CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZIONE III, SENTENZA DEL 17 GENNAIO 2014, N.
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1 CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZIONE III, SENTENZA DEL 17 GENNAIO 2014, N. 1786: la sanzione per la mancata comunicazione all Autorità competente dei dati relativi alle emissioni in atmosfera di impianti ed attività. «L art. 279 comma 4 del D.Lgs. n. 152/06 sanziona la mancata comunicazione all Autorità competente dei dati relativi alle emissioni in atmosfera, comunicazione a sua volta imposta dal comma 6 dell art. 269 del medesimo D.Lgs.vo, prevedendo una esplicita sanzione in caso di inosservanza di tali prescrizioni. Con riferimento alla natura del reato, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto - seppur con esplicito richiamo alla disposizione contenuta nell art. 256 comma 4, (Sez. 3^ n ) - che si versa in una ipotesi di reato formale, la cui configurabilità è ipotizzabile sulla base della semplice effettuazione di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni. Inoltre, la natura di reato di mera condotta fa sì che, per l integrazione della fattispecie, non assume rilievo l idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (v. Sez. 7^, Ord n ; idem, n ). È stato anche chiarito che lo scopo del legislatore è quello di apprestare una difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo sì che alcune condotte eminentemente formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente osservate, con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto interesse. (così Sez. 3^, n n.m.).»
2 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE 1786 / 14 UDIENZA PUBBLICA DEL 04/06/2013 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ALFREDO TERESI SENTENZA - Presidente - N. 1710/2013 Dott. RENATO GRILLO - Rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. LORENZO ORILIA N / Consigliere - Dott. LUCA RAMACCI - Consigliere - Dott. CHIARA GRAZIOSI - Consigliere - ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da: SENTENZA GUGLIOTTA MARIO N. IL 03/01/1964 avverso la sentenza n. 1358/2011 TRIBUNALE di BOLOGNA, del 17/10/2011 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO Udito il Procuratore Generale in persona del Dott che ha concluso per cj O Udito, per la parte civile, l'avv Udit i difensor Avv. O
3 RITENUTO IN FATTO 1.1 Con sentenza del 17 novembre 2011 il Tribunale di Bologna dichiarava - per quanto qui rileva - GUGLIOTTA Mario colpevole del reato di cui all'art. 279 comma 2 del D. L.vo 152/06 (mancata istituzione e tenuta del registro degli autocontrolli delle emissioni in atmosfera) condannandolo alla pena di 800,00 di ammenda. 1.2 Propone ricorso avverso la detta sentenza l'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo violazione di legge sotto il profilo della inosservanza della legge penale, evidenziando come nel caso in esame, stante la natura di reato formale di pericolo astratto, laddove l'attività di controllo delle emissione in atmosfera sia stata correttamente eseguita (come nel caso de quo riconosciuto dal Tribunale che ha assolto sul punto l'imputato con ampia formula liberatoria), la mancata istituzione del registro è priva di offensività. Lamenta, poi, la difesa che in ogni caso il Tribunale, pur avendo dato atto della corretta esecuzione dei prescritti controlli sulle emissioni, nulla ha motivato sulle ragioni della valenza penale della condotta di mancata istituzione del registro. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Osserva la Corte come il primo motivo - riguardante la asserita inoffensività della condotta omissiva stante la natura formale del reato - non può essere condiviso. 2. Come è dato leggere nell'atto di impugnazione, il ricorrente rileva che la violazione contestata riguarda solo aspetti formali, superati dalla circostanza, acclarata dal Tribunale, della effettiva effettuazione del controlli di emissione nell'atmosfera: da qui la riferita inoffensività della condotta, costituente una tipica ipotesi di reato di pericolo che richiede, in ogni caso, una condotta idonea, almeno potenzialmente, ad arrecare danni all'ambiente, risultando, in caso contrario, penalmente irrilevante. Con un secondo motivo di ricorso denunciano il vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale aveva omesso di considerare se la condotta contestata sussistesse o meno. 3. Nei termini in cui il ricorso risulta proposto la tesi è infondata, anche se non in modo manifesto. L'art. 279 comma 4 del D.Lgs. n. 152/06 sanziona la mancata comunicazione all'autorità competente dei dati relativi alle emissioni in atmosfera, comunicazione a sua volta imposta dal comma 6 dell'art. 269 del medesimo D. Lgs.vo, prevedendo una esplicita sanzione in caso di inosservanza di tali prescrizioni. 3.1 Con riferimento alla natura del reato, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto - seppur con esplicito richiamo alla disposizione contenuta nell'art. 256 comma 4, (Sez. 3^ n ) - che si versa in una ipotesi di reato formale, la cui configurabilità è ipotizzabile sulla base della semplice effettuazione di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni. Inoltre, la natura di reato di mera condotta fa sì 1
4 che, per l'integrazione della fattispecie, non assume rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (v. Sez. 7^, Ord n ; idem, n ). 3.2 E' stato anche chiarito che lo scopo del legislatore è quello di apprestare una difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo sì che alcune condotte eminentemente formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente osservate, con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto interesse. (così Sez. 3^, n n.m.). 3.3 In altri termini in evenienze siffatte il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma e si rileva che il legislatore ritiene, con una sua valutazione vincolante per l'interprete, che certe formalità debbano essere osservate con la espressa previsione della sanzione penale che rende quella norma cogente. Il riferimento giurisprudenziale in nota al ricorso costituisce conferma della tesi qui enunciata, essendo evidente il riferimento alla scelta del legislatore di sanzionare anche condotte meramente formali, in considerazione del potenziale pericolo derivante dallo svolgimento di determinate attività che chiaramente giustifica la necessità di una scrupolosa osservanza di quanto disposto con il titolo abilitativo. 3.4 Tanto precisato in linea di diritto, la motivazione resa dal Tribunale è in linea con l'orientamento qui riferito, oltre che esaustiva e congrua sul piano logico, senza che rilevi la circostanza - menzionata dal ricorrente - che i controlli sulle emissione fossero stati comunque effettuati pur in assenza del registro che non era stato istituito al momento dei controlli (vds. pag. 5 della sentenza impugnata), avendo il Tribunale fornito adeguata e coerente indicazione delle ragioni poste a sostegno dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato. 4. Stante, comunque, la non manifesta infondatezza del ricorso, ne consegue, in assenza di elementi atti ad escludere in modo evidente la responsabilità del GUGLIOTTA, la declaratoria di estinzione del reato maturata il , successivamente alla sentenza impugnata, senza peraltro che si rilevino sospensioni del corso della prescrizione. Invero il reato contestato si è prescritto per decorso del tempo (pari ad anni cinque comprensivi della proroga nella misura di un quarto). 4.1 Vale, sul punto, il principio affermato dalle SS.UU. di questa Corte secondo il quale nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di appello è solo l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p, non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (Cass SS. UU n. 32; Cass. Sez. 2^ n ; Cass. Sez. 4^ n. 2
5 18641). La sentenza impugnata - alla stregua delle considerazioni che precedono - va annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato residuo estinto per prescrizione. Così deciso in Roma il 4 giugno 2013 Il Consigliere estensore ato Gril 7 Il Presidente Alfredo Teresi DEPOSRATA N CANCELLEM IL 17 GEN
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