PROGETTO ENERGIA Dispense Biennio a.s ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE Guglielmo Marconi Forlì

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1 ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE Guglielmo Marconi Forlì Viale Della Libertà, 14 -Tel , Fax Sito: ENERGIA E AMBIENTE PROGETTO ENERGIA Dispense per il biennio, a.s ITIS G. MARCONI A cura di: Marco Paci e Roberto Versari 1

2 INTRODUZIONE Lo scopo di questo documento è spiegare i vari modi con cui è possibile produrre e utilizzare l energia, con particolare riferimento all energia elettrica. L obiettivo è di dare un idea di quanta energia consumiamo e degli effetti che tale consumo provoca sull ambiente e sul clima della Terra, facendo anche un confronto con le condizioni climatiche preindustriali, per renderci effettivamente conto di che cosa sta dietro al semplice gesto di premere l interruttore della luce. In particolare sarà analizzato l impatto principale che la produzione di energia da combustibili fossili ha sull ambiente: l aumento della concentrazione di anidride carbonica nell atmosfera e il conseguente aumento dell effetto serra (il cosiddetto fenomeno del riscaldamento globale). Saranno considerate anche altre fonti di energia, e per ognuna di esse mostreremo i vantaggi e gli svantaggi rispetto a quelle convenzionali (da combustibili fossili): contrariamente a quanto si crede, infatti, anche i metodi per intercettare le forme di energia rinnovabili o alternative, se male applicati, possono produrre effetti negativi. Infine, concluderemo proponendo soluzioni per minimizzare l impatto ambientale della produzione e consumo di energia, agendo sia sull efficienza energetica che sulla consapevolezza di un uso più responsabile (ossia sostenibile) delle risorse, energetiche e non. Questo lavoro cerca di coniugare in una visione la più organica possibile tutti gli aspetti legati al problema energetico e ambientale, ed è basato su alcuni lavori importanti nel settore [1-3]. Non entra nello specifico delle singole tematiche, lasciando gli approfondimenti ai singoli insegnanti delle varie discipline, e non è ovviamente esaustivo. Può essere pensato come materiale di riferimento per ulteriori riflessioni e approfondimenti da compiersi nell arco dei prossimi anni scolastici con il contributo di tutti: studenti, insegnanti e genitori. La nostra speranza è che possa aiutare a fare scelte consapevoli per un futuro sostenibile, non più delegandole ad altri. DA DOVE VIENE L ENERGIA? Uno dei difetti principali dell energia disponibile nelle nostre case è che costa poca fatica e anche poco denaro. Quindi ci siamo abituati ad usarne a piene mani ed a consumarne anche quando non ci serve (chi lascia il televisore in stand-by per la semplice pigrizia di non doversi avvicinare a spingere l interruttore? O l automobile accesa perché tanto stiamo fermi pochi minuti?). Per renderci conto che questa energia, che costa poca fatica e poco denaro, in realtà corrisponde a una bella quantità di lavoro e dovrebbe essere valutata di più da ciascuno di noi, è importante fare un esempio concreto di quanta fatica dovremmo fare noi per sostituirci ad essa. Partiamo quindi dalle centrali elettriche, dove questa energia viene prodotta. Il principio base per la produzione di energia elettrica è la legge di Faraday-Neumann-Lenz [4], in base alla quale una spira in movimento all interno di un campo magnetico genera una forza elettromotrice ai suoi capi. In termini più semplici è il principio della dinamo delle biciclette: si mette in rotazione un conduttore all interno di un campo magnetico per generare una corrente elettrica che accende la lampadina della bicicletta. Negli alternatori delle centrali elettriche è invece il campo magnetico che ruota mentre la spira resta fissa: in questo caso si produce una corrente alternata (AC), che è appunto quella che arriva nelle nostre case (vedi Figura 1). Chi è che fa girare l alternatore in una centrale elettrica? Si utilizzano turbine di dimensioni notevoli, le quali vengono fatte ruotare tramite l azione di diversi fluidi: nelle centrali idroelettriche: il flusso dell acqua che cade da una diga viene sfruttato per far girare la turbina e quindi l alternatore che produce energia elettrica; nelle centrali termoelettriche a combustibili fossili: si utilizzano gas, petrolio e carbone per scaldare e portare ad ebollizione enormi quantità di acqua. Il vapore ad alta pressione così generato mette in moto la turbina che fa girare l alternatore che produce energia elettrica; ITIS G. MARCONI 2

3 nelle centrali nucleari: si utilizza la fissione dell uranio come fonte di calore per vaporizzare l acqua e quindi muovere la turbina; nelle centrali eoliche: la forza del vento muove le pale eoliche, che trasmettono direttamente la rotazione all alternatore che genera l energia elettrica. Fig. 1: a sinistra il principio di funzionamento della dinamo, a destra quello dell alternatore. Il principio base è sempre quello dell induzione elettromagnetica. Fig. 2: esempio di turbina a vapore cui è stato tolto l involucro esterno. Nella figura 2 si mostra un esempio di turbina utilizzata nelle centrali termoelettriche, per dare un idea delle dimensioni in gioco. Le centrali solari fotovoltaiche non si basano sul sistema turbina - alternatore. Esse sono realizzate con pannelli di materiale semiconduttore che hanno la proprietà di assorbire direttamente l energia luminosa incidente. In particolare, gli elettroni di valenza degli atomi del semiconduttore sono in grado di assorbire parte dell energia solare incidente, acquistando così sufficiente energia per rompere i loro legami e generare una corrente di tipo continuo - DC (Direct Current) [5]. Servono poi dispositivi elettronici l inverter per trasformarla da corrente continua (DC) ad alternata (AC) e immetterla in rete in fase. Le centrali elettriche a combustibili fossili sono di gran lunga quelle più diffuse per la produzione di energia elettrica (più dell 80% del totale). Poiché la combustione comporta il rilascio di anidride carbonica nell atmosfera, la produzione di energia elettrica è una delle cause del riscaldamento globale. ENERGIA: QUANTO COSTA, QUANTA NE USIAMO? L Universo in cui viviamo è formato di energia e materia. Energia e materia non si possono creare né distruggere, ma solo trasformare (principio di conservazione della massa e dell energia). Esistono vari tipi di energia: termica (associata al calore), elettrica (associata alla corrente elettrica o alle pile/accumulatori), meccanica (associata al movimento dei corpi macroscopici) e, a seconda del campo di applicazione, si utilizzano varie unità di misura. La più diffusa è indicata con J (Joule), poi abbiamo le calorie (utilizzate ad esempio per misurare quanta energia possiamo ricavare dal cibo che mangiamo) e si usano anche i Mtons (energia prodotta da esplosioni nucleari). L energia elettrica che paghiamo in bolletta è misurata in kwh, kilo Watt ora. Il Watt (W) è l unità di misura della potenza, ossia della quantità di energia consumata nell unità di tempo. Infatti, 1 W = 1J/1s (corrisponde al consumo di 1J ogni secondo). 1k = 1000 e quindi 1 kw corrisponde a 1000 W. La potenza in pratica misura la velocità con cui un certo dispositivo consuma energia: ad esempio, alcune fra le vecchie lampadine a incandescenza da 100 W consumavano - quando accese 100 W, ossia 100 J ogni secondo; le moderne lampadine a basso ITIS G. MARCONI 3

4 consumo - a parità di luce emessa - consumano solo 20 J ogni secondo, ossia 20W. Utilizzando lampade a Led si potrebbe ottenere la stessa luce consumando ancora meno. Per fare un altro esempio, un forno a microonde consuma circa 1,5 kw, ossia 1500 J ogni secondo. E così via, ogni apparecchio elettrico ha un suo consumo tipico, che indica a quale velocità consuma energia, ossia la potenza che dissipa. Questo è il motivo per cui nella bolletta elettrica il consumo è espresso in kwh: supponiamo che una lampadina da 100 W rimanga accesa per un ora. Quanta energia consumerebbe? 100 Wh, ossia 0,1 kwh. Se la lampadina rimanesse accesa per 12 ore (12h) consumerebbe 100W x 12h = 1200 Wh, ossia 1,2 kwh. Utilizzando i kwh come unità di misura è facile associare l energia dissipata in un certo intervallo di tempo ad ogni dispositivo di cui è nota la potenza: basta moltiplicare la sua potenza per la durata di utilizzo. Unità Simbolo Definizione Relazione con le unità SI Joule (unità SI) J N m = W s = V A s kg m = 2 s 2 Chilocaloria kcal o Cal 1000 cal = 4,1868 kj Kilowattora kw h o B.O.T.U. 1 kw 1 h = 3,6 MJ Elettronvolt ev e 1 V 1, J Tab. 1: tabella di conversione per alcune delle più note unità di misura dell energia [6]. SI indica le unità di misura del Sistema Internazionale. Quanto ci costa l energia? Supponiamo che 1 kwh costi circa 10 centesimi di euro (in Italia in realtà costa circa il doppio, in alcuni paesi un po meno). Questo significa che spendiamo 10c per tenere accese 10 lampadine da 100 W per un ora (o, alternativamente, una lampadina da 100 W per 10 ore). Questo è il motivo per cui, se ci dimentichiamo la luce accesa, scrolliamo le spalle e diciamo pazienza!. Ma se dovessimo essere noi a generare con la nostra forza fisica questa energia di 1 kwh, ci costerebbe ancora così poco? Un esercizio molto semplice per sentire nei nostri muscoli a quanto corrispondono 100 W è il seguente: alziamoci e abbassiamoci una volta ogni secondo facendo finta di avere una sedia sotto. Se lo si fa per circa un ora si producono 0,1 kwh. Faticoso, vero? Questo significa che ognuno di noi, con la propria energia, può al più tenere accese 5 lampadine da 20 W (o una sola di quelle vecchie a incandescenza da 100 W). Immaginiamo allora con la fantasia di creare una centrale elettrica in cui il movimento dell alternatore sia generato da tante biciclette messe in moto da altrettanti ciclisti. Di quanti ciclisti avremmo bisogno per una centrale elettrica a pedali da 1 MW (1 MW = 1 Mega Watt, 1 milione di Watt)? Supponendo che ogni ciclista fornisca mediamente 100 W, avremmo bisogno di ciclisti e altrettante biciclette. Quanto li pagheremmo i nostri ciclisti per la produzione dell energia? Abbiamo ipotizzato che spendiamo circa 10c per 1 kwh, ed ogni ciclista ci fornisce una potenza di circa 0,1 kw. In un ora di lavoro ogni ciclista produce pertanto 0,1kWh. Se anche tutti i soldi della bolletta fossero spesi solo per pagare i ciclisti, questi riceverebbero 1c l ora. In pratica, dopo aver pedalato per 8 ore consecutive andrebbero a casa con 8 centesimi! Ovviamente ci sarebbero proteste e scioperi e si dovrebbe alzare la paga dei ciclisti al minimo sindacale, diciamo 5 l ora. In tal caso gli effetti sulla nostra bolletta sarebbero devastanti: pagheremmo 50 ogni kwh, centinaia di volte di più di ciò che paghiamo ora. In pratica la nostra bolletta bimestrale passerebbe da 70 a qualcosa dell ordine di o più. Quanti di noi potrebbero permettersi la luce elettrica in casa? ITIS G. MARCONI 4

5 Oggi, grazie al basso costo dell energia elettrica prodotta da combustibili fossili, ognuno di noi in Europa consuma mediamente più di 6 kwh, cioè l equivalente di 60 ciclisti che pedalano ogni ora (Figura 3). Ogni nordamericano addirittura consuma più di 14 kwh, cioè l equivalente di 140 ciclisti che pedalano. Non bisogna, infatti, pensare al solo utilizzo della luce domestica, del riscaldamento/condizionamento e degli elettrodomestici delle nostre case: nel conto sono considerati anche i contributi del consumo energetico delle industrie che producono i beni materiali e i servizi che noi usiamo, dei trasporti su treni o camion che portano le merci dal luogo di produzione a quello della vendita al dettaglio e di tutta la catena produttiva e dei servizi in generale. Si somma tutto e si divide per il numero totale di abitanti, ottenendo più di 6 kwh per ogni cittadino europeo. In pratica, ognuno di noi, in ogni istante del giorno e della notte, dispone di 60 schiavetti che pedalano per lui, e non ce ne siamo mai accorti solo perché li paghiamo 1c l ora. Fig. 3: il consumo medio mondiale di energia in kwh nel ENERGIA E AMBIENTE: IL RISCALDAMENTO GLOBALE Finché gli schiavi energetici li paghiamo solo 1c l ora non ci poniamo molti problemi. Ma già da un po di tempo ci siamo accorti che oltre al centesimo l ora c è un costo nascosto che non abbiamo mai considerato: i nostri ciclisti così economici producono anche anidride carbonica che viene liberata nell ambiente aumentando l effetto serra e contribuendo al fenomeno del riscaldamento globale. Per la verità c è ancora qualche controversia sul fenomeno, non si è in grado di prevedere con esattezza le sue conseguenze esatte. Certo è che ormai sono rimasti in pochissimi gli scienziati che sostengono sia qualcosa di cui non preoccuparsi perché legato esclusivamente all attività solare (e quindi non dipendente dalle azioni dell uomo). Quasi l intera comunità scientifica considera il riscaldamento globale causato dalle emissioni di anidride carbonica un fenomeno reale; i modelli non sono in grado di valutare nel dettaglio, in un sistema caotico come quello climatico, i mutamenti: si prevede che qualche zona del mondo potrà beneficiarne, ma che la maggior parte ne uscirebbe sconvolta. I più recenti modelli prevedono entro il 2100 un raddoppio della concentrazione di anidride carbonica nell atmosfera e un conseguente innalzamento di 1-3 C della temperatura media del pianeta, con effetti difficilmente prevedibili. Per evitare questi drammatici cambiamenti, di cui parleremo più in dettaglio nel seguito, sono necessarie due azioni: 1. ridurre l emissione di anidride carbonica e di gas serra in generale; ITIS G. MARCONI 5

6 2. fermare le deforestazioni (le foreste sono in grado di convertire l anidride carbonica in ossigeno durante il processo della fotosintesi). Per ridurre l emissione in atmosfera di gas serra due tipi di azioni sono importanti: spostare la produzione di energia elettrica da fonti fossili a fonti rinnovabili che non emettano CO 2 ridurre il consumo di energia, agendo sia sulle abitudini delle persone (sulla loro consapevolezza del problema), sia sull efficienza energetica. In particolare, quest ultimo punto è importante, perché si è soliti dire: Ma io nel mio piccolo non posso fare niente. Se ognuno nel suo piccolo cominciasse a risparmiare 1 kwh ogni mese, a fine anno avrebbe risparmiato 12 kwh (1,2 di risparmio ogni anno, corrispondenti a circa 10 kg di CO 2 in meno emesse nell atmosfera assumendo che mediamente nelle centrali elettriche l emissione di CO 2 sia pari circa a 0,8 Kg per ogni kwh generato) [7]. Se tutti i 60 milioni di abitanti dell Italia lo facessero, il risparmio sarebbe pari a 12 kwh x 60 x 10 6 ab = 720 TWh, corrispondenti a 600 milioni di kg di CO 2 in meno ogni anno. Il piccolo contributo di ognuno su larga scala rappresenta un contributo rilevante. Per questo è importante un nuovo approccio e una consapevolezza nuova sull uso dell energia. Per questo ognuno dovrebbe riflettere e scegliere se dare o no il proprio contributo, pensando ai propri figli, a come vorrebbe che sia la Terra fra 100 anni. La scelta deve anche tener conto che il problema è di tutti e che questo gioco si vince o perde tutti insieme, perché abitiamo tutti nello stesso Pianeta. ENERGIA E RICCHEZZA Certo non possiamo fare a meno dell energia: ci serve per il riscaldamento/condizionamento delle abitazioni, per illuminare le città, per far funzionare gli ospedali e le loro apparecchiature, per svolgere il nostro lavoro e per i trasporti. Se consideriamo il consumo di energia per persona nel mondo mostrato nella Figura 3, vediamo che i paesi dove si consuma più energia sono anche in genere quelli più ricchi. La misura convenzionalmente utilizzata in ambito economico per la ricchezza di un paese è il PIL (Prodotto Interno Lordo), che esprime il valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all'interno di un Paese in un anno [8]. La correlazione fra consumo di energia e ricchezza misurata con il PIL è ancora più chiara quando si guarda alla variazione dei consumi di energia, cioè quanto aumenta il nostro consumo di energia anno dopo anno (Figura 4). Si vede chiaramente che i paesi in cui il consumo di energia pro capite aumenta più rapidamente (Cina, India, Brasile) sono quelli in cui si ha il maggior sviluppo economico (cioè in cui la crescita del PIL anno dopo anno è maggiore). In ogni caso, vi sono paesi che - a parità di consumo di energia - sono in grado di produrre un PIL maggiore a fronte di altri che ne producono uno minore. Chiameremo questi paesi più efficienti, perché sanno utilizzare in modo più efficace l energia per produrre ricchezza. A volte vi sono ragioni geografiche/climatiche che giustificano una maggiore o minore efficienza (ad esempio, paesi molto vasti richiedono un consumo maggiore di energia per i trasporti così come paesi con clima rigido richiedono un consumo maggiore di energia per il riscaldamento domestico). Altre volte si tratta di ragioni strutturali: utilizzo di case coibentate (in cui la dispersione di calore dalle pareti viene limitata), con notevole risparmio nel consumo di energia per il riscaldamento/condizionamento, maggiore sviluppo di trasporto su rotaia anziché autostradale, etc. In ogni caso, guardando ai paesi con maggiore efficienza energetica si possono trovare utili metodi per migliorare i propri modi di utilizzo dell energia. Resta comunque da rilevare che il PIL non misura in realtà il vero benessere di un paese, perché esso paradossalmente - aumenta anche a fronte di eventi catastrofici quali terremoti e incidenti, e non tiene in alcun conto i costi legati all impatto ambientale della ricchezza prodotta. Si tratta ITIS G. MARCONI 6

7 quindi di una semplice misura di quanti beni materiali e servizi un paese è stato in grado di produrre in un anno, indipendentemente dagli effetti ambientali e sociali di tale produzione. Fig. 4: crescita anno su anno del consumo medio mondiale di energia in kwh nel L altro aspetto da sottolineare è che l attuale sistema economico si basa su una crescita continua del PIL, chiaramente insostenibile in un pianeta limitato come quello in cui viviamo, poiché, per i motivi appena spiegati, una crescita continua del PIL corrisponde anche ad un aumento continuo dei rifiuti prodotti e delle risorse naturali sfruttate, perciò ad un aumento del degrado ambientale [2,9]. Già da molti anni si studiano modelli alternativi per misurare, più che la quantità di beni materiali e servizi prodotti da un paese, il reale benessere delle persone che lo abitano: nel conto andrebbero sottratti al PIL il degrado ambientale causato dalla produzione dei beni, lo stress legato alla produzione e gli effetti sulla società civile. In questa direzione sono già stati recentemente proposti indicatori alternativi al PIL quali ad esempio l'isew (Index of Sustainable Economic Welfare), che include anche i costi sociali e i danni ambientali a medio e lungo termine della produzione di beni e servizi [10,11]. SEMPRE PIÙ RICCHEZZA, SEMPRE PIÙ RIFIUTI In un modello economico dove il PIL deve crescere anno su anno in modo inarrestabile, è inevitabile che cresca in modo altrettanto inarrestabile la produzione di rifiuti, costituiti per lo più di materiali artificiali provenienti dalle lavorazioni industriali umane. Quando questi materiali artificiali, alla fine del loro ciclo di vita, finiscono nell ambiente naturale, non vengono metabolizzati dagli esseri viventi e provocano così l avvelenamento e l alterazione degli habitat. Diventa quindi fondamentale affrontare anche il problema del ciclo dei rifiuti [9]. Per gestione dei rifiuti s intende l'insieme delle azioni e delle politiche volte a gestire l'intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro sorte finale, includendo quindi: la raccolta, il trasporto, il trattamento (riciclaggio o smaltimento) e anche il riutilizzo dei materiali di scarto. Il tutto al fine di rendere sostenibile anche la produzione di rifiuti, minimizzando il degrado ambientale che ne può conseguire. Attualmente questo problema è misconosciuto in molti paesi, Italia compresa, dove la gestione dei rifiuti è lasciata alle singole amministrazioni locali e non è stato predisposto alcun piano nazionale. Vi sono però esempi di amministrazioni locali che ITIS G. MARCONI 7

8 gestiscono i rifiuti in modo eccellente e che possono essere prese da esempio per la stesura di un piano nazionale organico e strutturato. La base per la gestione sostenibile dei rifiuti è la raccolta differenziata. I rifiuti raccolti in maniera differenziata possono sostanzialmente essere trattati, a seconda del tipo, mediante due procedure: 1. Riciclaggio: per riutilizzare come nuove materie prime materiali di scarto altrimenti destinati allo smaltimento in discarica o all incenerimento. In Italia, il tasso di raccolta differenziata è oggi intorno al 22,7% mentre in Germania si supera il 56%. 2. Compostaggio: è una tecnologia biologica usata per trattare la frazione organica dei rifiuti raccolta in modo differenziato (anche detta umido ) sfruttando un processo di bioossidazione che la trasforma in ammendante agricolo di qualità da utilizzare quale concime naturale. Da 100 kg di umido si ricava una resa in compost fra i 30 e 40 kg. 85,7% 100% Energia prodotta 0% 7,1% % 45,7% Energia recuperata Energia persa Riciclaggio Riuso Rifiuto non prodotto Incenerimento Discarica Fig. 5: energia che si può recuperare in base alle modalità di gestione dei rifiuti. L Unione Europea sollecita l adozione delle 3R : Riduzione (= produrre meno rifiuti), Riuso e Riciclaggio. Incenerimento e conferimento in discarica sono pratiche che dovremo sempre più abbandonare a causa della loro tossicità. I rifiuti raccolti in modo indifferenziato sono naturalmente molto più difficili da trattare di quelli raccolti in modo differenziato. Possono essere seguite tre strade principali: 1. trattamenti a freddo, ovvero separazione e parziale recupero di materiali, biostabilizzazione e conferimento in discarica. Scopo dei processi di trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati o residui (ossia i rifiuti che rimangono dopo la raccolta differenziata) è di recuperare un ulteriore parte di materiali riciclabili, ridurre il volume del materiale in vista dello smaltimento finale e di stabilizzare i rifiuti in modo tale che venga minimizzata la formazione dei gas di decomposizione ed il percolato. Da questi processi (fra cui il compostaggio), si ricavano in genere sia materiali riciclabili, sia il biogas, cioè metano. 2. trattamenti a caldo, ovvero incenerimento tal quale o incenerimento a valle di separazione e produzione di CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti). L'incenerimento è una tecnologia consolidata che permette di ottenere energia elettrica e fare del teleriscaldamento sfruttando i rifiuti indifferenziati o il CDR. Questi vengono bruciati in forni inceneritori e l'energia termica dei fumi viene usata per produrre vapore acqueo che, tramite una turbina, genera energia elettrica. Il vapore esausto ma ancora caldo, tramite condotte, viene poi inviato nelle case per il riscaldamento (teleriscaldamento). La quantità di energia elettrica recuperata è piuttosto bassa (19-25%), mentre quella termica è molto maggiore. Gli inceneritori producono tuttavia un pesantissimo impatto ambientale derivante dalle emissioni di sostanze tossiche, quali diossine, furani e nanoparticelle di metalli pesanti e dalla produzione di ceneri tossico-nocive, che dovranno essere confinate in discariche speciali. ITIS G. MARCONI 8

9 3. Conferimento diretto in discarica (oggi il più usato in Italia). Il principale problema ambientale delle discariche è la produzione di percolato - un inquinante molto pericoloso che contamina le falde acquifere - e l'emissione di gas spesso tossici e maleodoranti, dovuti alla decomposizione della frazione organica. Entrambi i problemi possono essere risolti rimuovendo la frazione organica mediante raccolta differenziata o pretrattando i rifiuti con il trattamento meccanico-biologico a freddo esposto in precedenza, riducendo fra l'altro anche i volumi da smaltire. La discarica può essere così usata per smaltire tutti i residui del sistema integrato di gestione dei rifiuti che non si è riusciti ad evitare. Anche qui si tratta di scelte sia politiche sia individuali nelle quali non va considerato solo l aspetto economico ma anche l impatto delle scelte fatte (o non fatte) sulla salute delle persone e sull ambiente. Per fare un esempio, la scelta più facile è sicuramente quella dell inceneritore (mi sbarazzo dei rifiuti senza fare troppa fatica e ne ricavo anche energia); d altra parte avere un inceneritore vicino alla propria casa mette gravemente a rischio la salute sia direttamente (attraverso l aria che respiriamo) che indirettamente, attraverso la contaminazione del terreno e delle falde acquifere; forse, riflettendoci bene, varrebbe la pena fare uno sforzo in più e differenziare quanto più possibile i rifiuti [14]. Questa è una scelta che spetta ad ognuno di noi e che va fatta pensando sempre al futuro dei nostri figli. ENERGIA: COME LA USIAMO? DA DOVE VIENE? Come utilizziamo l energia che consumiamo? Dipende da paese a paese, ma una suddivisione indicativa è la seguente: 20% Residenziale: riscaldamento/condizionamento domestici, luce, elettrodomestici; 17% Commerciale: luci e PC negli uffici, frigoriferi nei supermercati; 30% Trasporti: macchine, camion, aerei, treni per trasporto merci e personale; 33% Industria: trasformazione di materiali, fabbricazione di carta, materie plastiche, etc. Circa un terzo del fabbisogno energetico umano viene coperto dall energia elettrica, che rappresenta una frazione in costante crescita del fabbisogno energetico totale, per la sua facilità di generazione, trasformazione e trasporto. Supponiamo di vivere in un paese che consumi per persona 10 kwh, cioè in cui ogni persona disponga di 100 servitori di energia in ogni momento del giorno, notte compresa; dalla suddivisione fatta sopra segue che 20 di questi 100 servitori sono al nostro servizio 24 ore su 24 in casa nostra. Visto che non li abbiamo mai visti e non abbiamo nemmeno mai detto loro grazie, cerchiamo almeno di conoscerli meglio. Da dove vengono i nostri servitori di energia? Il 99,98% di tutta l energia a nostra disposizione viene direttamente o indirettamente dal Sole; lo 0,02% è energia geologica immagazzinata all interno della Terra; essa si manifesta attraverso il vulcanismo ed i geyser, ma per lo più deriva dal decadimento di elementi radioattivi all interno della Terra stessa; lo 0,002% è energia delle maree, legata all attrazione gravitazionale fra Luna e Terra. Si vede subito che il Sole è la nostra fonte di energia principale. Una parte della radiazione solare incidente viene riflessa dall atmosfera e dalle superfici ghiacciate (questa quota di energia riflessa è detta albedo e ammonta a circa il 30%), una parte viene assorbita direttamente sotto forma di calore (50%), una parte provoca l evaporazione dell acqua degli oceani e quindi muove il ciclo dell acqua, mentre un altra parte genera le correnti atmosferiche (venti) e oceaniche. Infine, una piccolissima parte (lo 0,02%) viene utilizzata dalle piante nel processo di fotosintesi, durante il quale viene assorbita CO 2 dall atmosfera per produrre ossigeno, zuccheri e materiale legnoso. Questa ITIS G. MARCONI 9

10 piccolissima percentuale è l unica parte dell energia solare che le piante della Terra sono in grado di immagazzinare: tutto il resto viene in definitiva riemesso in atmosfera sotto forma di radiazione infrarossa. Dopo centinaia di milioni di anni di attività fotosintetica, alcuni dei residui degli organismi, vegetali e animali, vissuti milioni di anni fa, sono andati a formare i combustibili fossili: petrolio, gas naturale e carbone. Come detto prima, quella che viene immagazzinata dalle piante nel processo della fotosintesi è una percentuale insignificante dell energia solare totale; tuttavia, dopo centinaia di milioni di anni, è quella che ha permesso l industrializzazione del XX secolo. Il problema è che in 200 anni rischiamo di esaurirla completamente: probabilmente ce ne è a sufficienza per altri 100 anni, a patto però di andare a cercarla in zone molto difficili e a notevole rischio di contaminazione ambientale (polo nord, oceani, etc.), dove alto è il rischio di gravi disastri ecologici come quello recente nel Golfo del Messico (vedi Figura 6). Quello che sta succedendo è che per avere i nostri servitori energetici stiamo in soli 200 anni bruciando tutta l energia che le piante sulla Terra hanno immagazzinato in centinaia di milioni di anni. Fig. 6: chiazze di petrolio in mare nel delta del Mississippi. Possiamo quindi dire che i combustibili fossili sono una forma di energia che deriva dall energia solare immagazzinata dalle piante nel corso di centinaia di milioni di anni e quindi definire 3 forme principali di energia: solare, nucleare e delle maree (o gravitazionale). Su scala mondiale le fonti principali di energia utilizzate sono proprio i combustibili fossili: 38% petrolio, 24% gas naturale e 26% carbone, per un totale pari all 88% circa. Il rimanente viene spartito fra energia idroelettrica (anch essa una forma indiretta di energia solare che si manifesta attraverso il ciclo dell acqua) ed energia nucleare da fissione. Le forme di energia derivanti dalle maree e geotermiche e quelle rinnovabili o da biomasse, a livello mondiale, rappresentano ancora una frazione trascurabile. Qual è, pertanto, il problema? Che dei 100 servitori di energia a nostra disposizione, 90 sono ottenuti dai combustibili fossili, e quindi producono anidride carbonica contribuendo all effetto serra. È chiaro che è necessario ridurre il numero di servitori di energia da combustibili fossili per invertire la tendenza, riducendo da un lato il numero di servitori di cui disporre (aumentando l efficienza e utilizzando l energia in modo più consapevole) e spostando dall altro le fonti energetiche dai combustibili fossili a quelle a basso impatto ambientale ed ecosostenibili. LA TEMPERATURA DELLA TERRA Per capire perché le emissioni di CO 2 possono causare cambiamenti climatici significativi sulla Terra dobbiamo prima capire quali sono i fattori che determinano la temperatura della Terra stessa. In particolare, in questo paragrafo mostriamo che cosa sia l effetto serra e come sia importante nel determinare il clima del nostro Pianeta. Innanzitutto diciamo che la Terra ha una temperatura media di 15 C, ormai costante da molte migliaia di anni. Ovviamente ai Poli si registrano temperature sino a -40 C così come nelle zone desertiche si arriva anche a +46 C: facendo la media di tutte le temperature registrate nei vari punti della Terra in vari periodi dell anno si ottiene un valore medio intorno ai 15 C. Questa temperatura si mantiene stabile da diverse migliaia di anni perché la Terra è un sistema in equilibrio energetico: tutta l energia che proviene dal Sole e che viene assorbita dalla Terra viene emessa da quest ultima sotto forma di radiazione infrarossa. È lo stesso principio che determina il riscaldamento delle case in inverno: per mantenere costante la temperatura interna della casa dobbiamo accendere una stufa che produca la stessa quantità di calore che la casa cede verso l esterno attraverso il tetto, le pareti e ITIS G. MARCONI 10

11 gli infissi: se siamo in grado di produrre esattamente la stessa quantità di calore (energia) che cediamo verso l esterno, la casa sarà in equilibrio energetico e la temperatura al suo interno sarà costante. Ma chi è che determina il valore di equilibrio? Nelle case abbiamo il termostato che in base alla temperatura misurata decide se accendere/spegnere la stufa regolando quindi la quantità di calore generata per unità di tempo in modo da avere la temperatura desiderata. Nel caso della Terra non c è nessun termostato e l equilibrio è naturale. Per capire cosa succede prendiamo sempre l esempio della casa e supponiamo che non vi sia termostato e che la stufa sia sempre accesa e produca più calore di quello che la casa cede verso l esterno. In questo caso l energia assorbita dalla casa è maggiore di quella ceduta verso l esterno per conduzione e quindi la temperatura della casa aumenterà. La quantità di energia ceduta verso l esterno è però anch essa una funzione della differenza di temperatura fra la casa e l esterno, e in particolare aumenta quando aumenta tale differenza. Ne consegue che mano a mano che la temperatura della casa aumenta, anche il calore che questa cede verso l esterno aumenta, sino a che alla fine diventerà uguale al calore prodotto dalla stufa, ristabilendo l equilibrio energetico del sistema a quel particolare superiore - valore di temperatura. Nel caso della Terra, la stufa è il Sole, in quanto le altre forme di energia immagazzinate all interno della Terra - principalmente sotto forma di materiali radioattivi - sono trascurabili rispetto a quella solare. A differenza della casa, inoltre, la Terra cede energia non ad altri materiali esterni ma allo spazio vuoto: quindi non per conduzione, ma per irraggiamento (appunto emettendo radiazioni nell infrarosso, non visibili ad occhio nudo). Resta comunque il fatto che la quantità di energia emessa dalla Terra aumenta all aumentare della temperatura della Terra stessa, anche se in modo diverso da come succede in una casa. Fig. 7: schema dell effetto serra. Gran parte delle radiazioni infrarosse emesse dalla Terra tornano indietro, causando un aumento di +33 C della temperatura media di equilibrio del Pianeta. Di tutta l energia solare incidente sul Pianeta, il 30% viene riflessa come albedo ed il 20% viene assorbito dall atmosfera senza arrivare alla superficie terrestre. Un altro 29% arriva alla superficie terrestre e contribuisce a far evaporare le acque (attivando il ciclo dell acqua) e a generare le correnti oceaniche e dei venti. Il rimanente 21% invece va a scaldare la superficie terrestre e viene riemesso da essa sotto forma di radiazione infrarossa. La potenza solare incidente assorbita dal sistema Terra - atmosfera (circa il 70% di quella totale incidente) è pari a 240 W/m 2 (vedi Figura 7). ITIS G. MARCONI 11

12 Conoscendo tale potenza e il tasso con cui la Terra cede energia sotto forma di radiazione infrarossa, si può scrivere una semplice equazione di bilancio energetico in cui l unica incognita è la temperatura della Terra. La soluzione di tale equazione fornisce una temperatura terrestre superficiale media intorno a -18 C, molto minore di quella reale. Cosa c è di sbagliato in questo modello? Esso non tiene conto dell effetto serra naturale dovuto all atmosfera. L atmosfera terrestre è infatti ricca di vapore acqueo (H 2 O) e contiene anche circa lo 0.03% di anidride carbonica (CO 2 ), entrambi gas trasparenti nei confronti dell energia solare incidente (che è una radiazione elettromagnetica nel campo del visibile) ma che invece hanno la caratteristica di assorbire quel 21% di energia emessa dalla superficie terrestre sotto forma di radiazione a diversa frequenza (infrarossa) riemettendola in gran parte all indietro, verso la superficie terrestre. Ogni gas che si comporta in questo modo (trasparente rispetto alla radiazione solare incidente nel visibile, molto assorbente rispetto quella infrarossa emessa dalla superficie terrestre) viene detto gas serra e contribuisce all effetto serra che è il responsabile di quei +33 C che fanno sì che la superficie terrestre abbia una temperatura media confortevole di +15 C e non quella polare di -18 C. È quindi grazie ai gas serra presenti in modo naturale nell atmosfera se la Terra è un pianeta in cui è così gradevole vivere. Ma chi ha determinato l attuale concentrazione di gas serra? E cosa c è da aspettarsi se la quantità di gas serra aumenta troppo, ad esempio per effetto dell attività umana? I GAS SERRA Per capire l importanza che hanno i gas serra nel determinare la temperatura media di un pianeta, può essere utile confrontare la situazione sulla Terra con quella di altri due pianeti ad essa vicini, Venere e Marte. Venere è più vicina al Sole e quindi riceve un maggiore flusso di energia solare incidente. Facendo un bilancio dell energia solare incidente su Venere e di quella emessa sotto forma di radiazione infrarossa, senza contare l effetto serra dell atmosfera, si ottiene una temperatura pari a +46 C. La temperatura reale di Venere misurata è invece maggiore di 500 C. Ci sono più di 400 C di differenza! Qual è il motivo? È che l atmosfera di Venere è costituita per lo più di CO 2 e che la sua pressione è centinaia di volte superiore a quella della Terra: questo vuol dire che l effetto serra è dominante nel determinare la temperatura del pianeta, perché quasi tutta la radiazione infrarossa emessa viene assorbita e rispedita indietro. Marte è invece più lontano dal Sole e la sua temperatura, senza tener conto dell effetto serra e facendo un semplice bilancio energetico, risulterebbe attorno a -57 C. La temperatura reale di Marte è invece intorno a -47 C, ossia l effetto serra contribuisce ad innalzarne la temperatura di soli 10 C. Anche l atmosfera di Marte è costituita quasi completamente da CO 2, ma la sua pressione è molto più bassa (l atmosfera di Marte è molto più rarefatta). Questo confronto dimostra come le caratteristiche dell atmosfera di un pianeta, e in particolare la sua densità e le quantità di gas serra in essa presenti, determinano in modo significativo la temperatura del pianeta stesso. Quello che noi chiamiamo Riscaldamento Globale (Global Warming) non è altro che il fenomeno conseguente ai cambiamenti nella composizione chimica dell atmosfera terrestre indotti dall attività umana. In pratica, l attività umana sta aumentando in modo significativo la concentrazione di gas serra nell atmosfera e quindi aumentando l effetto serra. Senza l uomo l effetto serra naturale produce un +33 C (da -18 C a +15 C). Con la presenza dell uomo e delle sue attività industriali, questo valore tende ad alzarsi, molto lentamente per la nostra percezione, molto velocemente se pensiamo alle scale biologiche e geologiche. Per capire il perché, partiamo dall epoca pre-industriale (prima del 1750 circa), in cui la quantità di gas serra nell atmosfera era regolata in modo naturale dagli esseri viventi presenti nel Pianeta; tutti gli esseri viventi (comprese le piante di notte) assorbono ossigeno dall atmosfera per bruciare i cibi e nel processo producono CO 2 e vapore acqueo (H 2 O), entrambi gas serra. Di giorno, a seguito del processo di fotosintesi, le piante rimuovono la CO 2 nell atmosfera producendo ossigeno. Il bilancio fra questi due processi ha portato ad un atmosfera ricca di vapore acqueo, ossigeno e con una ITIS G. MARCONI 12

13 frazione di CO 2 pari solo allo 0.03% del totale, corrispondenti a 280 ppm (parti per milione, cioè su un milione di metri cubi di atmosfera solo 280 sono di CO 2 ). La rivoluzione industriale, basata sui combustibili fossili e accompagnata dalla deforestazione, ha causato un incremento della CO 2 emessa nell atmosfera di circa 7 miliardi di tonnellate all anno (ogni anno viene aggiunta nell atmosfera una percentuale di CO 2 pari all 1% di quella presente, e ciò a causa di azioni dell uomo) di cui 5 miliardi dati dai combustibili fossili e il resto principalmente dalla deforestazione e quindi dal mancato assorbimento di CO 2 da parte delle piante. Così, dal 1750 con 280 ppm di CO 2 nell atmosfera siamo passati agli anni 2000 con 360 ppm nell atmosfera (circa il 30% di aumento). Al momento la tendenza è crescente, e si stima il raddoppio della concentrazione di CO 2 nell atmosfera entro il 2100, da 280 ppm a 560 ppm, con un conseguente aumento della temperatura del Pianeta fra 1 e 3 C, i cui effetti non sono facilmente prevedibili. Da notare che, fra tutti i gas serra prodotti dall uomo, la CO 2 è quello meno potente: il metano (CH 4 ) è 21 volte più potente della CO 2 nel bloccare le radiazioni infrarosse emesse dalla superficie terrestre (per questo è sempre meglio bruciarlo che lasciarlo libero nell aria), il protossido d azoto (N 2 O) è 290 volte più potente, i clorofluorocarburi (CFC, composti artificiali noti come gas frigoriferi, ora messi fuori legge) sono migliaia di volte più potenti. Allora perché ci preoccupiamo della CO 2? Perché è quella prodotta in quantità di gran lunga maggiori rispetto gli altri gas serra ed è un prodotto ineliminabile di ogni combustione. Da sola, la CO 2 contribuisce per più del 50% all effetto serra prodotto dall uomo. È agendo sulle emissioni di CO 2, quindi, che si possono ottenere miglioramenti significativi per arrestare la tendenza verso l aumento dell effetto serra e quindi della temperatura del Pianeta. GLI EFFETTI DEL RISCALDAMENTO GLOBALE Un aumento di +1 o +2 C di temperatura media possono avere effetti così devastanti sul Pianeta? L aumento di temperatura media della Terra è veramente dovuto alla produzione dei gas serra da parte delle attività umane (e, in particolare, alla produzione e consumo di energia), oppure vi sono altre cause indipendenti, quali ad esempio l attività solare? Le risposte a entrambi i quesiti non sono banali. Partiamo dalla seconda domanda: quasi tutti i climatologi ritengono che nell ultimo secolo vi sia stato un aumento della temperatura media della Terra di circa 0,5 C. D altra parte, in base ai modelli climatici più sofisticati a loro disposizione, l incremento della concentrazione di CO 2 di poco meno del 30%, da 280 ppm a 360 ppm, registrato nello stesso arco di tempo avrebbe dovuto causare un aumento della temperatura del Pianeta di circa 1 C, cioè circa del doppio rispetto a quello misurato. Questo vuol dire che i modelli non sono ancora completamente accurati, a causa della difficoltà di tenere in conto le numerosissime cause che concorrono a determinare l equilibrio termico del Pianeta, prima fra tutti gli oceani, che sono molto più lenti a rilasciare/assorbire calore e che svolgono anche un ruolo non trascurabile nel ciclo del carbonio. L altro parametro interessante è che se si confrontano gli andamenti della temperatura del Pianeta negli ultimi 100 anni con quelli della concentrazione di CO 2 si nota una correlazione, ma i grafici non sono esattamente sovrapponibili. Ad esempio, dopo la seconda guerra mondiale si è avuto un leggerissimo calo delle temperature mentre la produzione di CO 2 è decisamente aumentata. Questi ritardi di registrazione della produzione di CO 2 nella temperatura del Pianeta si pensa siano sempre dovuti all inerzia termica degli oceani, ma non sono esattamente spiegabili. I dati relativi alla temperatura della Terra, da soli sembrano non giustificare del tutto la teoria del riscaldamento globale causato dalle emissioni di CO 2 da parte dell uomo. Quello che fa concordare quasi tutti i climatologi sulle cause umane del riscaldamento globale sono altri dati in combinazione con quelli legati alla temperatura media del pianeta: la riduzione delle escursioni termiche da un giorno al successivo; piogge molto più violente e intense; ITIS G. MARCONI 13

14 il record di temperature medie, registrate nel decennio 80 (il decennio più caldo del XX secolo) e il record di temperature medie nel 1990 e Tutti questi effetti sono correlati fra loro e consistenti con il fenomeno del riscaldamento globale. Per capire invece come mai una così in fondo piccola variazione di temperatura media possa causare sconvolgimenti così grandi a livello del clima del Pianeta è necessario studiare la storia climatica della Terra, risalendo all indietro nel tempo di centinaia di migliaia di anni, ai periodi glaciali. Il metodo per ricavare la temperatura della Terra risalente a centinaia di migliaia di anni fa si basa sull analisi delle carote di ghiaccio scavate in Antartide; queste carote sono formate da vari strati: in superficie si trova il ghiaccio associato alle piogge degli ultimi anni, mentre più sotto vi sono gli strati associati alle piogge di qualche decennio fa e, via via, si giunge fino agli strati associati alle piogge di qualche centinaia di migliaia di anni fa. Si ottengono quindi, in laboratorio, dei campioni delle piogge di vari periodi della Terra, analizzando la composizione chimica dei quali è possibile risalire alla temperatura della Terra stessa nelle varie epoche. Infatti, la quantità di isotopi 2 H e 18 O presenti nell acqua della pioggia dipende in modo molto sensibile dalla temperatura del Pianeta. Quello che si trova è molto interessante: si osserva una ciclicità di periodi glaciali molto lunghi (durata di circa anni) intervallati da periodi interglaciali più corti (qualche decina di migliaia di anni noi per inciso ci troviamo in un periodo interglaciale). I motivi di questa ciclicità di qualche centinaio di migliaia di anni non sono completamente chiari: potrebbero essere collegati a leggeri cambiamenti nell inclinazione dell asse del campo magnetico terrestre e/o a piccolissime perturbazioni dell orbita terrestre causate dall interazione con gli altri pianeti. Quello che però è interessante osservare è che la differenza della temperatura media terrestre fra un periodo interglaciale come il nostro ed un periodo glaciale è di soli 5 C circa! Ciò significa che basta una variazione della temperatura media della Terra di soli 5 C per passare da un era glaciale ad una interglaciale. Inoltre, nel passaggio da un era glaciale ad una interglaciale si registrano velocità nell aumento di temperatura media intorno a 1 C per ogni 1000 anni (cioè il passaggio è molto graduale, ci vogliono circa 5000 anni per passare da un era glaciale ad una interglaciale). Dai campioni di ghiaccio nell Antartide si può anche ricavare la concentrazione di CO 2 presente nell atmosfera durante i periodi glaciali e interglaciali. Quello che si trova è una correlazione molto precisa fra concentrazione di CO 2 e temperatura del Pianeta: durante i periodi glaciali la concentrazione di CO 2 si abbassa sino a 200 ppm, durante quelli interglaciali si registrano anche valori intorno ai 300 ppm. Si noti che questa variazione di CO 2 è naturale e non legata all attività umana ed è perciò difficile capire chi sia la causa e chi l effetto. Quello che è sicuro è che i valori attuali di 360 ppm non si sono mai registrati prima in centinaia di migliaia di anni. Vi sono altri dati più recenti che fanno capire come anche variazioni molto piccole della temperatura media della Terra possano avere un influenza molto importante sulla distribuzione e sulla diversità della flora e della fauna e sulle attività umane. Nel Periodo Caldo Medievale in Inghilterra un lasso di tempo che va dal IX al XIV secolo - si registrarono temperature maggiori di soli 0,5 C rispetto alla media, che portarono effetti benefici sulle colture e ad una maggior varietà di flora e fauna [12]. Nel periodo invece della Piccola Età Glaciale dal XIV al XIX secolo si registrarono temperature di soli circa 0,75 C sotto alla media, con effetti devastanti: si pensi solo che il Fiume Tamigi ghiacciò [13]. La registrazione di questi eventi storici ci permette di dire che, in sostanza, 1 C di differenza nelle temperature medie può significare inverni miti o fiumi ghiacciati, in quanto la media non misura il massimo o il minimo, i quali avranno escursioni molto più elevate nel corso dell anno. In conclusione, i climatologi sono preoccupati e parlano di Global Warming perché, inserendo nei loro modelli l andamento ipotizzato di aumento di concentrazione dei gas serra e in particolare di CO 2 prevedono - entro il 2100, cioè in circa 100 anni - un innalzamento della temperatura media della Terra compreso fra 1 e 3 C, un mutamento cui il nostro Pianeta non è mai andato incontro nel passato. Si ricordi, infatti, che le variazioni di temperatura media dalle ere glaciali a quelle interglaciali sono state, come abbiamo visto, pari a 1 C ogni 1000 anni e la lentezza del ITIS G. MARCONI 14

15 cambiamento ha consentito alle specie viventi, in particolare alla flora, di adattarsi. Per questo la comunità scientifica ipotizza sconvolgimenti climatici significativi anche se non è in grado di prevederli con certezza a causa delle numerosissime variabili in gioco. Comunque, fra gli eventi più probabili, alcuni dei quali già si stanno osservando, vi sono: innalzamento di 0,5-1 m del livello dei mari (a causa principalmente dell espansione dell acqua e solo in secondo luogo dello scioglimento dei ghiacci situati sulle terre emerse, in particolare al Polo Sud e in Groenlandia); precipitazioni più intense in alcune fasce climatiche, con modificazioni anche nella loro frequenza e con maggiori probabilità d inondazione; in alcuni casi i periodi a rischio inondazione si alternerebbero con periodi di intensa siccità; vi sarebbero poi molte aree che andrebbero incontro ad una progressiva desertificazione; escursioni termiche minori fra un giorno e il successivo; scioglimento dei ghiacci marini ai Poli. Altri eventi meno certi cui può contribuire il riscaldamento globale sono: un aumento delle tempeste, in particolare dell intensità degli uragani; estinzione di molte specie vegetali - e quindi animali collegate ad esse - a causa del fatto che le piante non sono in grado di adattarsi - spostandosi di zona geografica - a variazioni climatiche dell ordine di 1 o 2 C in cento anni; cambiamenti nelle correnti oceaniche (ad esempio, un eventuale blocco della Corrente del Golfo potrebbe avere effetti devastanti sulla Gran Bretagna, che deve il suo clima relativamente mite considerata la latitudine proprio a questo continuo flusso di acqua calda oceanica in superficie) evento considerato al momento poco probabile ma che non si può escludere a priori; Tutte queste sono possibilità, non vi è nulla di certo. Non conosciamo neppure in che misura si possano manifestare tali fenomeni e se, addirittura, non ve ne siano altri che al momento non siamo in grado di prevedere, che possano innescarsi e autoalimentarsi. La domanda che bisogna porsi è se si è disposti a rischiare di aspettare di avere la certezza assoluta di ciò che sta accadendo, per poi scoprire che magari è troppo tardi per intervenire sul clima, o se non conviene forse muoversi in anticipo. Infatti, se il problema è reale, non si torna indietro in un giorno, in un mese o in un anno, ma occorreranno, ammesso che ci si riesca, decenni per ripristinare le condizioni atmosferiche preindustriali. Ognuno deve riflettere e pensare se sia veramente il caso di rischiare la vita del Pianeta solo per perpetuare in modo automatico il proprio stile di vita oppure se non sia più saggio cominciare ad agire, con un comportamento più responsabile verso l utilizzo dell energia e quindi rispetto alle proprie emissioni di CO 2. Molti cittadini, con le loro scelte quotidiane (usare i mezzi pubblici di trasporto o la bici piuttosto che moto o automobile, viaggiare in treno anziché in autostrada, coibentare la propria casa, utilizzare stufe ed elettrodomestici efficienti, non lasciare in stand-by le apparecchiature, etc.) e alcuni paesi, con le loro scelte politiche (incentivazione di fonti energetiche a zero - o comunque a minori emissioni: gas naturale piuttosto che carbone o petrolio; incentivazione del trasporto su rotaia e pubblico, piste ciclabili, riciclo dei rifiuti, incentivazioni alla coibentazione, etc.) stanno svoltando in questa direzione. Stanno scegliendo di provare a cambiare piuttosto che mettere in gioco una posta troppo alta. Il protocollo di Kyoto è un primo tentativo per far condividere a tutti i paesi della Terra questo tipo di scelte. Ci sono però interessi economici che vanno in direzione opposta, e che sostengono che non è possibile e comunque costerebbe troppo sostituire tutte le fonti energetiche da combustibili fossili con fonti a zero o a minori emissioni. Per questo non tutti i paesi hanno aderito al Protocollo. Gran parte dei paesi in via di sviluppo ora, fra cui India, Cina ed altri, inoltre, reclamano il diritto a svilupparsi, ad aumentare la propria ricchezza e quindi a consumare più energia. Allora, perché ITIS G. MARCONI 15

16 dovremmo preoccuparci se gli altri continuano a bruciare petrolio o, peggio, carbone? Perché è chiaro che l unica forma di sviluppo possibile su un Pianeta finito come la Terra debba essere di tipo sostenibile, e quindi tanto vale iniziare da subito a muoversi nell unica direzione possibile [2,10]. È chiaro che, essendo ricchezza ed energia così strettamente correlate, l approccio alla soluzione del riscaldamento globale passa attraverso un ripensamento del sistema economico attuale e dell attuale stile di vita. Il modello attuale, con un sempre maggiore consumo di beni e produzione di ricchezza (modello della crescita indefinita del PIL), richiede per sua natura un consumo sempre crescente di energia. Anche migliorando l efficienza energetica, ossia diminuendo la quantità di energia necessaria per produrre un certo prodotto/servizio, si potrebbe solo mitigare in parte la richiesta di un sistema economico così concepito. C è quindi anche necessità di indicatori alternativi a quello del PIL, in grado di svincolare le scelte politiche da considerazioni puramente economiche [11]. IL PROTOCOLLO DI KYOTO Come abbiamo già detto, il protocollo di Kyoto è una prima iniziativa a livello internazionale per cercare di mitigare gli effetti ambientali del sempre maggiore consumo di energia. La stesura del protocollo risale al dicembre 1997 ma è entrato in vigore solo dal febbraio Infatti, affinché il trattato potesse entrare in vigore dovevano verificarsi due condizioni: 1. il trattato doveva essere ratificato da non meno di 55 nazioni; 2. le nazioni firmatarie dovevano essere responsabili di almeno il 55% delle emissioni inquinanti. Quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia (da sola responsabile per circa il 17% delle emissioni) ha perfezionato la sua adesione. Il trattato prevede l obbligo di operare nel periodo una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (CO 2 ed altri cinque gas serra, ovvero metano, protossido d azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non Fig. 8: in verde i paesi aderenti al protocollo di Kyoto. inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 considerato come anno di riferimento. Al fine di non ostacolare il diritto alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo, fra cui Cina e India, questi ultimi non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni, in quanto non responsabili dell inquinamento sinora causato dai paesi già sviluppati. Fra i paesi non aderenti emergono invece gli Stati Uniti, da soli responsabili per il 36% circa delle emissioni di gas serra. Cosa succede a chi non rispetta il trattato? Si possono acquistare crediti di emissioni: ad esempio, un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo, può cedere tali "crediti" a pagamento - ad un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas serra. Se un paese non riesce comunque a rispettare il trattato incorre in sanzioni economiche. Per incentivare l utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed andare quindi nella direzione indicata dal Protocollo di Kyoto, ogni stato ha poi introdotto un sistema di certificati: certificati neri: titoli di scambio di emissioni di CO 2 fra aziende. Ogni azienda, in base alla sua attività, può emettere CO 2 non oltre una certa soglia consentita, dipendente da stato a stato. Un azienda che immette nell'atmosfera una quantità di anidride carbonica inferiore alla soglia consentita può vendere la quota di emissione di anidride carbonica non utilizzata ad un'altra impresa che non riesce a rispettare la soglia consentita. In questo modo la ITIS G. MARCONI 16

17 seconda azienda può emettere una quantità di CO 2 superiore a quella consentita senza incorrere in sanzioni. certificati bianchi, o titoli di efficienza energetica: sono titoli che certificano i risparmi energetici conseguiti in seguito alla realizzazione di specifici interventi. Ad esempio, un azienda che investe sostituendo i suoi vecchi impianti con impianti nuovi e più efficienti risparmia in un anno una certa quantità di energia, cui corrisponde un certificato bianco di un certo importo rilasciato dall autorità per l energia elettrica e il gas (AEEG). certificati verdi: sono certificati riconosciuti alle aziende che producono energia elettrica in gran parte da fonti rinnovabili, quindi emettendo meno CO 2. Siccome la legge obbliga ogni produttore/importatore di energia elettrica ad usare almeno il 2% di fonti rinnovabili (anche questa percentuale dipende da stato a stato), le aziende che non arrivano a tale soglia sono obbligate ad acquistare certificati verdi da aziende che producono energia da fonti rinnovabili, favorendo così queste ultime. Nei prossimi paragrafi vedremo più in dettaglio le diverse opzioni energetiche a nostra disposizione e il loro impatto ambientale, partendo dai combustibili fossili (Carbone, Petrolio, Gas Naturale) e proseguendo con l energia Nucleare, l energia Geotermica e delle Maree, l energia Solare fotovoltaica e termodinamica, l energia Idroelettrica, l energia Eolica, l energia da Biomasse; infine, ultima ma forse la più importante, l opzione dell uso di minore energia e dell aumento dell efficienza energetica. FONTI ENERGETICHE: I COMBUSTIBILI FOSSILI I combustibili fossili (Carbone, Petrolio e Gas Naturale) sono la fonte energetica più utilizzata al momento perché meno costosa in termini economici. Circa il 90% del consumo mondiale di energia viene dai combustibili fossili. Da dove vengono? Sono il risultato di processi durati centinaia di migliaia di anni di decomposizione sotto terra di materiale organico vegetale e animale. Tutto nasce dalla reazione di fotosintesi, che ha luogo nelle piante durante il periodo diurno: 6CO 2 + 6H 2 O + energia solare C 6 H 12 O 6 + 6O 2 Di giorno le piante assorbono dall atmosfera anidride carbonica e utilizzano l energia del Sole per farla reagire con l acqua, rilasciando ossigeno nell atmosfera e fissando così parte dell energia solare incidente sulla Terra (lo 0.02%) nella molecola di glucosio: C 6 H 12 O 6. È infatti questo composto che, alla morte della pianta, sotto terra, subisce in centinaia di migliaia di anni vari processi di decomposizione e, alla fine, diventa un combustibile fossile sotto forma di Gas naturale o Carbone o Petrolio. Possiamo quindi dire che la fotosintesi non solo è il processo che ha reso possibile la vita sulla Terra rendendo l atmosfera terrestre ricca di ossigeno (circa il 20%) ma è anche il processo che ha portato alla formazione dei combustibili fossili. Ne deriva anche che i combustibili fossili sono una forma di energia che deriva dal Sole; essi rappresentano in pratica quella piccolissima frazione (0.02%) di energia solare immagazzinata nelle piante attraverso la fotosintesi. Il processo di formazione dei combustibili fossili è molto, molto lento, centinaia di migliaia di anni, per cui noi attualmente stiamo usando le riserve di combustibili corrispondenti alle foreste e ad altri organismi esistiti sulla Terra centinaia di migliaia di anni fa, e le stiamo usando così velocemente che una volta esaurite non ci sarà stato abbastanza tempo per la formazione di nuove (in pratica in 200 anni stiamo consumando l equivalente dell energia solare immagazzinata dalle foreste nel corso di e più anni). È importante confrontare l impatto ambientale dei tre combustibili fossili, perché non è lo stesso, essendo diversa la loro composizione chimica. Il Carbone è quasi Carbonio (C) allo stato puro, anche se è quello più ricco in Zolfo (S). Quando si brucia Carbone si rilascia nell atmosfera CO 2, ma anche particelle di Zolfo, che hanno due effetti, di segno opposto, sull ambiente: da un lato causano le piogge acide, in grado di danneggiare piante e suolo; ITIS G. MARCONI 17

18 dall altro lato possono rimanere nell atmosfera come micro particelle (aerosol) e contribuire a riflettere la luce solare incidente, incrementando l albedo e mitigando localmente il riscaldamento globale effetto questo solo temporaneo perché gli aerosol solfati tendono velocemente a sparire dall atmosfera. Indicativamente, le maggiori riserve di Carbone sono in Nord America (USA e Canada), Cina e Russia. Le riserve di Carbone sono sufficienti a sostenere il fabbisogno energetico mondiale per qualche centinaio di anni: il problema è che il carbone è il più inquinante fra i combustibili fossili e l atmosfera non sarebbe in grado di sostenere il carico di gas di combustione derivanti dall utilizzo di tutte le riserve. Il Petrolio è un composto che contiene non solo Carbonio (C), ma anche Idrogeno (H) e Zolfo (S), anche se quest ultimo in misura minore rispetto al Carbone. Il petrolio è molto versatile poiché da esso, attraverso processi di raffinazione, si possono ricavare molti tipi diversi di combustibili liquidi, utilizzati per il trasporto di macchine, navi, camion ed aerei. Circa i 2/3 delle riserve di Petrolio si trovano nel Medio Oriente e sembra che ce ne sia a sufficienza per il fabbisogno energetico mondiale dei prossimi 100 anni e forse più, anche se le nuove riserve trovate sono in territori sempre più estremi (Polo Nord, Oceani) e causa sempre più spesso di gravi effetti ambientali in quanto difficili da gestire (Figura 9). Il Gas Naturale è composto da Carbonio (C) e Idrogeno (H), contiene pochissimo Zolfo e come effetto della sua combustione libera molta meno CO 2 rispetto agli altri combustibili fossili (è il più pulito dei tre). Un esempio di Gas Naturale è il Metano (CH 4 ), che viene spesso trovato insieme al petrolio (e fatto bruciare è infatti il responsabile del fuoco che esce dai pozzi petroliferi). Il metano stesso è un gas serra circa 29 volte più potente della CO 2 : per questo è meglio bruciarlo (producendo CO 2 ) che non lasciarlo disperdere liberamente nell aria. Quantifichiamo ora la CO 2 prodotta dai tre combustibili fossili nel caso li usassimo in una centrale termoelettrica per produrre energia (Figura 10). Quello che succede in tali centrali è che il combustibile viene fatto bruciare per generare calore e produrre quindi vapore acqueo ad alta pressione che fa girare la turbina del generatore elettrico. Queste centrali sono molto inefficienti, perché abbiamo diverse trasformazioni di energia: da termica a meccanica e poi elettrica. A ogni trasformazione si perde sempre un po dell energia Fig. 10: centrale termoelettrica a combustibili fossili. disponibile sotto forma di calore disperso nell ambiente da qui la necessità di costruire queste centrali vicino a fiumi o laghi per avere a disposizione grandi quantità di acqua per il raffreddamento. L efficienza di tali centrali è pari a circa il 33%, ossia per generare 1kWh si liberano con la combustione l equivalente di 3kWh. Nelle moderne centrali a turbogas con ciclo combinato l efficienza elettrica può arrivare al 60% circa: in tali centrali il vapore caldo non viene inviato per il raffreddamento direttamente al condensatore (disperdendo i due terzi dell energia della combustione) ma viene usato per alimentare un secondo generatore più piccolo. Efficienze energetiche ancora maggiori si possono poi raggiungere se successivamente il vapore residuo viene trasportato tramite tubature interrate a centri abitati vicini per il riscaldamento domestico (cogenerazione tramite teleriscaldamento). Tali tecniche possono essere utilizzate in tutte le centrali di tipo termoelettrico (a combustibili fossili, nucleari e a biomasse) per aumentarne l efficienza. In una centrale a Carbone avviene la seguente reazione: C + O 2 CO 2 + Energia, In una a Metano invece: Fig. 9: uno degli effetti della marea nera nel golfo del Messico. ITIS G. MARCONI 18

19 CH 4 + 2O 2 CO 2 + 2H 2 O + Energia Per ogni kwh di energia prodotta la centrale a Carbone libera nell ambiente 0,95 kg di CO 2, mentre quella a metano solo 0,45 kg di CO 2, cioè circa la metà. Le centrali a Petrolio (che bruciano ad esempio C 6 H 14 ) producono circa 0,72 kg di CO 2. In sostanza, minore è il rapporto fra gli atomi di C e quelli di H nella molecola del combustibile fossile, minore è la produzione di CO 2 a parità di energia prodotta dalla combustione. Questi numeri permettono anche di quantificare quale sia il nostro impatto sulla produzione di CO 2 supponendo ad esempio che l energia elettrica in arrivo nelle nostre case sia prodotta quasi per intero da centrali a Carbone. Se accendiamo ad esempio il microonde per un ora, consumando 1,5kWh, produciamo indirettamente 0,95 x 1,5 = 1,42 kg di CO 2 ; se asciughiamo i capelli con il phon per 15 minuti, consumiamo 1kW x 0,25 h = 0,25 kwh e liberiamo nell aria 0,95 x 0,25 = 0,24 kg di CO 2, e così via. È chiaro che l energia elettrica che arriva nelle nostre case è sempre data da un mix energetico e non da sole centrali a Carbone, e quindi la CO 2 che produciamo con questi nostri gesti quotidiani sarà in generale minore. È importante comunque capire che le nostre abitudini hanno un impatto significativo sul problema del riscaldamento globale e che occorre partire da quelle per mitigarne gli effetti. In conclusione, possiamo dire che già la conversione di tutte le centrali termoelettriche da Carbone/Petrolio a Gas Naturale può portare dei benefici significativi in termini di impatto ambientale (minore produzione di CO 2 ). Non è certo però la soluzione del problema, visto che anche il processo di combustione del Gas Naturale, sebbene in misura minore, rilascia grosse quantità di CO 2 nell aria. Certamente il peggiore dei combustibili fossili è il Carbone e preoccupante è il fatto che gran parte delle riserve di Carbone sono in Cina, paese in cui lo sviluppo economico e quindi il consumo di energia sta salendo più rapidamente negli ultimi anni. FONTI ENERGETICHE: IL NUCLEARE Per nucleare si intende l estrazione di energia dai nuclei degli atomi che costituiscono la materia. Vi sono due modi per raggiungere questo scopo: la fissione nucleare, in cui un atomo viene diviso in due atomi più leggeri liberando energia e la fusione nucleare, in cui due atomi leggeri vengono uniti in un atomo più pesante, ed anche in questo caso il processo avviene con liberazione di energia. Attualmente è disponibile la sola tecnologia per realizzare centrali elettriche a fissione nucleare. La fissione nucleare è poi anche utilizzata per alimentare mezzi militari, quali i sottomarini e le portaerei. Infine, fissione e fusione nucleare trovano applicazione negli armamenti nucleari. Dal punto di vista della produzione di energia ha quindi senso guardare alle sole centrali elettriche nucleari che funzionano a fissione (Figura 11): il loro funzionamento è del tutto analogo a quello delle centrali a combustibili fossili. L unica cosa è che si sostituisce il reattore nucleare al bollitore delle centrali a Carbone. Infatti, il reattore nucleare, in cui avvengono le reazioni di fissione, libera energia termica che riscalda l acqua, producendo vapore ad alta pressione che muove la turbina del generatore elettrico. Sempre per il problema dell efficienza della conversione di energia da termica a meccanica e poi Fig. 11: centrale nucleare a fissione. elettrica, l efficienza delle centrali nucleari è pari al 33% circa: per ogni kwh prodotto, la fissione del combustibile nucleare ha generato circa 3 kwh. Come per le centrali a combustibili fossili gli impianti nucleari devono essere collocati vicino a grossi bacini d acqua, in genere fiumi, per disperdere in modo ITIS G. MARCONI 19

20 controllato le grandi quantità di calore generato. Sfruttando i meccanismi di cogenerazione - come abbiamo già visto - si può arrivare ad efficienze più alte. La prima grossa differenza fra centrali a combustibili fossili e nucleari è l energia in gioco per quantità di combustibile. Nei combustibili fossili avvengono reazioni di combustione, che sono reazioni chimiche in cui l energia rilasciata è quella elettrostatica associata agli elettroni di valenza dei vari elementi in gioco. Nei reattori nucleari invece avvengono reazioni in cui si rompono i legami fra i protoni e i neutroni del nucleo di un atomo, e nelle quali l energia rilasciata è quella associata alla forza di interazione nucleare forte, milioni di volte maggiore di quella elettrostatica. La fissione di un nucleo di Uranio 235 produce un energia 15 milioni di volte maggiore rispetto alla combustione del Carbonio. Come è possibile liberare così grandi quantità di energia da una singola reazione? L Uranio 235 è un elemento con numero atomico molto grande, il cui nucleo è composto da 92 protoni e ben 143 neutroni. I neutroni e i protoni del nucleo si attraggono fra loro per la forza di interazione nucleare forte, come già detto milioni di volte più grande di quella elettrostatica. La forza di interazione nucleare forte è però una forza a corto raggio, ossia è intensa solo se i protoni/neutroni sono molto vicini fra loro, mentre è praticamente nulla per protoni/neutroni che non sono vicini (per molto vicini si intendono distanze dell ordine di m). Per questo gli elementi con numero atomico molto grande hanno un numero di neutroni molto maggiore di quello di protoni: quando i protoni di un atomo sono molti è inevitabile che alcuni di essi si trovino a distanze maggiori di quella limite per sentire l effetto dell interazione nucleare forte con gli altri protoni, mentre continuano a sentire quella elettrostatica, che sebbene meno intensa decresce però molto meno con la distanza ed è repulsiva. Un numero maggiore di neutroni consente di tenere tutti insieme i protoni, dando stabilità al nucleo. Allo stesso tempo però un nucleo con numero atomico maggiore di 82 è soggetto a fenomeni di fissione qualora colpito da particelle energetiche (perché non appena i protoni tendono ad allontanarsi reciprocamente in seguito all urto, la forza elettrostatica repulsiva tende a farli allontanare definitivamente), ed è in grado di produrre energie milioni di volte maggiori rispetto a quelle delle reazioni chimiche quali la combustione. Il materiale più usato per la fissione è l Uranio. L Uranio più diffuso in natura è l isotopo 238 U, con 92 protoni e 146 neutroni; quello invece più adatto per la fissione controllata è l isotopo 235 U, con 143 neutroni. Il primo processo da eseguire per realizzare una fissione è arricchire l Uranio, ossia aumentare la percentuale di 235 U a circa il 5% del combustibile totale (Uranio arricchito). A questo punto per iniziare la fissione è sufficiente colpire il nucleo di un atomo 235 U con un neutrone sufficientemente energetico per causarne la scissione in due parti e la produzione di altri 2 o 3 neutroni, secondo ad esempio lo schema di reazione mostrato in figura 12: 235 U + 1n 92 Kr Ba + 3n + Energia Fig. 12: esempio di reazione di fissione nucleare. I neutroni generati dalla fissione andranno poi a colpire altri atomi di 235 U, causando altre fissioni e quindi liberando altra energia ed altri neutroni, innescando così una reazione a catena. Nelle bombe atomiche la concentrazione di 235 U è molto alta e la reazione a catena non è controllata: si producono in pochi secondi quantità enormi di energia che causano la distruzione e devastazione di enormi superfici (Hiroshima, Figura 13). Nei reattori nucleari, invece, si regola la concentrazione di 235 U a poco meno del 5% e si controlla il processo in modo che a ogni fissione corrisponda in genere la produzione di un solo neutrone in grado di far proseguire la reazione. In questo modo, il numero di fissioni per unità di tempo rimane costante, e così l energia prodotta. La fissione nucleare non produce direttamente CO 2, quindi - se si escludono le emissioni legate alle attività di estrazione/lavorazione/confinamento dell Uranio [15] - dal punto di vista dei gas serra e del riscaldamento globale è una forma di energia che sembrerebbe non dare problemi. ITIS G. MARCONI 20

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