Introduzione alla formulazione debole dei problemi ai limiti per EDP per il Corso di Metodi Matematici per

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1 Introduzione alla formulazione debole dei problemi ai limiti per EDP per il Corso di Metodi Matematici per l Ingegneria Marco Bramanti Politecnico di Milano 3 maggio Indice Derivate deboli e spazi di Sobolev. Il concetto di derivata debole Derivata debole, caso unidimensionale Derivata debole, caso multidimensionale Spazi di Sobolev Formulazione debole di problemi ellittici 8. Operatori uniformemente ellittici Problemi ai limiti e de nizione di soluzione debole Risultati di esistenza Risultati di regolarità Risoluzione numerica di problemi ai limiti in forma debole Alcuni esempi svolti Derivate deboli e spazi di Sobolev. Il concetto di derivata debole Gli spazi di funzioni n qui incontrati nel corso sono di due tipi: gli spazi C k di funzioni continue o derivabili, adatti ad esempio allo studio classico delle equazioni di erenziali ordinarie, e gli spazi di Lebesgue L p e in particolare L, adatti allo studio dei problemi di analisi di Fourier e approssimazione di funzioni. Nello studio delle equazioni a derivate parziali, l individuazione degli spazi funzionali opportuni si è rivelato essere un problema tanto cruciale quanto delicato. Gli spazi C k in più variabili, molto usati nel 9 secolo soprattutto nello sviluppo dei metodi di risoluzione esplicita di problemi ai limiti per equazioni

2 a derivate parziali piuttosto semplici e su domini semplici, si sono rivelati inadeguati per il successivo sviluppo della teoria: risultati generali di esistenza e unicità per problemi ai limiti per equazioni a derivate parziali non valgono mai in questi spazi. Ad esempio, n dagli inizi del secolo è noto che per l equazione di Poisson u = f esistono funzioni f continue per cui l equazione non ha soluzione C. Per ottenere la risolubilità in senso classico dell equazione, il termine noto f dev essere un po più che continuo, precisamente dev essere hölderiano, ossia soddisfare una condizione di continuità del tipo: jf (x ) f (x )j c jx x j per qualche (; ] (se = stiamo parlando delle funzioni lipschitziane che già conosciamo; la condizione di Hölder è in generale più debole). Sotto quest ipotesi l equazione ha soluzioni classiche non solo C, ma con derivate seconde a loro volta hölderiane. E questo il contenuto della teoria sviluppata da Schauder nel 934, che rappresenta un quadro concettuale coerente in cui trattare certe classi di equazioni a derivate parziali dal punto di vista classico (ossia richiedendo che la soluzione abbia tutte le derivate che compaiono nell equazione almeno continue e l equazione sia soddisfatta in ogni punto del dominio). Questa teoria (di cui nel seguito non diremo nulla) non costituisce però l ultima parola sull argomento. In e etti lo studio delle equazioni a derivate parziali compiuto nel secolo ha messo in luce come anche in questo contesto l integrale di Lebesgue abbia un ruolo centrale, e gli spazi di funzioni in cui studiare EDP debbano essere anch essi in qualche modo modellati sull integrale. Cerchiamo di motivare questa a ermazione con qualche osservazione più speci ca.. L equazione di Poisson per il potenziale newtoniano è: u = f dove f ha il signi cato di densità (di carica o di massa). Ora, dal punto di vista sico una funzione densità tipicamente può essere discontinua, ed è il suo integrale su un certo dominio ad esprimere una grandezza sica misurabile (carica o massa totale). Quand è così, l equazione di erenziale esprime allora un uguaglianza tra le derivate seconde della soluzione e una funzione integrabile ma generalmente discontinua. Quindi è sensato cercare la soluzione in uno spazio di funzioni le cui derivate di ordine massimo siano integrabili ma generalmente discontinue.. Nella deduzione di molte equazioni a derivate parziali della sica matematica, ad esempio l equazione di Poisson per il potenziale, l equazione di di usione del calore, l equazione di continuità, le equazioni di Maxwell, la deduzione matematica dell equazione di erenziale segue uno schema ricorrente: (i) si scrivono opportune equazioni di bilancio che eguagliano tra loro due integrali, esprimenti in modo diverso una stessa quantità sica (tipicamente tale

3 quantità è la velocità istantanea di incremento di una certa grandezza sica in una regione nita dello spazio); (ii) applicando il teorema della divergenza o del rotore (cioè analoghi multidimensionali della formula di integrazione per parti tipica degli integrali in una variabile) si riscrive l equazione come un unico integrale, esteso ad una generica regione dello spazio, uguagliato a zero; (iii) per la genericità di tale regione, se ne deduce che la funzione integranda deve annullarsi, quindi si ottiene un equazione (di erenziale) che dev essere soddisfatta puntualmente. Vediamo quindi che nella deduzione stessa delle equazioni di erenziali, le grandezze dotate di un signi cato sico diretto sono spesso integrali di certe espressioni (contenenti le derivate della funzione incognita e termini noti). Ad esempio, l equazione di di usione del calore in condizioni stazionarie si può scrivere nella forma: div (a (x) ru (x)) = f (x) dove u è la funzione incognita (temperatura), a (x) un coe ciente di conducibilità, f (x) un termine di sorgente di calore. In realtà il coe ciente di conducibilità a (x) può realisticamente essere discontinuo, quindi l epressione div (a (x) ru (x)) ha un signi cato dubbio, dal punto di vista del concetto classico di derivata. Se si seguono i passi della deduzione di questa equazione, si osserva però che il primo membro nasce dall applicazione del teorema della divergenza all integrale di super cie: a (x) ru (x) che esprime il usso termico uscente dalla regione. A nché questo abbia signi cato è su ciente che il prodotto a (x) ru (x) sia una funzione continua (non necessariamente derivabile), il che può accadere anche in casi in cui il coe ciente a (x) e il gradiente ru (x) siano ciascuno discontinuo. Si capisce quindi che per poter considerare situazioni sicamente interessanti, occorre a volte attenuare le richieste di regolarità sulla soluzione. 3. Ci sono grandezze importanti dal punto di vista sia matematico che sico, legate a certi problemi ai limiti per EDP, espresse da integrali della soluzione o di sue derivate. Ad esempio abbiamo visto che se u è un autofunzione del laplaciano u + u = in allora è u = R = jruj dx R juj dx (quoziente di Rayleigh). Gli autovalori sono quantità importanti tanto per lo sviluppo della teoria matematica quanto per il loro signi cato sico (frequenze di vibrazione del sistema, livelli energetici...). Il fatto che un autovalore sia il quoziente tra le norme L del gradiente della soluzione e della soluzione stessa 3

4 signi ca che queste norme integrali hanno un ruolo importante nello studio dell equazione. La conclusione di queste osservazioni è la seguente: è naturale, nello studio delle equazioni a derivate parziali, introdurre degli spazi di funzioni in cui la norma pesi certi integrali della funzione e certi integrali di sue derivate. Queste norme infatti controllano quantità che sono signi cative sia nel processo di deduzione dell equazione, sia in relazione ai termini che compaiono nell equazione stessa, sia in relazione a certe proprietà matematicamente e sicamente rilevanti della soluzione. Tuttavia sappiamo già che se gli spazi C k vengono muniti di norme integrali, quelli che si ottengono sono spazi non completi. Questo signi ca che le norme integrali che dobbiamo de nire non dovranno pesare le solite derivate: se vogliamo sperare di ottenere spazi completi, dovremo anche generalizzare il concetto di derivata, e introdurre norme che pesino l integrale di queste derivate generalizzate. Come per ottenere uno spazio completo di funzioni integrabili è stato necessario de nire un concetto di integrale più essibile (quello di Lebesgue), grazie a cui più funzioni risultano integrabili, analogamente occorrerà ora de nire un concetto di derivata più essibile, grazie a cui più funzioni risultino derivabili. E questo il concetto di derivata debole, che ora introdurremo. Gli spazi di funzioni derivabili in questo senso debole sono gli spazi di Sobolev, introdotti a metà anni 93 e a tutt oggi quadro funzionale standard per molti problemi di equazioni a derivate parziali. I risultati di esistenza per problemi ai limiti che dimostreremo successivamente sono invece degli anni 95. Per generalizzare il concetto di funzione derivabile in un contesto di funzioni integrabili l idea, suggerita anche dalle osservazioni fatte in precedenza, è quella di assegnare un ruolo centrale alla formula di integrazione per parti (e analogamente, in più variabili, al teorema della divergenza). Infatti è proprio questa, nella deduzione sica delle equazioni, a costituire il passaggio chiave che trasforma una quantità sempre dotata di signi cato sico in un altra che solo nei casi regolari lo è. Illustriamo l idea matematica di derivata debole, prima nel caso unidimensionale e poi in quello n-dimensionale.. Derivata debole, caso unidimensionale De nizione. Sia (a; b) un intervallo aperto in R (può anche essere a = ; b = +). Chiamiamo spazio delle funzioni test sull intervallo (a; b) lo spazio C (a; b) delle funzioni in nitamente derivabili in (a; b) e identicamente nulle fuori da un intervallo chiuso e limitato strettamente contenuto in (a; b). De nizione. Chiamiamo L loc (a; b) lo spazio delle funzioni localmente integrabili in (a; b) ; cioè delle funzioni f che appartengono a L [; ] per ogni intervallo chiuso e limitato [; ] strettamente contenuto in (a; b). Si noti che, in particolare, se f L loc (a; b) e C (a; b) allora f L (a; b). 4

5 Consideriamo ora due funzioni C (formula di integrazione per parti): b a f dx = [f] b a (a; b) e f C (a; b). Allora si ha b a f dx e quindi (per l annullamento di agli estremi) b a f dx = b a f dx: (.) Avendo in mente questa uguaglianza quando f C (a; b) ; diamo ora la seguente de nizione: De nizione.3 (Derivata debole) Sia f L loc (a; b). Diciamo che f ha derivata debole in (a; b) se esiste una funzione g L loc (a; b) tale che b a f dx = b a gdx 8 C (a; b) : In tal caso si scrive g = f. Nella de nzione precedente, l integrale è quello di Lebesgue. E chiaro che se f C (a; b) allora la derivata classica di f soddisfa la de nizione precedente, cioè: se f è derivabile in senso classico in (a; b) ; allora è derivabile anche in senso debole in (a; b), e la derivata debole coincide con quella classica. Si tratta di capire cos abbiamo guadagnato con questa de nizione, cioè quali altre funzioni risultano avere derivata debole. Esempio.4 Sia f (x) = jxj in ( di f. Si ha: ; ). Proviamo a calcolare la derivata debole jxj (x) dx = x (x) dx + x (x) dx = in ciascun integrale possiamo ora fare le integrazioni per parti standard = x (x) + (x) dx + x (x) (x) dx = poiché () = = (x) dx (x) dx = g (x) (x) dx con g (x) =sgn(x). Pertanto esiste la derivata debole jxj = sgn (x). 5

6 Si potrebbe commentare: sapevamo già che la derivata del modulo è il segno di x! Questa osservazione non coglierebbe il punto, però. Occorre ri ettere sul fatto che il concetto di derivata debole è un concetto globale, non puntuale o locale: data una funzione f L loc (a; b) ; o si può determinare una funzione che abbia il diritto di chiamarsi sua derivata debole sull intervallo (a; b), oppure diremo che la funzione non ha derivata debole in (a; b). In particolare, non ha senso dire che una funzione è derivabile in senso debole in ( ; ) per x 6=. Nell esempio appena visto, la funzione sgn(x) è una funzione L loc ( ; ) (in particolare non dà problema il fatto che sia de nita solo quasi ovunque), che soddisfa la de nizione di derivata debole di jxj in ( ; ) ; mentre dal punto di vista classico è jxj =sgn(x) solo per x 6=. Come mostreranno i prossimi esempi, se f è derivabile in senso classico tranne un numero nito di punti, questo di per sé non implica che la funzione uguale alla derivata classica quando questa esiste sia una derivata debole. Esempio.5 Sia f (x) = sgn (x) in ( debole di f. Si ha: ; ). Proviamo a calcolare la derivata sgn (x) (x) dx = (x) dx + (x) dx = = () + ( ) + () () = () poiché () =. A nché esista la derivata debole di f dovrebbe esistere una funzione g L loc ( ; ) tale che cioè tale che sgn (x) (x) dx = g (x) (x) dx 8 C ( ; ) g (x) (x) dx = () 8 C ( ; ) : E facile capire che tale g non può esistere: l integrale di g contro una funzione test non può produrre sempre il valore della test in un punto. Quindi f non ha derivata debole in ( ; ). Si osservi che dal punto di vista classico la derivata di f esiste quasi ovunque ed è zero dove esiste. Tuttavia la funzione identicamente nulla non è la derivata debole di f. Esempio.6 Sia f (x) = x con R, in (; ). Si osservi che qualunque sia (anche negativo) f L loc (; ) (anche se in generale non sarà f L (; )). Calcoliamo la derivata debole al modo seguente: x (x) dx = " x (x) dx (si noti che per ogni C (; ) l integrale in realtà è esteso a un intervallo ("; ) con " > ; dove " dipende dalla particolare ); nell integrale scritto così si 6

7 può integrare per parti = " x (x) dx = x (x) dx: Si ha ovviamente (x ) = x anche nel senso delle derivate deboli. Per (; ) questo esempio dà una funzione che nell origine non è derivabile in senso classico, e la cui derivata debole è comunque integrabile; per < questo esempio dà una funzione la cui derivata debole non è neppure integrabile, ma è comunque localmente integrabile. Il seguente teorema fa un po di chiarezza nelle situazioni che si possono veri care nel caso unidimensionale: Teorema.7 Se f L loc (a; b) ha derivata debole L loc (a; b), allora esiste una funzione f e uguale quasi ovunque a f tale che f e C (a; b). Più precisamente f e è assolutamente continua: ef (x ) e f (x ) = x x f (t) dt per ogni x ; x (a; b). In particolare: se una funzione è discontinua in un punto interno all intervallo, certamente non ha derivata debole. E possibile invece che abbia derivata debole pur essendo non derivabile dal punto di vista classico in qualche punto interno all intervallo. Il teorema non si inverte, cioè non ogni funzione continua ha derivata debole. Infatti, non ogni funzione continua è assolutamente continua: Esempio.8 La funzione f (x) = x sin x per x > per x è continua ma non assolutamente continua in ( ; ) ; pertanto non ha derivata debole in ( ; ). Omettiamo la dimostrazione di quest a ermazione..3 Derivata debole, caso multidimensionale Diamo ora la de nizione analoga ma più generale di derivata debole di ordine qualsiasi e in dimensione qualsiasi. De nizione.9 Sia un aperto in R n. Chiamiamo spazio delle funzioni test su lo spazio C () delle funzioni in nitamente derivabili in e identicamente nulle fuori da un insieme chiuso e limitato strettamente contenuto in. De nizione. Chiamiamo L loc () lo spazio delle funzioni localmente integrabili in ; cioè delle funzioni f che appartengono a L (K) per ogni insieme chiuso e limitato K strettamente contenuto in. 7

8 Fissato un multi- De nizione. (Derivata debole) Sia f L loc (). indice = ( ; ; :::; n ) con j interi non negativi, posto jj = + + ::: + n ; diciamo che f ha derivata debole D f in se esiste una funzione g L loc () tale jj f dx = ( ) jj gdx 8 x :::@ x n () : n In tal caso si scrive g = D f. Nella de nzione precedente, l integrale è quello di Lebesgue. E chiaro che se f C jj () allora la derivata classica di f soddisfa la de nizione precedente, cioè: se f è derivabile in senso classico in ; allora è derivabile anche in senso debole in, e la derivata debole coincide con quella classica. Troveremo però anche funzioni derivabili in senso debole senza essere derivabili classicamente. Inoltre, come mostreranno gli esempi, a di erenza del caso unidimensionale una funzione che ha tutte le derivate deboli del prim ordine non è necessariamente continua. Esempio. Sia f (x; y) = jxj y in ( ; ). Proviamo a calcolare la derivata debole di D x f. Si ha: jxj y x (x; y) dxdy = y x x (x; y) dx + x x (x; y) dx dy = = y (x; y) dx + quindi esiste la derivata debole D x f = sgn (x) y. sgn (x) y (x; y) dxdy (x; y) dx dy Esempio.3 Sia f (x; y) = x + y con R: Calcoliamo la derivata debole D x f in = fx + y < g (per simmetria, D y f esisterà nelle stesse ipotesi). Cominciamo a osservare che f L loc () quando converge l integrale d; cioè per + > ; > : Quindi assumiamo > : Si ha: x + y x (x; y) dxdy = p y p y x + y x (x; y) dx! dy 8

9 per ogni y ssato diverso da, la funzione x + y è limitata e derivabile anche se <, quindi nell integrale interno in dx si può integrare per parti, ottenendo = = p! y x + y x (x; y) dx dy p y x + y x (x; y) dxdy: Basta ora controllare per quali risulta localmente integrabile la funzione Stimiamo l integrale in polari: ( ) d = x + y x: d < per > =: Quindi la funzione ha derivata debole D x f (e, per simmetria, D y f) per ogni > =: Si osservi che per < in particolare la funzione f è discontinua, e ciò non ostante ha derivate deboli del prim ordine. Esempio.4 Sia f (x; y) = xy x +y in ( ; ). Calcoliamo la derivata debole D x f (per simmetria, la derivata D y f si calcolerà in modo analogo). xy x + y x (x; y) dx dy xy per ogni y ssato diverso da la funzione x +y è derivabile e limitata in x, perciò nell integrale interno si può integrare per parti e si ha: y x + y! x y = x + y (x; y) dx dy y y = ( x (x + y (x; y) dxdy: ) ;) Controlliamo che la derivata trovata è L loc : y y x (x + y ) dxdy c x +y < 3 d = c: 4 Quindi esistono le derivate prime deboli. discontinua. Di nuovo, notare che la f (x; y) è Esempio.5 Sia f (x; y) =sgn(x). La funzione non ha derivata debole in ( ; ) : La dimostrazione è analoga al caso unidimensionale. 9

10 L esempio precedente ha un signi cato generale: una funzione di variabili dotata di derivate deboli prime può essere discontinua in un punto, ma non può avere una discontinuità a gradino lungo un segmento. Non può, ad esempio, essere la funzione caratteristica di un aperto. Più in generale: Esempio.6 In R n, sia un aperto e A un aperto strettamente contenuto nel primo. se x A f (x) = se x = A non ha derivate deboli prime in : Un risultato utile che dà una condizione su ciente per la derivabilità in senso debole è il seguente: Teorema.7 (di Rademacher) Sia R n un aperto e f lipschitziana in : Allora:. f ammette derivate parziali prime in senso classico quasi ovunque in ;. le derivate parziali prime di f sono funzioni L (); 3. le derivate parziali prime di f sono anche derivate deboli. Si tratta di un teorema profondo, che unisce idee classiche sulla derivabilità alle idee di teoria della misura..4 Spazi di Sobolev Possiamo ora introdurre gli spazi di funzioni derivabili in senso debole: De nizione.8 (Spazi di Sobolev) Sia R n un aperto. De niamo lo spazio di Sobolev: H () = f L () : f ha derivate deboli prime in L () ; munito della norma Più in generale, per k = ; ; 3:::: kfk H () = kfk L () + kjrfjk L () : H k () = f L () : f ha derivate deboli di tutti gli ordini no a k in L () ; munito della norma kx kfk Hk () = kfk L () + X kd fk L () : j= jj=j

11 Come per gli spazi di Lebesgue, a nché queste siano e ettivamente delle norme occorre identi care tra loro funzioni uguali quasi ovunque. In altre parole, formalmente un elemento di uno spazio di Sobolev non è una funzione ma una classe d equivalenza di funzioni. Gli spazi di Sobolev che abbiamo appena de nito sono modellati sullo spazio L. In modo analogo si possono de nire per ogni p [; ] spazi di Sobolev di funzioni L p con derivate deboli in L p, ed in e etti nell odierna teoria delle equazioni a derivate parziali questi spazi di Sobolev sono fondamentali, ma per le applicazioni che abbiamo in mente il caso p = sarà su ciente. Ciò che rende speciali gli spazi di Sobolev H e H k ; modellati su L, è che la loro norma proviene da un prodotto scalare: kfk H () = hf; fi con hf; gi = fgdx + rf rgdx (se considerassimo funzioni a valori complessi dovremmo de nire il prodotto scalare con un coniugato sul secondo fattore dell integranda). Analogamente: kfk H k () = hf; fi con hf; gi = fgdx + kx X j= jj=j (D f) (D g) dx: Il prossimo risultato è ormai semplice da dimostrare ma fondamentale. In un certo senso è la motivazione della de nizione di derivata debole che abbiamo dato: Teorema.9 Gli spazi H k () (k = ; ; 3; :::) sono completi. Dunque sono spazi di Banach e di Hilbert. Dimostrazione. Proviamolo per k =, il caso generale si ottiene iterando lo stesso argomento. Sia dunque ff k g k= una successione di Cauchy in H (). Per come è de nita la norma H, questo signi ca che: ff k g k= è di Cauchy in L () ; (fk ) è di Cauchy in x k= L () ;... (fk ) è di Cauchy in xn k= L () : Poiché L () è completo, esisteranno f; g ; :::; g n L () tali che f k! f in L () ; (.) (f k ) xi! g i in L () ; per i = ; ; :::; n: (.3) Proviamo che esiste la derivata debole f xi = g i per i = ; ; :::; n. Infatti per de nizione di derivata debole di f k si ha: f k xi dx = (f k ) xi dx per ogni C () ; i = ; ; :::; n:

12 Passando al limite per k!, per la continuità del prodotto scalare si ha: f xi dx = g i dx per ogni C () ; i = ; ; :::; n; e questo signi ca appunto che esiste f xi = g i per i = ; ; :::; n. Ma allora le (.3) dicono che (f k ) xi! f xi ; che insieme alla (.) dà f k! f in H (), e H () è completo. Osservazione. (Spazio H e energia nita) In diverse interpretazioni siche delle equazioni a derivate parziali che andremo a studiare negli spazi di Sobolev, se u è la soluzione dell equazione, l integrale jruj dx ha il signi cato di energia. Per esempio, la densità di energia del campo elettrico è data da D E: Nel vuoto i due campi sono proporzionali e pari al gradiente del potenziale elettrostatico u; perciò Energia in = cru rudx = c jruj dx: Analoga relazione vale per l energia del campo magnetico. Se invece u (x; y) rappresenta la con gurazione di una membrana elastica in equilibrio, la sua energia potenziale elastica è ancora proporzionale a jruj dx: Perciò lo spazio H () ha il signi cato sico di insieme di stati di un sistema aventi energia nita. Abbiamo già detto che le funzioni regolari in senso classico hanno anche derivate deboli. Se ad esempio u C con aperto limitato, certamente u H k () per ogni k. E interessante chiedersi se, oltre a ciò, ogni funzione in uno spazio di Sobolev può essere approssimata mediante funzioni regolari. Il prossimo teorema raccoglie i risultati fondamentali in questa direzione. (Si tratta in realtà di due diversi teoremi, che abbiamo condensato in un unico enunciato. La dimostrazione di questi fatti è lunga ed elaborata, non la faremo). Teorema. (Approssimazione con funzioni regolari). Sia R n un aperto qualsiasi e u H k (). Allora esiste una successione fu j g C () tale che u j! u in H k (). In altre parole: C ()\H k () è denso in H k ().. Se inoltre ha frontiera regolare, allora esiste una successione fu j g C (funzioni regolari no al bordo) tale che u j! u in H k (). Nel caso in cui è illimitato, si possono comunque scegliere le u j aventi ciascuna supporto limitato. In altre parole: C è denso in H k ().

13 Si osservi che il secondo risultato di approssimazione è più forte del primo, e vale sotto un ipotesi di regolarità sulla frontiera di, mentre il primo vale su qualsiasi aperto : Nello studio dei problemi ai limiti per equazioni a derivate parziali sarà importante poter a ermare che una certa funzione appartenente ad H () si annulla sul bordo del dominio. Il signi cato di questa a ermazione però non è ovvio, perché le funzioni H () sono de nite quasi ovunque, in generale ha misura nulla, per cui non è chiaro che si possa dire quanto vale una funzione di H () nei punti del bordo. Il modo in cui diciamo che u si annulla sul bordo di fa intervenire l approssimazione con funzioni regolari. Si consideri la prossima: De nizione. Se R n è un aperto, de niamo lo spazio H () come la chiusura di C () in H (). Esplicitamente, H () è de nito come il sottoinsieme di H () costituito da quelle funzioni che sono limite in norma H () di una successione di funzioni C (): o H () = nf H () : 9 f k g k= C () : k k fk! H() : Si veri ca facilmente che H () è un sottospazio vettoriale di H (), chiuso e quindi completo. In altre parole, anche H () è uno spazio di Hilbert. Questo spazio contiene in particolare le funzioni regolari che si annullano puntualmente sul bordo di. Più in generale, i suoi elementi sono le funzioni nulle sul bordo nel senso degli spazi di Sobolev. Si possono de nire anche spazi di funzioni nulle su parte della frontiera: De nizione.3 Se R n è un aperto è una parte della frontiera tale che H n ( ) >, de niamo lo spazio H () come la chiusura in H () dello spazio delle funzioni C () che si annullano in un intorno di : H () = f H () : 9 f k g k= C () ; k = in un intorno di : k k fk H ()! o : La de nizione di derivata debole è modellata sulla formula di integrazione per parti. Ci aspettiamo che la formula di integrazione per parti funzioni bene perciò tra due funzioni in spazi di Sobolev. Infatti: Teorema.4 (Integrazione per parti) Per ogni f H () ; g H () si ha: fg xi dx = f xi gdx: (.4) Dimostrazione. Poiché g H () esiste f k g k= C () : k! g in H (). Per queste k possiamo scrivere, per de nizione di derivata debole di f; f ( k ) xi dx = f xi k dx: 3

14 Ora passiamo al limite per k! e per la continuità del prodotto scalare abbiamo (.4), poiché k! g in L e ( k ) xi! g xi in L. Si noti che la precedente formula di integrazione per parti ha bisogno che almeno una delle due funzioni sia nulla al bordo. Altrimenti nel caso classico comparirebbe anche un integrale di super cie. Dobbiamo capire che cosa diventa questa formula quando entrambe le funzioni sono H () ma non nulle al bordo. Questo coinvolge il concetto di traccia di una funzione H () sul bordo di. La domanda è: è possibile de nire i valori di u (pur essendo questo un insieme di misura nulla)? La risposta, non scontata, è a ermativa: per quanto in generale le funzioni H () siano de nite quasi ovunque, la loro extra-regolarità dovuta all esistenza di derivate deboli fa sì che su insiemi di misura nulla ma abbastanza grandi come sono gli insiemi di dimensione di Hausdor n (se è un aperto regolare di R n, il suo bordo è un insieme di dimensione n ) abbia senso considerare la restrizione di u. Questa restrizione risulta essere una funzione L (@) ; quindi è anch essa de nita quasi ovunque rispetto alla misura H n Teorema.5 Sia un dominio limitato di R n con frontiera regolare, oppure sia un semispazio di R n : Esiste un operatore lineare continuo, detto operatore di traccia, : H ()! L (@) tale che per ogni u C è u (x) = u (x) per e per ogni u H () è u : La continuità di signi ca che vale la stima con c dipendente solo da : k uk L (@) c kuk H () (.5) Dimostrazione. Lo proviamo nel caso del semispazio. Sia quindi = fx = (x ; x n ) : x n g : Sfrutteremo il Teorema. di approssimazione con funzioni regolari: ogni u H () può essere approssimata mediante funzioni C aventi supporto limitato. Sia dunque prima u C con supporto di u contenuto in fx = (x ; x n ) : x n Kg per qualche K, e proviamo per queste u una stima di tipo (.5). Scriviamo: xn u (x ; x n ) = u (x ; ) + u (x ; ) = u (x ; x n ) u (x ; x n ) + xn d dt xn h u (x ; t) i dt u (x ; (x ; t) n = xn u (x ; t) dt (x ; t) n 4

15 dove si è usata la disuguglianza di Schwarz. Poiché ab a + b si ha allora: xn xn ju (x ; )j ju (x ; x n )j + ju (x ; t)j dt (x ; n dt e integrando in x R n e poi in x n (; K) K R n K ju (x ; )j dx ju (x ; x n )j dx dx n R n K xn + ju (x ; t)j dtdx dx n R n K xn (x ; t) R n dtdx dx n K = kuk L () + (K t) ju (x ; t)j dx R n K! + (K (x ; t) n n dx dt kuk L () + K kuk L () n e dividendo per K ku (; )k L (@) + kuk L K n L () L () kuk H () : dt Si noti che la stima nale ottenuta non contiene K, quindi non dipende dal supporto della particolare funzione u. Sia ora u H () e sia fu k g k= C una successione u k! u in H () ; per le u k u h vale la stima precedente, perciò: ku k (; ) u h (; )k L (@) ku k u h k H () : (.6) Poiché fu k g k= converge in H (), è di Cauchy in H (), pertanto tende a zero il secondo membro della (.6), e quindi anche il primo. Perciò la successione fu k (; )g k= è di Cauchy in L (@), pertanto converge a una certa funzione f L (@); porremo u = f. Si ha naturalmente k uk L (@) kuk H () : Inoltre questa funzione u non dipende dalla particolare successione approssimante fu k g k=, in quanto se feu kg k= è un altra successione tendente a u in H () si ha: ku k (; ) eu k (; )k L (@) ku k eu k k H ()! ; 5

16 quindi le due successioni fu k (; )g ; feu k (; )g individuano lo stesso limite L (@). La tesi è quindi dimostrata. Il concetto di traccia permette ora di stabilire nel contesto di H () delle formule di integrazione per parti perfettamente analoghe a quelle classiche: Teorema.6 (Formule di Green) Sia un dominio regolare di R n (su cui vale il teorema della divergenza classico). Allora, indicando con il versore normale esterno ) Se u; v H () ;vale la: uv xi dx = u xi vdx + ( u) ( v) i dh n : ) Se u H () ; v H ()vale la: uvdx = ru rvdx ( u) ( v xi ) i dh n : (.8) Le due identità precedenti si possono riscrivere in forma più espressiva così: uv xi dx = u xi vdx + uv i dh uvdx = ru rvdx dhn sottointendendo che negli integrali di bordo le integrande vanno intese nel senso delle tracce. Dimostrazione. Siano u; v H (), e siano fu k g ; fv k g C tali che u k! u e v k! v in H () (poiché il dominio è regolare questa approssimazione si può fare, in base al Teorema.). Per il teorema della divergenza classico si ha: u k (v k ) xi dx = (u k ) xi v k dx + u k v k i dh n : Ora passando al limite per k!, poiché u k! u in L () v k! v in L () i= (u k ) xi! u xi in L () (v k ) xi! v xi in u k! u in L (@) v k! v in L (@) per la continuità del prodotto scalare si ha: uv xi dx = u xi vdx + ( u) ( v) i dh n :

17 Siano ora u H () ; v H (), allora applicando la precedente con v sostituita da v xi e poi sommando in i si ha: uvdx = ru rvdx + ( u) ( v xi ) i dh n : L ultimo risultato che ci occorre riguardo agli spazi di Sobolev è la seguente disuguaglianza che riguarda le funzioni nulle al bordo: Teorema.7 (Disuguaglianza di Poincaré) Sia R n un dominio limitato. Allora per ogni u H () vale i= kuk L () diam () kruk L () : (.9) Lo stesso vale per u H () dove è una porzione di frontiera di avente misura H n positiva (con una costante c () che potrebbe essere diversa dal diametro). In base al teorema precedente, nello spazio H () la norma H () è equivalente alla sola norma L del gradiente. Dimostrazione. Proviamo solo il risultato per H (). Poiché è limitato, in particolare è contenuto in una striscia del tipo: S x = (x ; x n ) : x R n ; a < x n < b con a; b R. Consideriamo prima una funzione u C (). Allora si ha (essendo u nulla sul bordo di S; quindi u (x ; a) = ): u (x ; x n ) = Per la disuguaglianza di Schwarz: e integrando n (x ; t) dt: xn ju (x ; x n )j (x n a) (x ; t) n dt xn! ju (x ; x n )j (x n (x ; t) n dt b! (b (x ; n dt kuk L () = R n b a (b a) (b a ju (x ; x n )j dx n dx R n b b a a) kruk L () a! (x ; n dtdx dx n 7

18 da cui la (.9) per u C (). Sia ora u H () ; sia fu k g k= C () tale che u k! u in H (). Per quanto appena dimostrato è ku k k L () (b a) kru kk L () per ogni k: Passando al limite per k! si ha la (.9) per u. E chiaro in ne che se è limitato, orientando opportunamente gli assi si può sempre scegliere l insieme S in modo che (b a) uguagli il diametro di : Si noti che la dimostrazione fatta sfrutta l annullamento delle funzioni solo su una porzione di frontiera di. Si intuisce quindi che il teorema possa valere anche per funzioni H () nulle su una porzione qualunque Ne omettiamo la dimostrazione. Formulazione debole di problemi ellittici. Operatori uniformemente ellittici Consideriamo ora la seguente classe di equazioni a derivate parziali di tipo stazionario: Lu (a ij (x) u xi ) xj + b i (x) u xi + c (x) u = f (x) in R n : i;j= i= Si dice che la parte principale (cioè quella contenente le derivate seconde) è scritta in forma di divergenza, in quanto (a ij (x) u xi ) xj = div (A (x) ru (x)) i;j= con A (x) = (a ij (x)) n i;j=. Questa classe di operatori di erenziali contiene al proprio interno vari casi signi cativi. Ad esempio, in un equazione di di usione del calore in un mezzo omogeneo e isotropo la parte principale sarà del tipo cu; che corrisponde ad una matrice A costante multipla dell identità. Se il mezzo è isotropo ma non omogeneo, la matrice A sarà del tipo a (x) I con I matrice identità, e la parte principale sarà div (a (x) ru) : In ne se il mezzo è anche non isotropo, in generale la A sarà una matrice piena. Questo signi ca che un gradiente di temperatura ru porta ad un usso di calore q non parallelo a ru, ma ruotato secondo la matrice A; cioè con una legge q = A (x) ru: 8

19 Il fatto che il calore passi dal corpo più caldo al corpo più freddo signi ca che q e ru devono sempre formare un angolo acuto, ossia A (x) ruru >. Questa disuguaglianza deve discendere da una proprietà della matrice A (x), in modo che possa valere qualunque sia il vettore ru. Dev essere cioè A (x) > per ogni R n ; x : Si suppone anzi, di solito, che questa condizione di positività della matrice sia soddisfatta in modo uniforme rispetto a x, ossia che esista una costante positiva per cui è A (x) jj per ogni R n ; x ; (.) condizione che viene detta di uniforme ellitticità (della matrice o dell operatore di erenziale). La parte principale dell operatore è detta, per il suo signi cato sico, termine di di usione. Veniamo agli altri termini dell equazione. La parte che coinvolge le derivate prime di u è il termine di trasporto. Ad esempio, è quello che descrive la variazione di temperatura in un mezzo continuo dovuta ad un movimento convettivo nel mezzo stesso (cioè ad uno spostamento di materia calda, anziché alla di usione di calore in materia immobile). Un equazione di di usione può descrivere non solo la di usione del calore in un corpo, ma anche la di usione di un soluto in un solvente. In questo caso la funzione incognita u ha il signi cato di concentrazione del soluto, anziché di temperatura. In ne, il termine contenente la u è detto termine di reazione, e compare ad esempio in modelli di di usione (di un soluto in un solvente) in cui una certa porzione del soluto viene assorbita o decade. Per il suo signi cato sico ed anche per motivi matematici, il coe ciente c (x) di questo termine è generalmente assunto di segno non negativo: questo segno signi ca che il termine è responsabile di una diminuzione del soluto, nel tempo. Si tenga presente che stiamo studiando un equazione stazionaria che è pensata come punto d arrivo, all equilibrio, dello stato di un sistema che per sua natura evolve nel tempo. In altre parole, il signi cato sico dei vari termini dell equazione si capisce meglio pensando alla corrispondente equazione di evoluzione u t + Lu = : Supporremo che tutti i coe cienti dell equazione, a ij ; b j ; c siano misurabili e limitati (ma non necessariamente continui o derivabili, neppure i coe cienti a ij che pure compaiono sotto derivata!). Questo corrisponde sicamente ad ammettere la presenza di discontinuità nella composizione del mezzo. Supporremo sempre che valga la condizione di uniforme ellitticità (.). (Quando questa non vale, si dice che l operatore è degenere, e la teoria corrispondente può essere decisamente più complessa). Il termine noto f sarà supposto in L (). Per un equazione di questo tipo si è interessati a studiare vari tipi di problemi al contorno:. Problema di Dirichlet: equazione di erenziale + condizione u = g 9

20 Per esempio, signi ca che la temperatura al bordo del corpo è mantenuta controllata (termostato).. Problema di Neumann: equazione di erenziale = h Per esempio, signi ca che il usso termico al bordo del corpo è mantenuto controllato. In particolare, se h = signi ca che il corpo è termicamente isolato. La condizione di Neumann ha questa forma quando la matrice dei coe cienti fa ij g è diagonale (mezzo isotropo); altrimenti va sostituita con una condizione sulla derivata conormale: a ij (x) u xi j = h La derivata conormale di u è la derivata nella direzione A (x) : è questa la direzione del usso di usivo legato ad un equazione di questo tipo. Si può anche scrivere in forma A = h 3. Problema misto: equazione di erenziale + condizioni u = g = h A = [. Signi ca che su parte del bordo è controllata la temperatura mentre su un altra parte del bordo è controllato il usso termico. 4. Problema di Robin: equazione di erenziale A + k (u u ) = con k > costante. Signi ca che sul bordo il usso termico è proporzionale alla di erenza tra la temperatura del corpo e la temperatura esterna u. Questo è ciò che accade se il corpo scambia liberamente calore con l ambiente esterno. Abbiamo riportato per completezza questo tipo di problema, di cui però non ci occuperemo in seguito. Vediamo che cosa signi ca esattamente, dal punto di vista matematico, risolvere uno di questi problemi, ossia: discutiamo cosa si possa intendere per soluzione di un problema di questi tipi. Come vedremo, una buona de nizione di soluzione in questo contesto non è a atto ovvia, ed è un buon punto di partenza per dimostrare un risultato di esistenza della soluzione.

21 . Problemi ai limiti e de nizione di soluzione debole. Problema di Dirichlet omogeneo, parte principale laplaciano. Consideriamo il problema di Dirichlet per l equazione Lu = f. Per gradualità, cominciamo dal caso in cui la parte principale è il laplaciano e il dato al bordo è zero: P n u + i= b iu xi + cu = f in (.) u = Possiamo pensare di imporre la condizione al contorno u = semplicemente richiedendo che la soluzione appartenga a H () (che è stato de nito appunto come spazio delle funzioni nulle al bordo). In questo modo la condizione al contorno è incorporata nello spazio funzionale. Però l equazione è del second ordine, perciò a nché si possa calcolare u la soluzione dovrebbe stare in H () ; non solo in H (). Vogliamo trovare una formulazione alternativa dell equazione di erenziale che sia basata sulla de nizione di derivata debole, cioè sulla formula di integrazione per parti. L idea è: per cominciare supponiamo che la funzione u sia abbastanza regolare da poter soddisfare l equazione in senso puntuale quasi ovunque: supponiamo che u H () \ H () risolva l equazione: u + b i u xi + cu = f i= che in questo caso può essere interpretata come uguaglianza tra due funzioni L (), quindi uguaglianza quasi ovunque. Si dice che u è soluzione dell equazione in senso forte. Adesso moltiplichiamo ambo i membri per una funzione H () ed integriamo in : udx + i= b i u xi dx + cudx = fdx in ne integriamo per parti nel primo integrale, l unico che coinvolge derivate seconde della u. In base alle formule di Green (.8) per u H () e H () si ha (avendo la traccia nulla r rudx + i= b i u xi dx + cudx = fdx 8 H (). (.3) Quindi se u H () \ H () e u risolve l equazione quasi ovunque, allora è soddisfatta questa identità. D altro canto questa identità non coinvolge derivate seconde di u; ma ha senso per ogni funzione u H (). Diremo allora che: De nizione. u è soluzione debole del problema (.) se u H () e vale la (.3). Il pregio di questa de nizione è duplice: da una parte è basata su una formulazione integrale che come abbiamo spiegato è naturale da vari punti di

22 vista; dall altra, richiede una derivata in meno rispetto a quelle che sono scritte nell equazione. Supponiamo di sapere che u è soluzione debole dell equazione. In generale, u avrà solo derivate prime, e non potrà soddisfare l equazione in senso puntuale. Se però sapessimo che u H () ; allora potremmo fare il passaggio di integrazione per parti a ritroso arrivando a (Lu f) = per ogni H () : In particolare l uguaglianza vale per ogni C () ; e per noti teoremi di annullamento questo è su ciente per a ermare che Lu f = quasi ovunque in : Conclusione: se u è soluzione in senso debole e inoltre u H (), allora u è anche soluzione in senso forte. Questo chiarisce che la nozione di soluzione debole è una generalizzazione della nozione di soluzione forte (o classica, quando coe cienti e soluzione sono regolari), consistente con essa. Osserviamo ora che la (.3) ha la seguente struttura logica: dove a (u; ) = determinare u H () tale che a (u; ) = T per ogni H () ; r rudx + i= e una forma bilineare sullo spazio di Hilbert H (), e T = fdx b i u xi dx + cudx è un funzionale lineare continuo su H (). Il Teorema di Lax-Milgram sarà quindi lo strumento per provare l esistenza delle soluzioni. Prima di discutere in dettaglio i risultati di esistenza, però, passiamo in rassegna ad altri problemi ai limiti, per illustrare le corrispondenti de nizioni di soluzione.. Problema di Dirichlet omogeneo, parte principale in forma di divergenza. Consideriamo ora il problema: P n i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in (.4) u = Ragioniamo in modo analogo al caso precedente. Supponiamo in un primo momento che u H () \ H () e che i coe cienti a ij siano regolari (è su ciente lipschitziani), in modo che l equazione possa essere soddisfatta in

23 senso forte, cioè sia un uguaglianza in L (). Moltiplichiamo ambo i membri dell equazione per H () e integriamo in : i;j= (a ij u xi ) xj dx + i= b i u xi dx + cudx = fdx: Quindi integriamo per parti nel primo integrale (l unico che coinvolge derivate seconde della soluzione). Poiché H () e se u H () e a ij Lip () allora a ij (x) u xi H (), per (.7) si ha: i;j= a ij u xi xj dx + i= b i u xi dx + cudx = fdx 8 H () ; (.5) identità che ha il pregio di avere senso per ogni u H () e inoltre per a ij L (). Diremo quindi che: De nizione. u è soluzione debole di (.4) se u H () e vale la (.5). 3. Problema di Dirichlet non omogeneo, parte principale in forma di divergenza. Consideriamo ora il problema: P n i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in (.6) u = g Se il dato al bordo non è zero, non possiamo più assumere u H (). Occorre anche precisare che tipo di funzione è g, e dove risulta de nita. Supponiamo, per semplicità, che la funzione g non sia de nita solo ma sia g H (). Sappiamo che in questo caso è ben de nita la traccia di g in altre parole il dato al bordo è ben de nito. Dire che u = g dovrebbe essere equivalente a dire che u g = che a sua volta si può esprimere con la richiesta u g H (). Chiederemo quindi che il dato al bordo sia soddisfatto in questo senso: si cerca u H () tale che u g H (). Sia v = u g: Allora se u risolve l equazione di partenza, formalmente v risolve l equazione (a ij v xi ) xj + i;j= = f + b i v xi + cv i= (a ij u xi ) xj + i;j= b i u xi + cua i= X n (a ij g xi ) xj b i g xi i;j= i= (a ij g xi ) xj + i;j= b i g xi + cga i= 3

24 Si osservi che se g H () allora F f b i g xi cg L () ; mentre i= (a ij g xi ) xj i;j= (F j ) xj con F j L () : j= Quindi: la soluzione che cerchiamo è la funzione u = g + v dove v è de nita come la soluzione in H () dell equazione (a ij v xi ) xj + b i v xi + cv = F + (F j ) xj i;j= i= che andrà interpretata anch essa in senso debole, così: a ij v xi xj dx + b i v xi dx + cvdx = i;j= i= j= F dx j= F j xj dx (.7) 8 H (). Quindi la risoluzione di un problema di Dirichlet con dato al bordo non zero si trasforma, con il cambio di incognita u = g + v, in un altro problema di Dirichlet con dato al bordo nullo ma termine noto dell equazione un po più complicato. 4. Problema di Neumann omogeneo. Consideriamo ora il problema: P n i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in P n i;j= a iju xi j = (.8) dove la condizione al contorno, di tipo Neumann, consiste nel chiedere che la derivata conormale di u, cioè la derivata nella direzione A (x), sia nulla. E questa la direzione del usso di usivo legato ad un equazione di questo tipo. Se la parte principale fosse il laplaciano, o comunque la matrice A (x) fosse del tipo a (x) I (isotropia del mezzo) ritroveremmo la solita derivata normale. La soluzione non sarà in generale una funzione H (). Supponiamo prima che u H () ; a ij siano regolari, e u soddis l equazione. Moltiplichiamo per H () e integriamo su : (a ij u xi ) xj dx + b i u xi dx + cudx = fdx: i;j= i= Ora integriamo per parti il primo integrale. Poiché a ij u xi e sono entrambe funzioni H () la formula di Green (.7) dà: (a ij u xi ) xj dx = a ij u xi xj dx ( (a ij u xi )) ( ) i dh n : i;j= i;j= 4

25 Ora poiché H () in generale ( ) 6= ; in compenso P n i;j= ( (a ij u xi )) i è proprio la derivata conormale di u; che per ipotesi è nulla. Otteniamo quindi: i;j= a ij u xi xj dx + i= b i u xi dx + cudx = fdx 8 H () : (.9) Questa formulazione ha senso nelle sole ipotesi a ij L () e u H (), perciò: De nizione.3 Diremo che u è soluzione debole di (.8) se u H () e vale la (.9). Si osservi che la formulazione è molto simile a quella del problema di Dirichlet omogeneo, con la di erenza che ora sia la u che la stanno in H () anziché in H (). 5. Problema misto omogeneo. Consideriamo ora il problema misto: 8 P n < i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in u = su : Pn (.) i;j= a iju xi j = su dove [ \ = ;. Cominciamo a imporre la condizione nulla di Dirichlet su chiedendo che u H (). Supponendo u anche in H () e i coe cienti a ij regolari, moltiplichiamo l equazione per H () e integriamo in : (a ij u xi ) xj dx + b i u xi dx + cudx = fdx: i;j= i= Ora integriamo per parti il primo integrale. Poiché a ij u xi e sono entrambe funzioni H () la formula di Green (.7) dà: i;j= (a ij u xi ) xj dx = i;j= a ij u xi xj dx ( (a ij u xi )) ( ) i dh n : Analizziamo ora l integrale di bordo ( (a ij u xi )) ( ) i dh n i;j= ( (a ij u xi )) ( ) i dh n + i;j= i;j= ( (a ij u xi )) ( ) i dh n : Poiché H () nel primo integrale è ( ) = e il primo integrale si annulla; d altro canto P n i;j= ( (a ij u xi )) i è la derivata conormale di u; che 5

26 per ipotesi è nulla su, quindi il secondo integrale è pure nullo. Otteniamo quindi: a ij u xi xj dx + b i u xi dx + cudx = fdx 8 H () ; i;j= i= (.) formulazione che ha senso nelle sole ipotesi u H () ; a ij L (). De nizione.4 Diremo che u risolve (.) se u H () e vale (.). La formulazione è ancora analoga a quella del problema di Dirichlet omogeneo e del problema di Neumann omogeneo, soltanto che ora sia u che appartengono allo spazio di Hilbert H ()..3 Risultati di esistenza Passiamo ora nuovamente in rassegna ai vari problemi che abbiamo impostato nel paragrafo precedente per stabilire dei risultati di esistenza, unicità e dipendenza continua delle soluzioni dai dati, sotto opportune ipotesi..-. Problema di Dirichlet omogeneo, parte principale in forma di divergenza Consideriamo il problema: P n i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in (.) u = (il caso in cui la parte principale è il Laplaciano è un caso particolare). Supponiamo che sia un dominio limitato di R n, la matrice a ij sia simmetrica, i coe cienti a ij L () e sia soddisfatta la condizione di uniforme ellitticità: jj a ij (x) i j jj per ogni R n. (.3) i;j= Delle due disuguaglianze precedenti, l ellitticità è la prima, cioè la stima dal basso della forma quadratica; la stima dall altro è un modo di esprimere la limitatezza dei coe cienti a ij ; come vedremo, è comodo scrivere la condizione in questa forma. I numeri e esprimono limitazioni dal basso e dall alto per il minimo e il massimo autovalore della matrice fa ij (x)g, rispettivamente. Supponiamo anche: b i ; c L (), con (.4)! = b i B; L () i= kck L () C; f L () : 6

27 La formulazione debole del problema è: i;j= a ij u xi xj dx + i= Poniamo allora, per u; H (): a (u; ) = T = i;j= fdx b i u xi dx + cudx = fdx 8 H () : a ij u xi xj dx + i= b i u xi dx + cudx e osserviamo quanto segue:. T è un funzionale lineare continuo su H (). La linearità è ovvia, mentre per Schwarz: jt j = fdx kfk L () kk L () kfk L () kk H () : In particolare quindi kt k kfk L () :. La forma a (u; v) è bilineare e continua su H (). La bilinearità è ovvia, proviamo la continuità. Osserviamo preliminarmente che la forma bilineare su R n (; ) = a ij i j i;j= soddisfa la de nizione di prodotto scalare (l uniforme ellitticità della matrice implica la proprietà di positività), per cui la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz implica la seguente disuguaglianza algebrica: e quindi a ij i i;j= i;j= a ij i j A i;j= a ij i j A i;j= jj = jj = = jj jj a ij u xi xj dx jruj jrj dx Allora si ha, applicando la disuguaglianza di Schwarz e le ipotesi di limitatezza = 7

28 sui coe cienti: ja (u; )j i;j= a ij u xi xj dx + jruj jrj dx + i= i= b i u xi dx + cudx! = b i jruj jj dx + jcuj dx kjrujk L () kjrjk L () + B kjrujk L () kk L () + C kuk L () kk L () ( + B + C) kuk H () kk H () : Perciò la forma bilineare è continua. 3. Studiamo la coercività della forma bilineare su H () : a (u; u) = i;j= a ij u xi u xj dx + i= b i u xi udx + cu dx: Ora per l ellitticità: i;j= a ij u xi u xj dx jruj dx: (.5) Supponiamo che valga la condizione di segno allora c (x) ; (.6) cu dx : (.7) In ne, per il calcolo già visto sopra b i u xi udx B kjrujk L () kuk L () : (.8) i= Ricordiamo che per la disuguaglianza di Poincaré, essendo u H () si ha: kuk L () diam () kjrujk L () : (.9) Combinando (.5), (.7), (.8), (.9) si ha: a (u; u) kjrujk L () B kjrujk L () kuk L () ( Bdiam ()) kjrujk L () : Se vale la condizione (di piccolezza dei termini del prim ordine, o di piccolezza del dominio ) B (.) diam () 8

29 allora si ha a (u; u) kjrujk L () : In ne, ancora per la disuguaglianza di Poincaré, perciò kuk H () = kuk L () + kjrujk L () (diam () + ) kjrujk L () a (u; u) (diam () + ) kuk H () e la forma è coerciva, sotto le ipotesi (.6) e (.). Raccogliamo nel prossimo teorema ciò che si può allora concludere applicando il teorema di Lax-Milgram alla forma bilineare a sullo spazio di Hilbert H (): Teorema.5 Si consideri il problema (.) su un dominio limitato di R n. Assumiamo le ipotesi (.3), (.4) e inoltre c (x) quasi ovunque in ; e B diam () : Allora per ogni f L () esiste una e una sola soluzione u H () del problema, e vale la stima di stabilità (dipendenza continua della soluzione dal termine noto f) kuk H () c kfk L () ; con c = (diam () + ). Osservazione.6 La richiesta che i coe cienti del termine del prim ordine siano piccoli non è del tutto naturale per il problema in esame, a di erenza della condizione sul segno di c. Quest ipotesi dipende piuttosto dalla tecnica dimostrativa usata. Se, oltre al teorema di Lax-Milgram, si fa uso anche della teoria di Fredholm degli operatori compatti su spazi di Hilbert e di opportuni principi di massimo per l equazione ellittica, ques ipotesi si riesce a rimuovere (v. [, Cap. 8]). Il prezzo da pagare è però lo sviluppo di una corposa teoria di analisi funzionale. In e etti la teoria di esistenza mediante il solo teorema di Lax-Milgram è solo l inizio della teoria delle soluzioni deboli per le equazioni ellittiche. 3. Problema di Dirichlet non omogeneo, parte principale in forma di divergenza. Consideriamo ora il problema: P n i;j= (a ij (x) u xi ) xj + P n i= b iu xi + cu = f in (.) u = g 9

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