UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA STATISTICA E INFORMATICA PER L AZIENDA UNO STRUMENTO GRAFICO IN JAVA PER LA PROGETTAZIONE CONCETTUALE

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA FACOLTÀ DI SCIENZE STATISTICHE CORSO DI LAUREA IN STATISTICA E INFORMATICA PER L AZIENDA SEDE DI RIMINI UNO STRUMENTO GRAFICO IN JAVA PER LA PROGETTAZIONE CONCETTUALE Tesi di Laurea in SISTEMI INFORMATIVI Relatore Prof. Claudio Sartori Correlatore Prof. Gianluca Moro Presentata da Michael Gabriel Gambuti Sessione III Anno Accademico 2000/01

2 Indice Capitolo 1 Introduzione Obiettivi della ricerca...7 Capitolo 2 Dallo schema concettuale allo schema logico Introduzione Ristrutturazione dello schema E-R Eliminazione delle generalizzazioni Scelta delle chiavi primarie Eliminazioni delle identificazioni esterne Normalizzazione degli attributi Traduzione verso il modello logico relazionale Traduzione standard Altre traduzioni Capitolo 3 Il linguaggio Java Introduzione

3 3.2 Caratteristiche principali di Java Indipendenza dalla piattaforma Programmazione orientata agli oggetti Sicurezza e affidabilità Semplicità Abstract Windowing Toolkit (AWT) Swing Gestione degli eventi Capitolo 4 Il linguaggio XML Introduzione Caratteristiche di XML Documenti XML ben formati Definizione del tipo di documento DTD Trasformazioni XSL Capitolo 5 Il manuale d uso Introduzione Come installare l applicazione Come eseguire l applicazione Come creare un riferimento diretto all applicazione

4 5.2 Il menù File Come creare un nuovo schema E-R Come creare e salvare un nuovo schema logico Come aprire uno schema Come salvare uno schema E-R Come chiudere uno schema E-R Come terminare l applicazione Il menù Size e il menù Font Il menù Options e il menù? La barra degli strumenti Operazioni principali Come selezionare un elemento dallo schema E-R Come annullare la selezione di un elemento Come visualizzare la finestra delle informazioni Come spostare un oggetto grafico sullo schermo Come visualizzare il menù a comparsa Come confermare le modifiche effettuate Modifiche principali Entità Associazioni Generalizzazioni Sottoinsiemi Attributi composti

5 Capitolo 6 L output dell applicazione Introduzione Lo schema concettuale example.ert Il file schema.dtd Gli elementi della definizione Gli attributi della definizione Come modificare la definizione Lo schema logico [.xml] Componenti del documento Un esempio di documento XML Il file schema.xsl Le sezioni del foglio di stile Visualizzazione del documento XML come codice SQL Come modificare il foglio di stile Capitolo 7 Implementazione dell applicazione Introduzione La classe ERToolPro La classe Swinger Il costruttore Il metodo Open_Stream_Schema

6 7.3.3 Il metodo actionperformed I metodi di input e di output Altri metodi La classe ERVisualPanel Il costruttore I metodi relativi ai costrutti Il metodo paint Il metodo SavingSchema Il metodo SavingSchemaXML Altri metodi La classe Output_Panel Il costruttore I metodi Append_ e Modify_ Altri metodi Le classi relative ai costrutti La classe Selectable La classe Drawable La classe Attribute_Window...78 Capitolo 8 Sviluppi futuri Conclusione...79 Bibliografia

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8 Capitolo 1 Introduzione 1.1 Obiettivi della ricerca Nell ambito dei sistemi informativi, la progettazione di basi di dati svolge un ruolo fondamentale. La metodologia corrente si articola in tre fasi sequenziali: la progettazione concettuale, la progettazione logica e la progettazione fisica. La progettazione concettuale permette di descrivere la realtà di interesse in modo formale e completo, indipendentemente dal sistema di gestione di base di dati adottato. Il modello Entità-Relazione viene utilizzato per la creazione dello schema concettuale. La progettazione logica consiste nella traduzione dello schema concettuale nel modello di rappresentazione dei dati utilizzato dal sistema di gestione del database. Il modello maggiormente utilizzato per la creazione dello schema logico è quello relazionale. Infine la progettazione fisica completa lo schema logico con la specifica dei parametri fisici di memorizzazione dei dati. Lo schema fisico dipende direttamente dallo specifico sistema di gestione scelto. L obiettivo della ricerca mirava all utilità di poter disporre di uno strumento idoneo alla creazione di schemi concettuali e logici. L interfaccia grafica che è stata realizzata permette la creazione di diagrammi conformi al modello Entità-Relazione e alla successiva trasformazione in schemi logici relazionali. 7

9 Pertanto l applicazione, partendo dalla visualizzazione di uno schema concettuale, è in grado di generare le istruzioni necessarie alla creazione delle tabelle di una base di dati. L implementazione dell applicazione è stata fatta utilizzando il linguaggio Java, ottenendo così un software usufruibile sulla maggior parte dei sistemi operativi attualmente disponibili. Il linguaggio XML, considerate le sue straordinarie potenzialità, è stato impiegato per la rappresentazione del codice SQL necessario alla generazione dello schema logico. L applicazione si basa su una versione pr ecedente, in cui era implementata solo la progettazione concettuale; inoltre l interfaccia grafica risultava povera, mancando degli elementi necessari a un facile utilizzo da parte dell utente. Di seguito viene illustrato il contenuto di ogni capitolo. Il capitolo 2 è dedicato al processo di trasformazione di un modello concettuale in un modello logico, e fornisce una descrizione dei procedimenti adottati a tale scopo. Il capitolo 3 prende in esame il linguaggio di programmazione utilizzato per l implemen tazione dell applicazione. Del linguaggio Java vengono messe in luce le caratteristiche principali impiegate. Il linguaggio XML viene discusso nel capitolo 4. Viene utilizzato dall applicazione per la descrizione dei modelli logici. Sono mostrate le speciali proprietà di questo linguaggio, che ne stanno già facendo il principale linguaggio adottato per lo scambio di dati sul Web. Il capitolo 5 è dedicato al manuale utente: descrive le operazioni basilari per installare l applicazione, le funzionalità implementate e la gestione input/output. L output dell applicazione viene analizzato nel capitolo 6. Vengono descritti i componenti dei vari tipi di files prodotti dal programma, e come eventualmente modificarli. 8

10 Il capitolo 7 esamina il codice sorgente del file Java, considerando le classi e i metodi più importanti, e cercando di far giungere, seppure in maniera molto generale, il pensiero alla base della progettazione. Infine il capitolo 8 cercherà di fare il punto della situazione e di fornire idee per la ricerca futura. 9

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12 Capitolo 2 Dallo schema concettuale allo schema logico 2.1 Introduzione In questo capitolo prenderemo in esame la trasformazione che subisce uno schema concettuale Entità-Relazione per diventare uno schema logico. La trasformazione prevede due fasi: una prima fase di ristrutturazione dello schema E-R, indipendentemente dal modello logico scelto, e una seconda fase di traduzione verso il modello logico adottato. 2.2 Ristrutturazione dello schema E-R La ristrutturazione si rende necessaria perché non tutti i costrutti del modello E-R sono traducibili direttamente nei modelli logici Eliminazione delle generalizzazioni L eliminazione delle generalizzazioni è un procedimento necessario perché il modello logico non è in grado di rappresentarle direttamente; questi costrutti sono trasformati in altri costrutti la cui traduzione risulta più semplice. Esistono tre possibili alternative di eliminazione esaminate qui di seguito; la scelta va effettuata considerando vantaggi e svantaggi relativi all occupazione di memoria e al costo delle operazioni coinvolte e anche alla proprietà di copertura. Per quanto riguarda le gerarchie, vale a dire le generalizzazioni su più livelli, si procede analogamente analizzando una generalizzazione alla volta partendo dal fondo dell intera gerarchia; dunque non è necessario adottare la stessa alternativa per tutti i livelli e per tutte le 11

13 singole generalizzazioni, ma adottare via via quella più adatta: si possono ottenere così configurazioni diverse in base alle varie combinazioni delle ristrutturazioni. Infine i sottoinsiemi vanno considerati come particolari generalizzazioni aventi un unica entità figlia, la cui copertura non può che essere parziale ed esclusiva Mantenimento delle entità Per ogni entità figlia si crea un associazione uno a uno con l entità padre, senza trasferimento di attributi. Le entità figlie sono identificate esternamente dall entità padre, perciò la cardinalità minima della associazione lato figlia è uguale a uno, mentre quella lato padre è uguale a zero. Un occorrenza dell entità padre può partecipare a una sola entità figlia; deve partecipare obbligatoriamente a un entità figlia quando la copertura è totale. Il mantenimento delle entità è sempre possibile a prescindere dalla copertura della generalizzazione Collasso verso l alto Tutte le entità figlie vengono eliminate e le loro proprietà vengono trasportate sull entità padre. Gli attributi obbligatori per le entità figlie diventano opzionali per l entità padre, questo comp orterà una certa percentuale di valori nulli. Le cardinalità minime delle associazioni trasportate assumono il valore zero. In caso di copertura esclusiva, all entità padre va aggiunto un attributo selettore che permetterà di riconoscere da quale entità figlia proviene una singola istanza dell entità padre. Il selettore assumerà N valori, pari al numero delle sottoentità, se la copertura è totale; mentre assumerà N+1 valori se la copertura è parziale, il valore in più è utilizzato per le occorrenze che non appartengono a nessuna delle entità figlie. 12

14 Quando la copertura è sovrapposta, occorrono tanti selettori quante sono le sottoentità; ogni selettore è di tipo booleano quindi assumerà valore Vero quando l istanza dell entità padre appartiene alla relativa entità figlia. Se la copertura è totale, almeno un selettore deve essere impostato a Vero; mentre se la copertura è parziale, al limite tutti i selettori possono essere impostati a Falso. Questo tipo di eliminazione è efficiente quando si consultano insieme gli attributi dell entità padre e di un entità figlia Collasso verso il basso L entità padre viene eliminata e i suoi attributi, il suo identificatore e le eventuali associazioni cui partecipava vengono ereditate da ogni entità figlia. Il collasso verso il basso non è applicabile quando la copertura è parziale, come nei sottoinsiemi, poiché le occorrenze esclusive dell entità padre non avrebbero una collocazione nelle entità figlie. In caso di copertura sovrapposta, l eliminazione comporta una ridondanza, infatti la stessa istanza può appartenere a entità diverse Scelta delle chiavi primarie La scelta degli identificatori principali è essenziale per la traduzione verso il modello logico: una base di dati senza chiavi primarie sarebbe di fatto inutilizzabile, perché il sistema di gestione non sarebbe in grado di costruire sulle entità degli indici efficienti per il reperimento di dati. Per la scelta di un identificatore bisogna tenere presente alcuni criteri: Gli attributi con valori nulli non possono essere identificatori; Preferire identificatori composti da uno o pochi attributi; Preferire identificatori interni piuttosto che esterni, che coinvolgono altre entità; Preferire identificatori utilizzati frequentemente per accedere alle occorrenze dell entità. 13

15 Se nessuno degli identificatori candidati soddisfa tali requisiti, è possibile introdurre un nuovo attributo all entità che ne permetta l identificazione univoca ed efficiente. Conviene comunque tenere traccia degli identificatori non selezionati come primari, definendoli come chiavi alternative su cui costruire indici secondari utilizzabili in alternativa agli indici primari Eliminazioni delle identificazioni esterne Le associazioni che permettono l identificazione esterna delle entità vengono eliminate, mentre queste entità ricevono la chiave primaria dalle entità identificatrici. In presenza d identificazioni in cascata, è necessario iniziare dall entità che non ha identificazioni esterne Normalizzazione degli attributi Alcuni tipi di attributi non sono rappresentabili in maniera diretta nel modello logico; vediamo ora come trasformarli in maniera adeguata Normalizzazione degli attributi multipli Un attributo multiplo è un attributo che ha cardinalità massima superiore a uno; in questo caso l attributo viene trasferito a una nuova entità collegata all entità originale. La chiave della nuova entità è formata dall identificatore dell entità originale più, o l attributo stesso, se un particolare valore può comparire una sola volta, o un valore identificante sintetico, se un particolare valore può comparire più volte. Quando un attributo può essere ripetuto al più K volte, invece di creare una nuova entità, si può sostituire con K attributi; quando la ripetizione è inferiore a K, questi attributi assumeranno valore nullo per le ripetizioni non effettuate Normalizzazione degli attributi composti La normalizzazione degli attributi composti può avvenire in due modi: Eliminare l attributo composto e considerare i su oi componenti come attributi semplici, perdendo la visione unitaria; 14

16 Eliminare i componenti e considerare l attributo come semplice, perdendo parte dei dettagli. 2.3 Traduzione verso il modello logico relazionale Partendo dallo schema E-R ristrutturato si costruisce uno schema logico equivalente, cioè in grado di rappresentare le stesse informazioni, traducendo le entità e le associazioni presenti. Nel nostro caso il modello logico utilizzato è quello relazionale Traduzione standard Nella traduzione standard ogni entità viene tradotta con una relazione con gli stessi attributi e con la stessa identificazione; mentre ogni associazione viene tradotta con una relazione con gli stessi attributi e in più con gli identificatori di tutte le entità che l asso ciazione collega, questi identificatori formeranno l identificatore della relazione. La traduzione standard è sempre possibile ed è l unica possibilità per le associazioni molti a molti Associazione n-aria In alcuni casi la chiave composta dagli identificatori delle entità collegate può essere una superchiave: pertanto è possibile utilizzare un sottoinsieme della superchiave, formato dagli identificatori delle entità che partecipano all associazione con cardinalità massima pari ad uno, come chiave della relazione Associazione binaria uno a molti La chiave della relazione che traduce l associazione è ridotta: essa è formata solo dall identificatore dell entità che ha cardinalità massima pari ad uno Associazione binaria uno a uno Anche in questo caso la chiave della relazione che traduce l associazione è ridotta: essa può essere formata indifferentemente dall identificatore di una delle due entità. 15

17 Anello molti a molti L identificatore della relazione che traduce l associazion e, è formato da una doppia presenza dell identificatore dell entità: pertanto è necessario modificare i nomi degli attributi per non avere omonimia Altre traduzioni Sono utilizzabili per casi particolari di cardinalità delle associazioni. Puntano a fondere in una stessa relazione entità e associazioni, riducendo così il numero totale delle relazioni e semplificando lo schema. Facilitano la ricerca di istanze connesse alle associazioni ma penalizzano le operazioni che riguardano solo gli attributi di un entità che è stata fusa Associazione binaria uno a molti L entità con cardinalità massima pari ad uno viene fusa con l associazione, ottenendo due sole relazioni. Se la cardinalità minima dell entità fusa vale zero, gli attributi ricevuti dall associazione assumono valore nullo per le istanze che non partecipano all associazione Associazione binaria uno a uno Traduzione con una relazione La chiave può provenire o da una delle due entità, se partecipano obbligatoriamente all associazione (l altra sarà chiave alternativa) o dall entità che partecipa facoltativamente (questo comporterà un certo numero di valori nulli). Se entrambe le entità partecipano facoltativamente all associazione, la traduzione con una sola relazione non è ammessa. Traduzione con due relazioni L associazione può essere compattata o con una delle due entità, se la partecipazione è obbligatoria per entrambe, o con l entità che partecipa obbligatoriamente (per evitare valori nulli). Se tutte e due le entità partecipano facoltativamente all associazione, è preferibile 16

18 adottare una traduzione standard, a tre relazioni, che elimina la presenza di valori nulli Anello uno a molti Viene tradotto con una sola relazione che contiene due volte l identificatore: la seconda volta come riferimento all istanza di entità connessa e con un nome diverso per specificarne il ruolo. 17

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20 Capitolo 3 Il linguaggio Java 3.1 Introduzione Il linguaggio Java fu sviluppato nel 1991 dalla Sun Microsystems, mentre la pubblica diffusione avvenne solo nel 1995; l obiettivo dei programmatori era di realizzare un prodotto di piccole dimensioni, efficiente e facilmente portabile verso un ampia gamma di dispositivi elettronici d uso comune. Solo in un secondo momento, con lo sviluppo di Internet, questi aspetti ne hanno decretato il successo come maggior linguaggio di programmazione utilizzato sul Web. Di seguito viene fornita una descrizione delle caratteristiche principali di Java e di alcune classi impiegate nella progettazione. 3.2 Caratteristiche principali di Java I punti di forza di Java sono: 1. Indipendenza dalla piattaforma; 2. Programmazione orientata agli oggetti; 3. Sicurezza e affidabilità; 4. Semplicità Indipendenza dalla piattaforma L indipendenza dalla piattaforma è uno dei maggior pregi di Java: uno stesso programma scritto in Java può essere eseguito su piattaforme e sistemi operativi differenti. Questo è possibile perché l ambiente di sviluppo di Java è costituito da due elementi: il compilatore e l interprete. 19

21 Il compilatore, invece di tradurre il codice sorgente del programma direttamente in un codice macchina, lo traduce in bytecode, un particolare codice macchina non specifico per alcun processore. Sarà l interprete o macchina virtuale di Java, a convertire le istruzioni presenti nel bytecode in comandi specifici per il sistema operativo utilizzato. Pertanto lo stesso programma compilato, può essere eseguito su qualsiasi piattaforma e sistema operativo che possieda una macchina virtuale di Java. Java è indipendente dalla piattaforma anche a livello del codice sorgente: i programmi Java vengono salvati come semplici files di testo prima di essere compilati Programmazione orientata agli oggetti La programmazione orientata agli oggetti è un modo di concettualizzare un programma come un insieme di oggetti che interagiscono tra loro. Un oggetto è un elemento autonomo di un programma che rappresenta un gruppo di funzionalità correlate, progettato per eseguire operazioni specifiche. In un linguaggio ad oggetti non si definiscono dei veri e propri oggetti, ma delle classi di oggetti, vale a dire un modello generico, per una famiglia di oggetti con caratteristiche simili, che definisce la struttura ed il comportamento degli oggetti stessi. Un concetto fondamentale alla base della programmazione orientata agli oggetti è l ereditarietà: un meccanismo che consente ad una classe di ereditare tutte le caratteristiche di un altra. Le classi sono organizzate in una stretta gerarchia, in modo che ogni classe abbia una sola superclasse (classe che la precede nella gerarchia) e un numero illimitato di sottoclassi (classi che la seguono nella gerarchia). Ogni sottoclasse eredita il comportamento e gli 20

22 attributi della relativa superclasse. Al vertice della gerarchia di Java si trova la classe Object, dalla quale ereditano tutte le altre classi Sicurezza e affidabilità Un programma Java viene confinato all ambiente d esecuzione di Java, quindi non può accedere ad altre parti dell elaboratore; per questa proprietà si evitano danni provocati dai virus e s impedisce di violare la sicurezza delle informazioni consentendo così a Java un ruolo fondamentale per Internet. Java fornisce molti livelli di misure che garantiscono affidabilità: rispetto al linguaggio C++, per esempio, il compilatore esegue controlli aggiuntivi per identificare incongruenze, il sistema d esecuzione ripete molti dei controlli eseguiti dal compilatore e in più verifica che i bytecode formino un programma Java valido Semplicità Java è stato pensato per essere più semplice da scrivere, compilare, correggere e imparare, rispetto ad altri linguaggi. E stato progettato sfruttando come modello il linguaggio C++: gran parte della sintassi e della struttura orientata agli oggetti di Java deriva da questo linguaggio. Per rispettare il vincolo di semplicità, sicurezza e affidabilità, in Java non sono presenti gli aspetti più complessi di C++ che conducevano maggiormente al verificarsi di errori. 3.3 Abstract Windowing Toolkit (AWT) In Java un pacchetto è un contenitore di classi correlate, che viene utilizzato per mantenere lo spazio dei nomi delle classi suddiviso in comparti (in assoluta coerenza con i principi della programmazione orientata agli oggetti). Il primo pacchetto analizzato è l Abstract Windowing Toolkit (AWT): contiene il supporto per la gestione delle interfacce utente grafiche 21

23 (GUI) per applicazioni e per applet (programmi Java eseguibili all interno di una pagina Web). Le principali classi utilizzate sono le seguenti: Button: crea un pulsante di comando; Color: permette la gestione dei colori; Component: superclasse astratta per componenti AWT; Container: sottoclasse astratta di Component che può contenere altri componenti; Dialog: visualizza e gestisce una finestra di dialogo; Dimension: specifica le dimensioni di un oggetto; FileDialog: sottoclasse di Dialog che consente l accesso a un f ile; Font: inserisce la dimensione del carattere di scrittura; FontMetrics: fornisce metodi utili per visualizzare stringhe e caratteri in modo corretto; Graphics: richiama i metodi grafici per visualizzare l output in una finestra; Label: crea un etichetta che visu alizza una stringa; List: crea un elenco di scelta per l utente; Menu: crea un menù a discesa; MenuBar: fornisce una barra dei menù; MenuItem: costruisce una voce di un menù; Panel: una sottoclasse concreta di Container che fornisce un pannello dove è possibile aggiungere altri componenti; Point: contiene le coordinate cartesiane di un oggetto; PopupMenu: fornisce un menù a comparsa visualizzabile con il tasto destro del mouse; Rectangle: fornisce le coordinate di un rettangolo; TextComponent: rappresenta la superclasse per TextField; TextField: crea una riga dove è possibile inserire testo; Window: crea una finestra senza cornice, barra dei menù e titolo. 22

24 Per richiamare il pacchetto all interno dell applicazione è necess ario inserire nell introduzione la seguente istruzione: import java.awt.*; 3.4 Swing Il pacchetto Swing, introdotto con la versione 1.2 di Java, estende le funzioni dell AWT fornendo un nuovo set di componenti GUI. I componenti Swing possono utilizzare automaticamente lo stile del sistema operativo adoperato, pur rimanendo indipendenti da esso. Gli elementi di Swing vengono importati all interno di un applicazione tramite l istruzione: import javax.swing.*; Le principali classi di Swing utilizzate dall applicazione s ono: AbstractButton: superclasse per la creazione di pulsanti; JButton: crea un pulsante di comando con il testo e l icona specificata; JComponent: superclasse di tutti i componenti Swing; JDialog: visualizza una finestra di dialogo; JFrame: fornisce una finestra generica; JMenu: costruisce un menù a discesa; JMenuBar: fornisce una barra dei menù; JMenuItem: inserisce una voce di un menù; JRadioButtonMenuItem: inserisce un pulsante d opzione in un menù a discesa; JOptionPane: fornisce una finestra di dialogo standard; JSeparator: fornisce un separatore per le opzioni di un menù; JTextComponent: rappresenta la superclasse per JTextField; JTextField: inserisce un campo di testo; JToolBar: inserisce una barra degli strumenti; JToolTip: componente a comparsa che visualizza informazioni su altri componenti. 23

25 3.5 Gestione degli eventi Un evento è una qualsiasi modifica dello stato del programma operata dell utente, per esempio la pressione di un tasto o il movi mento del mouse, oppure dovuta a cambiamenti nell ambiente di sistema, come il ridimensionamento di un componente. I principali eventi controllabili in un applicazione sono i seguenti: 1. Clic del mouse; 2. Movimento del mouse; 3. Pressione dei tasti; 4. Eventi dell i nterfaccia utente (clic su pulsanti, utilizzo di menù a discesa, ecc.); 5. Eventi delle finestre (apertura, chiusura, riduzione a icona, ridimensionamento, trascinamento). AWT e Swing definiscono una propria serie di ascoltatori di eventi. Questi ascoltatori vengono associati ai componenti di cui si vuole tenere traccia; quando un componente viene utilizzato, l ascoltatore a esso associato, genera l evento specificato. Le classi che contengono gli eventi vengono importate con i seguenti comandi: import java.awt.event.*; import javax.swing.event.*; 24

26 Capitolo 4 Il linguaggio XML 4.1 Introduzione Il linguaggio XML (extensible Markup Language) è stato sviluppato dal gruppo di lavoro XML, sotto il patronato del World Wide Web Consortium (W3C) nel XML è un sottoinsieme del linguaggio SGML (Standard Generalized Markup Language [ISO 8879]): il suo obiettivo è consentire l invio, la ricezione e l elaborazione di codice SGML generico sul Web, nel modo che è ora possibile con l HTML (Hyper Text Markup Language). E stato progettato con lo scopo di ottenere facilità di implementazione e di interoperabilità con SGML e HTML. In base alla specifica XML 1.0 (denominata REC-xml ), gli scopi progettuali di XML sono i seguenti: 1. XML deve essere immediatamente utilizzabile su Internet; 2. XML deve supportare una vasta gamma di applicazioni; 3. XML deve essere compatibile con SGML; 4. Deve essere facile scrivere programmi in grado di elaborare documenti XML; 5. Il numero di caratteristiche opzionali in XML deve essere ridotto al minimo, idealmente zero; 6. I documenti XML devono essere leggibili dai programmatori e ragionevolmente chiari; 7. Il progetto XML deve essere concluso velocemente; 8. Il progetto XML deve essere formale e conciso; 25

27 9. I documenti XML devono essere facili da creare; 10. La concisione nel markup XML è di minima importanza. 4.2 Caratteristiche di XML XML è un linguaggio di meta-markup cioè un linguaggio per la descrizione di linguaggi markup; esso descrive la struttura e la semantica di un documento tramite dei tag (una serie di contrassegni che marcano il documento). A differenza dell HTML, che utilizza tag definiti a priori, XML permette di creare tag personalizzati secondo le proprie esigenze. Questi tag possono essere documentati tramite una DTD (Document Type Definition), cioè una definizione del tipo di documento che contiene oltre ai tag anche la sintassi per il loro utilizzo. Un' altra importante differenza dall HTML, è quella che XML non descrive la formattazione degli elementi, cioè come deve essere visualizzato un documento. Questa formattazione viene descritta tramite un foglio di stile XSL (extensible Style Language) collegato al documento principale. Pertanto XML separa il contenuto di un documento dal suo aspetto; questa separazione rappresenta una tecnica molto efficiente: se si vuole modificare il font di un carattere, non è necessario modificare il documento ma soltanto il foglio di stile associato. Si possono creare più fogli di stile per lo stesso documento, ottenendo così visualizzazioni diverse secondo le necessità. XML è in grado di specificare non solo la struttura degli elementi di un documento ma anche le relazioni fra essi, questo risulta particolarmente utile quando si utilizza documenti di grandi dimensioni o archivi di dati come i database relazionali. 4.3 Documenti XML ben formati Un documento XML contiene testo che include dati carattere e markup XML. I dati carattere costituiscono l informazione essenziale 26

28 del documento mentre il markup descrive la struttura logica del documento stesso. Dato che in XML i tag predefiniti sono del tutto assenti è indispensabile che i tag utilizzati siano conformi ad una serie di regole. Un applicazione XML, come un parser o un browser, non è in grado di leggere o visualizzare un documento non ben formato, al limite è in grado di segnalare l errore. Un documento si definisce ben formato quando tutto il markup e i dati carattere in esso contenuto, rispettano le seguenti regole: 1. Il documento deve iniziare con la dichiarazione XML. La dichiarazione per documenti indipendenti in XML 1.0 è: <?xml version="1.0" standalone="yes"?> In realtà la dichiarazione non è obbligatoria, ma se esiste, allora deve essere il primo elemento del documento. 2. Gli elementi non vuoti devono avere entrambi i tag d apertura e di chiusura. A differenza di un documento HTML, in un documento XML tutti i tag d apertura devono avere il corrispettivo tag di chiusura. Per esempio, non può esistere un tag d apertura <NAME>, che contiene un qualche nome, senza il corrispondente tag di chiusura </NAME>. 3. Gli elementi vuoti che usano un solo tag devono terminare con /> I tag che non contengono dati come per esempio i tag <BR> e <HR> di HTML, diventano in XML <BR/> e <HR/>. In alternativa è possibile indicare questi tipi di tag nel seguente modo: <BR><BR/> e <HR><HR/>. 4. Un elemento deve contenere tutti gli altri elementi. Un documento XML comprende un elemento radice che contiene tutti gli altri elementi. I dati che non fanno parte degli elementi, 27

29 come la dichiarazione XML, la DTD o altre istruzioni di elaborazione, non devono essere inseriti nell elemento radice. 5. Gli elementi possono essere annidati, ma non sovrapposti. Gli elementi possono contenere altri elementi, ma non sovrapporsi; in pratica, se un elemento contiene il tag di apertura di un altro elemento, deve contenere anche il corrispondente tag di chiusura. Ogni elemento non radice ha sempre un elemento padre e può avere un numero indefinito di elementi figli; in termini di programmazione significa che i documenti XML hanno una struttura ad albero che inizia dall elemento radice e si espande nei vari rami dell albero. 6. I valori di attributo devono essere racchiusi tra virgolette. Tutti i valori degli attributi devono essere racchiusi tra virgolette doppie o singole, che contengano o no spazi bianchi. Se il valore di un attributo contiene già virgolette, sarà possibile utilizzare i riferimenti a entità &apos; e " come vedremo nell ottava regola. 7. I caratteri < e & possono essere utilizzati unicamente per iniziare, rispettivamente, tag e riferimenti a entità. Per XML il carattere < segna sempre l inizio di un tag e il carattere & segna sempre l inizio di un riferimento a entità; pertanto quando si utilizzano questi caratteri come dati carattere è necessario utilizzare i riferimenti a entità < e &. 8. Si devono utilizzare soltanto i riferimenti a entità predefiniti. I riferimenti a entità sono markup che, quando il documento viene analizzato, sono trasformati in dati di tipo carattere. Sono utilizzati al posto di particolari caratteri che altrimenti verrebbero interpretati come codice markup e non semplice testo. I cinque riferimenti a entità predefiniti sono: 1. & che corrisponde al carattere & 2. < che corrisponde al carattere < 3. > che corrisponde al carattere > 28

30 4. &apos; che corrisponde al carattere 5. " che corrisponde al carattere Tutto il testo che contenga questi cinque caratteri, deve essere inserito utilizzando i corrispettivi riferimenti a entità. Oltre a ciò è possibile utilizzare riferimenti personali, a patto che siano già stati definiti in una DTD collegata al documento XML. 4.4 Definizione del tipo di documento DTD I nuovi linguaggi di markup creati tramite XML, vengono definiti attraverso una definizione del tipo di documento, o DTD (Document Type Definition). Una DTD fornisce un elenco di elementi, attributi, annotazioni ed entità contenuti nel documento, e una serie di regole da seguire per la struttura del documento. Le DTD possono essere incluse nel documento stesso, anche se è preferibile tenerle separate: in questo modo una DTD può essere condivisa da documenti differenti. Una DTD definisce esattamente che cosa consentire o non consentire all interno di un documento; stabilisce uno standard per gli elementi che il software di visualizzazione e di modifica deve gestire, e stabilisce le estensioni che dichiara non valide. Una DTD consente di vedere la struttura del documento separata dai dati veri e propri. Consente di spostare i dati da e verso database relazionali e database di oggetti, e anche utilizzare XML come formato intermedio per convertire formati differenti. La dichiarazione del tipo di documento specifica quale DTD utilizza un documento XML, compare subito dopo la dichiarazione XML e prima dell elemento radice e può contenere o la DTD o un riferimento esterno, oppure entrambe. Una dichiarazione del tipo di documento inizia con <!DOCTYPE seguito dal nome dell elemento radice; per esempio, il codice <!DOCTYPE TABLE SYSTEM "generic.dtd"> ci informa che 29

31 l elemento radice del documento XML si intitola TABLE e che la DTD è contenuta in un file denominato generic.dtd. Un documento XML per definirsi valido deve attenersi alle regole specificate nella DTD; qualsiasi tag impiegato deve essere dichiarato nella DTD e deve essere utilizzato nel modo consentito dalla DTD. Tramite un parser di convalida è possibile controllare se un documento è valido; è opportuno ricordare che non tutti i browser Web controllano la validità dei documenti (per esempio Internet Explorer 6.0 controlla solo la formattazione, e non la validità di un documento XML). Ricordiamo inoltre che la presenza di una DTD non è obbligatoria, dunque possono esistere documenti ben formati ma non validi. Ciascun tag utilizzato viene specificato attraverso una dichiarazione di elemento nella DTD. La dichiarazione di elemento specifica il nome e i possibili contenuti di un elemento: tale dichiarazione inizia con l istruzione!element ed è possibile specificare il tipo di elemento e la presenza, obbligatoria o facoltativa, di elementi figli, Alcuni elementi sono dotati di attributi, che contengono informazioni supplementari. Anche gli attributi devono essere dichiarati nella DTD tramite l istruzione!attlist seguita dal nome dell elemento, dal nome dell attributo, dal tipo e dal valore di default. Il tipo di attributo viene scelto tra uno dei dieci tipi validi (generalmente si utilizza il tipo CDATA), mentre il valore di default indica il valore assunto dall attributo nel caso non venisse indicato alcun valore. Invece di specificare un valore predefinito è possibile richiedere che il valore venga inserito obbligatoriamente dall autore, o facoltativamente, oppure utilizzare sempre il valore predefinito, tramite l istruzione, rispettivamente, #FIXED. #REQUIRED, #IMPLIED, 30

32 Dato che un attributo fa riferimento a un elemento specifico, è possibile utilizzare lo stesso nome per altri attributi che sono riferiti a elementi differenti. 4.5 Trasformazioni XSL Il linguaggio XSL (extensible Style Language) include sia un linguaggio di trasformazione sia un linguaggio di formattazione. Attualmente i browser Web non sono in grado di utilizzare oggetti di formattazione XSL, pertanto prenderemo in esame soltanto la trasformazione XSL. Il linguaggio di trasformazione può trasformare un documento XML in un altro documento XML oppure in un qualsiasi altro tipo di documento. Di particolare importanza riveste la trasformazione verso un documento HTML, visualizzabile dunque con un browser Web. In pratica con una trasformazione XSL, un processore XSL legge sia un documento XML sia un foglio di stile XSL, e in base alle istruzioni presenti nel foglio di stile, invia in output un documento HTML. Come abbiamo visto, un documento XML è una struttura ad albero formato da un nodo radice, cui sono collegati nodi figli che a loro volta possono avere nodi figli e così via. Una trasformazione XSL accetta come input un albero proveniente da un documento XML e produce come output un nuovo albero. Un documento XSL contiene un elenco di modelli e di regole. Ogni regola di un modello possiede un pattern che specifica il nodo a cui deve essere applicata, e un modello da inviare in output quando viene riscontrata una corrispondenza con il pattern cercato. Quando un processore XSL formatta un documento XML esegue la scansione dell albero del documento e ogni volta ch e trova un nodo che corrisponde a quello della regola del modello, invia in output il modello, che generalmente include markup, nuovi dati e dati estratti dall albero del documento originale. 31

33 Per collegare un foglio di stile XML a un documento XML basta inserire nel documento, l istruzione xml-stylesheet subito dopo la dichiarazione XML e l eventuale dichiarazione DTD. Per esempio <?xml-stylesheet type="text/xsl" href="style.xsl"?> specifica che al documento XML è collegato un foglio di stile di tipo XSL e di nome style.xsl. Le istruzioni contenute nel modello sono identificate dal prefisso xsl: e tutti gli elementi senza tale prefisso fanno parte dell albero dei risultati. Il documento XSL stesso è un elemento di tipo xsl:stylesheet. Ciascuna regola del modello è un elemento di tipo xsl:template. Ciascun elemento xsl:template possiede un attributo match che specifica per quali nodi del documento di input venga creata un istanza del modello. Un modello può contenere sia testo da visualizzare sia istruzioni XSL. Una volta identificato un nodo, tramite l istruzione xsl:apply-template, si confronta ogni elemento figlio del nodo con i modelli del foglio di stile e si invia in output il modello trovato. L attributo select può essere utilizzato per selezionare un determinato gruppi di figli. Il comando xsl:value-of associato all attributo select, permette di copiare il valore dell elemento selezionato nel documento di output. Quando esistono più entità possibili da selezionare, si utilizza l istruzione xsl:for-each al posto di xsl:value-of. Dato che il documento di output deve essere ben formato, il primo elemento da inviare è l elemento radice; si accede ad esso tramite il carattere / da assegnare all attributo match. Per selezionare gli attributi di un elemento è sufficiente far precedere al nome dell attributo il 32

34 Un foglio di stile deve iniziare con la seguente istruzione: <?xml version="1.0"?> <xsl:stylesheet xmlns:xsl= " che specifica la versione di XML utilizzata e lo spazio di nomi. Partendo da un documento XML è dunque possibile ottenere una qualsiasi visualizzazione dello stesso, senza doverlo modificare, ma semplicemente creando opportuni fogli di stile a esso collegato. 33

35 34

36 Capitolo 5 Il manuale d uso 5.1 Introduzione Il manuale operativo, che descrive in modo dettagliato il funzionamento dell applicazione ERToolPro, prende in esame l interfaccia grafica e le varie operazioni che si possono effettuare, per consentire all utente un uso ottimale del softwa re. Il programma è prelevabile dal sito Come installare l applicazione Per utilizzare il programma è necessario installare sul proprio computer un kit di sviluppo Java quali il JDK 1.2 o il Java 2 SDK 1.2, reperibili all indirizzo del sito di Sun Microsystems. Dato che il linguaggio Java è indipendente dalla piattaforma utilizzata, è possibile prelevare il kit di sviluppo adatto al proprio sistema operativo. Comunque, nel seguito della trattazione, faremo riferimento al solo ambiente Windows. Il programma ERToolPro viene fornito già compilato e dunque non necessita di tale operazione Come eseguire l applicazione Per eseguire l applicazione è necessario aprire un a finestra MS-DOS selezionando il comando Prompt di MS-DOS. Questo comando è rintracciabile cliccando in sequenza Start - Programmi o Start - Programmi - Accessori secondo la versione Windows utilizzata. I comandi DOS vanno sempre seguiti dal tasto Invio o Enter. 35

37 Aperta una finestra MS-DOS, posizionarsi nella cartella contenente l applicazione e digitare il comando: java ERToolPro rispettando la distinzione tra lettere maiuscole e minuscole. A questo punto, compare la finestra principale dell applicazione, che si adatterà automaticamente alle dimensioni massime dello schermo; per ridurre le dimensioni, è sufficiente posizionare il cursore sul bordo del programma e trascinarlo fino ad ottenere le dimensioni volute. Se la variabile PATH presente nel file AU TOEXEC.BAT non è stata impostata per il kit Java, al comando precedente occorre aggiungere il percorso completo dove recuperarlo, per esempio: C:\jdk1.2\bin\java ERToolPro E possibile inserire anche il nome e il percorso, relativo o completo, dello schema che si vuole visualizzare all apertura del programma, come in questo esempio: C:\jdk1.2\bin\java ERToolPro data\example.ert Come creare un riferimento diretto all applicazione Invece di dover aprire una finestra MS-DOS, è preferibile creare un file che contenga il comando d esecuzione del programma. La procedura, da seguire passo dopo passo, è la seguente: 1. Aprire un editor di testo, come Blocco note presente in Start - Programmi - Accessori 2. Scrivere il seguente codice: CD <directory di ERToolPro> <directory di Java>java ERToolPro %1 Per <directory di ERToolPro> e <directory di Java> si intende il percorso completo delle due applicazioni, per esempio: CD C:\programmi\ERToolPro\ C:\jdk1.2\bin\java ERToolPro %1 3. Salvare il file con il nome ERTPRO.bat, controllando che venga effettivamente salvato con l estensione.bat (file di tipo batch) 36

38 4. Per modificare le proprietà del file batch, selezionarlo da Gestione Risorse, premere File - Proprietà e infine Programma. Ora abilitare Chiudi all uscita e cambiare l icona utilizzando quella disponibile nella cartella dell applicazione. Confermando le modifiche si ottiene il file ERTPRO.pif, che esegue modalità in funzione testo, utilizzabile come riferimento diretto al programma. 5.2 Il menù File Le voci del menù File, rappresentate in figura 5.1, permettono le opzioni fondamentali per la gestione degli schemi: Creare un nuovo schema E-R; Aprire uno schema; Chiudere uno schema E-R; Salvare uno schema E-R; Trasformare uno schema E-R in uno schema logico; Terminare l applicazione. Figura 5.1 Il menù File Quando in memoria non è stato caricato nessuno schema, gli unici comandi attivi sono: New, Open e Exit. 37

39 5.2.1 Come creare un nuovo schema E-R Selezionando dal menù File l opzione New, si apre una finestra di dialogo, in cui l utente può inserire il nome del nuovo schema. Premendo il pulsante OK si abilita il programma alla creazione di un nuovo schema, mentre premendo il pulsante Cancel si ritorna allo stato precedente alla selezione del comando New. Premendo OK senza inserire nessun carattere, il sistema associa il valore untitled al nome dello schema. Ci sono varie limitazioni nella scelta del nome: per esempio deve incominciare con un carattere alfabetico e non numerico, non deve contenere caratteri speciali, ecc.; il sistema si occupa di gestire automaticamente il rispetto di tali vincoli convertendo ogni carattere non valido con un trattino e eventualmente inserendo il carattere X come primo carattere del nome. Il nome dello schema compare come titolo del pannello interno bianco e può essere modificato premendo il pulsante posizionato alla sua sinistra. Sulla barra del titolo compare il nome del file che viene associato allo schema: è formato dal nome dello schema più l estensione.ert. Da notare che i vincoli imposti sul nome del file sono più restrittivi rispetto a quelli sul nome dello schema, ed è pertanto possibile che si differenzino per alcuni caratteri. Se si vuole creare un nuovo schema mentre è già attivo un altro, il sistema permette il salvataggio e la chiusura dello schema attivo, prima di procedere alla creazione del nuovo schema. La finestra di dialogo relativa al salvataggio, comparirà solo se serve effettivamente: quando lo schema non è mai stato salvato o quando sono state effettuate delle modifiche Come creare e salvare un nuovo schema logico L opzione Export del menù File, permette di trasformare uno schema da concettuale a logico, pertanto l opzione è attiva solo quando uno schema E-R è stato caricato in memoria. 38

40 Il comando procede in maniera semiautomatica alla trasformazione, facendo comparire eventuali finestre di dialogo per permettere all utente di selezionare le varie alternative proposte. Al termine dell operazione compare la finestra di dialogo per il salvataggio dello schema logico: si noti come l estensione del file proposto sia.xml. Insieme allo schema logico vengono generati e salvati automaticamente anche la definizione del tipo di documento DTD e il foglio di stile XSL associati allo schema logico. Nell ipotesi che lo s chema E-R non sia valido (per esempio quando esiste un identificazione ricorsiva fra entità; quando all interno di una gerarchia non è possibile distinguere le entità padri dalle entità figlie; ecc.), il processo di trasformazione si interrompe: compare un messaggio d errore che specifica la violazione commessa, dando così all utente la possibilità di correggere lo schema stesso Come aprire uno schema Scegliendo l opzione Open dal menù File, si richiama in memoria uno schema E-R precedentemente creato, oppure si visualizza uno schema logico tramite il browser associato. La finestra di dialogo che compare, consente la selezione di un file fra quelli presenti. La cartella iniziale visualizzata è data, posizionata come sottocartella di quella contenente l applicazione, ma è possibile spostarsi in una qualsiasi altra cartella. Non è possibile aprire files con estensione diversa da.ert o.xml: l apertura di un file.ert consente l immediata visualizzazione dello schema concettuale in esso contenuto, mentre l apertura di un file.xml lancia il browser, impostato tramite l opzione Set the Browser del menù Options, per la visualizzazione dello schema logico. Come descritto nel paragrafo precedente, qualora si decida di caricare uno schema mentre si sta lavorando ad un altro, il sistema permette il salvataggio e la chiusura di quest ultimo, senza perdita di dati. 39

41 5.2.4 Come salvare uno schema E-R Per salvare uno schema E-R in maniera diretta si seleziona dal menù File l opzione Save, presente anche sulla barra degli strumenti. Qualora si desideri modificare il nome e/o la posizione del file, selezionando l opzione Save As, si apre una finestra di dialogo, simile a quella descritta nel paragrafo precedente, che permette l accesso al file system locale; si noti come il nome del file proposto termini con.ert, indicando in questo modo uno schema concettuale. Se lo schema viene salvato per la prima volta, l opzione Save, corrisponde all opzione Save As. L apertura della finestra di dial ogo di salvataggio del file non è vincolante; se questa opzione è stata selezionata per sbaglio, è sufficiente cliccare sul tasto Annulla per chiudere la finestra e ritornare alla situazione precedente l errata selezione. Premendo il tasto Salva, invece, l operazione di salvataggio v iene completata Come chiudere uno schema E-R Una volta terminato il progetto concettuale di uno schema, selezionando dal menù File l opzione Close, si può chiudere il file; tale operazione permette di cancellare tutti i costrutti presenti sullo schermo e predisporre l applicazione per la creazione o per l apert ura di un nuovo schema. Se quest ultimo ha subito modifiche, compare sempre l opzione di salvataggio Come terminare l applicazione Per terminare l applicazione, si può ut ilizzare l opzio ne Exit presente nel menù File, oppure cliccare sull angolo in alto a destra della finestra in corrispondenza del pulsante di chiusura. Anche in questo caso l opzione di salvataggio avverte se si vogliono confermare le modifiche apportate allo schema. Per chiudere l eventuale finestra MS -DOS digitare exit 40

42 5.3 Il menù Size e il menù Font I due menù permettono di impostare la dimensione del carattere e il tipo di font utilizzato dall applicazione per visualizzare uno schema. Sono implementati tramite dei pulsanti di opzione: la selezione di una di queste disabilita automaticamente quella precedentemente attivata. La dimensione di default del carattere è 14, ma la scelta può variare da un minimo di 10 ad un massimo di 33 punti, mentre per il tipo di font si può scegliere tra Arial, Courier o Times New Roman, che rappresenta il valore di default. Le scelte effettuate vengono aggiornate immediatamente. Figura 5.2 I menù Size e Font 5.4 Il menù Options e il menù? Il menù Options è formato dall unico comando Set the Browser, che permette di selezionare il proprio browser Internet. Attualmente l unico browser in grado di visualizzare correttamente i documenti XML, è Microsoft Internet Explorer versione 5.0 o superiore. Il menù? contiene l opzione Web Site, che rimanda al sito Internet del programma, e l opzione About ERToolPro, che fornisce informazioni 41

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