DOTTORATO DI RICERCA IN GESTIONE BANCARIA E FINANZIARIA

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1 SAPIENZA - UNIVERSITA DI ROMA FACOLTA DI ECONOMIA DIPARTIMENTO DI MANAGEMENT E TECNOLOGIE DOTTORATO DI RICERCA IN GESTIONE BANCARIA E FINANZIARIA TESI DI DOTTORATO XXII CICLO LA MIFID E I MERCATI FINANZIARI EUROPEI: EFFETTI E PROSPETTIVE SIMONE FRANCESCO FIORAVANTI

2 Abstract La presente tesi si pone nel filone degli studi sulla MIFID ed ha l obiettivo di verificare se, a circa tre anni dall implementazione della Direttiva comunitaria, sia stato raggiunto l obiettivo di creare un mercato finanziario pan-europeo integrato ed efficiente, se si siano verificati i temuti effetti negativi dovuti alla frammentazione degli scambi e quali ulteriori evoluzioni sia lecito attendersi. Il lavoro, dopo la disanima della letteratura sull argomento e l analisi delle novità introdotte dalla MIFID in tema di mercati mobiliari, passa a descrivere l evoluzione nel panorama delle trading venue di titoli azionari nell Unione Europea, tracciando un parallelo con la situazione americana. Tramite un analisi empirica si analizzano poi gli effetti della frammentazione degli scambi post-mifid su tre panieri di titoli azionari caratterizzati da differenti livelli di frammentazione e si stimano gli effetti che una diversa implementazione della normativa sulla best execution potrebbe avere sul livello di frammentazione dei principali titoli azionari europei. I risultati ai quali si giunge dimostrano che negli ultimi anni si è incrementato il livello di frammentazione degli scambi su titoli azionari, con l introduzione di nuove trading venue, principalmente sistemi multilaterali di negoziazione, che hanno eroso la posizione dominante dei mercati regolamentati tradizionali e hanno costituito dei pool di liquidità sovranazionali. Queste nuove trading venue hanno adottato regimi commissionali ridotti e piattaforme di negoziazione tecnologicamente avanzate per attrarre flussi di ordini, specie da parte degli high frequency trader e, grazie ai volumi di negoziazione raggiunti, potrebbero essere in grado di mantenere, anche nel lungo periodo, le politiche di prezzo favorevoli all investitore che hanno contribuito al loro successo. L analisi empirica condotta non ha fatto emergere effetti negativi derivanti dalla frammentazione degli scambi, coerentemente con i risultati dei pochi studi empirici condotti nel periodo post-mifid e con una parte della letteratura in tema di microstruttura dei mercati. Inoltre è stato dimostrato che per i principali titoli europei nel mese di luglio 2

3 2010 è stata sostanzialmente raggiunta l esecuzione al prezzo migliore. Grazie ai nuovi sistemi multilaterali di negoziazione è stato parzialmente raggiunto uno degli obiettivi alla base della MIFID, ossia la creazione di un pool di liquidità pan-europeo, o, più precisamente, di numerosi pool in concorrenza fra loro. I sistemi multilaterali di negoziazione hanno infatti iniziato a proporsi come un alternativa a basso costo non solo per operare su titoli domestici ma anche per le operazioni cross-border, entrando quindi in concorrenza non solo con i mercati regolamentati ma, potenzialmente, anche con i servizi di brokeraggio offerti dagli intermediari. Un elemento caratterizzante i moderni mercati finanziari è la crescente importanza dell high frequency trading. Se esso ha certamente avuto un ruolo positivo nel decretare l instaurarsi della concorrenza fra trading venue e nel mantenere condizioni di equilibrio sulle varie sedi di negoziazione grazie all attività di arbitraggio, la sostituzione di trader umani con sofisticati software e hardware pone alcuni interrogativi, che hanno trovato maggior forza dopo il flash crash del 6 maggio 2010 verificatosi sui mercati americani. Le possibili soluzioni sul punto non sono ancora ben delineate, per via della novità e della estrema complessità del fenomeno, sebbene la Commissione Europea abbia recentemente proposto di introdurre un apposito regime regolamentare per tali soggetti e altre misure che ne dovrebbero influenzare, rectius, limitare, l operatività. Resta inoltre aperta la domanda se la necessità per i gestori dei sistemi multilaterali di contenere i costi operativi, visti i ridotti regimi commissionali adottati, abbia comportato il mancato svolgimento di alcune attività correlate alle negoziazioni ma che non generano profitti, quale ad es. il controllo sulla regolarità degli scambi, con potenziali effetti negativi per la qualità del mercato; inoltre le recenti proposte della Commissione Europea, che prevedono l introduzione di maggiori oneri organizzativi per le trading venue alternative, potrebbero comprometterne l equilibrio economico, costringendole ad un aumento delle commissioni di negoziazione chieste. Anche altri aspetti normativo-strutturali del mercato finanziario europeo non sono stati affrontati in maniera adeguata dalla Direttiva. Si pensi alla trasparenza sulle negoziazioni, 3

4 che in Europa è notevolmente più onerosa di quanto avviene negli Stati Uniti, oltre che di scarsa qualità per quanto concerne gli scambi effettuati al di fuori di mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione. Oppure alla scarsa qualità dei dati ricevuti dalle Autorità tramite il transaction reporting. O, ancora, all integrazione dei sistemi nazionali di post trading, con la scarsa interoperabilità fra controparti centrali, il cui numero si è peraltro incrementato a seguito del proliferare delle trading venue post-mifid, e con la sostanziale inerzia del mercato e della Commissione Europea sul fronte del settlement che ha portato la Banca Centrale Europea a sostituirsi al legislatore comunitario e alle forze di mercato per realizzare, motu proprio, un sistema di regolamento comune. Tali problematiche sono frutto di un approccio probabilmente troppo liberista della MIFID rispetto al pur similare Regolamento NMS nonché nelle problematiche legate all enforcement della norma, affidata a troppe Autorità nazionali; a tali problematiche la Commissione Europea, cogliendo molti dei suggerimenti del CESR, sta tentando di porre rimedio nell ambito dei lavori per la revisione della MIFID, intrapresi nella seconda metà del In conclusione, quindi, l integrazione che la MIFID doveva portare al mercato europeo, tramite una maggiore concorrenza fra trading venue, è ancora in una fase iniziale che le forze di mercato, da sole, potrebbero non essere in grado di superare. Vi sono tuttavia le premesse per proseguire il cammino verso una maggior integrazione pan-europea, grazie ai continui sviluppi IT, al processo di revisione della MIFID recentemente intrapreso dalla Commissione Europea e alla creazione della prima Autorità pan-europea per i mercati finanziari, l European Securities and Markets Authority. 4

5 INDICE GENERALE INDICE DELLE TABELLE E DELLE FIGURE... 2 INTRODUZIONE Area d analisi, obiettivi e metodologia Analisi della letteratura di interesse Costi di negoziazione, costo del capitale e crescita economica La trasparenza degli scambi Effetti positivi del consolidamento degli scambi Effetti positivi della frammentazione degli scambi Risultanze empiriche dei primi studi post-mifid I. LA SITUAZIONE PRE MIFID DEI MERCATI EUROPEI Il quadro normativo europeo pre-mifid I mercati azionari europei pre-mifid II. L ESPERIENZA STATUNITENSE III. L IMPATTO DELLA MIFID SUI MERCATI EUROPEI Il quadro normativo post-mifid I mercati azionari europei post-mifid: un quadro generale I sistemi multilaterali di negoziazione visibili le fonti di ricavi per i mercati regolamentati L high frequency trading Gli scambi over-the-counter: problematiche aperte Il post trading dopo la MIFID IV. ANALISI EMPIRICA Andamento del prezzo Volumi scambiati e livello di frammentazione Andamento degli spread bid-ask quotati Gli effetti di differenti ipotesi di best execution CONCLUSIONI E PROBLEMATICHE APERTE BIBLIOGRAFIA

6 INDICE DELLE TABELLE E DELLE FIGURE Figura II.1 - Quote di mercato su titoli azionari quotati sul NYSE Pag. 26 Figura II.2 - Quote di mercato sui titoli azionari quotati sul NASDAQ Pag. 26 Figura III.1 Concentrazione degli scambi sui titoli dell indice Eurostoxx600 Pag. 42 Figura III.2 Frammentazione degli scambi azionari in Europa Pag. 43 Figura III.3 Scambi sui principali MTF Pag. 45 Tab. III.1 Regimi commissionali variabili al luglio 2010 in bp per titoli azionari Pag. 48 Tab. III.2 Latency media Pag. 49 Figura III.4 - Composizione dei ricavi per i principali mercati regolamentati Pag. 52 Figura III.5 Scambi gestiti dalle principali trading venue nel luglio 2010 Pag. 55 Figura III.6 Evoluzione dell high frequency trading negli USA Pag. 59 Figura IV.1 Andamento del prezzo per paniere (gen05 lug10) Pag. 68 Figura IV.2 Andamento di volumi e frammentazione per paniere (gen05 lug10) Pag. 70 Tab. IV.1 - Andamento del livello di frammentazione per paniere(gen05 lug10) Pag. 71 Tab. IV.2 - Andamento dei volumi scambiati per paniere (gen05 lug10) Pag. 72 Figura IV.3 Andamento dello spread per paniere (gen05 lug10) Pag. 73 Tab. IV.3 - Commissioni di negoziazione per l ipotesi prezzo e commissioni Pag. 76 Figura IV.4 - Frammentazione titoli FTSE100 con diverse ipotesi di best execution Pag. 76 Figura IV.5 - Frammentazione titoli DAX30 con diverse ipotesi di best execution Pag. 77 Figura IV.6 - Frammentazione titoli CAC40 con diverse ipotesi di best execution Pag. 77 Tab. IV.4 - Variazioni quote di mercato con diverse ipotesi di best execution Pag. 78 Tab. IV.5 - Indice di frammentazione con diverse ipotesi di best execution Pag. 79 2

7 INTRODUZIONE 1. AREA D ANALISI, OBIETTIVI E METODOLOGIA L entrata in vigore, il 1 novembre 2007, della Direttiva comunitaria 2004/39/CE c.d. MIFID (dall acronimo Market in Financial Instruments Directive, o Direttiva ) 1 ha, nel volgere di pochi anni, innovato il panorama dei mercati azionari dell Unione Europea. La Direttiva ha infatti abolito il monopolio a favore dei mercati regolamentati mettendoli in competizione con altre sedi di negoziazione (c.d. trading o execution venue), ossia i sistemi multilaterali di negoziazione (multilateral trading facilities, MTF ) e gli intermediari che negoziano fuori mercato, secondo l idea che la competizione avrebbe prodotto effetti positivi per l investitore e per l efficienza dei mercati, portando alla creazione di un mercato finanziario integrato pan-europeo, con conseguente riduzione dei costi di negoziazione e quindi del costo del capitale per le società emittenti. Tuttavia il proliferare di sedi di negoziazione, con la conseguente frammentazione della liquidità su più trading venue, potrebbe compromettere il buon funzionamento del processo di formazione dei prezzi dei titoli, come messo in evidenza da una parte della letteratura 1 E opportuno premettere che il corpus normativo al quale si fa riferimento nel presente lavoro con il termine MIFID è invero piuttosto articolato; comprende infatti la Direttiva di primo livello (2004/39/CE c.d. D1), la Direttiva (2006/31/CE) che ne ha spostato l implementazione al 1 novembre 2007, e le norme comunitarie di secondo livello (Direttiva 2006/73/CE c.d. D2- e Regolamento 1287/2006/CE c.d. R2) che fissano importanti elementi di dettaglio, nonché le interpretazioni autentiche fornite dalla Commissione Europea e dal CESR. La MIFID è una Direttiva di armonizzazione massima, volta ad uniformare le norme dei vari Paesi membri lasciando a questi ultimi scarsa discrezionalità (salvo alcune opzioni espressamente previste dalla Direttiva). Pertanto, le norme nazionali di implementazione del citato corpus legislativo comunitario sono in genere state piuttosto aderenti al tracciato europeo, complice anche il limite a possibili casi di gold plating previsto dall art. 4 della D2 (peraltro elencati sul sito internet della Commissione Europea - In particolare, solo 3 Paesi (Regno Unito, Irlanda e Francia) hanno adottato misure ulteriori. 3

8 sulla microstruttura dei mercati mobiliari. A tal fine, la Direttiva ha previsto specifici obblighi di trasparenza, seppur limitati ai soli strumenti azionari quotati 2. Il presente lavoro, che si pone nel filone degli studi sulla MIFID e sulla microstruttura dei mercati mobiliari, ha l obiettivo di verificare se, a circa tre anni dall implementazione della MIFID, gli obiettivi della Direttiva siano stati raggiunti, se si siano verificati i temuti effetti negativi dovuti alla frammentazione degli scambi e quali ulteriori evoluzioni sia lecito aspettarsi e sarebbe opportuno augurarsi. Il lavoro, dopo la disanima della letteratura sull argomento con un focus sul differenziale fra costi di esecuzione delle transazioni domestiche e cross-border, descrive la situazione europea pre-mifid; viene poi tracciato un parallelo con l evoluzione dei mercati americani a seguito dell implementazione del Regolamento NMS, simile per molti aspetti alla MIFID; si passa quindi ad analizzare le novità normative introdotte dalla MIFID, evidenziandone gli aspetti critici che la revisione della Direttiva, attualmente in corso, intende affrontare; viene quindi analizzata l evoluzione nel panorama delle trading venue su titoli azionari che si è verificata post-direttiva, indagano le ragioni del successo dei sistemi multilaterali di negoziazione e gli stretti legami con lo sviluppo dell high frequency trading. Tramite un analisi empirica si analizzano poi gli effetti della MIFID su tre panieri di titoli azionari caratterizzati da differenti livelli di frammentazione e si stimano gli effetti che una diversa implementazione della normativa sulla best execution potrebbe avere sul livello di frammentazione degli scambi dei principali titoli europei. 2. ANALISI DELLA LETTERATURA DI INTERESSE E possibile individuare vari filoni nella letteratura che analizzano aspetti di interesse per il presente lavoro, ed in particolare quelli inerenti: la relazione fra costi di negoziazione dei titoli, costo del capitale per le società 2 Nel presente lavoro per strumenti finanziari quotati si intendono strumenti ammessi a quotazione su mercati regolamentati dell Unione Europea ma negoziati su qualsiasi trading venue. Nel testo si indicheranno generalmente con titoli gli strumenti azionari quotati. 4

9 emittenti e crescita economica complessiva; la trasparenza delle negoziazioni; la frammentazione degli scambi, ulteriormente suddivisibile in: a. benefici del consolidamento; b. benefici della frammentazione; c. prime evidenze post implementazione della MIFID. Si rimanda invece al par. 3.5 per un approfondimento relativo agli high frequency trader. 2.1 Costi di negoziazione, costo del capitale e crescita economica In letteratura si suole differenziare i costi di negoziazione fra operazioni c.d. domestiche e operazioni c.d. cross-border. Le prime si hanno quando l investitore e la trading venue principale (in genere un mercato regolamentato) hanno sede nel medesimo Paese; le operazioni cross-border sono invece tutte quelle nelle quali ciò non avviene, siano esse infra-ue (ad es. investitore italiano e titolo inglese) o extra-ue (ad es. investitore spagnolo e titolo statunitense). Nel corso dei primi anni del 2000 sono state condotti numerosi studi, dichiarazioni e documenti di policy sui differenti costi di negoziazione per l investitore finale delle operazioni domestiche rispetto a quelle cross-border [si vedano fra gli altri: Giovannini Group, 2001 e 2003; Eurogroup Consulting, 2002; NERA Economic Consulting, 2004; Padilla, Pagano, 2005; Commissione Europea, 2005, 2006a, 2006b e 2006d; Furse, 2007; Oxera, 2009]. Le risultanze dei lavori condotti mostrano che l esecuzione di operazioni domestiche risulta relativamente poco costosa per l investitore finale, mentre i costi di negoziazione salgono notevolmente per le operazioni cross-border. Il maggior costo deriva principalmente dalla necessità di ricorrere a catene di intermediari per assicurare il buon fine dell operazione (sia nelle fasi della negoziazione vera e propria che nelle successive 5

10 fasi di clearing e settlement 3 ). Nella configurazione più semplice, per un operazione cross-border sono coinvolti l intermediario presso cui l investitore detiene titoli e contante ed il broker, aderente diretto al mercato estero sul quale sono negoziati i titoli di interesse, che svolge anche le attività di clearing e settlement connesse alla negoziazione; nella configurazione più complessa, possono essere coinvolti fino a 11 intermediari. Un altro elemento che contribuisce al maggior costo delle operazioni cross-border è rappresentato dal fatto che, essendovi in genere minori volumi di transazioni per intermediario, vi è una maggior incidenza dei costi fissi e un minor livello di automazione. Nel complesso, secondo la letteratura esaminata (tutta pre-mifid con la parziale eccezione dello studio Oxera che ha analizzato anche il 2008, anno in cui la Direttiva, sebbene formalmente implementata, non aveva ancora pienamente dispiegato i suoi effetti procompetitivi), le operazioni cross-border infra-ue possono costare all investitore finale da 1,5 a 6 volte il costo di un operazione domestica, a seconda della tipologia di investitore e dell entità dell operazione. Del costo complessivo pagato da un investitore per eseguire un operazione cross-border, circa il 75% è rappresentato dalle commissioni pagate ai vari intermediari della catena, il 10% dalle commissioni di negoziazione chieste dalla trading venue e da controparti centrali e depositari centrali ed il restante 15% da spese di custodia, accesso ai dati, tasse e altre voci. In termini assoluti, i costi a carico di un investitore istituzionale per ordini cross border di medio ammontare possono essere nell ordine dei 20 basis point sul controvalore dell ordine [Oxera, 2009 con riferimento al periodo ] contro i circa 10 bp per ordini domestici sulle principali piazze europee, mentre per piccoli scambi retail tali importi possono quasi centuplicare, arrivando quasi al 2% [Commissione Europea, 2006b]. 3 Nel presente lavoro per clearing si intende l attività svolta dalle controparti centrali di interposizione fra i partecipanti al mercato con la novazione dei contratti originali e la creazione di saldi bilaterali; per settlement si intende l attività svolta dai sistemi di regolamento titoli consistente nel trasferimento definitivo degli strumenti finanziari e del contante, nonché, in senso lato, l attività di custodia e gestione degli strumenti stessi (c.d. custody). Per una più precisa trattazione sul punto si rimanda a Commissione Europea,

11 Appare pertanto ovvio che i maggiori costi delle operazioni cross-border rappresentano un serio ostacolo per la creazione di un vero mercato finanziario pan-europeo, con risvolti negativi anche per le società emittenti, sotto forma di minor accessibilità da parte di investitori non residenti 4. London Economics [2002], a seguito di un analisi macroeconomica, considera che se vi fosse una totale integrazione europea (un single Securities market ) per titoli azionari e corporate bond si otterrebbe una riduzione dei costi complessivi di negoziazione 5 fra il 23% e l 87% che ridurrebbe del 36% il costo del capitale per le società emittenti e, da questo, deriverebbe un aumento del Pil europeo dell 1,1%. Uno studio più recente della Commissione Europea [2006d], condotto secondo una metodologia simile a quella utilizzata da London Economics, ha rettificato il precedente calcolando che se le operazioni cross-border infra-ue costassero quanto quelle domestiche, il Pil europeo otterrebbe un aumento fra lo 0,2% e lo 0,6% annuo. Tali elementi vanno considerati come alla base della Direttiva (e, più in generale, del Piano d Azione della Commissione Europea in tema di mercati finanziari c.d. FSAP), che aveva fra i suoi obiettivi principali proprio quello di creare un mercato finanziario comune all interno dell Unione Europea riunendo i vari pool di liquidità presenti a livello nazionale. 2.2 La trasparenza degli scambi Per trasparenza degli scambi 6 si intende il livello, la facilità, i costi e la velocità con cui le informazioni, principalmente di prezzo e quantità, sugli ordini e/o sulle quotazioni (c.d. interessi di negoziazione) e sulle transazioni eseguite diventano di pubblico dominio. Per i 4 Vi è da dire che un altro fattore individuato dalla letteratura che influenza negativamente gli scambi crossborder, specie da parte degli investitori retail, è il c.d. home-bias. 5 Intesi come costi impliciti di negoziazione, ossia spread effettivi calcolati come [2*(Prezzo negoziazione Midpoint Bid-Ask)/Prezzo negoziazione], derivanti dall accresciuta liquidità. 6 Nel presente lavoro si utilizzeranno indifferentemente i termini scambi, negoziazioni e operazioni per indicare sinteticamente sia le transazioni concluse che gli interessi di negoziazione. 7

12 primi si parla di trasparenza pre-trade, per le seconde di trasparenza post-trade. In letteratura [si vedano fra gli altri Lee, 2002; Sabatini, Tarola, 2004] vengono individuati sia benefici che costi associati ad un dato livello di trasparenza. In particolare, un alto livello di trasparenza comporterebbe i seguenti vantaggi: garantisce maggior equità fra gli investitori, rendendo disponibili a tutti lo stesso set informativo, e quindi una maggior partecipazione al mercato, specie da parte degli investitori non informati e/o di minori dimensioni; migliora la velocità con cui le informazioni sugli interessi di negoziazione e sugli scambi sono incorporate nei prezzi dei titoli, rendendo più accurato il processo di price discovery; favorisce la competizione fra market maker diminuendo i relativi spread, che costituiscono, come noto, una componente dei costi impliciti di negoziazione; facilita l arbitraggio fra più venue migliorando la qualità del mercato; agevola il raggiungimento della best execution da parte degli intermediari, specie per quelli di minori dimensioni, nell esecuzione degli ordini della clientela. Per contro, la letteratura individua anche alcuni possibili svantaggi derivanti da un eccessivo livello di trasparenza, senza tuttavia individuare con precisione tale soglia di eccessività : la più accesa competizione fra market maker e il maggior rischio di posizione per questi operatori potrebbero comportare l uscita dal mercato di alcuni market maker con conseguente riduzione della liquidità fornita al mercato; gli investitori informati preferiscono una minor trasparenza così da mantenere confidenziale il loro vantaggio informativo; pertanto, in contesti di eccessiva trasparenza, potrebbero astenersi dal negoziare; lo stesso può dirsi per gli investitori che devono scambiare grandi quantità di titoli e che vogliono celare le loro intenzioni di negoziazione per evitare movimenti avversi di prezzo. Nel complesso, quindi, dall esame della letteratura sull argomento sembra emergere un contrasto fra le convenienze delle differenti tipologie di investitori (informati vs non 8

13 informati) e operatori (market maker vs intermediari di minori dimensioni). Vi è poi un punto di discussione aperto in merito alla proprietà dei dati di trasparenza; secondo alcuni, essi apparterrebbero alla trading venue, secondo altri, agli intermediari che hanno trasmesso gli ordini. Comunque sul punto sia l esperienza europea che quella statunitense consentono di affermare che la prima soluzione ha prevalso, seppur con modalità differenti. Come si vedrà nel prosieguo, il legislatore europeo ha scelto una via di compromesso, prevedendo, per i titoli azionari quotati, un elevato livello di trasparenza ma con numerose deroghe per determinate tipologie di operazioni e/o venue. Sugli altri strumenti finanziari, invece, la MIFID non ha imposto alcun tipo di obbligo, dando però alle singole Autorità nazionali il potere di estendere, in tutto o in parte, gli obblighi di trasparenza ad altri strumenti finanziari e prevedendo un riesame dell argomento ad alcuni anni di distanza dall implementazione della Direttiva. Più stringente l approccio seguito dal legislatore americano, che ha imposto un sistema di consolidamento informativo dei dati di trasparenza pre e post trade su titoli azionari quotati pur in presenza di frammentazione operativa un sistema cioè dove gli scambi avvengono in differenti venue ma vi è un unico canale informativo che raccoglie i dati di trasparenza di tutte le venue - nonché alcuni obblighi di reportistica sugli scambi di corporate bond e, più recentemente, anche per certi tipi di derivati OTC. Pur ritenendo che i vantaggi di elevati livelli di trasparenza, specie sui titoli più liquidi, prevalgano sugli svantaggi, è opportuno sottolineare che un elevato livello di trasparenza è quanto mai opportuno in un assetto frammentato delle negoziazioni in quanto è uno degli elementi necessari, ma non sufficienti, per il consolidamento informativo dei dati di pre e post trade e la riduzione di alcuni degli effetti negativi della frammentazione degli scambi. 2.3 Effetti positivi del consolidamento degli scambi Secondo molti commentatori, fra i benefici del consolidamento di tutti gli scambi sullo 9

14 stesso titolo in un unica trading venue si annoverano: le economie di scala; le esternalità di network; la diminuzione dei costi impliciti di negoziazione; la garanzia della best execution; i minori rischi di controparte. Per quanto concerne le economie di scala [si vedano tra gli altri, Lee, 2002; Greese, 2010a], la letteratura sostiene che gran parte dei costi necessari per avviare l attività come trading venue consistono in spese fisse (si pensi alle spese di sviluppo IT di una piattaforma di trading) mentre le spese variabili, legate alla singola operazione di compravendita di titoli, sono piuttosto contenute. Pertanto, tanto maggiore il volume delle negoziazioni presso la stessa trading venue, tanto minore la quota di costi fissi ammortizzata per ciascuna operazione. I costi fissi sopra richiamati non sarebbero peraltro pienamente recuperabili, e pertanto costituirebbero una barriera per le strategie di tipo hit-and-run. Per quanto concerne invece le esternalità di network, è opportuno premettere che per network si intende una rete di soggetti, tra loro collegati, che possono accedere ai medesimi servizi. Con effetto network si identifica, invece, l incremento di beneficio che ciascun partecipante riceve quando un nuovo soggetto decide di far parte della rete [tra gli altri, Economides, 1995; Di Noia, 2001; Nagni, 2008]. Trasponendo tale concetto nel settore delle securities, l esternalità di network (cioè esternalità positive dovute alla presenza del network) consiste nel fatto che tanto più grande è il numero di partecipanti alla trading venue, tanto maggiore è il vantaggio che ciascun partecipante ne ricava. A titolo di esempio, un emittente preferisce quotare i propri strumenti finanziari, a parità di altre condizioni, in una trading venue dove molti altri emittenti sono già presenti (c.d. esternalità diretta) ed un numero elevato di broker è presente (c.d. esternalità incrociata). Infatti, tanti più intermediari negoziano sulla medesima trading venue, tanto maggiore è il 10

15 livello di liquidità complessiva del luogo di negoziazione e quindi l efficienza tecnicooperativa dello stesso (i noti concetti di spessore, ampiezza, elasticità del mercato). Oltre a questo, la competizione tra broker può determinare l abbassamento delle commissioni richieste dagli intermediari agli investitori e quindi una loro maggior partecipazione al mercato. La maggior efficienza della trading venue e i minori costi di transazione possono così ridurre il rendimento richiesto dagli investitori agli emittenti, con una diminuzione del costo del capitale, nonché incentivare altri investitori ad entrare sul mercato con un ulteriore effetto positivo. Tale teoria potrebbe giustificare il successo del sistema multilaterale inglese AIM, in cui circa metà delle società quotate hanno sede legale in Paesi diversi dal Regno Unito 7. A loro volta, gli intermediari sarebbero attratti da quei mercati in cui molti altri intermediari (esternalità diretta) e titoli/società quotate (esternalità incrociata) sono presenti. Infatti, tali condizioni permettono loro di trovare facilmente una controparte per le negoziazioni e di avere ampia scelta di investimento: di conseguenza, essi riescono ad attrarre più clienti-investitori, oltre che a gestire meglio il portafoglio di proprietà. Grazie agli effetti delle economie di scala e delle esternalità di network deriverebbe peraltro la circostanza che le trading venue principali (ossia, in quasi tutte le realtà internazionali, i mercati regolamentati) godrebbero di una situazione di monopolio naturale o comunque forti vantaggi competitivi rispetto ai possibili concorrenti. Per ridurre il rischio di fenomeni di abuso di posizione dominante (ad es. la fissazione, da parte della trading venue incombente, di elevate commissioni per il trading o il listing), alcuni [Lee, 2010] propongono l adozione di apposite misure di governance fra cui l adozione di specifici assetti proprietari (non-for-profit e/o user-governed). 7 Le società quotate sull AIM al luglio 2010 erano per 59 mld di capitalizzazione; di queste, 753 (62% del totale) per 24 mld di capitalizzazione (41% del totale), avevano sede legale nel Regno Unito e 469, per 35 mld di capitalizzazione, in altri Paesi. Fonte: AIM-LSE, londonstockexchange.com. 11

16 Alcuni studi empirici precedenti all implementazione della MIFID [Bennet, Wei, 2006; Gajewski, Greese, 2007] individuano benefici, in termini di diminuzione dei costi impliciti di negoziazione, dal passaggio da un sistema frammentato su più market maker ad uno centralizzato misto (order-driven con market maker), soprattutto per gli scambi di minori dimensioni. Infine, appare lapalissiano affermare [Greese, 2010a, Foucault, Menkveld, 2008] che il consolidamento degli scambi permette di ottenere più facilmente la best execution, in quanto gli ordini degli investitori, essendo indirizzati tutti sullo stesso mercato, saranno sempre eseguiti ai migliori (gli unici) prezzi disponibili. Viceversa, in un sistema frammentato, vi è la possibilità del c.d. trade-throughs, cioè che gli ordini vengano eseguiti su una venue ad un prezzo meno conveniente per l investitore di quello disponibile presso una venue concorrente: questo per via di scarsa trasparenza pre-negoziazione, o dell assenza di collegamenti fra il broker e la venue migliore, o l esistenza di accordi commerciali in merito all invio degli ordini come la prassi del pay-for-order-flow. In particolare tale prassi, tipica del modello statunitense, prevede che alcune trading venue, soprattutto intermediari operanti fuori mercato, paghino una commissione al broker per ricevere l ordine del cliente. Il broker può poi rigirare, in tutto o in parte, tale commissione al proprio cliente. Come si vedrà nel cap. 2, alcuni sistemi multilaterali di negoziazione nel fissare le proprie politiche commerciali hanno adottato una variante di tale prassi, il c.d. pricing maker-taker. Infine, secondo alcuni studi [Petrella 2010, Herting, 2010, Amihud e Mendelson, 2004] gli investitori e i broker preferiscono, in condizioni anomale di mercato (ad esempio in tempo di crisi), indirizzare i propri ordini verso le trading venue che garantiscono la massima liquidità in quanto permettono di massimizzare l effetto network, garantiscono maggior trasparenza e riducono il rischio di controparte e quindi, a livello aggregato, permettono di ridurre il rischio sistemico. 2.4 Effetti positivi della frammentazione degli scambi Secondo quel filone della letteratura che individua prevalentemente effetti positivi dalla 12

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