FETAL CARE TEAM FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA LAUREA SPECIALISTICA DELLE PROFESSIONI SANITARIE INFERMIERISTICHE E OSTETRICHE TESI.

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1 FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA LAUREA SPECIALISTICA DELLE PROFESSIONI SANITARIE INFERMIERISTICHE E OSTETRICHE TESI FETAL CARE TEAM Relatore: Chiar.mo Prof./Dott. Michele Morelli Candidata: Anna Romano Matricola: Anno Accademico

2 U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I M A G N A G R A E C I A D I C A T A N Z A R O FETAL CARE TEAM A N N A R O M A N O 2

3 Sommario PREFAZIONE... 3 DIAGNOSI PRENATALE... 5 Amniocentesi... 5 Prelievo dei villi coriali... 8 L'età Materna Lo screening Biochimico Ecografia del primo trimestre Lo screening combinato del primo trimestre (ULTRASCREEN )15 Lo Screening del Secondo Trimestre L'ecografia Morfologica LA MEDICINA MATERNO-FETALE La medicina fetale Il feto come paziente Relazione madre- bambino Il counseling e le tecniche di diagnosi prenatale non-invasiva34 Il counseling e le tecniche di diagnosi prenatale invasiva PERCORSO ASSISTENZIALE SISTEMATICO IL COUNSELING RUOLO DELL OSTETRICA NEL TEAMWORK BIBLIOGRAFIA

4 Fetal care team PREFAZIONE Questo lavoro rappresenta la base scientifica di un progetto interdisciplinare e interdipartimentale che vede la collaborazione di diverse figure professionali sia ospedaliere che universitarie che operano nel settore sanitario calabrese. Il progetto denominato fetal care team si ispira ai già ben consolidati centri statunitensi di accoglienza per la gestione materno-fetale. Da alcuni anni si sente l esigenza di elaborare dei percorsi assistenziali sistematici per alcune emergenze-urgenze, questa esigenza è sentita anche nei confronti di un paziente nuovo: il feto. Da quando con l avvento della diagnostica prenatale si sono potute rilevare in utero molte patologie fetali, sconvolgendo la fetal privacy,si è anche potuto meglio capire e studiare la fisiopatologia e quindi la storia naturale di molte patologie malformative; questa è stata al contempo la base di partenza per la nascita della chirurgia fetale, il cui presupposto esistenziale è appunto rappresentato dalla possibilità di cambiare la storia naturale delle malattie. La figura dell ostetrica, che da sempre accompagna la donna nel suo percorso fisiologico, può quindi trovarsi ad accompagnare la donna in un percorso molto più impegnativo e complesso che è quello della gravidanza con diagnostica prenatale di patologia fetale è potrà quindi trovarsi di fronte alla problematica della interruzione volontaria di gravidanza terapeutica. Il lavoro ripercorre tutte le possibili indagini diagnostiche prenatali, le attuali problematiche biologiche ed etiche della medicina fetale, la necessità del counseling, la figura del counselor, l istituzione dell unità di cura fetale, il ruolo dell ostetrica nell unità di cura fetale, la revisione della letteratura internazionale In conclusione è stato proposto anche in Calabria una formula assistenziale innovativa dedicata al neonato dove convergano le eccellenze professionali e tecnologiche, dove le competenze sia mediche che chirurgiche lavorino in stretta collaborazione. 3

5 Vogliamo che il dipartimento diventi un punto di riferimento per molti ostetrici/ginecologici del territorio che si trovano di fronte ad un sospetto di anomalia fetale. In questo contesto l assistenza clinica non verrà mai separata dal supporto alle famiglie, attraverso una coordinata e sistematica attività di counseling, senza tralasciare gli aspetti psico-relazionali dell assistenza al neonato e alla famiglia.. Particolare attenzione verrà infine posta anche alla cultura della accoglienza, del rapporto umano con i genitori e alla necessità di una comunicazione trasparente di tutti coloro che entreranno a far parte di questo piano di prise en charge e in questo contesto l ostetrica rappresenta la figura di congiungimento tra le competenze mediche e la coppia che affronta il viaggio di una gravidanza con diagnosi di patologia fetale. 4

6 Fetal care team DIAGNOSI PRENATALE Accesso alla diagnosi prenatale: quale lo scenario attuale? DM 10\9,1998, GU n. 245, 20 ottobre 1998 Anomalie cromosomiche (amniocentesi, villocentesi) Età materna avanzata (35 +) Precedente figlio con cromosomopatia Genitore portatore di cromosomopatia Malformazioni evidenziate ecograficamente Positività a test di screening (per valori di rischio >1\250) Anomalie strutturali (ecografia) Esame nel 1^ trim Esame nel 2^ trim (cd. ecografia morfologica ) Esame nel 3^ trim Metodi di (ri)calcolo del rischio di anomalia cromosomica fetale Triplo test (estriolo+alfafp+hcg) Quadruplo test (triplo test+inibina) Translucenza nucale (NT) Bitest (free-betahcg+papp-a) Test combinato (bitest+nt) Test integrato (NT, PAPP-A+quadruplo test) Test integrato biochimico (PAPP-A+quadruplo test) Amniocentesi Con il termine amniocentesi si intende il prelievo di liquido amniotico che viene effettuato, per via transaddominale, con un sottile ago, sotto controllo ecografico. 5

7 Tale liquido contiene in sospensione alcune cellule fetali ed alla fine degli anni 60 fu dimostrata la possibilità di coltivare, cioè di fare crescere in vitro, tali cellule che possono così essere studiate. Nel liquido amniotico sono inoltre presenti alcune sostanze che possono essere dosate ed analizzate per particolari indicazioni. Indicazioni all'amniocentesi L'indicazione principale all'amniocentesi è rappresentata dallo studio dei cromosomi fetali. Questi sono presenti nelle cellule del nostro organismo nel numero di 46 o, per meglio dire, di 23 coppie di cromosomi omologhi che derivano in parti uguali dal padre e dalla madre. I cromosomi possono presentare delle anomalie di numero o struttura, vi possono cioe essere cromosomi in più o in meno, oppure con delle anomalie di struttura. Il caso più frequente e conosciuto è la Sindrome di Down L'incidenza di anomalie dei cromosomi aumenta in parallelo con l'età materna, ma anche nelle donne giovani si possono avere casi di anomalie. Ad esempio se la madre ha 20 anni le probabilità che nasca un bimbo Down sono di 1 : 1.105; se ha 30 anni 1 : 723; se ne ha 40 1 : 92. Il rischio complessivo per anomalie dei cromosomi è invece all'incirca il doppio. La diagnosi viene fatta attraverso la coltura e lo studio delle cellule fetali presenti nel liquido amniotico. Si possono inoltre valutare sostanze presenti nel liquido che possono consentire la diagnosi di alcune malattie come i difetti del tubo neurale, le anomalie del metabolismo, etc.. Tramite le più recenti tecniche di biologia molecolare (PCR), può essere e- seguita l'analisi diretta di frammenti di DNA per la diagnosi di svariate malattie genetiche quali la talassemia, la fibrosi cistica, i deficit metabolici. Con la stessa metodica è possibile inoltre ricercare la presenza di frammenti di DNA di agenti infettivi, segno di possibile infezione fetale nei casi di Toxoplasmosi, Virus Citomegalico, Rosolia, etc... 6

8 Fetal care team Come si esegue Il prelievo di liquido amniotico viene effettuato per via transaddominale. Viene eseguito preliminarmente un esame ecografico per confermare l'epoca gestazionale, il numero dei feti, la vitalità e la morfologia di questi, la quantità di liquido amniotico e la localizzazione placentare. Tutta la procedura viene eseguita sotto controllo ecografico per diminuire i rischi di fallimento della procedura o di danni occasionali al feto che in questo modo sono rarissimi. Una volta giunti in cavità si aspirano 15 cc di liquido amniotico che vengono inviati al laboratorio con le indicazioni del caso. Nelle gravidanze gemellari, in presenza di due diversi sacchi amniotici, la procedura è sostanzialmente la stessa, ma l'operatore esperto è generalmente in grado di eseguire entrambi i prelievi con un'unica inserzione attraversando le membrane che dividono i gemelli. Ciò naturalmente riduce il rischio di aborto perchè si effettua una sola puntura dell'utero. Il liquido amniotico è formato prevalentemente da urina fetale e viene, quindi, nuovamente reintegrato in tempi rapidi. Epoca di esecuzione l'esame viene generalmente eseguito a partire dalla 15 settimana di gestazione. Si ritiene che questo sia il periodo ideale, sia per la presenze di una quantità ottimale di liquido amniotico, che per il riscontro di minori fallimenti colturali dovuti all'elevato numero di cellule fetali presenti nel liquido in quest'epoca. L'amniocentesi può comunque essere eseguita sino al termine della gravidanza. Il miglioramento delle tecniche di prelievo e di laboratorio consente di eseguire l'esame anche più precocemente, a partire dalla dodicesima settimana, ma ciò comporta un aumento del rischio di aborto e di fallimento della coltura cellulare. Rischi dell'amniocentesi il rischio di aborto viene generalmente quantificato nello 0,5-0,7%, cioè un caso ogni procedure. Il rischio è legato soprattutto alla rottura delle membrane che può occorrere entro 2-3 giorni dall'esame. Tale rottura appare legata principalmente ad una intrinseca fragilità delle membrane oppure ad infezioni latenti che si riaccen- 7

9 dono con il trauma del prelievo. Qualora il primo tentativo di prelievo non avesse successo è possibile introdurre nuovamente l'ago ma ciò naturalmente aumenta i rischi. Altre possibili complicanze sono le infezioni (amniotiti), lo scolo intermittente di liquido ed i danni fetali (eccezionali). Nonostante l'apparente semplicità dell'esame l'incidenza di aborto e complicanze è strettamente legata alla capacità ed all'esperienza dell'operatore ed il rischio può tranquillamente essere ridotto od aumentato in modo significativo. Noi consigliamo di assumere, dal giorno precedente l'esame, un blando tocolitico per ridurre l'eventuale insorgenza di contrazioni uterine, e di rimanere a riposo a casa per 2-3 giorni. E' sconsigliabile praticare l'esame in presenza di febbre della madre ed in alcuni particolari casi di minaccia di aborto. Nel caso di madre Rh negativa è opportuno eseguire dopo l'amniocentesi l'immunoprofilassi anti-d per prevenire la possibile formazione di anticorpi anti Rh. Esito dell'esame lo studio della mappa cromosomica fetale richiede circa giorni, la maggior parte dei quali serve per la coltura cellulare. E' possibile talora che le cellule messe in coltura non crescano adeguatamente; si parla in questo caso di fallimento della coltura. Questa evenienza, estremamente rara e quantizzabile all'incirca nello 0,5 % dei casi, richiede un nuovo prelievo di liquido per allestire altre colture. La sicurezza diagnostica dell'esame è molto elevata e gli errori sono assolutamente eccezionali se il genetista ha un'esperienza adeguata. Nel caso in cui invece si ricerchino agenti infettivi, malattie genetiche o metaboliche, il tempo necessario per la diagnosi è compreso fra i 10 e i 15 giorni. Prelievo dei villi coriali Il prelievo dei villi coriali consiste in un prelievo di tessuto placentare. Tale struttura deriva dallo stesso uovo fecondato che si differenzia in embrione, placenta e membrane. Il patrimonio genetico contenuto nelle cellule placentari è quindi identico a quello dell'embrione e può essere utilizzato per gli stessi scopi dell'amniocentesi. Come si esegue 8

10 Fetal care team L'esame viene eseguito sotto controllo ecografico, per via transaddominale, e prevede che il sottile ago sia spinto lungo la placenta, parallelamente alle membrane per minimizzare il rischio di perforazioni, e quindi si aspirino i villi con un ripetuto movimento di va e vieni. Il materiale aspirato viene subito posto in una capsula sterile per valutarne la quantità e, qualora questa sia insufficiente, si procede ad una seconda aspirazione (eventualità rarissima). Epoca di esecuzione Il prelievo dei villi coriali trova largo impiego per la precocità della sua esecuzione, e ciò rappresenta evidentemente un grande vantaggio per la gestione del caso, soprattutto in presenza di patologie. Abitualmente viene effettuato a partire dalla 11 settimana di gestazione, ma può trovare la sua applicazione fino al termine della gravidanza. In rari casi la posizione della placenta rende possibile l'esecuzione dell'esame solo in epoca più tardiva (utero retroversoflesso). Rischi della tecnica Come per l'amniocentesi non esistono rischi materni. Per quanto riguarda il rischio di aborto correlato alla procedura, sulla base dei dati più recenti sembra attestarsi attorno allo 0,7-1%. Più tardivamente viene eseguita la villocentesi, minore sarà il rischio, infatti dopo le 12 settimane i rischi sono veramente bassissimi, probabilmente inferiori a quelli dell'amniocentesi. In realtà il prelievo dei villi coriali è senza dubbio una tecnica che richiede esperienza ed abilità maggiori rispetto all'amniocentesi, e ciò appare evidente se si considera l'enorme differenza nelle dimensioni dei due bersagli (placenta- liquido amniotico). Quindi i risultati ed i rischi sono sensibilmente diversi a seconda dell'esperienza e della manualità dell'operatore. Per quanto riguarda le sporadiche segnalazioni registrate in passato a proposito di possibili malformazioni fetali correlate alla procedura, bisogna chiarire che l'organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che tale perico- 9

11 lo non sussiste qualora l'esame venga eseguito da un operatore esperto dopo la 10 settimana di gestazione. Indicazioni Le indicazioni più frequenti sono l'analisi citogenetica e l'analisi del DNA fetale. Per quanto riguarda la prima indicazione, le tecniche di laboratorio oggi ci offrono un e- levatissimo standard di sicurezza diagnostica e la necessità di procedere alla rivalutazione del cariotipo su liquido amniotico è pressoché inesistente. Con il materiale prelevato si allestiscono due colture cellulari, la prima delle quali ci consente di avere, dopo soli tre giorni, un risultato preliminare che ha una attendibilità del 95%. A distanza di qualche altro giorno avremo il risultato definitivo, con un rischio di fallimento colturale inferiore all'1% e paragonabile, quindi, a quello dell'amniocentesi. Per quanto riguarda l'analisi del DNA le principali indicazioni, come per l'amniocentesi, sono Emoglobinopatie Fibrosi cistica Malattia di Duchenne X-fragile accertamento di paternità e moltissime altre, più rare,indicazioni per le quali si rimanda ai trattati specifici. In questi casi i tempi diagnostici possono variare fra 7-15 gg. Precauzioni Come per tutte le procedure invasive l'utilizzo di antispastici, progesterone o tocolitici può essere indicato a partire dal giorno precedente il prelievo e fino a tre o quattro giorni dopo la sua esecuzione. E' inoltre sconsigliato eseguire l'esame se sono in corso episodi febbrili o minacce d'aborto. 10

12 Fetal care team In caso di madre con emogruppo negativo è consigliata l'esecuzione dell'immunoprofilassi anti-d. Figura 1: amniocentesi Figura 2: villocentesi L'età Materna La scoperta che le donne più anziane hanno un rischio maggiore di partorire un bimbo affetto da anomalie cromosomiche, come ad esempio il Mongolismo, è stata fatta da Langdon Down (da qui il nome di Sindrome di Down) nel lontano L'amniocentesi fu quindi consigliata a tutte le donne dai 35 anni in su per cercare di individuare i casi anomali. L'esperienza ha mostrato che in questo modo si utilizza un metodo scarsamente efficace, costoso e con un, seppur basso, rischio di aborto. Infatti se sottoponessimo a diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi o prelievo dei villi coriali) tutte le donne di 35 o più anni individueremmo il 50% circa dei feti Down, praticando però la diagnosi prenatale invasiva sul 15% circa di tutte le gravidanze! Se sottoponessimo a diagnosi prenatale, invece, solo il 5% (e questo numero è importante per comprendere i passaggi successivi) delle gravide a rischio maggiore, cioè quelle di 39 o più anni, individueremmo solo il 30% dei feti Down. Ciò dimostra che basarsi solo sull'età materna per individuare i casi a rischio è veramente poco efficace, perché se è vero che il rischio aumenta con il crescere dell'età materna, è altrettanto vero che il numero di donne giovani che partoriscono è ovviamente molto maggiore e queste pazienti, considerate giustamente ma genericamente a basso rischio, non avevano 11

13 alcuna possibilità di sapere che il loro feto era affetto da una anomalia dei cromosomi. Lo screening Biochimico Sin dalla fine degli anni 80 fu scoperta la possibilità di affinare il calcolo del rischio che il feto fosse affetto da una anomalia dei cromosomi, o da difetti di chiusura della colonna vertebrale come la spina bifida. Il calcolo si effettua dosando, nel sangue materno, delle sostanze (HCG, alfafetoproteina, estriolo non coniugato) prodotte dal feto e dalla placenta. Unendo questi dati al rischio di partenza legato all'età materna si può individuare circa il 60% dei Down mettendo in allarme il 5% di tutte le pazienti; si individua, quindi, un gruppo di pazienti a rischio più elevato, il che consente di individuare un numero maggiore di feti affetti dalla patologia con un minor numero di falsi allarmi. Questo test di screening (dalla parola inglese che significa ricerca: ricerca dei casi anomali nel nostro caso), detto TRI-TEST, ha rappresentato per molti anni il meglio che si potesse offrire alle pazienti. Successivamente si è visto che dosando la frazione libera beta della HCG (Free-Beta HCG), al posto della HCG intera e dell'estriolo non coniugato, il test dava risultati migliori individuando così il 70% dei Down sempre con un 5% di pazienti messe in allarme e sottoposte a diagnosi prenatale (falsi positivi). La scoperta della Free-Beta HCG come miglior marcatore del rischio per S. di Down fu merito dei Laboratori NTD di New York, ed il test può essere detto DUO- TEST. Nel corso degli anni 90 la ricerca ha fatto ulteriori progressi, anche per venire incontro alla sempre crescente richiesta di tests più precoci per potere individuare i casi a rischio nel corso del terzo mese e ottenere rapidamente la diagnosi certa con il prelievo dei villi coriali. Ulteriori ricerche hanno quindi consentito di individuare degli indicatori precoci di rischio (markers) di cromosomopatie. Come per lo screening del secondo trimestre anche in questo caso vengono dosate, dalla nona alla quattordicesima settimana di gravidanza, delle sostanze presenti nel sangue materno. Si è così confermata la validità della Free-Beta HCG anche nel primo trimestre di gravidanza, e si è scoperto che la Pregnancy Associated Plasma Protein A (PAPP-A) è anch'essa un utile indicatore precoce del rischio. La concentrazione di tali sostanze nel sangue 12

14 Fetal care team materno subisce delle variazioni nella maggior parte dei casi di anomalie dei cromosomi e ciò, prendendo in esame anche l'età materna, consente di effettuare il calcolo del rischio individuale. Grazie a tale esame siamo in condizione di individuare il 65% delle anomalie sin dal terzo mese di gravidanza con un 5% di falsi positivi. Tale dato è quindi sovrapponibile a quello ottenuto nel secondo trimestre, ma appare evidente il vantaggio di anticipare di almeno un mese la valutazione del rischio grazie allo screening biochimico del primo trimestre. LO SCREENING ECOGRAFICO (TRASLUCENZA NUCALE) Nello stesso periodo è stato introdotto nella pratica clinica lo screening delle aneuploidie realizzato tramite la misurazione ecografica della Nuchal Translucency (N.T.), o traslucenza nucale. La traslucenza nucale è una piccola raccolta di liquido che si trova sotto la pelle della zona cervico-dorsale in tutti gli embrioni fra le 10 e le 14 settimane di gravidanza. Le ragioni della presenza di tale falda liquida non sono ancora ben chiare, ma si è visto che in presenza di un aumento dello spessore della traslucenza cresce anche il rischio che il feto sia affetto da alcune patologie congenite quali le cromosomopatie, le cardiopatie ed altre sindromi genetiche o malformative. Le ipotesi patogenetiche prevalenti riguardano difetti di funzionamento, o di struttura, dell'apparato cardiovascolare o linfatico. Lo spessore della traslucenza aumenta con l'età gestazionale, quindi per la sua valutazione non si può prescindere da una accurata datazione ecografica della gravidanza, dato anche che questo indicatore di rischio (marker) ha significatività statistica solamente da 11,4 a 14,0 settimane. L'esame è ugualmente accurato anche nelle gravidanze plurime, dato che il calcolo del rischio viene effettuato per ogni embrione singolarmente. Un accurato esame e- cografico a settimane, inoltre, consente la diagnosi di svariate anomalie strutturali del feto in epoca precoce. Il gruppo del Prof. Nicolaides di Londra ha promosso un progetto internazionale, gestito dalla Fetal Medicine Foundation, per la valutazione multicentrica della traslucenza. Tale studio, che si basa su gravidanze concluse, ha inequivocabilmente dimostrato come questo marker sia in grado di identificare il 75% circa dei casi di 13

15 Sindrome di Down, mettendo sempre in allarme il 5% delle pazienti sottoposte al test, a patto che ci si attenga rigidamente alle regole di misurazione della traslucenza indicate nelle linee guida suggerite dalla Fetal Medicine Foundation. L'importanza di ciò è stata dimostrata da diverse pubblicazioni che hanno evidenziato un aumento della capacità di individuazione dei casi di trisomia 21, che passa dal 30 all'84% dopo avere modificato la tecnica di misura della traslucenza, adeguandosi al protocollo della Fetal Medicine Foundation. La misurazione della Traslucenza Nucale deve essere eseguita in modo preciso ed uniforme da chiunque voglia utilizzare tale strumento di screening e l'operatore deve ricevere una certificazione che dimostri il corretto apprendimento di tali regole ed impiegare un ecografo di elevata qualità per potere ottenere dei risultati validi. Si raccomanda alle pazienti di assicurarsi che chi esegue tale particolare ecografia sia in possesso di tale certificazione. Nel frattempo sono stati studiati altri parametri di rischio ecografico per la S. di Down che potrebbero migliorare l'efficienza dello screening del primo trimestre: i principali sono i nuclei di ossificazione del naso, il dotto venoso, il rigurgito della valvola tricuspide. Si tratta, però, di marcatori di rischio ancora oggetto di studio e conferma scientifica, tranne l'osso nasale che è ormai abbastanza sperimentato, che richiedono particolari capacità ed esperienza specifica dell'ecografista ed ecografi di livello elevatissimo. Per quanto riguarda l'osso nasale (NB), la Fetal Medicine Foundation ha messo in evidenza nel 2001 l'associazione della S. di Down con l'assenza/ipoplasia dell'osso nasale: nel 70% circa dei feti affetti dalla S. di Down al controllo ecografico dall'11 alla 14 settimana l'osso nasale non era visibile. Diverse pubblicazioni successive hanno confermato questo dato, seppur riducendone in parte l'efficacia, mentre altri autori hanno criticato l'utilizzo di questo marker perché poco significativo e poco attendibile. Bisogna infatti rilevare che l'osservazione dell'osso nasale è sensibilmente più difficile rispetto alla misurazione della NT e richiede ancor di più operatori specificamente addestrati ed ecografi di qualità elevata. Includendo l'osservazione dell'osso nasale nello screening del primo trimestre si migliora l'efficacia del test che consentirebbe di individuare più del 90% degli affetti da S. di Down abbassando il numero dei falsi positivi, cioè degli allarmi inutili, al di sotto del 5%. Si 14

16 Fetal care team tratta di un segno ecografico di interpretazione molto difficile e che richiede una ulteriore certificazione da parte della Fetal Medicine Foundation. Ecografia del primo trimestre Proprio grazie alla misurazione della traslucenza nucale si è sviluppato, nell' ultimo decennio, un grande interesse attorno al controllo ecografico delle settimane che è divenuto di grande importanza. Ci si è, infatti, resi conto che il progredire dell'esperienza degli operatori ed il continuo miglioramento della qualità degli ecografi consente oggi di studiare, già nel primo trimestre di gravidanza, buona parte dell'anatomia fetale. Si vedono distintamente gli arti superiori ed inferiori, spesso si possono contare le dita delle mani, il profilo fetale, la chiusura della parete addominale, lo stomaco, la vescica, i vasi del cordone ombelicale ed alcune altre strutture fetali. I migliori ecografi consentono inoltre, in molti casi, di iniziare a guardare dentro il cuore fetale per ricavarne delle immagini che, spesso, permettono una prima verifica delle camere e dei flussi cardiaci E' anche possibile osservare il feto in 4D e rimanere spesso stupiti dalle immagini che ci mostrano i movimenti ed i comportamenti del bimbo all'interno dell'utero Lo screening combinato del primo trimestre (ULTRASCREEN ) Nel 1995 il Centro di Diagnosi Prenatale di Palermo, in collaborazione con i Laboratori NTD di New York leader nel settore degli screening prenatali, ha intuito la potenzialità derivante dalla possibile integrazione dei due metodi di screening sopradescritti. Infatti lo screening biochimico e quello ecografico si basano su elementi fra loro indipendenti, quindi possono essere utilizzati insieme aumentando la capacità di individuazione delle anomalie e diminuendo la percentuale dei falsi positivi. E' stato così messo a punto un programma computerizzato che consente l'integrazione dei dati relativi alla biochimica, alla misurazione della traslucenza nucale ed all'età materna, ottenendo quello che da molti anni, ed ancora oggi, è il miglior metodo di ricerca dei casi a rischio per le anomalie dei cromosomi. 15

17 L'ultrascreen si basa su una particolare tecnologia, detta "dried blood" cioè sangue asciutto, che prevede che le gocce di sangue vengano raccolte su una speciale carta da filtro in analogia a quanto già fatto per gli screening neonatali per le malattie metaboliche, lasciandole poi essiccare all'aria per almeno un'ora. In tutti i protocolli di screening prenatale l'integrità del campione ematico è essenziale per l'accuratezza del risultato e ciò è ancora più importante nel caso della Free- Beta, che si altera con grande facilità e rapidità. E' stato dimostrato che la quantità misurabile di Free-Beta HCG in un campione di sangue intero aumenta in modo esponenziale in base alla temperatura ed al tempo trascorso fra il prelievo ed il momento del dosaggio. Diversi lavori scientifici hanno evidenziato che a 3 gradi non vi sono variazioni significative, mentre a 20 gradi la Free-Beta aumenta del 20% ed a 30 gradi l'aumento è superiore al 100%. Il dato che la Free-Beta aumenti in campioni di sangue non adeguatamente refrigerati è legato alla spontanea scissione della molecola di HCG intera nelle due catene che la compongono, Alfa e Beta HCG. Tale osservazione è di primaria importanza per comprendere perché la tecnologia delle dried spots sia importante per l'attendibilità dello screening. L'elevarsi della quantità di Free- Beta HCG, infatti, aumenta in modo sostanziale la percentuale di falsi positivi, dato che maggiore è la concentrazione di Free-Beta maggiore è il rischio statistico per la S. di Down. Se il campione ematico viene invece analizzato subito o conservato su carta bibula non vi è alcuna alterazione nella quantità della Free-Beta. Infine l'uso del dried blood riduce il rischio di contaminazione del personale e consente la spedizione dei campioni anche da zone o paesi lontani. La validità dello screening combinato del primo trimestre eseguito con la tecnologia delle dried blood è inoltre convalidata dal suo impiego in più di pazienti in svariati paesi del mondo. L'ultrascreen consente infatti di individuare il 90% dei casi di anomalie dei cromosomi (Trisomia 21, Trisomia 18, Tris. 13, S. di Turner, et al...) con un 5% di falsi positivi e tali dati sono confermati da numerose pubblicazioni internazionali, (Obstet. Gynecol. 96, ,2000), basata su più di pazienti. Vi sono anche altri studi, fra cui quello del gruppo di Londra del Prof. Nicolaides, che confermano l'elevata percentuale di individuazione dello screening combinato del 16

18 Fetal care team primo trimestre (90% anche nella loro esperienza). I risultati forniti da questi studi e- videnziano come, effettuando sempre lo stesso numero di diagnosi prenatali invasive (5%), se utilizzassimo come criterio di selezione l'età materna individueremmo meno del 30% dei Down, con lo screening del secondo trimestre troveremmo dal 60% al 70% dei Down e con lo screening combinato del primo trimestre il 90%. Il gruppo di Palermo ha recentemente introdotto la possibilità, in alternativa alla tecnica tradizionale delle "dried spot" che richiede ore per lo studio biochimico, di dosare Free-Beta HCG e PAPP-A anche sul sangue liquido immediatamente dopo il prelievo utilizzando Il DELFIA-EXPRESS, strumento di precisione prodotto dalla Perkin Elmer. Questo strumento consente alla paziente di ottenere il risultato dell'analisi biochimica in 30 minuti circa, e quindi di ricevere immediatamente il risultato completo dello screening del primo trimestre e di discuterlo con i medici del Centro. In conclusione lo Screening Combinato del primo trimestre (ULTRASCREEN ), ha una D.E. maggiore rispetto a tutti gli altri metodi sin qui utilizzati e presenta evidenti e rilevanti vantaggi legati alla precocità della diagnosi. Questo metodo è infatti l'unico che consente di effettuare, nei casi a rischio, la diagnosi prenatale, tramite il prelievo dei villi coriali, giungendo alla diagnosi entro i 90 giorni (termine ultimo di legge per l'interruzione volontaria della gravidanza). CHI DEVE SOTTOPORSI ALL' ULTRASCREEN? L'esame è in grado di fornire informazioni utili a tutte le donne, quindi è consigliabile a chiunque sia in gravidanza indipendentemente dall'età, come già spiegato in precedenza. Un discorso a parte deve essere fatto per le donne di 35 o più anni che hanno un rischio di partenza più elevato. In questi casi si consiglia generalmente la diagnosi prenatale che è ovviamente in grado di individuare tutti gli anomali. La diagnosi prenatale tramite la villocentesi o l'amniocentesi presenta però una piccola quota di rischio di aborto, e non tutte le donne quindi desiderano sottoporsi a queste procedure. In 17

19 questi casi l'ultrascreen può rivelarsi un validissimo aiuto per selezionare le pazienti a rischio maggiore. Dobbiamo comunque ribadire che non tutti i casi anomali possono essere individuati e che quindi, nelle donne over 35, la decisione deve probabilmente essere lasciata in definitiva alla paziente stessa. Bisogna ricordare che lo screening del primo trimestre nelle pazienti over 35 consente l'individuazione del 90% dei casi anomali riducendo però del 75% il numero di diagnosi prenatali. Un numero sempre crescente di madri over 35 richiede, quindi, lo screening combinato per decidere se sottoporsi a procedure invasive. Lo screening del primo trimestre è inoltre particolarmente utile per le pazienti che si sono sottoposte a fecondazione assistita, che sono ovviamente piuttosto restie a sottoporsi a procedure invasive di diagnosi prenatale. In queste pazienti l' l'ultrascreen si dimostra uno strumento di grande efficacia. Quando si esegue l'ultrascreen? L'esame può essere eseguito da 9,0 a 13,6 settimane di gravidanza per la parte biochimica e da 11,4 a 13,6 settimane per la parte ecografica. Il prelievo di sangue e l'ecografia possono anche essere eseguiti in due momenti differenti, purchè compresi nell'epoca idonea. In linea di massima comunque è più semplice sottoporsi ad entrambe le valutazioni nello stesso momento. Se si è superato il periodo di 13,6 settimane si può utilizzare lo screening del secondo trimestre. Cosa fare se il rischio risulta aumentato? Bisogna ricordare che se il risultato del test non è nella norma, ciò suggerisce solamente l'opportunità di indagare in modo più approfondito con altri esami, come la diagnosi prenatale invasiva, e non significa necessariamente che il bambino abbia dei problemi. E' possibile ricorrere al prelievo dei villi coriali da 12 a 14 settimane, dopo tale epoca è consigliabile eseguire l'amniocentesi. Se la traslucenza nucale è particolarmente elevata ed i cromosomi del feto sono normali è consigliabile eseguire un'ecocardiografia fetale attorno alle 20 settimane dato 18

20 Fetal care team che, come già detto in precedenza, questo segno può essere un campanello d'allarme per patologie cardiache. Lo Screening del Secondo Trimestre Nel sangue della gravida sono presenti alcune sostanze che derivano dalla placenta o dal feto. Alcune di queste sostanze sono presenti in quantità alterate qualora il feto sia affetto da una anomalia dei cromosomi come la S. di Down o la Trisomia 18. Per potere quindi effettuare il calcolo delle probabilità che il feto possa essere affetto da una di tali anomalie bisogna dosare queste sostanze nel sangue materno. E' inoltre necessaria una accurata ecografia per accertare l'epoca gestazionale, dato che la concentrazione di tali sostanze varia con il progredire della gravidanza. Le sostanze che si sono rivelate utili sono l'alfa-feto proteina, prodotta dal feto ed utile anche per la ricerca dei difetti di chiusura del tubo neurale, l'hcg intera e l'estriolo non coniugato. In questo caso il test si definisce Tri-Test;, qualora invece si utilizzino soltanto l'alfa-feto proteina e la frazione libera Beta dell'hcg il test si chiama Duo-Test. L'esame viene eseguito dalla quattordicesima settimana in avanti ed è in grado di individuare il 60% degli anomali (Tri-Test), o il 70% nel caso del Duo-Test, con un 5% di falsi positivi, cioè di casi da considerare a rischio elevato in cui invece il feto è sano. La validità dell'esame è fortemente legata all'esecuzione del test biochimico e dovrebbe rispondere a precisi requisiti di qualità che purtroppo non sempre vengono rispettati. L'ecografia Morfologica Viene eseguita dalla ventesima alla ventitreesima settimana di gestazione ed è, assieme all'ecografia del primo trimestre, il controllo più importante e complesso di tutta la gravidanza. Questa ecografia viene detta morfologica appunto perché è destinata a studiare la morfologia del feto per escludere, o accertare, la presenza di malformazioni. 19

21 La si esegue in questo periodo specifico per due ragioni: Il feto è nelle migliori condizioni per essere studiato, in quanto il rapporto fra le dimensioni del feto e la quantità di liquido amniotico è ottimale. Dopo tale epoca la Legge non permette l'interruzione della gravidanza anche se il feto fosse affetto da gravi malformazioni. L'ecografia morfologica a fini puramente conoscitivi può essere eseguita anche più tardivamente ed è comunque utile. Qualora infatti si identificassero patologie malformative potrebbe risultare determinante fare nascere il bambino in strutture particolarmente attrezzate allo scopo. E' ben noto infatti che le prime ore di vita e le prime cure sono spesso determinanti per il destino del bambino. Si segnala però che con l'avanzare della gestazione (dopo le 26 settimane) il feto si esplora con sempre maggiore difficoltà. L'ecografia morfologica prevede la valutazione delle dimensioni del feto (biometria fetale), dell'impianto e della struttura della placenta, della quantità di liquido amniotico, del collo dell'utero, ma fornisce soprattutto uno studio analitico di tutti i distretti anatomici esplorabili nel feto. L'ecografista osserva il feto con la maggiore attenzione possibile, visualizzando anche gli organi interni. Di norma vengono studiate le seguenti strutture: cervello con misurazione dei ventricoli laterali, del cervelletto e della cisterna magna faccia con osservazione del profilo, delle labbra e delle lenti del cristallino oculare colonna vertebrale in sezione longitudinale e trasversale torace con osservazione del parenchima polmonare e della posizione del cuore cuore con studio delle 4 camere cardiache, dell'arco aortico, dell'emergenza dei grossi vasi (assi lunghi), della sezione dei vasi, della frequenza e ritmicità del battito cardiaco fetale. Viene inoltre esaminato il flusso del sangue con il 20

22 Fetal care team color doppler che consente di individuare con più facilità eventuali difetti interventricolari o di riempimento. Nel caso in cui si riscontrano anomalie o vi sono dei dubbi è opportuno ricorrere all' ecocardiografia fetale, che è lo studio ancora più approfondito del cuore fetale eseguito da un ecografista dotato di particolare esperienza nella cardiologia fetale. diaframma, per accertarne l'integrità, anche se i piccoli difetti a volte possono essere manifesti solo in epoche tardive addome con controllo della chiusura della parete e studio degli organi interni quali lo stomaco, la colecisti, il fegato e l'intestino; apparato genito-urinario, con visualizzazione dei reni, della vescica e dei genitali esterni cordone ombelicale con visualizzazione dei tre vasi che lo compongono arti superiori ed inferiori con visualizzazione delle ossa lunghe, dell'asse delle mani e dei piedi, della dita delle mani Nel corso dell'esame è nostra abitudine effettuare anche lo studio della morfologia dell'onda sanguigna nell'arteria uterina materna, indicatore precoce di disfunzione placentare con susseguente difetto di crescita intrauterina del feto. Come facilmente si può comprendere tale esame dipende in misura quasi totale dall'esperienza e dalla capacità dell'operatore unitamente all'impiego di un ecografo di qualità elevatissima. Nonostante ciò non tutti i quadri patologici sono diagnosticabili in utero, e ciò dipende anche dall'ecogenicità della paziente (più aumenta lo spessore del pannicolo adiposo meno chiare saranno le immagini), dalla quantità di liquido amniotico e dalla posizione fetale. Si può comunque affermare che se l'esame viene eseguito a regola d'arte la maggior parte dei problemi malformativi può essere identificata. 21

23 LA MEDICINA MATERNO-FETALE Nell attuale panorama scientifico, il progresso delle tecnologie ultrasonografiche e del braccio terapeutico, ha aperto una grande «finestra sulla vita prenatale», rendendo l embrione/feto un vero e proprio «soggetto», di grande interesse scientifico e umano. Se le conoscenze della fisiologia fetale e della interazione madre-feto, sono state acquisite e indubbiamente migliorate, anche l attuazione del braccio diagnostico e l approccio terapeutico, allo status patologico, materno e fetale, ha subito una evoluzione. Il confronto scientifico e il dibattito socio-culturale, ha stimolato riflessioni e considerazioni di ordine filosofico, giuridico ed etico-morale. Esula da tale trattazione, la riflessione in ambito filosofico e giuridico, ma una di ordine etico non può mancare, in quanto rappresenta una tappa fondamentale e irrinunciabile, anche in ambito scientifico. Il mondo prenatale, necessita di un orizzonte etico, perché l embrione/feto diventi, per la scienza, una persona e la medicina della vita prenatale, lo consideri il «soggetto» dell intervento diagnostico e terapeutico e non l oggetto. Infatti, «[ ] il neoconcepito rappresenta una ben determinata realtà biologica: è un individuo totalmente umano in sviluppo, che autonomamente, momento per momento, senza alcuna discontinuità costruisce la propria forma eseguendo, per intrinseca attività, un disegno progettato e programmato nel suo stesso genoma [ ]». «E innegabile dal punto di vista scientifico, che nella formazione del neoconcepito, dal primo istante della fertilizzazione fino alla nascita e in tutto il processo di crescita e di sviluppo successivo, agisce un determinismo orientato verso un finalismo progettuale.» Il suo ciclo vitale e il suo sviluppo, sono caratterizzati da tre proprietà biologiche, ormai conosciute: la coordinazione, la continuità e la gradualità. La prima, la coordinazione, «[ ] è un processo dove esiste una sequenza e interazione coordinata di attività molecolari e cellulari, sotto il controllo del nuovo genoma. La continuità, permette al nuovo ciclo vitale di procedere per eventi successivi l uno all altro e «senza interruzione». In ultimo, la gradualità è una proprietà che «[ ] implica e esige una regolazione, che deve essere intrinseca ad ogni singolo embrione [ ]» e 22

24 Fetal care team permette di raggiungere, gradualmente la forma finale. «Il determinismo, che si rivela dalle prime fasi, è orientato verso un progetto ben preciso e finalizzato: determinismo e finalismo si toccano e si condizionano». E, altrettanto, scientificamente inevitabile lo sguardo all embrione/feto, come persona, perché è corpo è funzioni, ma soprattutto perché «intrinsecamente capace», di provare dolore, dotato di un mondo emozionale, di immagini, di spazi affettivi, che solo alla nascita, diventeranno espressivi e indagabili (anche se alcuni possono essere indagati già prenatalmente). Per tali motivi, oggi, a buon ragione, l embrione prima e il feto poi, può essere considerato «un paziente», a tutti gli effetti. La realtà scientifica della terapia prenatale del feto, a basso rischio, ad alto beneficio ed eticamente finalizzate, enfatizza la dignità del feto come paziente, a tutti gli effetti, anche in condizioni patologiche, ritenute fino a pochi anni or sono incurabili. La medicina fetale La terapia fetale consente, con l impiego di metodiche invasive e non, la correzione di alcune patologie fetali, attraverso due modalità. La modalità indiretta, consiste nella somministrazione di farmaci o di sostanze alla madre e il loro passaggio transplacentare al feto, oppure nella eliminazione di sostanze nocive dal sangue materno (come una forma di dialisi). La modalità diretta, al contrario, si avvale dell approccio terapeutico a livello dei quattro compartimenti endouterini (amniotico, vascolare, peritoneale-pleurico e urinario). Un esempio di applicazione terapeutica indiretta è rappresentato dalla cosiddetta digitalizzazione fetale, caratterizzata dalla somministrazione di digitale alla madre, nel caso in cui il feto presenti segni di scompenso cardiocircolatorio (all ecografia: presenza di raccolte fluide all interno di cavità sierose): casi di idrope fetale non immunologica di grave entità. Per quanto riguarda le applicazioni terapeutiche dirette, l approccio transamniotico si è rivelato utile, per esempio, nel trattamento dell ipotiroidismo fetale. Il ripristino del liquido amniotico, mediante amnioinfusione di soluzione fisiologica, è stato utilizzato, con successo nei casi di rottura prematura delle membrane. In tali condizioni, l infusione di soluzione salina si è rivelata utile per migliorare la sopravvivenza (dallo 0 al 47%) e per evitare la mancata espansione dei polmoni nel prematuro (RDS). La possibilità di trasfondere diretta- 23

25 mente il feto, mediante approccio intravascolare, nei casi di incompatibilità Rh ha rappresentato un momento storico fondamentale. Tale trattamento, grazie anche all introduzione dell ecografia, ha potuto far registrare dati molto confortanti: le morti endouterine sono diminuite dal 60 al 10%, i traumi fetali sono scomparsi e la sopravvivenza è passata dal 50 al 90%. I bambini trasfusi sono perfettamente sani, con un quoziente intellettivo, in alcuni casi, addirittura superiore alla norma e, seguiti negli anni ( long-term follow up), risultano condurre una vita perfettamente normale. Anche i casi di idrope fetale non immune vengono, oggi, trattati prenatalmente. Anche per quanto riguarda le uropatie fetalì (malformazioni dell apparato escretore fetale), ci sono delle possibilità di intervento terapeutico, mediante un approccio intraurinario. Tramite la toracentesi, è possibile drenare un accumulo di liquido dal torace (evitare quindi il rischio di compressione dei polmoni e del cuore, nel mediastino), con il ripristino della funzionalità polmonare e cardiaca. Attraverso la paracentesi è possibile invece drenare un accumulo di liquido nell addome (ascite). Anche in questi interventi si ha il vantaggio di avere una duplice opportunità, diagnostica e terapeutica: innanzitutto, l analisi del liquido aspirato e poi, sulla base dei risultati diagnostici, la possibilità di decidere se infondere proteine al bambino, qualora le stia perdendo. Le medicina fetale impone le seguenti considerazioni: 1) La considerazione del feto come paziente da trattare con un approccio individualizzato e personalizzato 2) Un bilanciamento etico rigoroso che ha fatto scegliere in tutte le occasioni metodiche invasive con un rischio eticamente accettabile e proporzionato 3) Un counseling alla coppia che fosse estremamente veritiero sulle possibilità di terapia di quel feto e rifuggisse da forme di accanimento terapeutico. Tutto l apporto culturale finalizzato alla terapia prenatale (invasiva e non invasiva) è stato seguito parallelamente, negli ultimi 15 anni in particolare, da studi nell animale sperimentale con la creazione di modelli di tipo malformativo e la sua successiva correzione prenatale (atresia delle vie biliari, ostruzione intestinale, mega-vescica patologica, idro-uretere nefrosi bilaterale da chiusura dell uretra prossimale, spina bifida). 24

26 Fetal care team Molte condizioni malformative fetali non possono essere curate con approcci invasivi e non invasivi nella fase prenatale: ne deriva quindi il concetto basilare di preparare l intervento nella fase perinatale (8 giorni dopo la nascita) o più propriamente postnatale (nei primi mesi dopo la nascita). Se gli interventi prenatali sono state acquisizioni esperienziali di ginecologi che hanno maturato sicurezza negli approcci invasivi con il minimo rischio e il massimo beneficio, gli interventi terapeutici peri/ post natali sono un campo di competenze le più disparate in uno sforzo di intervento multi disciplinare. Ecco perché, individuata nella fase diagnostica la patologia fetale non trattabile prenatalmente, vengono coinvolti, ancor prima della nascita, diversi specialisti che integrano il counseling ostetrico alla coppia e migliorano il background clinico e psicologico della famiglia, il cui feto presenta l anomalia congenita. Neurochirurghi, chirurghi pediatri, neonatologi, cardiologi pediatri sono diventati nel corso degli anni l integrazione naturale nel management dei feti con malformazioni congenite trattabili perinatalmente. La storia naturale di molte condizioni di sospetta anomalia cromosomica fetale seguite longitudinalmente dimostra che pur in presenza di segni sospetti o di malformazione singola, la prevalenza di cromosomopatia è indubbiamente rilevante ma non è automaticamente del 100%. Precisare quindi con metodiche invasive (AMNIOCENTESI o CORDOCENTESI o VILLOCENTESI) sarà sempre più importante ai fini della rigorosità della diagnosi, della tranquillità della madre e della difesa della vita nascente. Un secondo aspetto riguarda l importanza nel tempo del quadro malformativo non cromosomopatico (storia naturale e follow- up post- natale a lungo termine). L unica metodologia che può dare elementi di informazione corretta nel couseling è presentare i risultati e la personale esperienza nell aver seguito l anomalia malformativa dalla diagnosi prenatale fino alla nascita, all eventuale correzione post- natale e al follow- up a distanza. Questa disamina percentuale non è una mera e fredda elencazione numerica, ma diventa strumento di speranza per una coppia cui viene consegnata una diagnosi di malformazione e in quei frangenti le madri, la coppia, hanno bisogno di finestre di speranza. Lo stesso criterio metodologico vale per le malformazioni toraciche in particolare per le CCAMM: la risoluzione totale prenatale avviene nel 21.4% dei casi, la riduzione prenatale e la risoluzione po- 25

27 stnatale nel 42.9%. Per l ernia diaframmatica la sopravvivenza raggiunge il 46,7% ed è cresciuta, col passare degli anni, con l incremento delle conoscenze dell organizzazione logistica e delle competenze. Infine un commento sulle anomalie urinarie: la storia naturale svela che le piccole dilatazioni pieliche sono per lo più (62.8%) funzionali e che anche con un diametro maggiore di 10 mm, Il quadro di dilatazione pielica può essere funzionale nel 36.7% dei casi. Tutto ciò, però, non esclude che a grossi diametri di dilatazione non ci sia proporzionalmente un incremento delle percentuali degli interventi chirurgici. Il feto come paziente Quanto, fino ad ora, è stato ricordato, suscita alcune riflessioni finali. La prima riflessione, sottolinea il cosiddetto «protagonismo biologico»: l embrione, sin da subito, si dimostra protagonista del suo esistere biologico. Definisce la precisa dinamica dell impianto, orienta i processi di attivazione genomica dei vari tessuti e organi, attua il «colloquio» biochimico, immunologico e ormonale, che caratterizza la placentazione. Si dimostra, quindi, «un attivo direttore d orchestra», in particolare del suo impianto e, in generale, del suo destino. La seconda riflessione, deriva dalla conoscenza della sua «incredibile compliance», come paziente, che gli studi e i risultati degli ultimi venti anni hanno potuto validare. In talune condizioni patologiche, è stata utilizzata la terapia fetale non invasiva: farmaci e molecole, immesse nel circolo materno, raggiungono il piccolo paziente, per via transplacentare, espletando una terapia adeguata alle necessità emodinamiche e biochimiche del feto, in base al peso, stimato ecograficamente. Non meno importanti, si sono dimostrati gli approcci terapeutici, per via invasiva, e- coguidati, nelle gravi patologie fetali, come l incompatibilità Rh, le patologie malformative, con versamenti endotoracici ed endoperitoneali, le gravi uropatie ostruttive, le p-prom precocissime, le patologie gozzigene ed altre ancora, che hanno cambiato completamente la loro storia naturale, in termini prognostici e al lungo follow up, grazie ad interventi infusionali o drenanti. 26

28 Fetal care team Si è restituita, così, la capacità gestazionale a molte pazienti, con risultati insperati, fino a pochi anni or sono. Consci che la medicina fetale rappresenti, ormai, una realtà nel panorama scientifico attuale, possiamo concludere che: La natura e l identità dell embrione, esige, fin dall inizio, la stessa dignità dovuta ad ogni persona umana. Alla scienza, spetta la responsabilità di considerare l embrione/feto, «il soggetto» della ricerca e dell intervento medico: «un paziente» a tutti gli effetti.l embrione u- mano vivo, richiede e merita pertanto tutela, rispetto e riconoscimento del diritto alla vita: ogni violenza esercitata sulla sua corporeità, è violenza alla soggettività umana. La medicina prenatale, in definitiva, può realmente attuare un servizio alla coppia, alla famiglia, alla società: quando il discernimento etico non mortifica le metodologie scientifiche, quando l approccio alla coppia non è un neutro elenco di prevalenze statistiche, quando viene presentata la realtà del feto come figlio, il loro figlio, quando si attua una medicina che evidenzia la dignità della vita umana e di ogni vita umana, quando, infine, la conoscenza del sapere si sposa con l umanità delle persone. Relazione madre- bambino In letteratura, abbiamo analizzato l impatto delle tecnologie di diagnosi e terapia fetale nella relazione madre-bambino. Quando parliamo di vissuto materno, parliamo di relazione e comunicazione. La vita stessa è relazione e comunicazione, tanto che il primo affermarsi dell esistenza passa proprio attraverso una relazione e una comunicazione. La prima accettazione del bambino da parte della madre è infatti inconscia, segreta, e fisica, poiché è mediata a livello chimico dai messaggeri del corpo, gli ormoni, e porta all embrione il messaggio sì, ti accetto, ti accolgo ancora prima che la madre, a livello razionale, sappia che il concepimento è avvenuto. E spesso il momento dell ambivalenza, tra l accettazione del nuovo essere e la tutela della propria individualità/indipendenza; ambivalenza che spesso, ancora prima della conoscenza razionale, si esprime in modo fisico, attraverso il sintomo della nausea. Di nuovo, è il corpo a portare alla mente la comunicazione del cambiamento, perché 27

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