Appunti di Miglioramento Genetico (Prof. Giulio Pagnacco)

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1 Appunti di Miglioramento Genetico (Prof. Giulio Pagnacco) Il materiale didattico di questo sito è una semplice collezione di appunti messi a disposizione degli studenti per facilitare la loro preparazione agli esami. Non vi è un ordine preciso né una precisa consequenzialità. Sono pagine di ampiezza diversa, preparate anche in tempi molto diversi e talvolta senza la finalità di un corso universitario. Possono anche presentare ripetizioni e livelli di approfondimento molto difformi. Gli stessi titoli danno una idea del loro contenuto. 1. Il Miglioramento genetico in poche righe 2. Le principali specie allevate 3. Alcuni caratteri di interesse zootecnico 4. Cavalli Bai e Sauri 5. La curva di lattazione nei bovini 6. Distanza di mappa e frequenza di ricombinazione 7. Linkage e QTL detection 8. Identificazione di un QTL (Q) a partire da un vicino marcatore (M) 9. Linkage Disequilibrium in un Backcross: un esempio nel coniglio 10. Parentela e consanguineità 11. Indice di selezione 12. Accuratezza dell indice 13. Il modello genetico infinitesimale I 14. Il modello genetico infinitesimale II 15. Il modello genetico infinitesimale riassunto 16. Indice di selezione 17. Indice Single Trait e Multiple Trait 18. Gli indici di Rosina 19. Campionamento mendeliano 20. Potenza del test statistico 21. Test di un ipotesi 22. Matrici di varianza e covarianza 23. Regole per determinare varianze e covarianze di somme di variabili 24. Varianza di una media 25. Tabella della distribuzione normale standardizzata 26. Tabelle dell intensità di selezione 27. Diecimila Random Normal Deviates 28. Hardy - Weinberg

2 IL MIGLIORAMENTO GENETICO in poche righe Le produzioni delle piante coltivate e degli animali allevati forniscono ad agricoltori ed allevatori il reddito economico dell'impresa. E' naturale quindi che si cerchi di migliorare le produzioni nella quantità e nella qualità in modo da realizzare profitti più vantaggiosi. Nel caso degli animali domestici ed in particolare della specie caprina, il maggiore reddito deriva in massima parte dalla più abbondante produzione di latte e da una sua più elevata qualità. Per realizzare questo semplice obiettivo si possono percorrere due strade che, beninteso, non sono tra loro alternative, ma entrambe conducono allo stesso risultato. Possiamo cioè migliorare l'ambiente, ossia l'insieme delle condizioni alimentari, sanitarie e gestionali, oppure migliorare la qualità genetica degli animali, ossia avere in stalla capre e becchi che per loro caratteristica biologica (genetica) siano capaci di migliori produzioni. Possiamo naturalmente anche realizzare congiuntamente sia un miglioramento ambientale che uno genetico, e questa è evidentemente la cosa più vantaggiosa da fare. In questo capitolo cerchiamo di mettere a fuoco la parte relativa al miglioramento genetico, non dimenticando mai comunque che il latte munto, come anche qualsiasi altra produzione di valore economico, esprime l'insieme di queste due componenti: quella ambientale e quella genetica. Geni e Cromosomi Alcuni concetti di base di genetica sono ormai così diffusamente conosciuti che non vale la pena di soffermarvisi eccessivamente. Ne faremo qui solo una semplice ricapitolazione in funzione dei fatti di cui vogliamo parlare. In primo luogo: i geni. Si tratta di molecole con una complessa struttura chimica (che in questa sede non ci interessa) che hanno la caratteristica di potersi duplicare e di fornire indicazioni precise alla cellula per la produzione di particolari sostanze (proteine). I geni si trovano nel nucleo di ogni cellula di ogni animale o pianta e stanno tra loro legati in strutture filamentose che in qualche particolare condizione possono essere viste al microscopio. Queste strutture sono i cromosomi, corpi di forma bastoncellare che si vedono in ogni cellula al momento della sua divisione in due cellule figlie. Quando una cellula si riproduce infatti tutti i cromosomi che sono contenuti nel suo nucleo si duplicano così che le due cellule che ne derivano sono identiche alla cellula madre e contengono ciascuna un completo corredo di cromosomi. Il numero di cromosomi visibili in una cellula dipende dalla specie animale o vegetale che viene studiata. Ma il fatto importante è che i cromosomi sono sempre in numero pari (2n) perché, per ognuno di loro, si trova sempre un altro cromosoma gemello che contiene esattamente gli stessi geni. Quindi ogni gene ha sempre un suo omologo sull'altro cromosoma. La tabella seguente illustra la situazione per alcune specie. Specie 2n Specie 2n Specie 2n Uomo 46 Bovini e Caprini 60 Ovini 54 Scimpanzé 48 Cavalli 64 Cane 78 Gorilla 48 Asini 62 Gatto 38 Topo 40 Suini 38 Ape 32 Per capire come questi geni e cromosomi sono arrivati in ogni cellula di un becco o di una capra bisogna risalire al momento in cui l'animale viene concepito. In quel momento sono di scena due cellule particolari: una maschile (lo spermatozoo) ed una femminile (l'oocita o cellula uovo). Sono cellule particolari perché anziché portare nel loro nucleo 2n cromosomi, ne portano solo n, ossia un solo membro di ogni coppia di cromosomi e quindi un gene solo per ogni tipo. Queste cellule, spermatozoo e cellula uovo, derivano da cellule normali (2n) che attraverso una specifica fase di duplicazione e di maturazione dimezzano il numero di cromosomi che trasportano. Quando lo spermatozoo penetra nella cellula uovo i suoi n cromosomi riconoscono gli n cromosomi portati dall'oocita e dalla loro fusione si forma lo zigote, prima cellula 2n del nuovo organismo. Questa cellula inizia subito a duplicarsi in 2, 4, 8, cellule, che piano piano si differenziano nei diversi tessuti ed organi che andranno a costituire il nascituro capretto. La crescita dell'embrione segue quindi un preciso programma di sviluppo che prevede l'attivazione in ordinata sequenza di diversi geni. Nei geni sta quindi scritto come deve essere "costruito" il nuovo individuo e come dovrà "funzionare", crescendo e producendo latte se si tratta, ad esempio, di una giovane capretta. La produzione di latte che una capra rilascia, per venire ai fatti che più da vicino ci interessano, è quindi il risultato dell'azione di alcuni geni che danno precise informazioni alle cellule coinvolte nel processo, ma anche dell'azione dell'ambiente che modula l'espressione dei geni in relazione alle condizioni in cui l'animale si trova. La produzione di latte è quindi un carattere la cui espressione dipende dalla genetica e dall'ambiente. Da quanto precede si ricava un principio generale molto importante nel miglioramento genetico delle specie allevate: il fenotipo (P), ossia ciò che si vede, è dato da una media generale (per la quale si utilizza il simbolo µ) comune a tutti gli animali, da una deviazione positiva o negativa che è determinata dai suoi geni e che prende il nome di genotipo (G), e da una deviazione positiva o negativa determinata dall'ambiente (E). Ad esempio: P = µ + G + E 515 = (+20) + (-5) 515 = (-10) + (+25) Due capre hanno prodotto la stessa quantità di latte: 515 litri di latte, che è il loro fenotipo ed entrambe appartengono ad una razza la cui media produttiva è di 500 litri. La prima ha un genotipo decisamente favorevole che però non ha avuto la possibilità di esprimersi al meglio a causa di un ambiente non buono. La seconda ha un genotipo negativo molto ben mascherato da un eccellente ambiente di allevamento. Se dovessimo scegliere in base al solo fenotipo saremmo decisamente in imbarazzo, ma disponendo dell'informazione circa il genotipo non avremmo alcun dubbio nel scegliere la prima.

3 Valore genetico di un animale I numeri riportati sotto la lettera G della tabella precedente rappresentano i valori genetici delle due capre ed è chiaro che dovrebbero essere i valori di riferimento per scegliere i migliori e scartare i peggiori soggetti dell'allevamento. Per continuare l'esempio precedente supponiamo che 5 siano i geni che determinano la produzione di latte e che chiameremo A, B, C, D ed E. Come abbiamo visto, ogni gene è presente in due copie, una di provenienza paterna ed una di provenienza materna. Le due copie possono codificare per una produzione leggermente più elevata o leggermente inferiore alla media della razza: supponiamo che A¹ aumenti di 5 litri, mentre A² diminuisca di 5 litri la produzione e lo stesso valga per le forme (¹) e (²) dei geni B, C, D ed E. Una capra quindi potrà essere: A¹ A² B¹ B¹ C² C¹ D¹ D¹ E² E¹ con 7 forme (¹) e 3 forme (²) la somma dell'effetto dei geni sarà (+5) 7 + (-5) 3 = = + 20 litri. Si tratta della prima capra dell'esempio precedente. Analogamente un becco potrà essere: A¹ A¹ B¹ B¹ C² C² D¹ D¹ E² E² con 6 forme (¹) e 4 forme (²) il suo valore genetico sarà + 10 litri. Questi noiosi esercizi numerici servono ad introdurre un altro concetto molto importante. Prendiamo il becco con valore genetico +10 litri. Per come è disegnato il suo genotipo potrà produrre spermatozoi tutti identici tra loro per quanto riguarda questi 5 geni, ossia tutti così: A¹ B¹ C² D¹ E² e tutti con valore + 5 litri ossia la metà del valore genetico del becco [½ (+10)]. Se prendiamo invece la capra precedente, questa potrà produrre cellule uovo alquanto diverse tra loro, alcune molto favorevoli altre meno. Vediamone ad esempio due casi estremi: migliore peggiore A¹ A² B¹ B¹ C¹ C² D¹ D¹ E¹ E² La migliore cellula uovo ha valore + 25 litri mentre la peggiore vale -5 litri. Se le contassimo tutte e facessimo la media vedremmo che il valore medio di una cellula uovo di questa capra è + 10 litri ossia ancora la metà del suo valore genetico. Ne consegue che accoppiando il becco con la capra avremo un prodotto con valore genetico medio atteso pari a (+ 5) + (+10) = +15. Ma naturalmente questo sarebbe un valore medio perché potremmo avere un soggetto (+5) + (25) = +30 oppure uno (+5) + (-5) = 0. In conclusione per avere animali con buon valore genetico è necessario accoppiare tra loro animali di buon valore genetico. Potranno sempre nascere animali mediocri, ma certamente da animali scadenti non uscirà mai niente di eccellente. Indice di selezione E' possibile conoscere esattamente il valore genetico degli animali che alleviamo? La risposta è, purtroppo, no. Quindi tutto quanto si è visto finora è pura teoria senza possibile applicazione? La risposta è ancora, fortunatamente, no. E' vero che non possiamo conoscere il vero valore genetico degli animali, ma possiamo però calcolare un valore genetico stimato e questo valore stimato si chiama indice di selezione. L'indice di selezione stima il vero valore genetico di ogni animale e se viene calcolato secondo criteri e metodologie avanzate (ad esempio col metodo BLUP Animal Model) costituisce uno strumento indispensabile e di grande potenza per individuare i migliori animali di una razza. Un allevatore che disponga degli indici dei suoi animali può individuare meglio gli animali da scartare, sapere quali capre destinare ai migliori becchi o quali inseminare con seme di valore. Per calcolare un indice di selezione è necessario naturalmente conoscere le produzioni degli animali perché queste costituiscono il fenotipo da cui iniziare l'elaborazione. Produzioni scorrette perché ottenute da controlli funzionali imprecisi producono indici inaffidabili e vanificano il processo selettivo. E' quindi preciso interesse del singolo allevatore che i controlli vengano fatti correttamente, come è ancora suo preciso interesse segnalare correttamente i genitori dei nuovi nati. I becchi infatti, non producendo latte, ottengono il loro indice a partire dalle produzioni di madre, figlie e sorelle e quindi errate paternità o maternità si traducono in stime imprecise del valore genetico degli animali.

4 Caratteri di significato zootecnico Gli allevatori sanno perfettamente che il valore economico di un animale dipende da molti caratteri e non solo dalla sua capacità di produrre latte. Anche la precocità, la resistenza alle malattie, la longevità, una corretta conformazione morfologica (soprattutto dell'apparato mammario), la docilità e facilità alla mungitura, la presenza di corna o la fertilità sono caratteri che un allevatore valuta e che contribuiscono a fare di un animale un buon soggetto o un candidato alla macelleria. Per ogni carattere, come abbiamo visto, c'è una componente determinata dai geni ed una dall'ambiente, le quali componenti possono però avere un diverso peso per ogni carattere. Ad esempio, il colore del mantello dipende principalmente se non esclusivamente dalla genetica e l'ambiente conta molto poco. Di massima i figli ereditano lo stesso colore del mantello dei genitori oppure, conoscendo i geni implicati in questo carattere è possibile prevedere con ragionevole precisione il colore dei discendenti. Un carattere di questo genere viene definito come dotato di elevata ereditabilità. La produzione di latte è invece un carattere ad ereditabilità più bassa perché la componente ambiente è in grado di mascherare marcatamente l'effetto dei geni. Una capra ad esempio può avere i geni della grande lattifera, ma allevata in condizioni molto povere non riesce ad esprimere questa sua dote ed ha delle produzioni limitate. Oppure una capra con geni alquanto modesti per il latte riesce a fare produzioni considerevoli a causa di una gestione allevatoriale eccellente. E' chiaro comunque che se un carattere ha ereditabilità maggiore di un altro la selezione riuscirà a fissare con maggiore facilità e celerità ciò che desidera. Per fare bene la selezione, quindi, è necessario scegliere gli animali in base all'insieme di tutti i caratteri che fanno di una capra o di un becco un soggetto economicamente valido. Alcuni caratteri definiscono la produzione che, venduta, produce reddito (il latte tipicamente), ma altri caratteri, pur non producendo direttamente un reddito, contribuiscono al risparmio gestionale (ad esempio la resistenza alle malattie) ed hanno quindi un valore economico magari secondario, ma comunque rilevante. Il problema quindi è quello di riconoscere quali caratteri sono importanti per la selezione, misurarli sugli animali, ed assegnare a ciascuno di questi il giusto peso, la giusta enfasi selettiva, in modo da tenere conto correttamente dei diversi aspetti economici dell'allevamento. In una parola è necessario definire un obiettivo di selezione. In una razza da latte, visto che il reddito è prodotto principalmente dalla vendita del latte stesso, la produzione in 210 giorni può essere, in prima approssimazione, un valido obiettivo di selezione. Ma presto altri caratteri possono affacciarsi come candidati alla selezione. La qualità del latte, ad esempio, e quindi il tenore in grasso e soprattutto proteina, sono caratteri che se venissero regolarmente e correttamente misurati su tutti gli animali potrebbero entrare in un indice aggregato. Un indice di questo genere potrebbe poi includere altre informazioni come la morfologia, le cellule somatiche, la velocità di mungitura e tutto quanto un articolato obiettivo di selezione suggerisca tra gli ingredienti che massimizzano il reddito dell'allevatore. L'indice aggregato permette quindi di ordinare gli animali dal migliore al peggiore per merito totale e quindi di scegliere i più validi economicamente in base ad una opportuna combinazione di diversi caratteri, ciascuno ponderato per la sua specifica ereditabilità, per le associazioni che presenta con gli altri caratteri e soprattutto per il diverso valore economico che ciascuno riveste nel determinare il reddito dell'allevatore. Lo schema di selezione Se dovessimo riassumere la situazione discussa fino a questo punto potremmo dire che per realizzare il miglioramento genetico in una razza caprina è necessario dar corpo a due precise condizioni: 1. definire chiaramente l'obiettivo di selezione, trovando evidentemente un compromesso tra il desiderio di includervi tutti i caratteri degni di attenzione e i costi da sostenere per misurarli tutti sugli animali, 2. misurare il fenotipo importante (o i fenotipi), ossia operare con precisione il cosiddetto controllo funzionale, studiarne le caratteristiche, e produrre per ogni animale un indice di selezione che sia un solido strumento di scelta degli animali migliori. Sebbene questi siano due momenti estremamente importanti del processo selettivo, per realizzare appieno i frutti dell'attività selettiva è necessario un terzo momento. E' necessario cioè condurre la selezione attraverso un preciso schema. Nella specie caprina, come del resto negli altri ruminanti da latte, i maschi possono produrre molti più discendenti delle femmine. Quindi un maschio con geni molto favorevoli per la produzione di latte potrebbe esercitare un effetto fortemente benefico sulle generazioni a venire se solo potessimo riconoscere questa sua caratteristica. Sfortunatamente i becchi non producono latte direttamente e quindi per stimare il loro valore genetico (ossia calcolarne l'indice di selezione) dobbiamo affidarci alla produzione di latte delle figlie che possono essere generate in numero sufficiente a darci indicazioni precise circa le caratteristiche del padre. Naturalmente anche la produzione della madre o delle mezze sorelle possono darci indicazioni utili, ma la prova di progenie, ossia la misurazione della produzione di una batteria di figlie del becco, dà garanzie maggiori di precisione ed è quindi una tecnica da preferirsi. Perché una prova di progenie funzioni è necessario che le produzioni di latte dei gruppi di figlie di diversi becchi siano ben confrontabili e diano risposte non ambigue. Ad esempio, se tre becchi hanno figlie in tre allevamenti diversi, ciascuno nel suo, le medie produttive delle figlie risentiranno dei tre diversi ambienti e sarà impossibile stabilire se la superiorità di un gruppo di figlie è dovuta alla superiorità del becco o a quella delle capacità manageriali dell'allevatore. L'uso della fecondazione artificiale è di grande aiuto in queste situazioni perché possiamo avere figlie dello stesso becco in ambienti diversi ottenendo così indici di selezione correttamente confrontabili. La fecondazione artificiale ha poi una seconda importantissima caratteristica che è quella ben nota di diffondere con grande efficacia i geni degli animali superiori nella popolazione. Se quindi i maschi possono essere i massimi responsabili di un celere miglioramento genetico diventa estremamente importante individuarli al più presto e non affidandosi certamente al caso per scelta. In uno schema di selezione ben organizzato è necessario innanzitutto definire quanti sono i becchi necessari a soddisfare il fabbisogno in monte della popolazione. E successivamente produrre gli animali necessari attraverso accoppiamenti programmati tra le migliori femmine ed i migliori maschi disponibili. Nel definire i numeri degli animali in gioco è necessario ricordare che la selezione avrà un successo tanto maggiore quanto più saremo capaci di spingere al massimo 3 parametri cruciali: intensità di selezione. Dipende dalla proporzione di animali scelti su quelli valutati. Esempio: se dispongo della valutazione genetica di 100 becchi e scelgo come riproduttori i 10 migliori faccio una selezione più intensa che se scegliessi i migliori 20. Se, per le monte da fare, sono sufficienti 10 becchi, ma ne vengono usati 20, l'intensità di selezione è diminuita. accuratezza. Nella valutazione degli animali, attraverso un indice di selezione o anche semplicemente con una valutazione soggettiva, la scelta può essere più o meno precisa. Anche l'indice di selezione è infatti una stima del valore genetico dell'animale. Esempio: dei 10 becchi scelti (i migliori della graduatoria dei 100) solamente 7 erano realmente nel top 10% per vero merito genetico. L'imprecisione del nostro giudizio (l'imperfetta accuratezza della valutazione) ci ha portato ad includere tra i riproduttori 3 becchi che non meritavano di esservi.

5 intervallo di generazione. La progenie di animali selezionati è mediamente migliore dei genitori. Esempio: se per ricambiare una generazione fossero sufficienti 2 anni anziché 4, sarebbe possibile realizzare un progresso genetico doppio nella stessa unità di tempo (l'anno). Uno schema di selezione è quindi una sapiente ricetta, specificamente studiata per una certa popolazione animale, che sfrutta al meglio gli indici di selezione, individua il corretto numero di becchi da utilizzare, definisce i tempi generazionali della loro sostituzione e provvede ad organizzare le cose in modo che le fecondazioni, naturali o artificiali, non siano un risultato casuale del capriccio degli eventi o delle astuzie del commercio, ma siano uno strumento precisamente mirato alla realizzazione di un generale progresso genetico e produttivo. Una razza che operi con coerenza ed attenzione in questa direzione vedrà crescere progressivamente la media dei caratteri che seleziona e di conseguenza la produzione ed il reddito dei suoi allevatori.

6 PRINCIPALI SPECIE ALLEVATE Specie Bovini (Bos Taurus e B. Indicus) Toro, (Bue), Vacca Bufali (Bubalus Bubalus) Ovini (Ovis Ovis) Ariete, Montone, Pecora Caprini (Capra Hircus) Becco, Capra Suini (Sus Scrofa) Verro, Scrofa (Maiale = carne) Equini (Equus Caballus) Stallone, Fattrice Razze Perché vengono allevate rappresentative Frisona, Bruna Latte. Consumo fresco e trasformazione casearia Pezzata Rossa Italiana Latte e Carne Piemontese, Chianina Carne Latte. Trasformazione casearia (Mozzarella) Sarda, Comisana Latte. Trasformazione casearia (Pecorino) Bergamasca Carne Gentile di Puglia Lana e Carne Camosciata, Saanen Latte. Trasformazione casearia (Caprini) Large White, Landrace Carne. Consumo fresco e salumeria (Prosciutto e insaccati vari) Avelignese Turismo equestre, equitazione amatoriale e tempo libero Tiro pesante rapido Carne e lavoro agricolo Maremmano Concorso ippico e sport equestri Murgese Servizio, carrozziere Asini (Equus Asinus) Sardo, Martina Franca Lavoro e produzione di muli Conigli (Lepus Cuniculus) Nuova Zelanda Bianco Carne Polli (Gallus Gallus) Canidi (Canis Familiaris) Stallone, Fattrice Angora Pelo Warren (Ibridi comm.) Uova Cobb (Ibridi comm.) Carne Bergamasco, Cane da pastore e guardia Maremmano del gregge Bracco Caccia Barboncino Compagnia

7 Alcuni caratteri di interesse zootecnico Carattere unità µ ± σ specie razza latte kg 7560 ± 1851 bovini frisona grasso % 3,51 ± 0,42 bovini frisona proteine % 3,12 ± 0,2 bovini frisona latte l 201 ± 68 ovini sarda peso nascita kg 42 ± 5,2 bovini piemontese altezza al garrese cm 137 ± 3 equini avelignese età al 1 parto gg 1020 ± 175 bovini chianina 1 interparto gg 451 ± 97 bovini chianina punteggio totale punti 79,9 ± 1,9 bovini frisona legamento punti 26,1 ± 5,14 bovini frisona IGP gr 800 ± 160 suini large-white

8 Punti cruciali: Criniera Coda Estremità degli arti (*) Margini delle orecchie Cavalli Bai e Sauri Se i punti sono neri il cavallo è Baio Se i punti non sono neri il cavallo è Sauro GENI COINVOLTI 2 Il Gene Agouti (A) con alleli: A (Baio) e a (Morello) Il Gene Estensione (E) con alleli E (Estensione) ed e (Sauro) AA Aa aa EE Baio Baio Morello Ee Baio Baio Morello ee Sauro Sauro Sauro Epistasi recessiva del gene e sul gene Agouti Parents F 1 F 2 AAEE Baio AaEe Baio 9 AE (Baio) 3 Ae (Sauro) 3 ae (Morello) 1 ae (Sauro) aaee Sauro In realtà i geni A ed E hanno più di 2 alleli ed oltre a questi geni ve ne sono almeno altri 5 che modulano il le diverse sfumature del mantello.

9 La curva di lattazione nei bovini Picco di lattazione Persistenza della lattazione Parto Fecondazione Giorni Durata della lattazione: 305 giorni Intervallo Interparto: 365 giorni Durata della gravidanza: 282 giorni Intervallo parto-concepimento: 83 giorni (Days Open) Asciutta: 60 giorni

10 Distanza di mappa (d) e frequenza di ricombinazione (θ) A B C θ AB = 0.2 θ BC = 0.2 La più semplice funzione di mappa è: d = θ, cioè la relazione tra d e θ è lineare (Morgan s mapping function). d AC = θ AC = θ AB + θ BC = = 0.4 assume un solo possibile X-over: completa interferenza La frequenza di ricombinazione (θ) sottostima la distanza (d) tra due geni in quanto tiene conto di eventi di ricombinazione occorsi solo in numero dispari. Se infatti, tra due geni, occorrono 2 o 4. eventi di ricombinazione non si formeranno cromosomi ricombinanti. Una funzione di mappa più realistica è la Haldane s mapping function in cui d = -½ ln(1-2θ). Oppure, viceversa, conoscendo d, θ = ½(1 - e -2d ). d AB = d BC = d AC = 2*0.255 = θ AC = 0.32 θ AC = θ AB + θ BC - 2θ AB θ BC = *0.04 = 0.32 assume una distribuzione di Poisson dei X-over: interferenza nulla 100 cm di distanza di mappa = 0.43 θ Un altra funzione di mappa è la Kosambi s mapping function che assume un valore di interferenza variabile in funzione di θ.

11 Linkage e QTL detection Geni posti su cromosomi diversi Se due geni (M ed N) sono posti su cromosomi diversi la frequenza dei diversi gameti dipende solo dalla frequenza dei relativi alleli. Ad esempio: M 1 [freq. = p M ] M 2 [freq. = q M ] N 1 [freq. = p N ] M 1 N 1 (p M p N ) = r M 2 N 1 (q M p N ) = t N 2 [freq. = q N ] M 1 N 2 (p M q N ) = s M 2 N 2 (q M q N ) = u M 1 [freq. = p M = 0.8] M 2 [freq. = q M = 0.2] N 1 [freq. = p N = 0.6] M 1 N 1 (p M p N ) = 0.48 M 2 N 1 (q M p N ) = 0.12 N 2 [freq. = q N = 0.4] M 1 N 2 (p M q N ) = 0.32 M 2 N 2 (q M q N ) = 0.08 Si noti che: r + s + t + u = 1 e ru - st = 0. La quantità: D = ru - st è definita disequilibrio da linkage (LD) ed in questo caso è zero in quanto i geni non sono in linkage. Geni posti sullo stesso cromosoma Se i geni M ed Q sono sullo stesso cromosoma le combinazioni parentali avranno maggiore probabilità di essere trasmesse di quelle ricombinanti. Definiamo convenzionalmente le combinazioni parentali (fase coupling o cis) M 1 Q 1 e M 2 Q 2, e quelle ricombinanti (fase repulsion o trans) M 1 Q 2 e M 2 Q 1. I gameti ricombinanti si formano per effetto di crossing over meiotici e la probabilità della loro occorrenza è tanto maggiore quanto più ampia è la distanza tra i geni. La frazione di ricombinazione è la proporzione di gameti ricombinanti sul totale dei gameti prodotti (θ). Un individuo con genotipo M 1 Q 1 /M 2 Q 2 produrrà ad esempio gameti secondo la tabella seguente: Gamete Frequenza M 1 Q 1 (Parentale) (1 - θ)/2 r M 2 Q 2 (Parentale) (1 - θ)/2 u M 1 Q 2 (Ricombinante) θ/2 s M 2 Q 1 (Ricombinante) θ/2 t In questo caso D = ru - st = ¼(1 - θ) 2 - ¼θ 2 si ha cioè disequilibrio da linkage. Ad esempio: θ D r u s t Il LD (Linkage Disequilibrium) tende a ridursi nelle popolazioni perché gameti ricombinanti continuano a prodursi da quelli parentali e viceversa. Il processo però è tanto più lento quanto più θ è piccolo: D t = D 0 (1 - θ) t

12 Identificazione di un QTL (Q) a partire da un vicino marcatore (M) In una popolazione outcrossing i 4 tipi di gameti prodotti potranno generare zigoti come da tabella: Gameti M 1 Q 1 M 1 Q 2 M 2 Q 1 M 2 Q 2 Freq. r s t u M 1 Q 1 r M 1 M 1 Q 1 Q 1 = r 2 a M 1 M 1 Q 1 Q 2 = rs d M 1 M 2 Q 1 Q 1 = rt a M 1 M 2 Q 1 Q 2 = ru d M 1 Q 2 s M 1 M 1 Q 1 Q 2 = rs d M 1 M 1 Q 2 Q 2 = s 2 -a M 1 M 2 Q 1 Q 2 = st d M 1 M 2 Q 2 Q 2 = su -a M 2 Q 1 t M 1 M 2 Q 1 Q 1 = rt a M 1 M 2 Q 1 Q 2 = st d M 2 M 2 Q 1 Q 1 = t 2 a M 2 M 2 Q 1 Q 2 = tu d M 2 Q 2 u M 1 M 2 Q 1 Q 2 = ru d M 1 M 2 Q 2 Q 2 = su -a M 2 M 2 Q 1 Q 2 = tu d M 2 M 2 Q 2 Q 2 = u 2 -a In cui +a, d e a derivano dall effetto dei 3 genotipi del QTL rispetto alla scala quantitativa del carattere: m -a +a d Q 2 Q 2 Q 1 Q 2 Q 1 Q 1 Assumendo d = 0, calcoliamo la differenza tra la media degli omozigoti per il marcatore: M 1 M 1 - M 2 M 2 = µ 11 - µ 22 µ 11 - µ 22 = (ar 2 - as 2 )/(r + s) 2 - (at 2 - au 2 )/(t + u) 2 = [(r - s)/(r + s)]a - [(t - u)/(t + u)]a = 2a(ru - st)/[(r + s)(t + u)] = 2a{D/[(r + s)(t + u)]} Quindi, se D = 0, ossia se la popolazione è in linkage equilibrium, la differenza tra le medie dei marcatori non mostrerà alcuna contrasto. Cause che possono produrre LD in una popolazione naturale sono: Mutazioni che sono inizialmente associate (in linkage) con uno degli alleli; Deriva genetica associata a forte riduzione di N e può creare particolari associazioni; Selezione naturale o artificiale che può favorire certe combinazioni alleliche (ma non per marcatori selettivamente neutrali); Migrazione di una popolazione che si mescola ad un altra con frequenze geniche diverse; In una popolazione outcrossing nessuna di queste cause è attesa svolgere un ruolo determinante nel produrre LD, pertanto sarà alquanto improbabile poter individuare un QTL in queste condizioni sebbene un certo grado di LD sia atteso se θ 1/N e (Soller, 1991). Per individuare un QTL possiamo quindi solo creare artificialmente del LD con disegni sperimentali appositamente costituiti [incrocio inter se di individui F 1 (ossia F 2 ), oppure backcross di F 1 su una linea parentale]. Oppure cercando LD entro una famiglia (Daughter Design o Granddaughter Design). Infatti, se gli accoppiamenti di cui alla tabella precedente sono, ad esempio, tra individui F 1 : M 1 Q 1 /M 2 Q 2 prodotti da incrocio tra due linee parentali omozigoti sia per M che per Q, allora (r + s) = (t + u) = ½ e quindi: µ 11 - µ 22 = 2a{[¼(1 - θ) 2 - ¼θ 2 ]/¼} = 2a(1-2θ)

13 La differenza tra µ 11 e µ 22 sarà quindi proporzionale ad a, effetto genetico additivo del QTL, ed alla sua distanza dal marcatore (θ). Per separare le due componenti, in questo modo confuse è necessario usare tecniche matematiche sofisticate (Maximum Likelihood), oppure utilizzare altri marcatori fiancheggianti il QTL (interval mapping). Esempio 1 Incrocio inter se di individui F 1 (usato nei suini) L incrocio tra tipi genetici distanti, che si suppone siano omozigoti per alleli diversi sia a Q che a M, produce individui F 1, geneticamente uniformi, con genotipo M 1 Q 1 /M 2 Q 2. Dall accoppiamento inter se di questi si otterranno individui F 2. In questo caso però (r + s) = (t + u) = ½ e quindi: µ 11 - µ 22 = 2a{D/[(r + s)(t + u)]} = 2a{[¼(1 - θ) 2 - ¼θ 2 ]/¼} = 2a(1-2θ) La differenza tra µ 11 e µ 22 sarà quindi proporzionale ad a, effetto genetico additivo del QTL, ed alla sua distanza dal marcatore (θ). Per separare le due componenti, in questo modo confuse è necessario usare tecniche matematiche sofisticate (ad es. Maximum Likelihood), oppure utilizzare altri marcatori fiancheggianti il QTL (regressione di Haley-Knott). Specie Genoma (cm) µsat o altri markers Distanza media tra 2 markers (cm) Uomo ,25 Topo ,2 Bovino ,0 Suino ,0 Nell Uomo si ritiene che il genoma contenga circa geni, 1 cm bp 10 geni Esempio 2 Daughter Design (usato nei bovini) Il principio generale è quello di seguire gli alleli (M 1 /M 2 ) dal toro alle figlie e confrontare le figlie M 1 con le M 2. Solo i tori eterozigoti M 1 /M 2 sono informativi (in una F 1 tutti sono eterozigoti) M 1 Q 1 /M 2 Q 1 M 1 Q 1 /M 2 Q 2 M 1 Q 2 /M 2 Q 1 M 1 Q 2 /M 2 Q 2 Di questi solo i doppi eterozigoti sono utili (saranno al massimo il 50%) coupling * M 1 Q 1 /M 2 Q 2 repulsion ** M 1 Q 2 /M 2 Q 1

14 (in una F 1 sono doppi eterozigoti e nella stessa fase) Dall accoppiamento di * con femmine prese a caso in cui p = freq(q 1 ) e q = freq(q 2 ) e in cui M e Q sono in Linkage Equilibrium, si avrà: Alleli M 1 Q 1 M 1 Q 2 M 2 Q 1 M 2 Q 2 materni Alleli Freq. p q p q paterni M 1 Q 1 ½(1 - θ) M 1 M 1 Q 1 Q 1 M 1 M 1 Q 1 Q 2 M 1 M 2 Q 1 Q 1 M 1 M 2 Q 1 Q 2 M 1 Q 2 ½θ M 1 M 1 Q 1 Q 2 M 1 M 1 Q 2 Q 2 M 1 M 2 Q 1 Q 2 M 1 M 2 Q 2 Q 2 M 2 Q 1 ½θ M 1 M 2 Q 1 Q 1 M 1 M 2 Q 1 Q 2 M 2 M 2 Q 1 Q 1 M 2 M 2 Q 1 Q 2 M 2 Q 2 ½(1 - θ) M 1 M 2 Q 1 Q 2 M 1 M 2 Q 2 Q 2 M 2 M 2 Q 1 Q 2 M 2 M 2 Q 2 Q 2 M 1 M 1 - M 2 M 2 = µ 11 - µ 22 assumendo d = 0 dall accoppiamento di ** µ 11 - µ 22 = (1-2θ)[a +(q - p)d] = (1-2θ)a = -(1-2θ)a Riassumendo e confrontando tra loro questi 2 diversi disegni e altri che non vengono qui trattati, si ha: Disegno Sperimentale Differenza µ 11 - µ 22 F 2 Backcross (µ 12 - µ 22 ) Daughter Design Granddaughter Design 2(1-2θ)a (1-2θ)a (1-2θ)a ½(1-2θ)a Selective Genotyping (1-2θ)a[1 + Z 1-p/2 i p/2 ]

15 M = mantello maculato m = colore completo C = pelo corto c = pelo lungo Linkage Disequilibrium in un Backcross UN ESEMPIO NEL CONIGLIO P M C X m c M C m c F 1 M C X m c m c m c BX M C r 157 Maculati a pelo corto (Parentale) m c m c u 144 Colore completo a pelo lungo (Parentale) m c M c s 26 Maculati a pelo lungo (Ricombinante) m c m C t 23 Colore completo a pelo corto (Ricombinante) m c 350 θ = 49 / 350 = 0,14 D = ¼ (1 - θ) 2 - ¼ θ 2 = ¼ (1-2θ) = ru - st = 0,18

16 PARENTELA (Relationship) & CONSANGUINEITÀ (Inbreeding) La parentela definisce la relazione tra due individui e ne misura la somiglianza dovuta ad effetti genetici che questi hanno in comune. Gli effetti genetici più importanti nelle produzioni animali sono gli effetti genetici additivi e di conseguenza la parentela additiva (a XY ), che indica la proporzione di effetti genetici additivi in comune tra X e Y, è la misura più importante della somiglianza genetica tra individui. La consanguineità è una caratteristica permanente del singolo individuo. Si stabilisce nella progenie di due individui parenti e indica la proporzione di geni omozigoti dovuti alla parentela tra i genitori. La consanguineità è misurata dal coefficiente di consanguineità F Z = ½ a XY, posti X e Y genitori di Z. Geni identici in stato o per discendenza La base della misura della parentela tra due individui è la probabilità di estrarre allo stesso locus due alleli identici per discendenza mendeliana da due individui diversi. Questa probabilità viene indicata col simbolo α oppure f e definita come parentela di Malecôt. Due alleli possono essere semplicemente uguali (o identici in stato) se sono copie di una forma presente nella popolazione con una certa frequenza p. Due alleli sono invece identici per discendenza mendeliana se sono la duplicazione di un gene originariamente presente in un antenato comune ai due individui. Esempio. A è genitore di B e C (è un loro antenato comune). Calcoliamo la parentela di Malecôt tra B e C. Da questa deriviamo la loro parentela additiva. A g 1 g 2 B g 1 g 3 g 1 g 4 g 2 g 3 g 2 g 4 (Possibili genotipi) C g 1 g 5 g 1 g 6 g 2 g 5 g 2 g 6 (Possibili genotipi) Quale è la probabilità di estrarre lo stesso allele, identico per discendenza mendeliana (supponiamo g 1 ), da B e da C, entrambi figli di A? La probabilità di estrarlo da B è 2/8 = ¼, da C ugualmente ¼. La probabilità di estrarlo da entrambi è quindi ¼ ¼ = 1/16. L altro allele identico per discendenza che possiamo estrarre simultaneamente da B e da C è evidentemente g 2. Anche per questo allele la probabilità è 1/16. Quindi la probabilità di estrarre un qualsiasi allele identico per discendenza da B e da C, indipendentemente da quale (g 1 o g 2 ) sarà data dalla somma delle due probabilità: 1/16 + 1/16 = 1/8. Un ottavo è quindi la parentela di Malecôt tra B e C: f BC = 1/8. La parentela di Malecôt è una probabilità e come tale assume valori compresi tra 0 e 1. Se vogliamo però confrontare i genotipi di B e C, f BC non è esattamente la misura di cui abbiamo bisogno. B e C sono organismi diploidi, hanno cioè due copie per ogni gene, e la singola estrazione fatta per calcolare f BC tiene conto della possibile identità per discendenza solo per una di queste copie. E necessario quindi ripetere l estrazione e raddoppiare f per tenere conto anche dell altra. Otteniamo così la parentela additiva (a BC ).

17 2 f BC = a BC Nell esempio a BC = ¼. La parentela additiva misura quindi la probabilità di geni identici per discendenza in un patrimonio genetico diploide ed essendo il doppio di una probabilità assume valori compresi tra 0 e 2. Associati ai geni identici, in comune tra B e C, ci saranno gli effetti semplici o additivi che influenzano il fenotipo degli individui e che determinano la somiglianza (covarianza) tra le loro produzioni. Equivalenza tra parentela di Malecôt e Inbreeding La formazione di uno zigote, conseguente all accoppiamento tra due individui, può essere visto anche come il campionamento di due alleli estratti a caso allo stesso locus nei genomi dei due genitori. La probabilità che questi due alleli siano identici per discendenza (e che quindi lo zigote sia omozigote per discendenza) coincide con la parentela di Malecôt, ma anche con il coefficiente di consanguineità dello zigote: F Z = ½ a XY, = f XY, posti X e Y genitori di Z. La parentela additiva di un individuo con se stesso La parentela additiva può essere misurata anche per un individuo verso se stesso. Con lo stesso procedimento visto nell esempio precedente, calcoliamo f AA e quindi a AA : ½ ½ = ¼ probabilità di estrarre g 1 due volte dallo stesso individuo A ½ ½ = ¼ probabilità di estrarre g 2 due volte dallo stesso individuo A ¼ + ¼ = ½ probabilità di estrarre due volte lo stesso gene, indifferentemente g 1 o g 2, nell individuo A = f AA ½ 2 = 1 = a AA parentela additiva di A con se stesso. La parentela additiva di un individuo con se stesso è quindi di norma pari a 1. Ma può assumere valori maggiori di 1 (fino al limite già visto di 2) se i due alleli (g 1 e g 2 nell esempio) sono con una certa probabilità tra loro identici per discendenza. Questa probabilità è definita dalla consanguineità dell individuo e pertanto: a XX = (1 + F X ) Covarianza Genetica All effetto genetico additivo di un individuo è associata una varianza genetica additiva σ 2 A. In altri termini l effetto additivo individuale è campionato in una popolazione di effetti additivi distribuiti normalmente con media zero e varianza σ 2 A. Se due individui non sono parenti e non hanno quindi geni identici per discendenza in comune, i loro effetti genetici additivi sono campionati indipendentemente (non hanno alcuna variazione congiunta o covarianza) dalla stessa distribuzione con varianza σ 2 A. Se due individui, i e j, in quanto parenti, hanno una certa proporzione di effetti genetici additivi in comune (proporzione definita dalla loro parentela additiva), possiamo definire una covarianza genetica tra i loro effetti additivi. La covarianza genetica tra i due effetti additivi di i e j è data da: Cov(A i,a j ) = a ij σ 2 A. = a ij h 2 σ 2 P Supponiamo di calcolare tutti i coefficienti di parentela additiva che legano tra loro gli animali di una certa popolazione o di un certo pedigree. Ordiniamo questi coefficienti in una tabella quadrata e simmetrica (utilizzando ad esempio il metodo tabulare per il calcolo) sulla cui diagonale stiano i coefficienti a ii = (1 + F i ) e fuori diagonale stiano i coefficienti a ij. Abbiamo ottenuto una matrice di parentela additiva, A. Moltiplichiamo ora tutti gli elementi di A per σ 2 A. abbiamo ottenuto G che possiamo anche definire matrice di varianza e covarianza degli effetti additivi degli animali del pedigree

18 INDICE DI SELEZIONE (I o EBV o Â) E una stima dell effetto (o merito) genetico additivo P = µ + G + E P = µ + A + D + I + E X = P - µ = A + D + I + E Si ottiene dalla regressione di A su X: EBV = b AX X dove il coefficiente di regressione (b AX ) è pari all ereditabilità del carattere (h 2 ) o ad una sua funzione. Ogni indice di selezione ha una sua accuratezza o attendibilità (r AI ) che misura la correlazione tra Indice (I) e vero valore genetico Additivo (A) dell animale. L accuratezza è data (in prima approssimazione) da: r AI = b AX I valori genetici additivi veri (A) hanno varianza σ 2 A I valori genetici additivi stimati (I) hanno varianza σ 2 I e la relazione che lega le loro varianze è data da: σ 2 I = r 2 AI σ 2 A σ I = r AI σ A

19 Accuratezza dell Indice di Selezione Come l Indice di Selezione (EBV) è una stima del vero Breeding Value (BV) di un individuo, così la varianza degli indici di selezione, V(I), coglie solo una parte della varianza dei BV, V(A). La relazione è data da: V(I) = r 2 V(A) Il termine r 2, indicato anche come r TI 2, è il quadrato della correlazione tra Indice ed il vero (T = true) BV, e prende il nome di accuratezza. Se V(I) coglie solo la parte r 2 di V(A), la parte non spiegata, (1 r 2 ), definisce la varianza d errore dell indice: (1 r 2 ) V(A). Complessivamente quindi: r 2 V(A) + Varianza degli indici = V(I) (1 r 2 ) V(A) = Varianza d errore degli indici = V(A I) V(A) Varianza additiva (totale) Nel definire un indice di selezione è sempre opportuno affiancargli una misura della sua precisione. Questa può essere l accuratezza o il suo errore standard (S.E.P. = Standard Error of Prediction) ottenuto dalla radice quadrata della varianza d errore [(1 r 2 ) V(A)]. In entrambi i casi è necessario definire r 2. Possiamo farlo partendo da: dove: r 2 = V(I) / V(A) V(I) = V(bX) b 2 V(X) b*bv(x) b*cov(a,x) b*a ij *h 2 *V(X) V(A) = h 2 *V(X) E pertanto: r 2 = V(I) / V(A) = b*a ij

20 Il Modello Genetico Infinitesimale (I) Il fenotipo (P) di un carattere quantitativo misurato su un individuo i viene descritto dal seguente modello genetico generale: Dove: P i = µ + G i + E i µ è la media dei fenotipi; G i è il merito genetico dell individuo i; E i è l insieme degli effetti ambientali che hanno influito sull individuo i e che insieme al merito genetico hanno determinato il fenotipo P osservato. Il merito genetico di un individuo (come d altra parte l effetto ambientale) è quindi una deviazione positiva o negativa attorno alla media della popolazione µ. G i e E i sono due variabili casuali, di conseguenza anche P i è una variabile casuale. G i è distribuito normalmente (ossia secondo una distribuzione normale) con media zero e varianza σ 2 G. Anche E i è distribuito normalmente con media zero e varianza σ 2 E. In base alle regole per il calcolo della varianza, V(P) = V(G) + V(E). Questa uguaglianza è valida se Cov(G,E) = 0. La stessa uguaglianza può essere scritta in modo equivalente: σ 2 P = σ 2 G + σ 2 E. Il merito genetico G i è dato dalla particolare combinazione di geni che un individuo ha ricevuto dai genitori e che influenzano un determinato carattere quantitativo. Questi geni sono assunti essere in numero molto elevato (tendenzialmente infinito), sono ugualmente distribuiti in tutto il genoma (ogni cromosoma ne porta molti, distribuiti in modo omogeneo), ciascuno ha un effetto molto piccolo (tendenzialmente infinitesimale) sul carattere. Oggi, grazie a tecniche di biologia e genetica molecolare, iniziamo a conoscere molti geni implicati nel metabolismo animale e la loro localizzazione cromosomica. Alcuni di questi mostrano di avere effetti importanti, non infinitesimali, sulle produzioni animali (geni in cui segregano alleli ad effetto maggiore o geni maggiori). Molti cromosomi inoltre mostrano di non veicolare geni con effetto apprezzabile su un determinato fenotipo. Sono quindi allo studio modelli più realistici, alternativi a quello infinitesimale: modelli genetici finiti (in cui cioè i geni coinvolti siano in numero finito). Allo stato attuale il modello infinitesimale è ancora alla base dei risultati selettivi che vediamo nelle popolazioni animali. Modelli genetici finiti possono tuttavia costituire una integrazione ed una spinta selettiva supplementare importante in alcuni casi. Ad esempio: il modello infinitesimale non ci permette di prevedere la differenza di merito genetico tra due fratelli pieni candidati alla selezione prima che questi abbiano un fenotipo misurabile. In questo caso l informazione su chi dei due abbia ereditato una particolare regione cromosomica, dove sia localizzato un allele con effetto maggiore, diventa determinante per la selezione.

21 Il Modello Genetico Infinitesimale (II) Al fine di meglio comprendere il significato di G i è utile ipotizzare una situazione semplificata in cui il carattere quantitativo è controllato da un solo gene e in cui non è presente l effetto ambientale. Esempio completo: Genotipo Fenotipo Frequenza Valore individuale b 1 b 1 12 p 2 = 0,36 m + a = 9 +3 b 1 b pq = 0,48 m + d = b 2 b 2 6 q 2 = 0,16 m a = 9-3 Dove m = valore intermedio tra i due omozigoti: (6 + 12)/2 = 9 +a e a sono le deviazioni da m dei due omozigoti (a = 3) d = deviazione da m degli eterozigoti (d = 1) p = frequenza allelica di b 1 = 1 q = 0,6. Possiamo calcolare dapprima la media della popolazione: µ = p 2 (m + a) + 2pq(m + d) + q 2 (m a) = m + a(p q) + 2pqd = 9 + 3(0,2) + 0,48 = 10,08 Lo scostamento di ogni genotipo (o fenotipo) dalla µ definisce la deviazione G i in quanto l effetto ambientale è assente. Genotipo Fenotipo G i b 1 b ,92 b 1 b ,08 b 2 b 2 6-4,08 L effetto genetico G i di ogni individuo può essere scomposto in 2 parti: 1. l effetto genetico additivo A i (o valore riproduttivo BV i ) che esprime l effetto semplice dei geni portati dall individuo, metà dei quali possono essere trasmessi alla progenie; 2. l effetto genetico di dominanza D i determinato dalla specifica combinazione dei due alleli presenti a questo locus, che però non può essere trasmessa alla progenie. In simboli: G i = A i + D i L effetto genetico additivo o breeding value di un individuo è dato dal doppio della differenza tra la media della sua progenie e la media della popolazione. Questa definizione ha validità generale, anche per caratteri controllati da molti geni ed è alla base della valutazione genetica degli animali domestici. La prova di progenie infatti consiste nella stima del breeding value individuale attraverso la performance dei figli/e. Genotipo Valore riproduttivo b 1 b 1 BV 11 2(µ 11 - µ) b 1 b 2 BV 12 2(µ 12 - µ) b 2 b 2 BV 22 2(µ 22 - µ) Per calcolare i singoli valori riproduttivi è quindi necessario calcolare la media della loro progenie ipotizzando infiniti figli ottenuti da accoppiamenti con individui presi a caso nella popolazione.

22 Ad esempio, per il calcolo di BV 11 è necessario calcolare µ 11. Questo risulta molto semplice considerando i gameti prodotti dalla popolazione e quelli prodotti dall individuo: p = Freq. di b 1 nella popolazione q = Freq. di b 2 nelle popolazione Gameti di b 1 b 1 : tutti b 1 b 1 b 1 = p(m +a) b 1 b 2 = q(m + d) Da cui: Con analogo procedimento si calcola: µ 11 = pm + pa + qm + qd = m(p + q) + pa + qd BV 11 = 2 [m + pa + qd (m + a(p q) + 2pqd)] = 2 [m + pa + qd m - pa + qa - 2pqd)] = 2 [qd + qa - 2pqd)] = 2q [a + d - 2pd)] = 2q [a + d(1 2p)] = 2q [a + d(q - p)] BV 12 = (q - p) [a + d(q - p)] BV 22 = -2p [a + d(q - p)] La quantità [a + d(q - p)] può essere ridefinita α e nell esempio questa è pari a 2,8. Questa quantità viene definita effetto di sostituzione genica. Possiamo ora scomporre i valori G i nelle componenti A i e D i. Quest ultima la otteniamo per differenza. Si noti che la somma, pesata per le frequenze genotipiche, dei tre valori riproduttivi è pari a zero. Ed è ugualmente pari a zero la somma delle deviazioni di dominanza. Genotipo Fenotipo G i BV i D i b 1 b ,92 2qα = +2,24-0,32 b 1 b ,08 (q p)α = -0,56 +0,48 b 2 b 2 6-4,08-2pα = -3,36-0,72 Si noti che la differenza tra BV 11 e BV 12 è pari a quella tra BV 12 e BV 22 = 2,8 = α. L effetto di sostituzione genica esprime infatti la variazione di BV quando un allele sfavorevole (b 2 nell esempio) viene sostituito da uno favorevole (b 1 ). Poiché ora disponiamo di tutte le componenti del modello genetico possiamo calcolarne le relative varianze. Queste si ottengono semplicemente dalla somma, pesata per le frequenze, delle diverse deviazioni genetiche al quadrato. Genotipo Fenotipo Frequenza G i BV i D i b 1 b ,36 + 1, ,24 2-0,32 2 b 1 b ,48-0,08 2-0, ,48 2 b 2 b 2 6 0,16-4,08 2-3,36 2-0,72 2 Varianza 3,9936 3,9936 3,7632 0,2304 Si noti che: σ 2 P = σ 2 G e che σ 2 G = σ 2 A + σ 2 D. Una interessante relazione che lega la varianza genetica additiva ad α è: σ 2 A = 2pqα 2. Inoltre σ 2 D = (2pqd) 2. Si può inoltre verificare che, per come sono stati costruiti gli effetti A e D, la Cov(A,D) = 0 e pertanto σ 2 P = 2pqα 2 + (2pqd) 2.

23 Modello genetico Infinitesimale (Riassunto) Il Modello (effetti) P i = µ +G i + E i P ij = µ +G i + PE i + TE ij P ij = µ +A i + D i + I i + PE i + TE ij X i = P i - µ = Fenotipo aggiustato per gli effetti fissi A i = BV i = effetti semplici, additivi dei geni che controllano un carattere quantitativo, metà dei quali vengono trasmessi alla progenie (vengono ereditati). A i + D i + I i + PE i = effetti che si ripetono in tutte le performance produttive dello stesso animale. Il Modello (varianze degli effetti) V(P) = V(X) = V(A) + V(D) + V(I) + V(PE) + V(TE) V(A) / V(X) = h 2 = ereditabilità Ereditabilità h 2 = Cov(A i, X i ) / V(X) = Regressione del genotipo additivo sul fenotipo. Cov[A i, (A i + D i + I i + E i )] / V(X) Cov(A i, A i ) / V(X) V(A) / V(X) Ripetibilità [V(A) + V(D) + V(I) + V(PE)] / V(X) = r = ripetibilità r = Cov(X ij, X ij ) / V(X) = Regressione di una performance sull altra. Cov[(G i + PE i + TE ij )(G i + PE i + TE ij )] / V(X) [V(G) + V(PE)] / V(X) Covarianza = parte di varianza in comune Cov(A i, A i ) = a ii V(A) Cov(A i, A j ) = a ij V(A) Dove a ii = parentela dell individuo i con se stesso a ij = parentela di i con j. Cov(A i, X j ) = Cov[A i, (A j + D j + I j + E l )] Cov(A i, A j ) a ij V(A) a ij h 2 V(X)

24 Indice di Selezione dell individuo α: EBV α = Â α = I α = Stima di BV α EBV α = b AX *X i Nel caso più semplice b AX, che è il coefficiente di regressione del genotipo additivo sul fenotipo, è uguale a Cov(A α, X i ) / V(X) = h 2 (se α = i). Altrimenti vale la formula generale: V(X)*b = Cov(A α, X i ) Precisione dell Indice EBV è una stima non distorta di BV, quindi ad ogni variazione di BV corrisponde in media una identica variazione di EBV. Pertanto b AI = Cov(A,I) / V(I) = 1 e conseguentemente Cov(A,I) = V(I). Da questa uguaglianza è possibile definire la correlazione r AI tra EBV e BV: r AI = Cov(A,I) / (σ I * σ A ) = σ 2 I / (σ I * σ A ) = σ I / σ A r 2 AI = σ 2 I / σ 2 A Da cui V(I) = σ 2 I = r 2 AI σ 2 A. Possiamo ora definire un modello per la precisione dell Indice: A i = I i + e i Dove e i rappresenta l errore dell Indice pari a (A i I i ). In termini di varianze: V(A) = V(I) + V(A I) In cui la varianza additiva è scomposta in una parte spiegata dalla varianza tra indici e in un altra che rappresenta la varianza d errore degli indici. Per quanto riguarda quest ultima: V(A I) = V(A) + V(I) 2Cov(A,I) V(A) + V(I) 2V(I) V(A) V(I) V(A) r 2 AIV(A) V(A)(1 r 2 AI) Quindi: V(A) * r 2 AI V(A) * (1 r 2 AI) V(A) = V(I) Varianza spiegata dagli indici = Varianza d errore dell indice = Varianza additiva complessiva

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