10 - Applicazioni del calcolo differenziale

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1 Università degli Studi di Palermo Facoltà di Economia CdS Sviuppo Economico e Cooperazione Internazionale Appunti del corso di Matematica 10 - Applicazioni del calcolo differenziale Anno Accademico 2015/2016 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

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3 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti L obiettivo di questa sezione é ricercare i punti di massimo e di minimo relativi, interni all insieme di definizione della funzione, supponendo che questa sia derivabile Teorema 1.1. Sia f una funzione derivabile in x 0 punto interno dell insieme A di definizione della funzione. Se f (x 0 ) > 0, allora f(x) è crescente in x 0. Teorema 1.2. Sia f una funzione derivabile in x 0 punto interno dell insieme A di definizione della funzione. Se f (x 0 ) < 0, allora f(x) è decrescente in x 0. Teorema 1.3. Sia f una funzione derivabile in x 0 punto interno dell insieme A di definizione della funzione. Se f(x) ha un punto di massimo o di minimo relativo in x 0, allora f (x 0 ) = 0. I teoremi 6.1 e 6.2 esprimono una condizione sufficiente perché una funzione derivabile risulti crescente o decrescente in un punto x 0, interno al suo dominio. Il teorema 6.3 esprime invece una condizione necessaria ma non sufficiente perché una funzione derivabile presenti un estremante relativo in un punto x 0, interno al suo dominio. Ne costituisce un esempio la funzione f(x) = x 3 che è crescente in x 0 pur essendo f (0) = 0. La condizione necessaria espressa dal teorema 6.3 viene anche detta condizione del primo ordine. Essa opera una prima selezione: affinché un punto x 0 (interno al dominio di una funzione f derivabile) sia un estremenate, deve almeno annullare la derivata prima di f. I punti che non sono soluzione dell equazione f (x) = 0 sicuramente non sono estremanti. Il fatto che la derivata prima si annulli nel punto x 0 non ci assicura che in quel punto la funzione abbia un minimo o un massimo. Potrebbe avere un flesso orizzontale o addirittura potrebbero presentarsi situazioni ancora piú complicate. Occorre quindi necessariamente studiare il segno della derivata prima nei punti a sinistra e nei punti a destra di x 0. Teorema 1.4. Sia x 0 un punto che, assieme alla derivata prima, annulla tutte le derivate della funzione f fino a quella di ordine n-1, ma non quella di ordine n: f (x 0 ) = f (x 0 ) = f (x 0 ) = = f (n 1) (x 0 ) = 0 con f (n) (x 0 ) 0. Se n é pari, il punto x 0 é di massimo quando risulta f (n) (x 0 ) < 0 e di minimo quando risulta f (n) (x 0 ) > 0; se n é dispari il punto x 0 non é né di massimo né di minimo. D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 3

4 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Teorema 1.5. Sia x 0 tale che f (x 0 ) = 0 e sia f una funzione continua in x 0. Se δ > 0 tale che: i: f (x) > 0, x (x 0 δ, x 0 ) e f (x) < 0, x (x 0, x 0 + δ), allora f(x 0 ) è un massimo locale ii: f (x) < 0, x (x 0 δ, x 0 ) e f (x) > 0, x (x 0, x 0 + δ), allora f(x 0 ) è un minimo locale iii: f (x) ha lo stesso segno su (x 0 δ, x 0 ) (x 0, x 0 + δ), allora f(x 0 ) non è un estremo locale (ossia né un massimo, né un minimo). Teorema 1.6. Sia f una funzione derivabile in tutti i punti interni dell insieme A di definizione: i: se f (x) > 0, x interno ad A, allora f(x) è crescente in A; ii: se f (x) < 0, x interno ad A, allora f(x) è decrescente in A; iii: se f (x) = 0, x interno ad A, allora f(x) è costante in A. Proof. Dimostriamo il caso (i). Per il teorema del valor medio, esiste almeno un c A tale che f (c) = f(x 2) f(x 1 ) x 2 x 1 con x 1 < x 2. Per ipotesi f (x) > 0 e quindi f (c) > 0, per cui f(x 2 ) f(x 1 ) > 0 x 2 x 1 Tale frazione è maggiore di zero se il numeratore è maggiore di zero, ossia f(x 2 ) > f(x 1 ), pertanto la funzione è crescente. Si osservi che la (i) e la (ii) sono condizioni sufficienti, ma non necessarie (la funzione f(x) = x 3 è crescente su R, ma f (0) = 0). La (iii) esprime invece una condizione necessaria e sufficiente, ossia vale la doppia implicazione: f (x) = 0 f è costante I punti di massimo e minimo relativo sono stati ricercati nell ipotesi che tali punti fossero interni al dominio della funzione e che questa fosse derivabile. Senza queste ipotesi restrittive, giá la condizione f (x) = 0 non é piú necessariamente soddisfatta dagli estremanti, come accade nel punto x 0 = 0 delle funzioni rappresentate nella figura 6. Per la funzione y = x la derivata nel punto x 0 = 0 non esiste. Per la funzione y = x, la derivata prima in x 0 = 0, f (x 0 ), é diversa da 0. In entrambi i casi x 0 é un estremante della funzione. Per arrivare a conclusioni generali occore dunque aggiungere, ai punti critici ottenuti con le precedenti regole, lo studio dei punti in cui la funzione non é derivabile e dei punti di frontiera del suo dominio. Confrontando le immagini dei punti cosí individuati, si perverrá alla determinazione degli eventuali punti di massimo e minimo assoluti. 4 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

5 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Figure 1. Funzioni con estremanti per cui risulta f (x 0 ) = oppure f (x 0 ) 0. Esempio 1.1 Determinare in quali intervalli la funzione f(x) = 4 5 x5 3x 4 4x x 2 24x + 6 è crescente o decrescente. Si osservi che la f(x) è definita, continua e derivabile su tutto R. La sua derivata è f (x) = 4x 4 12x 3 12x x 24 = 4(x + 2)(x 1) 2 (x 3) Vediamo qual è il segno di f (x). In particolare (x 3) (x 1) 2 (x + 2) Quindi f(x) è crescente su (, 2), decrescente su ( 2, 3) e crescente su (3, + ). Esempio 1.2 Determinare i punti critici della funzione f(x) = 3 x 2. Dalla definizione di punto critico, sappiano che i valori di x per cui f (x) = 0 sono punti critici, quindi Quindi, x = 0 è un punto critico. f (x) = 2x = 0 per x = 0 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 5

6 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Esempio 1.3 Sia f(x) = x Determinare i punti critici. Si osservi che { x se x f(x) = (x + 1) + 2 se x + 1 < 0 quindi { 1 se x > 1 f (x) = 1 se x < 1 I punti critici vanno ricercati dove si annulla la derivata prima o dove la derivata prima non esiste. In questo caso f (x) 0 sempre. Per x = 1 la derivata prima non esiste. Per x = 1, f( 1) = 2 < f(x), x R e x 1. Quindi x = 1 é un punto critico. Esempio 1.4 Determinare i punti critici della funzione f(x) = x 2 2. { x f(x) = 2 2 se x (x 2 2) se x 2 2 < 0 ossia f(x) = { x 2 2 se x 2 oppure x 2 (x 2 2) se 2 < x < 2 La derivata prima vale { 2x se x < 2 oppure x > 2 f (x) = 2x se 2 < x < 2 In questo caso, f (x) = 0 per x = 0, inoltre, in x = 2 la derivata f (x) non esiste. Quindi i punti critici sono x = 0 e x = 2. A tal fine si osservi la figura 2. Esempio 1.5 Determinare i punti critici della funzione f(x) = 1 x 1. Si osservi che f(x) è definita in (, 1) (1, + ) e che anche f (x) = 1 è definita sullo stesso dominio. In x = 1 f (x) non (x 1) 2 esiste, ma x = 1 non è un punto critico in quanto non appartenente al dominio di f(x). 6 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

7 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Figure 2. Punti critici della funzione f(x) = x 2 2 Figure 3. Punti critici delle funzioni f(x) e g(x) dell esempio 1.6 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 7

8 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Figure 4. Punti critici della funzione g(x) = 2x x 2 3 Esempio 1.6 (Figura 8) { 7 2x se x 2 { 1 + 2x se x 1 (i) f(x) = x se x > 2 (ii) g(x) = 5 x se x > 1 Nel caso (i), in x = 2 la funzione è continua ma f (2) non esiste. In x = 2 la funzione non assume nè massimo nè minimo in quanto f (x) < 0 in (2 δ, 2) (2, 2 + δ). Per quanto riguarda il caso (ii), f (x) in x = 1 non esiste e, sebbene f (x) > 0 in (1 δ, 1) e f (x) < 0 in (1, 1 + δ), in x = 1 la funzione non è continua e quindi non possiamo dire nulla in base al teorema, visto che esso NON può essere applicato. Come si vede dalla figura 8, tuttavia, il punto x = 1 è un punto di massimo (locale e assoluto). Vi sono casi in cui è difficile determinare il segno di f nell intorno del punto critico. Inoltre, è importante fornire una condizione sufficiente affinchè un punto critico possa essere identificato come un massimo o un minimo. Questa condizione si basa sullo studio del segno della derivata seconda, f (x), e prende il nome di condizione del secondo ordine. Teorema 1.7 (Test della derivata seconda). Sia f (c) = 0 e si ipotizzi che esiste f (c). Allora: i: se f (c) > 0, f(c) è un minimo locale ii: se f (c) < 0, f(c) è un massimo locale Nulla si può concludere se f (c) = 0. Se f (c) = 0 non possiamo concludere che f(c) non sia estremo. 8 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

9 1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti Esempio 1.7 Determinare gli estremi delle seguenti funzioni (i) f(x) = x 4 2x 3 ; (ii) g(x) = 2x x 2 3 ; (iii) h(x) = x 2 2 i: f (x) = 4x 3 6x 2 = 0; 4x 3 6x 2 = 2x 2 (2x 3) = 0; i punti critici sono x = 0 e x = 3 2. Studiamo il segno della derivata prima: min Quindi in x = 0 non abbiamo estremi (vedremo in seguito che f(0) è un flesso). Mentre, in x = 3 si ha un minimo. 2( ) 3 In particolare f = ii: g (x) = 10 3 x x 1 3 = 10 3 x 1 3 (x + 1) = 0. Si osservi che in x = 0, g (x) non esiste e che g (x) si annulla in x = 1. Pertanto, max min Dalla figura 4 si evince che in x = 0 la funzione assume un minimo. iii: Come già visto, per h(x) = x 2 2 abbiamo che { 2x se x < 2 oppure x > 2 h (x) = 2x se 2 < x < 2 e h (x) = 0 in x = 0, mentre, h (x) non esiste in x = 2. Studiamo il segno di h (x). Se x < 2 e x > 2, allora f (x) = 2x, e quindi per x < 2, f (x) < 0 mentre per x > 2, f (x) > 0. Se 2 < x < 2, allora f (x) = 2x, quindi, per 2 < x < 0, f (x) > 0 e per 0 < x < 2, f (x) < min max min D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 9

10 2. Concavità e convessità Esempio 1.8 Siano date le funzione f(x) = x 3, g(x) = x 4 e h(x) = x 4. Esse hanno un punto critico in c = 0. Se applichiamo il test della derivata seconda osserviamo che f (x) = 6x con f (0) = 0; g (x) = 12x 2 con g (0) = 0; h (x) = 12x 2 con h (0) = 0. Nel primo caso, f(x) in c = 0 non ha nè massimo nè minimo; nel secondo caso, g(x) assume un minimo in x = 0; infine, nel terzo caso, h(x) assume in x = 0 un massimo. Lo studente verifichi che il test della derivata prima permette di giungere alle tre conclusioni senza ispezione dei grafici delle tre funzioni. Esempio 1.9 Determinare gli estremi della seguente funzione: (i) f(x) = 2x 3 3x 2 12x + 5; (i) Calcoliamo le derivate, prima e seconda di f(x): f (x) = 6x 2 6x 12 e f (x) = 12x 6. Poniamo a zero la derivata prima al fine di determinare i punti critici. Possiamo fattorizzare f (x) ottenendo 6(x 2)(x + 1) = 0 da cui i punti critici risultano essere x = 2 e x = 1. Per tali punti f (2) = 18 > 0 e f ( 1) = 18 < 0. Pertanto,f(2) è un minimo mentre f( 1) è un massimo. 2. Concavità e convessità Lo studio del segno della derivata prima permette l individuazione dei valori estremi di una funzione. Vedremo adesso come lo studio del segno della derivata seconda permetta di stabilire in quali intervalli la funzione sia concava o convessa. Teorema 2.1. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione f sia convessa (concava) in un intervallo [a, b] é che la sua derivata f sia crescente (decrescente) su [a, b]. Teorema 2.2. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione f, derivabile due volte nell intervallo [a, b], sia convessa (concava) é che x [a, b] risulti f (x) 0 (f (x) 0). Teorema 2.3. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione derivabile f sia convessa (concava) in un intervallo [a, b] é che il suo diagramma si trovi sempre al di sopra (al di sotto), o per lo meno non al di sotto (non al di sopra), di quello della retta tangente al diagramma stesso in un generico punto x 1 [a, b]. Si noti che, nella definizione di funzione concava e convessa la necessità che la funzione sia derivabile nell intervallo aperto (a, b) segue dalla 10 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

11 2. Concavità e convessità necessità di poter definire la retta tangente ad f in ogni punto di tale intervallo. Se si indica con t(x) = f(x 0 ) + f (x 0 ) (x x 0 ) la retta tangente ad f nel punto (x 0, f(x 0 )), la funzione è convessa nell intervallo (a, b) se x 0 (a, b) e, dato x 0, x [a, b] si ha che: f(x) t(x) = f(x 0 ) + f (x 0 ) (x x 0 ). In modo analogo, la funzione sarà concava in (a, b) se x 0 (a, b) e, dato x 0, x [a, b] risulta: f(x) t(x) = f(x 0 ) + f (x 0 ) (x x 0 ). Nella figura 10 è riportato il grafico di una funzione convessa nell intervallo (, 0.29), concava nell intervallo (0.29, 1.71) e (ancora) convessa nell intervallo (1.71, + ). Si noti che nei punti F e G in figura, di ascissa 0.29 e 1.71, rispettivamente, avviene il cambiamento da concava a convessa e viceversa. In tali punti, che prendono il nome di punti di flesso la funzione NON è né concava né convessa. Figure 5. Grafico di una funzione convessa nell intervallo (, 0.29), concava nell intervallo (0.29, 1.71) e (ancora) convessa nell intervallo (1.71, ) Definizione Un punto x 0 (a, b) si dice punto di flesso per la funzione f : (a, b) R se δ > 0 tale che f risulti convessa nell intervallo (x 0 δ, x 0 ) e concava nell intervallo (x 0, x 0 + δ), o viceversa. D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 11

12 2. Concavità e convessità Teorema 2.4. Se il punto (x 0, f(x 0 )) è un punto di flesso allora f (x 0 ) = 0 oppure f (x 0 ) non esiste. Come per i punti critici, il teorema precedente fornisce una condizione necessaria ma non sufficiente: (x 0, f(x 0 )) è un punto di flesso f (x 0 ) = 0 o f (x 0 ) non esiste. Si noti che NON è sempre vera l implicazione inversa (per esempio la funzione y = x 4 ammette derivata seconda che si annulla in x 0 = 0, ma il punto (0,0) non è un flesso). Esempio 7.1 Determinare gli eventuali punti di flesso, nonché gli intervalli di concavità e convessità delle seguenti funzioni: (i) f(x) = x 3 6 x x + 1; (ii) g(x) = 3 x x; (i) Determiniamo f (x) e f (x). Queste sono, rispettivamente, f (x) = 3 x 2 12 x + 3 e f (x) = 6 x 12. Si osservi che f (x) = 0 per x = 2. Tramite lo studio del segno di f (x) riportato in Fig.11 possiamo individuare in quale intervallo f(x) è convessa e in quale è concava. In particolare, si ottiene che f(x) è concava in (, 2) e convessa in (2, ). Il punto (2, f(2)) è un punto di flesso. Figure 6. Concavità e convessità della funzione f(x) = x 3 6 x x + 1. (ii) Le derivate prima e seconda di g(x) sono: g (x) = 5 x e g (x) = 10 3 x 1 3. La derivata seconda non si annulla mai ed è discontinua in x = 0. Questo è dunque un potenziale punto di flesso. In Fig.12 è riportato lo studio del segno di g (x), da cui si evince che g(x) è concava in (, 0) e convessa in (0, ). Lo studente determini gli eventuali punti di massimo e minimo di f(x) e g(x). 12 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

13 3. Asintoti Figure 7. Concavità e convessità della funzione g(x) = 3 x x. Figure 8. ESERCIZIO 1 (di approfondimento): Determinare gli intervalli in cui la f(x) è crescente e decrescente. 3. Asintoti Definizione Un asintoto é una retta tale che la distanza tra essa e la funzione y = f(x) tende a 0 per x ± (asintoti orizzontali o obliqui) o per x che tende ad un punto ove la f non é definita o é discontinua (asintoti verticali). Possiamo classificare tre tipi di asintoti: D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 13

14 3. Asintoti i: Asintoti Verticali Si dice che la retta x = x 0 é un asintoto verticale per la funzione y = f(x) se c é un punto singolare x 0 (punto di accumulazione escluso dal dominio) in cui si abbia oppure lim f(x) = ± x x + 0 lim x x 0 f(x) = ± In pratica la curva si avvicina sempre piú alla retta di equazione x = x 0 senza mai attraversarla né toccarla. La ricerca degli asintoti verticali deve quindi avvenire nell intorno di quel (quei) valore(i) x 0, se esiste (se esistono), in cui la funzione non é definita. Pertanto una funzione che non abbia punti singolari non puó avere asintoti verticali. ii: Asintoti Orizzontali Si dice che la retta di equazione y = k é un asintoto orizzontale per la funzione y = f(x) se si verifica una delle seguenti condizioni: oppure lim f(x) = k x + lim f(x) = k x dove k un numero reale. In pratica la curva si avvicina sempre pi ad una retta di equazione y = k ed in questo caso é il numero k quel che dobbiamo determinare. iii: Asintoti Obliqui Se non esiste l asintoto orizzontale dobbiamo cercare l eventuale asintoto obliquo (sia per x tendente a +, che per x tendente a ). La retta di equazione y = ax + b (dove a 0, altrimenti si tratterebbe di un asintoto orizzontale) si dice asintoto obliquo se il grafico della funzione si avvicina ad essa, al tendere di x verso piú o meno infinito. Bisogna quindi determinare i valori A (coefficiente angolare) e b (ordinata allorigine). 14 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

15 4. Indicazioni per lo studio di una funzione Si ha: f(x) lim x ± x = a, con a R e a 0 e lim f(x) ax = b, con b R. x ± Evidentemente possono presentarsi simultaneamente l asintoto per x + (asintoto destro) e x (asintoto sinistro) che in generale sono distinti, ovvero uno soltanto dei due. Figure 9. Grafico di una funzione che presenta i tre tipi di asintoto. 4. Indicazioni per lo studio di una funzione Le operazioni da compiere per effettuare lo studio di funzione sono: Determinazione dell insieme di definizione (o dominio) della funzione, cioé il sottoinsieme dei numeri reali piú esteso entro il quale l espressione che definisce la funzione non perda di senso; Simmetrie e periodicitá. Se individuate, semplificano notevolmente lo studio della funzione; Intersezioni con gli assi e segno della funzione. Si opera come segue: intersezioni con l asse x, basta sostituire nell espressione algebrica della funzione alla y il valore 0 e risolvere, se possibile, l equazione. intersezione con l asse y. Esiste solamente se lo 0 (zero) appartiene al dominio della funzione, nel qual caso questa intersezione é unica per definizione stessa di una funzione, e sará il punto di coordinate (0, f(0)). In questa fase, si studia anche il segno della funzione, cioé D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 15

16 4. Indicazioni per lo studio di una funzione ci si chiede quando la funzione é positiva (sopra l asse x) o negativa (al di sotto dell asse x); Calcolo dei limiti agli estremi del campo d esistenza e nei punti singolari. Il calcolo dei limiti permette di verificare la continuitá di una funzione o di valutarne le discontinuitá. Con il calcolo dei limiti si é in grado anche di individuare l esistenza di eventuali asintoti verticali, orizzontali o obliqui. La presenza dell asintoto orizzontale esclude la presenza di quello obliquo. Da notare che potranno esserci da zero a infiniti asintoti verticali, da zero a due asintoti orizzontali, da zero a due asintoti obliqui; Massimi, minimi, crescenza e descrescenza della funzione. Si effettua il calcolo della derivata prima della funzione per studiarne la crescenza e stabilire l esistenza di eventuali punti stazionari. Tramite lo studio del segno della derivata prima si é in grado di individuare eventuali punti di massimo o di minimo relativi; Concavitá, convessitá e flessi della funzione. Si effettua lo studio del segno della derivata seconda in modo da valutare se esistono punti di flesso (nei punti dove la derivata seconda si annulla) nonché se i punti stazionari trovati con lo studio della derivata prima sono massimi, minimi di funzione o punti di flesso a tangente orizzontale. Grafico della funzione. 16 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

17 4. Indicazioni per lo studio di una funzione Figure 10. ESERCIZIO 2 (di approfondimento): Determinare massimi, minimi, flessi e intervalli di concavità e convessità delle seguenti funzioni. D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio 17

18 4. Indicazioni per lo studio di una funzione Figure 11. ESERCIZIO 3 (di approfondimento): Determinare massimi, minimi, flessi e intervalli di concavità e convessità delle seguenti funzioni. 18 D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio

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