la pena di farsi tanti problemi se invece della sepoltura in cimitero si preferisce la dispersione o il portare a casa propria le ceneri. Per questo si rende necessaria una riflessione su un altra delle caratteristiche a partire dalla quale tutta la struttura del rito si regge: la dimensione comunitaria del morire cristiano. Oggi stiamo assistendo ad una progressiva emarginazione e privatizzazione dell esperienza del morire: non soltanto l uomo di oggi non muore più in casa bensì in ospedale o nelle case di riposo, ma la morte stessa appare sovente oggetto di occultamento. Basta pensare all allontanamento del corpo del defunto dalla vista e dal contatto dei vivi, soprattutto se bambini. Per la stessa celebrazione vengono preferite spesso le anonime cappelle degli obitori alle chiese parrocchiali. Tale diffuso comportamento appare più evidente nei contesti urbani. 5

6 Attraverso il rito delle esequie la comunità annuncia la dimensione comunitaria del morire cristiano. Intendendo, con questa affermazione, due aspetti: 1) la morte ha una dimensione comunitaria; 2) è tutta la comunità implicata, non solo il prete. Come dice il termine stesso exsequiae, che significa seguire ovunque, accompagnare, scortare, la comunità accompagna il defunto dal letto di morte sino al sepolcro. (RE, Premessa 12). Si comincia col vegliare il defunto per poi accompagnarlo all'ultima dimora attraverso una duplice processione che di solito si snoda dalla casa o dall ospedale o casa di riposo (quando è possibile) alla chiesa e dalla chiesa al cimitero. «La celebrazione delle esequie è la celebrazione di un esodo pasquale: il defunto sperimenta la sua uscita dall'egitto e il suo ingresso nella Terra Promessa dove è accolto dagli angeli e dai santi. Il corteo funebre è una processione che canta mentre conduce il defunto dalla sua dimora terrena alla Gerusalemme celeste, facendo tappa in chiesa, a mezza strada cioè tra la terra e il cielo» (Ph. Rouillard). La Chiesa terrena, sapendo di poter compiere con lui soltanto un tratto del viaggio, chiede alla Chiesa del cielo di venire incontro al defunto per condurlo fino al paradiso: "In paradiso ti accompagnino gli angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri". Nella loro successione le tappe del funerale cristiano ricordano che la morte di una persona non può riguardare solo il ristretto cerchio dei familiari e neppure solo la comunità cristiana di cui il defunto era membro, ma ogni morte concerne l'intera società civile. La processione per le vie pubbliche (quando è possibile) è probabilmente una delle risposte più esplicite alla privatizzazione della morte e alla sua rimozione all'interno dello spazio pubblico. Sottratta all'ambiente sociale, la morte rischia di essere ridotta a evento unicamente privato e questo, a lungo andare, porta a vivere la morte e i suoi riti nell'individualismo. Il corteo funebre pubblico, al contrario, attesta che la morte di una persona concerne tutta la comunità umana nei suoi ambiti familiari, ecclesiali e sociali. La morte è un fatto comunitario, perché la persona defunta non è esistita solo per i suoi cari, ma in quanto credente è stata figlia della comunità cristiana e come cittadino è stato membro della polis. Pertanto, la morte è un fatto sociale, tanto quanto personale, familiare ed ecclesiale. «Dormono il sonno della pace» Per contrastare questa tendenza alla privatizzazione della morte, e ribadirne la dimensione comunitaria, un altro sentiero consiste nel riscoprire il valore del cimitero. La fede cristiana parla dei luoghi dove i defunti sono sepolti come di luoghi destinati al riposo. La parola «cimitero» (dal greco koimeterion) significa «luogo dove si va a dormire». I primi cristiani hanno preso questo termine con il chiaro intento di 6

7 esprimere l'insegnamento ricevuto dagli apostoli: nella predicazione apostolica Gesù era il primo risvegliato tra quelli che si sono addormentati (1 Cor 15, 20). Portare un defunto al cimitero, è un modo per esprimere che i defunti sono ancora viventi; la visita al cimitero non è una passeggiata nel luogo del lento dissolvimento dei corpi, ma un incontro con degli esseri vivi: essi dormono nell'attesa dello stesso risveglio con cui Gesù Cristo li ha preceduti. La fede cristiana non pensa ai cimiteri come al luogo di un lutto senza fine, bensì come al luogo da dove «quelli che si sono addormentati» risorgeranno un giorno, quando Dio chiamerà tutti alla pienezza della sua vita. Per questo la Chiesa cattolica continua a preferire la sepoltura del corpo dei defunti come forma più idonea ad esprimere la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre. Rito delle esequie in caso di cremazione La nuova edizione del Rito delle esequie annovera nella sua struttura l'inserimento del rito delle esequie in caso di cremazione, elemento che, di fatto, costituisce la maggiore novità, e si specifica come adattamento del rito alla situazione pastorale della nazione italiana. E questo il motivo per cui questa sezione Esequie in caso di cremazione compare nel rituale come appendice ed è posta subito dopo la celebrazione delle esequie che, come tale, rimane la celebrazione ordinaria. Attraverso la forma e il contenuto delle celebrazioni, la Chiesa attesta che, sebbene non si opponga alla cremazione, essa considera che la distruzione non naturale del corpo umano non è conforme alla visione cristiana della natura del corpo dell'uomo, del suo valore e della sua dignità. I cristiani credono che il corpo dell'uomo è stato creato da Dio, redento da Gesù Cristo e santificato dallo Spirito. «Attraverso la pratica della sepoltura nei cimiteri, la comunità cristiana facendo memoria della morte, sepoltura e risurrezione del Signore onora il corpo del cristiano, diventato nel Battesimo tempio dello Spirito Santo e destinato alla risurrezione. Simboli, riti e luoghi della sepoltura esprimono dunque la cura e il rispetto dei cristiani per i defunti e soprattutto la fede nella risurrezione dei corpi» (RE 165). Con questo testo la Chiesa intende sottolineare che: a) l'essere umano non ha un corpo, ma è corpo, che fa parte della persona umana, unito a Cristo nel battesimo e onorato dall'incensazione nella liturgia funebre; b) nella sepoltura del credente la Chiesa intende mettere in evidenza l'esempio di Cristo che è stato sepolto ed è risorto; c) nella celebrazione esequiale, la Chiesa vuole sostenere i credenti per aiutarli a elaborare il dolore e il distacco, in un cammino che si esprime anche mediante la visita al cimitero, come «luogo della memoria». Nei testi della liturgia non si attribuisce un senso specifico alla cremazione, perché in essa non vi si riconosce alcun significato cristiano, ma la si considera unicamente 7

8 come una modalità che si è imposta nella nostra società come necessità soprattutto per ragioni pratiche dettate dal fenomeno dell'urbanizzazione. Per questo viene affermata la preferenza per l'inumazione. In assenza di motivazioni contrarie alla fede la Chiesa tuttavia non si oppone alla cremazione e accompagna i diversi momenti con appropriate monizioni e preghiere. E, però, decisamente contraria alla prassi di spargere le ceneri oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, prassi che sottintendono spesso concezioni panteistiche e naturalistiche. Ecco il motivo per cui il Rituale sottolinea l'importanza del cimitero come luogo della memoria e testimonianza della speranza della risurrezione. «Fare una passeggiata per il Cimitero in un giorno di primavera non è greve; è invece ritrovare memorie e dolce malinconia. Non memorie cattive o fastidiose, o sensi di rabbia o di rammarico per eventuali torti subiti, ma nomi e immagini di parenti, amici, coetanei, conoscenti, compaesani, e risalire le storie anche lontane nel tempo per averle sentite raccontare, o lette. Ogni volta mi ripeto che conosco più le persone che sono qui che non quelle che vivono nel paese» (M. RIGONI STERN, Stagioni, Einaudi, 2008, 54). Qualche mese fa, in un foglio parrocchiale di una delle nostre parrocchie, si accennava alla possibilità di non concedere le esequie ecclesiastiche per chi opera una scelta diversa dal portare le ceneri in cimitero. Le parole sono riprese dal sussidio CEI Proclamiamo la tua risurrezione del 2007 che diceva: «Avvalersi della facoltà di spargere le ceneri, di conservare l'urna cineraria in un luogo diverso dal cimitero o prassi simili, è comunemente considerata segno di una scelta compiuta per ragioni contrarie alla fede cristiana e pertanto comporta la privazione delle esequie ecclesiastiche (can. 1184, 1,2)». Questo passaggio, ritenuto troppo severo, è stato tagliato nel nuovo rito delle esequie. Se, infatti, anche altri episcopati nazionali avevano manifestato riserve per questo tipo di soluzione, tuttavia nessuno era arrivato a stabilire la negazione delle esequie ecclesiastiche. Quando, nel 2008 si è presentato il primo caso italiano, di fronte al rifiuto del parroco, fedele alle indicazioni del sussidio CEI, la Curia vescovile di quella diocesi è intervenuta correggendolo e affermando che «a norma del diritto canonico, "le esequie ecclesiastiche vengono celebrate per tutti i fedeli, anche coloro che hanno scelto la dispersione delle proprie ceneri, a meno che tale scelta sia stata fatta per ragioni contrarie alla fede cristiana». Più che proibire, si tratta, allora, di scoraggiare la pratica della dispersione delle ceneri e di ogni loro conservazione privata, attraverso un operazione formativa nella catechesi e nella predicazione. 8

9 Sia la dispersione che la conservazione privata risultano, infatti, poco congrue ad esprimere la pietà cristiana per i morti. La dispersione, infatti, rappresenta il simbolo dell'annullamento e del fondersi in modo definitivo nel cosmo, visione che contrasta con la fede cristiana. Circa la conservazione delle ceneri in casa privata, scelta spesso dettata da uno slancio sentimentale, va ricordato il rischio, col passare degli anni e il cambio delle generazioni, di una caduta d interesse nei confronti delle ceneri del defunto, col pericolo di finire relegate in ambienti poco rispettosi o peggio, di essere buttate vie, venendo meno la memoria delle persone. Soprattutto, con tale scelta, viene preclusa, alle persone che sono al di fuori dell ambito familiare, la possibilità di esprimere cristiana memoria nei confronti del defunto che hanno conosciuto e amato in vita. Il popolo di Dio in cammino ha bisogno di luoghi della memoria «nell'attesa che si compia la beata speranza»; e ha il compito di testimoniare il senso della solidarietà di fronte alla vita come alla morte. Tornando al Rituale, l'intero capitolo sulla cremazione si apre con una poderosa introduzione da cui emergono precise indicazioni sia di carattere teologico pastorale sia liturgico normativo. Dai principi dottrinali si passa, poi, a fornire alcune indicazioni di carattere pastorale. In particolare si mette in evidenza che la celebrazione liturgica delle esequie deve precedere la cremazione. Il rituale prevede una serie di momenti di preghiera sia al crematorio, dopo le esequie, sia per la deposizione dell'urna con le ceneri. La celebrazione delle esequie dopo la cremazione è una soluzione eccezionale, dovuta a ragioni di natura pratica come la morte all'estero e rimpatrio in urna cineraria dopo la cremazione. Per questa celebrazione va coinvolto il Vescovo diocesano, il quale deve esprimere il suo giudizio sulla opportunità o meno di celebrare le esequie, compresa la celebrazione dell'eucaristia, alla presenza dell'urna con le ceneri, tenendo conto delle circostanze concrete di ciascun caso, nel rispetto dello spirito e del contenuto delle norme canoniche e liturgiche. Nel caso di celebrazione delle esequie dopo la cremazione, durante il rito dell'ultima raccomandazione e commiato, vanno omesse l'aspersione e l'incensazione, in quanto è il corpo e non le ceneri a ricevere gli onori liturgici, essendo diventato, con il battesimo, tempio dello Spirito Santo. La personalizzazione dei funerali Nella concreta gestione del momento centrale delle esequie, con il passaggio in chiesa, (per ora nella quasi totalità dei casi, con la celebrazione eucaristica), stiamo vivendo un momento di difficoltà a causa delle più disparate richieste di segni particolari, di interventi, di musiche etc. E un fenomeno esploso in questi ultimi anni causato dal fatto che la trasformazione del modo di vivere la morte ha determinato 9

10 anche la trasformazione del modo di viverne i riti, e questo nella direzione di una progressiva domanda di personalizzazione della ritualità funebre. In questi funerali si crea, una specie di ritualità improvvisata parallela a quella ufficiale. La liturgia della Chiesa rischia di ridursi a semplice cornice cerimoniale all'interno della quale si attende il momento per intervenire in prima persona con discorsi, per ascoltare brani testuali o musicali, e anche collocare oggetti in grado di rappresentare la personalità del defunto e i sentimenti dei suoi cari. Come scrivono i vescovi nelle Premesse generali del RE, al n. 2, si tratta di evitare i due estremi: l estrema rigidità, che può apparire anche come scarsa accoglienza nei confronti delle persone, e la concessione indiscriminata di tutto ciò che viene chiesto. Scrivono i vescovi: «...accolgano volentieri quanto vi riscontrano di buono; se poi qualcosa risultasse in contrasto con i princìpi cristiani, cerchino di trasformarlo, in modo che le esequie celebrate per i cristiani esprimano la fede pasquale e manifestino uno spirito secondo il Vangelo» (RE Premesse 2). Lo spazio per un intervento di ricordo del defunto, da parte di un familiare, o comunque di uno della comunità, è già previsto dal rito: «Dopo la monizione introduttiva all ultima raccomandazione e commiato, possono essere aggiunte brevi parole di cristiano ricordo nei riguardi del defunto. Il testo sia precedentemente concordato e non sia pronunciato dall ambone. Si eviti il ricorso a testi o immagini registrati, come pure l esecuzione di canti o musiche estranei alla liturgia» (RE Precisazioni CEI 6). Altri interventi e testimonianze, preghiere di gruppi dei quali il defunto ha fatto parte, possono trovare uno spazio (anche con un maggior respiro) sia durante la veglia di preghiera che normalmente si tiene in una delle sere precedenti le esequie, sia in chiesa, una volta conclusa la celebrazione, prima della processione al cimitero, sia, infine, al cimitero prima della tumulazione. Sempre con la celebrazione eucaristica? Le richieste che arrivano in occasione della celebrazione delle esequie, aprono una riflessione anche circa il particolare tipo di assemblee che in esse si crea. Sappiamo che l'obiettivo di una pastorale dei sacramenti è sempre quello di permettere a delle persone di crescere nella fede. Così, anche nella pastorale dei funerali è necessario condurre le famiglie al cuore della fede, manifestata nella celebrazione dell'eucaristia, fonte di grazia per tutta la chiesa. Nessuno, ovviamente, mette in dubbio l'ideale della celebrazione eucaristica durante il rito delle Esequie. Non va dimenticato, però, che l'eucaristia presuppone un'assemblea di credenti. Nel contesto attuale ci troviamo, invece, di fronte a delle assemblee molto diverse e spesso poco familiari al sacramento dell'eucaristia. Tra l altro si va diffondendo l'idea che per onorare il defunto, come segno di solidarietà umana, sia giusto fare la 10

11 comunione al funerale, anche se non si è spiritualmente nelle condizioni richieste. Per cui tutti chiedono la comunione... Forse dovremmo, anche con coraggio, riconoscere che, in molti casi, non è auspicabile che questa eucaristia sia celebrata al momento delle esequie in chiesa. «Possono, (infatti) presentarsi situazioni pastorali nelle quali è opportuno, o addirittura doveroso, tralasciare la celebrazione della Messa e ordinare il rito esequiale in forma di liturgia della Parola» (RE Precisazioni CEI 2; RE 6). Si potrebbe preferire un altro tipo di celebrazione (della Parola) al momento delle esequie, dove la partecipazione è più variegata, invitando successivamente le famiglie a venire a pregare per il defunto in occasione di una messa celebrata per lui appena possibile. Promuovere nuove forme ministeriali L aspetto forse più importante che emerge da questa nuova edizione del RE è l immagine di una chiesa che tutta intera pratica l'opera della misericordia del «seppellire i morti», e accoglie ed accompagna le famiglie nel lutto. Dal momento della morte fino alla tumulazione del corpo defunto, si svolge l'incontro tra la famiglia che vive il lutto e la chiesa che annuncia la speranza della risurrezione. Questo incontro è facilitato quando dei laici disponibili e preparati accompagnano le tappe e i luoghi delle esequie, con la loro sensibilità umana e spirituale. Tutto il popolo di Dio è interpellato per dare piena dignità alla celebrazione dei funerali nelle sue diverse tappe e nei molteplici ministeri. "Ricordino tutti gli appartenenti al popolo di Dio che nella celebrazione delle esequie ognuno ha il suo compito e un ufficio particolare da svolgere: lo hanno i genitori o i familiari, gli addetti alle onoranze funebri, la comunità cristiana e tanto più il sacerdote, educatore della fede e ministro del conforto cristiano, che presiede l'azione liturgica e celebra l'eucaristia" (RE 16). In questa molteplicità e diversità di interventi di certo non sarà possibile pensare unicamente alla sistematica presenza del prete, (vista anche la difficoltà dovuta alla diminuzione numerica dei preti a fronte di un aumento di funerali, giustificato anche dal fatto che l età media della popolazione sta crescendo); ma se non può esserci sempre il prete sarà comunque presente la comunità attraverso uno o qualcuno dei suoi membri. Non si vuole diminuire l importanza del ruolo del ministro ordinato, che rimane, comunque, privilegiato; ma è necessario investire al più presto nella formazione di nuove figure ministeriali, come manifestazione della presenza di tutta la chiesa, corpo di Cristo. Già l edizione del 1974 prevedeva, la possibilità che alcune preghiere per i defunti fossero dirette da fedeli laici (RE 19). 11

12 Dietro la necessità di coinvolgere ministri non ordinati (fedeli laici, religiosi/e) nella pastorale delle esequie e dell'accompagnamento del lutto non vi sono soltanto motivazioni pratiche: più che una ministerialità clericale da delegare, si tratta qui di una ministerialità ecclesiale da valorizzare, per manifestare il mistero di Cristo e della Chiesa che accompagna e consola nel tempo del lutto. Le caratteristiche di questa nuova figura tra i ministeri di fatto presenti nelle comunità ecclesiali, che comunemente viene chiamata «ministero della consolazione», sono: capacità di presiedere un rito e farne comprendere il significato; paziente capacità di ascolto (i familiari potrebbero aver bisogno di sfogare pensieri e sentimenti che nella quotidianità vengono repressi); conoscenza almeno minima delle dinamiche psicologiche dell'uomo di fronte alla morte, per affrontare le situazioni disparate di sofferenza con cui si incontrerà; soprattutto una profonda umiltà e intensa capacità di amare quanti incontra nell'esercizio del suo ministero. La nostra Diocesi ha già realizzato una prima esperienza formativa con una sessantina di partecipanti (con presenza di laici, religiosi e preti). Sarà necessario ripetere e rafforzare questo progetto, magari allargandolo alle diverse zone pastorali della diocesi. I momenti in cui queste ministerialità laicali specifiche possono essere valorizzate sono: 1) la visita in famiglia, (cf RE, Presentazione CEI, 5; Premesse, 19). 2) La chiusura della bara dove, oltre alla guida di un laico idoneo, è prevista anche la possibilità di affidare la presidenza ad un familiare debitamente preparato (RE 42). 3) La veglia. 4) La processione al cimitero (quando è fattibile) ma soprattutto la preghiera che accompagna il momento della sepoltura o tumulazione. 5) Anche nel caso della cremazione, si può incaricare un laico per l accompagnamento, dopo le esequie, al crematorio (là dove è possibile ed è consuetudine), e al momento della deposizione dell urna al cimitero, per la preghiera di benedizione del sepolcro. Anche qui possono essere gli stessi familiari o gli amici ad accompagnare questo ultimo atto con la preghiera cristiana. (RE, Appendice, Indicazioni pastorali 167, 5/6). Conclusione Se lo stoico greco Pericle sentenziava: «Si giudica un popolo dal modo in cui seppellisce i propri morti», possiamo altrettanto affermare che si giudica una comunità cristiana dal modo in cui celebra i funerali dei propri morti celebrando la speranza pasquale. Il Rito delle esequie che oggi viene posto nelle nostre mani, può contribuire ad umanizzare il momento della morte, sottraendolo alla sua invisibilità e alla sua 12

13 individualità, quando non alla sua spettacolarizzazione. Grazie alla liturgia ritroviamo una grammatica e una sintassi in grado di dar voce alla morte, anzi di farne una parola che interpella la vita di tutti. Il Rito delle esequie intende risvegliare la competenza rituale delle nostre assemblee, la differenziazione ministeriale e una pratica celebrativa raffinata che sappia utilizzare testi di preghiera e gesti con sapienza e maestria, per far gustare, anche «in hora mortis nostrae», i cieli nuovi e la terra nuova che ci attendono (2Pt 3,13) in comunione con l evento pasquale di Cristo che risplende nella carne dell uomo che muore. don Pierangelo Ruaro 13

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