L apprendimento della cortesia in italiano L2

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1 L apprendimento della cortesia in italiano L2 Un analisi dell uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell italiano in relazione alla competenza linguistica

2 L apprendimento della cortesia in italiano L2 Un analisi dell uso dei modificatori nella richiesta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell italiano in relazione alla competenza linguistica Jikke van Gosliga Relatore: Ineke Vedder Correlatore: Mauro Scorretti Universiteit van Amsterdam Facoltà di Scienze Umane Tesi di laurea specialistica in lingua e cultura italiana 25 febbraio

3 Indice Prefazione 5 1. Introduzione 6 2. La pragmatica nell interazione verbale in L Gli atti linguistici di Austin e Searle La cortesia nell interazione verbale in L Il Principio di cooperazione e le massime di Grice I Face Threatening Acts di Brown & Levinson L atto linguistico della richiesta in L L apprendimento della grammatica di L2 in relazione all l apprendimento della pragmatica di L La modalità scritta e la modalità orale Modificatori Modificatori interni Modificatori esterni L apprendimento dei modificatori interni Impostazione della ricerca Domande e ipotesi I soggetti Test Analisi Risultati La competenza linguistica e l uso dei modificatori La dominanza sociale La produzione dei modificatori nella modalità scritta e nella modalità orale Conclusioni La relazione tra la competenza linguistica e l uso dei modificatori La relazione tra la dominanza sociale e l uso dei modificatori 50 3

4 6.3 La relazione tra la modalità e l uso dei modificatori La relazione tra la competenza linguistica L2 e la competenza pragmatica L2 52 Bibliografia 54 Allegati 56 4

5 Prefazione Vorrei ringraziare alcune persone che mi hanno aiutato durante il processo di scrivere la presente tesi. Innanzitutto vorrei indirizzare un ringraziamento a Ineke Vedder, che mi ha seguito in questo processo (anche durante il mio soggiorno a Bologna) e mi ha dato del feedback e dei consigli per la mia ricerca. Poi ringrazio Elisabetta Materassi; la sua disponibilità ha reso possibile la somministrazione dei test con il suo gruppo di studenti. Inoltre vorrei ringraziare il mio coinquilino Alessandro che ha voluto dare un po del suo tempo alla costruzione dei test. Ringrazio pure Stefania Ferrari che mi ha aiutato con la correzione dei test costrutti. Ringrazio le mie amiche Christine e Lorine che mi hanno dato una mano durante la somministrazione dei test. Grazie a mia sorella Marieke per il suo coaching e grazie a mia sorella Rinske per il suo aiuto con il lay out della tesi. Infine vorrei tanto ringraziare i miei genitori, perché hanno reso possibile il soggiorno a Bologna per 7 mesi. Durante la mia ricerca il loro interesse e la loro confidenza in me mi hanno sempre dato energia e voglia di portare questa tesi a buon fine. 5

6 1. Introduzione Negli ultimi decenni la quantità di studi sociopragmatici è aumentata considerevolmente. Della maggior parte degli studi sulla pragmalinguistica e sulla sociopragmatica stanno alla base la teoria della faccia e quella dei Face Threatening Acts, sviluppate da Brown & Levinson (Brown & Levinson, 1987). Anche per la presente ricerca partiamo da questa teoria che spiega che in un interazione gli interlocutori sono sempre impegnati a mantenere la loro immagine sociale di sé, e a non danneggiare quella dell interlocutore. Compiendo degli atti linguistici che sono Face Threatening Acts, gli interlocutori cercano di mitigare la forza dell atto linguistico per non danneggiare la faccia dell altra persona e per lasciare intatta la propria faccia. Spostando l attenzione all apprendimento di una L2, si pone il problema della difficoltà dell apprendimento della pragmatica di quella L2 che in questa tesi viene esaminato separatamente dall apprendimento della grammatica di una L2. Gli apprendenti L2 spesso hanno delle difficoltà ad imparare le competenze pragmatiche della L2, perché esse sono legate alle norme e ai valori di una cultura per loro poco conosciuta. Sullo sviluppo della competenza pragmatica e della competenza linguistica della L2 ci sono ancora molte domande. Nonostante diversi studi longitudinali e comparativi sul processo dell apprendimento di L2 (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007) non è ancora chiaro come si sviluppano queste due componenti nel processo di apprendimento di una L2. Nella presente ricerca esplorativa è stata investigata la relazione tra la competenza linguistica e la competenza pragmatica di un gruppo di apprendenti di italiano L2. Ci chiediamo se ci sia una correlazione tra la competenza linguistica di apprendenti di italiano L2 e il loro uso di modificatori nella richiesta. Per esaminare questo è stato somministrato un C-test, che è un test che consiste di cinque testi di cui devono essere compilati delle lettere mancanti di diverse parole, con lo scopo di misurare il livello di competenza linguistica degli apprendenti. Per avere anche un indicazione del livello di competenza grammaticale sono stati usati i risultati di un test di grammatica. Poi, gli apprendenti L2 hanno fatto dei Discourse Completion Tasks che sono dei test in cui vengono manipolate delle interazioni e in cui, in questo caso, viene elicitato l uso dell atto linguistico della richiesta, che è un FTA. Di queste richieste successivamente è stato analizzato l uso dei modificatori che hanno la 6

7 funzione di mitigare o di rafforzare la forza del FTA. Prima sono stati analizzati i risultati del C-test e dell esame di grammatica e successivamente sono stati esaminati i risultati dell uso dei modificatori nei DCT. Successivamente è stato analizzato l uso dei modificatori per le diverse situazioni per quanto riguarda la dominanza sociale; vediamo se l uso dei modificatori viene adatto al tipo di situazioni e vediamo se ci sono delle differenze in questo uso tra gli apprendenti di diversi livelli linguistici. Inoltre, visto che gli apprendenti L2 hanno fatto due DCT diversi, cioè uno nella modalità scritta e uno nella modalità orale, guarderemo se ci siano delle differenze o delle similitudini nei risultati tra le due diverse modalità, e nel caso affermativo, da quali apprendenti L2 del gruppo vengono causate queste differenze. Nel primo capitolo esponiamo le teorie principali che stanno alla base del campo socio pragmatico e quindi della nostra ricerca. Verranno trattate le teorie di Austin e Searle e la teoria del Principio di cooperazione e le massime di Grice. Anche la teoria degli FTA di Brown & Levinson verrà trattata. Poi, introduciamo il campo dell apprendimento della pragmatica verso l apprendimento della grammatica da parte di apprendenti L2 in quanto si parlerà delle difficoltà e le differenze tra i due elementi. Il capitolo 2.7 tratta la produzione di competenza pragmatica e verrà investigata l influenza che la modalità può avere sulla produzione di queste competenze. Nel capitolo 3 parleremo dei modificatori; verranno classificati i diversi tipi di modificatori e successivamente verrà trattato l apprendimento dei modificatori interni. Nel quarto capitolo verrà esposta l impostazione della ricerca; saranno formulate le domande centrali e le ipotesi per la nostra ricerca e si parlerà più ampiamente dei test somministrati agli apprendenti. Dopodiché nel capitolo 5 verranno esposti i risultati dell analisi di tutti i dati ed essi verranno discussi nell ordine in cui sono state poste le domande centrali. Nell ultimo capitolo verranno riassunti i risultati discussi nel capitolo 5 e si cercherà di trarre delle conclusioni riguardo questi risultati. 7

8 2. La pragmatica nell interazione verbale in L2 Nel capitolo introduttivo abbiamo già accennato brevemente all importanza della pragmatica nel processo di apprendimento di una seconda lingua. Per capire meglio questo processo bisogna fare una chiara distinzione tra la linguistica teorica che non si occupa del contesto dell enunciazione, e la linguistica applicata, in particola la pragmatica, in cui invece è centrale il parlante della lingua e le sue scelte linguistiche che vengono fatte in base al contesto dell enunciazione. Bettoni (2006: 74) lo descrive nel seguente modo: La pragmatica si occupa di tutti i fenomeni linguistici che áncorano la lingua al contesto di vita reale in cui viene usata, e che dunque chiamiamo fenomeni pragmatici. Tenendo conto delle regole dell interazione appartenenti ad una cultura, possiamo dire che conoscere la grammatica di una L2 non basta per poter conversare con nativi in modo giusto e appropriato; è necessario apprendere anche a fare le giuste scelte linguistiche in un interazione: si diventa buon conversatori se oltre alla competenza tecnica, ideativa, semantica, sintattico-testuale, c è anche quella pragmatica (Piazza, 1995: 6). Gli aspetti pragmatici della lingua sono stati studiati sempre di più negli ultimi decenni, a partire dallo studio degli speech acts di Austin negli anni cinquanta, sviluppato poi da Searle e da vari studiosi filosofici e linguistici tra cui Goffman, Grice, Lakoff e Brown & Levinson. Questi si sono concentrati soprattutto sulle regole implicite dell interazione e sulla cortesia, che anche in questa tesi avrà un ruolo centrale, perché è uno degli elementi principali all interno della pragmatica. Nel primo paragrafo di questo capitolo, per introdurre il campo degli studi pragmalinguistici verrà trattata la teoria degli speech acts di Austin. Nel secondo paragrafo sposteremo l attenzione verso la cortesia nell interazione, discutendo diverse teorie sociopragmatiche e successivamente verrà trattato specificamente l atto linguistico della richiesta su cui è focalizzata questa ricerca. Poi verranno messi a confronto l apprendimento della grammatica e l apprendimento della pragmatica; vedremo quali studi sono già stati fatti in questo campo e quali sono stati i risultati principali emersi da questi studi. Infine parleremo della produzione scritta e orale della competenza di apprendenti L2. Tratteremo le differenze emerse da vari studi già fatti tra la competenza grammaticale e pragmatica prodotta in modalità scritta e in modalità orale. 8

9 2.1 Gli atti linguistici di Austin e Searle Prima di discutere il ruolo dell acquisizione della cortesia in L2 esponiamo qui le teorie principali che sono già state sviluppate all interno degli studi della pragmalinguistica. Tra queste teorie quella di Austin è una delle più note. Nonostante il fatto che alcuni studiosi ritenevano la teoria degli atti linguistici inutile e poco interessante per chi ha come obiettivo principale quello di fare un analisi dell interazione verbale (Sbisà 1999: 67), sembra giusto tratteggiarla in grandi linee, perché questa teoria costituisce una delle basi teoriche delle analisi pragmatiche. Nella sua speech act theory Austin elenca diversi speech acts e li classifica in diverse categorie. Il concetto dell atto linguistico elaborato da Austin ci fa considerare l atto linguistico, e quindi l enunciato, come un azione. Tutti gli enunciati che noi facciamo, che per l altro non sono per forza intere frasi, ma possono consistere di parti di frasi o persino di una sola esclamazione, possono essere considerati atti linguistici che poi possono essere categorizzati in diversi generi, come per esempio un saluto, un ordine, una domanda o un complimento. Oltre a segnalare l atto del dire ( pronunciare parole in quanto appartenenti a una lingua e dotate di senso e riferimento (atto locutorio) (Sbisà 1999: 69), Austin fa una distinzione tra l atto di fare qualcosa nel dire qualcosa (ti prometto di chiamarti domani) e l atto di fare qualcosa col dire qualcosa (non devi urlare). Qui viene distinto l atto illocutorio, atto che compiamo in quanto ciò che noi diciamo conta come un certo tipo di azione convenzionale (ordinare, consigliare, promettere, ringraziare, scusarsi, e anche giudicare o asserire) dall atto perlocutorio, di cui ci rendiamo responsabili se il nostro dire produce effetti extralinguistici (se cioè convince, persuade, allarma, rassicura, e via dicendo) (Sbisà 1999: 69). Gli atti illocutori successivamente sono stati divisi da Searle (1969), che sosteneva che parlare è un attività sociale svolta a regole, in cinque gruppi che sono i seguenti: Verdittivi Espositivi Esercitivi Comportativi Commissivi 9

10 Tra questi generi di atti illocutori vi sono per esempio asserzioni, argomentazioni, promesse, minacce, richieste e ordini. Gran parte di questi verbi sono verbi performativi (promettere, affermare, dichiarare). Più dei concetti dell atto illocutorio e l atto perlocutorio di Austin qui ci interessa soprattutto la scelta dell atto linguistico in un interazione, perché è ciò che lega la teoria degli atti linguistici all aspetto pragmalinguistico di una lingua, cosa che anche Sbisà (1989: 54) sottolinea: C è la cornice, il frame sociologico, che è in vigore e che, condizionando il tipo di definizione della situazione, contribuisce a determinare quali tipi di atti linguistici saranno proferiti e/o come saranno intesi gli atti linguistici proferiti. Come già detto sopra, gli enunciati sono da categorizzare in diversi tipi di atti linguistici. Il tipo di atto linguistico dell enunciato può cambiare a seconda del contesto in cui viene realizzato. Con il contesto intendiamo chi è l interlocutore, com è la relazione tra lui e il parlante, in quale situazione si trovano i due interlocutori etc. Per questo, un enunciato come Mandami un fatto da un capo ad un suo dipendente può essere interpretato come un ordine, mentre lo si può interpretare diversamente se una persona lo dice rivolgendosi alla sorella (in questo caso potrebbe essere una richiesta). Un enunciato può quindi avere diversi scopi illocutori e può quindi consistere in diversi atti linguistici allo stesso tempo. A parte questo, è interessante prendere in considerazione anche le considerazioni del parlante prima di pronunciare un atto linguistico. Le sue scelte linguistiche vengono determinate da fattori sociopragmatici ovvero dal contesto. Con contesto viene inteso non solo la sequenza di atti linguistici in cui l atto linguistico si colloca e gli scopi, individuali o condivisi, dei partecipanti (Sbisà 1989: 54), ma anche la relazione tra due parlanti, di cui parleremo più in dettaglio nel prossimo paragrafo. 2.2 La cortesia nell interazione verbale in L2 Uno dei fenomeni che si colloca tra i fenomeni di cui si occupa la pragmatica è la cortesia. In qualsiasi cultura la cortesia si manifesta, oltre che nella comunicazione non-verbale, nella lingua verbale nella forma di regole non scritte che sono diverse per ogni cultura. Apprendendo una nuova lingua, se l obiettivo è quello di poter comunicare senza fraintendimenti e malintesi, oltre a imparare la lingua grammaticalmente è necessario apprendere la lingua per quel che riguarda le regole pragmatiche e quindi apprendere queste regole, il che spesso crea delle grosse difficoltà per l apprendente, non solo perché queste regole si imparano interagendo con i parlanti nativi, ma anche perché l apprendente L2 è già 10

11 in possesso delle regole di cortesia della propria lingua. La padronanza di queste regole della L2 si raggiunge difficilmente a meno che l apprendente non si distacchi dalla propria cultura, e purtroppo questo spesso porta delle difficoltà. Quello che sottolinea Bettoni (Bettoni, 2006) è che c è anche da chiedersi se è giusto distaccarsi dalla propria cultura; se si negano le regole della propria cultura per adottare quelle di una cultura che non è la propria con l obiettivo di realizzare un interazione riuscita, questo non equivale forse alla negazione della propria identità? Bisogna capire se, nell usare un altra lingua, sappiamo o vogliamo abbandonare anche solo per la durata della conversazione sia il mondo che è nostro, per avvicinarci a un mondo che non lo è, sia il modo di essere che è nostro per assumerne uno che non lo è. (Bettoni 2006: prefazione 1) C è da osservare che per questa tesi è rilevante soprattutto studiare il fenomeno della cortesia in quanto si manifesta nell interazione in diverse forme. Nel prossimo paragrafo verranno esposte le teorie principali nel campo della cortesia. 2.3 Il Principio di cooperazione e le massime di Grice Negli studi dell analisi della conversazione Paul Grice è un punto di riferimento teorico per le sue teorie della conversazione. L attenzione di Grice è indirizzato soprattutto verso le intenzioni del parlante, non si concentra solo sull atto linguistico in sé. Nella sua teoria distingue tra il significato naturale e non naturale e il significato del parlante e il significato dell enunciato. La distinzione tra il significato naturale e non naturale di un enunciazione indica il rapporto tra un segno e quello a cui riferisce il segno. Un esempio a proposito di questo che ci fa Bazzanella (2005: 170) è la differenza tra le frasi Quelle nuvole nere significano pioggia in cui il rapporto tra segno e significato non è arbitrario ma regolare (il significato esiste già, non è un significato che abbiamo attribuito noi all enunciato) e Il suono della campanella a scuola significa che è finita l ora in cui c è un rapporto arbitrario tra il segno e l oggetto di riferimento (noi abbiamo attribuito il significato al suono della campanella). Nel primo caso parliamo di significato naturale mentre nel secondo caso il significato è non naturale. Un altra distinzione che fa Grice è quella tra il significato del parlante e il significato dell enunciato. Anche qui contano le intenzioni dell interlocutore in quanto il significato del parlante è visto come quello che il parlante intende dire, mentre il significato dell enunciato è il significato letterale che può anche sembrare non avere senso quando non viene considerato il contesto in cui è stato pronunciato. Se gli enunciati spesso hanno un altro significato rispetto al significato letterale, ci si può chiedere come fa l interlocutore a capirlo e come fanno due persone a interagire comprendendosi totalmente. 11

12 Grice spiega questo con il Principio di cooperazione. Questo principio sostiene che la comunicazione verbale tra due interlocutori sia possibile grazie al fatto che gli interlocutori mentre conversano cooperano. Tutti e due cercano continuamente di dedurre l enunciato letterale dall implicatura conversazionale, ovvero l intenzione del parlante, immedesimandosi nell interlocutore e tenendo conto del contesto in cui viene espresso l enunciato. Per fare una conversazione in cui c è comprensione di tutti e due gli interlocutori, Grice (1993) dice: Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato. Per dare un esempio in cui viene mostrata la cooperazione tra due interlocutori immaginiamoci la seguente scena. Mi trovo a casa di una mia amica e la finestra è aperta. Siccome ho un po freddo e vorrei che la finestra venisse chiusa, le dico: Fa un po freddo qui, vero? Con questa frase non enuncio esplicitamente il mio desiderio che la finestra venga chiusa, però probabilmente, grazie al Principio di cooperazione, la mia amica lo avrà capito e chiude la finestra. La mia amica capisce l implicatura conversazionale del mio enunciato. Insomma, grazie alla cooperazione, due interlocutori si possono capire, anche quando vengono violate le Massime, come nell esempio dato qui sopra. Grice nella sua teoria delle Massime presenta quattro categorie: La massima della Quantità: dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto La massima della Qualità: tenta di dare un contributo che sia vero La massima della Relazione: sii pertinente La massima del Modo: sii perspicuo Queste massime di Grice di solito in una conversazione vengono violate regolarmente, quando per esempio sono stanca e dico Sono stanca morta! (sto violando la massima di Qualità perché dico qualcosa che non è del tutto vero), però grazie alla cooperazione degli interlocutori questo non crea grossi problemi nell interazione: Quando questi punti di orientamento (le massime) non vengono rispettati, gli ascoltatori ricercano un livello più profondo, che risponda al principio di cooperazione e sulla cui base, con un procedimento inferenziale, possano calcolare il significato inteso dal parlante, o significato occasionale (Bazzanella 2005: 173). 12

13 2.4 I Face Threatening Acts di Brown & Levinson Nel precedente paragrafo abbiamo presentato un caso in cui viene espresso un enunciato implicito che viene compreso dall interlocutore grazie alla sua capacità di dedurre la vera intenzione del parlante. Guardando a questo tipo di enunciati ci si potrebbe chiedere: perché non dire semplicemente le cose in modo esplicito? E qui che arriviamo alla teoria della faccia che è stata sviluppata da Goffman negli anni sessanta. Nella sua ben conosciuta teoria dell interazione è centrale la faccia, sia quella del parlante che quella dell interlocutore. La faccia può essere considerata come the public self-image that every member wants to claim for himself, consisting in two related aspects (Brown & Levinson 1987: 61), che è legata a concetti come imbarazzo e la perdita della faccia. Più dettagliatamente Bettoni (2006: 81) spiega la faccia come l insieme della propria stima di sé, della propria reputazione, dell immagine pubblica, emotiva e sociale che ognuno ha di sé, e che vorremmo al minimo proteggere dal danno, al massimo potenziare. I due aspetti di cui si compone la faccia sono la faccia negativa e la faccia positiva che da Bettoni (2006) vengono spiegati semplicemente come: la faccia negativa: il bisogno di essere liberi da imposizioni la faccia positiva: il bisogno di essere accettati e di piacere In un interazione ognuno cerca continuamente di mantenere la propria faccia, cioè di gratificare la faccia positiva e di proteggere la faccia negativa. Questa manutenzione della faccia viene raggiunta usando delle strategie di cortesia. Spiegato da Bettoni (2006: 81) la cortesia è una serie di strategie verbali impiegate dal parlante per manipolare l interazione massimalizzando i vantaggi e minimizzando gli svantaggi in termini di faccia, positiva e negativa, propria e dell ascoltatore. Queste strategie possono verificarsi nella forma di cortesia positiva o negativa, dove la cortesia positiva per la faccia dell interlocutore si manifesta per esempio in atti linguistici come complimenti, offerte d aiuto e promesse, mentre la cortesia negativa si nota in atti linguistici come le scuse o le proteste usando dei mitigatori per attenuare la forza dell enunciato. Durante l interazione ovviamente non viene fatto ricorso continuamente a strategie di cortesia, queste vengono messe in atto solo nel momento in cui un atto linguistico che viene enunciato è pericoloso per la faccia. Un atto linguistico di questo tipo da Brown & Levinson viene chiamato Face Threatening Act, ovvero una speech act che minaccia la faccia (sia quella del parlante che quella dell interlocutore). Brown & Levinson nominano diversi atti linguistici che sono più minacciosi per la faccia di altri, in quanto sono 13

14 those acts that primarily threaten the addressee s (H s) negative-face want, by indicating (potentially) that the speaker (S) does not intend to avoid impeding H s freedom of action (Brown & Levinson, 1987). Tra questi atti linguistici si trovano per esempio ordini, consigli e avvertimenti. Visto che usualmente in un interazione comunicativa gli interlocutori cercano sempre di evitare di danneggiare sia la loro faccia che la faccia dell altro, prima di compiere il FTA il parlante di solito valuta se compiere l atto e nel caso affermativo, come deve compierlo, cioè quali strategie di cortesia sceglie di utilizzare. Secondo Brown & Levinson (1987) il parlante in questa situazione ha cinque strategie possibili: compiere il FTA baldly on the record, cioè compiere il FTA senza ricorrere a strategie di cortesia compiere il FTA usando la cortesia positiva che è orientata verso la faccia positiva dell interlocutore e che rispetta il suo bisogno di accettazione sociale compiere il FTA usando la cortesia negativa che riconosce e rispetta la faccia negativa dell interlocutore, e che cioè non interrompe la sua libertà di agire compiere il FTA off the record, cioè compiere l atto linguistico in modo implicito, usando per esempio sarcasmo o ambiguità (il che porterebbe a una o più violazioni delle massime di Grice) non compiere il FTA Non è difficile capire che queste cinque strategie non vengono scelte arbitrariamente dall interlocutore ma che esistono vari fattori in base a cui viene individuata la strategia di cortesia migliore. I fattori che determinano la scelta della strategia hanno a che fare con il contesto in cui l atto linguistico viene compiuto. Brown & Levinson (1987) individuano tre fattori che influenzano il modo in cui viene realizzato un atto linguistico: la distanza sociale il potere relativo il grado d imposizione Di questi fattori la distanza sociale indica la distanza tra gli interlocutori, in quanto sono confidenti l uno con l altro. Il potere relativo ha a che fare con lo status degli interlocutori; chi degli interlocutori ha più potere e quindi quanto il parlante si può imporre sull altro. Infine c è il grado d imposizione che riguarda l atto linguistico e che indica quanto l interlocutore si impone sull altra persona compiendo l atto linguistico. Possiamo usare un esempio di Brown 14

15 & Levinson (1987) per mostrare due atti linguistici che hanno lo stesso scopo ma vengono compiuti in modo diverso usando delle strategie di cortesia diverse. (1) Excuse me, would you by any chance have the time? (2) Got the time, mate? Tra questi due probabilmente varia la distanza sociale, in quanto in (1) c è una distanza sociale maggiore che in (2) dove, siccome l enunciato viene fatto in modo molto diretto e amichevole, si può assumere che il parlante almeno conosca l interlocutore e che ci sia una certa confidenza tra i due. In (1) invece, per l indirettezza che si manifesta nei mitigatori come excuse me, would e by any chance, si vede che c è una certa distanza tra i due interlocutori. I fattori sociopragmatici nominati qui sopra giocano un grande ruolo nella scelta del modificatore adeguato in un interazione. A seconda della distanza e il grado d imposizione nell interazione il parlante sceglie la forma più adatta. Per parlanti L1 questo non causa spesso problemi, per apprendenti L2 invece può essere molto complicato scegliere un modificatore adeguato alla situazione. Da una ricerca di Timmerman (Timmerman, 2007) è risultato che nell uso di modificatori apprendenti L2 sono meno sensibili ai fattori sociopragmatici di parlanti nativi. Da una simile ricerca di Nuzzo (Nuzzo, 2009) risulta pure che i parlanti non-nativi non fanno differenza nell uso dei modificatori a seconda della distanza sociale tra il parlante e l interlocutore. 2.5 L atto linguistico della richiesta in L2 Come abbiamo visto qui sopra, gli interlocutori in un interazione cercano sempre delle strategie di cortesia per salvare la loro faccia. La teoria di Brown & Levinson parte dal presupposto che la cortesia sia legata all indirettezza, cioè un maggior grado di indirettezza significa un maggior grado di cortesia, perché lascia più possibilità all interlocutore e attenua la forza dell enunciato. Pallotti (1999: 73) a proposito di questo dice: Ben presto si è delineato un rapporto fra la scelta di forme indirette e questioni di cortesia nella conversazione: ad esempio, se per fare una richiesta non usiamo un imperativo, è perché questo metterebbe l interlocutore con le spalle al muro, di fronte all alternativa secca fra obbedire o rifiutarsi; usare un enunciato interrogativo come atto linguistico indiretto di richiesta è invece meno impositivo, espone meno direttamente il parlante quanto l interlocutore alla perdita della faccia, cioè alle conseguenze internazionali negative di un rifiuto. 15

16 Successivamente ha avuto molta attenzione la teoria di Blum-Kulka, che critica l idea che la cortesia sia legata all indirettezza di un atto linguistico. Blum-Kulka rispetta l idea delle strategie indirette ma indica poi, oltre alle strategie convenzionalmente indirette, l uso di strategie non convenzionalmente indirette, che sarebbero strategie in cui viene fatta una richiesta in modo totalmente implicito, come nei seguenti esempi di Betton i (2006: 188) in cui il parlante vorrebbe che l interlocutore potasse le rose: (3) io adesso sono stanca = perciò pota tu le rose (4) oggi ho già segato il prato =quindi tocca a te potare le rose (5) domani vengono gli zii =bisogna fare bella figura il giardino deve essere in ordine pota le rose Si vede che l atto della richiesta, che è un atto direttivo, può essere compiuto tramite diverse forme linguistiche. Lo si può compiere in modo del tutto implicito, ma lo si può compiere anche usando altre forme per non essere troppo diretti e per mitigare la forza dell enunciato, come il suggerimento, il consiglio o la minaccia, per cui può essere difficile distinguere l atto della richiesta (Trosborg, 1995: ). Nella ricerca fatta per questa tesi è stato oggetto di ricerca l atto linguistico della richiesta. Nel campo della pragmatica questo è l atto linguistico di gran lunga più studiato, tra l altro perché è interessante in quanto di solito causa una forte minaccia per la faccia: chi fa la richiesta invade il suo territorio (dell interlocutore) e ne limita la libertà d azione, e quindi ne minaccia la faccia negativa. D altra parte, nel formulare la richiesta, mette in gioco la propria faccia positiva, poiché il destinatario può reagire opponendo un rifiuto (Bettoni 2006: 184). L aspetto interessante nello studio dell apprendimento di una seconda lingua è che compiendo l atto linguistico della richiesta, se si vuole rispettare la cortesia nell interazione, il parlante, per attenuare o rafforzare la sua richiesta, deve fare uso di strategie di cortesia che possono riguardare il sistema allocutivo (Nuzzo: in stampa), l uso dei tempi verbali o nei modificatori, il che per gli apprendenti L2 non è affatto facile. Nei vari studi fatti l argomento dell apprendimento della pragmatica di una L2 è stato analizzato in diversi modi. E stato per esempio analizzato la differenza tra l uso dei mitigatori nella richiesta da parte di nativi e da non nativi di cui spesso è risultato che c è una grande differenza tra i due gruppi (Byon 2004; Hassal, 2003; Timmerman, 2007). Sono stati fatti anche degli studi longitudinali che esaminano l acquisizione delle strategie di cortesia 16

17 nella richiesta (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2005; Nuzzo 2007). Quello che rende la richiesta un oggetto di ricerca interessante è che, citando Nuzzo (2009, in stampa) le richieste formulate da apprendenti di una seconda lingua, anche dotati di una buona competenza linguistica, sono spesso percepite come inadeguate dagli interlocutori nativi. Visto che in molti casi in cui c è una padronanza della grammatica da parte dell apprendente L2, non c è ancora la padronanza della pragmatica, è interessante guardare più da vicino il processo di apprendimento della grammatica di L2 e quello dell apprendimento della pragmatica in L L apprendimento della grammatica di L2 in relazione all l apprendimento della pragmatica di L2 Come citato qui sopra, nell output di un apprendente L2 spesso si possono notare delle carenze di competenze pragmatiche nonostante una buona competenza linguistica. Questo ci fa concludere che lo sviluppo della competenza linguistica non è un processo sincrone alla competenza pragmatica, anche se sicuramente sono legati. Dopo vari studi ancora non è chiaro com è esattamente la relazione tra queste due componenti. Sono stati fatti studi comparativi in cui ci si chiede se l apprendente L2 è in grado di raggiungere la competenza pragmatica di un parlante nativo, il che non è quasi mai il caso (Vedder, 2007: 99), ma anche studi longitudinali che partono dallo sviluppo della competenza grammaticale e successivamente confrontano questo sviluppo con l evolversi della competenza pragmatica. Prima di occuparci della relazione tra la grammatica e la pragmatica ci chiediamo che cos è che rende l apprendimento della pragmatica così complicato. Inanzitutto nell apprendimento di una lingua per quel che riguarda la pragmatica, le differenze culturali tra L1 e L2 possono creare delle difficoltà nell interazione. Nell interazione le regole e valori che sono legati alla cultura dell interlocutore costruiscono la sua faccia. Il contenuto della faccia perciò è diverso per ogni lingua e per ogni cultura e così le strategie di cortesia che vengono scelte per un atto linguistico differenziano in ogni lingua. Un esempio può essere uno studio di Brown & Levinson (Brown & Levinson 1987: 233): è stato esaminato l atto linguistico della richiesta in India e viene concluso che in India per fare una richiesta basta dare solo le ragioni, cioè suggerendo la richiesta, senza pronunciarla. Qui quindi la cortesia si realizza in un grado molto alto di indirettezza, mentre in altre lingue si è molto più espliciti e vengono usate delle strategie più dirette per fare una richiesta. 17

18 La differenza dei diversi aspetti che costituiscono il concetto di faccia tra un parlante nativo e un parlante non-nativo può ovviamente causare delle difficoltà nell interazione nel senso che possono verificarsi dei fraintendimenti (che possono variare da un piccolo fraintendimento a un insulto non inteso). Un problema che sorge qui è che tale inadeguatezza viene in molti casi interpretata come aggressività, arroganza o maleducazione, e il rischio di questa lettura caratteriale di un comportamento linguistico sembra destinato a crescere insieme alla padronanza delle forme grammaticali e del lessico della seconda lingua: quando le deviazioni dall uso convenzionale non possono più essere spiegate come una conseguenza della scarsa competenza grammaticale, i parlanti nativi generalmente le attribuiscono a tendenze caratteriali piuttosto che a fattori di conoscenza linguistica, e fabbricano facilmente pregiudizi sulla personalità dell interlocutore non-nativo (Bettoni, 2006: 237). Inoltre, siccome le regole culturali della L2 spesso si scontrano con quelle della propria lingua dell apprendente, per gli apprendenti di L2 può essere difficile sapere fino a che punto adottare queste regole: Il dilemma sta nel dover fare una scelta tra agire a seconda delle regole interazionali e culturali di quella lingua (anche se vanno incontro al proprio carattere), o distanziarsi da quelle regole e agire in modo più adatto al proprio carattere e alla propria identità (Bettoni, 2006). Nella discussione sulla relazione tra l apprendimento della grammatica di L2 e l apprendimento della pragmatica di L2 ci sono ancora molte domande. Anche Vedder (2007: 100) nomina la complicatezza in questo campo: non pare affatto chiaro se competenza grammaticale e competenza pragmatica si sviluppino parallelamente o se si tratti invece di due componenti linguistiche che progrediscono l una a spese dell altra, in momenti diversi. Ci sono ragioni per assumere che la grammatica precede la pragmatica, ma allo stesso tempo è attendibile che bisogna conoscere le regole pragmatiche prima di poter usare la giusta forma grammaticale. Malgrado ci siano stati molti studi in questo campo, di studi longitudinali che si concentrano sul processo dell apprendimento ce ne sono ancora pochi (Bardovi-Harlig, 1999; Barron, 2003; Ellis, 1992; Nuzzo, 2009; Vedder, 2007). A questo punto è chiaro che la competenza pragmatica viene acquisita in un altro modo della competenza grammatica. Mentre la competenza grammaticale di L2 è un concetto abbastanza astratto, la competenza pragmatica lo è molto meno perché si ha a che fare con regole culturali e interazionali. La competenza pragmatica sembra essere appresa in modo più interattivo della competenza grammaticale. Per questo Barron nel suo studio sull apprendimento della pragmatica da parte di un gruppo di studenti irlandesi apprendenti di 18

19 tedesco L2 tiene conto del tempo che durante l apprendimento della L2 è stato trascorso nel paese della lingua d arrivo. Risulta che un periodo trascorso nel paese della lingua d arrivo può beneficiare le competenze pragmatiche, senza che per forza crescono anche le competenze grammaticali. Anche Bardovi-Harlig (Bardovi-Harlig, 1999) segnala l importanza di questo fattore che influenza l apprendimento della pragmatica, il che dimostra che esiste certamente una differenza tra l apprendimento della grammatica e l apprendimento della pragmatica e che l apprendimento di questi due componenti non è un processo parallelo. Anche se un analisi di tipo longitudinale sarebbe il modo più conveniente per indagare questo processo, per la presente tesi questo non è stato possibile, dato che uno studio del genere richiederebbe molto tempo. Invece di fare una ricerca longitudinale la presente analisi è di tipo esplorativo, per il numero di apprendenti L2 piuttosto ristretto. Anche il fatto che non è stato possibile misurare l esatto livello grammaticale degli apprendenti ha contribuito alla scelta di fare un analisi esplorativa. I risultati dei test daranno un livello di competenza linguistica generale e un idea globale del livello grammaticale e perciò potremo trarre delle conclusioni in modo approssimativo. Il livello linguistico generale degli apprendenti L2 verrà comparato con il livello pragmatico, analizzando l uso dei modificatori. Successivamente verranno messi a confronto i risultati dei diversi apprendenti: ci chiederemo se ci sia una relazione significativa tra le competenze linguistiche e quelle pragmatiche. 2.7 La modalità scritta e la modalità orale Per la nostra ricerca sono stati somministrati dei Discourse Completion Task; un DCT scritto e un DCT orale. Il fatto che questi due test i cui contenuti sono quasi identici sono stati somministrati in una modalità scritta e in una modalità orale potrebbe causare una differenza nei risultati. Nel DCT scritto gli apprendenti avevano abbastanza tempo a disposizione per riflettere prima di scrivere una risposta. Il DCT orale invece richiedeva una risposta immediata, cioè dopo aver ascoltato le istruzioni bisognava rispondere entro dieci secondi. Il DCT orale probabilmente assomiglia più ad una vera interazione in cui non si ha neanche molto tempo per riflettere prima di rispondere. Barron (2003) parla di production questionnaires, il tipo di test che è stato usato per la nostra ricerca. Il DCT è conosciuto come lo strumento usato per la CCSARP, ovvero il Cross-cultural speech act realization project, per indagare richieste e scuse realizzate da sia nativi che non-nativi, in diversi contesti sociali in diverse lingue e culture, usando un unico coding system. Barron discute i vari tipi di DCT tra cui si può scegliere tenendo conto della finalità della ricerca: il classico DCT, il dialogue 19

20 construction questionnaire, l open item in cui c è solo una risposta verbale e l open item in cui c è free response. Il DCT usato per questa ricerca è del terzo tipo, cioè il DCT con l open item con una risposta. E indubbiamente interessante mettere a confronto i risultati dei DCT scritti e dei DCT orali, soprattutto perché sono stati già fatti degli studi sulla differenza nella performance scritta e orale che hanno segnalato delle differenze per le due modalità. Nonostante che il production questionnaire è stato usato per molti studi, nella forma scritta è stato anche molto criticato. Da diversi studiosi questa forma del DCT è ritenuta poco autentica e per il tempo a disposizione allo studente the participant is prompted to recall pragmatic information from memory and report rather than use it (Kasper, 2000). Così la produzione della competenza pragmatica viene facilitata. Anche Beebe & Cummings (1996) hanno studiato il production questionnaire e hanno trovato che i risultati del DCT scritto differiscono considerevolmente dai risultati del DCT orale, in quanto nella modalità scritta non si può manipolare le dinamiche psico-sociali di una vera interazione.. Uno studio di Grabowski (Grabowski, 2005) ha investigato il writing superiority effect, che indica il fenomeno della superiorità della modalità scritta sulla modalità orale: in un analisi della produzione della competenza, nella modalità scritta le diverse competenze linguistiche dell apprendente si dimostrano meglio che nella modalità orale. Motivo di questo è anzitutto che nella modalità scritta si ha più tempo per riflettere, ci si può fermare a scrivere quando si vuole. Poi, siccome nella modalità scritta ci vuole più tempo per verbalizzare l informazione, c è più tempo per usare le risorse cognitive (Grabowski, 2005: 178). Dopo i diversi esperimenti fatti da Grabowski riguardo il writing superiority effect, è risultato che è stabile e replicabile. In un altro esperimento che Gabrowski ha replicato di Bourdin e Fayol (Grabowski, 2005), è stato osservato che nei processi low-level (memory span performance), i bambini sono più bravi nella modalità orale, mentre presso gli adulti non c è una differenza significante tra le due modalità. Questo risultato può avere a che fare con il fatto che nei processi low-level viene usata la working memory, mentre nei processi high-level è coinvolta la long-term memory, in cui più volte per adulti è stato constatato il writing superiority effect. In uno studio sulla produzione di competenze linguistiche Martinez-Flor (Martinez-Flor, 2007) cita diversi studi che hanno avuto degli esiti diversi. Beebe & Cummings (Beebe & Cummings, 1985) in una ricerca sulla differenza tra la modalità scritta e la modalità orale in cui parlanti L2 producono suggerimenti, hanno trovato che nella modalità orale c è più diversità nell uso di forme pragmalinguistiche e che vengono usate delle forme che sono più 20

21 simili ad una vera interazione. I risultati della modalità scritta alla fine risultavano uguali a quelli della modalità orale, solo che erano meno autentici. Questa ricerca però è stata fatta tra parlanti di L1, ed è plausibile che per apprendenti di L2 i risultati siano diversi. Rintell & Mitchell (Rintell & Mitchell, 1989) per esempio hanno condotto una ricerca simile ma con parlanti di L2 in cui non hanno trovato differenze nel performance tra le due modalità. Poi Martinez-Flor ha condotto una ricerca tra apprendenti di inglese L2 di madrelingua spagnola in cui ha paragonato la produzione dell atto linguistico del suggerimento in delle conversazioni telefoniche (orale) e in degli (scritto). Martinez-Flor ha osservato che c è una piccola differenza tra le due modalità: nella modalità scritta venivano usate delle forme più adatte alla situazione e più forme diverse. Bisogna accennare però che questa ricerca non è del tutto paragonabile con la presente ricerca visto che tratta di dialoghi, mentre nella presente tesi sono stati analizzati monologhi. 21

22 3. Modificatori Per investigare le competenze pragmatiche di un gruppo di apprendenti è indispensabile esaminare le caratteristiche dell interazione e più specificamente l uso dei modificatori che vengono usati nel dialogo. I modificatori sono legati a delle regole riguardo l interazione e la cultura di una lingua, per cui apprendenti L2 possono avere delle difficoltà ad apprenderli. Nel prossimo paragrafo esporremo i diversi tipi di modificatori e parleremo dell apprendimento di modificatori nel processo dell apprendimento della L Modificatori interni Quando in un atto linguistico è richiesta la cortesia, come nell atto linguistico della richiesta, gli interlocutori possono ricorrere all uso dei modificatori. I modificatori servono a mitigare o a rafforzare il FTA quando il parlante vuole proteggere la sua faccia. Invece di compiere l atto linguistico in modo diretto senza l uso di modificatori, il che avrebbe un effetto negativo sulla propria faccia, il parlante di solito sceglie di usare dei modi per salvare la propria faccia e per gratificare la faccia dell interlocutore usando dei modificatori. Questi possono essere rafforzatori (upgraders) o mitigatori (downgraders). I modificatori possono essere divisi in due gruppi; i modificatori interni e i modificatori esterni: i modificatori interni si trovano all interno del FTA mentre i modificatori esterni si trovano fuori da questo atto linguistico come un aggiunta. I modificatori interni a loro volta si possono dividere in modificatori morfosintattici e modificatori lessicali e discorsivi. Il tipo di modificatore che ci interessa per questa ricerca è quello dei modificatori interni. La seguente tabella è un riassunto dei modificatori interni che è stata presa da uno studio di Vedder (Vedder, 2007) che si è basata sulla classificazione di Barron (2003) apportandovi qualche modifica. 22

23 Tabella 1. Classificazione dei modificatori interni Modificatori interni Lessicali e Morfosintattici discorsivi Marca di cortesia Per favore Soggettivizzatore Ho paura, penso, mi domando, secondo me Attenuatore Un po Hedge In qualche modo, una specie di Riempitivo Vedi, ecco, praticamente Blanditore Sarebbe bello se Downtoner Forse, possibilmente, magari Richiesta di accordo Non pensi? Vero? Condizionale Daresti? Aspetto Mi stavo domandando Imperfetto Mi domandavo Verbo modale Posso? Congiuntivo Se fosse vero.. Incassatura Che ne diresti di..? Formula condizionale E possibile..? Negazione condizioni preparatorie Ti volevo chiedere se non Fatismo Sai,.. 23

24 Qui sotto si trova un esposizione dei modificatori che abbiamo indicato per la nostra ricerca. Gli esempi sono tratti dal corpus dei DCT scritti e orali fatti dagli apprendenti. Condizionale Il condizionale è l unico modificatore morfosintattico che è stato usato nelle richieste dagli apprendenti. Questa forma, grazie alla condizionalità che crea, fa sì che ci sia un certo grado di indirettezza che diminuisce la minaccia per la faccia. 1) Quando hai finito il tuo libro, mi potresti prestarlo? Formula modale Per l analisi è stato codificato anche l uso della formula modale del verbo potere. Spesso però si vede che l uso del verbo potere coincide con l uso del condizionale. Perciò ogni volta che veniva usato il condizionale del verbo potere l abbiamo codificato come condizionale e non come formula modale. Un esempio della formula modale di potere: 2) Scusa, ma puoi lavare i piatti, per favore? Formula condizionale La formula condizionale anche se non è un modificatore è stato codificato perché ci dà un idea delle competenze pragmatiche dell apprendente. Spesso al posto di un modificatore viene usata una formula condizionale, quando l apprendente non ha le competenze di usare per esempio un modificatore come il condizionale, e così usa una strategia di evitamento ricorrendo all uso di una forma semplice e neutrale, come: 3) Scusami, eeh, è possibile per te abbassare la musica? Marca di cortesia La marca di cortesia è un modificatore lessicale che si può manifestare in diverse forme. Questo modificatore ha la funzione di aggiungere in modo esplicito al FTA una forma di cortesia che attenua la minaccia per la faccia. Può essere anche un segno di rispetto per l interlocutore. Marche di cortesia possono essere per esempio: 4) Potresti per cortesia abbassare la musica? 5) Vorrei cortesemente chiederti di smetterla. La marca di cortesia che è l unica usata dagli apprendenti nelle richieste è il semplice per favore: 24

25 6) Mamma, mi puoi passare il sale, per favore? Attenuatore L attenuatore è un modificatore lessicale che di solito è abbastanza frequente come mitigatore nei FTA. Il nome del modificatore rivela già il suo carattere mitigativo; in un FTA questo attenua la forza illocutoria. Un esempio: 7) Scusa signore, potresti abbassare la musica un po? Rafforzatore Il rafforzatore è un modificatore che modifica il FTA però invece di mitigare il FTA come fanno gli altri modificatori, questo rafforza la forrza illocutoria del FTA. Il rafforzatore è poco frequente. 8) Adesso è l ultima volta, basta così eh, mangiamo. Appellativo L appellativo è un modificatore esterno che viene usato per aprire la mossa e per attirare l attenzione dell interlocutore. Con l appellativo si può dare un certo tono che introduce il FTA in modo sottile con lo scopo di ottenere una risposta positiva e di non danneggiare la propria faccia e quella dell interlocutore. Inoltre, l appellativo può essere una strategia di cortesia in quanto può mostrare rispetto per l interlocutore. 9) Mi scusi, signora. Eh io ho un po eeh mal di gola. Eeh potrebbe darmi qualcosa? Imperativo L imperativo si potrebbe classificare come rafforzatore visto che veramente non appartiene al genere di modificatore. In questa ricerca abbiamo però voluto esaminare anche l uso dell imperativo, visto che dipende dalla relazione che il parlante ha con l interlocutore se è appropriato o meno usare l imperativo. Esamineremo l influenza dei fattori sociopragmatici sulla scelta della strategia di cortesia. 10) Fate meno rumore, per favore, sto telefonando ad un amica. Altri modificatori che abbiamo individuato ma che erano molto poco frequenti sono la richiesta d accordo, il downtoner, l incassatura e la negazione. 25

26 3.2 Modificatori esterni I modificatori esterni si trovano fuori dell atto principale e servono a dare supporto al FTA. Questi possono essere per esempio giustificatori, prerichieste o rabbonitori. 11) Fabrizio, mi presteresti il tuo libro, ho dimenticato il mio In questa frase l atto principale è mi presteresti il tuo libro. Il modificatore esterno che viene usato è costituito dalla clausola ho dimenticato il mio che è un giustificatore, ovvero una spiegazione per il FTA che ha come obiettivo quello di giustificare il FTA. Il modificatore esterno dell appellativo, che abbiamo già indicato nell esempio, può avere diverse funzioni: può rinforzare l atto linguistico perché il parlante si rivolge esplicitamente all interlocutore chiamandolo per nome, ma l appellativo può essere anche Senti, mi dai..., in cui l appellativo ha piuttosto la funzione di alleggerire il peso del FTA. Malgrado il fatto che di solito i modificatori esterni vengano usati spesso, nella nostra ricerca non prenderemo in considerazione questo tipo di modificatori, perché nelle situazioni descritte nei test veniva già data una giustificazione della richiesta. Per questo, i modificatori esterni usati dagli apprendenti per la maggior parte sono delle ripetizioni che non ci possono dare nessun informazione utile sull uso dei modificatori esterni. 3.3 L apprendimento dei modificatori interni Nonostante che i risultati delle diverse ricerche sull apprendimento dei modificatori da parte di apprendenti L2 possono variare, è chiaro che la modificazione interna viene appresa in uno stadio dell apprendimento abbastanza tardo. Nei risultati di studi fatti su questo argomento si vede che c è una differenza tra l apprendimento della modificazione morfosintattica e l apprendimento della modificazione lessicale/discorsiva. Mentre la modificazione morfosintattica viene appresa abbastanza presto perché è spesso frequente nell input e perché consiste di formule fisse, la modificazione lessicale/discorsiva è più difficile da apprendere perché l uso di questa è più facoltativo (Timmerman, 2007). Nuzzo (2009) ha trovato che i modificatori morfosintattici sono i più diffusi tra i parlanti L2, e di questi soprattutto l imperfetto e il condizionale vengono usati di più. Modificatori lessicali invece, come forse, non so, magari, vengono usati molto di meno, per l alto grado di opzionalità in confronto ai modificatori morfosintattici (Vedder, 2007). Anche in uno studio successivo di Nuzzo è risultato che i modificatori morfosintattici vengono usati di più dai parlanti L2, e che l uso di modificatori lessicali è poco frequente (Nuzzo, 2009). I parlanti L2 solo nel terzo stadio di 26

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