Rassegna stampa. 14 ottobre 2014

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1 CONFINDUSTRIA TRAPANI Rassegna stampa 14 ottobre 2014 La rassegna stampa è consultabile sul nostro sito web:

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4 Pagina 1 di 1 aeroporto e co-marketing con l'ams (di Ryanair) Birgi, l'accordo non è "onorato" Su 2 mln versati solo 508mila euro Martedì 14 Ottobre 2014 Prima Trapani Pagina 34 Nove su 24 Comuni hanno pagato le prime due tranche. Nulla da Trapani e Marsala Alla Camera di Commercio, finora, sono arrivati euro - su un totale di 2 milioni - per l'accordo di co-marketing sottoscritto dalla coalizione dei Comuni, con l'obiettivo di partecipare al rilancio dell'aeroporto di Birgi. La quota di ogni singola amministrazione è stata divisa in quattro tranche. La prima il 16 aprile, a seguire, 16 luglio, 16 ottobre e 16 gennaio. Per ogni scadenza la «AMS» (Airport Marketing Services) - società che si occupa del marketing della Ryanair - è dunque autorizzata a staccare la fattura. L'intesa è triennale. Una parte dei Comuni ha scelto di finanziarie l'azione di co-marketing con la tassa di soggiorno. Altri con risorse dirette del bilancio. La maggioranza dei Comuni non ha dunque versato le prime due quote. Più di un sindaco ha rimandato all'approvazione del proprio bilancio di previsione. Ma sono davvero pochi - tra questi Castellammare del Golfo - i Comuni che hanno rispettato la data del 30 settembre. Gli strumenti finanziari devono ancora arrivare in consiglio. In alcuni casi stanno per andare in discussione. Ma è evidente che le «regole» del co-marketing, date e versamenti, non sono state rispettate. Finora hanno messo mano al portafoglio soltanto 9 Comuni su 24. Erice ha versato 50 mila euro su un totale di 120 mila, quasi due quote. Favignana, 40 mila euro su 160 mila. In pratica una delle quattro quote. Il contributo di Castellammare del Golfo è di 120 mila euro. L'amministrazione Coppola ne ha versati 30 mila, ma ha il bilancio di previsione nel cassetto e potrà coprire presto l'intera somma a suo carico. San Vito Lo Capo ha trasferito 40 mila euro su 160 mila. Si tratta di una quota, ma il sindaco Matteo Rizzo ha dichiarato che nel bilancio di previsione c'è tutto il resto. Il Comune di Buseto Palizzolo ha già messo 10 mila euro, comprendo 2 tranche perché la sua quota parte è di 20 mila euro. Il Comune di Paceco è fermo alla prima con euro su un totale di 30 mila. Valderice ha liquidato 20 mila euro su 90. Sale in cattedra, invece, Partanna con 10 mila euro, pari a due versamenti su quattro perché il Comune belicino deve mettere a disposizione 20 mila euro per l'accordo di co-marketing. Il nono Comune è quello di Poggioreale con mille euro su 5 mila. Si arriva a poco più di 508 mila euro con l'intervento della Camera di Commercio che ha versato la sua quota di 300 mila euro. Il Comune di Alcamo ha messo in bilancio 60 mila euro, ma l'atto deliberativo deve ancora essere approvato dal Consiglio. È comunque sempre più evidente che ci si trova di fronte ad una lotta contro il tempo per non «spazientire» Ryanair. L'attenzione è puntata soprattutto sui Comuni di Trapani e Marsala che dovranno contribuire per 300 mila euro ciascuno. vito manca

5 Pagina 1 di 2 Martedì 14 Ottobre 2014 I FATTI Pagina 8 In 5 anni "bruciato" il 44% degli investimenti, ma le aziende provano a ripartire Mario Barresi Nostro inviato Palermo. Anche se si potesse parlare di post crisi (ma purtroppo non è ancora finita), lo scenario sarebbe pesante. Con morti e feriti lasciati sul campo di una battaglia sempre più dura da combattere. È la trincea delle aziende del comparto pubblicitario in Sicilia, che registra un crollo del 44% degli investimenti fra il 2008 e il 2012 (-10% solo in quest'ultimo). E il preconsuntivo 2013 è all'insegna di «una ulteriore contrazione». Ma c'è un tessuto di medie, piccole e micro imprese fra concessionarie e agenzie di pubblicità, con occupati - che resiste. E prova a uscire dal tunnel. Investendo su tecnologia e ricambio generazionale, ma soprattutto su competitività e qualità dei servizi. No, non sono soltanto lacrime e sangue. C'è anche un segnale di speranza da un segmento che si piega, ma non si spezza. Anche perché - e questa è la novità - ci si comincia a parlare, a confrontare. Così come ieri mattina, nella sede di Confindustria Sicilia, nel focus su "Quanto vale la pubblicità in Sicilia. Aziende, addetti e investimenti del settore". Un momento di studio (che ha visto fra i protagonisti le concessionarie "Pk Sud" e "Publipiù") ma anche di confronto e proposte. Recepite da Linda Vancheri, assessore regionale alle Attività produttive, pronta a «superare la macchina infernale della burocrazia» per dare risposte alle aziende in termini di «bandi sui fondi Ue, protagonismo a Expo e politiche di filiera». Partendo da un tavolo, anzi da un «think thank in assessorato, per mettere a punto le proposte da inserire nella progammazione 2014/20 delle risorse comunitarie». Il punto di partenza è la ricerca "La pubblicità in Sicilia. Quadro produttivo, articolazione della spesa e strategie di sviluppo", elaborata dall'istituto Tagliacarne e presentata da Paolo Cortese, responsabile Osservatori economici. Nel 2011, il settore pubblicitario italiano registra un fatturato di circa 12 miliardi di euro, di cui il 73% mentre al Sud è appena il 4,9%. «In questo scenario, il volume di affari in Sicilia è di 121,4 milioni di euro, pari all'1% del fatturato nazionale, e registra tra il dei ritardi rispetto alla situazione nazionale con una contrazione del -8,7%». Il mercato dell'isola è molto "local". Infatti, «la spesa di clienti siciliani in Sicilia ammonta a 115 milioni di euro a fronte dei 5,7 milioni di euro di spesa di clienti siciliani in Italia». Di contro, «la spesa di clienti italiani in Sicilia è pari a 55,7 milioni di euro, ossia al 31% circa del totale della spesa sui media siciliani». Ma come reagiscono le imprese alla crisi? «A fronte della crisi economica globale, nel 2012, il 13,7% degli imprenditori siciliani del settore ha investito per alimentare la propria competitività. In gran parte dei casi (46,4%) l'innovazione è percepita come una delle finalità più importanti da perseguire; seguono la riduzione dei costi (35,7%), l'aumento della capacità operativa (32,1%), l'adeguamento standard competitivo (25%) e la sostituzione di attrezzature obsolete (25%). L'exit strategy è emersa ancora con più precisione nel dibattito - moderato da Andrea Lodato, inviato del nostro giornale - nel quale si sono confrontati esperti e addetti del settore. Anticipati dalla "pubblicità progresso" (per restare in argomento) del vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro sul «dinamismo di aziende che hanno testa, cuore e mani in Sicilia». Questo «per noi imprese è un valore aggiunto», il valore della pubblicità è un pezzo importante della competitività». La dimostrazione vivente dell'ottimismo è Giuseppe Condorelli (titolare Condorelli spa), che racconta «il forte legame della nostra azienda con la pubblicità, sin dai torroncini nella Domenica In di Pippo Baudo nel 1983». Ma ancora oggi «il brand di un'azienda è un fiore che va sempre annaffiato e sostenuti». In Sicilia, comunque, «le aziende continuano a investire, per noi è un asset fondamentale». È un vero piacere, verrebbe da citare il celebre spot. Il mantra di Giovanna Maggioni, direttore generale Upa (Utenti pubblicità associati): «La pubblicità è una leva economica». E dunque «va considerata come un investimento e non una spesa». Certificando «la vivacità» del settore nell'isola, anche perché è «incoraggiante che le imprese siciliane continuino a investire in Sicilia al di là della crisi». Già, la crisi. «È il sostantivo più usato:

6 Pagina 2 di 2 la guardiamo con impotenza, bisogna cambiare atteggiamento», esorta Carlo Ramo, socio amministratore di Strategica srl, fra i motori dell'inziativa di ieri. Dissacrante, sul mondo della pubblicità 2.0, Gianfranco Marrone, ordinario di Semiotica presso l'università di Palermo: «Il mondo dei social network sembra la panacea di tutto, ma non è così. Non basta mettere un post su facebook per risolvere il problema di comunicazione e di promozione». Così come è inadeguata la risposta delle pubbliche amministrazioni siciliane, Regione e Comuni, che secondo il "popolo della pubblicità", «sono fuorilegge rispetto all'obbligo di investire il 2% del bilancio in comunicazione isituzionale, obbligo disatteso a livello siciliano quanto a livello nazionale». Una provocazione tanto fuori tema (si parlava di rapporto imprese-pubblicità) quanto grave e fondata. Ne riparleremo, dobbiamo riparlarne.

7 Pagina 1 di 2 Nostro inviato Palermo Martedì 14 Ottobre 2014 I FATTI Pagina 8 Nostro inviato Palermo. Cresce, grazie all'accesso da smartphone e tablet, la fruizione di Internet. Ma la televisione, nell'isola, si conferma la principale fonte di informazione; carta stampata e radio restano punto di riferimento essenziale dei siciliani; In un contesto in cui c'è il gotha regionale della pubblicità, non è indifferente capire - a parità di potenziale messaggio - quale mezzo utilizzare per raggiungere al meglio i siciliani. Che - e questa è la prima notizia - stanno progressivamente imparando a informarsi in rete, nonostante 1,7 milioni di cittadini maggiorenni (nel 2013 erano circa 2 milioni) siano ancora di fatto tagliati fuori dall'accesso a Internet. E inoltre sono pochissimi, «anche a causa di una sempre più labile fiducia nelle istituzioni», i cittadini che scelgono di entrare nei siti delle pubbliche amministrazioni: appena il 4% dei navigatori siciliani visita il sito web del proprio Comune; soltanto l'1% afferma di visitare il sito Internet della Regione. Sono queste le luci (qualcuna in più degli ultimi anni) e le ombre (ancora molte) del digital divide, la distanza che separa i cittadini dal sacrosanto diritto di una tecnologia dell'informazione veloce ed efficace. È tutto nero su bianco. In un'aggiornatissima indagine dell'istituto Demopolis ("Comunicazione e fruizione dei Media in Sicilia: come ci si informa nell'isola tra Social e Digital Divide"), condotta fra il 5 e il 10 ottobre e presentata ieri a Palermo nel corso del convegno di Confindustria Sicilia. Una sorta di upgrade dello studio condotto in esclusiva per il nostro giornale nel settembre del Cos'è cambiato? Pochissimo, rispetto alla prevalenza del tubo catodico nella dieta informativa dei siciliani. La Tv, con l'85%, mantiene la propria leadership, quale fonte di informazione sull'attualità nazionale e internazionale. «Addirittura l'unica - ricorda Pietro Vento, direttore di Demopolis - per il 25% dei cittadini residenti nell'isola: siamo in presenza di un quarto della popolazione che, ancora oggi, entra in rapporto quotidiano con il Paese soltanto attraverso il filtro della televisione». Per i fatti che succedono al di fuori dello Stretto, c'è poi il web (38%), seguito da quotidiani e periodici (31%) e radio (24%). Ma come ci si informa nell'isola sull'attualità regionale e locale? «Almeno due volte a settimana - certifica l'istituto nazionale di ricerche - il 61% dei siciliani segue i telegiornali dei network televisivi regionali o provinciali; il 48% ascolta i notiziari regionali, radio o tv, della Rai. Poco più di un terzo legge o sfoglia, in versione tradizionale o su smartphone, un quotidiano o un settimanale. Un quinto sceglie un notiziario in radio. Cresce, soprattutto, l'informazione online, cui si affida oggi il 37% dei siciliani». Un dato che fa il paio con il maggiore accesso alla rete. «Cresce - afferma Vento - la fruizione di Internet e la navigazione si sposta progressivamente dai dispositivi fissi a quelli mobili. Il 43% dei siciliani si collega tutti i giorni o quasi, il 18% si caratterizza per una fruizione discontinua». La frequenza di accesso in rete da pc, tablet e smartphone: il 43% «tutti i giorni o quasi» (nel 2013 era il 37%) e l'11% «una o due volte la settimana»; ma c'è il risvolto della medaglia, con il 39% di siciliani che dichiare di navigare «mai o quasi mai» (lo stesso dato di un anno fa) e il 7% «raramente». Ma quasi quattro cittadini maggiorenni su 10 non utilizzano il web: «Permane nell'isola un evidente "digital divide", con un milione e 700 mila siciliani che restano ancora fuori dalla rete», a fronte di un milione e 850 mila "utenti abituali" e 750mila "utenti non abituali". Inoltre, «forti risultano i divari tra le generazioni, in base al titolo di studi, ma anche di genere, con le donne indietro di 12 punti percentuali nella fruizione del web», rammenta Demopolis. L'altra nota dolente che risuona nella sede palermitana di Confindustria Sicilia riguarda la trasparenza web della pubblica amministrazione. «I cittadini fruiscono sempre più dei social network, delle news online e dei motori di ricerca. Ma in pochissimi - ricorda Vento - accedono ai siti istituzionali degli enti locali». Appena l'1% dei navigatori utilizza il sito web della Regione (confermato il risultato della ricerca di un anno fa), il 4% quello dei Comuni (era il 3%), ma «il dato risente in positivo della necessità, registrata negli ultimi giorni, da parte dei cittadini rispetto a notizie sui tributi locali». Il trend in Sicilia, secondo Demopolis, è «in crescita nettamente inferiore rispetto ad altre aree del Paese». Un fenomeno che conferma una disastrosa realtà: il diritto

8 Pagina 2 di 2 d'accesso dei siciliani ai Palazzi "2.0" resta un miraggio. E qui non è una questione di banda larga. Ma di vedute - strettissime - di chi ci amministra. Ma. B.