INCENDIO, RESPONSABILITA' E AUTO IN SOSTA" - Cass. 2092/2012 commento e testo sentenza-stefano ROSSI
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- Andrea Landi
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1 INCENDIO, RESPONSABILITA' E AUTO IN SOSTA" - Cass. 2092/2012 commento e testo sentenza-stefano ROSSI P&DF.IT A seguito dell incendio, sviluppatosi nel cortile di un condominio, il sig. Volpone aveva visto distrutto il proprio esercizio commerciale. Le fiamme si erano sprigionate dall autovettura di proprietà della società avente sede di fronte al suo negozio. Con sentenza del 2006, la Corte d Appello de L Aquila rigettava la domanda spiegata dalla parte lesa nei confronti della società assicurativa, in quanto adottava l ormai superato orientamento che negava la possibilità di considerare l auto in sosta come in circolazione. La Corte di Cassazione, nell'annullare la pronuncia della Corte di merito, rammenta il suo orientamento ormai consolidato per cui la sosta di un veicolo a motore su area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art c.c. e della legge n. 990 del 1969, anch essa gli estremi della fattispecie "circolazione del veicolo", con la conseguenza che, dei danni derivati a terzi dal relativo incendio risponde anche l assicuratore, indipendentemente dal lasso di tempo intercorso tra l inizio della sosta e l insorgere dell incendio (v. Cass., 5/8/2004, n ). L art. 2054, ult. co., c.c. non consente al proprietario (ed agli altri soggetti indicati nei commi precedenti, tra cui il conducente) di sottrarsi alla responsabilità per i danni derivati dalla circolazione -fatta di movimento e di sosta- per vizi di costruzione o per difetto di manutenzione, in assenza dei quali, ove difetti un apporto causale esterno, non è dato ipotizzare che un veicolo a motore prenda spontaneamente fuoco dopo essere stato arrestato (Cass., 11/2/2010, n. 3108). Il proprietario dell autoveicolo è quindi esonerato da responsabilità ex art c.c. per i danni causati dal propagarsi dell incendio del proprio autoveicolo solamente in presenza di caso fortuito, ad esempio integrato nell ipotesi in cui lo stesso risulti dato dolosamente alle fiamme da un terzo durante la sosta. La condotta del terzo di doloso appiccamento del fuoco ad autovettura regolarmente parcheggiata su area pubblica o ad essa equiparata, e pertanto per consuetudine esposta alla pubblica fede, si appalesa infatti imprevedibile ed inevitabile (cfr. Cass., 17/1/2008, n. 858; Cass., 19/12/2006, n ; Cass. 21/10/2005, n ), in base ad una condotta normalmente diligente che prescinda dal ricorso all'impiego di mezzi straordinari (v. Cass., 20/2/2006, n. 3651), integrando un rischio generico della vita di relazione, come tale idoneo ad interrompere il nesso di causalità (v. Cass., 7/10/2008, n ). Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 novembre febbraio 2012, n Presidente Massera Relatore Scarano Svolgimento del processo
2 Con sentenza del 13/2/2006 la Corte d'appello di L'Aquila respingeva il gravame interposto dalla società Pre-Nouvel di Di Giacomandrea Giovanni e Volpone Mario s.n.c. nei confronti della pronunzia non definitiva Trib. Pescara 26/6/2001 di accoglimento della domanda di risarcimento dei danni, da liquidarsi nell'ammontare da determinarsi in corso di causa, lamentati in conseguenza di incendio, sviluppatosi il (omissis), che aveva distrutto il proprio esercizio commerciale in ragione di fiamme sprigionatesi dall'autovettura Mercedes tg. (omissis) di proprietà della società Ortofrutticola s.a.s. parcheggiata all'interno del cortile del condominio (omissis). Con rigetto viceversa della domanda spiegata contro la società Milano Assicurazioni s.p.a.. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Pre- Nouvel di Di Giacomandrea Giovanni e Volpone Mario s.n.c. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società Milano Assicurazioni s.p.a., che ha presentato anche memoria. Motivi della decisione Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell'art c.c. e della L. n. 990 del 1969, in riferimento all'art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c.. Si duole dell'erroneità dell'impugnata decisione per risultare essa fondata sull'ormai superato orientamento che negava la possibilità di considerarsi l'auto in sosta come in circolazione. Con il 2 motivo denunzia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c.. Lamenta che una volta riconosciuta... la responsabilità oggettiva, non vi è spazio per discettare in ordine alla causa determinante dell'incendio. Lamenta ulteriormente essere irragionevole introdurre un criterio temporale al fine di riconoscere la sussistenza del nesso causale fra la circolazione e l'incendio, così come il farsi carico di ricercare la causa effettiva dell'incendio. Il ricorso è fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la sosta di un veicolo a motore su area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art c.c. e della legge n. 990 del 1969, anch'essa gli estremi della fattispecie "circolazione del veicolo", con la conseguenza che, dei danni derivati a terzi dal relativo incendio risponde anche l'assicuratore, indipendentemente dal lasso di tempo intercorso tra l'inizio della sosta e l'insorgere dell'incendio (v. Cass., 5/8/2004, n ). Si è in particolare precisato che l'art. 2054, ult. co., c.c. non consente al proprietario (ed agli altri soggetti indicati nei commi precedenti, tra cui il conducente) di sottrarsi alla responsabilità per i danni derivati dalla circolazione -fatta di movimento e di sosta- per vizi di costruzione o per difetto di manutenzione, in assenza dei quali, ove difetti un apporto causale esterno, non è dato ipotizzare che un veicolo a motore prenda spontaneamente fuoco dopo essere stato arrestato, sicché anche la responsabilità per danni da vizio di costruzione o difetto di manutenzione del veicolo è prevista dall'art c.c., u.c. allorquando attiene ad eventi dannosi verificatisi durante la circolazione -ivi compresa la sosta- sulle pubbliche vie o aree equiparate, costituendo oggetto dell'assicurazione obbligatoria ai sensi dell'art. 1 L. n. 990 del 1969 (attualmente art. 122 d.lgs. n. 209 del 2005) che si riporta a tutte le fattispecie di responsabilità di cui all'art c.c. (v. Cass., 11/2/2010, n. 3108). A tale stregua, il proprietario di un veicolo a motore in sosta su area pubblica o ad essa equiparata non risponde, in relazione al titolo di responsabilità previsto dall'art c.c. dei danni causati dal propagarsi dell'incendio del proprio autoveicolo solamente in presenza di caso fortuito, ad esempio integrato nell'ipotesi in cui lo stesso risulti dato dolosamente alle fiamme da un terzo durante la sosta. La condotta del terzo di doloso appiccamento del fuoco ad autovettura regolarmente parcheggiata su area pubblica o ad essa equiparata, e pertanto per consuetudine esposta alla pubblica fede, si appalesa infatti imprevedibile ed inevitabile (cfr. Cass., 17/1/2008, n. 858; Cass., 19/12/2006, n ; Cass. 21/10/2005, n ), in base ad una condotta normalmente diligente che prescinda dal ricorso all'impiego di mezzi straordinari (v. Cass.,
3 20/2/2006, n. 3651), integrando un rischio generico della vita di relazione, come tale idoneo ad interrompere il nesso di causalità (v. Cass., 7/10/2008, n ). Orbene, rilevato che il Tribunale ha individuato la causa dell'incendio del veicolo in un difetto intrinseco del mezzo, in particolare in un corto circuito dell'impianto elettrico, nel pervenire ad affermare che la copertura obbligatoria non può aver luogo allorché la circolazione del mezzo si presenti -come nel caso che ne occupa- in rapporto di pura e semplice occasionalità con l'evento. Né in contrario può sostenersi che un corto circuito sull'impianto elettrico di un'autovettura è sempre da riferirsi alla precedente condizione di marcia della stessa e quindi in ogni caso alla sua circolazione, per la duplice ragione che quest'ultima locuzione nella fattispecie concreta si identifica con la sosta del mezzo e non con la sua marcia, la quale potrebbe essere stata pregressa, ma, in ipotesi, potrebbe anche essere mancata del tutto (come nel caso, non infrequente, in cui si lasci l'automezzo fermo col motore acceso per un certo tempo e poi per qualsivoglia motivo lo si spenga), e che, all'interno delle possibili serie causali, deve darsi priorità e rilevanza a quelle che si pongano in relazione diretta ed immediata con l'evento, nel momento in cui questo si produce la corte di merito ha nell impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi. Della medesima s'impone pertanto la cassazione, con rinvio alla Corte d'appello di L'Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei medesimi applicazione. Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per le ragioni di cui in motivazione. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di L'Aquila, in diversa composizione. Tizio acquista un auto usata che sfortunatamente gli viene subito rubata. La polizia la ritrova e Tizio tira un sospiro di sollievo se non fosse che l auto viene immediatamente sequestrata essendone stato accertata la contraffazione del telaio. Tizio intenta causa in Tribunale chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita e la condanna dei convenuti alla restituzione di quanto pagato o, in subordine, al risarcimento del danno. I venditori venivano condannati a titolo di risarcimento danni per evizione totale, ex art c.c., al pagamento di una somma, che tuttavia in sede d appello veniva dimezzata, in quanto la Corte riteneva che il risarcimento del danno andasse quantificato con riferimento alla data del sequestro dell autovettura ed alla successiva distruzione del bene che, essendo rimasto nella disponibilità di Tizio ha prodotto le utilità per le quali era stato acquistato, tenuto conto, inoltre, del deprezzamento che, comunque, la vettura aveva subito. Proprio la quantificazione del risarcimento è, ovviamente, elemento centrale del ricorso proposto in Cassazione dal proprietario dell automobile incriminata. Che, essendo veicolo di provenienza furtiva, «non è commerciabile ed è privo di qualsiasi valore»: quindi, secondo il ricorrente, «il prezzo pagato andava restituito integralmente», essendo «irrilevante che il veicolo avesse circolato per un dato periodo di tempo, trattandosi di bene non commerciabile». Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 gennaio 17 febbraio 2012, n Presidente Oddo Relatore Nuzzo Svolgimento del processo
4 Con atto di citazione del 1997 P. G. conveniva in giudizio, innanzi al pretore di Roma, la s.r.l. R. Auto ed il suo legale rappresentante, R. De B., esponendo: aveva acquistato, nel marzo 1991, presso l'autosalone della società convenuta, per il prezzo di L , l auto usata Volkswagen Passat 1800; il l'auto era stata rubata e, al momento del ritrovamento, la Polizia, l'aveva sequestrata, avendo accertato la contraffazione del telaio. L'attore chiedeva, quindi, la risoluzione del contratto di compravendita e la condanna dei convenuti alla restituzione di quanto pagato o, in subordine, al risarcimento del danno. Si costituivano i convenuti che provvedevano a chiamare: In causa M. L. e N. M., quali. garantì della commerciabilità dell'auto, che avrebbero consegnato l'auto in questione al De B.. Con sentenza pubblicata il il Tribunale di Roma. senza alcuna declaratoria sulla domanda di risoluzione del contratto, condannava i convenuti in solido a titolo di risarcimento danni per evizione totale, ex art c.c., al pagamento, in favore del P., di ,59 (prezzo pagato), oltre interessi e spese, esclusa la rivalutazione monetaria per difetto di prova del maggior danno. Avverso tale sentenza il De B. e la s.r.l. R. Auto proponevano appello cui resistevano il P., il L. ed il M.. Con sentenza depositata il la Corte d'appello di Roma. in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava gli appellanti al pagamento della minor somma di , tenuto conto del deprezzamento subito dell'auto in questione per il 50%, oltre: interessi dal ; compensava per metà, fra gli appellanti ed il P. le spese di lite dei due gradi di giudizio, condannando gli appellanti stessi al pagamento della residua metà; compensava integralmente le spese dei due gradi tra il L. ed i M. e R. De B. e la s.r.l. R. Auto. Osservava la Corte di merito che il mancato esame, da parte del giudice di prime cure, della domanda di risoluzione del contratto di vendita. senza che: tale omissione avesse formato oggetto di censura, comportava che il risarcimento del danno andava quantificato con riferimento alla data del sequestro dell'autovettura ed alla successiva distruzione del bene che, essendo rimasto nella disponibilità del P., ha prodotto le utilità per le quali era stato acquistato, tenuto conto, inoltre, del deprezzamento che, comunque, la vettura aveva subito. Tale decisione è impugnata da P. G. con ricorso per cassazione affidato a due motivi e successiva memoria. Resistono con controricorso la s.r.l. R. Auto e De B. R., mentre nessuna attività difensiva hanno svolto L.M. e M.N. Motivi della decisione Il ricorrente deduce: 1) insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso., ai sensi dell'art..360 n. 5 c.p.c.; la Corte di merito aveva decurtato del 50% la somma liquidata al P. per un presunto deprezzamento commerciale dell'auto, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui il veicolo di provenienza furtiva non è commerciabile ed è privo di qualsiasi valore, essendo unicamente destinato al sequestro e alla confisca o alla restituzione alla vittima del furto; ne conseguiva che il prezzo pagato dal P., per l'acquisto dell'auto in questione. andava a lui restituito integralmente:inoltre gli interessi sulla somma liquidata al P. dovevano decorrere non già dal momento in cui l'auto, dopo il suo ritrovamento, era stato sottoposta a sequestro dalla Polizia stradale, come statuito dai giudici di appello, ma dal momento dell'esborso delle somme versate dal P. per l acquisto, dovendosi ritenere irrilevante che il veicolo avesse circolato per un dato periodo di tempo, trattandosi di bene non commerciabile: 2)violazione degli artt ,1418,.1421 c.c. e art. 648 c.p.; omessa pronuncia su una nullità rilevabile di ufficio; il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi in ordine alla validità del negozio di trasferimento della proprietà del veicolo, pur avendone riconosciuto la provenienza furtiva, implicitamente statuendo la nullità di tale negozio; erroneamente ed illogicamente aveva, poi, ridotto il valore commerciale della vettura, pur non essendo la stessa destinata alla circolazione per la sua provenienza furtiva; in difetto della formazione del giudicato sulla validità del contratto intercorso fra le parti, ne andava, quindi, dichiarata la nullità da parte della Corte di legittimità.
5 Il ricorso è infondato. Va preliminarmente rilevato, che con la memoria ex art.378 cp.c., il ricorrente ha richiamato, al fine della rilevabilità di ufficio della nullità della sentenza impugnata e della inammissibilità del controricorso, il documento relativo alla cancellazione dal registro delle imprese, a far data dal , della s.r.l. R. Auto, a nome della quale era stato proposto l'appello in data ed il controricorso in data Orbene, rileva il Collegio che la produzione di detto documento. depositato nel presente giudizio di legittimità il , è inammissibile., ex art. 372 c.p.c. posto che, in tema di legittimazione processuale di una società, la cancellazione di questa dal registro delle imprese, e comunque il suo scioglimento, non determina anche la sua estinzione, che consegue, invece, alla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti che alla società stessa facevano capo ed alla definitiva definizione di tutte le controversie in corso con terzi per ragioni di dare ed avere. Nella specie, quindi, deve ritenersi che la rappresentanza sostanziale e processuale della società resistente permane anche in relazione al presente ricorso per cassazione, in capo ai medesimi organi che la rappresentavano prima della sua formale cancellazione (Cf r. Cass. n /2006; n ). In ordine al primo motivo si osserva che le sentenze poste dal ricorrente a fondamento di esso (Cass. n. 9227/05; n /08), non sono pertinenti al caso di specie, posto che esse riguardano l'ipotesi di vendita di un bene differente: da quello pattuito ex art c.c., comportante la quantificazione del danno in ragione del prezzo di acquisto. Nella specie, invero, la Corte di Appello, per la liquidazione del danno conseguente al sequestro dell'autovettura in questione correttamente a fatto riferimento al valore commerciale di detta auto alla data ( ) in cui il compratore aveva subito l'evizione, avuto riguardo al fatto che il P. aveva utilizzato l'auto fino all avvenuto sequestro, sicchè occorreva tener conto, ex art co. 2 c.c., del deprezzamento subito dal veicolo con riferimento a detta data da cui, conseguentemente, dovevano pure farsi decorrere gli interessi sulla somma a titolo di risarcimento del danno. Priva di fondamento è pure la seconda doglianza; nella specie infatti, non poteva il giudice di appello rilevare la nullità del negozio di vendita dell'auto per la sua pretesa incommerciabilità (numero di telaio alterato)., avendo il P., come rilevato nella sentenza impugnata, avanzato in primo grado domanda di risoluzione di contratto di vendita e di risarcimento del danno con la conseguenza che la omessa pronuncia sulla prima domanda. non censurata in appello, comportava solo la decisione sulla richiesta di risarcimento del danno. Va aggiunto, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, che la rilevabilità di ufficio della nullità del contratto, in ogni stato e grado del processo, opera solo se da parte dell'attore se ne richieda l'adempimento e non, invece, quando la domanda sia diretta a far valere l'invalidità del contratto o a pronunciarne la risoluzione per inadempimento; in quest'ultima ipotesi, infatti, il giudice, sulla base del coordinato disposto di cui all art c.c. e 112 c.p.c., è tenuto al rispetto del principio dispositivo, evitando di ampliare i propri poteri d'iniziativa officiosi(cass. n ; n /2006). Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, va rigettato. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore dell'avvocato antistatario che ne ha fatto richiesta nel controricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della s.r.l. R. Auto e di De B.R., liquidate in complessivi 2.200,00 di cui 200,00 per spese, oltre accessori di legge, con distrazione in favore dell'avv. antistatario.
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